Posts written by spuffy.77

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    3° CAPITOLO (seconda parte)
    I suoi occhi freddi profondi, ignoti d’azzurro luccicarono divertiti. La ragazzina spaesata e coraggiosa che aveva quasi dissanguato la sera prima gli dava le spalle, i suoi capelli biondi e morbidi risplendevano alla luce della luna, ebbe l’istinto di accarezzarli……
    Quanto avrebbe voluto affondare i suoi denti in quella carne bianca fino all’ultimo, fino alla fine, fino a lasciare di lei solo un corpo vuoto. Ora non lo era.
    Povero passerotto. Lei si sentiva svuotata ma lui la sentiva…. così carica di emozioni, addirittura capace di percepirlo, di percepire lui, una creatura della notte.
    Si sarebbe sicuramente divertito parecchio con lei. Si sarebbe concessa volentieri e lui l’avrebbe trascinata in quell’abisso di oscurità facendoglielo assaporare giusto in tempo, nell’ultimo indelebile istante.
    Si, lei bramava la morte almeno quanto lui desiderava il suo sangue.
    “L’avevo detto che quello di ieri era un tentativo di farla finita…” sorrise il vampiro senza muoversi dalla sua posizione.
    Buffy aveva gli occhi fissi nel vuoto, fermi, immobili, di uno smeraldo infinito.
    “Nessuno sa chi sono, nulla esiste più…. o forse tutto…. nulla mi appartiene…”
    Spike estrasse una sigaretta dal suo pacchetto e assunse un espressione ancora più divertita.
    “Povero passerotto, nessuno sa chi è!”
    Buffy si voltò di scatto. Il vampiro ossigenato in piedi, nella luce della luna, i suoi occhi fissi, completamente immersi nei suoi, senza alcun intenzione di distoglierli. Lui che le leggeva l’anima, che le entrava dentro, nelle sue parti più chiuse, nascoste, che ora come non mai le graffiava l’anima.
    “Vattene Spike”
    Il vampiro si spostò portandosi di fronte a lei che era ancora seduta.
    “Hei, non avevi detto che volevi morire!” il suo sguardo gelido e indifferente.
    Buffy lo fissò senza riuscire ad emettere una sola parola, quasi ipnotizzata da lui.
    “Dimmi passerotto come fai a conoscermi e soprattutto perché non hai paura di me?” le disse avvicinandosi, la voce più bassa e calda. Buffy distolse lo sguardo.
    “Nessuno dopo avermi visto col mio volto da caccia mi si è più anche solo avvicinato…. tu invece….” era seduto accanto a lei “Forse brami davvero la morte” le sussurrò nell’orecchio scostandole i capelli.
    Buffy trasalì a quel contatto, le sue mani gelide le fecero sentire brividi sulla schiena ma soprattutto…. le mancavano! Le mancavano più di ogni altra cosa!
    Ebbe l’impulso di girare il viso verso il suo! Vicini, ora, le labbra a pochi millimetri le une dall’altre. Gli occhi di Buffy erano già socchiusi. Desiderava le sue mani, il suo corpo, sentirlo dentro di sé e ricevere solo da lui la pace, ma ora…. più di tutto… voleva la sua bocca. Assaporò con la mente quel bacio e i suoi occhi si chiusero del tutto.
    “Si, passerotto” il respiro di lui le sfiorava le labbra “Non mi temi, non temi le tenebre….”, la sua voce era calda e sicura “Tu mi vuoi”
    Spike attese…. pochi istanti…. prima di percepire la sua voce roca “Si”
    Buffy socchiuse le labbra, sentì le lacrime pungergli gli occhi per il desiderio, per la voglia di lui, anche solo di guardarlo, di toccarlo.
    Spike la osservò qualche altro istante. Povero passerotto. Con calma e sicurezza le spostò i capelli dal collo lasciando comunque Buffy in quello stato di trans.
    Le dita fredde tracciarono sulla sua pelle piccoli cerchi, lì dove il sangue era più caldo, e poi freddo e distaccato posò la sua lingua umida nell’ incavo del collo.
    Buffy non poté fare a meno di emettere un piccolo gemito di piacere. Lo desiderava, avrebbe voluto urlarglielo, stringerlo forte al suo corpo nudo.
    Tutto era cambiato ma Spike…. lui era la sua costante… lui…. la loro unione sempre così bramata…. un grido di dolore squartò il silenzio della notte!
    I denti del vampiro erano entrati affilati e violenti nella sua carne e…. spalancò gli occhi e vide le sue mani fredde stringerla indifferente…..
    Avrebbe dato qualsiasi cosa per rivederlo lì, fermo nel suo giardino con quell’espressione sorpresa, avrebbe dato sé stessa per rivederlo anche solo un istante seduto accanto a lei, sarebbe anche morta lì, ora, per sentire ancora una volta quella mano che viveva solo di lei, del semplice fatto che esistesse sulla sua spalla. Grandi lacrime le solcavano il volto, dolorose, taglienti.
    Il vampiro biondo che tanto aveva detto di amarla, Spike che aveva sentito dentro di lei puro, vero, completamente inebriato da lei….completamente…..
    Un’atroce certezza le dilaniò il cuore!
    Afferrò la fredda mano del vampiro che era ancora su di lei mentre il suo volto da caccia era immerso nel suo sangue, la portò tremante verso il suo viso sconvolto dalle lacrime, la strinse, più forte che mai.
    Lui……. non esistevano parole, qualcosa di troppo vero e reale si stava facendo strada nel suo cuore, qualcosa di troppo sconvolgente, un’eterna, indelebile certezza, una verità che forse da sempre aveva saputo ma che aveva combattuto, soffocato come qualcosa di troppo perverso da confessare…. boccheggiò senza riuscire a parlare, la mano del vampiro totalmente bagnata dalle sue lacrime…. Spike…. di colpo si staccò da lei!


    3° CAPITOLO (parte terza)

    -Ti piaccio?
    -Qualche volta
    -Ti fidi di me?
    -Mai
    Le sue parole fredde e pungenti, nascoste impregnate di vergogna e il suo volto…. così stanco di sentirsi usato… così stanco di ascoltare bugie, di non poter udire verità mai pronunciate.

    Spike si era dovuto allontanare da lei perché ora percepiva il freddo ferro della panchina a contatto con la sua pelle, la sua mano non era più nella sua…. sentiva di aver aperto gli occhi eppure una fitta nebbia era la sua unica visuale.
    Boccheggiò per qualche istante cercando di raddrizzare il suo corpo ormai inerme, una macchia nera le era di fronte…. qualcuno… forse…. era nervoso, in continuo movimento.
    “Dimmi la verità ragazzina: chi sei?” la voce di Spike era rotta e rabbiosa.
    Buffy riuscì ad emettere solo un gemito di dolore cercando di rimettersi in piedi senza alcun apparente risultato.
    “Dannato inferno ma chi diavolo sei?”questa vola il tono era diventato quasi minaccioso, Buffy trasalì al rimbombare delle prime sillabe e finalmente ciò che le era davanti divenne chiaro.
    Spike arrabbiato e furioso si muoveva nervoso e rabbioso davanti a lei e le ringhiava contro. Si portò una mano tremante al collo e gemette di dolore toccando la ferita impregnata di sangue.
    Qualcosa l’aveva turbato, qualcosa gli aveva impedito di terminare quello che aveva cominciato e Spike non era certo uno che faceva le cose a metà.
    Il pensiero che qualche ricordo gli avesse toccato la mente le sfiorò l’anima.....
    Il vampiro era stato turbato da qualche suo movimento…. da qualche suo gesto! “Insomma stupida ragazzina rispondimi!” Spike si era mosso furioso verso di lei e l’aveva afferrata violento.
    Buffy gemette di dolore: la ferita…. lo spavento.... ma soprattutto lui! Non ricordava quanto potesse essere rude e violento! La cacciatrice balbettò qualcosa senza senso e socchiuse gli occhi per il dolore che le procurava indifferente il vampiro.
    Spike la strattonò a terra ancora più furioso imprecando. Buffy non aveva più lacrime da piangere. Aveva sperato con tutta sé stessa che il vampiro biondo le donasse la morte nel modo che più aveva bramato ma qualcosa era andato storto! Il contatto con la sua pelle, la sua bocca, le sue parole! Una certezza che forse da sempre era stata parte di lei l’aveva sconvolta senza ritegno e inerme e senza forze si era abbandonata al suo atroce destino ma poi…. qualcosa aveva visibilmente turbato il vampiro biondo!
    I suoi occhi di ghiaccio la fissavano violenti. La ragazzina aveva fatto qualcosa che a Spike non era piaciuto, qualcosa che lui non si aspettava….. o meglio al quale non si aspettava di reagire così!
    I suoi tratti cominciarono a distendersi e un sorriso beffardo apparve sul suo volto “Avrei fatto volentieri il bagno nel tuo sangue ragazzina ma…. evidentemente da me vuoi qualcos’altro.” Buffy trasalì arrossendo “Tu vuoi solo morire!”
    La cacciatrice spalancò gli occhi! Spike era tornato ‘calmo’.
    “Si passerotto, tu vuoi solo e semplicemente farla finita!”.
    Il vampiro dagli occhi infiniti le si avvicinò e Buffy indietreggiò sull’asfalto bagnato terrorizzata. Dov’era finito Spike? Possibile che di lui non fosse rimasto niente? Possibile che davanti a lei ci fosse solo ‘William il sanguinario’ spietato e senza anima.
    Il vampiro era su di lei, qualsiasi movimento con la sua forza, con la sua spietata violenza le avrebbe tolto per sempre il soffio vitale.
    Buffy boccheggiò sconvolta, questa volta nessuno l’avrebbe salvata. Sperò sorprendendosi che la cacciatrice bruna arrivasse ma il silenzio era ormai totale e gli occhi abissali del vampiro così freddi e agghiaccianti le sgretolavano inesorabilmente i suoi!
    Indietreggiò ancora una volta ma fu bloccata da un braccio di Spike che la alzò di poco dal selciato umido.
    Il vampiro rise beffardo “Povero passerotto”
    Questa volta le lacrime non si erano fermate. Ora, il suo volto bagnato da acqua salata e l’orgoglio, quello vero, forte, reale la stava abbandonando, lasciandola sola inerme in quella morsa d’acciaio. La stretta diventò ulteriormente più forte e il suo corpo venne sollevato ancora di più .Gli occhi di Spike….. non erano più indifferenti…. quel ghiaccio che si era impossessato di lui nelle ultime ore era ormai carico di rabbia.
    ”No, ti prego William” le parole supplichevoli, calde, urlate, cariche di un sentimento mai così chiaro, cariche di un emozione quasi mai assaporata veramente le scivolarono via dal cuore senza rendersene conto frantumando quell’ultimo inesorabile cristallo di orgoglio presente in lei.
    La cacciatrice si portò una mano alla bocca quasi sperando di poter cancellare quella sconcertante ultima frase, quelle parole che mai aveva pensato di poter pronunciare sbriciolando la sua forza, il suo coraggio, trasformando tutto in una sconfortante supplica!
    Spike aveva sbarrato i suoi occhi cerulei! Fermo, immobile, la sua espressione si era mutata, il suo mostro per un istante era scomparso, la sua anima per un attimo era tornata.
    Si spostò violento lasciando Buffy ricadere sull’asfalto, si allontanò fissandola negli occhi, dentro, profondo fino all’anima. Si voltò furioso di scatto, la sua voce bassa e rabbiosa “Stammi lontano ragazzina!”
    Buffy strofinò le mani sui jeans, l’asfalto le aveva ferite. Non c’erano parole. Non esisteva più nulla.
    Guardò Spike allontanarsi nella notte, affogò disperata il desiderio di urlare tra le lacrime il suo nome....tbc

    4° CAPITOLO
    Adorava svegliarsi quando il sole filtrando dalle finestre si posava ai piedi del letto illuminandone le coperte. Il calore che quella luce procurava le scaldava le gambe sepolte dalle lenzuola e l’odore di caffè si espandeva per tutta la stanza.
    Riusciva a udire se pur lontane le voci dei suoi genitori: risate, parole bisbigliate, frasi a volte senza senso al quale lei cercava di dare un significato. E se per caso le sembrava di udire il suo nome in quelle parole sconnesse, magari in un bisbiglio, in un gesto quasi segreto, allora sgattaiolava fuori dal letto e con i piedi scalzi per non fare rumore si appoggiava alla porta per origliare.
    Un giorno poi, avevano cominciato a litigare.


    Il cemento freddo e umido le aveva lasciato piccoli graffi color porpora sulle mani sporche. L’acqua della leggera e flebile pioggia che si era silenziosamente fatta spazio sulla città si era mischiata alle sue lacrime. Gocce salate, forti, irrefrenabili, che scavavano dentro, fino infondo.
    Possibile che lui così forte e senza scrupoli, così atrocemente fisico in tutto, così crudo e senza ritegno. Lui al quale il suo corpo si era unito senza freni, senza alcuna inibizione in un vortice di puro erotismo, trattandolo come se fosse niente .
    Lui che aveva assaporato fino alla fine in quelle notti con la scottante certezza che scomparisse come la luna alle prime luci dell’alba.
    Lui sul quale aveva vomitato addosso tutto il suo disprezzo, mentre il suo cuore gridava, graffiava, bramava di essere ascoltato.
    E ora la verità.
    Quell’atroce, inesorabile verità, quell’emozione così forte intensa, assoluta…. che pretendeva di essere ascoltata, vissuta.
    Grandi lacrime continuavano a scorrerle sul viso. Rabbia, pura rabbia!
    Riusciva a vedere il suo corpo riflesso nello specchio di casa. I suoi morbidi capelli biondi appoggiarsi alla sua figura snella, i suoi occhi smeraldo fissarsi….. si odiava! Si odiava profondamente.
    Odiava quei capelli che aveva tagliato come per mettere a tacere l’atroce grido che si faceva spazio dentro di sé! Odiava quel suo corpo, al quale aveva dato tutta la colpa, al quale aveva attribuito ogni impulso, ogni desiderio, ogni pensiero verso il vampiro biondo. Odiava i suoi occhi che l’avevano scrutato, odiato, beffeggiato, tradito in ogni dove. Odiava quegli occhi che non erano stati capaci di vedere quanta eterna bellezza ci fosse dietro quel volto, quegli occhi che non erano stati capaci mai di reggere il confronto, che si erano sempre abbassati a ogni domanda insistente che avevano sempre sfidato in ogni parola, che avevano sempre ferito indissolubilmente.
    Ma soprattutto, sopra ogni cosa, odiava sé stessa. Lei che aveva sepolto, affogato ogni emozione. Che si era morsa le labbra ogni qual volta il suo cuore avrebbe voluto gridare, lei che aveva stretto la sua anima in una morsa senza ossigeno, respiro con l’agghiacciante paura …….. con lo scottante terrore di amarlo, di amarlo terribilmente.
    Piccoli rivoli di sangue scorrevano sulle sue mani bianche e indolenzite. Un’ombra si avvicinò sull’asfalto bagnato.
    Willow le era di fronte.
    Buffy rimase a terra, cercò nervosamente, con gesti veloci, di cancellare le lacrime.
    La strega era in silenzio.
    Si alzò barcollando e cercò impacciatamene di non incontrare lo sguardo dell’amica.
    “Cosa ti è successo?” la voce di Willow visibilmente preoccupata.
    Buffy alzò lo sguardo. La sua amica, lì, davanti a lei e non poteva nemmeno stringerla!
    Non avrebbe potuto nemmeno confessarle tra le lacrime quanto fosse stata stupida, non avrebbe potuto nemmeno ascoltare i suoi saccenti rimproveri, i suoi ‘te l’avevo detto’, non avrebbe potuto vederla ridere incredula, non l’avrebbe potuta vedere arrossire ad ogni particolare piccante e diventare risoluta, sconvolta, sconcertata, delusa quando avrebbe capito di chi si trattasse.
    La pioggia era diventata più fitta procurando battendo sull’asfalto quel malinconico tintinnio, rimasero in silenzio poi…. un tuono squartò il cielo e…. Buffy si aggrappò ansimante, in lacrime, senza ritegno, imbarazzo alla ragazza dai capelli rossi che le era davanti.
    Non le importava se non sapesse nemmeno chi fosse, non le importava se forse non ricordava quella volta che rivolgendole la parola, lei aveva creduto che le servisse solo un aiuto a scuola, non le importava se ora non ricordava tutte le notti che avevano passate sveglie a parlare, se non ricordava che anche lei era a conoscenza dell’imbarazzante ballo di Snoopy di Xander.
    Lei era la sua migliore amica e questo comportava essere lì, adesso, sotto la pioggia a piangere.
    Willow le accarezzò dolcemente i capelli, era più preoccupata di quello che dava a vedere, aprì silenziosamente il grosso ombrello rosso che aveva con sé. Buffy si strinse ulteriormente a lei e cominciò a singhiozzare.
    “Su, non piangere Buffy, vedrai che andrà tutto bene. Sono sicura che Faith riuscirà ad aiutarti”
    Buffy strinse i pugni. Ancora una volta,ascoltò solo il suono della sua voce.

    La casa nascosta dall’edera era ancora illuminata. La cacciatrice era rimasta chiusa in un assurdo silenzio. Non riusciva più a trovare logica, verità, realtà in quelle agghiaccianti ore. Aveva sperato con tutta sé stessa di risvegliarsi nella sua stanza, eppure l’incubo non sembrava avere nessuna intenzione di terminare. Ogni scena, personaggio, ogni atto diventava sempre più profondo e scottante. Le strade erano ormai completamente bagnate dalla pioggia che era terminata solo da pochi minuti…. o tanti…. nemmeno il tempo forse era reale. Spinse indietro con inesorabile crudeltà le ennesime lacrime.

    Faith le aprì la porta. Gli occhi scuri della ragazza sereni su Willow si spostarono violentemente sulla ragazza bionda.
    “L’ho trovata ai giardinetti. Era sotto la pioggia e….. ” Faith che non aveva accennato alcun gesto di invito interruppe l’amica sarcastica.
    “Evidentemente non riesce a stare lontana dai guai!”
    Willow incurante, con un gesto veloce spalancò la porta, ora era seria.
    “Faith!” la voce diventò impercettibilmente più bassa “E’disperata! Dobbiamo aiutarla.”
    La nuova cacciatrice posò uno sguardo inquisitore, senza alcun cristallo di comprensione, tenerezza….. pietà….. “Chiudete la porta. Stasera si gela”.
    Buffy si sistemò su una sedia che era vicino al tavolo, notando che la cucina era vuota.
    “Allora biondina, siamo seri, come pensi che potrei aiutarti se ti ostini a fare la matta” la voce di Faith impregnata di sarcasmo.
    “Non sono matta” Buffy era al limite, tanto che le ultime parole le uscirono più alterate di quanto volesse. Respirò a fondo cercando di trovare dentro di sé, nei meandri più nascosti, le ultime, inesorabili, forze.
    “Io ero la cacciatrice. Mi chiamo Buffy Summers. Willow e Xander sono i miei due migliori amici dai tempi del liceo e Dawn….. ” Faith involontariamente trattenne il fiato.
    “Dawn è mia sorella!”
    La nuova cacciatrice batté con forza i pugni sul tavolo “Smettila!” la voce diventò quasi supplichevole ”Willow ti prego portala lontana dalla mia vista!”
    Buffy scattò violentemente in piedi “Non sono pazza! Dovete ascoltarmi! So cose che nessuno può sapere, io c’ero…..” la voce roca e sfibrata, gli occhi di uno smeraldo infinito.
    “Io mi sporco le mani di sangue da quando avevo sedici anni, vi ho sempre difeso, tutti…… io sono morta per Dawn…. per salvarla…. sono tornata” la voce era ormai completamente rotta dalle lacrime “E Spike…. lui mi aiuta, dice che mi ama ma……”
    Il viso del vampiro si impresse a fuoco, forte e terribile nella sua mente, le sue mani fredde e indifferenti…. quel forte odore di vernice.
    Dovette sedersi per evitare di accasciarsi sul pavimento.
    Willow le era corsa vicina, le tamponò con una mano la fronte sudata, questa volta la sua voce era forte e determinata “Faith, non so chi sia questa ragazza ma non possiamo non aiutarla. Potrebbe venire da qualche dimensione parallela o magari le hanno fatto qualche incantesimo. In ogni caso non penso che si stia inventando tutto”
    La nuova cacciatrice senza rendersene conto si era appoggiata al tavolo accanto e aveva la fronte impregnata di goccioline di freddo sudore “E’ tardi. Per stasera sarà meglio riposare”
    Willow era già pronta per ribattere ma Faith incurante continuò “Domani cominceremo le ricerche.”
    Buffy sentì che una piccola, flebile luce si stesse silenziosamente accendendo in quell’incubo.
    “Vieni. Ti accompagno di sopra”
    Willow rimase in cucina mentre le due ragazze salivano al piano di sopra. Faith non aveva alcuna intenzione di dire alcuna parola a quella ragazzina che pretendeva di impadronirsi della sua vita, che urlava di esserne la proprietaria.
    “Lo so che questa situazione ti fa star male” Buffy era timida e timorosa ”Pensa se tutto questo ti fosse portato via.”
    Faith rabbrividì, Buffy continuò “A me è successo!”
    La nuova cacciatrice rimase in un assoluto silenzio, gli occhi fissi, chiusi nella sua impenetrabile barriera.
    Aprì piano la porta che portava nella camera dove aveva fatto dormire la ragazza la sera prima. Questa volta riuscì solo a pronunciare “Buonanotte.”
    Buffy di scatto bloccò la porta che la cacciatrice stava, senza ascoltare la sua risposta, per chiudere. Un dolore la attanagliava fino a dentro, scavava lento e profondo da ore interminabili.
    “Cosa c’è tra te e Spike?” la cacciatrice bruna indietreggiò turbata.
    “Ma cosa diavolo dici?”
    “Lo sai!”
    Faith rispose nonostante le stesse per urlare in faccia di farsi gli affari suoi “Cosa ci dovrebbe essere? Lui mi aiuta in cambio di denaro” la voce era rauca e turbata.
    Buffy sentì quella mano forte e decisa lasciare per un istante la presa.
    Forse stanotte avrebbe potuto respirare.

    Continuava a rigirarsi nel letto. Era passato poco tempo…. o forse tanto. Le coperte le davano prurito e continuavano ad attorcigliarsi al suo corpo. I cuscini troppo grossi e gonfi le facevano dolere il collo.
    Si girò sulla schiena fissando il soffitto. L’incubo forse stava lasciando la presa…… forse….
    Si alzò silenziosamente avvicinandosi alla finestra illuminata. Qualcuno aveva lasciato la luce accesa sul portico.
    Le due figure che con difficoltà si misero a fuoco nei suoi occhi le strapparono un gemito. La ragazza bruna sorrideva sarcastica al vampiro biondo dagli occhi infiniti che fumava divertito una sigaretta. Un grido agghiacciante, che implorava, urlava, graffiava, tagliava, giù, profondo, fino alla fine le morì in gola.
    Ti prego, amami.

    4° CAPITOLO (parte seconda)
    Buffy si era appoggiata sul letto. Aveva dovuto tirarsi su le coperte, mille brividi le attraversavano il corpo spingendola verso quell’immagine.
    Si era allontanata velocemente da quella finestra come per cancellare con violenza l’ultima immagine che la sua mente ferita aveva elaborato. Strinse con forza gli occhi sperando con tutta sé stessa di ritrovarsi nel suo letto, sotto le sue coperte, il più lontano possibile da lì, da Spike, da loro.
    Un irresistibile, senza alcun senso, voglia di farsi del male la spinse ancora una volta vicino al piccolo vetro illuminato. Graffiò senza rendersene conto la superficie trasparente con le unghie in un gesto nervoso.
    Possibile che lui, il solo vederlo, il solo pensare a ciò che poche ore prima le aveva fatto le procurasse un tale dolore. No, non era esatto. Questo non era un dolore. Questo era un bruciore, un bruciore di una ferita viva, aperta che scavava nella sua impotenza! Nulla, niente, cosa poteva fare? Come poteva pretendere che lui ricordasse!
    Le due figure si separarono, la porta al piano inferiore si chiuse silenziosamente! Infilò velocemente i jeans e aspetto solo pochi istanti prima di sentire la chiave della porta di Faith che veniva chiusa con due giri veloci.
    Scese cercando di fare meno rumore possibile mentre il cuore le saliva letteralmente in gola. Da quando aveva cominciato a batterle così forte e soprattutto perché? Per quale maledetto motivo si trovava a rincorrere quel vampiro che poche ore prima la stava per dissanguare!?
    Il respiro diventò più affannato mentre svoltava l’angolo nel quale l’aveva visto scomparire e le sue scarpe, pulite pochi attimi prima di mettersi al letto, si erano completamente ricoperte di fango.
    Vuota! La stradina buia e umida era deserta. Qualcuno era sicuramente passato da poco di lì perché percepiva forte e chiaro l’odore di fumo, ma nulla lo lasciava credere con certezza. La strada era lunga e buia e lui non era certamente tanto veloce da scomparire in quel modo! Respirò a fondo! Un sospiro di sollievo! Cosa gli avrebbe detto infondo! Perché diavolo l’aveva seguito!
    Si portò i capelli dietro alle orecchie che avevano aderito alla pelle sudata e si voltò per tornare indietro. Lui! Il vampiro biondo a pochi centimetri da lei. Buffy indietreggiò rendendosi conto di quanto fosse stata stupida!
    Ora che le era davanti riusciva a percepire lo stesso terrore che aveva procurato in lei stringendola freddo e indifferente in quella morsa d’acciaio! Il vampiro biondo accorciò le distanza, questa volta non sorrideva affatto.
    Sibilò a denti stretti “Ti sei persa cappucetto ?”
    Buffy si trovò ancora una volta ad allontanarsi dalla sua figura. Pensò a quale plausibile scusa trovare. Ma quando aveva cominciato a fare così caldo?
    “Che ci facevi con lei?”……………. NO!!!!!!!!
    Ma che diavolo stava dicendo? Ebbe l’impulso irrefrenabile di correre in quella casa! Non le importava che non fosse la sua, ora più di tutto voleva essere in quel letto, chiusa a chiave e sepolta dalle coperte!
    Il vampiro biondo rise di gusto!
    “Tu devi essere davvero matta! Ma cosa diavolo vuoi da me?” il tono divenne più basso e Spike si avvicinò ulteriormente “Prima mi implori di lasciarti andare e poi mi corri dietro”
    I pensieri di Buffy volarono vorticosamente a quell’ultima frase. Ci aveva messo l’anima in quelle parole, ogni barriera era stata distrutta e ora lui freddo, gelido e indifferente ne stava calpestando con forza gli ultimi residui.
    “Faith mi ha detto della storia che vai raccontando! Ci sono anche io in questa bella fiaba?” Lo spazio tra i due fu ancora diminuito ma questa volta Buffy non poté indietreggiare, il freddo muro alle sue spalle le impediva ogni movimento. Spike appoggiò un mano su di esso per impedirle anche solo di voltarsi. Il suo odore le salì fino al cervello e ebbe l’impulso irrefrenabile di respirarlo a fondo.
    Spike portò le sue labbra a pochi centimetri da lei “Allora? Ci sono anche io?”
    Buffy socchiuse gli occhi e annuì. Avrebbe voluto urlare, fuggire il più lontano possibile da lui, ma era completamente paralizzata, qualsiasi movimento la portava verso quel viso, verso quelle lebbra, verso lui. Lui assoluto, ora , in tutto.
    Spike le sussurrò piano “E che ruolo ho?”
    Buffy sgranò gli occhi, i suoi stessi pensieri la fecero inorridire! Chi, cosa la faceva parlare? Chi le faceva ideare quella menzogna con la quale sarebbe stato più facile convivere? Lo fissò dritto negli occhi, fino infondo, in quell’oceano di amarezza dove avrebbe voluto affogare senza limiti e riserve.
    Respirò a fondo e senza rendersene conto, mentre piccole e dolorose gocce salate le rigavano il volto si trovò a sussurrare con voce roca e sfibrata “Noi ci amiamo e….”
    Il vampiro rise sarcastico “Ne avevo il sospetto passerotto!”
    Buffy socchiuse gli occhi. L’anima, il cuore, l’emozione quella vera profonda reale era stata spudoratamente rivelata al vampiro ora senza sentimenti emozioni, ricordi. Era rimasta nascosta, intrappolata mentre lui bramava solo di ascoltarla e ora che di lui era rimasto solo il gelo della morte, lei l’aveva liberata come se lo fosse stata da sempre.
    Improvvisamente sentì il respiro mancarle. Ci vollero pochi secondi per rendersi conto che la mano del vampiro le stringeva il collo. Sembrava non usare nessun tipo di forza eppure quella presa le sembrava forte e dura come l’acciaio.
    Boccheggiò ansimante mentre le lacrime le inondavano il viso. Lui che ora era chiaro, totale………. ora……….. non esisteva!
    Quando i suoi occhi stavano definitivamente per chiudersi, ormai rassegnati al mostro senza scrupoli che sorrideva standole di fronte, che forse tutto e niente aveva del vampiro biondo, l’ossigeno tornò a fluire nei suoi polmoni.
    Aprì istintivamente la bocca per riprendere aria ma….. lui!
    Spike audace e violento le aveva tappato le labbra con le sue. La cacciatrice rimase pietrificate nonostante quel contatto le fece bruciare la pelle. Il vampiro la attirò violentemente a sé e insinuò con forza la lingua nella sua bocca.
    Buffy senza rendersene conto si aggrappò al suo collo e cominciò a rispondere con voracità al suo bacio. Gli era mancato senza ordini, confini, barriere. Gli era mancato totalmente, profondamente, dolorosamente.
    Affondò le mani nei suoi capelli e avvicinò il suo corpo a quello saldo e forte del vampiro mentre lui con la lingua le torturava le labbra. Lo assaporò in profondità sperando che non dovesse mai finire.
    Spike cominciò a cercarle la pelle al di sotto della camicetta e quando finalmente sentì le sue mani su di lei, la sua pelle ora, come non mai per lei pura, impura, fredda e scottante, totale sulla sua, credette davvero di impazzire.
    Quando il bacio era arrivato al limite, sfociando nella vera a propria estasi, Spike di scattò si staccò da lei!
    I suoi occhi la scrutarono, fino a dentro. La guardarono, sorpresi, spaesati e sconvolti. Mente si allontanava veloce nella notte lasciandola ancora in quello stato Buffy si rese conto che più che sconvolto di lei, lo fosse profondamente di sé stesso!


    5° CAPITOLO
    La luce che all’inizio sembrava impedirle il tanto bramato sonno, ora sembrava del tutto scomparsa, portando i suoi occhi a sforzarsi nel buio. Le sue pupille, completamente dilatate, continuavano a fissare l’oscurità che densa e impenetrabile creava da sola incubi senza fine.
    Aveva corso ansimante tornando verso la casa nascosta dall’edera, temendo terribilmente che qualcuno avesse potuto vedere, che qualcuno si fosse destato dal sonno, che qualcuno l’avesse cercata nel suo letto, l’avesse seguita in quella strada buia e …. l’avesse vista cedere, l’avesse vista amarlo in tutta sé stessa, in ogni gesto, movimento, respiro.
    Quella menzogna, sussurrata a voce bassa, gridata fino a dentro, senza rendersene conto le aveva regalato un inaspettato sollievo. Se solo si fossero amati, se lei avesse lasciato libera quell’emozione così immensa e totale, quel sentimento mai assaporato, così forte e profondo.
    Lui, inumano, terribilmente mostruoso e senz’anima le aveva gridato di amarla senza ombre, barriere e confini, ma lei aveva corso via, lontano…. l’aveva assaporato pienamente di notte, per poi scomparire sconvolta di giorno.
    Lei, che non poteva amarlo, che non poteva nemmeno pensare di provare la minima emozione per il vampiro ossigenato, per il mostro incatenato da un chip tanto odiato, aveva corso a perdifiato, spedita, veloce ansimante, fin quando il respiro era stato rotto, fin quando le gambe le avevano ceduto, fin quando nonostante tutto, voltandosi senza ossigeno l’aveva visto a pochi centimetri da lei.
    Solo allora, dentro di sé, totale e travolgente si era fatta avanti, immensa e senza confini una certezza sconvolgente. Si era avvicinata, ma lui da sempre così vicino e presente era scomparso.
    Il vampiro biondo dagli occhi profondi che l’aveva amata oltre ogni limite si era trasformato. Di lui, ora, in quell’incubo senza fine era rimasto solo un mostro che viveva di sangue ma….. poche ore prima… o forse tante… aveva ceduto! Proprio come era successo su quella panchina, una piccola goccia, se pur quasi inesistente, d’anima era sembrata tornare in lui lasciandolo sconquassato, sconvolto, davanti ad un uomo che non conosceva o che forse semplicemente non ricordava.
    Entrambe le volte lei gli aveva mostrato il suo cuore e entrambe le volte lui, ad un passo da ucciderla, l’aveva lasciata andare.
    Le sue false parole continuavano a correrle nella mente. Un bugia che ora più che mai avrebbe voluto fosse realtà….. “Ci amiamo”
    Era corsa via, forse non l’avrebbe nemmeno più rivisto, troppo sconvolto e spaesato, forse non sarebbe mai tornato lo stesso… forse!
    Avvolse meglio la coperta intorno al suo corpo, improvvisamente faceva più freddo del solito, sperò ancora una volta di riuscire a dormire almeno qualche ora, domani sarebbe stata dura e….
    “Ci amiamo?” LUI!
    Si raddrizzò velocemente nel letto, coprendosi con la coperta e la sua mente rotolò vorticosamente in quel terrore, in quella emozione, la finestra ondeggiava per il vento.
    Spike le era di fronte, avvolto nella sua giacca di pelle, la fissava inespressivo.
    La luce era quasi del tutto assente, ma il suono della sua voce accompagnato da quella indelebile sagoma erano una certezza. Si chiese ansimante se fosse tornato per finire quello che ben due volte aveva cominciato.
    La persiana mossa dal vento si spalancò del tutto permettendo ai raggi della luna di penetrare nella piccola stanza buia. Il viso del vampiro e i suoi vistosi capelli ossigenati furono man mano illuminati, fino a renderlo quasi completamente visibile.
    Buffy indietreggiò nel letto, fino ad appoggiare le spalle allo schienale imbottito. Le coperte sembravano essere diventate improvvisamente gelide, boccheggiò senza riuscire ad emettere nemmeno un esile suono.
    Il vampiro quasi assente accorciò ulteriormente le distanze, ora la sua fredda giacca aderiva al bordo del letto. Continuò incurante della sua reazione, come se pronunciasse quella frase per la prima volta, il tono stavolta più caldo “Ci amiamo?”
    Buffy impulsivamente, quasi trasportata da una forza sconosciuta, si avvicinò a lui allontanando le coperte. Ancora una volta la sua voce, ancora una volta più calda “Ci amiamo?”
    Ora, a pochi centimetri da lui, quel desiderio, vero reale, la sua pelle bruciava, bramava solo di lui. Spike appoggiò una gamba sul letto portando le sue labbra quasi sulle sue, la voce ora rauca e sfibrata “Ci amiamo?”
    Buffy gli sussurrò ansimante sulle labbra “Terribilmente”
    Il vampiro di scatto la attirò a sé, insinuando violentemente la sua lingua nella bocca della cacciatrice. Buffy d’impulso si aggrappò a lui come se aspettasse, lui, quella pelle, quelle labbra, da sempre.
    Il vampiro cercò la sua pelle sotto la maglietta leggera e con un gesto quasi impercettibile le strappò via il reggiseno. Buffy gemette di piacere e nello stesso istante sperò che nessuno udisse quei rumori ripromettendosi, per quanto lucida fosse, di non emettere un solo suono. Il vampiro si staccò dalla sua bocca e alzandole la maglietta, ora sgualcita, cominciò a sfiorarle, fissandola negli occhi, con la lingua le estremità dei seni, mentre cercava violentemente, con le mani la sua femminilità.
    La cacciatrice inclinò il suo corpo verso quello del vampiro e sentì il suo respiro diventare improvvisamente ansimante. Si aggrappò a lui, sollevandogli la camicia e tracciò con le dita tremanti linee infinite sulla sua fredda e salda schiena.
    Il vampiro si distese su di lei e la fissò dritto, profondamente negli occhi smeraldo. Le sue iridi ghiacciate sembravano diventate di un blu assoluto e Buffy per un attimo sembrò dimenticare ogni realtà, dimensione, verità.
    Il vampiro era tornato sul suo viso e la sua lingua cominciò a sfiorarle delicatamente il collo. La cacciatrice ancora una volta gemette di piacere e come per soffocare quel suono lo attirò completamente a sé.
    Spike comincio a muoversi tra le sue gambe, i suoi jeans cominciavano a dolergli in modo insopportabile. Si strofinò piano su di lei, cercando di mettere a tacere quel desiderio quasi disumano.
    Questa volta fu Buffy a alzare lo sguardo per guardarlo profondo, negli occhi. Lui, così assoluto, così tremendamente reale e quella certezza che ora più di ogni altra cosa urlava, gridava.
    Il suo viso contratto dal desiderio, lui….. così totale!
    Spike improvvisamente si scostò da lei. I jeans continuavano a stringere in modo insopportabile, i pugni erano stretti al punto da sentire un dolore lancinante alle mani. Ancora una volta quello sguardo, ancora una volta quella sorpresa, ancora una volta quegli occhi sconvolti. Fissò la stanza come per capire se tutto ciò fosse reale, tremendamente, terribilmente……non era lui.
    Indietreggiò per la prima volta come spaventato da quella ragazzina bionda, da quel passerotto che flebile e innocente lo rendeva quasi….. umano!
    In un istante la stanza era vuota! Buffy si portò tremante le coperte sul corpo. Ancora una volta quel grido, quella preghiera, ancora una volta, totalmente, lui!

    5° CAPITOLO (parte seconda)
    Aveva ricominciato a piovere.
    Piccole gocce tintinnavano leggere contro i vetri trasparenti mentre il vento, penetrando dalla finestra ora semiaperta, faceva ondeggiare lievemente la tenda turchese.
    Forse aveva dormito per qualche ora….. forse….. il fatto era che dopo aver chiuso gli occhi per poi riaprirli dopo qualche secondo si era sentita meglio…… forse era solo la sua immaginazione, forse era solo quell’incubo terrificante che pian piano cominciava a perdere colpi….. forse.
    Gli occhi blu oceano del vampiro dalla bellezza infinita bruciavano ancora nel cuore, le sue mani fredde ed esperte toccavano ancora il suo corpo tremante e la sua pelle così tremendamente in estasi era ancora maledettamente arrossata.
    Avrebbe voluto ancora una volta corrergli dietro, avrebbe voluto squartare quell’assoluto silenzio che solo la notte possedeva gelosa, per urlare senza sosta il suo nome, per toccare il suo corpo nudo, per bruciare sotto le sue mani, per sentirlo forte e reale dentro di sé.
    Quella stanza stava diventando insopportabile. Un’altra notte senza alcun senso era passata al suo interno, ancora una volta terribilmente lui.
    Chissà se era sorto il sole? Quella maledetta pioggia non lasciava penetrare alcun raggio e quella tenda era dannatamente scura. Aveva sentito la porta principale chiudersi qualche tempo prima…. ore, minuti…. forse Dawn era andata a scuola…. forse.
    Si raggomitolò esausta sotto le coperte e inspirò con forza la loro superficie. Il suo odore era ancora così tremendamente presente. Le avvolse vicino al viso. Non era più lei, la cacciatrice non esisteva più, la coperta ancora stretta tra le mani, il suo viso costantemente in lei.

    Il rumore della porta all’ingresso, seguito dai passi sulle scale che portavano al piano superiore, la fecero sobbalzare. La stanza era completamente illuminata dal sole, si doveva essere addormentata e certamente erano passate parecchie ore da quando lo aveva fatto. I suoi pensieri vennero interrotti da un leggero bussare alla porta.
    Chi era al di fuori non aspettò risposta e ben presto Faith si trovò faccia a faccia con la cacciatrice, ancora nascosta dalle coperte. I suoi occhi si posarono severi su Buffy, il tono evidentemente contrariato.
    “Willow stamattina ha pensato di lasciarti dormire. Ti aveva scritto un biglietto per chiederti di raggiungerci al Magic Box, ma è evidente che tu non l’abbia letto”
    Buffy imbarazzata sgusciò veloce dal letto avvicinandosi alla sedia su cui erano poggiati i suoi vestiti. Faith la seguì con lo sguardo.
    “Poi non ti abbiamo visto arrivare e….. ” il tono divenne tremendamente sarcastico “Ho pensato che ti fossi cacciata di nuovo nei guai!”
    Buffy portò la camicetta sgualcita al petto e cominciò a sbottonarla nervosamente .Si voltò per sfilarsi il pigiama. Sperò profondamente che il suo corpo non tradisse i segni scottanti di quella notte.

    Solo quando furono in strada la cacciatrice si rese conto di quanto fosse tardi. Aveva dovuto dormire per tutto il giorno perché ora il sole stava già lentamente abbandonando la città. Faith camminava sicura al suo fianco. Non ebbe il coraggio di dirle alcuna parola.

    Il campanello del Magic Box suonando informò del loro arrivo .Willow rivolse a Buffy un solare sorriso e le indicò una sedia posta vicino a Xander.
    “In verità non abbiamo trovato niente di concreto. Tutti i libri parlano di dimensioni parallele, niente di specifico” dondolò leggermente sulla sedia su cui era seduta e il tono divenne impercettibilmente più basso “Penso che per aiutarti dovresti dirci qualcosa di più” Buffy fece roteare velocemente il suo sguardo all’interno del locale.
    La stanza era diventata più buia, gli occhi di Willow, Faith, Xander, Tara e Anya erano su di lei. Per la prima volta li sentì profondamente come estranei. Erano loro, ma il fatto che lei, per loro, non esistesse aveva cambiato tutto…. o forse nulla.
    Deglutì nervosa “Mi sono risvegliata nella mia stanza ma la mia casa era vuota e in vendita” Respirò a fondo “Non so cosa sia accaduto, nessuno si ricorda di me” Buffy abbassò tremante lo sguardo.
    “Potrebbe anche essere vero, insomma potremmo davvero essere vittima di un incantesimo e non ricordarci di questa ragazza!” la voce di Xander incerta ma come al solito profondamente rassicurante.
    Buffy continuò a passarsi nervosamente le mani sui jeans, il continuo attrito le stava arrossando, l’incubo stranamente sembrava recuperare terreno. La voce di Faith fracassò il silenzio.
    “Ma smettila Xander. Ti pare che lei sia una nostra amica e nessuno si ricordi di lei, che non ci sia una foto, una lettera”
    La cacciatrice la interruppe incerta “Veramente noi non abitavamo in quella casa quindi penso sia impossibile che ci sia traccia di me” la voce di Willow la interruppe pensierosa “In effetti esistono incantesimi di questo genere davvero potenti che se fatti da qualcuno di molto forte possono far cancellare completamente una persona e….. ” Faith era isterica.
    “Ma cosa diavolo dite? Adesso la prima che arriva e dice di conoscerci le crediamo perché potremmo essere vittima di un incantesimo?”
    Quella mano forte, indelebile, inesorabile che l’attanagliava, aveva stretto più forte, l’odore di vernice le riaffiorò nell’anima procurandole la nausea e lui………
    Buffy scattò di colpo in piedi, la sua voce evidentemente provata “Io non sono una che dice di conoscervi. Io sono vostra amica, sono l’unica e sola sorella di Dawn e….. ” i suoi occhi cercarono quelli di Faith “Sono la cacciatrice”
    La ragazza bruna si portò una mano tremante ai capelli e si sforzò di ridere, ma la risata le uscì tremendamente isterica e falsata.
    “Certo cacciatrice. Per questo Spike l’altra sera ti stava dissanguando”
    Willow la interruppe preoccupata “Quel vampiro riesce a dominare quel chip in un modo pazzesco”
    Faith continuò “Si, ed evidentemente quella sera si era fatto aiutare da qualcun altro per aggredirla e se non fossi arrivata l’avrebbe certamente uccisa” la voce divenne più bassa “Sapete benissimo che sono anni che riesce ad uccidere ugualmente”
    Buffy boccheggiò spaesata: lui aveva il chip! Spike per tutto quel tempo si doveva essere accorto che lei fosse vulnerabile, doveva essersi sicuramente reso conto che a differenza di quanto dicesse Faith potesse colpire la ragazza bionda senza alcun lancinante dolore, aveva sicuramente capito che avrebbe potuto divorarla senza che quell’aggeggio si mettesse in funzione.
    Lei era l’unica dopo anni che avrebbe potuto uccidere senza problemi, senza l’aiuto di nessuno e nonostante questo, nonostante lei non potesse opporre resistenza, nonostante lui non la conoscesse affatto…. non lo aveva fatto.
    Le parole di Faith risuonavano ancora nella sua testa, tutto era uguale, perfino il chip di Spike eppure lui, qui, riusciva a dominarlo!
    Ripensò velocemente a quella sera nel cimitero -Un patto è un patto!-
    Per quanto Faith risultasse sicura non provava nemmeno ad affrontare Spike….. perché……. lo temeva!
    Lei non esisteva e….. Spike continuava a uccidere! Spike…. ancora…. totalmente lui!
    Buffy si passò una mano tremante sulla fronte sudata e inspirò a fondo. Quella non era nessuna maledettissima dimensione parallela, quella era la sua dimensione…… tutto era uguale ma…. lei semplicemente non esisteva …. la sua vita ora, semplicemente apparteneva a Faith.
    “Io sono la cacciatrice” pronunciò sicura fissando la ragazza bruna “Questa è una certezza”
    Faith era esasperata, la rabbia salì in modo insopportabile procurandole un’aggressività senza precedenti. Rimpianse di non aver lasciato quella stupida nelle grinfie di Spike, almeno lui l’avrebbe fatta fuori senza doversi sentire in colpa.
    Di colpo si diresse veloce verso Buffy prendendola per un braccio “Vediamo cacciatrice. Fammi vedere quanto sei forte. Fammi vedere come uccidi un vampiro”
    Buffy venne trascinata fuori senza poter opporre alcuna resistenza a quella presa che mai le era parsa così forte.
    Le grida di Willow e Xander le accompagnarono mentre Faith a grandi passi la trascinava via per la strada ormai buia.

    Il cimitero era completamente deserto. Willow e gli altri le avevano raggiunte ansimanti e preoccupati.
    “Su Faith smettila. Questo non è sicuramente il modo”
    Faith sorrise sicura, il terreno al di sotto dei loro piedi cominciò a muoversi “Non preoccupatevi ora la cacciatrice ci difenderà tutti!”
    Buffy retrocesse terrorizzata mentre una mano sbucava decisa dalla terra umida. Un terrore puro, mai provato prima. Si voltò disperata verso Faith che sorridendole con aria di sfida le lanciò un paletto di legno.
    Il vampiro grosso e completamente sporco di terra le era di fronte. Buffy provò, cercando di trovare un po’ di forza in quel corpo esile, a conficcarglielo nel cuore.
    L’energumeno che le era di fronte la lasciò fare. Il paletto sottile, si andò a conficcare lievemente nel suo costato per poi ricadere sulla terra umida del cimitero.
    Buffy indietreggiò sconvolta. Dov’era la cacciatrice? Possibile che di lei non fosse rimasto nulla? Le lacrime le punsero gli occhi sconvolgendola ulteriormente mentre il vampiro sorridendo si preparava a colpirle.
    Le grida di Willow non fecero battere ciglio a Faith che sicura e appagata la fissava soddisfatta.
    Finalmente l’avrebbe fatta finita. Finalmente avrebbe smesso di dire che era la cacciatrice. Qualche pugno non le avrebbe certamente fatto male. Buffy socchiuse gli occhi per prepararsi a ricevere quel colpo certamente dolorosissimo. Nulla!
    Nessun dolore! Nessun colpo! Aprì piano gli occhi…. lui! Spike la copriva con il suo corpo e il pugno rivolto a lei si era conficcato nel suo torace senza muoverlo di un centimetro.
    Il vampiro biondo sorrise al demone che gli era di fronte e senza dargli alcun tempo di capire cosa stesse succedendo lo eliminò con lo stesso paletto di Faith.
    Buffy era esausta, sconvolta, un inesorabile voglia di piangere le stracciava l’anima. Si appoggiò all’albero che era alle sue spalle per evitare di accasciarsi sul suolo.
    La cacciatrice bruna e gli altri avevano assistito alla scena senza parole. Forse Spike voleva eliminare la ragazzina personalmente.
    Istintivamente Buffy aveva stretto la giacca del vampiro tra le mani. Spike si voltò veloce verso di lei.
    I suoi occhi di un blu senza barriere, confini si persero nei suoi.
    Sconvolgendola senza ritegno la strinse tra le braccia.

    6°CAPITOLO
    Lui, così presente, così estremamente vero e reale, così immensamente totale in tutto, in qualsiasi tempo, luogo. Lui, così profondamente infinito, così tremendamente radicato in lei. Lui, totalmente lui, il solo a definire sé stessa.
    Il suo profumo attraversò il suo corpo per arrivare puro nella sua mente. Le era mancato, le era mancato immensamente o forse più semplicemente l’aveva desiderato da sempre. Tante notti erano passate in quelle braccia, tanto sesso c’era stato tra quei due corpi ma mai, vero, reale, scottante, tremendamente sconvolgente era esistito quell’abbraccio.
    Mai lei si era fatta stringere inerme,debole, sconvolta da quelle braccia che sole in quell’universo, rappresentavano la pace. Forse non era un incubo. Lui come poteva esserlo? Lui per cui ora, adesso come non mai avrebbe donato la vita, l’intera esistenza, come non poteva essere il paradiso?
    Buffy alzò gli occhi verso il vampiro biondo, le sue braccia la stringevano forte e i suoi occhi erano fissi nel vuoto.
    “Devo essermi persa qualcosa?” la voce di Faith tremendamente irritata.
    Gli altri ragazzi senza parole si erano avvicinati a lei. Spike si allontanò bruscamente da Buffy e il suo volto cambiò improvvisamente espressione.
    “Cacciatrice mi sbaglio o le cose dovrebbero girare al contrario: io mangio le ragazze e tu le salvi!” inarcò un sopracciglio in tono strafottente.
    Faith deglutì furiosa, ora più che mai l’avrebbe impalettato molto volentieri.
    “Sono d’accordo Spike. Tu le mangi, non le salvi!” gli occhi della ragazza si spostarono su Buffy che osservava in silenzio la scena.
    “Hai ragione ma… ” il vampiro le si avvicinò “Tu sei quasi patetica!”
    Gli occhi di Faith si accesero ulteriormente. Quella maledetta situazione, così estremamente favorevole le stava dannatamente scivolando di mano.
    La ragazza bruna accorciò le distanza fino a far arrivare il suo viso a pochi centimetri da quello del vampiro “Cosa vuoi dire?”
    Spike sorrise glaciale “La ragazzina deve farti molta paura per sperare che un vampiro come quello la divori. Per quale motivo?”
    Faith di scatto lo spinse con forza fino a farlo ritrovare disteso nel fango. Spike che nei primi istanti sembrava essere pronto alla lotta rise di gusto.
    “Hai paura che ti rubi il mestiere cacciatrice?”
    Faith furiosa gli tirò un calcio nella schiena. Il vampiro si toccò dolorante senza eliminare quell’assurdo sorriso dalla faccia.
    “Hai paura che ti rubi la sorellina?”
    Questa volta il calcio fu di una forza assurda. Il vampiro steso sul terreno sputò sangue e si strinse dolorante, il sorriso ancora così maledettamente presente.
    “O gli amici?”
    La cacciatrice si mise su di lui e gli diede, quasi con gesti insicuri e isterici, una serie di pugni.
    Spike fece ricadere la testa all’indietro, da un lato della sua bocca ora scendeva un rivolo di sangue. Avvicinò le labbra a quelle della cacciatrice, ora, a pochi centimetri.
    “O forse hai paura che ti rubi qualcos’altro?”
    Faith quasi come posseduta, senza un briciolo di ragione si scagliò con una violenza inaudita sul suo viso lasciandolo stremato e ferito. In un gesto veloce la cacciatrice bruna estrasse un paletto e lo premette con forza all’altezza del suo cuore. Il vampiro sorrise dolorante e sicuro.
    “Uccidimi!” la cacciatrice lo premette con più forza.
    “Uccidimi!”
    Faith era immobile. Spike così irritante, così crudo e diabolico che ora per la prima volta con quella ragazzina dal nome assurdo aveva dimostrato un tratto di umanità, così reale e oscuro, così sexy, così tremendamente vampiro.
    I suoi occhi erano fissi nei suoi. Perché le faceva così del male?
    Il vampiro di colpo l’aggredì capovolgendo la situazione. La sua mano, quella morsa d’acciaio da cui era impossibile scappare stringeva forte e decisa il collo della cacciatrice. Il suo sguardo era sicuro e rabbioso.
    “Se vuoi far uccidere una ragazzina vorrei essere il primo a saperlo. Ci siamo capiti?”
    Faith fu costretta ad annuire ora più che mai terrorizzata.
    La sua voce divenne beffarda “Non umiliarti cacciatrice. Se anche ti fossi decisa a uccidermi non avresti potuto”
    Le sue mani di colpo lasciarono la presa e Faith si raddrizzò tossendo in modo convulsivo. Buffy aveva assistito alla scena. Il suo cuore si era continuamente fermato per poi ricominciare a battere più forte di prima. Possibile che alla cacciatrice bruna appartenesse, ora, anche quest’emozione per il vampiro? Possibile che ora il suo oggetto dei desideri fosse lei? Quella mano aveva stretto più forte e decisa. Mentre guardava il vampiro allontanarsi nel buio capì che quell’incubo per ora non avrebbe certamente mollato.

    Willow l’aveva convinta. Incurante delle occhiatacce di Faith che umiliata e malconcia si era rialzata dal terreno umido, le aveva chiesto con tanta cura e gentilezza di stare da loro quella notte. La cacciatrice bruna non aveva osato parlare. Un gesto troppo estremo era stato fatto e ora non avrebbe certo potuto chiedere il perché di quell’abbraccio a quella ragazza che stava quasi per far eliminare!
    Buffy era rimasta in silenzio, troppo occupata a seguire quegli occhi scuri di cui tanto avrebbe voluto conoscere i segreti. Quegli occhi che forse come lei bramavano quel corpo, quella bocca, quelle mani, quella voce.
    O forse, chissà, come lei li avevano avuti. In un lampo l’immagine delle loro labbra che si univano, mentre i loro corpi si cercavano, le lacerò l’anima procurandole la nausea.
    Quando era diventato così profondamente parte di lei?
    Willow e Xander forse si stavano scusando perché vedeva i loro visi dispiaciuti, mentre parole senza alcun senso arrivavano confuse nella sua mente. Lei era altrove.
    Dovunque, ovunque fosse lui.

    In cucina aveva intravisto Dawn. I suoi occhi vivevano ancora nella sua mente. Quando avrebbe potuto riabbracciarla senza che nessuno pensasse fosse pazza, senza gli occhi ostili di Faith su di loro? Stava male. Profondamente, un dolore inesorabile la divorava dall’interno. Il viso di Spike continuava a bruciare dentro come se da sempre fosse esistito in lei, come se con lei, indelebile, fosse nato. Le sue braccia l’avevano sconcertata, sorpresa senza ogni ritegno facendola respirare per la prima volta in quell’incubo senza fine.
    Eppure era lontano. Il suo sguardo perso e “La prossima volta che decidi di uccidere una ragazzina vorrei essere il primo a saperlo”…… quelle parole che la confondevano.
    Non era Spike o forse non ancora. Si chiese quasi terrorizzata se davvero quei due nascondessero qualcosa.
    Nausea e questa volta più che mai terrore. Lei non esisteva e tutto era stato stravolto….. o forse nulla ma…… se lui era cambiato: allora tutto era stato stravolto.

    Dovette spingere con forza la porta della cripta, sporca e polverosa. Mai le era sembrata così pesante. Era sgusciata da quel letto in assoluto silenzio, ma soprattutto in assoluta mancanza di razionalità. Aveva corso ansimante per tutta la strada, impaurita sul terreno fangoso del cimitero.
    Non aveva pensato a nulla, non poteva. Se l’avesse fatto sarebbe tornata indietro e avrebbe pianto per ore. E invece aveva corso in una cripta di cui non era certa nemmeno dell’esistenza, ansiosa terribilmente affamata di risposte, di certezze che ora non esistevano e che forse in quell’incubo non potevano esistere. Terribilmente affamata di lui, di lui solo. Spike era saltato dalla poltrona. La vecchia e malconcia tv continuava a far passare immagini ora senza senso. Buffy si appoggiò ansimante alla porta richiudendola alle sue spalle. In un istante indelebile fu nei suoi occhi.


    6° CAPITOLO (parte seconda)
    Voci senza alcun senso emesse da quella scatola scura rompevano un silenzio scottante. La cripta umida e polverosa era illuminata solo dalle flebili luci provenienti dalla tv. Perché era lì?
    Spike le era di fronte, i suoi occhi sconcertati e sorpresi. Persa, completamente annegata, immersa in quell’oceano senza confini. Le sue labbra tremavano.
    “Perché mi hai salvata?” la voce di Buffy titubante e insicura.
    Spike inclinò la testa da un lato sorridendo sarcastico “Passerotto, perché mi tormenti?”
    La cacciatrice impaurita e timorosa, nella sua mente ancora quella morsa d’acciaio e quel bacio di fuoco.
    “Rispondimi!” disse fingendo un briciolo di sicurezza.
    Il vampiro divenne serio, il suo sorriso beffardo scomparve.
    “Quando in giro c’è una bambolina che posso uccidere senza che questo maledetto chip mi logori il cervello voglio tenerla tutta per me.” rispose toccandosi con forza le tempie.
    Il tono di Buffy divenne acceso e le distanze tra i due furono ulteriormente accorciate.
    “Tu non vuoi uccidermi” la tv continuava a parlare.
    Spike le era addosso, i loro visi si sfioravano e le loro labbra erano quasi attaccate, il vampiro poteva sentire il suo caldo respiro sulla sua bocca. Inclinò la testa da un lato e sorridendo malizioso le parlò sfiorandole continuamente le labbra senza baciarla.
    “Hai ragione ragazzina. Non voglio solo ucciderti” continuò a torturarla scostandosi continuamente da lei.
    Buffy era estasiata, gli occhi socchiusi “Prima voglio scoparti!”
    In un attimo le loro labbra si incollarono in un bacio stretto e convulsivo. La sua lingua cercò violenta e assetata quella di Buffy e le sue mani si insinuarono eccitate sotto la sua camicetta.
    Le sbottonò sicuro i bottoni che gli impedivano di continuare quell’estasi dei sensi. La sua carne era chiara e profumata. Quanto voleva baciarla…. quanto avrebbe voluto affondare i suoi denti in quel paradiso!
    Buffy aveva avvolto le sue braccia attorno al suo collo e la sua bocca era ancora tremendamente incollata a quella del vampiro. Spike con un gesto veloce le aveva tolto anche il reggiseno e ora i suoi seni rosati premevano contro il suo petto coperto ancora dalla camicia.
    Non esisteva razionalità, verità, realtà. Mai le sue parole erano state tanto crude e scottanti, mai lei lo aveva desiderato così tanto prima che cominciasse quell’incubo…. o forse si!
    Spike la prese sicuro in braccio e la distese sulla tomba di cemento che divideva la cripta. I suoi occhi tremendamente nei suoi. La voleva, la desiderava, contro ogni ordine e ragione. Ma chi era quella maledetta ragazzina? Chi era quel passerotto impaurito che gli faceva perdere ogni ombra di mostruosità e di ragione?
    Buffy gli tolse la camicia e finalmente i suoi seni potettero premere sul torace forte e duro del vampiro. Lui le passò con voracità la lingua sul collo soffermandosi nell’incavo dove il sangue pulsava più forte. Voleva morderla, voleva morderla senza ogni tipo di freno eppure….. c’era qualcosa.
    Buffy senza accorgersene lo premette con più forza sulla sua pelle come per intimarglielo…. voleva essere morsa, voleva sentirlo dentro di sé….. in qualsiasi modo…. dovette usare tutta la sua forza per non urlarglielo.
    Il vampiro recuperando ciò che restava della sua ragione fece scendere la sua lingua fino all’estremità rosate dei seni che torturò vorace, le sue mani si insinuarono sicure al di sotto dei suoi jeans e con mani esperte e affamate cercò la sua femminilità .
    Buffy gemette di piacere e fu costretta a stendersi su quel freddo cemento che ora quasi non percepiva. Il vampiro in un gesto veloce le tolse i pantaloni e passò la sua lingua sui suoi slip inumidendoli. La cacciatrice inarcò la schiena e lui eliminando anche quella sottile barriera le regalò un’estasi mai provata.
    La sua lingua si insinuò nella sua zona più intima, spingendo più in profondità che potesse per poi passare più volte su tutta la sua morbida superficie. Buffy senza rendersene conto lo spinse con le sue mani più all’interno e quando lui velocizzò il movimento le sue grida di piacere squartarono quasi il silenzio.
    I colori, il tempo, il luogo, tutto era diventato terribilmente sfumato. Ora nulla esisteva, ora la sua voglia era solo e totalmente per sempre di lui.
    Il vampiro si scostò da lei e si liberò dai pantaloni che ora come non mai gli dolevano maledettamente. Mai aveva desiderato così totalmente qualcuno, mai era stato così forte il desiderio di essere in lei. Con un colpo forte e deciso la penetrò e Buffy gemette senza ogni freno e ritegno, aggrappandosi a lui.
    Lo amava, lo amava senza ogni confine barriera, tempo e realtà. Lo amava immensamente, infinitamente, totalmente. Lo amava da sempre e soprattutto lo avrebbe amato per sempre, ne era sicura.
    Dolore per una verità che la sconvolgeva ogni oltre limite, piacere per una sensazione che solo e sempre lui avrebbe potuto donarle. Ovunque fosse, dovunque fosse, qualsiasi maledetto incubo li dividesse.
    Nella sua mente ancora quella preghiera. Amami. La sua anima lo chiedeva, pregava, urlava, bramava, di essere amata dal vampiro biondo. Le spinte da lente e decise cominciarono ad essere veloci e quasi irrazionali. Sentì il suo respiro diventare terribilmente affannato e i suoi occhi ancora una volta furono totalmente nei suoi! Lui….. non esistevano parole!
    In un istante Buffy si aggrappò più forte a quella schiena salda mentre un piacere massimo e senza limiti si impadroniva del suo corpo. Qualche secondo dopo Spike finalmente la raggiunse nello stesso gemito e si abbandonò stremato sul suo corpo nudo.
    Si chiese confusa se qualcuno, qualsiasi essere vivente in quel mondo, in quella galassia potesse essere in quell’istante più felice e allo stesso tempo più tremendamente sconfitto. Lui aveva vinto.
    Nella sua mente bruciavano ancora le parole che imbarazzato ma sicuro gli aveva continuamente urlato il vampiro biondo ”Io ti amo”.
    Quando le avrebbe sentite ancora? Quando finalmente la sua anima ora scottata e ferita avrebbe trovato la pace….. quella pace che contro ogni senso solo lui rappresentava? Quando quella mano forte e decisa avrebbe lasciato la presa?
    Spike respirava con difficoltà. Cosa stava accadendo? Qualcosa di quella ragazza lo spaventava profondamente, qualcosa lo avrebbe fatto correre lontano da lei, qualcosa lo spingeva a tirarla con sé in quell’oscurità, ad affondare deciso i suoi denti in quel sangue caldo. Ma qualcos’altro invece, ora, prima, lo aveva trascinato con lei.
    Possibile……
    Nudi……. entrambi inconsapevoli…… la cacciatrice e il vampiro.


    7° CAPITOLO
    Il suo corpo solido e duro premeva forte sulla sua pelle. Riusciva a sentire i suoi muscoli tremendamente tesi appoggiarsi decisi sulle sue cosce e il suo torace premere con forza sui suoi seni.
    Sarebbe rimasta lì, in quella dimensione che andava oltre ogni ordine e natura per tutto il tempo che le sarebbe stato concesso dalla vita. Una voglia irrefrenabile di capire, di far luce, chiarezza su quelle rivelazioni che continuavano insistentemente a confonderla.
    Buffy fece scivolare con delicatezza la sua mano sulla sua schiena. Appena Spike riuscì a percepire quel contatto, che se pur leggero, era tremendamente diverso dagli altri, spalancò gli occhi intimandosi di resistere. Le mani della cacciatrice tracciarono ancora una volta una linea sulla sua pelle, i suoi gesti erano diversi. Mai qualcuno lo aveva toccato in quel modo.
    Attese qualche altro istante prima di sentire le sue mani corrergli fino ai capelli, soffermarsi sul collo teso, per poi ricadere dolci e delicate, ancora una volta, sulla sua schiena.
    Gli occhi di Spike erano fissi nel vuoto, si ritrovò a sorprendersi delle sue stesse parole. “Perché ti comporti così?” sussurrò sconcertato.
    Buffy trasalì a quelle parole bloccando i suoi movimenti che riprese un istante dopo.
    “Io mi sono sempre comportata così ma…. tu non lo ricordi” sussurrò imbarazzata mentre ciò che stava dicendo la turbava terribilmente.
    Ancora bugie.
    Il vampiro rimase in silenzio senza spostarsi da quel tocco, era evidente che quella risposta non gli era bastata.
    “Io sono la cacciatrice e tu sei un vampiro ma….. passiamo ogni notte l’uno tra le braccia dell’altra.”
    Buffy rimase in silenzio per qualche istante “Tu mi ami.”
    Spike si alzò di scatto dal suo corpo nudo come se qualcosa l’avesse improvvisamente ferito. La sua espressione era mutata, i suoi occhi terribilmente lontani.
    Buffy fece scendere il suo sguardo sorpreso sul suo corpo privo di vestiti e quando i suoi occhi si soffermarono sulla sua nudità distolse lo sguardo arrossendo.
    Il vampiro sorrise in un modo quasi impressionante. La sua risata non nascondeva nessun tipo di sentimento tanto che Buffy si chiese se davvero di lui non fosse rimasto che un mostro.
    “Ragazzina non mi sembravi così imbarazzata mentre gemevi di piacere.”
    Buffy fece ritornare di colpo i suoi occhi in quelli del vampiro biondo. Il vampiro la fissò dritto, profondo, senza alcun intenzione di distogliere il suo sguardo di ghiaccio. Il suo corpo era ancora tremendamente nudo e lui non sembrava intenzionato a coprirlo.
    Buffy fu costretta ancora una volta a guardare altrove e questa volta la risata del vampiro risuonò tra le pareti umide della cripta.
    “Povero passerotto!” disse mentre recuperava i suoi jeans. I suoi occhi si posarono curiosi sul corpo nudo della cacciatrice e Buffy si sentì terribilmente sporca. Non era stata lei. Mai i suoi gesti i suoi pensieri erano stati così scottanti, mai erano stati così tremendamente……. reali.
    Lo sguardo del vampiro era ancora posato sul suo corpo, insistente, tanto da farle bruciare la pelle, non né era sicura ma per un attimo sembrò anche leggerci una tremenda eccitazione. Spike distolse turbato lo sguardo e recuperò anche la cintura che era sul pavimento.
    “Potevi evitarti di inventare questa storiella” le disse come se il suo unico e vero intento fosse quello di ferirla, distruggerla senza ogni ritegno “Se il tuo obiettivo era quello di farti scopare.”
    Buffy trasalì e sentì l’impulso irrefrenabile di picchiarlo, picchiarlo senza ogni freno, fin quando inerme e senza forze l’avesse sentito chiederle scusa, sussurrarle ancora di amarla. Scattò di colpo in piedi e avvicinandosi a grandi passi verso il vampiro, dimenticando completamente il suo corpo nudo, lo schiaffeggiò con forza, tanto che il rumore del contatto con la sua pelle risuonò per tutta la stanza.
    Spike era di ghiaccio. Improvvisamente la sua mano afferrò decisa il collo della cacciatrice sollevandola dal pavimento.
    “Stammi a sentire passerotto” disse ringhiandole contro ”Ti avevo detto di starmi lontano!”
    Buffy boccheggiò senza riuscire ad emettere un solo suono, i suoi piedi si muovevano nell’aria cercando una base su cui poggiarsi.
    “Sembra che stasera ti abbia più che accontentata, quindi…. ”le disse scagliandola sul freddo pavimento “Ora sparisci!”
    Buffy rimase immobile. Le parole del vampiro sembravano riemergere da un incubo mai assaporato veramente, sembravano nascere da un mostro che forse, mai vero e reale, aveva davvero incontrato. Quel semplice suono, quell’eterno e indelebile significato, la tagliava, graffiava, forte e profondo.
    Cercò nella stanza i suoi vestiti e quando raccolse la camicetta si accorse che le mani le tremavano terribilmente.
    Spike si era voltato fingendosi interessato alla tv che non aveva mai cessato di parlare. Fissava sconcertato, dallo schermo che rifletteva la sua sagoma, la cacciatrice che nuda, totalmente privata di ogni tipo di orgoglio e forza gli era alle spalle.
    Una forza quasi disumana lo spingeva verso di lei. Ancora una volta tra quelle braccia, sotto quel tocco, ancora e ancora! Strinse i pugni sperando di vederla scomparire il prima possibile.
    Buffy senza nemmeno chiudersi la camicetta sparì nell’ombra. La vide voltarsi un’ultima volta. Un desiderio irreale, sconvolgente, terribilmente forte, di stringerla tra le braccia lo spaventò senza ogni ritegno.

    L’aeroporto era vuoto. Un uomo alle sue spalle forse leggeva un giornale perché riusciva a sentire le pagine sfregarsi continuamente. Un senso d’ansia lo attanagliava in modo insopportabile. Continuava a immaginare qualcuno entrare dalla porta automatica che gli era di fronte per trascinarlo via da lì. Sospirò cercando di trovare un po’ di calma dentro di sé. Precedute da un suono squillante, nuove parole apparsero sul tabellone elettronico. Si avvicinò sistemandosi gli occhiali sul naso. Londra-Sunnydale…. ancora 5 ore…… sperò preoccupato di farcela.

    La cacciatrice aveva corso, veloce, diretta, spedita, lontana da quel luogo, lontana da quel corpo, da quelle mani, lontana da lui.
    Mai nessuno aveva graffiato, tagliato così forte e profondo dentro di lei fino a farle sentire la sua anima urlare, gridare solo di lui. Spike l’aveva amata, Spike l’aveva amata contro ogni ordine e natura ma….. possibile che avesse amato solo la cacciatrice? Possibile che il suo unico obbiettivo fosse solo la figura che lei rappresentava?
    L’aveva pensato da sempre o forse…. mai! L’aveva gridato, imposto al suo cuor per farglielo odiare, per farlo odiare contro ogni barriera e confine ma mai quel pensiero era stato realmente suo.
    Ed ora era lì. Tutto era terribilmente uguale, lei se pur senza forza era ancora tremendamente lei eppure…. lui era lontano. Si era lasciata trascinare in quell’abisso sperando che lui avesse ricordato e invece….
    Quando aveva smesso di essere la cacciatrice, quando lo era stata realmente?
    Tutto stava diventando confuso…. forse pioveva, forse…. ”Voglio prima scoparti”, ”Gemevi di piacere”, ”…… più che accontentata”.
    Parole, volti, luci, tempo e ombre…. tutto sembrava confondersi….. tranne lui…. lui, inesorabilmente lui.
    Si arrampicò con movimenti sconnessi all’albero che portava a quella finestra. Non era la sua camera…. non lo sarebbe mai stata. Non ebbe la forza di arrivare al letto. Si accasciò piano sul pavimento freddo, le spalle protette dal muro, le lacrime erano finite, forse questa era l’ultima, o forse chissà…… nel buio della notte né sarebbero comparse altre.
    Il suo sguardo perso, tremendamente fisso nel vuoto…. due occhi di ghiaccio la osservavano al di là dei vetri trasparenti.


    7° CAPITOLO (parte seconda)
    Ancora lui. Tremendamente, terribilmente lui. La sua anima completamente annegata in quell’essere oscuro, la sua volontà completamente attanagliata, indirizzata verso lui, solo e sempre lui.
    Dolore….. solo questo? Possibile che quel grido, taglio profondo, potesse essere chiamato solo dolore? Possibile che nessuno avesse trovato una parola migliore? Una parola che fosse davvero impregnata di quel sentimento che brucia e devasta ogni lucciola che c’è nella notte?
    Il suo cuore lo cercava ancora. L’incubo era presente, assoluto. Nessuna speranza, ma lei non c’era… Lei, eternamente lontana, era con lui. In lui.
    Certezza bruciante e prepotente l’aveva travolta.
    Sola.
    Ancora il suo ricordo: la sua mano ancora sulla sua spalle, le stelle ancora nel cielo scuro e profondo, le lacrime ancora fresche sul volto. “Cos’è successo?”
    Cosa? Cosa? Ti amo Spike, ti amo dolorosamente. Il tuo pensiero mi distrugge. Cancella tutto. Come un acido potente dissolve tutto ciò che è intorno. Ragione e speranza. E resti tu. Tu così assoluto. Tu dagli occhi abissali. Tu dalle mani che rapiscono l’essenza del mio essere, dalle mani in cui volentieri emanerei l’ultimo respiro.
    La cacciatrice è stata sconfitta. Ridi,divertiti pure. Non posso combatterti e anche se mi tornassero le forze non lo farei. Vinceresti lo stesso. La tua polvere mi batterebbe ugualmente. Ti amo vampiro, ma non lo saprai mai.

    Il sole era sorto. La mente ancora persa nell’oblio. Volontario. Perché ricordare? Perché tornare in quelle ore tremendamente irreali? Dormi Buffy. Lui è lontano.
    Flebili raggi si posarono sulle gambe scoperte. Ma perché esistono i ricordi? Perchè non ci si può alzare il giorno dopo e aver dimenticato? Perché le ore, i gesti, i movimenti e le parole riaffiorano lente e imponenti, trascinate brusche dalle emozioni?
    La cacciatrice si vestì lentamente. Forse il tempo sarebbe passato. Forse una di quelle mattine si sarebbe ritrovata nel suo letto. Forse.
    Sentì la voce di Willow dal piano inferiore. Quel suo inconfondibile suono caldo e rassicurante, la sua risata. Lontana, ora, terribilmente lontana.

    La cucina era illuminata dal sole. Willow le aveva rivolto un solare “Buongiorno!” prima di sparire dalla porta. Faith era sola.
    I raggi luminosi si riflettevano nei suoi capelli corvini. I suoi occhi sembravano avere con lei questioni mai risolte. Almeno questo non era cambiato!
    Silenzio. La cacciatrice bruna sembrava una bambina impacciata alle prese col pane e marmellata, dopo una bella sgridata dei genitori.
    Buffy era immobile, i capelli ancora spettinai dalla sera precedente. In un breve istante gli opposti dei loro occhi si mescolarono.
    “Mi dispiace per ieri. Non capiterà più .”
    La voce della cacciatrice bruna tremendamente seria e odiosa nonostante le parole rivelassero il contrario! Eterna contraddizione! Ma cosa voleva da lei?
    La sera prima una verità nascosta, forse svelata solo al vampiro, era apparsa scontrosa e prepotente rivelando qualcosa che mai aveva visto negli occhi di un'altra donna per il bel vampiro biondo!
    Che anche Faith ne fosse innamorata? La cacciatrice dai segreti nascosti, celati nel profondo come un sacro tesoro, sembrava essere tremendamente attratta da quel corpo, terribilmente attratta da quell’oscurità.
    “E’inutile chiedermi scusa se non è tua intenzione?”
    Gli occhi di Faith si specchiarono in un gesto veloce in quelli della cacciatrice e l’imminente sforzo di non farla scomparire per sempre dalla sua vita, diventò quasi opprimente.
    Piccola ragazzina insolente. Così matta e fuori di sé che veniva a reclamare la sua vita. Tutto diceva le appartenesse, perfino il vampiro biondo. Lui al quale lei non poteva avvicinarsi, lui che le lacerava veloce ogni tipo di barriera spingendola verso quell’oscurità che tanto bramava. Il sole che entrava dalle finestre era un maledetto contrasto.
    Sparisci stupida ragazzina, non farti più vedere! I suoi occhi fissavano rabbiosi quelli della bionda.
    “Siamo al Magic Box se ti interessa.”
    Buffy non rispose. Non aveva dimenticato. Le ore passate non erano cadute nell’oblio e se pure quel contatto estremo con Spike le aveva tramortito la mente, il resto ora era riemerso. Faith uscì veloce dalla porta. D’improvviso la casa cadde in un assoluto silenzio. Lo sapeva. Non sarebbe più tornata a casa.

    La matita di Xander continuava a ondeggiare nell’aria. Stava cercando da interminabili minuti di farla sembrare “molle”…. come diceva lui. Le ore sembravano scorrere velocemente lente…… contraddizioni… ancora!
    Niente! Su quei maledetti libri non c’era niente…… possibile? La cosa era palese: loro non volevano ci fosse niente. Anche se come biasimarli se erano proprio loro le vittime di quell’incantesimo? Come indurli a pensare che lei fosse la sana di mente e loro quelli da ricoverare?
    Buffy sospirò esasperata. Stava diventando tutto terribilmente irreale.
    Una moviola che lenta e nauseante muoveva quei personaggi senza senso. Le immagini in quella cripta le esplosero violente come fuochi d’artificio nella mente, facendole sentire improvvisamente caldo. Era successo chissà cosa e l’unica cosa a cui lei riusciva a pensare era solo e maledettamente lui.
    Dannato vampiro platinato! L’aveva trattata come niente e ora oltre al dolore delle prime ore, una rabbia bruciante le inondava le viscere. Non gli avrebbe mai più permesso di avvicinarsi. Non ora, non qui. Forse quando sarebbe tornata a casa, quando a lui sarebbero tornati in mente quei maledetti ricordi ci avrebbe pensato, ma non ora. E allora quando? Il “quando” esisteva davvero o le speranze emergevano urlanti e senza senso?
    Anya esasperata con un colpo isterico fece scivolare la matita dalle mani di Xander che rotolò per l’intero tavolo di legno. Tutti erano seduti, immersi in quei libri polverosi…. Buffy no . Sicuramente la ragazzina si sarebbe potuta inorridire nel vedere pagine che illustravano mostri, streghe, incantesimi e vampiri. Lei….. che aveva perso il conto di quanti ne aveva uccisi e ricordava con precisione i due con cui era stata a letto!
    Chissà poi cosa stavano cercando? Magari lei se ne stava buona buona, inconsapevole e loro pensavano al modo di farla internare in qualche manicomio….. Ancora quella maledetta moviola.
    Buffy esasperata si avvicinò ala finestra che affacciava sulla strada. La vetrina dai colori accesi la illuminava completamente, non era possibile rimanere celati….. mai lo era stato. La strada era ormai quasi deserta, la sera li aveva portati via tutti…… sola…. come lei.

    La ragazzina dal corpo caldo bruciava nella sua mente. Incredibile voglia di morire sotto il suo tocco, sotto i suoi gesti e le sue parole che lo rendevano quasi…..
    Ora dov’era? Percepiva il suo odore intenso e afrodisiaco, la voleva ancora sotto le sue mani. Voleva ancora essere dentro di lei. Un eccitazione massima lo portò furioso ad accendersi un'altra sigaretta. Umano! Ecco cosa. Lo rendeva maledettamente, dannatamente umano!
    Lui, l’angelo della notte, William il sanguinario. Non era possibile. Voleva la sua gola. Ora, adesso, per mettere a tacere quell’istinto irreale. Il suo sangue in un calice.

    L’aria all’esterno era più fresca. Anche se la polvere della stradina buia sul retro del negozio di magia era umida. Anche quello era uguale.
    Era finita in un assurdo teatrino di burattini e qualcuno dall’alto li stava manovrando a suo piacimento. Un burattinaio freddo, glaciale e diabolicamente divertito. Forse stava impazzendo. Forse già lo era del tutto. Nell’ombra dove un attimo prima era presente il nulla, scorse una leggera scia di fumo grigio. Dovette avvicinarsi di qualche passo per mettere a fuoco la sagoma dominata da quei vistosi capelli ossigenati.
    Ancora lui. Buffy aprì la bocca per dire qualcosa, ma le improvvise immagini che si aprirono di colpo nello scenario della sua mente sulla notte scorsa, le rimandarono le parole indietro.
    “Ciao passerotto, ti cercavo” la cacciatrice indietreggiò nell’ombra.
    “Mi hai detto di sparire. Come vedi l’ho fatto.” ancora contraddizioni.
    Il vampiro si allontanò dall’oscurità in cui era celato e le fu a pochi passi. E ora cosa vuoi stupido demonio? Non ti basta l’umiliazione che mi hai inflitto la notte scorsa? Ma perché diavolo continuava a fissargli le labbra?
    La mano di Spike carezzò dolcemente i suoi capelli. Da quando non lo aveva più fatto. I suoi occhi erano tremendamente lontani. Non promettevano nulla di buono. La sua voce fu quasi un bisbiglio.
    “Mi stai uccidendo passerotto! Ti voglio sempre!”

    L’immagine della sua cripta riapparve scottante.
    -Dimmi che mi ami.
    -Ti amo, lo sai.
    -Dimmi che mi vuoi.
    -Ti voglio sempre.
    Anche io Spike, terribilmente. Giorno e notte. Vorrei affogare in te. Ora però baciami, altrimenti vedresti il mio sguardo parlare per me.

    Buffy indietreggiò appoggiando la schiena al muro. Il suo viso così pronunciato in un tratto quasi angelico. Lui che un angelo non era.
    Balla con me ragazzina. Voglio vederti fremere sotto di me. Voglio sentire il tuo sangue scorrere fluido e caldo all’interno della mia gola e i tuoi gemiti di dolore devono accompagnare il mio banchetto.
    Il gesto rapido di Buffy lo sconvolse spudoratamente. Sporgeva sicura il suo collo verso la sua bocca. Sapeva cosa voleva e glielo stava dando. Ti amo Spike, ti amo dolorosamente.
    Il tuo pensiero mi distrugge. Cancella tutto.

    8° CAPITOLO
    Ti amo profondamente, totalmente. Ogni via lastricata di questa esistenza senza senso continua a condurmi da te……. verso la tua agghiacciante mostruosità, verso le tue mani….. verso i tuoi occhi, che soli celano l’infinito.

    Caldo e denso.
    Scorreva fluido, appoggiandosi rovente alle pareti affamate della sua gola.
    Ecco la sua natura.
    Il sangue della ragazzina dai capelli d’oro finalmente era servito. Il suo bel collo era il suo calice e avrebbe bevuto quel nettare fino alla fine. Fino a quando fosse stato troppo ubriaco per guardarla accasciarsi a terra senza vita. Illusioni, specchi che riflettevano bugie e menzogne gli avevano avvolto la mente. Aveva scorto se pur lontana e ricoperta di sangue umano, la sua flebile e inesistente anima, l’aveva assaporata, sentita come un lampo in una notte di continua pioggia, apparire in un istante interminabile in lui.
    Il passerotto spaventato e bugiardo sembrava esserne la causa.
    Bene: doveva essere punito!
    Aveva sentito troppe volte quella voce d’angelo raccontare bestemmie che parlavano d’amore e sentimenti, ferendo irrimediabilmente il demone che era in lui. E ora eccola, inerme, stretta, spalle contro al muro a morire avidamente nel suo bacio di morte.

    Morte. Poteva essere definita così? Quella signora oscura dall’alito di ghiaccio, poteva davvero essere in quei denti? Poteva regalarla lui, che sole le dava la vita? Il suo corpo fu stretto più forte in modo che il sangue fuoriuscisse più veloce.

    Si chiese divertito quale modo volesse utilizzare. Poteva assaporarla fino alla fine, lasciandole però la forza di lamentarsi, ascoltando i suoi gemiti e rantoli di dolore.
    O forse no! Lei non meritava un simile trattamento!
    Forse sarebbe stato meglio spezzarle il collo in due!
    La spinse con più forza contro il muro per spingere più affondo i denti nella sua carne. Perché non urlava? Perché non gli regalava quell’infinita sensazione, che solo le grida indifese delle ragazzine come lei, potevano incessantemente regalare?
    Possibile che le piacesse? Possibile che come lui, quella cagna, trovasse quel gesto immensamente eccitante? Il movimento diventò quasi monotono e stabilito…. altro…. possibile?
    Le sue braccia forti cingevano la sua vita, le mani si mossero impulsivamente contro i suoi seni. Si insinuarono quasi come possedute sotto la sua maglietta leggera. Sentì il corpo della ragazza irrigidirsi d’un tratto. Spike che dolce morte vuoi regalarmi?
    Percepì al di sotto dei suoi polpastrelli il morbido reggiseno di pizzo, lo alzò lentamente. Le sue mani ardenti torturarono le dolci estremità turgide della bionda con movimenti assetati, quasi senza coordinazione, chiudendosi a coppa su entrambi i seni.
    Buffy gemette impulsivamente di piacere e solo in quell’istante il vampiro tolse di scatto i denti dal suo collo, per impossessarsi avido della sua bocca. La sua lingua cercò violenta quella della ragazza il cui bacio da titubante e timoroso divenne irrimediabilmente convulsivo e scottante.
    Le mani del vampiro continuarono a stringere i suoi seni per istanti quasi interminabili, fin quando le estremità rosate furono catturate dalla sua bocca mentre la maglietta di Buffy era ormai completamente arrotolata verso l’alto.
    La cacciatrice lo strinse, tremendamente eccitata, verso il suo petto e questa volta i suoi sospiri diventarono pesanti e convulsivi.
    Spike ma quale maledettissima magia mi hai fatto?
    Il vampiro biondo le fece inarcare la schiena impossessandosi maggiormente con la bocca di uno dei suoi seni e toccandone avidamente l’altro. Forse qualche automobile si era fermata poco lontano, né percepiva silenzioso il motore…. ma che importava?
    Spike scostandosi da lei tornò avido sul suo collo, ma questa volta ne carezzò l’intera estremità dal basso verso l’alto con la punta della lingua, mentre le sue mani si insinuavano veloci negli slip. La percepì violentemente bagnata e questo gli fece aumentare spasmodicamente la sua erezione che ormai doleva maledettamente nei jeans neri.
    Ma cosa diavolo stava facendo? La bella e oscura signora della notte gli aveva sussurrato maliziosamente di spezzare il fiato alla ragazzina ingenua e lui invece ne stava diventando di nuovo succube! Quella maledetta biondina parlava di amore, un amore che lui se pur come un eco lontano, in un suo gesto, movimento, aveva percepito….. reale…. distruggendolo, scottandolo senza pietà, come mille raggi infuocati di un sole d’agosto. Possibile che lei vincesse il suo mostro?
    Non poteva permetterglielo.
    Rabbia, puro fuoco, si accesero verso di lei che coi suoi occhi smeraldo lo stava turbando, confondendo dannatamente.
    La sua mano si mosse velocemente tra i petali delle labbra del suo sesso. Buffy emise un soffocato gemito di godimento e il suo movimento diventò improvvisamente frenetico.
    Non esiste ombra di luce in me ragazzina, ti farò vedere con i tuoi occhi il demonio che è in me!
    Le sue dita si insinuarono fin dentro la sua femminilità e Buffy boccheggiò di piacere. Perché la stava torturando in quel modo? Perché i suoi gesti erano diventati improvvisamente glaciali? I pensieri non ebbero il tempo di scorrere nella sua mente, dove ormai tutto era tremendamente appannato. Spike staccandosi da lei si aprì velocemente i jeans, i suoi occhi non si specchiarono nemmeno per un istante nei suoi.
    Troppo maledettamente pericolosa!
    Prese una mano tremante della ragazza e la portò sulla punta umida del suo sesso, i suoi occhi questa volta furono nei suoi, agghiaccianti sfidavano senza ritegno.
    La cacciatrice sentì a quel contatto mille brividi d’oceano impossessarsi freneticamente del suo corpo! Cosa vuoi dimostrare vampiro? Che ti voglio? Che ti desidero contro ogni barriera e natura?
    Era al limite. Doveva farle del male. Affogare per sempre quel cristallo di umanità che aveva luccicato nell’unione della notte scorsa. Niente doveva restare di quei gesti, quelle carezze e quei baci….. quasi umani!
    Le scostò voracemente gli slip e fissandole solo il seno nudo dalle estremità turgide, la penetrò violento. Buffy gemette aggrappandosi freneticamente a lui mentre sentiva il suo membro muoversi veloce e a fondo all’interno delle sue cosce.
    Spike le fece aderire completamente il corpo al muro umido e mantenendole entrambe le cosce la penetrò più a fondo che potesse.
    “Lo senti il mio mostro?” le sussurrò cercando di mettere quanta più violenza e indifferenza nel suo tono che però per l’eccitazione quasi spasmodica, risultò tremendamente di godimento.
    Voleva ferirla, uccidere nel profondo quella bugiarda ammaliatrice e invece dissanguava senza sosta sé stesso. I pensieri di Buffy erano orami alla deriva, impregnati solo di due pozze d’oceano infinito. La certezza dilaniante di amare quel mostro dai capelli ossigenati bruciava inesorabilmente di più, ora che lo sentiva muoversi freneticamente dentro di lei, fino alla fine, fin quando aggrappandosi in un lungo sospiro di piacere sentì il suo corpo spossato da un intenso e indelebile orgasmo.
    A Spike bastò un ultimo movimento prima di far esplodere quel piacere convulsivo in un appagamento estremamente totale. Non le diede nemmeno il tempo di pensare, scivolò via da lei e con un movimento veloce richiuse la lampo dei jeans. Un ultimo sguardo prima di allontanarsi nella notte. Il profumo della vittoria aleggiava in lui o forse, ora come non mai, nell’infinito punto di rottura, nell’infrangersi dell’illusione, era solo l’agrodolce aroma della sconfitta.
    Il mostro inevitabilmente, quella stessa notte, cercando disperato di mettere a tacere l’uomo che urlava, graffiava, gridava in sé…. era definitivamente morto.




    8° CAPITOLO(parte seconda)
    Lo stridio del ferro sull’asfalto bruciava ancora nelle orecchie come un’unghia su una lavagna. Qualcuno forse era corso lontano da qualche via desolata, da qualche destino inevitabile e il paraurti doveva essere irrimediabilmente scivolato lungo la strada, come unico appiglio di quella notte. Faith rientrò nella bottega dopo aver assistito allo spettacolo di cui era sprovvista di biglietto.

    Le luci nel sudicio palazzo che si vedeva da quella strada continuavano ad accendersi ad intermittenza, per dare ulteriore prova dello squallore di quel luogo. Vuoto.
    Il sapore del sangue vermiglio che le aveva inondato la bocca nel momento di quel contatto di fuoco, le bruciava ancora tra le pareti arrossate. Lo percepiva solo ora. Troppo catapultata in quello straordinario universo di piacere, in quelle due pozze infinite d’oceano, non aveva nemmeno sentito il sapore della sua linfa rossa che le esplorava la gola.
    Non vedeva il sangue proprio come non vedeva il mostro. No, non era esatto. Voleva non vedere il sangue proprio come bramava di non vedere il mostro.
    La sua mente malata cancellava sporadica le frasi agghiaccianti e i gesti mostruosi…. e lasciava solo lui. Un bruciore lancinante le aveva preso l’addome, come se quell’orgasmo così estremamente cercato e improvviso, fosse stato quasi dannoso. Violento, mai come allora. Mai come allora la certezza aveva graffiato.
    Ti amo vampiro, lo sento il tuo mostro.

    Cercando un brandello sporco di forza si era abbassata la maglietta, che come una ragazza di strada le aveva lasciato il seno nudo per minuti interminabili. Allacciò con sforzo i jeans che ora per l‘impatto violento, bruciavano dannatamente. Cercò di rimettere i capelli in ordine, una lacrima scivolò lungo una guancia rosata. La cancellò con un gesto isterico. Non le era stato dato il permesso. Il burattinaio che tendeva i fili con la speranza che per l’estremo sforzo le braccia venissero via, aveva mosso la testa in un cenno non consenziente.
    Niente lacrime.

    La porta sul retro si aprì silenziosa, per far entrare la cacciatrice nella stanza in penombra. Willow era titubante “Pensavamo te ne fossi andata .”
    Perché rispondere? Una parola, una frase avrebbe dato senso a quella moviola? Avrebbe scritto il significato di quell’assurdità? Avrebbe regalato il risveglio al terrificante incubo? Rimase in silenzio, il capo chino.
    Un suono fu bisbigliato nella stanza, tanto flebile quasi da non essere udito. Respirò piano, la sua mente dava ormai illusioni senza scopo. Aveva una musicalità terribilmente familiare. Forse il suo nome? Ma che importava? Impulsivamente i suoi occhi corsero al centro della stanza. Una mano gelida la schiaffeggiò con violenza. Era sveglia? Forse solo ora.
    Il sapore del sangue bruciò maledettamente nella gola arrossata e la fitta all’addome divenne quasi insopportabile.
    Gli occhi di Spike squartarono ancora una volta le sinapsi del suo cervello e quel nauseante odore di vernice fece rotolare la stanza. Il burattinaio continuava a divertirsi.
    Ci vollero attimi interminabili per mettere a fuoco la figura maschile che era in penombra, come quando guardava il sole e gli occhi le rimanevano impressionati da quella luminosità.
    Il suo osservatore, il signor Giles, suo padre, era davanti a lei.
    Indietreggiò sconcertata come se avesse paura che l’immagine potesse scoppiare in mille bolle di sapone da un momento all’altro.
    “Quest’uomo ha chiesto di te” Willow forse parlò perchè riuscì ad udire il suono della sua voce, ma non né capì il significato.
    Il tono di Faith invece fu forte e chiaro “Sono venuta a cercarti fuori, ma non c’eri.”
    Lei era fuori. E allora? In quel momento il nesso non le parve visualizzabile. Le gambe le tremarono. Che dire? Non scompaia la prego.
    In un gesto sconnesso corse verso l’uomo e si aggrappò a lui. Il permesso era stato accordato. Le lacrime scendevano copiose. Sperò con tutta sé stessa che sapesse. Che almeno lui ricordasse. E poi la certezza.
    Una mano matura le accarezzò dolcemente i capelli in quel gesto che sapeva di libri e the.
    In quel sapore che brillava di sentimento e comprensione. Sapeva tutto.
    Alzò lo sguardo verso il suo viso mentre le lacrime ormai le appannavano la vista, bagnandole la maglietta glicine che diventava pian piano coperta di macchie salate. La voce era rotta dai singhiozzi e quel suono mai conosciuto tanto reale e senza orgoglio nella cacciatrice sicura, fece quasi rabbrividire l’osservatore “Glielo dica lei. La prego. Faccia tornare tutto come prima.”
    Il viso fu di nuovo inoltrato nella giacca di lana del signor Giles che si stava lentamente inumidendo. Perché non parlava? Perché non gridava in faccia a quella pazza omicida che lei non era nessuno? Che niente di tutto ciò le apparteneva? Che era tutto suo? Suoi gli amici, sua Dawn e….. suo…. era suo anche il vampiro dagli occhi color oceano.
    Faith strinse furiosa i pugni. L’immagine presente di quei due corpi strettamente avvinghiati i cui movimenti sembravano quasi assetati, affamati l’uno dell’altra, l’ombra di quella scena in cui il vampiro e la ragazzina sembravano quasi ferirsi l’uno con l’altro, cercando di affogare, tappare, stringere la mano forte intorno alla bocca di quella verità.
    Le unghie furono furiosamente conficcate nella sua pelle scura, ma non sentì alcun dolore.
    Gli occhi delle due streghe, dell’ ex demone e di Xander erano increduli e spaesati, come catapultati in un film del quale avevano perso il primo tempo entrando nel cinema nel buio e facendo rovesciare i pop-corn a chi era seduto lì vicino per spostarsi.
    Buffy era ormai straziata, strinse con più forza quella giacca, l’appiglio, l’ultima isola, l’oasi per non morire affogata dall’incubo, dagli occhi mostruosi di ghiaccio.
    Il signor Giles le carezzò ancora una volta i capelli e abbassando la testa verso il suo orecchio ricoperto dai fili d’orati le sussurrò “Qui non possiamo parlare. Ti porterò con me.” La sentì involontariamente emanare un sospiro di sollievo prima di tornare visibilmente a tremare come una foglia “Sta tranquilla.”
    I suoi occhi tornarono sicuri verso quelli dei suoi ragazzi, che ora lo trattavano come un estraneo. Gli faceva male…. ma ne era preparato. E Buffy? Come aveva fatto?
    “Scusate se mia nipote vi ha recato disturbo. La porterò a casa mia.”
    I movimenti erano insicuri e imbarazzati, si guardò attorno per cercare il suo cappotto anche se non né aveva uno con sé.
    Buffy si era aggrappata a lui come una bambina che rivede il papà all’uscita dell’asilo, avendo creduto fino a pochi minuti fa di essere stata abbandonata lì, insieme a tutti quegli sconosciuti.
    “Non così presto” gridò la bruna dal fondo della stanza. Forse prima si, forse prima avrebbe ringraziato il cielo per aver mandato qualcuno a riprendersi quella matta che pretendeva la sua vita ma non ora…. non ora che la sua retina era stata marchiata a fuoco da quella scena, non ora che i due corpi si erano fusi incandescenti davanti alla sua mente.
    “Vorremmo sapere chi abbiamo ospitato nella nostra casa e…. ” fece una breve ma intensa pausa “Il perché va dicendo certe cose in giro.”
    L’osservatore si mosse imbarazzato cercando di trovare una qualsiasi scusa che non aveva preparato.
    “Mia nipote non sta moto bene. Dimentica gli avvenimenti e…. le persone” biascicò con poco convincimento.
    La cacciatrice bruna avanzò sicura verso i due estranei “A me non sembrava che non sapesse quello che diceva e…. quello che faceva” i suoi occhi si posarono come saette nelle iridi smeraldo della bionda.
    Il signor Giles dovette captare il suo sguardo e le sue parole divennero improvvisamente risolute e sicure.
    “Vedo che stasera siamo tutti parecchio nervosi. Domani verremmo qui e ne parleremo con calma.”
    Faith era già pronta a ribattere ma fu sovrastata dalla voce di Willow “Si, mi sembra un ottima idea. Vi accompagno alla porta.”
    “Non ce né bisogno” sussurrò veloce l’uomo e si avviò verso l’uscita.
    Buffy si mosse nel suo caldo abbraccio senza nessuna intenzione di allontanarsi. Solo quando fu fuori si volse indietro per sorridere alla rossa che era sulla porta.
    Una macchina, certamente noleggiata, era all’esterno e quando il signor Giles la mise in moto ne riconobbe il motore. L’immagine di quelle mani sul suo corpo e quel suono che aveva udito come lontanissimo, le rotolarono nella mente facendola sobbalzare. “Sono venuta a cercarti fuori ma non c’eri.”
    Aveva visto.

    Poche ore erano passate da quel contatto. Condotto senza forza di opporsi ancora verso di lei. Verso le sue mani, verso gli occhi smeraldo della ragazzina indifesa.
    I suoi occhi blu oceano fissavano ora la stanza vuota.
    Lo senti il mio mostro?


    9° CAPITOLO
    La notte scura mangiava affamata ogni cosa. Tutto nascosto, celato dai suoi veli, mentre le sue ancelle cercavano invano di far luce nell’incubo senza fine.
    Il motore dell’auto in corsa era freddo e monotono, come una canzone interminabile, un ticchettio di un orologio fastidioso. L’aveva sentito tra le mani, i gemiti e la sua bocca. L’aveva percepito lontano e isolato nonostante fosse così dannatamente vicino.
    E l’aveva dimenticato. L’oceano senza fine l’aveva ancora trascinata giù dall’imbarcazione poco sicura su cui tra sporadici venti navigava e ancora una volta l’aveva affogata nell’abissale paradiso.
    L’immagine della ragazza bruna nascosta nella strada buia la fece arrossire visibilmente. Cosa aveva visto? Il suo morso così bramato e cercato o forse il loro sesso così dannatamente reale e scottante? Non riuscì a capire quale delle due ipotesi fosse migliore.
    Il profumo del signor Giles aveva riempito la piccola vettura, il suo sguardo era fisso sulla strada.
    Un silenzio senza senso. Completamente privo di significato. Impregnato di quella scheletrica paura, di quell’agghiacciante verità. Lo sguardo dell’osservatore si mosse d’impulso nel suo come se avesse percepito i suoi occhi su di lui e Buffy volse di scatto il viso, tornando a fissare nervosa la strada.
    Le sembrò che l’auto stesse accostando, ma improvvisamente svoltò lenta in una strada non asfaltata e priva di luci. La cacciatrice strinse con forza le mani. Perché quell’insistente sensazione aumentava senza ritegno? Finalmente una piccola casa si distinse nell’agghiacciante oscurità e l’auto si fermò nello spiazzale desolato.
    Il signor Giles spense lentamente il motore ed estrasse le chiavi, mentre il suo sguardo tornava ancora una volta sulla cacciatrice.
    “Su, andiamo” le disse sorridendo teneramente “Non preoccuparti.”
    Il timore di Buffy si sciolse lentamente e ricambiando il sorriso scese dall’auto.

    La piccola anziana con un semplice sorriso aveva consegnato loro una chiave e silenziosamente li aveva accompagnati al piano superiore.
    “Il bagno è in comune e la colazione è alle otto” biascicò piano e senza aspettare risposta sparì nel corridoio buio.

    La luce ci mise alcuni attimi per diventare stabile dopo aver tremato velocemente per qualche istante, prima di illuminare fiaccamente una piccola e spoglia stanza con due letti centrali e un vecchio armadio. La finestra polverosa lasciva osservare la piccola città di Sunnydale immersa nella notte. Chissà dov’era.
    La porta si chiuse alle sue spalle e i suoi pensieri furono bruscamente interrotti. Il signor Giles appoggiò nervosamente un borsone che aveva estratto poco tempo prima dal bagagliaio su uno dei due lettini e i suoi occhi si posarono nei suoi.
    Buffy lo guardò spaesata. Il momento della verità forse era arrivato. Qualcuno, l’uomo che da tanto, forse sempre, le aveva fatto da padre avrebbe fatto in modo devastante, luce sull’incubo infinito.
    “Cosa sta succedendo?” chiese la cacciatrice terribilmente impaurita dalla risposta “Perché siamo venuti qui?”
    L’osservatore liberandosi della giacca si appoggiò sul letto polveroso, che emise un rumore stridulo.
    “Buffy non è facile.”
    La cacciatrice tornò a fissare la finestra “Lo immaginavo.”
    La notte sembrava essere diventata ancora più inoltrata, come se assetata cercasse anche essa di nascondere la verità.
    “Il consiglio ha saputo della tua morte.”
    Gli occhi di Buffy tornarono sull’uomo che aveva il capo chino “E soprattutto del fatto che ti abbiamo riportato in vita.” Fece un breve pausa. La premessa non prometteva nulla di buono.
    “Alla morte della cacciatrice sai che si erge un'altra guerriera che combatterà…” Buffy lo interruppe bruscamente mostrando i suoi occhi, le cui iridi si erano completamente oscurate.
    “So la storia signor Giles, la prego non cerchi di nascondere le verità.”
    L’uomo finalmente posò il suo sguardo nel suo e come se stesse per ferirla mortalmente continuò.
    “Questo è innaturale, va contro ogni ordine e natura di questa tradizione, del consiglio, di sempre e…. ” si tolse gli occhiale nervosamente “Era stato deciso che le cose fossero messe a posto.”
    Buffy si avvicinò con movimenti scoordinati e il suo tono divenne improvvisamente più acceso.
    “Messe a posto? E come?”
    Il tono dell’uomo divenne più basso “Avevano deciso di invertire l’incantesimo.”
    Buffy fece roteare i suoi occhi incredula “Volevano ammazzarmi. Sta dicendo che volevano farmi tornare sotto terra giusto?”
    L’osservatore scattò in piedi “Si, ma io mi sono opposto, ho lottato per evitare questa atrocità e…. siamo arrivati ad un accordo alternativo.”
    Buffy sgranò gli occhi, la sua voce ormai rotta dalle lacrime “E’questo l’accordo alternativo signor Giles, mi risponda? E’ questo il maledetto accordo alternativo?”
    L’uomo urlò senza accorgersene “Si Buffy, hanno annullato i ricordi di tutti. Per nessuno, tranne che per me tu sei mai esistita.”
    Buffy indietreggiò spaesata. L’accecante verità era servita. La mano aveva stretto forte. Era davanti ai suoi occhi ma lei bramava di non vederla. Era realtà, tutto ciò era dannatamente reale.
    “La chiamata per la nuova cacciatrice misteriosamente però non c’è stata e così le streghe del consiglio hanno provveduto a creare dei falsi ricordi a Faith, l’unica in grado di prendere il tuo posto.”
    Buffy si appoggiò alla finestra polverosa e la tendina sudicia aderì al suo volto impregnato di sudore “Perché?” biascicò tra le lacrime.
    Il signor Giles abbassò il capo “Avrebbe portato conseguenze devastanti. Le streghe hanno predetto che il Primo, il male primordiale….. avrebbe potuto finalmente manifestarsi.”
    Buffy urlò senza ritegno “E così mi hanno strappato via tutto: la mia forza, i miei amici, la mia casa e Dawn…. ” respirò con difficoltà tra le lacrime.
    “Non doveva andare così Buffy. Anche i tuoi ricordi dovevano essere cancellati ma…. ” “Ma cosa? Cosa cerca di dire signor Giles? Che dovrei essere felice perché almeno non mi hanno ammazzata? Che dovrei ringraziarli perché mi hanno tolto tutto e hanno cercato di creare anche nella mia mente falsi ricordi?”
    L’uomo le si avvicinò ma Buffy nervosamente si scostò da lui “Mi dispiace.”
    Frase inutile e senza senso, terribilmente di circostanza .Il burattinaio rideva di gusto.
    “Hanno cercato di tenermi lontano da te. Non ho molto tempo. Prima o poi scopriranno che ti ho raggiunta!”
    Buffy non ascoltava “Cosa faranno signor Giles? Cancelleranno anche i miei ricordi?” sussurrò assente.
    L’uomo abbassò lo sguardo “Non lo so Buffy. Non so più niente.”
    La ragazza bionda si mosse nella piccola stanza completamente assente. I suoi occhi sbarrati, le pupille quasi inesistenti. Si appoggiò silenziosa sul piccolo letto. Vuoto. Buio. Nulla.
    “E’tardi” disse con un tremendo sorriso sulle labbra “Buonanotte.”
    Il primo atto dello spettacolo si era tragicamente concluso.

    9° CAPITOLO(PARTE SECONDA)
    Smeraldi infiniti, scuri e penetranti, impressi a fuoco nel suo cervello frustrato. Le piccole e delicate mani bruciavano come un ricordo vivissimo sulla sua pelle pallida, l’immagine del corpo nudo della ragazza, dalla storia assurda, al di sotto del suo, nei suoi movimenti avidi e morbosi, nei suoi gemiti soffocati sull’orlo dell’estremo, correvano come un treno in corsa nella sua mente, procurando un rumore stridulo e fastidioso.
    Quegli occhi verdi d’immenso che sussurravano parole sconosciute e senza senso, che urlavano eresie intollerabili e agghiaccianti per il suo corpo senza anima, che avevano sussurrato, gemuto al suo contatto, che si erano sbarrati senza ritegno durante la sua penetrazione, che avevano pianto lacrime agrodolci nel suo morso di fuoco, sulle sue parole mostruose.
    Cosa gli aveva fatto? Perché i suoi passi l’avevano spinto ancora una volta verso quei dannati occhi?
    Ringhiò a denti stretti mentre osservava l’abissale oscurità della stanza vuota. Cosa lo spingeva inerme e inanimato verso di lei, verso le sue mani, verso quei gesti tanto diversi? Possibile che le parole assurde avessero un significato, un fondo di verità….. amore…. ci amiamo…. il mio mostro.
    Strinse gli occhi che gli dolevano maledettamente nel fissare, cercando di intravedere un ombra umana in quell’oscurità, la piccola stanza immersa nelle tenebre.
    Dov’era? Chi era?
    Il ramo su cui si era arrampicato con uno scatto felino cigolò piano mentre il vampiro dai capelli ossigenati scivolava sul prato bagnato. Un ultimo sguardo a quella finestra, mentre il fumo dell’ennesima sigaretta si espandeva silenzioso attorno a lui…. poi si voltò. La cacciatrice bruna gli era di fronte!
    Indietreggiò come spaventato da quella figura inaspettata, ma dopo averla fissata per un breve istante, subito si ricompose assumendo il suo solito sorriso beffardo.
    “Ciao Faith!” la ragazza gli sorrise lievemente.
    “Ciao Spike. Posso sapere cosa fai sotto casa mia?” chiese ironica.
    Il vampiro guardò verso la finestra della sua camera, del tutto opposta a quella dove aveva dormito quelle notti la ragazzina bionda.
    “Ero venuto a spiarti” rispose incerto, la cacciatrice sorrideva ancora “Sai che sei la mia ossessione.”
    Faith rimase della stessa identica espressione e gli si avvicinò facendolo indietreggiare barcollando, fin quando il corpo del vampiro aderì all’albero sul quale pochi minuti prima era appollaiato.
    “Spike, sai che le bugie non si dicono” gli sussurrò avvicinando maliziosamente le labbra alle sue, mentre il suo sguardo diventava sporadicamente serio “Io non sono la tua ossessione”.
    Il vampiro biondo spostò d’impulso il suo viso, mentre i suoi occhi fissavano sconcertati la cacciatrice bruna. Faith si scostò come se quel gesto,quasi di rifiuto, avesse fatto luce sul motivo che l’aveva portata a cercarlo e che era stato velocemente cancellato nel momento che aveva visto quegli occhi.
    Lo fissò dritto nelle pozze color oceano e ci cercò avida una risposta, un gesto, un qualcosa che neanche lei conosceva ma….. lui era lontano. Ma cosa mi hai fatto vampiro?
    I fotogrammi fluorescenti di quei corpi che si cercavano affamati la fece quasi barcollare e uno strano senso di nausea le fece sentire ancora più forte l’odio per quel maledetto mostro ossigenato.
    La sua mano d’impulso afferrò il collo bianco del vampiro inchiodandolo con forza all’albero alle sue spalle. La stretta aumentò gradualmente mentre gli occhi del biondo si spalancavano in modo convulsivo. Ti odio mostro dagli occhi oceano. Ti odio maledettamente.
    Spike ringhiò con forza e cercò di smuovere con entrambe le mani quella morsa, ma la bruna era decisa a non mollare. Non aveva bisogno di respirare e quella stretta non procurava nemmeno tanto dolore, ma non era disposto assolutamente a sottostare a quella cacciatrice strana, tremendamente e palesemente attratta da lui.
    “Non c’è, lei non c’è” gli urlò in faccia Faith in una rabbia apparentemente senza senso.
    “Vi ho visti” continuò aumentando la stretta e guardando Spike del tutto intento a fissare le sue mani e cercando assente di liberarsi.
    “Ma cosa ti ha fatto?” le mani della cacciatrice si spostarono dal suo collo e afferrando le sue le strinse ancora una volta verso l’albero alle sue spalle “Chi diavolo è?”
    Spike la fissò come se stesse per rivelarle segreti anche a lui stesso sconosciuti.
    La ragazzina bionda? Quella che mi parla di sensazioni per me senza senso? Quella che si è stretta due volte attorno al mio corpo? Quella che mi ha imposto sicura di morderla? Quella che mi parla di una storia impossibile? Quella che mi ha accarezzato con un tocco sconosciuto, lontano, tremendamente…. radicato in me?
    Improvvisamente il vampiro biondo rise di gusto “Cosa c’è cacciatrice? Cosa ti infastidisce in questo modo?”
    Faith indietreggiò imbarazzata ma Spike le si avvicinò maggiormente “Ammettilo” le distanze furono ulteriormente accorciate.
    “Ammettilo che mi vuoi” le sussurrò facendo aderire il suo corpo a suo.
    Faith boccheggiò sconcertata. Quegli occhi, quella bocca, la sua oscurità ma… mai avrebbe pensato che quel contatto le procurasse una tale estasi.
    “Dai dillo cacciatrice” le labbra di Spike si mossero vicinissime alle sue.
    Faith socchiuse gli occhi aspettando quel gesto tanto bramato, ma improvvisamente si sentì sollevata dal suolo.
    “Dov’è ?” gli ringhiò con una brutalità mostruosa il vampiro biondo “Lei dov’è?”
    Faith biascicò gemiti senza senso finche si percepì, se pur soffocata la sua voce “Non lo so!”
    La stretta aumentò tremendamente.
    “Rispondimi!” gli urlò con una forza inaudita.
    Ecco il suo mostro. William il sanguinario stringeva.
    “Non lo so” sussurrò Faith allo stremo, mentre con entrambe le mani cercava di liberarsi dalla stretta in cui ora, paradossalmente si trovava.
    Gli occhi blu del vampiro si schiarirono gradualmente e la presa fu allentata prima di lasciar cadere il corpo della ragazza sul prato umido di rugiada. Faith dopo aver tossito in modo convulsivo cercò furiosa con lo sguardo quel maledetto vampiro, scomparso nella notte.

    Gli occhi della bionda fissavano immobili e senza senso il soffitto buio. Ombre mostruose si creavano senza scopo per poi scomparire nello stesso oblio che li aveva generati. Perché il signor Giles aveva raccontato cose tanto cattive? Sorrideva nel buio. Sua madre certamente l’indomani l’avrebbe svegliata con una bella tazza di latte? O forse no? L’incubo sarebbe finito! Presto si sarebbe svegliata nel suo letto. Certo.
    Ancora quel tremendo sorriso sulle labbra che si pronunciavano nell’oscurità. Un pensiero maledettamente fisso e fuori luogo. Un desiderio da appagare in qualsiasi modo. Una lacrima veloce le rigò il volto sudato. Ti amo. Ti voglio Spike. Ora.




    10°CAPITOLO
    Quel viso pallido, dai tratti tremendamente marcati, le mascelle fortemente tagliate che si contraevano sporadiche in gesti così diversi, quei capelli vistosamente tinti di platino, che si scomponevano ogni tanto in piccoli ricci d’orati sul bel viso d’ angelo e…. i suoi occhi: pozze, voragini, mare, oceano in cui non poteva fare a meno di affogare, di far fluire quel liquido terribilmente blu su tutto il suo corpo, sulla sua anima scottata in più punti, nei suoi segreti, nel suo profondo.
    Ti amo.
    Quante volte quelle parole erano uscite da quella bocca eternamente perfetta, quante volte il suono caldo della sua voce le aveva dolcemente pronunciate, urlate nella notte, sussurrate tra gli amplessi. Dolci note dorate che donavano il paradiso alla sua anima nonostante il suo corpo corresse via. Suono sconfinato e senza ritegno, che dava un appagamento totale, immenso, apparentemente senza significato.
    Spike bello e senz’anima, Spike totalmente, da sempre Spike.
    I suoi canini affamati che erano stati dal primo istante, il suo scottante desiderio, sentirli nella sua pelle, sentirli affondare in lei…. almeno questo.
    E la sua bocca…. desiderata in ogni dove, a volte tremendamente vicina e maleducata, sognata, bramata, sempre.
    Le labbra vermiglie delle quali, con la scusa, a lui e a sé stessa di un grazie, aveva finalmente potuto assaporare il sapore, l’agrodolce del suo buio, dell’inferno, delle tenebre, del suo mostro.
    Mostro, lui che un angelo sembrava da quando impudicamente, senza ritegno l’amava. Mostro, ora, nell’incubo infinito. William il sanguinario feriva. Anche quello bastava. Qualsiasi contatto contava, l’importante era che fosse lui, solo e sempre lui.
    Ti prego, amami.
    Le sue gambe come un’ automa le avevano fatto aprire quella porta cigolante e trasandata, controllando nell’abissale contraddizione il respiro profondo tipico del sonno dell’uomo, che dormiva nella stanza.
    I suoi passi incerti avevano attraversato l’ampio corridoio illuminato solo da una lampada posta giusto al centro della stanza. Le scale avevano emesso un rumore sordo in più punti, ma nessuno era sembrato udirlo. L’aria umida dell’esterno sconfinato si era subito attaccata alla sua pelle sudata, mentre nel buio fitto aveva attraversato quella strada senz’asfalto, che poche ore prima era passata sotto le ruote veloci dell’auto.
    Il cimitero non era lontano. Il signor Giles aveva guidato per pochi minuti. Un ramo le si incastrò nei jeans facendola sussultare. Non tanto per svegliarsi. Non ancora. Infondo cosa aveva detto di così assurdo quell’uomo con gli occhiali? Ora non lo ricordava neanche. Inabissata nell’assurdità dell’incubo, sconvolta senza ritegno dall’atroce realtà, aveva rimosso. O almeno così sembrava. Sorrideva. Sua madre si sarebbe arrabbiata parecchio se l’avesse vista camminare sola nella notte. Infondo aveva solo sedici anni….. giusto?
    La sua mente continuava a formulare immagini, frasi, parole, luoghi e situazioni.
    Tutto si contorceva nell’abissale ballo dell’oblio. Lei non era stata invitata. Fissava dalla finestra posteriore. Tutto illuminato e celato. Luce e buio.
    Mentre piccole e flebili luci cominciarono a illuminare la via principale di Sunnydale, il ricordo sporadico della rossa le ferì la mente”Buffy giusto?”
    Cos’era stato? Scosse la testa che le doleva maledettamente. L’immagine di quella sudicia stanza e il corpo imponente del suo osservatore frantumarono ancora una volte la barriera “Per nessuno tu esisti.”
    Cattivo signor Giles, non doveva dire quelle bugie orribili. La seconda lacrima della notte le scorse sul viso sudato, estinguendosi alla fine del volto. Cancellata anche questa. Ora, solo e sempre Spike.

    La sua giacca di pelle ondeggiava nell’aria mentre il suo corpo magro si muoveva con velocità nella notte. Cosa cercava? Come l’avrebbe trovata? Per quello che ne sapeva la ragazzina bionda poteva essere dovunque ora. L’impregnante voglia di lei era tremendamente insopportabile. Desiderava lei, il suo collo, il suo seno, la sua bocca ma…. senza alcun senso, desiderava le sue mani, il suo tocco, i suoi gesti tanto diversi, che profumavano dell’emozione sconosciuta.
    Improvvisamente i suoi occhi si bloccarono al centro della via buia. Inspirò con forza attendendo pochi istanti prima di percepirla, ora stranamente vicina. Le sue gambe si mossero a grandi passi prima di uscire nella zona illuminata.

    I suoi jeans si erano lacerati in più punti. Appena arrivata a casa li avrebbe ricuciti. Un’altra goccia salata sembrava bussare nella terrificante consapevolezza dell’assurdità dei suoi pensieri, anche questa cancellata in un veloce gesto isterico. La polverosa porta della cripta attendeva. Il mostro dagli occhi color oceano era al suo interno. D’un tratto la voce tanto cercata, provenendo dalle sue spalle, la fece sussultare.
    “Ciao passerotto!”
    Buffy si voltò di scatto ritrovandosi a pochi metri da lui!
    Ed eccolo, l’essenza del suo essere, tutto ciò che definiva sé stessa. Lui, terribilmente sbagliato e fuori luogo. Lui, l’emozione infinita. Il burattinaio tendeva i fili ma Spike era arrivato lo stesso, l’aveva raggiunta comunque. Come sempre, d’altronde.
    Il suo viso infinitamente uguale…. eppure non la conosceva nemmeno. Nella mente del vampiro la ragazza bionda mai era esistita prima di allora. L’atroce verità sembrò quasi sfondare la porta ma Buffy fu più forte. L’assurdo dominava.
    Calde gocce salate scorsero veloci sul suo volto rosato, nonostante tutto, inumidendone i bei contorni. Il ghigno di Spike scomparve nell’istante in cui i suoi occhi scorsero quelle gemme d’infinito. Dolore…… paradossalmente sembrò leggersi nei suoi occhi.
    “Cos’è successo?”
    E quella scena rotolò veloce indietro nel tempo sconvolgendo la cacciatrice oltre ogni dove. L’immagine fu terribilmente violenta nei suoi pensieri, riportandole nella memoria quella sera tanto impressa.
    Si rivide seduta su quelle scale, il volto, come adesso, coperto di lacrime e…..rivide lui!
    Il fucile impugnato, lo sguardo furioso…. sciolto in pochi istanti nel momento in cui vide quell’espressione, scorse il suo dolore. Quello sguardo…..meravigliosamente infernale, infinitamente paradisiaco… e la sua voce.
    Calde gocce di rugiada celate in quel fiore stupendo che era la sua bocca ”Cos’è successo?”
    Anni, secoli, esistenze e inesistenze, incantesimi e incubi, tutto era rotolato veloce intorno a quei due corpi, eppure lui…. era terribilmente uguale.
    Le lacrime scorsero più veloci sul suo viso e la cacciatrice boccheggiò senza riuscire ad emettere un solo suono. Perché era lì? L’incubo le aveva mostrato un vampiro senz’anima e profondamente mostruoso eppure…… era la costante irrinunciabile.
    Spike si mosse lentamente verso di lei, mentre i suoi occhi rimanevano profondamente immersi nei suoi.
    “Dimmi Buffy, dimmi di noi” disse con voce profondamente turbata, quasi ferita da quelle parole senza senso.
    La cacciatrice diminuì le distanze, finendo per trovarsi a pochi centimetri da lui. Cosa voleva conoscere? Cosa l’aveva turbato così profondamente in ogni loro incontro, tanto da farlo scappare via ogni volta? Lo sapeva, ora lo sapeva.
    “Cosa vuoi sapere Spike?” sussurrò nella voce che a poco a poco si rompeva “Di noi? Del nostro amore? Dell’amore della cacciatrice e il vampiro?”
    Spike indietreggiò spaventato entrando nella cripta che era alle sue spalle “Non è reale. Tu menti”
    Buffy lo raggiunse velocemente e gli fu di nuovo vicino, mentre il timore negli occhi blu aumentava senza confini “Non mento! Tu lo sai, lo senti.”
    Le lacrime continuarono a scorrere sul volto rosato della cacciatrice. Buio e luce, tutto si era terribilmente mischiato. Moviola, teatrino, incubo senza fine, non solo questo, ma la sua intera vita. Stravolta da sempre, imminente e continua negazione di lui, delle sue mani, del suo corpo, di quell’emozione, di quel sentimento mai così vero e profondo, mai così meravigliosamente reale.
    I suoi passi che scappavano, correvano via, lontano da lui, da quella dannazione che era il suo corpo, il suo cuore. La certezza era lì, forte e incontrastata aveva vinto. Spike, mostro senz’anima, vampiro innamorato, poeta eterno, aveva battuto la cacciatrice. Da sempre e ora….. lei non esisteva, tutto era stato stravolto…. o forse nulla, ma….. se lui era cambiato, allora tutto era stato stravolto.
    “Io ti amo” sussurrò nella voce spezzata, mentre le lacrime calde le bagnavano la bocca rosata nelle parole che nell’incubo voleva far credere al vampiro da sempre sussurrate. Spike rabbrividì, mentre i suoi occhi si inabissavano nel blu più profondo. Cos’era quell’emozione? Chi era quella ragazzina incosciente? Lei, che lo spaventava senza ritegno….lei, che già sentiva di amare! L’afferrò per un braccio d’impulso, prima di rinchiuderla in una calda stretta. Le sue braccia l’avvolsero sicure, mentre l’emozione sconosciuta si impadroniva completamente di lui. Un abbraccio caldo e infinito, carico di un sentimento che il vampiro non credeva nemmeno di conoscere.
    Buffy singhiozzava in modo convulsivo in quel paradiso, sconvolta senza ritegno da quel gesto che nulla aveva del mostro dell’incubo e che tutto sapeva del suo poeta innamorato. Lo amava oltre ogni confine e barriera. Amava quel mostro dagli occhi oceano, amava quella bocca meravigliosa, amava quel corpo forte, quei capelli vistosamente ossigenati, quelle mani tanto esperte, il modo in cui lui perdutamente l’amava, quell’anima che lui pensava di non possedere!
    Da sempre eppure solo nell’incubo infinito l’aveva gridato, nonostante sperava inconsciamente che lui credesse che glielo avesse detto da sempre! Spike aveva gli occhi blu fissi nel vuoto. Spaventato, sconvolto da lui stesso! Dolcemente appoggiò il corpo della cacciatrice sul letto dalle lenzuola di seta e nel silenzio assoluto, nell’immagine senza risposta, stretto al corpo caldo e fragile della ragazzina e ai suoi gesti semplici e profumati d’amore, ascoltando il suo cuore, si addormentò nell’infinita bellezza di quell’assurdità senza confini.


    10° CAPITOLO(parte seconda)
    “Quello che hai fatto per me e Dawn: quello era reale”
    Il volto perfetto ricoperto dal liquido vermiglio che ne attraversava assetato ogni esile contorno, grosse macchie violacee lo ricoprivano audaci.
    ”Sei ricoperto di ferite sexy Spike”, ”Si, in questo momento mi sento molto sexy”.
    Vampiro senz’anima, dai gesti tanto reali, ricoperto di sangue per il suo segreto, per evitare ogni tipo di sofferenza che avrebbe potuto scalfire la bella e amata pelle della sua cacciatrice. E quel bacio. Sottile, delicato, sfiorarsi di labbra tanto diverse, tanto cercate. Un grazie, si ti ringrazio Spike. Solo per questo ti sto baciando. Non farti strani pensieri. Sei dannatamente bello.

    Le ore avevano corso veloci, rincorrendosi le une con le altre, assetate di verità e di risposte. La notte amante silenziosa certamente era scomparsa. Ne poteva percepire l’assenza. L’incubo era sveglio. Il burattinaio stava lentamente aprendo gli occhi. Appena il suo corpo scese dall’imbarcazione dell’oblio e i suoi sensi ricominciarono a rispondere al suo cervello confuso, il corpo freddo, ma che come al solito emanava quel calore interno tanto diverso, venne percepito appoggiato alle sue spalle.
    Girò un po’ la testa verso di lui e finalmente i suoi occhi smeraldo poterono ammirare quel paradiso. Il vampiro biondo, con un braccio attorno al suo corpo, era addormentato al suo fianco. Il suo corpo, meravigliosamente immobile, la maglietta nera che lasciava scoperte la braccia muscolose, gli occhi oceano nascosti dalle palpebre abbassate e i suoi piccoli ricci dorati che si scomponevano disordinati attorno al suo viso d’angelo.
    Nulla sembrava più avere senso. Tutto seguiva un filo assurdo e ingarbugliato, carico di ricordi cancellati e bugie. In un flash veloce il suo osservatore le riapparve nella mente ma scuotendo veloce la testa dai capelli dorati, subito respinse quell’immagine disordinata. Cosa stava raccontando al vampiro biondo? Amore, ti amo. Infondo quella di ieri sera era la prima volta che quel suono tanto sottile e bramato, graffiando senza ritegno, sfondando l’ultima porta della sua anima era uscito.
    Eppure non era quello che gli aveva fatto credere. L’assurdità aveva bussato ancora per dargli la speranza di creare un presente totalmente diverso. E se fosse rimasto tutto così? Se avesse accettato l’incubo infinito? Se avesse pagato il burattinaio divertito per rimanere nell’oblio assoluto? Infondo lui, l’angelo dalla bellezza infinita, il vampiro dannatamente amato era tra le sue braccia. Cos’altro contava? Assurdità e pazzia correvano nella sua mente profondamente sconvolta.
    Flash sporadici si alternavano con parole e immagini ferendola ancora di più! Dov’era?
    Fece scorrere silenziosa le dita sulle braccia muscolose del biondo al suo fianco. Affogare in lui. Unica soluzione.
    Posò lievi baci sui muscoli distesi fatti di quella pelle tremendamente bianca. Gli occhi del vampiro si spalancarono dolcemente rivelando l’infinto oceano dei suoi occhi e si posarono sul suo viso. Spaventati, esattamente come poche ore prima.
    La cacciatrice fece specchiare le sue iridi smeraldo in quelle pozze oceano e senza scostare il suo sguardo riprese a baciare la pelle d’avorio.
    Spike rimase immobile e scottato a guardarla. La sua bocca risalì avida fino al suo collo e in quel punto la sua lingua tracciò brevi linee continue. Il vampiro rabbrividì imponendosi di restar fermo senza però avere la forza di chiederle di smettere. Le immagini della sera precedente avevano sfondato strazianti la sua mente riportandole ricordi che avrebbe voluto cancellare. Le parole della bella biondina e quella sensazione tanto sconosciuta si erano risvegliate ansiose insieme a lui e ora… rivederla riversa sul suo corpo, mentre languidamente posava la sua bocca rosata su di lui lo stava facendo impazzire.
    Lasciami in pace ragazzina. Mi turbi profondamente. Sento quasi di conoscerti da sempre.
    La bocca avida di Buffy arrivò finalmente al suo viso e prontamente si mise su di lui impossessandosi delle sue labbra.
    Il vampiro platinato strinse i pugni cercando di scostarsi da quell’assurdità.
    Sta lontana da me, ti prego. Ma Buffy continuò incurante, quasi intestardita, assente, posseduta, la sua dolce tortura.
    L’incubo aveva stretto. Estremo e senza respiro alcuno, aveva schiaffeggiato la piccola protagonista e ora la verità tanto assurda bussava con colpi strazianti alla porta malridotta. Nessuno era in casa. O meglio quello era l’intento. Spegnere ansiosa tutte le luci per far credere che il luogo fosse disabitato. Impossibile. Il suo cuore bruciava più che mai e l’assurdità del suo pensiero, ora nella tragedia, ancora tremendamente dedicato a lui, la faceva rabbrividire.
    Come era arrivata a questo punto? Quando aveva cominciato ad amare il vampiro biondo in modo così doloroso e potente. Un altro tentativo di soffocare le sue labbra sulle sue andò male e il demone si ritrasse ancora coi pugni stretti mentre la pelle bruciava maledettamente di lei, solo e ancora di lei.
    Ma cosa mi hai fatto dannata strega?
    Buffy nei movimenti senza coordinazione improvvisamente appoggiò la testa straziata sulla spalla di lui, che rimase rigido e timoroso. Piccole gocce si affacciarono alla porta del cuore. Dov’era il suo bel vampiro biondo? Dov’erano le sue mani che bramavano solo di lei? Dove i suoi occhi color oceano che parlavano da sempre della cacciatrice? Dove quel suo macabro ti amo che paradossalmente profumava d’immenso paradiso?
    Ed eccola.
    Urlante, straziante e angosciosa, con l’odore nauseante della vernice e l’aspetto della cacciatrice bruna. Ecco il piatto ricolmo di cui avrebbe fatto volentieri a meno. La verità cruda e sanguinante che avrebbe voluto strappare dalla pelle.
    ”Per nessuno tu esisti!”
    Una mano fredda e ghiacciata la schiaffeggiò con forza, lasciando un’indelebile sagoma rosea.
    Non esisti Buffy. Il consiglio ti ha cancellato. Ora, non sei niente. Niente per tua sorella, niente per i tuoi amici, niente per questo mondo e…. nulla per lui!
    Gli occhi di ghiaccio erano ancora fissi e tremanti nei suoi. Calde lacrime scorrevano sul suo volto, ora come non mai sconvolto. Tutto stava diventando chiaro, la nebbia stava lentamente dissolvendosi e quello che lasciava intravedere bruciava d’orrore.
    Fece scivolare il volto assente nel petto di Spike mentre il suo pianto si accompagnava di singhiozzi. Urla, grida, a cosa sarebbe servito? Niente era possibile. L’oblio totale. La moviola interminabile. Il teatrino agghiacciante.
    I suoi morbidi fili dorati si erano aperti sul volto sconvolto del vampiro. Cos’era quella sensazione che sentiva? Pena, compassione o addirittura dolore! Cosa? Mentre una sensazione assurda lo divorava. William il sanguinario, Spike….. dove erano finiti? Chi era quell’…… quell’uomo che teneva tra le braccia quella ragazza?
    La sua bocca quasi senza il suo comando si mosse verso le guance rosate della cacciatrice e posandosi su di esse si inumidì di quell’essenza salata. Buffy spalancò gli occhi a quel contatto che la sorpresa senza ritegno e alzò il suo volto verso il suo. Non c’erano parole. Nessuno le aveva mai scritte. Tremendamente indelebile.
    La bocca del vampiro si impossessò dolcemente della sua mentre i suoi occhi si chiudevano celando quell’oceano. Le mani sottili scorsero affamate su tutto il suo corpo soffermandosi sui suoi seni mentre la sua lingua diventava gradualmente più insistente. Alzò la maglietta sottile e cominciò attraverso il reggiseno di pizzo a stringerne le estremità turgide. Ben presto le posizioni furono capovolte e Spike si ritrovò sul corpo tremante della cacciatrice. Posò languidamente la sua bocca sui suoi seni mentre cominciava a muoversi attraverso i jeans, sul suo corpo con movimenti già tremendamente eccitai e convulsivi, ma velati assurdamente di dolcezza.
    Quand’ è che si era arreso? Le labbra cominciarono a impossessarsi di uno dei suoi seni mentre con le mani ne torturava l’altro. Buffy emise un gemito soffocato mente le lacrime scomparivano, lasciando spazio a piccole goccioline di sudore.
    Spike fece scivolare lentamente la sua bocca su tutto il suo corpo, mentre la liberava dai jeans. I suoi gesti ora erano diventati irrequieti e scoordinati e i suoi occhi si erano tinti di un blu profondo. La sua lingua scivolò veloce all’interno della sua femminilità cominciando a succhiarne il piccolo clitoride per poi spingerla, tirando il bacino di Buffy in basso, più a fondo possibile. I gemiti della cacciatrice ora si erano trasformati in grida di piacere, l’oblio era totale.
    Il suo membro doleva in modo insopportabile tanto che durante i movimenti si slacciò i jeans. Buffy lo spinse con più forza al suo interno affondando le mani nei suoi capelli color oro. Dov’era finita? Possibile che quello fosse il paradiso?
    Mi fai impazzire ricciolo d’oro.
    Ti amo dannatamente mio bel vampiro.
    Dopo interminabili secondi Spike fece risalire la sua bocca lungo i suoi seni e Buffy completamente trasportata lo fece stendere al suo posto accovacciandosi su di lui. Mille parole le sfiorarono la mente ferita ma regnò un impulso irrefrenabile. La sua bocca si posò sul membro pulsante di lui leccandone l’estremità.
    Spike non potè fare a meno di gemere di puro piacere, mentre la sua bocca se ne impadroniva completamente e la sua testolina dorata si muoveva per dargli piacere. L’amplesso era ormai inevitabile quando Buffy dannatamente eccitata scostò la testa e salendo su di lui poté sentire, in tutto il suo paradisiaco dolore e piacere, la tanto bramata penetrazione.
    La cacciatrice urlò ancora una volta di piacere mentre appoggiava le mani al torace sudato di lui. Si mosse lentamente in quel paradiso ormai quasi al limite del piacere e quando si accorse che anche Spike, presto avrebbe raggiunto l’orgasmo, aumentò velocemente i movimenti, mentre il vampiro con potenti spinte cercava di penetrarla più a fondo che poteva.
    Spike ribaltò ancora una volta le posizione e allargandole le gambe più che poté, spinse il suo membro più all’interno con movimenti caldi e avvolgenti, mentre le loro voci si univano in un solo grido.
    Buffy gemette senza ritegno mentre un amplesso incontrollato e mai di così puro godimento la travolgeva e sentì nello stesso istante il liquido che poco prima aveva assaporato, riempirla dolcemente . Poi un dolce suono, quasi un sussurro dai contorni arcobaleno, arrivò alle orecchie del vampiro, tamponate dai capelli oro e inumidite dalle lacrime salate della ragazza.
    “Ti prego, amami” sussurrò Buffy negli ultimi istanti di quel paradiso.
    Dolce immensità dai contorni indefiniti, tremenda richiesta che già sentiva di aver soddisfatto!

    11°CAPITOLO
    Amore? Chi aveva inventato quell’assurda parola dai contorni indefiniti? Quando quell’essenza carica d’anima e di emozioni era nata, comparsa per la prima volta?
    Sporadici ricordi gli avvolgevano la mente facendolo tremare maggiormente .
    Con disgusto e tremenda repulsione di sé ricordava quel poeta sgangherato e deriso da tutti. Forse lui l’aveva conosciuta…. si chiamava Cecily…. forse… o forse no…
    Non aveva mai amato.
    Ne era sicuro! Eppure più quella ragazzina dalla storia assurda raccontava fandonie senza senso, più parlava di quel sentimento che odorava per lui di sadica bestemmia …. più un corpo di donna si faceva luce nei suoi pensieri.
    Morbidi capelli che avevano il profumo della vaniglia, piccole mani sottili…. forte, forte come una dea.
    Buffy aveva ancora il volto sepolto nel suo petto. Con estrema forza avrebbe voluto cancellare quelle parole che mai avrebbe potuto pensare di pronunciare, abbattendo l’ultimo cristallo di quella barriera perduta, che riecheggiavano ancora nell’aria umida.
    Forse era un sogno. Forse la donna che emergeva sottile dai suoi ricordi ogni qual volta il suo cuore ascoltava ripugnato quella parola, era solo una fantasia lontana, un oasi mai conosciuta.
    Il chip senza alcun senso sembrava dolere in modo insopportabile. Stracciava dentro, tagliava profondo l’incostante dubbio che quella piccola ragazzina, la biondina dagli occhi smeraldo avesse qualcosa a che fare con quella donna.
    Perché non affondava i suoi denti in quella pelle candida? Perché non bevevo da quel calice che era il suo collo, tutto il suo sangue fino a lasciarne una bambola inanimata, un fantoccio senza vita, un corpo vuoto?
    Più lei pronunciava quelle eresie, più lui le si avvicinava, annegava in lei, completamente.
    Lo stava pregando. Come se non sapesse nemmeno di fare l’amore con un morto, lo supplicava disperata e…. non di risparmiarla, di non spezzarle quel sottile filo che era la vita, come da anni facevano tutte…. ma di amarla. Solamente di amarla. O meglio, addirittura di amarla. Lui, vampiro senz’anima!
    Scostò leggermente il suo corpo, sorprendendosi di quella delicatezza assurda che non pensava nemmeno di conoscere. I suoi occhi la fissarono incerti e assenti, velati subito dopo di rabbia.
    “Sai chi sono?” Buffy annuì titubante “Sai che sono un non-morto, un vampiro?” le chiese ancora, aumentando la stretta sulle sue braccia sottili e alzando percettibilmente il suo tono di voce.
    “Sai che quelle come te le divoro fino a non lasciarne più niente?” le urlò, tanto che Buffy sussultò di colpo.
    La cacciatrice deglutì cercando di trovare la forza di respirare.
    “E perché non lo fai? Perchè non mi divori?” gli rispose con un filo di voce, disperatamente intimorita da quella risposta, ma senza poter fare a meno do formularla.
    Spike vibrò visibilmente. Perché? Perché? Se solo lo sapessi maledetta.
    La sua rabbia che sembrò esplodere da un momento all’altro, lasciò spazio a delle parole coincise e calibrate, nonostante la sua stretta tremasse visibilmente.
    “Non chiedermi di amarti” Buffy trattenne il fiato “Non so nemmeno cosa significhi.”
    Quelle gocce odiose che avrebbe voluto strappare via, fino a non lasciare più niente del suo viso, le bagnarono ancora una volta gli occhi.
    “Non è vero” biascicò incerta “Tu mi ami Spike, tu mi ami disperatamente” il vampiro mollò la presa scivolando via dal letto.
    “Tu sei la mia certezza” la voce ormai rotta dal pianto mentre si accovacciava sul letto voltandosi verso di lui, che ora era dall’altra parte della stanza.
    “Va via Buffy” disse sottovoce.
    “Quello che mi racconti di noi per me non ha senso e quello che facciamo è solo sesso.”
    La cacciatrice vibrò visibilmente a quel suono che sapeva di orrore e che ora le ricordava una lei tanto lontana, preparandosi a quella cascata di acqua gelida.
    “Ho finto di crederti per poterti scopare più possibile” ghignò amaramente fissandola negli occhi “Ora mi sono stufato.”
    Buffy strinse le lenzuola tanto che le sue mani si colorarono di viola. Una morsa letale, dentata e affilata aveva stretto il piccolo cuore pulsante forte e ora il sangue cominciava a colare lentamente.
    “Ti prego non mostrarmi queste scene pietose. Va via” un dannato sorriso stampato sulle labbra perfette.
    Il sangue si era gelato. Ora ne capiva per la prima volta il significato. Dolore? Possibile definire semplicemente così quella sensazione che attanagliava oltre ogni realtà, che faceva vibrare convulsivamente il suo corpo sconvolto, fino a farle venire la voglia di vomitare tutto quello che la vita assurda e maligna le aveva donato.
    Più la lama del vampiro affondava nella carne rosata, più il muscolo pulsante gocciolava di sangue vivo e vermiglio e più la certezza dilaniante e sconvolgente di amare quel mostro sfondava senza ritegno.
    Demone, angelo, vampiro poeta. Che importava? Lo amava e solo ora capiva di sentire quella folta di vento, quell’eterna goccia di eternità per la prima volta nella sua esistenza. Lo sento il tuo mostro. Ti amo vampiro.

    Strinse più forte il lenzuolo di seta potendo sentire vibrante le pulsazioni del suo cuore al di sotto della sua pelle .Il sipario del secondo atto si era aperto sconvolgendo gli spettatori. Peggio della morte di uno dei protagonisti. Risuonavano forti le risate del burattinaio.
    Spike la fissò vestirsi in silenzio mentre il volto veniva rigato dalle lacrime salate. Ora, più che mai, voglia di stringerla, di implorarla tra le lacrime di perdonarlo, di amarlo, di sentire le dita minute e sottili sulla sua pelle.
    Lo senti il mio mostro? Fa male quanto a te.
    Buffy dopo interminabili secondi si bloccò vicino alla porta polverosa della cripta, Spike si era spostato per far si che i raggi, penetrando all’interno, non lo ferissero.
    Cancellò con un gesto veloce le lacrime anche se già delle nuove si affacciavano prepotenti nei suoi occhi. Mai l’incubo infinito aveva stretto così forte. Il cappio si era definitivamente spezzato, lasciando cadere il cadavere senza vita della ragazza bionda che era una volta.
    La tremenda realtà era mostrata in tutta la sua oscura bellezza. Un tunnel oscuro dal quale era impossibile uscire, una sudicia prigione dalla quale non si poteva scappare. Ora lo sapeva. Non esisteva. Cancellata completamente dalla vita. Innamorata senza ritegno del demone.
    “Una volta mi hai detto: so di essere un mostro, ma tu mi fai sentire come un uomo e… ” fece una breve pausa, un amaro e isterico sorriso sulle labbra, fissando gli occhi infiniti del vampiro, profondamente sconvolti di blu “Non hai mai terminato la frase e…. solo ora mi rendo conto di averci pensato tutte le notti.”
    La porta della cripta emise un rumore sordo e carico di perché. Quella frase vibrò martoriamene nell’aria. Sconvolgendolo senza confini, l’immagine della dea dagli occhi smeraldo apparve in cima a delle scale fissandolo, mentre lui, vicino alla porta semiaperta, pronunciava quelle parole cariche dell’eretica emozione.
    TBC...
  2. .
    Ops...non me n ero accorta..cmq adesso ho rimediato...ho postato il capitolo 3...per poi continuare con tutti i capitoli giusti ;)
  3. .
    Ale...è davvero carinissima...e non vedo l'ora che inizi la convivenza "forzata" ....lui cmq è uno spettacolo!!!!!!

    Sicuramente per Buffy avrà il suo bel da fare!!!!!!
  4. .
    CITAZIONE (Redan @ 6/7/2016, 11:45) 
    Grazie!
    Vi capisco, è bruttissimo vedere Spike a letto con un'altra, ma si tratta pur sempre di un vampiro senz'anima, ferito e incazzato, quindi...

    Infatti hai fatto benissim.... Nn sarebbe stato lui avesse reagito diversament.... E si sa appunto che Spike nn pensa prima di agire.... fa le cose che sente al momento....E Buffy per quanto male stia un piccolo esame di coscienza...lo deve fare.
  5. .
    Bellissimo capitolo... Ma devastante.... Mi sentivo nauseata io quando buffy si è resa conto che Spike nn era solo.. E anche il dolore nel vedere lui eccitato x un altra e nn per lei... Orribile.... Poi mi metto in Spike che essendo cmq sempre um vampiro la ferisce con le parole in maniera devastante.... Ma lui è anche questo .... è passionale anche nel ferire chi ama. L'idea di vedere come si fosse evoluta la storia tra loro se lui nn si fosse ripreso l'anima ...mi ha sempre affascinato e tu mi stai dando il piacere di vederlo. Sei uno spettacolo..... nel far entrare noi lettori così intensamente nella storia.. E anche io nn vorrei farti fretta ma è dura aspettare... X una meraviglia del genere !!!!!
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    Ma noooooooo.... nn puoi... non puoi...cmq a parte questo... sono dolcissimi...e William speriamo che ...nn dico che si debba smaliziare come lo è Spike (anche se farebbe un regalo a tutte compresa Buffy ) ma un pochino di più si....fino a che punto può resistere... sempre un uomo è.. si gentiluomo ma l'ormone è l'ormone!
  7. .
    Descrizione perfetta dello spike ubriaco e incazzato...stessa cosa vale per Buffy.. me la vedo con la sua espressione da cagnolino bastonato che nn sa bene cone spiegare a Willow che quello che è successo lo ha voluto lei...però adesso con l'arrivo di Harm e il sogno di buffy... credo che.le cose si complichino ulteriormente. .....Cmq bravissima a me piace molto come scrivi!!!!
  8. .
    Bravissima,ti sei decisa a postarla anche qui!!!!
    Come ti ho già detto.. stai assolutamente seguendo per filo e per segno i caratteri do ognuno di loro...e specialmente la dannata cocciutaggine di Buffy!!!! Nell'ultimo capitolo descrivi perfettamente la rabbia di Spike nel darle solo sesso.. ma si capisce benissimo anche la sua sofferenza nel farlo... lei come al suo solito con le parole ferisce più che con i pugni e calci ..ma questa volta spero che lui sia coerente con la decisione presa e smetta di farsi trattare in quel modo...(nonostante la sua consapevolezza che Spike per lei nn sia solo sesso ma ben altro!!!!)
    Adesso buona buona aspetterò la continuazione di questa meraviglia!!!!!!
  9. .
    Eccomi Giadina, non potevo nn commentare ...sono stata dietro a questa ff una vita!!!!!!!....
    Cmq credo che tu l'abbia conclusa compreso l'epiologo nel modo in cui doveva essere conclusa , seguendo per filo e per segno ciò che loro erano sin dall'inizio e non stravolgendone i fatti... ed ero sicura che fossero ricorsi all'inseminazione..DOVEVA ESSERE PER FORZA COSI'!!!!!!!!!!!! Quindi grande Giada che hai conlcuso il tutto solo dopo 4 semplice e velocissimi anni....ihihihihihihi
  10. .
    Mamma mia che ansia!!!!!!! Poi Credo che Angelus sia davvero il peggio di tutti...perhè non si limita ad uccidere quindi gode proprio nel dolore altrui, e non vorrei che lei diventasse la sua ossessione come lo era già stato in passato per Drusilla, questo complicherebbe assolutamente le cose...e decisamente sarà difficile per buffy accettare anche il fatto che lei non dovrà interferire in modo alcuno tra Drusilla e William!!! Non vedo l'ora di leggere e leggere e ancora leggere ...più va avanti e più mi affascina ....non cade assolutamente nello scontato o nella banalizzazione dei vari personaggi, ma rende tutto paurosamente reale...
  11. .
    Si è vero,ha affrontato un discorso lasciato andare con troppa facilita e frivolezza...e Spike alla fine come sempre ha dimostrato che x amore è riuscito a combattere il suo demone. Sono contenta che finalmente tu abbia potuto leggerla. E che ti sia piaciuta....👍😊😉
  12. .
  13. .
    Capitolo 3 - The Houseman

    Spike si stava annoiando a morte.
    Dopo una strenua lotta, era riuscito a trascinare Briciola a scuola; ma avevano dimenticato il pranzo – amorevolmente preparato da Buffy – ed erano stati costretti a tornare indietro.
    Risultato? Nonostante avesse guidato il più velocemente possibile, ignorando piccolezze come semafori e cartelli stradali, erano arrivati in ritardo, e si erano beccati (entrambi) una sonora ramanzina dalla professoressa di Dawn, l’Orrida Braithwaite.
    Molti “Non si può andare avanti in questo modo!” e “In questa scuola ci sono delle regole da rispettare!” dopo, la vecchia mummia si era decisa a lasciarlo andare, e così Spike era tornato a casa, accompagnato da una meravigliosa emicrania.
    Solo che adesso non aveva assolutamente nulla da fare.
    Benché passasse quasi tutto il suo tempo libero (che era decisamente tanto) spulciando giornali e navigando in rete, non era ancora riuscito a trovare un lavoro adatto a lui.
    Dopotutto non aveva un gran bel curriculum. Per oltre un secolo la sua professione era stata uccidere, ed era l’unica cosa che gli riuscisse davvero bene.
    Le cose non erano cambiate neppure alla Wolfram&Hart. Le modalità erano diverse, certo, e veniva regolarmente pagato; ma pur sempre di omicidi si trattava.
    Con dei trascorsi tanto rassicuranti alle spalle, quale imprenditore con un minimo d’istinto d’auto-conservazione sarebbe stato lieto di offrirgli un impiego?
    Da quel punto di vista, doveva ammetterlo, L.A. gli mancava. Gli mancava il lavoro, i clienti, le loro strane e perverse richieste; gli mancavano i colleghi (di certo non Angel!) e, soprattutto, gli mancava l’azione.
    Non era nella sua indole starsene in panciolle tutto il santo giorno. Per lo meno, non da quando era diventato umano. Ogni notte accompagnava Buffy nella ronda, e le dava una mano con l’addestramento di quella Cacciatrice di cui si occupava, Madison.
    Ma non era abbastanza.
    Aveva viaggiato in lungo e in largo per il mondo, visto e fatto ogni genere di cose. Diamine, aveva anche sventato un paio d’Apocalissi! Non gli riusciva facile rinunciare a tutto questo, alla sua amata danza, in cambio di una vita così tragicamente normale.
    Per carità, era pazzo di Buffy. Avrebbe fatto qualunque cosa, sarebbe andato in capo al mondo se solo gliel’avesse chiesto. E adorava Briciola: gli piaceva accompagnarla a scuola, al mattino, anche se ogni volta finivano con l’arrivare tardi.
    Solo che quella non era la vita per lui.
    Aveva un bisogno disperato di lavorare. Non voleva starsene tutto il giorno in casa a rigirarsi i pollici e, più di ogni altra cosa, non voleva gravare sulle spalle di Buffy.
    Il solo pensiero che fosse stata costretta a fare la commessa – un lavoro al quale era notoriamente allergica – per provvedere anche al suo sostentamento lo atterriva.
    Quando si era offerto di sostituirla al negozio o in palestra, Buffy aveva categoricamente rifiutato. Ma lui non aveva alcuna intenzione di arrendersi: se non fosse riuscito a trovarsi un impiego per conto proprio, avrebbe rubato quello della sua donna. Era più che deciso.
    Lanciò l’ennesima occhiata truce all’orologio.
    Fortunatamente, rimuginò, Buffy sarebbe tornata a casa a momenti.
    Capitolo 4 - Dating the Boss

    Driiin.
    Spike alzò distrattamente lo sguardo dalla rivista d’annunci che stava sfogliando e fissò il telefono.
    Driin.
    Accigliato, si alzò di scatto e raggiunse l’apparecchio.
    “Casa Summers…”.
    “Tesoro?”.
    Spike sussultò per la sorpresa: “Buffy? Cos’è successo? Va tutto bene?”.
    La ragazza lo interruppe precipitosamente: “Tranquillo, è tutto ok. Ho chiamato solo per avvertire che farò tardi” aggiunse, in tono misterioso.
    Spike cercò di ignorare la sensazione di pugno allo stomaco che scaturì da quelle parole: “Come tardi? Perché?” protestò, sospettoso.
    Buffy parlava in fretta: “Il mio capo, il sig. Finnigan… mi ha invitata a pranzare con lui. Dice che vuole vedermi a tu per tu” spiegò, abbassando impercettibilmente il tono della voce per non farsi sentire da Derek, che bighellonava nei paraggi.
    Spike s’irrigidì d’istinto: “E questo che significa? Perché dovrebbe voler vedere proprio te?” sbottò, stringendo più forte la cornetta tra le dita senza avvedersene.
    Buffy roteò gli occhi, esasperata: “Per amor del cielo, Spike! E’ il mio capo! Avrà cinquant’anni anni, forse di più. Vuole solo scambiare due parole con me lontano da occhi indiscreti. Non mi sembra così tragico!” obiettò, divertita dalle vibrazioni di puro odio che poteva sentir filtrare dal telefono.
    “Si, ma… ma… non puoi andarci a pranzo! Insomma, questo qui potrebbe essere chiunque! Potrebbe essere un criminale! Un serial killer. Uno squilibrato” insistè il biondo, rasentando la crisi di nervi.
    La Cacciatrice (l’unica… per sempre…) sbuffò, seccata: “Si tratta solo di un’oretta, niente di più. E comunque, devo forse ricordarti con chi stai parlando?? Anni ed anni alla Bocca dell’Inferno, e tu credi davvero che non sappia difendermi da un aggressore qualunque?” chiese, a metà tra l’incredulo e l’indignato.
    Spike sporse il labbro inferiore in un accenno di broncio: “Non sto dicendo questo… E’ solo che… Mi manchi tanto” mugolò, odiando ferocemente la voce da checca che aveva appena pronunciato quelle parole.
    Buffy prese un profondo respiro e si morse il labbro. Dio, come faceva a farla sciogliere anche solo per telefono??
    Sentendosi orrendamente in colpa, argomentò: “Lo so… e anche tu mi manchi tanto, ma…”.
    S’interruppe. “Farò presto. Te lo prometto”.
    Spike sospirò teatralmente: “E va bene. D’accordo. Và pure se vuoi. Ma non aspettarti di trovarmi…”.
    Non ebbe neanche il tempo di finire la frase che Buffy lo interruppe di nuovo: “Oh, fantastico! Sapevo che avresti capito! Ci vediamo più tardi, amore… devo scappare. Ti amo” concluse alla velocità della luce, guardando preoccupata l’orologio.
    Riagganciò.
    “Cos… Buffy?! No!”.
    Spike restò di stucco con la cornetta ancora in mano, sentendosi un completo idiota per la millesima volta, quel giorno. “Oh, al diavolo!” imprecò bruscamente, e sferrò un potente calcio al tavolino da caffè…
    …che si ribaltò, rovesciando interamente il suo contenuto sul pavimento.
    Spike restò a guardare, impotente, l’allargarsi della macchia di cappuccino sulle piastrelle, e sospirò.
    Non poteva che considerarlo un cattivo presagio.
    “Buffy? Allora, sei pronta, cara?”.
    Buffy spense il telefono cellulare e sorrise cordiale: “Certo, mi scusi. Possiamo andare” annunciò allegramente.
    Il sig. Finnigan le porse il braccio con un caloroso sorriso dipinto in volto: “Dopo di te, tesoro”.
    I due si incamminarono insieme fuori il piccolo negozio d’antiquariato, chiacchierando amabilmente.
    Ma, se Buffy non fosse stata troppo impegnata nel tentativo di riuscire simpatica al suo capo, avrebbe sicuramente notato un fisso sguardo argenteo che li seguiva passo passo…

    Capitolo 5 - Conversation with friendly people

    “Era semplicemente squisito!”.
    Arthur Finnigan sorrise compiaciuto: “Lieto che sia stato tutto di tuo gradimento, cara! E’ sempre un piacere portare a pranzo qualcuno che sappia cosa significhi onorare la tavola, di tanto in tanto” aggiunse, con un velo di bonaria derisione nella voce.
    Buffy arrossì all’istante, sentendosi improvvisamente in imbarazzo per il bis di torta alla frutta che aveva ordinato: “Uh… ehm bè, sa com’è… mia madre diceva sempre che è da criminali prendere una sola porzione di dolce, se se ne possono avere tante!” si giustificò debolmente.
    Fortunatamente Finnigan la tolse da ogni imbarazzo con una sonora risata: “Saggia donna tua madre!” commentò, in preda all’ilarità.
    Per un attimo Buffy temette che quell’affermazione precedesse un lungo terzo grado sulla sua famiglia, cosa assolutamente sconsigliabile data la storia dei Summers.
    Ma, per buona sorte, il suo interlocutore si riprese e lasciò cadere l’argomento: “Sai, mi ha fatto davvero piacere parlare un po’ con te a quattr’occhi, Buffy” cominciò, con un sorriso pacato ad increspargli il volto. “Amo instaurare un rapporto quanto più… come dire… intimo, con i miei dipendenti” spiegò, giocherellando distrattamente con il cucchiaino da caffè.
    Buffy assentì quasi senza accorgersene, mentre Finnigan proseguiva: “Insomma, voi siete giovani, mentre io vivo i miei anni d’argento chiuso in un negozio d’’anticaglie… di tanto in tanto ho bisogno di sentirmi un po’ meno senile” disse, in un tono di comica malinconia.
    Buffy ridacchiò: “Io non credo che lei sia vecchio. Voglio dire, è una parola grossa! Piuttosto, mi ricorda qualcuno…”. La Cacciatrice socchiuse gli occhi: “… un caro amico che… conoscevo”.
    Non potè impedirsi di rabbuiarsi in volto, ripensando all’uomo che, per sette anni della sua vita, era stato né più né meno che un padre, per lei.
    “La Cacciatrice… caccia… e l’Osservatore…”
    “Osserva?”
    Art Finnigan sorrise con calore: “Dev’essere stata una persona importante per te, e questo mi lusinga” commentò pacato, guadagnandosi un sincero sorriso di gratitudine.
    L’arrivo del cameriere con il conto – che Buffy non ricordava neppure fosse stato richiesto – li distolse dalla conversazione. Dopo aver pagato, l’uomo la condusse verso la sua lussuosa berlina.
    Buffy non potè fare a meno di considerare un po’strano il fatto che un semplice bottegaio potesse permettersi un’auto del genere; ma non disse nulla, e accettò di buon grado un passaggio a casa.
    Non vedeva l’ora di tornare tra le braccia del suo casalingo preferito.

    Capitolo 6 - the Endless Waiting

    Tu-tu. Tu-tu.
    Spike sbuffò e riappese il ricevitore.
    Il viso infantile di Dawn apparve in cima alle scale: “Ancora niente?”.
    Il biondo scosse mestamente la testa: “E’ sempre staccato”.
    Dawn si morse il labbro inferiore e lo raggiunse, allungandogli una piccola pacca consolatoria sul braccio: “Coraggio papino. Smettila di fare il fidanzato geloso e torna a poltrire. Buffy sarà qui a momenti”. Gli sorrise con aria furba: “E quando arriverà, potrai finalmente darle la bella notizia!”.
    Spike roteò gli occhi, sorvolando su quell’irritante *papino* che la piccola amava tanto: “A dir il vero non sono poi così certo che la considererà una bella notizia. Ho sempre pensato che in fondo le piacesse essere l’unica” confessò, sorridendo tra sé per gli infiniti doppi sensi che quell’affermazione poteva scatenare.
    Dawn scosse la testa con una risatina, per poi sparire al piano di sopra, dove il suo adorato Giul…*i compiti* l’attendevano, lasciando il quasi-cognato in piena autocommiserazione.
    “Se essere umano significa diventare un’altra Checca, allora tanto valeva restare un vampiro!” pensava di tanto in tanto; ma la possibilità di perdere ancora l’amore per via della sua natura era fuori discussione.
    Spike si lasciò cadere sul divano e sospirò. La latitanza di Buffy gli aveva tolto anche la gioia di quella buona notizia che aveva da darle. Ma, ehi, aveva ragione Briciola: inutile continuare a rimuginare. In fondo, era solo andata fuori col suo capo. Non ad un rave party per nudisti.
    Eppure, il suo istinto non gli suggeriva nulla di buono.

    Capitolo 7 - Break Out

    “Ora basta. Io vado a cercarla”.
    Spike era fuori di sé. Erano passate due ore, e di Buffy neanche l’ombra. Persino Briciola cominciava ad avere paura.
    Per un attimo aveva pensato di rivolgersi alla polizia; ma aveva abbastanza esperienza da sapere che, entro le 24 ore dall’ultimo contatto, una persona non poteva ritenersi scomparsa. O almeno, questa era la scusa delle autorità per lavarsene le mani.
    Ma, dannazione, Buffy era scomparsa. Il cellulare era sempre staccato, e il negozio chiuso da un pezzo. Persino in palestra non si era vista, e Madison era all’oscuro di tutto.
    Il suo istinto continuava a mandargli segnali impazziti. Doveva agire, e subito.
    Spike afferrò con impeto la giacca dall’appendiabiti e si rivolse a Dawn un’ultima volta: “Tu stai qui, e avvisami subito nel caso telefoni”. La piccola annuì, e Spike aprì la porta.
    Rivelando Buffy.
    Era irriconoscibile. Se ne stava in piedi sulla soglia, tremante, il trucco sciolto sulle guance e gli occhi vitrei. A giudicare dal modo in cui si teneva il braccio, sembrava ferita.
    Spike sgranò gli occhi, mentre una miriade di piccoli aculei lo trapassava:
    “Buffy… mio dio… amore, cos’è success…?”.
    Non fece in tempo a sfiorarla. Buffy allontanò di scatto la sua mano, in un atto che poteva definirsi solo… terrorizzato.
    Poi, accadde in un attimo. Lo superò rapidamente, corse in casa e si rintanò al piano di sopra, piangendo a dirotto.
    “Buffy!”.
    Dawn era interdetta. Restò per un attimo a fissare il punto su per le scale in cui la sorella era sparita, poi si voltò verso Spike.
    Era ancora immobile sull’uscio, la porta aperta. Negli occhi, la più pura espressione di dolore che avesse mai ritenuto possibile vedere.
    Dawn si morse il labbro: “Vado io” mormorò semplicemente, sapendo che lui avrebbe capito. Si voltò e iniziò a salire lentamente le scale, lottando per mascherare l’angoscia che le opprimeva il cuore.
    Spike era interrotto. Il suo intero essere aveva subito una battuta d’arresto, nel momento in cui Buffy aveva respinto la sua mano.
    Occhi.
    I suoi occhi.
    Non li aveva mai più visti in quel modo. Non più, dopo la notte che aveva cambiato i loro destini per sempre.
    “Chiedimi di nuovo perché non potrei mai amarti!”
    Aveva fatto di tutto. Aveva provato, davvero, a gettarsi quella fetta del suo passato alle spalle. Ma i suoi antichi demoni non l’avevano mai abbandonato pienamente.
    Quell’unico sguardo di lei li aveva risvegliati dal loro torpore.
    Chiuse gli occhi, nel tentativo di cancellare l’immagine di smeraldo infranto che li popolava.
    E fu allora che vide l’inferno.

    Il cotone color crema è fresco al contatto con la sua pelle bollente. Ricorda ancora i primi battibecchi sulla scelta delle lenzuola, quando Spike…
    Buffy gemette silenziosamente e si rigirò nel letto. Aveva freddo. Freddo dentro.
    Sentiva ancora il sapore del sangue, del ferro, dell’asfalto e della paura.
    Odiava avere paura. Tutti odiano aver paura, ma per lei era diverso. La paura era per i deboli, per gli indifesi. E lei non lo era mai stata.
    La paura era uno smacco per la sua identità.
    Ancora freddo. Ancora l’odore di ruggine.
    Signor Finnigan…
    Si tirò su a sedere a si abbracciò le ginocchia, nascondendo la testa tra le gambe. Tremava.
    Cosa… cosa sta facendo?
    Il rumore sommesso della porta che si apriva la fece sussultare.
    Signore… mi lasci… che diavolo…?
    Sua sorella apparve sulla soglia.
    “Buffy…”.
    Buffy… che bel nome… così tenero… per una ragazza così calda…
    Ebbe un conato di vomito. Vide Dawn avvicinarsi al letto, ma tutto era confuso e indistinto.
    Non mi tocchi!
    Ora si era seduta, lì, ai suoi piedi. La guardava con aria addolorata, restando in silenzio.
    Shh… stà buona, bella bambolina… sarà il nostro piccolo segreto.
    Dawn parve prendere coraggio. Lentamente, per non spaventarla, allungò una mano sul materasso, tesa a prendere la sua, stretta intorno alle gambe.
    Ti piacerà… vedrai.
    “NO!”.
    Non si accorse di averlo urlato davvero. Dawn sussultò e si ritrasse, spaventata.
    Aveva spaventato sua sorella. Grandioso.
    Cercò di parlare, di tranquillizzarla, ma dalla sua gola uscì solo un gemito strozzato.
    Dawn aveva gli occhi pieni di lacrime: “Buffy… cosa ti è successo? Che… che cosa ho fatto?” aggiunse titubante.
    La Cacciatrice rabbrividì: “Dawn…” gemette, per poi nascondere di nuovo la testa tra le ginocchia. Non poteva. Era troppo. Non riusciva a guardarla negli occhi.
    Sua sorella ritentò. Le accarezzò lievemente la testa, e stavolta non fu respinta.
    La sua voce le giunse come un’eco lontana:
    “Buffy, dimmi la verità. E’ stato lui, non è vero? Il tuo datore di lavoro. Ti ha fatto del male?”.
    Stà buona… vuoi farti sentire da tutti?
    Buffy mosse convulsamente la testa, in un cenno a metà tra l’assenso e il diniego.
    Mi lasci!
    In un flash, l’immagine di una ragazza bionda. Un attimo prima, stretta fra le braccia di un vecchio, contro il muro di un vicolo cieco in una zona tranquilla.
    Un attimo dopo, in fuga.
    Dawn non ebbe bisogno di sapere altro. Strinse le labbra: “Lui ha… ha cercato di…”. Riprese fiato.
    “Ti ha violentata, non è così?”.
    “Te lo farò sentire…”
    Buffy emise un suono strozzato e si prese la testa tra le mani, dondolando avanti e indietro nel tentativo di scacciare le immagini che le popolavano la mente.
    Dawn cercò di bloccarla prendendola per le spalle, ma Buffy la spinse via con foga.
    Corri, corri, CORRI!
    Sua sorella si tenne il braccio dolorante e socchiuse gli occhi.
    “Buffy… dimmelo, ti prego. Prometto che non ti toccherò, ma tu parla. Ti ha violentata?” chiese in un filo di voce.
    Non riusciva ad accettare che la sua forte sorellona, la Cacciatrice, colei che l’aveva difesa con la vita potesse farsi sottomettere da un semplice uomo.
    Buffy chinò il capo. Era così umiliante. Non avrebbe mai voluto farsi vedere in quello stato dalla persona che, più di tutte, aveva promesso di proteggere.
    “Mi dispiace piccola… ho fallito”.
    “Buffy…?”.
    Doveva.
    Alzò il capo.
    “No. Lui non… non c’è riuscito”.
    Dawn rilasciò il respiro trattenuto troppo a lungo. Non sapeva se fosse più grande il dolore per aver avuto ragione, o il sollievo per non averla avuta del tutto.
    Gli occhi di Buffy erano ancora lucidi, ma ora riflettevano il coraggio di affrontare i propri fantasmi: “Lui mi ha… si era offerto di riaccompagnarmi a casa, dopo il pranzo, e io ho accettato. Quando siamo saliti in macchina, ha cominciato a fare strani discorsi, e…” . Deglutì a fondo: “Lui ha… ha accostato l’auto. Ci siamo fermati ad un vicolo cieco. Mi ha chiesto di accompagnarlo alla cabina telefonica, e… dio, sono stata così ingenua!”. Scosse debolmente la testa: “A quanto pare tutta la mia esperienza col sovrannaturale mi ha fatto sottovalutare i pericoli terreni” commentò amara, e Dawn si morse il labbro.
    “Buffy…”.
    “Siamo scesi. Io mi sono diretta alla cabina, ma lui mi ha presa per un braccio. Mi ha… trascinata verso il vicolo, e sbattuta contro un muro. Prima che potessi ribellarmi, ha cominciato a toccarmi…”.
    Le mancò la voce. Si coprì la bocca con la mano per soffocare un singhiozzo, e Dawn l’abbracciò. Non le importava di essere respinta, in quel momento… Buffy aveva bisogno di quel contatto.
    E infatti non si sottrasse. Si aggrappò alle sue spalle sottili, stringendola con tutta la sua forza da Cacciatrice. Le stava facendo male, ma quel dolore era rassicurante.
    Quando si sciolsero, Buffy tirò cu con il naso: “Ora vorrei un po’ riposare. Potresti…”. Indicò la porta con un gesto impacciato.
    Dawn annuì e si alzò: “Certo. Chiamami se hai bisogno”.
    Raggiunse l’uscio e si voltò per l’ultima volta. Sua sorella era già distesa, nella solita posizione fetale di quand’era più piccola.
    “Dovevano essere sicuri che la Cacciatrice la proteggesse a costo della vita. Così, le inviarono la Chiave sulla terra… sottoforma di una sorella…”
    Dawn scosse debolmente la tesa ed uscì.
    Non era il momento per i cattivi pensieri.
    Ora c’era un più duro compito ad attenderla… proprio al piano di sotto.

    Quando scese, Spike era in salotto. Era letteralmente sprofondato tra i cuscini del divano, la testa tra le mani, lo sguardo fisso al pavimento.
    Dawn si schiarì la voce per riscuoterlo.
    I suoi demoni sbiadirono. Spike sollevò la testa di scatto, poi si alzò: “Cos’ha detto? Cos’è successo?” chiese, la voce tremante.
    Non voleva sapere.
    Ma ne aveva bisogno.
    Dawn lo raggiunse. Il suo sguardo restò inchiodato al pavimento: “E’ come pensavo. E’ stato il suo datore di lavoro”.
    Spike sentì il sangue ribollirgli nelle vene. Strinse i pugni: “Io lo ammazzo, quel figlio di puttana!”.
    Mosse verso l’ingresso, ma poi ebbe un ripensamento. Si diresse verso le scale: “Prima però devo parlare con Buffy”.
    “NO!”.
    Si voltò, sorpreso. Briciola lo stava guardando con gli occhi pieni d’angoscia.
    “Quell’uomo ha cercato di violentarla, Spike. In questo momento tu sei l’ultima persona che lei vorrebbe vedere”.
    Capitolo 8 - Wisely Young
    Sentirsi crollare il mondo addosso.
    Non aveva mai davvero compreso il significato di quest’espressione.
    Fino ad allora.
    I suoi demoni presero a ridere, ridere incontrollabilmente. Ridevano di lui, proprio lì, nella sua testa.
    “Mamma… ti sto supplicando adesso… ti prego, fallo smettere!”
    Spike cadde senza forze sul divano.
    Un guscio vuoto, ecco cosa.
    Dawn gli si avvicinò titubante: “So che è dura per te non poterle stare vicino, in questo momento… ma credimi, è meglio così per entrambi. Buffy è fuori di sé, finirebbe col dire o fare qualcosa di cui pentirsi” cercò di confortarlo, ma lo vide scuotere la testa.
    “No, no piccola. Tu non hai la minima idea di cosa voglia dire”.
    Spike si alzò di scatto. I suoi occhi erano mari in tempesta: “Dopo tutto questo tempo, posso dire di aver fatto pace con la mia coscienza. Non che vada fiero del mio passato, ma l’ho superato. C’è solo una cosa, una cosa che non sono riuscito a lasciarmi indietro”.
    Dawn rabbrividì in attesa, consapevole.
    “Quello che ho fatto a Buffy… cercare di prenderla con la forza… violare il suo corpo, forzare il suo cuore… ecco cosa mi uccide”.
    Ormai un velo di lacrime era apparso a rendere quei mari più limpidi: “Non c’è notte, Dawn, non c’è notte in cui non lo sogni. Sento i suoi gemiti, le sua urla, e non posso fare a meno di chiedermi…” S’interruppe, richiamando a sè la forza per quelle ultime parole: “Cosa sarebbe successo se lei non mi avesse fermato? Cosa ne sarebbe stato di lei, di noi, se in quel momento non avesse trovato la forza di liberarsi?”.
    “Spike… sono ferita, ti prego… basta….”
    Chiuse gli occhi. Due lacrime sgorgarono senza un rumore dalle palpebre abbassate, illuminandogli il viso in un istante.
    Quando li riaprì, il mondo era un velo di brina e parole non dette: “Capisci adesso, Briciola? Capisci quello che sono? Capisci… che cosa sono?”.
    Dawn assentì, sforzandosi per non cedere all’emozione: “Capisco benissimo cosa sei, Spike. Sei un uomo che ha commesso degli errori, e che ha pagato. Che ha scontato la sua pena attraverso l’inferno, e ne è uscito illeso grazie all’amore di una donna”. Sospirò, scuotendo mestamente la testa: “Lei ti ama. Ti ha sempre amato, molto prima di rendersene conto. Ha saputo perdonarti prima che tu perdonassi te stesso, solo perché voleva farlo. Non eri tu ad aver bisogno, Spike, era lei”. Sorrise tristemente: “E ne ha ancora. Buffy ha bisogno di te, ma… non è questo il momento. Ora è tempo che affrontiate i vostri fantasmi, ma prima devi lasciare che lei affronti da sola i suoi”.
    Dawn lo guardò dritto negli occhi, con una decisione tale da spaventarlo: “Sarà lei a cercarti, quando si sentirà pronta. E allora tu dovrai esserci. Per dimostrarle di essere l’uomo che merita” concluse raddolcendosi.
    Spike restò in silenzio per un istante. Poi l’angoscia fu tale da non riuscire più a trattenersi: “E se non lo fossi? Buffy merita solo il meglio, ed io… Lei sta male a causa mia, capisci? Come posso essere l’uomo giusto? Dopo questa storia aprirà gli occhi e chi credi vorrà al suo fianco? Il suo primo quasi-stupratore?” chiese con la voce incrinata. Non riusciva a vedere se stesso in modo diverso, con gli occhi di Buffy.
    Dawn lo fissò, più seria di quanto non fosse mai stata: “No. L’uomo che ama” rispose semplicemente.
    Spike sbuffò e sorrise allo stesso tempo: “Apprezzo che tu stia cercando di farmi sentire meglio, Briciola, ma…”.
    “Nient’affatto” fu la secca risposta. “Io faccio quello che ritengo più adatto per mia sorella. E in questo momento ritengo che la cosa più adatta sia tu”.
    La sensazione di déja-vù lo colpì in pieno, alla vista di tanta decisione.
    “Dormi pure. Ma se fai del male a mia sorella… se solo la tocchi… ti sveglierai tra le fiamme.”
    Non potè impedirsi di sorridere: “Da quando sei diventata così determinata, Summers?”.
    Dawn restituì il sorriso, lieta che, per una volta, lui non le avesse dato appellativi da bambina: “Da quando tu sei diventato tanto insicuro!” rispose briosa.
    Spike rise appena. Diavolo, aveva ragione. Stava diventando un fottuto pappamolle!
    “Se avrò bisogno di qualcuno che si piange addosso ti chiamerò”
    Un’ombra tornò ad attraversare il suo viso.
    Dawn notò subito il cambiamento, e gli accarezzò un braccio con aria solidale: “Stà tranquillo. Presto sarà lei a cercarti” ripetè, sperando di infondergli un po’ del suo ottimismo.
    Spike annuì lentamente: “Già” .
    Sospirò.
    “Speriamo solo non ci voglia troppo tempo”.
    Capitolo 9 - Defated

    “Ricordi quello che provavi… quando ero dentro di te?”.
    Spike…
    “Te lo farò sentire!”.
    Lo spettro di una risata aleggiò nell’aria.
    Buffy si tirò su di scatto, ansante, la fronte imperlata di sudore.
    Non doveva chiudere gli occhi. Non poteva permettere agli incubi di sopraffarla. Non quando tutto ciò che sognava era…
    Spike.
    Spike, lì, sulla soglia.
    Cosa…?
    Istintivamente, arretrò fino a toccare la spalliera del letto, attirando a sé il lenzuolo.
    Spike vide.
    Strinse i pugni. Dio, Briciola aveva ragione. Buffy aveva paura di lui.
    “Già, perché tu non menti, né rubi, né imbrogli, né manipoli!”.
    “Non ti faccio del male”.
    Bugiardo. Gliene aveva fatto eccome.
    Buffy era la Cacciatrice. Figlia della morte e del dolore.
    “Hai bisogno del dolore che ti infliggiamo”.
    Ma lui si era illuso… si era illuso di averle portato un po’ di pace. Di aver illuminato, anche solo fiocamente, una vita buia e difficile.
    E invece non aveva fatto altro che spingerla in nuovi abissi.
    Amore… che cosa ti hanno fatto? Che cosa ti ho fatto?
    Buffy non riusciva a guardarlo in faccia. Stringeva convulsamente il lenzuolo, gli occhi irrequieti vagavano per la stanza. Qualsiasi cosa, qualsiasi cosa pur di non perdersi in quei mari azzurri.
    Perché sapeva che, nel momento in cui li avesse incontrati…
    Avrebbe solo visto il suo stupratore.
    Gemette involontariamente e chinò il capo.
    Spike agì d’istinto. Non c’era verso che potesse sopportare un lamento di Buffy senza accorrere. Anche a costo di spaventarla.
    In due passi fu al bordo del letto:
    “Buffy….? Va tutto bene?”.
    Oh, dio, che domanda stupida! Cosa poteva mai rispondere la vittima di un tentato stupro??
    Si maledisse mentalmente e studiò le sue reazioni.
    La domanda arrivò in ritardo alle orecchie di Buffy. I suoi sensi erano troppo impegnati a captare i movimenti dell’ex vampiro, per focalizzarne le parole.
    Non guardarlo. Qualunque cosa accada, non guardarlo.
    “Buffy… guardami, ti prego”.
    Si morse il labbro inferiore fino a sanguinare. Come poteva chiederle una cosa del genere?? Possibile che non capisse?
    La risposta arrivò prima di quanto si aspettasse.
    No, certo che non capiva. Non poteva capire. Lei rifiutava un qualunque contatto, precludendogli completamente l’accesso ai suoi pensieri.
    Se solo potessi…
    Spike tentò.
    Con una lentezza struggente, alzò la mano e l’allungò verso il viso di lei. Non voleva rischiare di spaventarla, così le offriva la possibilità di ritrarsi in qualunque momento.
    Anche se, dio, questo l’avrebbe ucciso.
    Fremette quando le sue dita sfiorarono la pelle calda di pianto. Sforzandosi di non precipitare la situazione, si spostò dolcemente verso il mento per indurla ad alzare la testa.
    Guardami amore… lascia che chieda perdono ai tuoi occhi.
    E in un attimo, eccoli lì.
    Blu oceano e verde smeraldo, persi l’uno nell’altro, annegati nel riflesso del dolore.
    Lacrime lontane, ma così simili, a legarli in catene di comprensione.
    Perdonami Buffy…
    Perdonami William…
    Cedette. Per quanto odiasse perdere, accolse la sconfitta chinando il capo.
    Spike tremò.
    Buffy aveva interrotto il contatto. Segno che non era ancora pronta per lui.
    Senza una parola, si alzò dal letto, raggiunse la porta ed uscì.

    Appena fu fuori, si lasciò cadere sul pavimento, le spalle al muro.
    Chiuse gli occhi e pianse fino a perdere i sensi.
    Capitolo 10 - I’ve Always Been Bad
    “Non è andata un granchè bene, eh?”.
    Alzò la testa a incontrare lo sguardo comprensivo di Dawn.
    Spike sospirò e scosse il capo: “Non riesce neanche a sopportare la mia presenza. E non posso biasimarla”.
    Dawn fece una smorfia: “Io ti avevo avvertito. Non precipitare le cose, o la farai sentire braccata”.
    Esitò per un attimo, chiedendosi se fosse il caso di aggiungere qualcos’altro. Trovandosi senza parole, però, lo superò e fece per andarsene.
    “Ehi, piccola”.
    Si voltò.
    Spike aveva in volto un’espressione truce che non gli vedeva più da molto tempo:
    “Se è stato quel Finnigan… se ha anche solo osato metterle le mani addosso… io dovrò farlo a pezzi”.
    Contrasse la mascella, poi sbuffò: “Volevo solo che tu lo sapessi”.
    Avrebbe dovuto dirgli di no. Avrebbe dovuto fargli la predica e farlo ragionare. Avrebbe dovuto dirgli che con la violenza non si risolvono i problemi, e che non sarebbe stato corretto picchiare un uomo attempato.
    Ma lei non era Buffy.
    Quell’uomo aveva cercato di stuprare sua sorella. Non riusciva a pensare ad una fine migliore, per quel lurido verme, che cadere tra le mani di William il Sanguinario.
    Così, semplicemente, accennò con la testa.
    E uscì dal suo campo visivo.

    “Non è andata un granchè bene, eh?”.
    Il vecchio alzò la testa di scattò e digrignò i denti: “Che diavolo ci fai tu qui?”.
    Derek Hayes ghignò, spudoratamente compiaciuto: “Mi sembra ovvio: godo dei tuoi insuccessi!”.
    Si avvicinò al capo con la sua tipica andatura decisa, un sorriso di scherno stampato in faccia: “Ma guardati. Sei solo un vecchio pervertito. Credevi davvero di avere la minima speranza con Buffy Summers?”. La sua espressione si fece più dura: “Avresti dovuto lasciar fare a me. L’avrei scopata fino a toglierle il fiato, e poi l’avrei impaurita come si deve”. Il solito ghigno arrogante tornò sul suo viso: “Sarebbe stato divertente!”.
    Arthur Finnigan fece una smorfia: “Personalmente preferisco forme di divertimento che non prevedano pugni allo stomaco!”.
    Derek rise di gusto: “Te le ha date di santa ragione? Dio, questo sì che è divertente!”.
    Finnigan lo fulminò con lo sguardo: “Piantala, idiota. Ad ogni modo, non avrebbe funzionato con lei. E’ americana. Documenti in regola. Ho controllato personalmente”.
    Derek roteò gli occhi: “Parli così solo per guarire il tuo orgoglio ferito. Esistono mille modi per ricattare una persona, non lo sai? Miss Summers ha bisogno di questo lavoro. Non avrebbe rinunciato tanto facilmente”.
    S’interruppe per un istante, prima che nei suoi occhi passasse un lampo di malvagia genialità: “Aspetta un momento…”.
    Finnigan lo fissò con aria distante, fingendosi del tutto disinteressato.
    Derek si leccò le labbra, compiaciuto dalla sua stessa idea: “Forse non è ancora tutto perduto. Scommetto che ho ancora una possibilità di far aprire le gambe a quella puttanella da quattro soldi…”.
    “Io non ne sarei così sicuro, amico!”.
    I due cospiratori si voltarono simultaneamente.
    Sulla soglia del negozio c’era un uomo mai visto prima. I suoi vistosi capelli decolorati spiccavano nella penombra, illuminati dal lampione giù in strada.
    Derek si accigliò: “Ehi, chi diavolo…?”.
    Ma una mano di ghiaccio stretta attorno al suo collo gli impedì di continuare la frase.

    “Apri bene le orecchie, razza di miserabile, lurido pezzo di merda”.
    Lo guardava, l’uomo, e sorrideva. Sembrava persino tranquillo, ma le sue mani erano fuoco solido.
    Derek sostenne il suo sguardo. Non era mai stato tipo da farsi intimidire tanto facilmente. Neanche con cinque dita che minacciavano le sue corde vocali.
    Il tizio continuò a sorridere, gentilmente: “Forse da quando quella cagna di tua madre ti ha mollato al tuo destino hai cominciato a vedere le donne in modo diverso; o forse, chissà, dev’essere stato il trauma di quella scopata gay a sedici anni; o magari, ancora, forse hai solo seguito gli insegnamenti del tuo degno precettore” cominciò, interrompendosi solo per accennare vagamente a Finnigan con il capo.
    “Fatto sta che niente, nemmeno il peggior trauma della tua fottuta, patetica, squallida, insignificante esistenza, può giustificare quello che hai fatto, né tanto meno servirà a salvare il tuo povero culo malato dalle mie grinfie, in questo preciso momento”.
    A quelle parole, tenendolo saldamente fermo per il collo, lo allontanò dal muro contro cui l’aveva sbattuto per scagliarlo con forza inaudita sul pavimento. Derek emise un gemito soffocato e guardò l’estraneo con un’espressione che rasentava il disgusto: “Come osi, figlio di…”.
    Il biondo alzò una mano per dissuaderlo dall’andare avanti, sempre quell’espressione amichevole sul volto angelico, ma dai lineamenti affilati: “Perché vedi, povero, piccolo, rivoltante rifiuto umano, stavolta hai commesso un errore”. S’interruppe, e quando continuò, non c’era più traccia di benevolenza sul suo viso, ma solo un ghigno amaro che rendeva quelle fattezze diaboliche:
    “Stavolta hai toccato qualcosa di mio, amico. E chiedi in giro che fine fanno quelli che toccano qualcosa caro a William il Sanguinario”.
    Per un attimo, Derek si accigliò. Avrebbe dovuto conoscere quel nome? Ma non gli ricordava niente. Eppure, riflettè, non era un soprannome rassicurante.
    Tuttavia si alzò lentamente in piedi, il solito sorrisetto arrogante a fronteggiare quello del suo avversario: “Guarda, guarda chi abbiamo qui” quasi sputò le parole. “Fammi indovinare, ti prego… Oh, ecco, aspetta, ci sono: devi essere la guardia del corpo di quella specie di sgualdrinella in calore. Miss Buffy-Scopami-Summers” commentò, compiaciuto dal suo sangue freddo nonostante il dannato dolore al sedere.
    L’ossigenato scrollò appena il capo: “Non ha importanza chi sono io, adesso. Quello che conta è chi sei tu”. Gli sorrise di nuovo con quell’aria innocente, quasi cordiale: “E vuoi sapere chi sei tu, miserabile pervertito?”.
    Si avvicinò lentamente, a passo cadenzato, scandendo trionfalmente le sue ultime parole:
    “Sei un miserabile pervertito morto”.
    Non gli lasciò il tempo di ragionare. In un attimo fu su di lui, e l’ultimo pensiero coerente di Derek fu che una simile furia non poteva venire da un essere umano.
    Non riusciva neppure a difendersi. Il biondo lo colpiva con la forza della follia, con una frenesia ebbra di rabbia, eppure, assurdamente, ancora ben lucida da sapere esattamente come e dove toccarlo per fargli più male.
    Stava cominciando a credere davvero che sarebbe morto. Ogni contatto era una lama acuta che lo trapassava da parte a parte, ogni pugno una scarica di fuoco che gli arrivava direttamente al cervello, ogni calcio una sferzata d’acciaio che lasciava marchi indelebili sulla pelle.
    Era, semplicemente, dolore.
    E poi, tutto a un tratto, l’inferno cessò di bruciare, e il suo aguzzino venne spinto via a forza, cedendo al corpo martoriato una necessaria tregua.
    Lentamente, lottando con la gravità per sollevare le palpebre pesanti, Derek aprì gli occhi.
    E quello che vide lo lasciò senza fiato.

    Spike si sentiva così bene. Erano anni, secoli, che non avvertiva l’adrenalina pompargli le vene in quel modo. La lotta lo aveva sempre eccitato, ma predare per fame era diverso dal massacrare qualcuno che ti ha fatto un torto.
    E quell’essere, oh, altro che torto.
    Meritava di marcire all’inferno anche solo per aver detto quelle cose sulla sua Buffy. Su quella creatura magnifica che, mentre lo stronzo spacconeggiava, se ne stava chiusa in camera senza vedere nessuno, il cuscino stretto al viso coperto di lacrime.
    Stà tranquilla, amore. Ci penserò io. Presto tutto andrà bene. Lascia solo che lo faccia a pezzi, ti prego.
    Ma poi, tutto a un tratto, mentre godeva ancora dell’inebriante sensazione della pelle lacera sotto le dita, del sangue caldo sotto le unghie, qualcosa lo aveva fermato e spinto via a forza.
    Si era voltato, già pronto a far fronte al suo assalitore.
    Ma, una volta faccia a faccia, lo stupore l’aveva attanagliato, e, semplicemente, non aveva potuto.
    Davanti a lui, ansimante e paonazza per lo sforzo di bloccare la furia di un ex vampiro ben allenato, c’era una giovane donna.
    Doveva avere all’incirca l’età di Buffy. Grandi boccoli rossi che le ricadevano sulle spalle contornavano un viso largo e un’espressione decisa, addolcendola, per quanto possibile. Il corpo era esile e magro, e Spike non potè a meno di chiedersi come avesse potuto fermarlo con una presenza del genere.
    Ma poi, guardandola in faccia, capì ogni cosa.

    Piangeva, Molly.
    I pugni serrati e le labbra tremanti, mentre, con lo sguardo, accarezzava la figura del giovane bruno accasciato al suolo, coperto di sangue ed escoriazioni.
    Come ti sei ridotto, stupido folle?
    Piangeva perché, mai come allora, alla vista di quel tornado biondo che travolgeva il suo uomo, si era resa conto di quanto potentemente e ingiustamente lo amasse, quel criminale, quel mostro, quel depravato.
    Derek cercò di alzarsi, ma potè a malapena mettersi seduto: “Molly…” fiatò a stento.
    Il suo cuore perse un battito: “Sono qui…” sussurrò vergognosa, mentre ancora una volta si sottometteva a lui, al suo fascino, ai suoi ricatti.
    Ma no.
    Non più.
    Strinse i denti, mentre una lacrima dispettosa le rotolava lungo la guancia. L’aveva giurato a se stessa. Per se stessa, oltre che per tutte loro. Tutte le ragazze che, negli ultimi due anni, si erano susseguite in quella spirale di orrore e silenzi; le ragazze che guardava ogni giorno negli occhi, fingendo di non sentire l’eco delle loro urla impressa a fuoco nei timpani.
    Deglutì e distolse lo sguardo da lui, da Derek, per puntarlo sulla furia bionda.
    Ora pareva essersi calmata, però. La fissava con un misto di sorpresa e diffidenza, e si stupì di quanto palesi passassero le emozioni in quegli occhi color oceano.
    Gli concesse un sorriso, un piccolo, caldo sorriso, sebbene il suo inferno personale la stesse consumando:
    “Ti spiegherò tutto io. Ora vieni con me”.

    Capitolo 11 - Veil of Time

    Dawn scrutò attentamente il volto di sua sorella.
    Era rimasta davvero sorpresa quando, pochi minuti prima, l’aveva vista apparire in cima alle scale, innaturalmente pallida, ma con un’espressione decisa in volto. Sapeva che uscire dalla sua stanza era un modo per riprendere i contatti col resto del mondo, per aprirsi al resto del mondo, ed era assurdamente fiera di essere stata scelta per quel primo contatto umano.
    L’aveva abbracciata. Buffy aveva sceso con gambe malferme gli ultimi gradini, ed era volata tra le sue braccia, chiedendo quel muto conforto di cui aveva tanto bisogno.
    E così, ora, eccole lì, le sorelle Summers, sedute al tavolo testimone di tante emozioni. Dawn aveva rinunciato all’idea del caffè, ben sapendo cosa pensasse la sorella delle sue arti culinarie, e si era limitata a prendere un pacchetto di biscotti dalla credenza. Al cioccolato, ovviamente. I biscotti dei momenti di crisi.
    Buffy non ne aveva parlato, ma le aveva letto negli occhi verdi lo stupore di non vedere in giro una certa testa ossigenata. Così, senza farsi incalzare, Dawn aveva mormorato:
    “Spike è uscito un attimo. Aveva... delle cose da sbrigare. Ma sarà qui a momenti, vedrai”.
    Sua sorella aveva sgranato lievemente gli occhi, ma era rimasta in silenzio, troppo presa a chiedersi in cosa potessero consistere le ‘cose da sbrigare’ di un ex vampiro disoccupato.
    Un attimo dopo, aveva capito.
    Impallidì. Puntò gli occhi brillanti come fanali sulla giovane Summers:
    “Non… non sarà…” non riuscì a completare la frase.
    Dawn scrollò appena il capo. Era una ragazza sveglia. Solo che non poteva rispondere a quella domanda.
    “Se è stato quel Finnigan… se ha anche solo osato metterle le mani addosso.. io dovrò farlo a pezzi”
    Proprio in quel momento, salvando la bruna dall’imbarazzo di una risposta, il suono della chiave che girava nella toppa venne a riscuoterle.
    Istintivamente, Buffy si alzò, mettendosi sulla difensiva. Dawn lesse il panico su quel viso provato dal tempo, e le accarezzò lievemente il braccio per rassicurarla.
    La porta si aprì.
    Spike entrò con la furia di un tornando, evidentemente turbato da qualcosa; ma alla vista delle due sorelle sedute insieme in cucina si bloccò, paralizzato.
    Deglutì piano, sentendo tutta la rabbia scivolargli di dosso com’era arrivata:
    “Buffy…”.
    Lei sostenne il suo sguardo. Intimorita, angosciata, ma sostenne il suo sguardo.
    Era già un passo avanti.
    Lentamente, intimando a se stesso di non precipitare le cose, mosse nella sua direzione, senza mai rompere il contatto visivo.
    Buffy tremò, ma rimase immobile. Temeva la vicinanza, ma in qualche modo non riusciva a schivare quello sguardo azzurro.
    Dawn la vide stringere i pugni, e capì. Doveva fare qualcosa.
    “Spike, sei tornato!” esordì in tono brioso, alzandosi in piedi a sua volta. “Allora, come…com’è andata quella… uhm… commissione che dovevi sbrigare?” aggiunse, chiedendosi per un attimo se fosse davvero il caso di parlarne davanti a sua sorella.
    Spike la guardò appena, per poi puntare ancora lo sguardo in quello di Buffy.
    “Io credo in te, Spike”
    Oh, amore, amore mio… parleresti ancora così, dopo quello che ti hanno fatto?
    La rabbia e il dolore superarono la razionalità. Cominciò a parlare senza quasi rendersi conto di quel che diceva:
    “Sono andato al negozio. Da Finnigan, e da quel bastardo con le mani lunghe”.
    Buffy capì e, mentre l’immagine del sorriso lascivo di Derek le si insinuava in mente, provò un conato di vomito e si accasciò pesantemente sulla sedia.
    Spike non le toglieva gli occhi di dosso: “Li ho sentiti confabulare. Erano d’accordo, quei due pezzi di merda” ringhiò, stringendo i pugni.
    Dawn studiò preoccupata le reazioni della sorella. Aveva uno sguardo smarrito ma, quando parlò, la sua voce tremante s’impose nel silenzio:
    “Non… non gli avrai…?”. Inghiottì piano, sforzandosi di nascondere l’angoscia. “Non gli hai fatto del male, vero?” sussurrò flebilmente.
    Spike la guardò a lungo. Pensò al viso contuso di Derek, e agli occhi sbarrati del vecchio codardo, che non aveva neppure trovato il coraggio di intervenire in difesa del suo discente.
    Scosse appena la testa: “No, io…”. I suoi occhi si fissarono intensamente in quelli di Buffy, provocandole un brivido a metà tra la paura e… quella solita sensazione di desiderio che solo Spike sapeva accendere in lei.
    “Non li ho uccisi, se è questo che vuoi sapere” mormorò stancamente, mentre Dawn traeva un intimo sospiro di sollievo. Per un attimo aveva davvero temuto il peggio. Sperava solo che Buffy non avesse notato le nocche spaccate sui pugni del biondo.
    Buffy deglutì lentamente e annuì appena, incitandolo a continuare.
    Spike strinse i denti e si preparò alla parte più difficile del discorso:
    “Era tutto un accordo. Una tresca. Finnigan e il figlio di puttana, Hayes, collaborano per adescare giovani ragazze extracomunitarie e farne quello che vogliono”.
    Respirò a fondo per calmarsi e continuò.
    “A quanto pare sono due anni che questo schifo va avanti. La formula è sempre la stessa: Finnigan assume una giovane e bella straniera, possibilmente senza permesso di soggiorno, o magari in guai con la legge, come commessa nel suo negozio. Hayes comincia a sedurla, tanto per tastare il terreno, e a quel punto scatta l’appuntamento col capo. Finnigan fa quello che vuole con la ragazza, e poi la cede ad Hayes che, dopo essersi divertito un po’, passa alla fase due. Quella del ricatto”.
    Buffy e Dawn seguivano il racconto in silenzio, ciascuna in balia di sentimenti diversi e contrastanti.
    Pur sentendosi ignobile ad affrontare in quel modo un argomento del genere, Spike si fece coraggio e andò avanti:
    “Le minacce sono molto semplici: niente permesso di soggiorno, denunce, mandati d’estradizione, tutta burocrazia, insomma. E’fin troppo facile fregare chi è senza cittadinanza. Hayes terrorizza la malcapitata di turno per tenerla legata a sé; poi, quando, puntualmente, si stufa del suo giocattolo, torna da Finnigan, che si sbarazza della ragazza dopo averla costretta al silenzio, e cerca un’altra vittima. E la storia ricomincia”.
    Buffy sentì le lacrime pungerle negli occhi. No, non poteva essere. Si sentiva in colpa per essersi fatta lusingare dalle attenzioni di Derek, quell’essere mostruoso, e ancora in più per aver paragonato quel verme del sig. Finnigan a Giles, l’uomo che l’aveva amata e cresciuta più d’un padre.
    Chinò il capo sulle ginocchia, lottando invano per trattenere i singhiozzi, e sentì una pressione gentile sulla schiena. Voltandosi, vide il sorriso caldo di lacrime della sorella, e la sua forza le diede la spinta per ascoltare ancora quella fiaba piena d’orrore.
    “Volevano fare lo stesso con Buffy. All’inizio devono aver pensato che fosse straniera, ma quando hanno visto i documenti hanno capito l’errore”.
    Spike tacque per un istante, reprimendo l’istinto di volare tra le braccia del suo passerotto impaurito, per riaffermare ancora una volta il suo amore e il suo possesso su di lei. Ma si costrinse a resistere, e terminò il racconto a voce più bassa, arrochita:
    “Solo che, a quanto pare, Hayes ama le sfide. Ha persuaso Finnigan a tentare ugualmente il loro giochetto, contando di ricattarla in qualche modo, ma con Buffy gli è andata male”.
    Non potè nascondere la nota d’orgoglio nel sottolineare la superiorità della sua Cacciatrice.
    Buffy era immersa in un lugubre mare di rabbia e frustrazione. Avrei potuto aiutare quelle ragazze. Avrei potuto salvarle.
    Avvolta com’era nel suo bozzolo di dolore, percepì a stento la voce di Dawn attraverso la coltre dei suoi pensieri:
    “Ma… come hai fatto a sapere tutto questo?”.
    Oh, giusto. Quella sì che era una bella domanda.
    Alzò la testa, incuriosita, e vide Spike sospirare: “Avevano una complice. Bè, non proprio una complice, a dir il vero… più che altro era una vittima come le altre. Era innamorata di Hayes, per questo non li ha mai denunciati. Fino ad ora”.
    Improvvisamente, tutte le tessere del puzzle andarono al loro posto.
    Buffy sussultò, mentre l’orrore di quell’ultima scoperta la divorava: “Molly…”.
    Spike la fissò, sorpreso: “Già, Molly. La conosci?”.
    Dawn vide sua sorella rabbrividire e capì:
    “E’ la ragazza di cui mi hai parlato… la commessa scontrosa. La tua collega. Non è così?”.
    Buffy tirò su con il naso: “Si. E’ lei” sussurrò flebilmente, le spalle che ancora tremavano.
    Spike avvampò mentre, improvvisamente, tutto tornava: “Ma certo… era sempre a stretto contatto con loro… ha visto susseguirsi tutte quelle ragazze.. e non ha mai detto niente” concluse tra i denti. Non poteva fare a meno di pensare che, se quell’ochetta avesse trovato prima il coraggio di parlare, non sarebbe accaduto nulla alla sua Raggio di Sole.
    Ma, proprio ad intercettare i suoi pensieri, Buffy strinse i pugni e raccolse l’energie necessarie a pronunciare una sola, piccola frase:
    “Era innamorata, Spike”.
    Quando sentì due paia d’occhi fissarla con sorpresa, alzò timidamente il capo e incontrò i due oceani in cui era solita perdersi:
    “Molly era innamorata di Derek. Sapeva chi e cosa fosse in realtà…”
    “Tu sai che cosa sono! L’hai sempre saputo”
    “… ma questo non le ha impedito di provare qualcosa per lui.”
    “Io… provo qualcosa per te…”
    “Avrebbe dovuto denunciarlo, è vero…”
    “Devo raccontare cosa è successo”
    “… lo sapeva anche lei, ma semplicemente non ha potuto.”
    “Non sono pronta a non averti più nella mia vita”
    Buffy deglutì a fondo, gli occhi ormai colmi di lacrime mentre il presente e il passato si confondevano:
    “L’amore è folle. E’ cieco, ed irrazionale…”
    “L’amore vero… è selvaggio… è appassionato… è pericoloso”
    “… e spesso porta a commettere degli errori.”
    “Te lo farò sentire…”
    Strinse i pugni mentre quei frammenti di terrore, mai così vivi come in quel giorno, tornavano a popolarle la mente.
    Ma, adesso, riusciva a vederli in modo diverso.
    Guardò Spike dritto negli occhi, come aveva bramato e temuto di fare in quelle ore d’angoscia, e no, non vide il suo stupratore.
    Quell’uomo, quella… creatura non c’era più.
    Ora c’era solo Spike.
    L’uomo della sua vita.
    L’uomo della sua anima.
    L’uomo del suo cuore.
    “Ma l’amore… è l’unica cosa che ci tiene in piedi. E’ l’unica cosa che ci fa alzare al mattino, e dormire la sera; è l’unica cosa che dà e toglie il respiro; è l’unica cosa per cui valga la pena vivere, e l’unica per cui valga la pena morire”.
    “Brucia… consuma…”
    Buffy sorrise, tra le piccole lacrime argentee – le ultime, per quel giorno e per molti altri a venire – che le illuminavano il viso in un alone impalpabile.
    “Per amore si soffre… si mente… si uccide. Ma ci fa sentire vivi. E l’uomo ha bisogno di sentirsi vivo. Per non crollare”.
    Spostò lo sguardo da Spike, a Dawn, e poi di nuovo a Spike, fissandolo più intensamente di quanto non avesse mai fatto prima.
    E, improvvisamente, tutti i dubbi furono dissipati, i timori sopiti, i muri abbattuti.
    “Ti fidi di me?”
    Si alzò lentamente in piedi, senza distogliere lo sguardo da uno Spike completamente rapito.
    Poi si voltò verso Dawn, la sua piccola, grande sorellina, e le sorrise, sperando di riuscire a comunicarle così tutta la sua gratitudine.
    “E’ il sangue delle Summers. E’ proprio come il mio”
    Un’ultima occhiata, solo un’ultima occhiata, tra loro.
    E poi, silenziosa com’era arrivata, Buffy uscì dalla cucina e scomparve su per le scale.

    Spike tacque, incantato dalle parole della sua Raggio di Sole, e stordito dalla luce che era tornata a brillarle dentro.
    Buffy, amore… ti prego, ti supplico… lasciami solo…
    “Bè? Cosa diavolo stai aspettando?”.
    Tornò bruscamente alla realtà, solo per incontrare il lampo di severa esortazione sul viso di Dawn.
    Esasperata, la ragazza roteò gli occhi: “Ma perché bisogna sempre spiegarti tutto? Và da lei, no?”.
    Spike la scrutò ansiosamente: “Credi forse che non vorrei? Ma non…”.
    “Posso, vuoi dire? Oh, insomma, andiamo!”.
    Dawn sbuffò e sorrise, mentre il suo piano di fare la dura falliva ancora una volta miseramente: “Ma hai sentito anche solo una parola di quello che ha detto? Quanto credi le importasse di Derek e Molly? Lei stava parlando di voi, Spike, per voi”.
    Sospirando, si alzò in piedi e lo raggiunse, sospingendolo con foga verso la porta: “Ora tu esci da questa stanza, anche perché io devo fare una telefonata, e fili subito da Buffy, è chiaro? E ricorda che, se la farai soffrire…”.
    Spike completò con un sorriso quello che era ormai diventato il loro mantra: “… ti sveglierai tra le fiamme! Stai diventando monotona, Briciola, te l’hanno mai detto?”.
    Con un’ultima, poderosa spinta, Dawn gli sbattè in faccia la porta della cucina e, attraverso il vetro, potè sentirla sbottare: “Meglio monotona che completamente ottusa! E adesso sparisci! Via! Sciò!”.
    Spike scrollò appena il capo, sorridendo, e guardò verso le scale.
    “Fino alla fine del mondo... anche se dovesse essere stanotte”
    Lentamente raggiunse i gradini e andò incontro al suo destino.
    Capitolo 12 - Heaven out of Hell

    Era lì, Buffy.
    Seduta sul letto, tra i guanciali, avvolta in un’aura d’inimmaginabile candore.
    Sorrise tra sé a quel pensiero. Eccolo William, il suo poeta che riemergeva.
    Senza mai smettere di guardarla, si chiuse la porta alle spalle e prese ad avvicinarsi, constatando con sollievo che lei non sembrava spaventata. Raggiunse la spalliera, ma poi si fermò.
    Non voleva darle l’impressione di…
    “Vieni qui”.

    “Vieni qui”.
    Buffy sorrise internamente.
    Eccolo il suo William, timoroso anche solo d’avvicinarla.
    Ma non c’era più niente da temere. Mai più.
    Scivolò verso il suo lato del letto, facendogli posto, e battè leggermente sul cuscino per invitarlo a sedersi.
    Lo vide deglutire e prendere un profondo respiro, prima di aggirare la spalliera e lasciarsi cadere al suo fianco.
    Sorridendo, aspettò che si fosse sistemato, e poi lo fece.
    Si accoccolò tra le sue braccia.

    Si accoccolò tra le sue braccia.
    Spike la fissò ad occhi sgranati, e fremette nel vederla sorridere.
    Cercò senza successo di ricordare l’ultima volta che l’aveva avuta così vicina, senza malizia né desiderio, solo teneramente avvolta dalle sue braccia.
    Non riusciva a credere che glielo stesse permettendo.
    La sua voce gli arrivò vagamente attutita dalla stoffa che li separava: “Cosa succederà adesso?”.

    “Cosa succederà adesso?”.
    Buffy alzò appena il capo per guardarlo negli occhi, sperando in una risposta dall’uomo che era caduto nella sua vita come un angelo.
    Ma quell’angelo la fissava con ineluttabile tristezza; la tristezza che non dovrebbe mai illuminare gli occhi di un angelo.
    “Bè, io…” Spike respirò a fondo. “Ho trovato un lavoro. Insomma, più o meno. Domani ho un colloquio, ecco. Il punto è che, con un po’ di fortuna, non…”.
    “Hai un colloquio??”.
    Buffy lo interruppe, fissandolo ad occhi sgranati: “Spike, ma… è fantastico!”.
    Lui sorrise mestamente: “Già, bè. Così almeno, se tutto va bene, riuscirò a fare un po’ di soldi e a pagarmi il volo per…”.
    Ancora una volta, lei gl’impedì di finire: “Volo? Quale volo?”.
    Lo guardò negli occhi. E si sentì morire.
    “Spike… cosa significa questo?”.

    “Spike… cosa significa questo?”.
    Lui strinse le labbra, sforzandosi di non imprimere nella voce la reale angoscia per quanto stava per dirle: “Torno a Los Angeles, Buffy. Se non posso restare qui, allora è lì che voglio andare. Mi cercherò un appartamento come base qui a Cleveland, per il lavoro, e appena avrò il denaro sufficiente partirò.” Prese un profondo, necessario respiro, prima di quelle parole che sapeva avrebbero distrutto la sua vita per sempre.
    “Non mi rivedrai più. Te lo prometto”.

    “Non mi rivedrai più Te lo prometto”.
    Per un attimo sentì davvero il suo mondo sgretolarsi e crollarle intorno. Ma fu solo un attimo.
    Sorrise. Il sorriso di una donna che sa.
    Non era più una ragazzina, Buffy.
    “Tu non andrai proprio da nessuna parte, William. Non finchè ci sarò io ad impedirtelo!”.
    Senza dargli il tempo di pensare a nulla, si protese verso di lui.
    E lo baciò.
    Un gesto istintivo, non ponderato, dettato dal bisogno di legare a sé per sempre l’uomo che sentiva, sapeva di amare. Posò teneramente le labbra calde su quelle fresche di lui, schiudendole appena per assaporare l’umidità che celavano. Ma, quando con la lingua saettò ad accarezzarlo brevemente, Spike si ritrasse.

    La fissò con l’aria di un cucciolo impaurito: “B-Buffy…”.
    Lei gli sorrise con tutta la tenerezza di cui era capace: “Va tutto bene, Spike. Andrà tutto bene… se resterai”.
    Prima che lui potesse replicare, scivolò di nuovo tra le coltri e tornò tra le sue braccia, respirando con un mugolio di soddisfazione il ben noto profumo virile.
    Spike era inebetito. Inebriato da lei, ancora una volta, per sempre. Quella donna non aveva mai perso la capacità di sorprenderlo. Era forte come una roccia, eppure così tenera, fragile a volte. Tutti quegli anni passati a prendersi cura degli altri le avevano fatto dimenticare cosa significasse sentirsi protetta; ma ora avrebbe fatto qualsiasi cosa per tenerla al sicuro. Aveva già fallito una volta, e non sarebbe più successo.
    La strinse leggermente a sé, cullandole dolcemente la testa, mentre annegava nella propria fortuna. Lei lo voleva ancora nella sua vita. Lei l’aveva perdonato.
    Non c’era più nulla al mondo che potesse ferirlo.

    Buffy strusciò appena la guancia contro il cotone della t-shirt di lui, sospirando di soddisfazione.
    Ad un tratto, però, un pensiero le si riaffacciò alla mente.
    Si sciolse appena dalla presa e alzò gli occhi: “Cosa succederà adesso a… a Finnigan, e agli altri?”.
    Spike strinse le labbra e fece spallucce: “Molly ha sporto denuncia. Ci vorrà un po’ prima del processo, ma, date le testimonianze, non c’è da dubitare che verranno condannati. Violenza carnale, minacce e percosse. Non credo che abbiano molto di che rallegrarsi, specie se Molly riesce a convincere qualcuna delle vittime a presentarsi in aula”.
    Buffy tacque per un momento. Molly era stata forte, molto forte. Aveva fatto qualcosa che non era da tutti: mettersi contro il proprio cuore per perseguire la cosa giusta. Era stato un atto coraggioso, e meritava una ricompensa.
    “Lo farò io”.
    Spike non comprese subito il senso di quelle parole, perso com’era nelle deliziose immagini di quei bastardi dietro le sbarre: “Cosa?”.
    Buffy prese un respiro profondo: “Testimoniare. Lo farò io. Voglio partecipare al processo”.
    Il biondo spalancò gli occhi e la scostò per guardarla meglio: “Buffy, amore… non devi. Non devi sentirti obbligata. Hai idea di cosa sarà, per te, rivedere quegli animali?” chiese tra i denti, la rabbia che gli rimontava violentemente in gola.
    Lei sostenne il suo sguardo, fiera e decisa com’era sempre stata: “Non sarà facile, è vero. Ma non ha importanza. E’ qualcosa che devo fare. Lo devo a Molly, e a tutte le vittime di quei mostri. Spike…”. Deglutì leggermente. “Io sono una Cacciatrice. Me la sono cavata. Ma molte altre donne non hanno avuto la mia stessa fortuna”.
    Quelle parole, insieme ai due smeraldi colmi di lacrime che lo fissavano, punsero il cuore di Spike in un modo che non credeva possibile. Eccola di ritorno. La Cacciatrice. Riemerge dal Paradiso o dall’Inferno e si rimette in pista. Perché lei è ancora l’unica, nonostante tutto.
    Annuì appena nella sua direzione, non fidandosi della propria voce. Buffy tirò su con il naso e gli regalò un sorrisino timido.
    E poi, di nuovo, gli accarezzò gli zigomi spigolosi e lo baciò.
    Stavolta non gli permise di tirarsi indietro. Marchiò con la lingua ogni millimetro della sua bocca, fino a costringerlo a schiuderla per lei. Le loro lingue s’incontrarono, dapprima tenere e delicate, poi sempre più avide e prepotenti.
    Febbrilmente, Buffy infilò le mani sotto la maglietta di lui, spingendola su per le braccia fino a sfilarla. Al contatto con la sua pelle gemette piano e si sdraiò su di lui, i suoi seni premuti contro il torace marmoreo.
    Spike le scostò i capelli per raggiungere il collo, perdendosi a sua volta nell’intimità di quel contatto. Il suo corpo iniziò a rispondere vistosamente mentre Buffy si muoveva sinuosa sui suoi jeans, i gesti resi incisivi dall’urgenza.
    Sfuggì gentilmente alla presa di lui e si sollevò a cavalcioni, sfilandosi in un unico movimento la camicetta. Alla vista del suo petto avvolto nel reggiseno di pizzo, Spike si morse il labbro e le spinse lievemente l’erezione tra le cosce.
    Buffy avvampò e si chinò di nuovo su di lui, percorrendo il tragitto dalle spalle al collo con la lingua. Spike lasciò correre le mani lungo la schiena, fino alla chiusura del reggiseno, e rimosse l’indumento con un atto fluido.
    Buffy s’inarcò su di lui quel tanto che bastava per permettergli di trovare con la bocca i suoi capezzoli, lappandoli con la lingua e forgiandone a coppa la forma. Chiuse gli occhi per il piacere mentre, con la mano destra, raggiunse in fretta la cintura di lui, sfibbiandola per aprirsi la strada verso il bottone.
    Ma una mano fredda scattò ad impedirglielo.
    Buffy si riscosse, lasciandosi cadere verso il basso per affrontare gli occhi tempestosi che la fissavano.
    La voce di Spike era un sussurro tremante: “Buffy… sei sicura? Sei sicura di volere che… che noi…?”.
    Lei gli sorrise. Non un’esitazione prima di quelle parole che, ne era certa, avrebbero segnato un nuovo inizio per loro.
    “Sopra ogni cosa. Io ho fiducia in te, Spike”.
    Mai aveva desiderato quell’ammissione come in quel momento.
    Spike la fissò ad occhi sgranati, prima che un velo di lacrime calasse rendendoli lucidi.
    Quello era il suo dono. Il suo dono per lui.
    Non l’avrebbe sprecato. Mai più.
    Senza aggiungere altro, l’attirò a sé baciandola febbrilmente, mentre la piccola mano s’intrufolava impaziente nei jeans. La sua erezione sgusciò fuori con prepotenza, e gemette nel bacio, mentre Buffy si lasciò scivolare giù dai fianchi i jeans e gli slip bagnati, posizionandosi su di lui.
    Spike ruppe il bacio. La vide liberarlo dei pantaloni e sedersi sul suo membro duro, fissandolo con palese lussuria.
    Senza indugi, Buffy lo afferrò per le spalle e calò su di lui, avvampando nell’accogliere il suo sesso nelle proprie profondità. Spike strinse i denti e l’afferrò per la vita, guidandola lentamente sulla sua virilità, finchè fu completamente sepolto in lei. Buffy gli sorrise, a metà tra malizia e dolcezza, e prese a dondolarsi lievemente su di lui, lasciandosi cadere per baciarlo. Spike le succhiò con veemenza le labbra, mentre con le mani le afferrò le natiche per spingersi più in profondità dentro di lei. Buffy gemette e spinse con decisione, l’osso pelvico che urtava sul suo clitoride. Spike si scostò da lei e capovolse le posizioni, inchiodandola al materasso con una poderosa spinta.
    Buffy latrò il suo nome e lui si chinò sul suo orecchio:
    “Sei mia, Buffy”.
    Affondò nel suo collo, sorridendo per non doversi curare di trattenere il demone, e la morse leggermente, senza farle male, mentre la sentiva inarcarsi contro di lui ad ogni colpo.
    I suoi muscoli da Cacciatrice iniziarono a stringerlo convulsamente, e seppe che non avrebbe resistito ancora a lungo. Uscì da lei per ritardare il più possibile il rilascio, ma Buffy, che era ormai al limite, ribaltò nuovamente le posizioni e sbattè con forza in lui, costringendolo ad una penetrazione violenta che fece gemere entrambi.
    Reggendosi alla spalliera del letto, sforzandosi di non perdere l’equilibrio, Buffy rimbalzò freneticamente sulla sua erezione, mordendosi con forza la lingua mentre le mani di lui andavano al suo clitoride torcendolo energicamente.
    Lottò contro l’estasi per aprire gli occhi e guardarlo: “Spike... sto… Ahnn!”.
    Non ebbe il tempo di finire la frase. L’orgasmo la colse impetuosamente, inondando le mani di lui che si sentì finalmente libero di lasciarsi andare. Tenendola con forza per i fianchi, la guidò nelle ultime spinte fino ad esplodere in lei, trattenendo a stento un grido quando sentì la sua piccola mano circondargli il membro alla base e stringerlo forte. Venne abbondantemente, prolungando il suo orgasmo ed il proprio con una serie di ultime, piccole spinte convulse, che lasciarono entrambi tremuli ed appagati.
    Buffy collassò sul suo petto, ansimando pesantemente, mentre Spike le accarezzò leggermente la schiena, sospirando appena il suo nome. Quando i loro occhi s’incontrarono, entrambi avvertirono la solita scossa elettrica che aveva sempre caratterizzato quel loro folle rapporto.
    “Chiedimelo di nuovo”.
    Spike la guardò accigliato, segretamente impegnato a contemplare la sua bellezza, sempre crescente dopo l’orgasmo: “Cosa?”.
    Buffy si morse il labbro e si chinò su di lui, per sussurrargli all’orecchio:
    “Lo sai… quella cosa”.
    Spike si sentì il suo sesso risvegliarsi al calore del suo fiato sul collo, e si mosse leggermente per rammentarle che era ancora dentro di lei. Buffy ansimò e, gli occhi accecati dalla lussuria, rubò alle sue labbra un ennesimo bacio, prima di ergersi nuovamente a cavalcioni su di lui.
    Le sue mani si chiusero alla base della sua virilità, lì dove i loro corpi si congiungevano.
    “Ti fidi di me?”.
    Spike sorrise.
    Più tardi, ancora avvolti l’uno nell’abbraccio dell’altro, tra le lenzuola cariche di passione, Buffy e Spike stavano crogiolandosi nella sensazione del reciproco calore.
    “Sai, in fondo sono contenta di non dover più lavorare al negozio”.
    Spike chinò il capo, incuriosito, e vide Buffy sorridere con ilarità: “Si, insomma… dopotutto adesso ci sei tu che porti i soldi in casa, giusto? Quindi io posso anche rilassarmi” commentò briosa.
    Spike inarcò un sopracciglio, fingendosi incredulo: “Cosa sentono le mie orecchie?? Rilassarti? Tu? La grande, inarrestabile Cacciatrice… aspetta com’era?”. Corrugò la fronte nel ricordare “E’ una faccenda personale, una sfida, devo farcela da sola … bla, bla, bla” la scimmiottò, guadagnandosi una bella cucinata sul naso.
    “Chiudi il becco” protestò lei, sporgendo il labbro inferiore in quel broncio che, lo sapeva bene, faceva impazzire il suo uomo. “Lo dicevo solo per non farti sentire a disagio. Non è mica colpa mia se hai dei complessi d’inferiorità nei miei confronti” lo stuzzicò, ben preparata alla reazione che avrebbe destato.
    Spike le restituì la cucinata: “Ma sentila! Per tua informazione, baby, io non sono inferiore a nessuno” replicò altezzosamente. “E mi pare di avertelo ampiamente dimostrato” soggiunse con un ghigno lascivo che le fece roteare gli occhi.
    “Il tuo ego è senza dubbio la cosa più grande che abbia mai visto, Spike”.
    Si accorse dell’errore un attimo troppo tardi. Spike sghignazzò sfacciatamente, facendola arrossire.
    “Ne sei proprio sicura, amore? La più grande?” la provocò, rubandole un piccolo bacio. Non riusciva a resisterle quando era imbarazzata.
    Ancora un po’ rossa, Buffy si sistemò in modo da dargli le spalle e continuò: “Ad ogni modo, mi hai detto per che cos’è il tuo colloquio?” chiese noncurante, cambiando brillantemente argomento.
    Spike non mancò di notare la digressione, ma si limitò a sorridere: “Secondo te, con il mio fantastico corpo, cos’avrei mai potuto trovare?” chiese in tono sensuale, lasciando una piccola scia di baci sulla sua spalla.
    Buffy s’irrigidì: “Non saprei, mio venerabile Dio del Sesso” lo canzonò, non riuscendo a trattenere un sorriso nel sentirlo ghignare.
    La bocca di Spike l’era ormai arrivata all’orecchio quando mormorò: “Spogliarellista in un locale notturno”.
    La reazione fu così rapida da non dargli il tempo di scansarsi. Buffy si voltò di scatto, mandandolo a finire sul fondo del letto, e saltò su di lui, immobilizzandolo con tutta la forza di cui era capace.
    “CHE COSA hai detto??”.
    Ripresosi dallo shock, Spike si passò la lingua sui denti, ma poi scoppiò a ridere: “Dio, Cacciatrice, dovresti vedere la tua faccia!”.
    Sentendo la pressione sul suo collo aumentare, si affrettò ad aggiungere: “Datti una calmata, stavo solo scherzando!” piagnucolò, ignorando il fatto che, se l’avesse voluto, si sarebbe facilmente liberato da quella stretta.
    Ma Buffy non aveva intenzione di cedere tanto facilmente: “Molto divertente Big Bad. Ora sputa il rospo”.
    Spike sollevò di scatto le anche, facendole perdere l’equilibrio, e la prese fra le braccia quando cadde su di lui.
    “Indovina un po’? Sarò il tuo capo, bellezza!”.
    Buffy sgranò gli occhi e lo fissò, non potendo fare a meno di notare l’evidente compiacimento sul suo viso: “Il mio capo? Che vuoi dire?”.
    Lui le sorrise più teneramente e l’adagiò al suo fianco, abbracciandola da dietro: “Proprio così. Pare che serva un nuovo istruttore al centro benessere. Cercano qualcuno *aitante e in ottima forma fisica*, quindi, coraggio piccola, chi è più adatto di me per un posto del genere?” la incalzò, sorridendo contro la sua pelle di pesca.
    Buffy sorrise tra sé all’ironia del destino, ma poi emise un basso mugolio di frustrazione: “Oh mio dio, no! Per favore! Già è un’impresa sopportarti qui a casa, figurati se dovessi vederti ogni giorno al lavoro!” frignò con finta esasperazione.
    “Ehi!” brontolò Spike indignato. “Attenta a te, Summers. Potrei licenziarti da un giorno all’altro” la minacciò, ma senza smettere di ricoprirle le spalle di baci.
    Buffy ridacchiò appena e sporse il collo per facilitarvi l’accesso, accarezzando la mano che le cingeva i fianchi.
    Non riusciva a credere di essere stata ancora sul punto di perderlo. Aveva già sbagliato troppo, con lui, per permettere che gli errori di qualcun altro minassero la loro felicità.
    Quella storia, però, le aveva aperto gli occhi. Fino a quel momento si erano limitati ad andare avanti come se nulla fosse successo, cercando di ignorare il passato. Ma la girandola degli orrori di Finnigan e soci aveva loro ricordato che il passato è sempre alle spalle: lontano dagli occhi, ma mai lontano dal cuore.
    Forse, ora che i vecchi fantasmi erano stati affrontati, il futuro avrebbe avuto un sapore più dolce.
    Le labbra di Spike al suo orecchio la strapparono a quei pensieri. Per un attimo, non potè fare a meno di chiedersi se le stesse riflessioni avessero raggiunto anche lui.
    Senza immaginare quanto avesse ragione.
    Le parole che seguirono furono come una promessa di pace dopo l’eterna lotta con l’incubo del dolore.
    “Credo che dovremmo sposarci”.
    Buffy sorrise e chiuse gli occhi.


    Fine
  14. .
    Finito di postare SOF

    Finito di postare Trust.
  15. .
    25 ottobre


    Angel ed io abbiamo litigato.
    Bè, non è stato un vero litigio, ad essere sinceri. Ma mi ha fatta davvero arrabbiare, ed io… bè, penso di aver fatto davvero arrabbiare lui.
    E tutto per colpa di Spike!
    Quando oggi, nel primo pomeriggio, sono rincasata dopo aver passato la notte fuori, ho trovato ad attendermi un biglietto dei miei, che suggerivano di “organizzarmi autonomamente” per la cena, in quanto loro “avrebbero probabilmente tirato tardi” (il che mi fa supporre avessi pienamente ragione riguardo i loro passatempi notturni!)
    … e un messaggio in segreteria.
    “Buffy, sono io, Angel. E’ già la quarta volta che provo a chiamarti, oggi. Volevo fare un salto da te, questa sera, ma… bè, a quanto pare non ti avrei trovata. Ti spiacerebbe richiamarmi appena ascolti questo messaggio? Grazie.”
    Sorrido istintivamente. Caro, forbito, educatissimo Angel. Il terrore che fosse qualcun altro a sentire il messaggio prima di me deve averlo indotto a pesare le parole… se lo conosco come lo conosco, deve aver impiegato almeno dieci minuti per decidere che registro adottare!
    Un po’ esitante, afferro la cornetta e compongo il suo numero di casa. So per certo che il mercoledì il ristorante è chiuso, quindi mi preparo psicologicamente ad affrontare un eventuale Signor Papà contrariato.
    Ma è Angel a rispondere, e subito illanguidisco al suono della sua voce: “Ehi, amore!”.
    Il suo tono, però, è distaccato. Troppo distaccato: “Ciao. E’ tutto il giorno che provo a chiamarti”.
    Contrita, spiego: “Lo so, mi dispiace… è che sono stata fuori, e i miei sono così impegnati a sfornare nuovi bambini che dubito abbiano notato…”.
    Ma lui mi interrompe (non l’ha mai fatto prima): “Dove sei stata?”.
    Il suo tono è brusco. Un po’ perplessa, ma ancora ben lontana dall’immaginare ciò che sarebbe successo, rispondo: “Da Spike. Ieri ci siamo riconciliati, così sono rimasta a dormire da lui”.
    Non l’avessi mai detto.
    Uno sbuffo quasi isterico mi arriva alle orecchie: “Oh, certo. Spike. Il tuo caro amico Spike. Quello che prima ti tratta da reggimoccolo per convenienza, poi con due parole dolci riesce a riportarti nel suo letto!”.
    Non avevo mai sentito Angel parlare tanto aspramente, da quando lo conosco. Lui è sempre così paziente!
    Spiazzata, obietto: “Ma di che diavolo stai parlando??”.
    Ora la sua voce è intrisa di rabbia: “Sto parlando del fatto che la mia ragazza ha dormito nel letto di un altro uomo per tutta la notte!”.
    Ingenuamente, cerco invano di spiegarmi: “Andiamo, non è come credi! Sono rimasta a fargli compagnia, visto che suo padre partiva questa notte e lui non voleva restare da solo…”.
    Ma, senza rendermene conto, aggravo esponenzialmente la situazione. L’ironia nella voce di Angel è dura ed amara: “Oh, scusa, certo! Rettifico: la mia ragazza ha dormito nel letto di un altro uomo per tutta la notte, ed erano soli in casa!”.
    A questo punto comincio a scaldarmi sul serio: “Angel, piantala! Lo sai benissimo che tra me e Spike non c’è niente, né potrebbe mai esserci. Per favore! E’ il mio migliore amico!” protesto, indignata.
    Ma Angel sbuffa di nuovo al mio orecchio, e stavolta mi sembra di leggervi una certa rassegnazione: “Già, bè. Io all’amicizia tra uomo e donna non c’ho mai creduto, Buffy. Forse, quando crescerai, ti renderai conto che le illusioni sono splendide, ma solo se restano tali” commenta, e il suo tono di superiorità mi fa definitivamente perdere la testa.
    “Quando crescerò?? Non osare trattarmi come una poppante!!” esplodo, e ammetto che il mio tono deve essere risultato piuttosto isterico.
    La voce di Angel è fredda: “Se è così che ti comporti, è così che meriti di essere considerata”.
    Stringo la cornetta per impedire a me stessa di correre da lui e prenderlo a calci nel sedere: “Non è una questione d’età, mio caro Mr. Universitario, ma di fiducia. Evidentemente, quella che tu chiami maturità non è altro che stupido cinismo, e allora sai che ti dico? Se questo significa crescere, preferisco restare per sempre una bambina, ma ancora libera di credere nelle persone a cui tengo!”.
    Taccio per un istante, ma poi la rabbia mi monta di nuovo in gola: “E in ogni caso, tu non sai niente del mio rapporto con Spike, niente! Come puoi permetterti di giudicare?”. Esito, mentre sento qualcosa spezzarsi dentro di me. La triste consapevolezza di essermi ingannata ancora una volta.
    Lui non capisce.
    Allento finalmente la morsa sulla cornetta: “Credevo ti fidassi di me” mormoro flebilmente, e con orrore sento gli occhi riempirsi di lacrime.
    Angel sospira, e la sua voce si fa più dolce: “Certo che mi fido di te, tesoro. E’ quel biondino che non mi convince”.
    Tiro debolmente su con il naso: “Quel biondino, come lo chiami, è il mio migliore amico. E, se vuoi me, dovrai accettare anche lui”.
    Non riesco a credere di averlo detto sul serio. Angel soppesa le mie parole per un istante, poi prende la sua decisione: “E va bene. Continua a non piacermi l’idea di te e lui che insieme fate chissà cosa…” lascio correre su questa nota di sospetto “… ma capisco che la sua amicizia possa essere importante, per te, quindi lo accetto”.
    Sono già pronta a tirare un sospiro di sollievo, quando la sua voce torna a bloccarmi: “Però…”.
    Fremo: “Cosa?”.
    Il suo tono non ammette repliche: “Devi promettermi che non resterai più a dormire con lui, soprattutto se siete da soli. Non riesco a sopportarlo. Riesci a capire perché?” quasi mi supplica.
    Sospiro: “Vorrei solo che ti fidassi abbastanza per capire che non c’è alcun tipo di malizia in quello che facciamo, Angel”.
    Oh, al diavolo… Mi sento mossa a compassione, quindi ricapitolo: “D’accordo. Se ti da tanto fastidio, va bene. Non sarà un problema rinunciare ad un paio di notti” accondiscendo.
    Sento Angel sorridere: “Grazie, Buffy. Lo apprezzo davvero tanto”.
    Esita un attimo, poi: “E scusami per averti dato della bambina. Spero tu sappia che non l’ho mai pensato”.
    Sorrido a mia volta: “Tranquillo. La rabbia fa brutti scherzi”.
    A quel punto la conversazione è tornata su binari più tranquilli, fino a quando lui mi ha dato la buonanotte, dicendo che ci saremmo visti domani. Così, a conti fatti, ci siamo riappacificati; ma questa discussione mi ha lasciato l’amaro in bocca. Ho capito qualcosa, qualcosa che mi ha deluso: ancora una volta, le persone a cui tengo si fanno guerra tra loro. Anche con Riley (il Verme) era lo stesso. Non ha mai tollerato la compagnia di Spike, e il suo egoismo mi ha costretta a continui compromessi. Fortunatamente Angel è superiore a queste cose; o almeno, pensavo lo fosse. Ma ora non ne sono più tanto sicura.
    Forse non è la persona che credevo fosse.
    …Nah! Sto esagerando. Tra un minuto comincerò a sentire la mancanza della sua voce, e allora capirò che va tutto bene.
    Ma, fino a quel momento, continuo a sentirmi un po’ strana.
    Il nostro primo litigio.
    26 ottobre


    Spike ha organizzato per domani il primo pigiama party.
    Devo dire che Angel non era esattamente fuori di sé dalla gioia, ma poi l’ha presa bene. In fondo, gli ho fatto notare, sarà con lui che passerò la mia notte, e, chissà…
    Chissà.
    In ogni caso, devo darmi una mossa. Spike mi ha letteralmente supplicata perché andassi a dargli una mano con i preparativi, dato che l’ultima volta non abbiamo fatto altro che ridere come ubriachi e sonnecchiare. (Nota: Angel non lo sa, e, bè… non ho intenzione di dirglielo. Dopotutto il nostro accordo riguardava solo la notte, ed io non resterò a dormire da Spike, questa volta!)


    … Le ultime parole famose.
    Vado dagli Atwood nel pomeriggio. Ora che suo padre non c’è, Spike vive da vero e proprio pascià: mangia quando e quello che vuole, beve fino a farsi girare la testa, suona la sua dannata chitarra tutto il giorno, grida, balla e consuma letteralmente la cornetta del telefono. Era un po’ di tempo – probabilmente da prima del viaggio in Canada – che non lo vedevo così pimpante, e devo ammettere di esserne sollevata. Anche se preferisco pensare che sia la nostra riappacificazione il vero motivo, invece che la storia con Harmony.
    Ad ogni modo, tra un lancio di cuscini e un’estenuante maratona di ballo, riusciamo anche ad organizzare come si conviene la serata di domani. Prepariamo la disposizione dei sacchi a pelo, scegliamo il menu (metri e metri di pizze variegate… ordinate alla più vicina rosticceria!) e la lista dei cd, spostiamo il lettore dvd nella camera da letto e, naturalmente, riforniamo il frigo di dozzine e dozzine di birre.
    Quando è tutto pronto, mi tiro in piedi ad ammirare compiaciuta il lavoro. Sarà una splendida notte, ne sono certa.
    Sto per levare le tende, quando la voce di Spike mi blocca:
    “Perché non resti anche stanotte? Lo sai che non mi piace dormire da solo…”.
    Bene, eccoci qua. Questo è il momento in cui mi tocca fare una scelta.
    Resto a far compagnia al mio migliore amico, col quale ho recuperato un vero rapporto solo da pochi giorni…
    … o mantengo la promessa fatta al mio ragazzo, assurdamente geloso nei confronti di quanto più innocente c’è al mondo?
    Mangiucchio nervosamente un’unghia. Oh, merda. Non volevo arrivare a questo punto.
    Combattuta, scelgo di spiegare a Spike la situazione: “Uhn, io… bè, vedi… il fatto è che…” mi faccio coraggio “… Angel mi ha fatto promettere che non sarei più rimasta qui con te, durante la notte, perché, sai, non è che la cosa gli faccia particolarmente piacere… Voglio dire, neanche a te farebbe piacere se Harmony restasse a dormire nel letto di qualche pseudo sconosciuto… bè, non che quella specie di regina notturna non l’abbia già fatto, però… Insomma, hai capito che cosa intendo! Cioè, non è come se stessi cercando di spiegarti il teorema di Talete, che non ti è mai entrato in testa, oppure… si, certo, so cosa stai pensando, effettivamente è a ME che Talete non entrava mai in testa… tu sei sempre stato bravo in queste scienzosaggini, ma non è questo che… il punto. Insomma. Oh, al diavolo. Tu sai cosa intendo”.
    Riascolto me stessa farfugliare istericamente, e provo tutto ad un tratto l’immensa voglia di seppellirmi.
    Spike mi fissa, il sopracciglio sinistro inarcato in un’espressione di divertito stupore. Dio, odio quando fa così! Riesce a farmi sentire davvero ridicola, e molto, molto imbarazzata. Non che sia tanto difficile, dopo questo brillante monologo.
    Sto per bofonchiare qualche altra scempiaggine volta a distrarre la sua attenzione, ma stavolta mi batte sul tempo:
    “Cioè, aspetta… tu stai cercando di dirmi… che l’irreprensibile Angel è geloso??”.
    Fantastico, sapevo che l’avrebbe detto. E l’ilarità che gli vedo dipinta in volto è esattamente il motivo per cui avevo esitato a parlargliene sin dall’inizio.
    Torcendomi spietatamente le mani, che ormai inveiscono tacitamente contro di me a intervalli regolari, mugolo: “Bè, sai… è che ieri, quando sono tornata a casa dopo essere rimasta a dormire qui… Angel mi ha chiamata, ed era un po’… contrariato, ecco. Dopotutto non era riuscito a contattarmi per tutta la giornata, poveretto! Dev’essersi molto preoccupato. Quindi, sai, era un po’ nervoso. Non è stato molto contento di sapere dove avevo passato la notte, così gli ho garantito che non sarebbe più successo, visto che aveva tutte le ragioni del mondo per essersi sentito un po’ infastidito. Capisci?”.
    Lo guardo in faccia, ed è ovvio che no, non capisce. Ma del resto, come potrebbe? Nemmeno io capisco davvero.
    La sua espressione passa da divertita, a sorpresa, a diffidente, fino ad apparire quasi indignata:
    “Buffy, io e te non facciamo sesso! Non ti ho invitata a restare per scoparti nel sonno, checchè il tuo simpatico boyfriend ne pensi. Tu sei un’amica, la più cara amica che abbia mai avuto, per non parlare del fatto che esco con un’altra!” Il suo sguardo ferito viene d’un tratto attraversato da un guizzo malizioso “E poi, se davvero volessi scoparti, non avrei alcun bisogno di ricorrere a questi mezzucci… per non parlare del fatto che ti preferirei bella sveglia, non se mi spiego…”.
    Si lecca allusivamente le labbra, e io arrossisco all’istante. Poi però mi rilasso. Nonostante l’imbarazzo, so che con quella battuta il peggio è passato.
    “Non fare il cretino!” lo smonto, poi sospiro “Senti, lo so che questa diffidenza di Angel è assurda, visto che non c’è nulla tra noi… ma spero tu capisca che non è giusto, nei suoi confronti, approfittarne così impunemente. Non posso tradire la sua fiducia” mi giustifico mestamente.
    Lo sguardo di Spike è scettico: “Quale fiducia, di grazia? Quella che ha dimostrato di avere ciecamente nei tuoi confronti, quando ha avuto il coraggio di farti una predica solo per aver passato un po’ di tempo con un amico d’infanzia?” mi apostrofa, e io mi mordo il labbro inferiore. Sono in difficoltà, perché è evidente che lui ha ragione.
    I suoi occhi sono fissi nei miei e, per un attimo, riesco a scorgervi qualcosa che li rende assurdamente caldi. Quasi tempestosi.
    Rabbrividisco senza neppure sapere il perché. Spike deve notarlo, perché sospira e, d’impulso, mi prende fra le sue braccia:
    “Scusami, piccola. Non volevo metterti strane idee in testa. E’ solo che l’ho già visto accadere… ho visto come ti eri allontanata per colpa di quello stronzo di Finn, e non va bene. Non è giusto che tu ti faccia plagiare così dal primo che passa”.
    La mia voce suona soffocata perché attutita dal corpo maschile premuto contro il mio: “Angel non è il primo che passa. Lui non è come gli altri”.
    Allora Spike mi scosta gentilmente da lui, e di nuovo siamo occhi negli occhi: “Ne sei innamorata, non è vero?”.
    Sbatto più volte le palpebre per ricacciare indietro quelle lacrime che premono senza ragione per uscire: “Si. Ne sono innamorata”.
    E’ un attimo, solo un attimo, ma riesco a captare il disappunto negli occhi del mio amico. Contrae nervosamente la mascella, come fa sempre quando è irritato. Ma un attimo dopo i suoi lineamenti sono di nuovo distesi, e le sue labbra si arcuano in un sorriso: “Ne sono contento. E capisco”.
    Mi scioglie definitamene dal suo abbraccio e, senza smettere di sorridere, mi incalza: “Allora, che ci fai ancora qui, Cenerentola? Il tuo principe potrebbe preoccuparsi se non rincasi entro mezzanotte” mi schernisce, ma lo fa bonariamente, e di questo gli sono grata. “E poi, sai com’è, avrei anch’io una principessa che è meglio non far attendere…” aggiunge, indicando il telefono alle sua spalle “… quindi, se non ti dispiace…”. Con un vago cenno mi mostra la porta, e io strabuzzo gli occhi, fingendomi mortalmente offesa:
    “Mi state forse cacciando dal vostro maniero? Oh, qual dolore una povera principessa come me è mai costretta a sopportare!” declamo in tono teatrale.
    Spike mi sorride con dolcezza: “Le mie più umili scuse. Vi accompagno alla porta, vostra altezza”.
    E così, il principe mi porge il braccio, e conduce un’indignata principessa fuori dal suo castello.
    Ma, in quell’ultimo inchino di congedo, non c’è traccia di sdegno verso il principe villano, bensì forte gratitudine per l’amico d’infanzia, che sempre capisce quando non è più il caso di insistere.
    28 ottobre


    Una notte indimenticabile.
    Sono così emozionata che faccio difficoltà a mettere in ordine le idee. E’ stato tutto così…
    D’accordo. Andiamo con ordine.
    Vado da Spike alle sette. Angel mi raggiungerà più tardi, appena finito il turno al ristorante.
    Come previsto, sono la prima ad arrivare. Spike è ben contento di vedermi, e non perde occasione per sfruttarmi come cameriera personale. Nell’arco di mezz’ora cominciano ad arrivare i primi invitati. Vado a salutare Willow ed Oz, alla loro prima uscita di coppia ufficiale, e noto con piacere che non c’è traccia di freddezza nel nostro abbraccio.
    I ragazzi continuano ad arrivare. Vedo Cordelia (non avevo idea che l’avesse invitata) con le sue amicoche (termine brillantemente coniato dalla sottoscritta), poi Xander e la sua nuova ragazza, Anya. Anche per loro è la prima vera uscita, e devo dire che li trovo alquanto bizzarri insieme. Ma, nel loro bislacco modo, riescono anche ad essere carini!
    Faith fa il suo ingresso attorniata da aitanti sconosciuti che sembrano farle da scorta: la dimostrazione vivente che certe cose non cambiano mai.
    E poi, eccola che arriva: lei, l’unica e sola regina del silicone, eletta con un plebiscito Miss Snobismo del nuovo millennio. Harmony, naturalmente.
    Indossa un micro tubino colorato che non smentisce affatto la sua reputazione. Decisamente inadatto ad un pigiama party, rimugino, mentre la vedo gettarsi al collo di Spike con un’ostentazione a dir poco irritante.
    E a questo punto, con il solito, impeccabile tempismo, ecco che il mio cavaliere fa la sua apparizione. Dev’essere passato da casa per cambiarsi, dopo la fine del turno, perché è matematicamente impossibile che un comune essere umano possa essere così bello dopo un’intera giornata di lavoro!
    Gli corro incontro come una bambina, ma non posso farci nulla. L’impulso di rifugiarmi tra le sue braccia è più forte dell’imbarazzo, e quando finalmente lo sento stringermi non ho bisogno di altro per sentirmi in pace con il mondo.
    Appena ci siamo tutti, Spike e Willow spariscono in cucina , per poi spuntar fuori carichi di pizze e bibite di ogni sorta. Tutti si accalcano per prendere da mangiare, mentre, per una volta, io mi godo la sensazione di essere servita e riverita.
    Mangiamo tutti insieme, ammucchiati alla meno peggio sui grandi divani del salotto. Lo stereo a palla, le voci e le luci danno al tutto una fantastica aria di festa che mette di ottimo umore.
    Dopo la cena, comincia la maratona cinematografica. A partire dagli spezzoni dei grandi classici, come “Il Padrino”, fino ad arrivare a qualche bel thriller dei giorni nostri, e perfino pellicole piccanti. Un po’ imbarazzata, mi lascio stringere dalle braccia di Angel mentre le scene più calde scorrono sullo schermo. Non posso fare a meno di notare che tutti quelli che ne avevano la possibilità hanno cominciato a pomiciare arditamente. Faith è impegnata in un ménage à trois sul divano, mentre Xander ed Anya non si vedono più da nessuna parte. Per non parlare di Harmony, che è seduta a cavalcioni su Spike in una posizione fortemente pericolosa.
    Angel mi accarezza dolcemente i capelli e poi si china a baciarmi. Io rispondo con tenerezza, ma poi la passione divampa. Sento le sue mani corrermi lungo il corpo, indugiando sui miei seni, per poi insediarsi fra le mie cosce. Non riesco a trattenere un gemito, mentre mi spinge ad accoccolarmi sui suoi fianchi. Posso sentire qualcosa di duro premermi contro la pancia, e sono pronta a scommettere che non si tratta del telecomando.
    Istintivamente, senza quasi pensarci, comincio a dondolarmi pigramente sulle sua erezione, mentre le sue mani cercano febbrilmente la lampo dei miei jeans. Reprimo un gemito nella sua bocca quando le sue dita oltrepassano la barriera del denim…
    … ed è allora che, riaprendo gli occhi, mi accorgo con orrore che tutti ci stanno fissando.
    Mi allontano di scatto da Angel, e anche lui rinsavisce. Non riesco neanche a contare quanti occhi siano in questo momento puntati su di noi, in un’espressione di divertita lussuria.
    Ma, tra i tanti, ne distinguo un paio freddi come il ghiaccio, che mi fissano imperscrutabili.
    “Se preferite, ci sono sempre i motels!”.
    La voce di Spike è secca e pungente, e non c’è bisogno di un sensitivo per capirne il motivo. Ormai paonazza, mi alzo in piedi di scatto e lascio la stanza, diretta al piano superiore. Sento la voce di Willow chiamarmi, ma non mi fermo.
    Salgo i gradini a due a due e mi ritrovo in camera del signor Atwood. Un po’ smarrita, mi chiedo come ci sia mai finita, e faccio per uscire; ma la sagoma di Angel sulla soglia mi blocca.
    Deglutisco e resto immobile a guardarlo. I suoi occhi caldi e scuri ricambiano, e di colpo non ho più dubbi.
    Senza più timore, mi avvicino e lo bacio. Sento subito la sua eccitazione frustrata tornare a nuova vita, e mi ci struscio deliberatamente contro. Lui mugola qualcosa nella mia bocca, e mi prende in braccio, le mie cosce allacciate ai suoi fianchi.
    Mi deposita sul letto e assalta le mie labbra; e da quel momento in poi è puro delirio.
    La sua lingua, le sue mani, sembrano essere ovunque lungo il mio corpo. Sento la sua passione fondersi con la mia, il nostro bisogno tramutarsi in urgenza. Gemo incontrollabilmente, mentre la ragione mi abbandona del tutto. Lo tocco, tocco la sua pelle nuda e calda, tocco il suo membro rigonfio, ed è il Paradiso.
    E poi scivola in me, e Inferno e Paradiso si confondono. Dalle mie labbra fuoriescono parole sconnesse, mentre l’immensità di questo momento, del miracolo dei nostri corpi fusi insieme, mi travolge.
    Lascio che sia lui a condurre il gioco. Le sue spinte, dapprima lente e cadenzate, convergono ben presto in un ritmo insensato, torrido ed irrazionale; proprio come fare l’amore nel letto del padre del tuo migliore amico, che ti ha vista crescere, e con cui sei cresciuta.
    Fino ad arrivare a questo.
    Mi abbandono completamente, come una bambola di stracci, sotto il peso del corpo di Angel, che febbrilmente mi conduce all’orgasmo più meravigliosamente appagante della mia intera vita.
    I momenti successivi sono immagazzinati frammentariamente nella mia memoria, come in un film fumoso e indistinto; ricordo il vuoto sopraggiungere, mentre Angel esce da me per sdraiarsi, ansimante, al mio fianco. Poi la meravigliosa sensazione di calore data dalle sue braccia strette intorno ai miei fianchi, tenere e deliziosamente possessive.
    E a questo punto credo proprio di essermi addormentata, perché tutto ciò che poi rammento è me stessa, sull’uscio della camera, ancora fra le braccia del mio amore, che, teneramente, mi sussurra:
    “E’ stato bellissimo”.
    Lo stringo a me, assaporando questo qualcosa che va ben oltre la serenità e la soddisfazione di una sana scopata. Questo qualcosa che mi scorre nelle vene, e accelera inverosimilmente i battiti del mio cuore.
    Ti amo, angelo mio.
    Vorrei dirglielo, vorrei fargli comprendere la magia di quello che abbiamo condiviso; ma per qualche ragione tutto ciò che riesco a mormorare è:
    “Lo è stato”.
    Angel mi bacia un’ultima volta e, sorridendo, mi conduce per mano al piano di sotto, dove la festa è ancora in corso.
    Ed è come tornare sulla Terra, dopo un lungo viaggio nello spazio. I ragazzi hanno smesso di guardare filmetti; ora si dedicano a quell’insana, pericolosissima attività meglio nota col nome di: “Gioco della Bottiglia”.
    Angel ed io decidiamo di non partecipare, ma ci accomodiamo comunque per assistere. Tocca a Xander girare la bottiglia, e dal suo sguardo a dir poco sadico intuisco che ha evidentemente intenzione di vendicarsi per qualcosa.
    L’ “oooh” di trepidazione collettivo s’interrompe scoppiando una perfida risatina quando il collo della bottiglia punta verso il padrone di casa. Vedo Spike sbiancare seduta stante. Posso solo immaginare quanto dev’essere stato maligno nel corso del gioco, per meritarsi una risata di quel tipo!
    Il ghigno dipinto sul volto di Xand è tutto un programma: “Mooolto bene, Spikey… come ringraziamento per la magnifica esperienza che mi hai concesso di vivere, poco fa…” esordisce, e il suo sguardo si rivolge con una certa eloquenza ad Oz, rosso come un peperone “… ho deciso che tu dovrai baciare…”.
    Si guarda intorno. Harmony se ne sta allacciata al braccio del suo uomo con un broncio lungo fino al pavimento, e l’aria truce di una tigre che marca il territorio. Xander le sorride bonariamente, e continua la sua perlustrazione.
    Ed è un attimo. Vedo i suoi occhi birichini puntarsi su di me, la sua bocca incurvarsi in un sorriso compiaciuto. E, prima che possa dire o fare qualunque cosa, la sua voce rende noto ciò che, ahimè, ho già capito…
    “…Buffy!”.
    Un boato collettivo approva a gran voce la decisione. C’è persino qualche idiota che applaude. Angel mi stringe con più forza la mano, istintivamente irrigidito, e io gli accarezzo le dita per rassicurarlo. “Va tutto bene” cerco di comunicargli. “Non ho intenzione di farlo”. Anche se, devo ammetterlo, l’espressione di puro orrore dipinta sul volto di Duckmony sarebbe un’eccellente incentivo…
    Xander sghignazza apertamente: “Su con la vita, Spike! In fondo sono stato molto generoso. Avrei potuto scegliere, che so… Angel!” commenta giulivo, e il mio ragazzo lo fulmina con un’occhiata.
    Spike sbuffa: “Ma certo, grazie tante”.
    Poi i suoi occhi si fissano su di me, ed è la prima volta da quando sono rientrata nella stanza. Mi basta scrutare in quell’azzurro per capire che lui sa. E di colpo, insensatamente, riesce a farmi sentire sporca per questo.
    Ma è solo un attimo. Il suo sguardo si ammorbidisce, e mi rivolge un sospiro di cui comprendo all’istante il significato.
    “Io posso farlo. Spetta a te decidere”.
    Brancolo un momento nell’incertezza, poi trovo un appiglio:
    “Ma io non sto giocando!” dichiaro in tono fiero, lieta di sentire Angel sospirare sollevato al mio fianco.
    Tuttavia, la mia brillante idea pare non basti a salvarmi: “E allora? Non avrai mica paura di un bacetto! Andiamo, Buff! Una come te, con il tuo stile… una che prende i suoi ex a lasagnate sui pantaloni… coraggio! Guarda che mi deludi!” mi ammonisce Xand in tono severo, ed è allora che realizzo d’essere in trappola.
    Mi guardo intorno. Vedo gli sguardi maliziosi e indagatori dei miei amici, che mi incitano in silenzio. Vedo il colorito ormai violaceo di Duckmony, quasi accasciata al pavimento. Vedo il sorriso furbetto di Xander, in contrasto con i suoi occhioni innocenti.
    Vedo gli oceani di Spike scrutarmi, limpidi ma inespressivi.
    E poi vedo Angel, il suo sguardo ferito, il suo labbro inferiore tremante. E prendo la mia decisione.
    “Io… io non posso”.
    Un’esclamazione di collettiva delusione si leva dalla banda, e io mi mordo la lingua, a disagio.
    “E dai, Buff! Non farla tanto lunga! E’ soltanto un bacio!” insiste Xander, con l’ostinazione di un cane che non molla l’osso.
    Apro la bocca per rispondergli (con un secco rifiuto), ma è proprio allora che accade.
    Senza che io me ne renda conto, Spike si alza di scatto dal suo posto, e con un balzo aggraziato mi è addosso. Ho appena il tempo di richiudere la bocca, che le sue labbra premono sulle mie, decise, ma non aggressive.
    Sono senza fiato, e anche se ce l’avessi non potrei respirare. La sua mano mi accarezza per un attimo il viso, prima di ritirarsi di scatto, lasciandomi ancora interdetta, le labbra tremanti e le guance arrossate.
    Sulla sala è sceso un silenzio carico di stupore. Spike si volta verso Xander, e, in tono annoiato, tronca definitivamente la discussione:
    “Ecco fatto. E ora che ne direste di cambiare gioco?”.
    La combriccola è così affascinata dalla succosa scena consumatasi da non aver il coraggio di protestare. Willow tira fuori un provvidenziale Cluedo, mentre Xand, dimentico delle sue malefatte, organizza le squadre. E nella baraonda generale, sento Angel afferrarmi per il braccio e tirarmi in disparte.
    Ci ritroviamo in cucina. Lui chiude con foga la porta alle sue spalle, e mi basta guardarlo per capire quanto sta per scatenarsi:
    “Te l’avevo detto! Te l’avevo detto! E hai anche avuto il coraggio di assicurarmi che non c’era niente tra voi!”. Sbuffa, roteando gli occhi: “Se questo assomiglia anche solo lontanamente al *niente* che fate quando siete da soli, bè, proprio non oso immaginare ciò che accade quando dormite insieme!”.
    Cerco di avvicinarmi per accarezzargli la guancia, ma lui si scosta: “Tesoro, guardami, ti prego. Hai visto anche tu come sono andate le cose. Io non avevo alcuna intenzione di farlo, perché ti rispetto, e non intendevo… E’ stato Spike” concludo fiocamente, rendendomi conto di come ogni mia protesta possa essere inutile.
    Angel mi fissa con durezza: “Già, questo mi rassicura! E poi, ad essere sinceri, non mi sei sembrata esattamente disperata, quando ti sei trovata la sua lingua in bocca…”.
    Mi mordo il labbro inferiore: “Niente lingua. Nessuna lingua. Angel, ti prego…” sospiro, frustrata. Non so come fargli capire che non è colpa mia se il mio migliore amico ha subito un improvviso trapianto di personalità, tramutandosi improvvisamente in un maiale arrapato.
    Oh, andiamo. Non è stato arrapato. E’ stato… dolce.
    Sussulto, sperando che i miei inusitati pensieri non traspaiano dal mio viso. L’ultima cosa che Angel ha bisogno di sapere, in questo momento, è che quel bacio della discordia non è stato poi così male.
    Sospiro di nuovo, e ancora tento di accarezzarlo. Fortunatamente stavolta non si ritrae: “Amore, mi dispiace. Dico sul serio. Non avrei mai voluto che succedesse, perché sapevo che ci saresti stato male, ed io… Posso solo dirti che ho cercato di impedirlo. Ti chiedo scusa” concludo mestamente, e con sorpresa sento la sua mano scivolare a stringere la mia.
    “Tu… come mi hai chiamato?”.
    Lo guardo, perplessa, prima di capire.
    Amore. L’ho chiamato Amore.
    Questo significa che…
    “Io… io ti amo, Angel”.
    Oh mio dio. Ohmiodioohmiodioohmiodioohmiodio. L’ho detto! L’ho detto davvero! Ora, ho il 50% delle probabilità che lui scoppi a ridere, prendendo il mio cuore e calpestandolo sotto i suoi mocassini (dotati, a detta di Spike, di un bel paio di tacchi). O ancora, ho il 20% delle possibilità che inizi un imbarazzato discorsetto di scuse, che conterrà quasi certamente le espressioni “assumersi un impegno”, “storia seria” e “bruciare le tappe”, tutti in connotazione negativa. Oppure, in ultima analisi, ho circa il restante 20% di eventualità che lui dica…
    “Ti amo anch’io, Buffy. Dio, quanto ti amo!”.
    Tze… statistiche!
    Mi ritrovo fra le sue braccia, felice come una bambina a cui regalano un nuovo giocattolo, e improvvisamente so che tutto il mio mondo è perfettamente in equilibrio. Sapete, tutte quelle cose sulle collisioni di pianeti, e roba del genere. Ora il mio karma è perfettamente bilanciato, le mie galassie allineate, e… bè, e tutto il resto.
    Sono semplicemente felice.

    Dopo esserci riconciliati, torniamo a unirci alla marmaglia. Ormai è mezzanotte passata, ma l’entusiasmo generale non sembra languire.
    Tuttavia, guardandomi intorno, noto che manca qualcuno.
    “Scusami un attimo” dico ad Angel, congedandomi con un fugace bacio sulle labbra. Salgo al piano di sopra (rigorosamente off-limits per tutta la notte… almeno in teoria), dicendo a me stessa di essere alla ricerca di un po’ di pace, nel privato della toilette.
    Ma… dentro di me, so che le cose stanno diversamente.
    Mi basta mettere piede sul pianerottolo, davanti la porta chiusa della stanza di Spike, per trovare una risposta alle mie domande.
    I gemiti provenienti dall’interno parlano di cagna in calore, e di… Spike.
    Con Duckmony.
    Bè, non riesco a spiegarmi il perché, ma, in questo momento, ferma su di un uscio sbarrato, con le performance erotiche del mio più caro amico in sottofondo, vengo assalita da un’improvvisa malinconia.
    Eppure, continuo a ripetermi, non può essere invidia. Non lo è. Io ho Angel.
    Né tantomeno gelosia… Spike è solo un amico!
    Ma allora cosa?
    Rinuncio. Sospirando, torno al piano di sotto, fra le braccia dell’uomo che amo, e che mi ama. E questo pensiero basta a riportare il sorriso.

    Dopo un’intensa pomiciomaratona, amici e coppiette di sparpagliano. Alcuni si cercano un angolino dove trovare un po’ di privacy (Faith l’ha fatto sin dall’inizio della serata!), altri si accasciano al suolo giocando a poker. Appare evidente la necessità di portare un po’ di pepe alla serata, e Spike (riemerso dopo la sua estenuante sessione di sesso selvaggio) ha l’idea giusta: fuochi d’artificio!
    Usciamo tutti in giardino. La notte è calma e serena, il cielo è puntellato di stelle. Angel mi abbraccia, e io mi stringo a lui.
    Ma è solo la quiete prima della tempesta.
    Il primo parte con un debole fischio, seguito da un’esplosione di luce e un boato assordante. Poi, subito dopo, in rapida successione, altri tre razzi scoppiano dritti dritti sulla mia testa, spaventandomi.
    Mi nascondo fra le braccia del mio uomo, mentre Oz ed altri raggiungono Spike sul retro per aiutarlo con lo spettacolo. Non mi piacciono i fuochi d’artificio. Mi rendono nevosa. Il padrone di casa lo sa bene, ma è evidente che gl’importa nulla!
    “Andiamo dentro” frigno, all’indirizzo di Angel. “Per favore”. Lui mi guarda con una certa aria di sorpresa, ma acconsente.
    Rincasati, mi rendo subito conto di una cosa. Siamo soli. Gli altri sono tutti fuori a godersi lo spettacolo pirotecnico. Mi basta guardarlo negli occhi per capire che Angel pensa esattamente la stessa cosa.
    “Che ne diresti se andassimo a letto? Sai, sono un po’ stanco…” propone, in tono innocente, e io gli sorrido, maliziosa.
    “Molto volentieri. Vediamo dove siamo stati sistemati”.
    Mano nella mano raggiungiamo il soggiorno, il cui pavimento è interamente tappezzato da un esercito di sacchi a pelo (ma dove li avrà presi??). Angel sembra perplesso, e io lo illumino: “Tranquillo, noi non staremo qui. Spike mi ha assicurato che…”.
    Mi interrompo. In effetti Spike non mi ha assicurato un bel niente. Ma ha detto che le star avrebbero goduto di un *trattamento privilegiato* … cosa intendeva?
    Angel mi sorride candidamente: “Non preoccuparti. Con te è sempre come se fossi in Paradiso”.
    Oh… che romantiiico!!
    Adoro quest’uomo.
    Lo bacio rapidamente sulle labbra, e vengo colta da un’illuminazione: “Basta, ho deciso. Andiamo di sopra. Spike non si arrabbierà di certo se dormiamo nella vecchia stanza degli ospiti” commento, e mi rendo conto che, con ogni probabilità, era proprio questa la sistemazione di cui parlava il padrone di casa.
    Angel annuisce docilmente mentre lo conduco verso le scale. Immagino che questo sia il vantaggio di sentirsi a casa propria.
    Appena varchiamo la soglia della vecchia stanzetta, vengo assalita da un impeto di nostalgia, forte quanto la zaffata d’umidità che permea l’ambiente.
    In questa stanza ho i miei primi ricordi relativi a casa Atwood. Era qui che io e Spike ci divertivamo a saltare sul letto, da bambini, ed era qui che dormivo quando restavo per la notte. Non perché ci fosse un qualche tipo d’imbarazzo tra noi… ma perché lì c’era il materasso più morbido della casa. Ricordo ancora le infinite discussioni col sig. Atwood, riguardo il possesso del letto... inizialmente mi sentivo a disagio ad occupare il migliore, ma lui sosteneva sempre che lo meritassi più di “quel buon a nulla dispotico e irriverente” di suo figlio.
    Sorrido istintivamente. Questa comune villetta ha conosciuto la parte migliore e la peggiore di me, e testimoniato il periodo più bello e il più cupo della mia vita.
    Mi volto verso Angel e lo trovo a fissarmi con aria interrogativa. Certo, lui è del tutto estraneo ai miei pensieri. Sto quasi per renderlo partecipe, ma poi ci ripenso. In qualche buffo modo, preferisco che resti tra me e questa camera. E i suoi possessori.

    La notte trascorre nell’unico modo possibile. Angel mi ha aperto gli occhi riguardo la differenza tra lo scopare e il fare l’amore, e gli sono immensamente grata per questo.
    Illanguiditi dalle nostre fatiche, ci addormentiamo ancora l’una fra le braccia dell’altro. Ma, quando apro gli occhi, e il mio sguardo cade sulla radiosveglia, mi sorprendo sveglia nel cuore della notte.
    Sento la gola ardere improvvisamente. Ho assoluto bisogno di un bel bicchiere d’acqua, così sguscio lentamente via dalla presa di Angel, sperando di non svegliarlo, ed esco di soppiatto dalla stanza.
    L’intera casa è immersa nell’oscurità. L’unico suono percepibile è il lieve russare di qualcuno, giù in soggiorno.
    Aiutandomi col corrimano, scendo con prudenza le scale, attraverso il salotto e vado in cucina.
    E faccio un salto di due metri nel vedere Spike.
    Tanto per cominciare, è completamente nudo, fatta eccezione per un paio di boxer attillati. Ma non è tanto questo a spaventarmi (non è come se non l’avessi beccato in condizioni simili prima d’ora), quanto il trovarlo letteralmente accucciato per terra, nel buio, rischiarato solo dalla fioca luce del frigo.
    Esito per un attimo, poi decido di palesare la mia presenza: “Ehi!”.
    Lui si volta così di scatto da spaventare anche me. Dalla sua reazione appare più che evidente che avrei una brillante carriera da topo d’appartamento.
    “Ehi!”. Anche se parla piano, il suo tono è stizzito. “Dannazione, Summers, mi hai fatto prendere un accidenti!”.
    Chiudo silenziosamente la porta alle mie spalle: “Scusa, ma non ero io quella acquattata nell’ombra come un vampiro!” protesto indignata. Lui sbuffa, e io lo incalzo: “Piuttosto, si può sapere che diavolo stai facendo??”.
    Posso sentire Spike inarcare il sopracciglio sinistro. Si perchè, anche se la visibilità è scarsa, me ne rendo conto dal tono della sua voce: “Questa si che è bella! Ti ricordo che, per quanto tu sia di casa, qui, io resto sempre il padrone. Sono io che faccio le domande!” sbotta, capriccioso come un bimbo di quattro anni.
    Incrocio le braccia al petto, seccata: “Va bene, allora, Vostro Onore. Di cosa sono accusata?”.
    Lui resta per qualche secondo a fissarmi, poi mi volta le spalle per una breve incursione nel frigorifero. Quando riemerge, tiene tra le mani una lattina di un qualche cosa che non riesco a distinguere. Auguro al suo stomaco che non sia birra, alle tre e mezzo del mattino!
    Prende un breve sorso, poi mi fa: “Che ci fai qui di sotto? Credevo fossi placidamente addormentata tra le braccia del tuo cucciolotto” commenta cinicamente, ed io lo fulmino con un’occhiata. Peccato solo che non possa vedermi.
    “Ti sarei molto grata se evitassi di chiamarlo in questo modo. E in ogni caso, sono scesa solo per un bicchiere d’acqua. Non avevo idea che fosse tanto difficile procurarsi da bere in questa casa!” sbotto acidamente. Non posso fare a meno di spazientirmi quando schernisce tanto gratuitamente il mio uomo.
    Spike fa un ampio gesto con le braccia, teso forse a mimare una riverenza, e si mette da parte per aprirmi la via al frigo: “Mi scusi, mi scusi! Sono stato di una scortesia imperdonabile. Prego, si serva pure. Mi casa es su casa, señorita!” mi apostrofa, in tono apparentemente giocoso, ma qualcosa non quadra. La sua voce è troppo acre.
    Ostentando indifferenza, mi avvicino al frigo e prendo la bottiglia di oligominerale. Mi volto per prendere un bicchiere, e vedo Spike porgermene uno. Lo ringrazio con un cenno del capo, e mi verso da bere.
    Sento il suo sguardo inquisitore scorrermi lungo il corpo mentre inghiottisco. Faccio finta di nulla, e rimetto a posto bicchiere e bottiglia. Evitando accuratamente di ricambiare il suo sguardo, gli volto le spalle e faccio per uscire dalla stanza.
    Ma poi qualcosa si accende in me.
    Mi volto di scatto fino a fronteggiare i suoi occhi: “Perché l’hai fatto?”.
    Spike mi si allontana impercettibilmente, come fa sempre nel mettersi sulla difensiva: “Cosa, passarti il bicchiere? Scusami, non avevo idea tu volessi bere a canna…” tenta di scherzare, ma io non sono dell’umore adatto.
    “Non fare l’idiota. Sai bene di cosa parlo”.
    Lui mi fissa con aria smarrita, ma non mi inganna: “No che non lo so. Di cosa parli?”.
    Stringo i denti. Vuole proprio farmelo dire, questo bastardo: “Il bacio. Prima, mentre giocavamo. Io ho detto che non avevo intenzione di farlo, e tu mi hai baciata. Perché?”.
    Posso sentirlo sbuffare: “Oh, andiamo Buff! Ma guardati. Sei qui, tutta piena di scrupoli e sensi di colpa, perché la tua presunta castità è stata intaccata dal lupo cattivo… Ma fammi il favore! Come se non sapessi che c’è lo zampino del tuo cucciolotto, dietro questa storia!” mi aggredisce, col suo più stizzito sarcasmo.
    No, questa davvero non l’ho capita.
    “Si può sapere cos’hai contro Angel? Eh? Cos’è che ti brucia tanto, Spikey?? Forse il fatto che il mio ragazzo frequenti l’università, mentre la tua donna ha il quoziente intellettivo di un cavolfiore? Oh, no, aspetta, dimenticavo che a te questo non interessa! Per te la donna ideale deve essere brava a farsi scopare e a prenderlo in bocca, il resto non conta!”. Ho letteralmente la schiuma alla bocca per l’ira.
    Ora anche Spike ha completamente perso il controllo: “Se qui c’è qualcuna che ha qualcosa che non va quella sei proprio tu! Non mi risulta che ti sia mai fatta tanti problemi per un bacetto. E se parliamo del farsi scopare e del prenderlo in bocca, bè, probabilmente Harm potrebbe imparare una o due cosette da te!”.
    Non ci penso un attimo. Copro con un unico passo la distanza che ci separa e gli mollo uno schiaffo. Forte, in pieno viso: “Sei un fottuto figlio di puttana, William. E dire che credevo fossimo tornati gli amici di sempre” mormoro rabbiosamente, tra i denti, le spalle scosse da tremiti di furia.
    Spike restringe i suoi occhi nei miei: “Ma certo che lo siamo, Buffy. Dopotutto, se non fossi stato tuo amico, non ti avrei mai permesso di farti inculare dal tuo Big Jim nel letto di mia madre”.
    Quest’affermazione cambia qualcosa tra noi. Il gelo cala nella stanza. Siamo così vicini, a meno d’un passo, ma non siamo mai stati così distanti.
    Non riesco a credere che abbia nominato sua madre. Non l’ha mai più fatto. Non una volta, in dieci anni d’amicizia. E mi fa male sentire il suo nome in una frase così carica di veleno.
    Ma so che fa male anche a lui. La luce del frigo – ma prima ancora quella del cuore – mi mostra un velo di lacrime nei suoi occhi cerulei.
    E in questo momento, irrazionalmente, avrei solo voglia di prenderlo tra le braccia e consolarlo, fino a cancellare ogni traccia di quel dolore ardente che gli leggo nell’anima.
    Ma resto ferma dove sono, bloccata dall’orgoglio, mentre il mio migliore amico (potrei mai smettere di considerarlo tale?) china il capo per nascondermi le sue lacrime.
    Non farlo vorrei dirgli. Non ce n’è bisogno.
    Lo vedo singhiozzare il più silenziosamente possibile, e sento il mio cuore spezzarsi.
    E poi Spike esplode.
    Prima ancora di rendermene conto siamo qui, aggrappati l'uno all'altra, e le mie lacrime sono le sue. I nostri corpi tremano all'unisono, e, nonostane la drammaticità del momento, non posso che essere grata per il calore che sento sprigionarsi dalla nostra unione.
    Spike è il primo a staccarsi. Il sua sguardo è ancora appannato, come una foglia coperta di brina, ma ormai il peggio è passato.
    "Scusami" sussurra, la voce rotta, irriconoscibile: "Ti prego, scusami".
    Lo stringo ancora al petto, cullandolo come quella madre che gli è stata portata via troppo in fretta: "Shh, stà tranquillo. Va tutto bene. Va tutto bene" ripeto, come in un mantra, finchè lo sento rilassarsi fra le mie braccia.
    Al distacco, sul suo volto compare un timido sorriso di gratitudine: "Immagino sia del tutto superfluo dirti che non pensavo la metà delle cose che ho detto, vero?".
    Gli concedo un sorrisetto in risposta: "E' l'altra metà a preoccuparmi!" Torno seria per un momento, e sospiro: "Mi hai ferita, non posso negarlo".
    Spike s'incupisce, ed io mi affretto a proseguire: "Ma... dio, a volte vorrei non essere così buona!" rido, forse un po' istericamente, mentre lui ridacchia a sua volta e mi accarezza il mento. "Sei perdonato" lo rassicuro "Ma vorrei solo farti capire che, se c'è qualcosa che hai bisogno di dirmi, a proposito di Angel o di qualunque altra cosa... bè, puoi farlo. Devi farlo" mi correggo all'istante.
    Lui annuisce lentamente, e per un attimo sembra soprappensiero. Lo incito alla parola con un'occhiata, e lui azzarda: "Bè, tu ed Angel avete... insomma, sai... era la prima volta per voi, giusto?" indaga, scrutandomi come se potesse leggermi in viso la risposta.
    Non posso impedirmi di arrossire: "Si, bè, noi... abbiamo fatto l'amore. Ed era la prima volta, si." Il rossore si fa più intenso: "Anche se ha fatto in fretta a diventare la seconda!".
    Spike fischia sottovoce: "Ah, però! E bravo Big Jim. Spero che almeno sia valsa la pena di fare il bis!" mi stuzzica, ed io rido come una bambina, accennando un timido gesto d'assenso.
    Le sue labbra si stirano in un caldo sorriso: "In questo caso, è stato un onore prestarvi quel letto!".
    Comprendo perfettamente il significato più profondo di queste parole, e lo ringrazio mentalmente per la fiducia che rispone in me.
    Improvvisamente, lo vedo allargare le braccia a formare una T sulla sua testa, e lo fisso incuriosita, mentre declama: "Coraggio, adesso! Visto che abbiamo stabilito l'Ora della Sincerità e delle Domande Mai Fatte, sputa il rospo! Chiedi quello che vuoi" mi incita, ed io colgo al volo l'occasione.
    "Facile" annuncio con un sorriso maliziosamente trionfante: "Rispondi alla domanda di prima. Perchè mi hai dato quel bacio?".
    Spike rotea gli occhi, ma poi sorride: "Vuoi davvero saperlo?".
    Oddio. E questo adesso che significa? Sta forse per dirmi che mi ha usata per fugare eventuali dubbi sul suo orientamento sessuale? Ripenso ai gemiti di Harmony provenienti dalla sua stanza, e faccio una smorfia. Nah. Decisamente pochi dubbi sulla sua identità sessuale!
    Ma allora che cosa?
    Un po' confusa, gli faccio segno di parlare, e il suo sorriso si allarga a dismisura:
    "L'ho fatto perchè volevo farlo!"
    Notando la mia espressione tra il deluso e il perplesso, ridacchia: "Si, insomma, solo perchè avevo voglia di farlo. Di baciarti". Mi fissa intensamente, e, come al solito, sento le ginocchia farsi di gelatina.
    "Non guardarmi in quel modo" mi redarguisce: "Solo perchè sei la mia migliore amica non significa che non riesca a vederti per quello che sei! So bene quanto sei... bella, quanto sei sexy. Quella carica che hai, la tua sensualità... è irresistibile".
    Il suo sguardo sembra trapassarmi l'anima, caldo più dell'inferno: "Sei un diavolo di donna, Buffy. E, dato che il tuo fascino mi è stato definitivamente precluso quando, a dodici anni, ho dovuto aiutarti a comprare degli assorbenti...." ed entrambi sorridiamo d'istinto a quel ricordo "... ho voluto approfittare dell'unica buona occasione mai avuta per scoprire cosa significasse baciare la piccola Summers" conclude tranquillamente, ignorando l'effetto erotico che le sue parole e il suo sguardo hanno sortito su di me.
    Mi vergogno ad ammetterlo, ma...
    Sono fottutamente bagnata tra le gambe.
    Stringo le labbra nel tentativo di mascherare il battere accelerato del mio cuore. Non mi capita tanto spesso di trovarmi senza parole, ma stavolta davvero non so che dire.
    Cosa va detto al tuo migliore amico che ha appeno finito di spiegare quanto ti trova sexy, con l'unico risultato di farti arrapare come non mai?
    Per fortuna Spike mi salva dall'imbarazzo. O quasi.
    Sorridente, mi si avvicina e si china su di me. Le sue labbra sfiorano l'angolo della mia bocca, e per un attimo mi scopro a desiderare il suo bacio. Ma poi deviano caste verso la guancia, lasciandomi sollevata e... orribilmente delusa.
    "Meglio tornare a nanna, adesso" mi mormora all'orecchio. La sua voce è un'impronta da brivido sulla mia pelle accaldata. "Buonanotte passerotto".
    E se ne va, lasciandomi impietrita davanti al frigo ancora aperto.
    Meglio scacciare in fretta queste sensazioni. Decisamente meglio scacciarle in fretta.

    Il resto della notte trascorre tranquillamente. Mi sveglio tardi, e non mi stupisce trovare Angel già sveglio, tenero e premuroso come sempre anche appena alzato. Raggiungiamo gli altri, riuniti attorno ad un'unica, grande tavolata imbandita di ogni sorta di ben di dio. Parlando con Willow scopro che è stata lei a preparare tutto. Dopotutto, Spike deve aver avuto una notte troppo movimentata per avere ancora le energie di pensare alla colazione...
    Accantono in fretta questi pensieri, e in qualche modo riesco ad evitare quello sguardo blu per il resto della giornata. Dopo aver dato una ripulita collettiva, i più levano le tende. Restiamo solo Angel, Will, Oz, Anya, Xander, Harmony ed io a finire le pulizie. Quando la casa è tirata a lucido, ci congediamo anche noi, con l'accordo di un prossimo pigiama party fra due notti.
    ... Ma se è già stata un'Odissea superare questo!
    01 novembre

    Non riesco a crederci.
    Mi tremano le mani nello scrivere. Ho aspettato fin quando ho creduto di sentirmi pronta, ma ora mi rendo conto che non si è mai preparati a sufficienza per cose come questa.
    Il sig. Atwood è morto.
    Ecco, è questa la verità. Nuda e cruda, come la verità è sempre.
    Un incidente d'auto. A Ginevra. Uno stupido, banale, maledettissimo incidente d'auto.
    Sto lasciando piccole lacrime sulla carta. Macchie d'inchiostro.
    Spike è distrutto. Passo a trovarlo nel pomeriggio.

    Non voglio crederci. E' come un incubo.
    E invece è reale.
    Sono stata da Spike. Quella casa dove, fino alla scorsa notte, regnava la tipica atmosfera festosa dei parties tra amici, sembrava più gelida del crudele inverno che c'è fuori.
    Non ci sono parole per descrivere lo stato di Spike. E' sotto shock. Non piange, non parla, non fa assolutamente nulla. Guarda nel vuoto con occhi sempre più vitrei. Un paio di volte ho provato a riscuoterlo, ma non ho sortito alcun effetto.
    Continua a ricevere tonnellate di telefonate. Per un po' gli ho fatto da centralinista, filtrando condoglianze chiaramente inopportune; ma non può andare avanti così ancora a lungo. Deve svegliarsi. C'è un mucchio di lavoro da fare, in questi casi... bisogna occuparsi dei fiori, del necrologio, della chiesa, della bara...
    Oh mio dio. Ho la nausea.
    Sono rimasta con lui un paio d'ore, in silenzio, senza sfiorarlo neppure, semplicemente seduta sul bordo del letto. Uscendo, sono passata davanti la porta aperta della grande camera da letto. Non ho avuto il coraggio di fermarmi a guardare. Ho solo chiuso il battente con un colpo secco. Non voglio che Spike si trovi davanti alla realtà in questo modo.
    I miei volevano accompagnarmi da Spike, ma li ho persuasi che non sarebbe stata una grande idea, nelle condizioni in cui versa. Sono sconvolti anche loro. Credo che mia madre abbia anche pianto.
    Io preferisco non pensarci nemmeno. Voglio dire, mi rendo conto che è impossibile non pensarci; ma, quantomeno, cerco di accantonare il fatto che ad essere scomparso è l'uomo che mi ha vista crescere, che mi ha amata come un secondo padre, e che io ho amato come la figlia mai avuta.
    E, in tutto questo indescrivibile caos emozionale, c'è solo un unico, assurdo pensiero che si fa lucidamente strada in me...
    Tutti questi anni, e non l'ho mai chiamato per nome.


    ********

    02 novembre

    Ho dovuto farlo.
    Sono stata costretta a ricorrere alla linea dura, con Spike. Del resto, ero l'unica persona in grado di riscuoterlo, e lui non poteva restare in quella specie di trance ancora per molto.
    Sono tornata da lui. E' stata la cosa più difficile che abbia mai fatto, ma non ho avuto scelta.
    Quando arrivo su alla sua stanza (entro sempre dal retro, è un'abitudine che ho da quando ero piccola) si presenta ai miei occhi esattamente la stessa scena di ieri. Ma stavolta non posso permettermi di restare qui in silenzio.
    Mi siedo accanto a lui sul letto. Spike guarda dritto davanti a sè. Gli prendo la mano e la stringo forte:
    "Ehi... William...".
    Lui non reagisce. Si limita a battere le palpebre. Ma io non demordo.
    Prendo un grosso respiro e lo tiro a me, costringendolo, se non proprio a guardarmi negli occhi, almeno a voltarsi dalla mia parte: "Spike, guardami. E ascolta. Tuo padre è morto. Se n'è andato. Non tornerà."
    Stringo le labbra a voler inconsciamente trattenere le lacrime. Non posso lasciarmi andare. Spike ha bisogno di me.
    Lo vedo inghiottire, che è più di quanto non abbia fatto finora. Ma ancora non mi guarda.
    Gli prendo il viso tra le mani, con ferma dolcezza: "So bene che è dura... è molto più che dura, ma insieme lo affronteremo. Te lo prometto, William. Sarò al tuo fianco. Ti aiuterò".
    Comincia a tremarmi la voce. Spero ardentemente che ri riprenda presto, perchè non so quanto ancora potrò resistere, prima di scoppiare in lacrime.
    Ed è allora che ha una reazione.
    Mi guarda. Mette a fuoco. Lentamente, prende coscienza. Sbatte più volte le palpebre.
    "Buffy... n-non... no...".
    E' solo un flebile balbettio, ma so che ormai sta tornando in sè. Gli accarezzo il viso con tutto l'affetto che provo:
    "Spike... sono io. Sono qui, sarò sempre qui. Qui con te" sussurro, scossa dai singhiozzi. "Non sei solo. Non ti lascerò mai da solo" prometto solennemente, le mie mani ancora tese ad accarezzargli le guance.
    I suoi occhi mi fissano, prima straniti, poi sempre più...
    Terrorizzati.
    "Buffy..." rantola, la voce rotta, ed io mi sento morire. Lascio le lacrime libere di scorrermi sulle guance, anche se so di dover essere forte. Irrazionalmente, assurdamente, paradossalmente, è Spike ad asciugarmi il volto bagnato, con la tenera goffaggine di un bambino.
    E qui mi perdo, annego nel suo sguardo, e ho solo bisogno di stringerlo. Ma devo aspettare... devo lasciare che sia lui a...
    Mi si getta tra le braccia con una foga del tutto nuova. Esplode, straripa d'angosciante disperazione, e si aggrappa a me come al suo unico sostegno.
    "Oh, Will..." gemo, accarezzandogli i piccoli riccioli biondi.
    Non l'ho mai sentito piangere in questo modo. Continua a tremare, scosso dai singhiozzi. Di tanto in tanto cerca di parlare, ma la sua voce suona stridula, strozzata, estenuata.
    "Shh" continuo a ripetergli, come in un amaro flashback dei giorni scorsi. "Andrà bene. Andrà tutto bene".
    Lo sento scostarsi leggermente da me, ma non si scioglie dall'abbraccio. Mi fissa, e non ci sono parole al mondo per descrivere il panico che gli leggo negli occhi.
    Poi, una flebile protesta a dar voce ai suoi pensieri:
    "Cosa farò adesso? Come farò, Buffy?".
    E' devastato. Ha bisogno di sentirsi protetto, accudito, di sapere che c'è qualcuno che lo aiuterà a sollevarsi, anche se non sarà semplice.
    "Faremo, Spike. Tu ed io. Non sarai solo. Io... io ti voglio bene" sussurro, e lo vedo sorridere, forse un po' istericamente date le circostanze.
    Gli restituisco un sorriso mesto ma speranzoso: "Ora vieni via. La mamma ha preparato gli anelli di cipolla che ti piacciono tanto" lo incalzo. Non posso permettergli di restare qui da solo un minuto di più.
    Lo vedo per un attimo esitare, ma poi accetta di buon grado e mi segue.
    E, mentre camminiamo in silenzio verso casa, so che questo è solo l'inizio di un lungo, tortuoso cammino.
    03 novembre

    Spike è rimasto da noi questa notte.
    Dopo i sentimentalismi iniziali è venuto il momento di affrontare le mere questioni burocratiche. E' sempre stato bravo a cavarsela con le emergenze, ma stavolta è del tutto diverso. Sembra un bimbo bisognoso di cure.
    I miei genitori hanno contattato l'agenzia di pompe funebri, ma, di norma, spetta ai parenti del defunto decidere per il funerale, la bara e tutto il resto; così stamane ho accompagnato Spike all'agenzia per stabilire il da farsi.
    Sembrava quasi regredito allo stato di trance. Mi è toccato prendere in mano la situazione e farmi coraggio, sebbene non fosse una situazione felice per nessuno. Il tipo dell'agenzia, poi, era un completo idiota che non faceva altro che farneticare sulle promozioni speciali in occasione del giorno dei morti. Non posso giurarci, ma a un certo punto credo anche di averlo sentito congratularsi con Spike per la sua fortuna. Grazie al cielo, il mio amico era troppo intontito per rendersene conto.
    Sulla via del ritorno, ho ritenuto opportuno passare da casa Atwood per prendere i beni di prima necessità, come lo spazzolino da denti, utili al soggiorno di Spike presso casa nostra. Ho preferito che aspettasse fuori, ma devo ammettere che è stato orribile entrare in quella villetta vuota e fredda da sola.
    Una volta rincasati, papà ha cercato di affrontare la questione *vendita immobile*: ma Spike ha sorpreso tutti mostrando, per la prima volta da stamattina, un barlume di lucidità, sebbene le sue parole non fossero particolarmente ragionevoli.
    Non ha intenzione di rimanere da noi, nè di mettere in vendita casa sua. Dice che preferisce restare lì, che si sente forte abbastanza da viverci da solo, come d'altronde "facevo per la maggior parte dell'anno", testuali parole. Parte di me trova questa scelta masochista e preoccupante... ma l'altra non fatica a comprenderne le ragioni. Insomma, Spike è pur sempre uno spirito libero. E' troppo indipendente per sottostare alle regole di una famiglia vera e propria, disabituato com'è ad averne una.
    In ogni caso, spero torneremo sull'argomento nei prossimi giorni.
    C'è ancora tanto di cui parlare.

    07 novembre



    E' ormai passata una settimana da quando...
    Spike sta... bè, meglio. Continua a mancare da scuola, ma è tornato a casa sua. Dice che era stufo di fare l'ospite.
    Tutti l'hanno saputo. Persino il Vecchio Giles. Mi ha addirittura chiamata nel suo ufficio per "avere delucidazioni sulla tragedia" e porgermi le sue "più sentite condoglianze", in questo momento di "puro cordoglio" per Spike.
    Ma perchè non può mai parlare in modo normale??
    La cerimonia funebre è stata straziante. C'erano tutti gli amici, qualche insegnante, vicini di casa e amici di famiglia, oltre a qualcuno dei numerosi colleghi senza volto del sig. Atwood. Spike però ha resistito alla grande, anche se non ha voluto essere presente al momento cruciale, ovvero alla sepoltura della bara. Credo che il prete si sia stupito di quella fuga strategica, ma io ho capito benissimo perchè l'ha fatto.
    E' evidente che gli avrebbe ricordato il funerale di sua madre.
    Dopo c'è stato il rinfresco. Dio, è così strano. Si mangia e si gozzoviglia come ad un party di compleanno, quando non ci sarebbe proprio nulla da festeggiare. Cristo, è morto un uomo! Ma a quanto pare questa era un'argomentazione troppo debole per convincere i convitati a rinunciare al celebre tacchino arrosto di mia madre.
    Dopo la celebrazione siamo tornati a casa, e ho cercato di affrontare la situazione con Spike. Ma non aveva voglia di parlare; e ha continuato ad evitare l'argomento per i due giorni successivi che è rimasto da noi. Non avevo intenzione di farlo sentire oppresso, ma vorrei tanto che si sfogasse. Non l'ha ancora fatto, non davvero, dopo la mia ultima visita.
    In ogni caso, dopo i compiti (eh si, i compiti!) passo a trovarlo.
    C' è di buono, in tutta questa orribile storia, che almeno Angel è diventato molto più comprensivo sul versante Spike. Credo sia rimasto profondamente turbato da questa faccenda. Lui è legatissimo a suo padre, e impazzirebbe se gli accadesse qualcosa.



    Non avevo capito nulla.
    Ancora non posso fare a meno di chiedermi come abbia mai potuto essere così stupida, così cieca.
    Se pensavo che Spike stesse meglio, che stesse lentamente risalendo la china, bè, mi sbagliavo di grosso.
    Quando sono andata a trovarlo non era in camera sua.
    Era sul letto dei suoi genitori.
    Non mi ha dato il tempo di dire nulla. Appena mi ha sentita materializzarmi sulla soglia, senza neppure guardarmi ha mormorato:
    "Li ho persi. Entrambi. Lei, quando ero solo un bambino. Ed ora lui".
    E' una folgorazione. Piano piano, timorosa, mi avvicino a lui. Lo chiamo per nome, ma lui continua a non voltarsi.
    "Gliel'avevo detto, sai? Gliel'avevo augurato. Non mi dici 'Buon Viaggio', figliolo? - Certo papà, buon viaggio. Con un po' di fortuna, chissà, potresti anche non tornare!".
    C'è un sorriso amaro sul suo volto. Ed è più inquietante di tutte le lacrime che potrei mai vedergli versare.
    "L'ho lasciato morire, senza nemmeno salutarlo prima. Ho caricato i fottuti bagagli sull'aereo e poi me ne sono andato. Senza una parola, senza un sorriso. Buon viaggio, papà. Buon viaggio".
    La sua voce si incrina, dandogli l'aria di un vecchio clown rimasto in pista a sanguinare. Realizzo di dover fare qualcosa, prima che precipiti di nuovo:
    "William, tesoro..." sospiro, lasciandomi cadere sul letto al suo fianco. "Non è stata colpa tua, va bene? In nessun modo può esserlo stata. Tuo padre è uscito fuori strada mentre guidava di notte. E' stato un incidente. Non avresti potuto far nulla, neanche se gli fosse successo qui a Sunnydale" spiego in tono fermo, ma lui continua a scuotere la testa, come uno di quei cagnolini a molla impazziti.
    "Penso si sentisse in colpa, in fondo. Quando siamo stati in Canada... dio, era così chiaro! Non siamo mai stati una... dannata famiglia da pubblicità dei biscotti, ma lui pensava... che forse avremmo potuto fare qualcosa, noi due. Neanche con la mamma era tutto rose e fiori, ma almeno eravamo una famiglia. Poi si è ammalata, e... e poi tutto è crollato. Papà ha cominciato a viaggiare, a stare via ogni volta di più... perchè stare in casa, da solo con me, dormire nel letto che aveva diviso con lei, lo avrebbe ucciso. Come ha ucciso me, lentamente, giorno dopo giorno, per non so quanti mesi".
    Spike alza la testa ad incontrare il mio sguardo, e il suo è tenero, caldo, adorante: "Ma c'eri tu. C'eri tu, e sei stata la mia salvezza. Continuo a chiedermi cosa ne sarebbe stato di me se non avessi avuto la piccola Buffy. Probabilmente mi avrebbero ritrovato di notte, nel bagno del centro commerciale, con un ago nelle vene, proprio come nel video...".
    Istintivamente, lo interrompo: "Spike, no! Chiudi il becco, d'accordo? Non voglio sentirtelo dire nemmeno per scherzo" mormoro, e noto che mi trema la voce.
    Lui freme visibilmente: "E perchè no? Tanto è la fine che facciamo tutti" commenta in tono truce.
    Ed è allora che lo vedo.
    E mi do della folle per non averlo notato prima.
    Piccolo e aguzzo, la lama lucida come il più prezioso dei metalli, un taglierino affilato giace nella sua mano sinistra. E Spike è mancino.
    Sento il sangue gelarmi nelle vene. Lottando contro la febbre che mi appanna il cervello, cerco di richiamare alla memoria quello che a scuola ci hanno insegnato sui comportamenti compulsivi:
    "Spike... stà calmo. Stà tranquillo. Ci sono io con te. L'hai detto, ci sono sempre stata, no? Ci sarò ancora. Per sempre" cerco di rassicurarlo, nonostante il terrore che rende incerta la mia voce. Non riesco a distogliere lo sguardo dalla piccola arma. Scorgo rapidamente le sue braccia scoperte con gli occhi, ma non ci sono lesioni. Non ancora.
    Spike restringe i suoi occhi nei miei, e ancora una volta mi è chiara la disperazione che vi leggo: "No, non è vero" mormora tristemente, ed io mi sento morire, perchè so già come proseguirà il suo discorso. "Tu hai il tuo cucciolo, ormai. Sei così presa da lui, lo ami tanto. E lui ricambia, ti auguro. Non avrai più tempo per me. Certo, per un po' ti sentirai in colpa e mi starai vicina, ma cosa succederà se la storia con Angel prenderà una piega più seria? Per non ingelosirlo, comincerai ad evitarmi. Ridurrai le tue vistite. Non mi cercherai a scuola. A poco a poco ti allontanerai da me, e io potrò solo restare a osservare, impotente, mentre prendi la tua strada".
    Ha di nuovo lo sguardo perso nel vuoto, ed è chiaro che niente potrebbe fermare il suo delirio, in questo istante: "E se non sarà Angel, sarà qualcun altro. Presto o tardi arriverà il tuo principe a portarti via da me, ed io sarò solo. Resterò qui, a piangermi addosso, soffrendo come un cane...".
    Solleva la mano sinistra, e sento il panico impossessarsi di me, mentre con voce spettrale sussurra: "... quindi, tanto vale risparmiarmi questo dolore".
    Dalla mia gola sento fuoriusicre un gemito strozzato, che basta a distrarre Spike per un momento.
    Lo guardo. E comincio a parlare:
    "William... io non so cosa ti stia succedendo. Non so cosa significhi perdere i propri genitori, non so cosa tu stia passando, e non so cosa fare per aiutarti. Ma di una cosa sono assolutamente sicura. Ti voglio bene. Ti voglio molto più che bene. Quello che sento per te è la cosa più vicina all'amore che riesco ad immaginare, eppure non lo è. E' qualcosa di diverso, e per questo è speciale. Non ho mai provato niente del genere per nessuno in vita mia, e non potrò mai. Non per Angel, né per nessun altro. Tu mi completi. Sei l'esatta metà di me stessa, l'unico al mondo a conoscere ogni singolo aspetto di me, ad aver visto ogni mia sfaccettatura, a comprendere ogni mio gesto. Siamo cresciuti insieme, da fratello e sorella, e anche da amanti, e nulla potrà mai portarci via questo. Le stagioni possono cambiare, ma noi no, Spike. Perchè tu sei sempre lo stesso William con cui giocavo a nascondino in giardino, ed io la stessa Buffy cui facevi le treccine e dedicavi le prime poesie. Siamo sempre noi. E se c'è qualcosa di vero, e puro, e sacro, e forte, e reale, e sincero in questo mondo di palstica... quello è il nostro rapporto. E se hai intenzione di farti del male, allora ti prego di farne a me prima, perchè non potrei vivere privata della tua luce" concludo in un sibilo sfibrato, e mi scopro a piangere come una bambina.
    Chino il capo per nascondermi, ma soprattutto per non affrontare qualcosa di cui ho paura. La sua reazione.
    Resto a contemplare il copriletto in ciniglia, le spalle scosse da flebili singhiozzi, finchè un rumore metallico attira la mia attenzione.
    Alzo la testa di botto.
    Sul parquet di listelli scuri, tra i grandi tappeti persiani dai colori vivaci, spicca un lucido taglierino acuminato.
    Macchiato di sangue.
    Sento il cuore balzarmi in gola, o forse cessare ogni battito. Il mio sguardo terrorizzato incontra quello lacrimoso di Spike, per poi correre subito alle sue mani.
    Sul palmo di quella destra, in corrispondenza del pollice, c'è un piccolo graffio rosso. Piccolo, superficiale, e, cosa ancora più importante, lontano dalle vene.
    Signore, ti ringrazio...
    Torno a concentrarmi su Spike, e noto che anche il suo sguardo è diretto alla ferita. Sembra rendersi conto solo in questo momento di ciò che è stato sul punto di fare. Con esasperante lentezza, solleva la mano e continua a guardarla, le guance rigate da lacrime sileziose, l'espressione attonita. Non l'ho mai visto così vulnerabile da quando lo conosco. Cioè dalla nascita.
    Lottando contro l'emotività per non lasciarmi andare, prendo delicatamente il palmo insanguinato e accarezzo lentamente le dita. Sento Spike fremere al contatto, e lo attiro tra le mie braccia. Perchè è ciò di cui abbiamo bisogno, entrambi.
    Stretti l'uno all'altra, così, fermi nel tempo, com'è sempre stato e come deve essere. Quasi senza accorgercene finiamo sdraiati insieme sul letto, uniti da lacrime e sangue, indissolubilmente.
    Indissolubili.
    Piano piano ritroviamo la calma. Restiamo così, io con la testa sulla sua spalla, le gambe intrecciate per sentirci più vicini. Per qualche tempo ancora non ho il coraggio di guardarlo. Ma poi è lui a sollevarmi timidamente il mento con una mano, constringendomi ad incrociare i suoi occhi.
    E quello che vi leggo mi stupisce.
    Calore. Un calore torrido quanto le fiamme dell'inferno, unito a qualcosa di nuovo e inquietante che non riesco - o forse non voglio - interpretare.
    Prima che abbia modo di fare qualunque cosa, Spike si china su di me.
    Le sue labbra scendono a sfiorarmi il collo, lente e delicate, per poi risalire lungo la guancia e mirare alla bocca. Siamo quasi sul punto di sfiorarci, quando improvvisamente realizzo, tutto d'un botto.
    Che diavolo stiamo facendo??!
    Lo spingo via da me, ma senza riusicre ad imprimere la forza che vorrei: "Spike... cosa...?" tento di protestare, ma la sua voce mi interrompe, privandomi ancora una volta di ogni difesa.
    "Ti prego Buffy... ne ho bisogno..." mi sussurra, e nei suoi occhi torna per un attimo l'angoscia che li ha popolati solo fino a poco fa. Quella nuova disperazione mi spiazza; e, assurdamente, trovo che cedere sia l'unica cosa sensata.
    Così mi lascio andare contro il cuscino e socchiudo gli occhi, in attesa. Sento il calore di quel corpo maschile scendere su di me, avvolgermi completamente, e il mio cuore batte più forte, mentre le nostre labbra si uniscono ancora, come alla festa. Ed assaporo di nuovo la stessa, irrazionale dolcezza, mentre la sua bocca trattiene la mia per un lungo istante, prima di lasciarla nuovamente libera.
    E' come baciare un fratello, un amico, un amante. E' tenero, romantico, assetato e rassicurante; è tutto questo insieme, perchè Spike è un fratello, un amico, un amante, è tenero, romantico, assetato e rassicurante insieme.
    Semplicemente, è il mio Spike.
    Ci sorridiamo a vicenda, rinfrancati, e improvvisamente sento che baciarlo sia stata la cosa più giusta, pulita e perfetta che abbia mai fatto.
    10 novembre

    Spike è finalmente tornato a scuola. E' passato a prendermi stamattina con un largo sorriso stampato in viso, e ha insistito perchè ci incamminassimo insieme. Ho provato a dirgli che non era obbligato a riprendere le lezioni, se non se la sentiva, che avrei tranquillamente potuto continuare a portargli gli appunti come stavo facendo; ma lui ha risposto, pacato e rassicurante, di essere pronto, e io non ho più avuto il coraggio di ribattere.
    Non ci siamo visti per tutto il giorno. Lui è all'ultimo anno, io al quarto, quindi non seguiamo gli stessi corsi; il che un po' mi preoccupa, a dir il vero. Avrei voluto essere presente per controllare l'andamento della routine scolastica. Posso solo provare ad immaginare quanto sia dura, per Spike, questa re-immersione nel mondo reale.

    Oggi pomeriggio sono andata da Willow per fare i compiti di inglese (versione ufficiale; in realtà, per concederci due belle chiacchiere tra amiche come non facevamo da un po'!).
    Parliamo praticamente di tutto, dalle sue esperienze sessuali con Oz (pare che, a discapito della placida apparenza, il rosso sia un vero stallone tra le lenzuola!), a quelli che lei definisce i miei "incontri ravvicinati" con Spike.
    Cerco di farle capire che non c'è stato alcun tipo di incontro, non come lo intende la sua piccola mente perversa; ma mi basta guardarla per capire che non la convinco.
    "Se è così, allora perchè hai lasciato che ti baciasse?".
    Ma che bella domanda. Mi prendo un attimo per pensarci, poi scuoto vigorosamente la testa: "Andiamo, Will! Avresti dovuto vederlo. Era devastato. Aveva bisogno di sentirmi vicina, e... bè, francamente non me la sono proprio sentita di negarglielo" confesso. Per sminuire la storia, poi, aggiungo altezzosamente: "Dopotutto, cosa vuoi che sia un semplice bacetto tra amici?".
    Ma Willow mi ride letteralmente in faccia: "Questa si che è bella! Tu, che al pigiama party stavi per farti scoppiare la testa tant'eri rossa, per lo stesso *semplice bacetto* , ora hai anche la faccia tosta di fare la donna di mondo con me?? E piantala, dai!".
    Io la guardo senza capire, fingendomi anche un po' offesa, mentre Will con un sorriso canzonatorio sul volto continua: "Vuoi sapere come la penso? Per me ci stai prendendo gusto. Non fare quella faccia, lo sai che ti conosco! E francamente comincio a pensare che ti piaccia un po' troppo baciare il tuo amichetto... quand'è che gli infilerai finalmente la lingua in bocca, così la farete finita con questa faccenda?".
    Resto a guardarla ad occhi sgranati, letteralmente allibita: "Will!" rantolo, troppo esterrefatta persino per urlare. Le sue spregiudicate imprese con Oz le hanno fatto davvero uno strano effetto! Non mi aveva mai parlato così prima d'ora. Comincio a notare qualche tragica somiglianza con Faith...
    Lei si limita a scrollare le spalle con naturalezza: "Bè? Vuoi forse dirmi che mi sbaglio? Insomma, da donna a donna... tu sai che Spike è decisamente un bel bocconcino, giusto?". Continuo a fissarla come un'ebete, mentre il fantasma di Faith s'impossessa del corpo della mia cara, pudica amica del cuore. "A dirla tutta, ho sempre pensato che sarebbe finita così, tra voi. Troppi anni passati a contatto in quel modo... dormire insieme, stile Joey e Dawson... era inevitabile che prima o poi scoppiasse la passione!" sentenzia, e a quel punto decido che ne ho sentite veramente abbastanza per un giorno solo.
    "Oh, diamine, la vuoi piantare?? Apri bene le orecchie, Miss Ora-Vedo-Il-Sesso-Dappertutto-Perchè-Ho-Un-Famelico-Ragazzo-Arrapato. Non c'è alcun tipo di passione tra me e Spike, è chiaro? Nessuna! Ci vogliamo un bene immenso e, si, indubbiamnete riesco a vedere che è un bel ragazzo... ma questo non cambia quello che provo. Nè per lui, nè per Angel" conlcudo con veemenza, pensando bene di rammentarle che la sottoscritta avrebbe anche un ragazzo. Ha, cioè.
    Ma Will non sembra impressionata, anzi, sbuffa sonoramente: "Oh, certo, il tuo fantastico figlio di papà con il senso dell'umorismo di un baccalà lesso! Coraggio, Buff! Lo sai anche tu che meriti di meglio. Andiamo, credi davvero che Naomi sia la persona adatta a te??".
    Resto per un attimo spiazzata, poi sospiro, affranta: "E adesso chi diavolo sarebbe Naomi?".
    Lei si morde discretamente il labbro inferiore: "Ops! Forse non avrei dovuto dirtelo!". In risposta al mio sguardo assassino, si decide a sbottonarsi. "Bè... non prendertela, ma... è così che chiamiamo Angel, noi ragazzi. Naomi. Sai, la Campbell. Per via dei tacchi. E per quel bel color Calimero che gli viene appena ti allontani dal suo radar di controllo" spiega, in un tono a metà tra un (falso) imbarazzo e una (verissima) ilarità.
    Bè, non ho veramente più parole.
    Per un attimo valuto l'ipotesi di ingaggiare un'inconcludente conversazione sul fatto che Angel è alto naturalmente, ma poi lascio perdere. Tanto non mi ascolterebbe, presa com'è a cianciare sulle mie future avventure erotiche col mio migliore amico.

    Appena tornata a casa mi concedo un bel bagno caldo e poi una lunga telefonata con il mio amore. Cerco di prestare attenzione alla conversazione in modo più critico del solito.
    Certo che ha senso dell'umorismo! Andiamo Buff, cosa stai pensando?? Non farti mettere stupide idee in testa.
    D'accordo, quella di Oz il Lupo che ulula durante il sesso non l'ha capita, però...
    Però io lo amo con tutta me stessa, ed è l'unica cosa che conta!

    ... Mi sento sessualmente frustrata.

    12 novembre

    Finalmente una bella notizia in questo posto d'inferno.
    Oggi il Vecchio Giles ha riunito tutte le classi del triennio per uno dei suoi "annunci". Ora, visto che solitamente si tratta di inutili proclami sulle finestre rotte dell'aula magna, o cose altrettanto affascinanti, nessuno era particolarmente predisposto all'ascolto. Ma abbiamo dovuto ricrederci, perchè stavolta la notizia meritava davvero la nostra attenzione.
    Il comitato studentesco, con la collaborazione di non-so-quale organizzazione che si occupa di informatica, ha proposto una bella gita di cinque giorni su alla Silicon Valley, per "toccare con mano lo stroardinario livello del patrimonio tecnologico del nostro Paese". In altre parole, una quasi settimana senza genitori guastafeste, nè compiti a casa, nè faccende domestiche, niente di tutto questo; solo un vasto branco di allegri studenti ansiosi d'apprendere (!). E' poco meno di un sogno, per noi, e poco meno di un incubo per i prof, a giudicare dalle espressioni orripilate con cui i matusa hanno accolto la notizia...
    Le classi coinvolte verranno divise in tre grandi gruppi, a prescindere però dall'anno scolastico, per "dare la possibilità a tutti di imparare, senza distinzioni di sesso o di età" (sembra un articolo della Costituzione!). I gruppi ci verranno comunicati solo domani, quindi nel frattempo tengo incrociate le dita e spero di capitare con i miei amici... non c'è niente di più triste che una gita in solitaria!
    13 novembre

    Oh, sisisisisisisisisisisisisisi!
    E' fatta! Sarò in gruppo con Will, Xander e Spike, e potremo addirittura dividere tutti insieme la camera!
    Non sto più nella pelle. Mamma e papà sembrano fin troppo felici di avere casa libera per tutto questo tempo, e comincio a temere che non sia poi una scelta tanto saggia lasciarli da soli in questa fase di inspiegabile fermento ormonale... Spero solo che abbiano un minimo di buonsenso, alla loro età!
    Willow ed io abbiamo già cominciato a fare mille progetti. E' la prima volta che stiamo lontane da casa per così tanto tempo, noi due insieme, e non oso immaginare cosa saremo mai capaci di combinare, lontane dai freni inibitori dei vecchi!
    L'unica cosa che mi dispiace è l'idea di lasciare Angel. Devo dire che l'ha presa molto bene, e, anzi, pareva entusiasta per me. Ma c'è qualcosa che non mi convince. E' stato troppo... arrendevole. La prossima volta mi chiederà di dormire con Spikey per confortarlo!
    A proposito di Spike. Temevo di essere costretta a lottare per convincerlo a venire, ma a quanto pare non è stato necessario. Tutt'altro. Ha racimolato i risparmi del padre (le sue ultime fonti di liquidità, prima della lettura del testamento, che si terrà solo al nostro ritorno) ed è già pronto a partire.
    Figurarsi che i miei si sono persino offerti di pagare il viaggio anche a lui, per assicurarsi che "avessi una compagnia fidata"... ma per favore!
    Cosa diavolo credano che possa succedere ad una semplice gita scolastica??


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    20 novembre - 1° GIORNO

    Creekside Inn, Palo Alto.
    Siamo partiti questa mattina ad un orario a dir poco indecente (le sette e mezzo), per non perdere completamente la giornata di soggiorno.
    La prima impressione del posto è stata davvero favolosa. Stavolta, bisogna proprio dirlo, la scuola ha fatto le cose per bene.
    Il Creekside Inn si trova nella contea di Santa Clara, "nel cuore della Silicon Valley", come dice il dèpliant, a soli 1.6 km dall'Università di Stanford. E' un posto intimo ed accogliente, lontano dal caos e dal traffico della valle, e c'è persino un ruscello con dei veri pesci! (Non sono propriamente abituata a questo genere di cose...)
    Ognuna delle 136 stanze è adibita ad ospitare fino ad un massimo di 3 allievi; ma Willow, parlando con la Calendar (la prof d'informatica, nonchè nostra accompagnatrice), è riuscita a convincerla a fare un'eccezione, sfruttando quel particolare feeling tra genietti matematici (qualcosa di cui non mi sono mai dovuta preoccupare).
    La camera è stratosferica. Oltre ai letti (un matrimoniale e due singoli) ci sono due scrivanie con computer, e la cosa bella è che possiamo navigare in Internet tutto il tempo che vogliamo! Dopotutto, questa è un'esperienza cybernetica, giusto...?
    Xander è riuscito a rompere la manopola dell'aria condizionata appena varcata la soglia; resta un mistero come ci sia riuscito! In ogni caso, dubito ne avremmo avuto bisogno in pieno novembre...
    Will è andata in visiblio per la fornitura gratuita del Wall Street Journal, e ha immediatamente cominciato una bella immersione finanziaria. Ci vuole coraggio ad interessarsi all'incremento dei soldi altrui!
    Siamo tutti a dir poco elettrizzati... tutti tranne Spike, che ha ricevuto una gran brutta bastosta.
    Nell'intero comprensorio è vietato fumare!

    Il pomeriggio è dedicato alla sistemazione. Disfiamo i bagagli, ci accapigliamo riguardo i letti e le scrivanie, lottiamo per il possesso del bagno e poi finalmente scendiamo a cena.
    Al Cibo Cafè (nome tipicamente californiano... come no!) sbafiamo senza ritegno tutto ciò che viene servito, senza neanche soffermarci sul sapore (che è comunque eccellente). Finita la cena, la Calendar parla col Vecchio Giles e, usando le sue raffinate arti seduttorie, riesce a convincerlo a lasciarci un po' di libertà.
    La prof ci accompagna a fare un giro dell'hotel. E' stratosferico. Ci sono due piscine, ma quella esterna è in chiusura stagionale. La sala riunioni è enorme, e arredata in modo da sembrare un gigantesco salone. Noto con piacere che c'è anche un bel centro fitness: almeno così potrò smaltire la cena!
    Terminato il mini tour, restiamo finalmente per conto nostro: possiamo andare a zonzo quanto ci pare, ma restando sempre entro i limiti del comprensorio. Il tempo per le escursioni verrà domani.
    Io, Xand, Willow e Spike ci separiamo dagli altri e girovaghiamo per conto nostro. Continuamo a scambiarci commenti entusiastici su tutto ciò che vediamo, mini market compreso.
    Ed è allora che a Xander viene una gran bella idea:
    "Ehi, sentite qui! Perchè non facciamo come in quei tipici telefilm americani e organizziamo un bel festino in camera??".
    Non ce lo facciamo ripetere due volte. Willow ed io saccheggiamo letteralmente il Driftwood Deli Market, mentre i ragazzi tornano al dormitorio ad allestire la stanza e diffondere la voce.
    Il night party è fantastico. In qualche modo riusciamo a stiparci tutti insieme, cosa tutt'altro che semplice, dati gli spazi ristretti. La birra corre a fiumi. Qualcuno ha anche portato un mini stereo, che allieta notevolmente l'atmosfera.
    Ma lo spasso viene bruscamente interrotto dall'agguerrita incursione dell'Orrido Snyder, il vice-preside, nonchè lacchè di prim'ordine di Giles, e undicesima piaga per l'umanità. Ci becchiamo una gran bella ramanzina, comprensiva di minacce d'immediato ritorno a casa, e poi tutti a nanna.
    Will ed io ci infiliamo insieme sotto le comperte del lettone, mentre Spike si chiude in bagno e Xander si addormenta sul pavimento. Restiamo sveglie a confabulare come cospiratrici russe in tempo di guerra; poi, vinte dal sonno e dall'alcol, finalmente ci addormentiamo.
    21 novembre - 2°GIORNO

    Tutti in piedi all'alba, come tanti soldatini.
    In realtà il risveglio non è poi così glorioso. I postumi della pseudo-sbornia si fanno sentire, e non c'è verso di abituare i nostri fragili organismi ad attivarsi alle sei e quarantacinque del mattino.
    Come automi, Will ed io ci infiliamo insieme in bagno per riasparmiare tempo, mentre Spike, che si è alzato quasi mezz'ora prima di noi, tenta disperatamente di smuovere Xander dalla sua comoda posizione sul pavimento.
    Dopo l'abbondante colazione al Cibo Cafè (con ogni probabilità la stoccata finale), indossati occhiali da sole e sorrisi rilassati lasciamo in pompa magna l'albergo.

    La mattinata trascorre nella più tipica atmosfera da film di fantascienza (o forse dell'orrore?): mastodontici impianti petroliferi, calcolatori giganti, computers ad alto voltaggio, geeks con caratteristici papillions, e poi computers, computers, computers...
    Per il pranzo ci fermiamo ad una specie di bettola futuristica che pare vendere qualunque cosa, tranne che cibo. Spike ne approfitta per godersi la tanto sospirata sigaretta (non aveva potuto farlo prima, durante l'escursione informatica, perchè c'era il rischio che saltassimo tutti in aria...), e come lui tutti gli altri fumatori, Orrido Snyder compreso. Per poco Willow ed io non moriamo di risate quando il viscido vice-preside tenta di accendersi la sigaretta, ma a causa dell'accendino regolato male finisce col dare fuoco ai capelli della cameriera!
    Il pomeriggio è un viaggio tra i colossi del mercato informatico moderno. Guidati da un'elettrizzata Calendar, visitiamo il quartier generale della Adobe e della Apple, passando poi per i grandi motori di ricerca come Google e Yahoo!, e infine il re della vendita online, eBay.
    Quando torniamo all'albergo abbiamo la testa così piena di diavolerie cybernetiche che diventa insopportabile persino la vista dei pc in camera.
    Dopo cena, ci viene concesso un bel tour di Palo Alto. Bello, poi, per modo di dire. Non che la città offra molto, in effetti. Qualche ristorantino un po' troppo caro, hotels e bed&breakfast, e nessun localino degno di nota. Tutto ad un tratto rimpiango il caro vecchio Bronze.
    Quando Xander le chiede cosa facciano qui i giovani per divertirsi, la prof.ssa Calendar arrosisce e, un po' intimidita, risponde: "Bè... a dir il vero credo vadano a S.Francisco".
    E così, è deciso.
    Domani S.Francisco by night!

    Tempo di andare a nanna. Will, elettrizzata per tutte le scoperte fatte in giornata (è stata l'unica su dozzine di studenti a prendere appunti) si addormenta di botto. Xander centra miracolosamente il letto e subito inizia a ronfare. Spike ed io ci diamo la buonanotte e sgusciamo nei rispettivi letti, ma nessuno dei due riesce a prendere sonno.
    Dopo un po' lo sento alzarsi e, un attimo dopo, le coperte mi vengono strappate via con foga dalla testa. Faccio per gridare, ma Spike si china a tapparmi la bocca. Mi fa cenno di tacere, accennando a Will che risposa al mio fianco, e mi prende fra le braccia, strappandomi al dolce tepore delle lenzuola per espormi alla fredda notte di novembre.
    Sempre tenendomi stretta a sè, mi conduce fuori dalla stanza, e poi lungo il corridoio in penombra. Quando siamo abbastanza lontani dal dormitorio, mi mette finalmente giù e mi lascia protestare:
    "Ti ha dato di volta il cervello?? Dove vuoi andare?".
    Spike mi sorride con aria innocente: "Oh, da nessuna parte, piccola. Ho solo creduto che questa notte meritasse il suo Raggio di Sole" declama poetico, ma io lo fisso disincantata.
    "Davvero molto romantico. Ora sputa il rospo!" lo incalzo, le braccia incrociate al petto.
    Spike lascia scivolare la mano nella tasca dei pantaloni della tuta, ed estrae sorridendo una delle sue amate Virginia Slim: "L'ultimo peccatuccio prima di andare a nanna, tesoro" mormora con fare seduttivo, e per un attimo mi chiedo se si riferisca alla sigaretta che ha in mano, oppure a... qualcosa di più peccaminoso.
    Bè, allora? E' normale! Sono una giovane donna nel pieno della sua maturità sessuale, e, come tale, sono spinta da certe pulsioni....
    Ripenso alla notte passata con Angel rotolando fra le lenzuola, e sospiro involontariamente.
    Spike si porta la sigaretta alle labbra e tira fuori l'accendino, ma io gli afferro il polso, bloccandolo: "Fermo! Non qui, è vietato" lo ammonisco severamente, guadagnando uno sbuffo e uno sguardo annoiato.
    "Va bene, va bene. Come vuole, commissario".
    Ripone l'accendino e mi fa cenno di seguirlo. Incespichiamo nella vegetazione immersa nel buio, cullati dallo scroscio dell'acqua del ruscello, e finalmente raggiungiamo i cancelli d'ingresso.
    Appena fuori dal comprensorio, Spike si concede il suo vizietto, ed io resto a guardarlo mentre esala un sospiro di sollievo: "Oh, diamine baby. Mi ci voleva proprio" commenta, visbilmente rinfrancato.
    Voltandosi scopre il mio sguardo fisso su di lui. "Bè?" chiede in tono di divertito stupore.
    Arrossisco senza una precisa ragione: "Niente. Stavo solo..." mi interrompo e rivolgo lo sguardo dritto davanti a me, dove la vegetazione si estende a perdita d'occhio. "Ti piace qui?" aggiungo precipitosamente, in un misero tentativo di cambiare argomento.
    Spike mi scruta per un attimo con diffidenza, poi si concentra a sua volta sul paesaggio circostante: "Non è male. Ma se vuoi la mia opinione, niente batte Vancouver" commenta, con uno strano sorriso sognante, che mi incuriosisce. In effetti, rimugino, non abbiamo mai parlato molto di quella vacanza.
    Resto a fissarlo con aria interrogativa, e lui spiega in risposta: "E' un posto incredibile. Davvero. Non ci sono altre parole per descriverlo. E' come se tutta la.... passione, la dolce violenza della terra si siano concentrate in un unico angolo di mondo" mormora, e i suoi occhi sono persi in ricordi agrodolci. Gli occorre un attimo per riscuotersi: "Ti ci porterò, un giorno l'altro" mi assicura, di nuovo col suo tono scanzonato "Te lo prometto".
    Gli sorrido, mentre vedo sul suo viso formarsi uno di quei consueti ghigni che gli vengono tanto bene: "E poi, le canadesi... dio, baby, avresti dovuto vederle! Fuoco allo stato puro" commenta con lussuria, passandosi la lingua sui denti nel rammentare dettagli che preferisco mi restino ignoti.
    Gli mollo una piccola botta sul braccio, sbuffando: "Possibile che tu non sappia pensare ad altro? Non dovresti parlare in questo modo, ora che sei un uomo impegnato!" lo ammonisco, tra il serio e il faceto.
    Ma la sua risposta mi spiazza.
    Con un sorriso rilassato, ma senza guardarmi, Spike annuncia laconico: "Harm ed io non stiamo più insieme".
    Strabuzzo gli occhi. Questa è esattamente una di quelle notizie che capitano quando meno te le aspetti.
    Lui nota la mia espressione e si concede un altro avido tiro alla sigaretta: "Troppe complicazioni. Diavolo, per essere una che salta da un letto all'altro, pare che al mio si fosse attaccata parecchio!" è il suo amaro sarcasmo.
    Improvvisamente mi sento atrocemente in colpa: "Dio, Spike, scusami... io...".
    Ma lui mi interrompe, scuotendo appena la testa: "Non preoccuparti. E' andata così".
    Si volta a guardarmi, e c'è una ben nota malinconia nel suo sguardo: "Dopo aver parlato con te... sai, il funerale e tutto il resto... ho capito che avevo bisogno di qualcosa di più. Harm non poteva darmelo. Per lei è sempre tutto così chiaro! Bianco o nero, e questo è quanto. Io voglio qualcuno che sappia distinguere le sfumature" mormora, e il mio cuore manca un battito. Oh, Will, quanto ti capisco...
    Spike trae l'ultimo sbuffo di fumo, e poi scaglia con precisione la cicca in un cespuglio vicino: "Sarà meglio tornare, adesso. Ti prenderai un accidenti con solo quello addosso" commenta squadrandomi con malizia, e all'istante arrossisco, stringendomi nella mia alquanto succinta camiciola da notte. Divertito, lui mi strizza l'occhio, per poi passarmi con tenerezza un braccio intorno alle spalle e ricondurmi entro i cancelli del comprensorio.
    22 novembre - 3° GIORNO

    Anche stamane sveglia col gallo, ma con prospettive ben più allettanti per la giornata: oggi a tutta S.Francisco!
    Dopo l'ormai consueto tran tran sveglia-bagno-vestizione-svegliaXander-CiboCafè , lasciamo l'albergo in pompa magna e raggiungiamo la stazione, dove prendiamo un bel trenino che ci porterà dritti dritti alla nostra gaia meta.
    Il programma della giornata è denso: prima lo zoo, poi il Golden Gate, seguito da pranzo al Fisherman's Wharf, capatina al museo d'arte moderna, e infine visita guidata del penitenziario di Alcatraz.
    Non avevo mai visto il Golden Gate prima. Devo ammettere che dalle foto non sembra imponente quanto risulta dal vivo. L'orrido Snyder ci ha informato, con un'inspiegabile nota di sadico entusiasmo nella voce, che questo ponte detiene un inquietante primato: pare sia la più gettonata location per il suicidio, da queste parti, proprio a casua dell'enorme fascino che esercita. Mi ha fatto venire la pelle d'oca, e ho istintivamente guardato verso Spike per controllare le sue reazioni: ha contratto per un attimo la mascella, ma poi è parso rilassarsi. Accidenti a Snyder.
    Ancora un po' angosciati, abbiamo raggiunto il Fisherman's Wharf, una sorta di enorme centro commerciale all'aperto, nei pressi del porto. Qui abbiamo completamente dimenticato vice-presidi assassini e ponti killer, tuffandoci in uan vera e propria baraonda consumistica oltre ogni limite. Will ed io non riuscivamo a credere ai nostri occhi. Ci sono più negozi qui che nell'intera Sunnydale! Comincio a capire perchè il motto di questo posto sia Shop 'Til You Drop!
    Dopo un bel pranzetto a base di pesce - un gran salto di qualità rispetto all'ordinaria cucina del Creekside Inn - siamo arrivati al museo. L'arte non mi ha mai appassionata particolarmente, anzi: credo di aver sviluppato una sorta di allergia a tutto ciò che comprenda tela e pennello, a causa del lavoro di gallerista di mia madre. Ma persino io sono stata costretta a ricredermi. Benchè non fossi abbastanza competente da apprezzarne il lato storico, sono rimasta davvero affascinata dalle opere di Matisse, cui è dedicata una mostra speciale proprio in questi giorni. Ho scattato centinaia di foto, così da poter documentare la valenza culturale di questa gita; e poi, so già che manderanno in visibilio la mamma (provocando invece in papà un *interessato* sbuffo dopo l'altro).
    Siamo riusciti a prendere il battello per l'isola di Alcatraz prima che facesse buio. Abbiamo incontrato la nostra guida - un tipetto smunto con la faccia butterata e un orrido accento orientale - al vecchio faro, per poi farci condurre all'ex carcere.
    Il mingherlino ci ha spiegato che nel '63 il penitenziario è stato chiuso chiuso per gli elevati costi, tanto che i politici arrivarono a sostenere che sarebbe costato meno mantenere ogni detenuto nell'hotel più lussuoso di NY. A questo paragone, fatto con un orgoglio a dir poco irritante, ci è stata immediatamente chiara la provenzienza dello smilzo, prontamente ribattezzato Small Apple. Se la Calendar se n'è accorta, ha fatto finta di non sentirci.
    Spike è rimasto stregato dai racconti sui tentativi di fuga. Avrà visto il film con Clint Eastwood almeno un miliardo di volte, e durante tutto il tragitto di ritorno non ha fatto altro che blaterare sulla possibilità di scavare un tunnel con un cucchiaino anche a scuola (prontamente spalleggiato da Xander, che pareva essersi alzato dal letto con l'unica prospettva di progettare il suo futuro criminale).
    Ma la notte è ancora giovane, e ci riserva una grandiosa sorpresa. Nonostante il dissenso di Snyder, il Vecchio Giles - che comincio a sospettare abbia un debole per Jenny Calendar - acconsente a lasciarci trascorrere la serata in uno dei night clubs della città.
    E così, dopo una rapida cena al take-away, ragazze (che vorrebbero disperatamente essersi vestite con più cura) e ragazzi (che vorrebbero disperatamente essersi lavati i denti dopo pranzo) si riuniscono al Matrix Fillmore di Fillmore Street.
    Spike ed io restiamo impalati a fissare l'insegna per non so quanto tempo, la bocca spalcnata, prima di deciderci ad entrare. Questo perchè il Matrix ha una storia musicale a dir poco pazzesca: ha ospitato persino i Doors, al culmine della loro carriera!
    Una volta entrati (fischiettando candidamente "Light My Fire"), Will, Spike, Xander ed io seminiamo abilmente i controllori (non sapevo davvero cosa significasse la parola "grottesco" prima di vedere il Vecchio Giles in un night club!) e spariamo tra la folla.
    Essendo giovedì, però, la clientela vera e propria scarseggia, così che la benamata Sunnydale High finisce col riempire quasi del tutto la sala. Io e Spike ci ritroviamo a ballare insieme, e lo stesso fanno Willow e Xander poco lontani.
    Ma... ehi, aspetta un attimo...
    Afferro convulsamente il braccio di Spike: "Oh mio dio! Spike! Guarda!".
    Lui aggrotta la fronte e segue il mio sguardo. E sono lieta di vedervi lo stesso stupore che c'è nel mio.
    Spike emette un piccolo fischio: "Però! Non perdono tempo, i colombi".
    Inorridita, resto a fissare impotente Willow e Xander avvinghiati, che si baciano con passione crescente. E' uno spettacolo orribilmente innaturale, ed è così.... sbagliato, ecco!
    Prendo Spike per mano e gli faccio segno di seguirmi. Attraversiamo insieme la pista, fino a raggiungere un angolo più appartato, dove sediamo sui piccoli divanetti.
    "Ma, dico, li hai visti?? Sembrano dover battere un qualche specie di record... limonifero!" sbotto, infastidita dal non aver trovato un aggettivo più incisivo.
    Spike sbuffa, a metà tra il divertito e l'annoiato: "E allora? Andiamo, era solo un bacio!".
    "Solo un bacio?? Solo un bacio?! Oh, no, io quello non lo definirei proprio solo un bacio, Spike! Quello era... sesso senza sesso!" scatto istericamente. Dio santo. Divento sempre più nevrotica, rimugino, in un raro attimo di lucidità.
    Spike alza gli occhi al cielo, esasperato: "Per amor del cielo, Buff! Si può sapere qual è il tuo problema?" inquisisce, e non si può certo dargli torto, riconosco.
    Sporgo il broncio versione bimba capricciosa: "Il mio problema è che la mia migliore amica sta tradendo il suo adorato ragazzo con uno che dorme sul pavimento e sogna di diventare Clint Eastwood! E che lui, a sua volta, sta tradendo la sua folkloristica ragazza ninfomane con la sua più cara amica dai tempi dell'asilo! Ecco qual è il mio problema" concludo incisiva.
    Ma non lo inganno nemmeno per un istante.
    Spike solleva il suo celeberrimo sopracciglio sinistro: "Ma davvero? E' proprio questo che ti da tanto fastidio? O forse centra di più un mortale invidia, dovuta al fatto di essere qui tutta sola, senza il tuo cavalier servente in boxer di seta?" mi schernisce, e, tanto per cambiare, arrossisco.
    Gli mollo uno scapaccione dietro la nuca: "Non fare l'idiota!" borbotto "Angel no...".
    "Angel si!" mi redarguisce severamente, e per una volta ho il buon gusto di stare zitta.
    Lo vedo sospirare, poi Spike si alza dal divano e mi tende una mano, un sorriso amichevole in volto: "Coraggio, baby. Non sarò un granchè come sostituto di Naomi, ma posso almeno provarci" commenta, strizzandomi l'occhio. E questa sua aria tenera e scanzonata, così consona allo Spike che conosco, mi strappa un sorriso e mi convince a rituffarmi in pista.
    E poi, rifletto tra me e me, non è come se dovessi vergognarmi a ballare con lui. Tutt'altro. I tre quarti della popolazione femminile del locale lo stanno mangiando con gli occhi (e il rimanente quarto comprende quelle girate di spalle). Per non parlare del fatto che è un ballerino invidiabile.
    Compiaciuta, mi godo la sensazione di essere al centro del'attenzione, e ne approfitto per strafare un po', ballando col mio cavaliere in modo più seduttivo del solito. Non riesco a resistere alla tentazione di farle esplodere tutte di rabbia.
    Sinuosamente, mi abbandono fra le braccia muscolose che mi sorreggono, ancheggiando provocante. Spike mi fa voltare, abbracciandomi poi da dietro, e assecondando i miei movimenti. C'è una sincronia perfetta tra noi, e mi ritrovo a rilassare il capo sulla sua spalla.
    Il calore delle sue labbra accanto al mio orecchio mi riscuote di botto: "Attenta, dolcezza. Qualcuno potrebbe pensare che cerchi di sedurmi".
    Alzo lo sguardo ad incontrare quello di Spike, e gli sorrido civettuola: "E se così fosse...?".
    Lo vedo ghignare: "E se così fosse...".
    Prima che possa rendermene conto, le sue labbra scivolano sul mio collo, dischiudendosi appena. La sua lingua mi accarezza delicatamente la pelle, proprio nel suo punto più sensibile, e inavvertitamente sospiro. Posso sentirlo sorridere contro di me: "Non incoraggiarmi piccola. Potresti non riuscire a fermarmi".
    Per un attimo sono quasi tentata di provocarlo ancora. Ma realizzo improvvisamente lo spettacolo che stiamo dando all'intera scuola, quindi mi rigiro nella sua stretta e torno a fronteggiarlo direttamente: "Meglio non comprometterci, adesso" bisbiglio al suo orecchio "Credo ci siamo divertiti abbastanza per stasera" aggiungo, accennando compiaciuta agli sugardi assassini che le nostre compagne ci lanciano.
    Spike ricambia il sorriso: "Ai tuoi ordini, riccioli d'oro". Il suo sguardo si intorbidisce per un attimo, per poi illuminarsi dela sua costante espressione maliziosa: "E, prima che me dimentichi....".
    Si china ancora su di me, proprio mentre la musica si spegne sulle sue ultime note: "... hai un profumo divino, tesoro" conclude, ad un soffio dalle mie labbra. Nel ritrarsi mi strizza l'occhio, per poi lasciarmi sola al centro della pista, circondata da occhi velenosi e volti verdi d'invidia.
    Sorrido, sentendomi un po' sciocca, ma inspiegabilmente serena.
    Non ho pensato ad Angel neppure una volta, durante gli ultimi istanti.
    23 novembre - 4°GIORNO


    E così, eccoci qua.
    Ultimo giorno al deliceseument Creekside Inn. Devo ammettere che mi mancherà questo posto. Sarà un po' strano tornare alla cara, vecchia Sunnydale, alle nostre vite quotidiane. Ma ciò che mi fa davvero male è pensare all'accoglienza che troverà Spike.
    Il programma di oggi comprende un tour più "culturale" di Palo Alto. Il Vecchio Giles ha insistito che non perdessimo quest'ultima occasione per guardarci intorno, così ci ha organizzato una bella visitina al campus della Stanford University. Alcuni tra i ragazzi più dotati della Sunnydale High hanno scelto questo college, il che pare lo renda particolarmente orgoglioso.
    Personalmente, non potrei essere più disinteressata. Ho ancora un anno per preoccuparmi di queste cose.
    Ad ogni modo, il nostro beneamato preside è riuscito persino ad organizzarci un incontro con uno stimato docente. Il quale, dopo averci spaventosamente annoiati per un'ora intera decantando le meraviglie del suo sancta sanctorum (neanche il signor Stanford, chiunque sia, parlerebbe in questo modo di un semplice edificio in mattoni), ha poi avuto la brillante idea di suggerirci una seconda tappa: il quartiere dei professori!
    Dall'intera combriccola si è levato un fragoroso boato di disappunto, e mi è sembrato che la Calendar fosse sinceramente dispiaciuta per noi. Ma purtroppo neanche il suo fascino è valso a far cambiare idea al Vecchio Giles, che, a dir poco elettrizzato da questa allettante prospettiva, ci ha trascinati tutti in pompa magna verso Professorville, il quartiere più deprimente del mondo!
    Accompagnati dai nostri confortanti pensieri omicidi, ci rassegnamo al triste destino. Viviamo momenti di puro panico quando, sulla via verso il Golgat... ehm... Professorville, c'imbattiamo nell'imponente Hoover Tower, dotata di un affascinante museo storico. Giles sembra entusiasta, ma fortunatamente le espressioni di puro orrore dipinte sui nostri volti - insieme alle sottili arti persuasorie di "Jenny" - lo convincono a desistere dal suo osceno proposito culturale.
    Giunti a destinazione, troviamo ad attenderci esattamente quant'era ragionevole aspettarci: due file di case tutte uguali, con i loro curratissimi giardinetti e i comignoli dei camini (quando mai useranno un camino, da queste parti??). In qualche modo riusciamo ad evitare la prospettiva di passare porta porta, alla ricerca di qualche vecchio docente fanatico intenzionato a concederci qualche perla di saggezza Stanfordiana, e torniamo con gran sollievo all'albergo.
    Dopo il pranzo (il nostro ultimo pranzo al Cibo Cafè... quanto mi mancherà questo posto!) ci rintaniamo nelle rispettive camere per preparare i bagagli. Quelli femminili hanno tutti la stessa caratteristica: sembrano containers navali, pesanti quanto carichi di piombo raffinato. Quelli maschili, invece, hanno le dimensioni di colbacchi russi, e pressappoco lo stesso quantitativo di peluria.
    Personalmente, non ho mai capito perchè all'andata sia tanto facile - con l'aiuto dell'esperienza di mamma e del peso piuma di papà - chiudere la valigia, mentre al ritorno costituisica una sorta di Mission Impossible di prim'ordine. Scommetto che Tom Cruise, però, ha qualcuno che si occupa di queste cose per lui!
    Alla fine, in un modo o nell'altro, stipando regalini vari negli zaini semi-vuoti di Spike e Xander, riusciamo a sgombrare la stanza, e per ora di cena ci riuniamo di nuovo tutti insieme nella hall, col proposito di concederci, in occasione della nostra ultima serata di permanenza, una bella cenetta all'adorato Fisherman's Wharf.
    I tempi d'attesa tra una portata e l'altra, però, sono allucinogeni; così, per ingannare il tempo tra il primo e il secondo, propongo a Willow una bella passeggiatina sul molo.
    In realtà, il mio perfido proposito è un altro: non ho ancora avuto modo di affrontare con lei la questione del bacio con Xander, in discoteca, e ho tutta l'intenzione di venirne a capo prima di tornare a Sunnyhell.
    Così, mentre siamo qui, camminando tranquillamente per il lungomare, introduco l'argomento con gran disinvoltura, partendo alla lontana: "Allora... ieri sera è stato proprio fantastico, vero?".
    Willow annuisce entusiasticamente: "Puoi dirlo forte. Erano secoli che non ridevo così. Xand è un ballerino assurdo, lo guardava tutto il locale... è stato pazzesco, davvero!".
    Mi fermo improvvisamente e la guardo, e stavolta sono serissima: "Immagino. E, dimmi, è anche un assurdo baciatore??".
    Sette diverse gradazioni di rosso passano sul viso di Will, mentre comprende le implicazioni della mia domanda: "Oh... ah... un... cosa..." . Riprende fiato: "Bè... a quanto pare, ci hai visti".
    "Si, vi ho visti" sbotto. "E non mi è piaciuto affatto lo spettacolo".
    Lei si morde il labbro: "Ascolta Buffy... io so di aver sbagliato... insomma, ci siamo comportati da veri immaturi, ma... Tu mi conosci. Andiamo, lo sai sai che ho questa... specie di cotta per Xander da secoli, ormai. E' solo...".
    "Ma tu stai con Oz ora!" protesto con vigore, e mi compiaccio nel vederla arrossire di nuovo.
    "Lo so. Lo so, e, credimi, io tengo davvero tanto a lui. Ma Xander... è un po' il mio sogno proibito, capisci?".
    Non riesco a trattenere una smorfia di disgusto, nel pensare a Xand come il sogno proibito di qualcuno.
    Will se ne accorge e si mette sulla difensiva: "Non guardarmi in questo modo. In fondo, è un po' come tra te e Spike, giusto? Voglio dire, ho visto come ballavate, ieri sera, e francamente non mi sembra che tu sia nella posizione di fare prediche, Miss Pudicizia!" ringalluzzisce, evidentemente fiera di aver trovato un punto su cui controbattere.
    Ma provvedo a smontarla rapidamente: "Spike ed io stavamo solo scherzando. L'abbiamo fatto per divertirci alle spalle di tutte quelle ochette che gli sbavavano dietro mentre ballava" spiego, ma l'espressione di malizia sul viso della rossa non cambia di una virgola.
    "Ma davvero? Quindi, era tutta una finzione? Era finto il modo in cui ti toccava, era finto il modo in cui ti strusciavi contro di lui? Andiamo Buff. Non credermi così stupida da non capire. Puoi non volerlo ammettere, ma devi rendertene conto. C'è qualcosa, tra te e Spike, molto più di quanto tu non creda. E, sai una cosa? Comincio a pensare che lui l'abbia notato, che cerchi in ogni modo di aprirti gli occhi". Tace per un istante, per poi aggiungere, la voce improvvisamente grave: "Anche sfruttando a suo favore la morte del padre".
    E qui sento qualcosa scattare in me. Non ci penso su un attimo. Allargo il braccio, e poi accade. Un sonoro ceffone colpisce la guancia della mia migliore amica, e sono stata proprio io a tirarglielo.
    E non mi pento affatto.
    Will si tiene la zona colpita, guardandomi incredula: "Buffy!".
    La fisso, priva di alcun tipo di rimorso: "Questo è tutto ciò che ti meriti per aver insinuato una cosa tanto orribile. Forse non sei la persona che credevo, Will Rosenmberg" concludo a denti stretti, per poi girare sui tacchi e tornare in fretta al ristorante.
    Lungo la strada, però, l'euforia del momento passa, e mi ritrovo a singhiozzare disperatamente.
    Perchè, perchè ha dovuto dire una cosa del genere?? Spike ha attraversato l'inferno, e se comincia ad uscirne è solo grazie alla meravigliosa, innocente amicizia che ci lega. Non riesco a credere che si possa infangare in questo modo una cosa così preziosa.
    Presa da questi pensieri, quasi non mi rendo conto di essere arrivata in prossimità del Fisherman's, e fiinisco con lo sbattere contro qualcosa di solido e fresco. Qualcosa che prfuma di cuoio.
    Balzo all'indietro, pronta a chiedere scusa all'estraneo per la mia sbadataggine, ma un attimo dopo mi ritrovo stretta fra le braccia del mio Spike, piangendo come una bimba sulla sua spalla.
    "Shh... shh, piccola, calmati... sta tranquilla. Va tutto bene. Va tutto bene adesso" mi sussurra, accarezzandomi i capelli, e questo mi fa piangere ancora di più. Come ha potuto Willow?? Come ha potuto??
    Alla fine, riesco a calmarmi abbastanza da riprendere la parola. Tra un singhiozzo e l'altro, gli racconto del litigio, omettendo però particolari che potrebbero ferirlo, come hanno ferito me. Ma Spike continua a guardarmi perplesso: "Quindi, questo è tutto? Avete litigato perchè lei ha baciato Xander? Sei proprio sicura che non ci sia altro?!" insiste, sempre più sospettoso, e alla fine cedo.
    Tiro rumorosamente su con il naso e comincio: "Bè, a dir il vero... lei ha detto... insomma, ha insinuato che...". Ma noto che lo sguardo di Spike non è più su di me, bensì su un punto preciso alle mie spalle.
    Mi volto di scatto e vedo Willow, pallida e vistosamente affranta: "Buffy...".
    Non voglio starla a sentire. Le do di nuovo le spalle e mi rivolgo a Spike: "Torniamo dentro, o ci manderanno a cercare".
    Ma lui si morde la lingua e mi blocca, prendendomi per le spalle: "Tesoro... io penso che prima dovresti fare una chiacchierata... con qualcuno che non sono io. Sta tranquilla, giustificherò io la vostra assenza col Vecchio". Si china su di me e ruba alle mie labbra un piccolo, tenerissimo bacio. Mi si scioglie letteralmente il cuore. Spike è insostituibile. Non riesco neppure ad immaginare la mia vita senza le sue piccole, grandi attenzioni.
    Gli sorrido riconoscente - ignorando la parte di me che impone di ribellarsi - e resto a guardarlo mentre volta le spalle e sparisce oltre la porta a vetri del locale.
    Prendo un profondo respiro e mi giro a fronteggiare Willow. La sua espressione è così mesta e mortificata che mi intenerisce all'istante: "Will...".
    "No, Buffy. Lascia parlare me, ti prego". Fa un passo nella mia direzione, ma poi si blocca, incerta: "Vorrei solo dirti che mi dispiace. Davvero, non ho mai pensato quello che ho detto... sul fatto che Spike cerchi di approfittarsi di te. Immagino che parte di me sia solo invidiosa del vostro rapporto, dato che voi siete così legati, mentre Xander ed io..." Si ferma per un attimo, poi prosegue, ma a capo chino, imbarazzata: "Xander ha detto che baciarmi è stato solo un errore, e che non si ripeterà più. Lui è davvero innamorato di Anya, ed io... sono stata solo un distrazione. Sai, lei non c'era, e lui era giù di corda. Mi ha ringraziata per essergli stata vicina, ma questo è quanto. Non è cambiato nulla per lui" conclude in tono sfibrato, e istintivamente la raggiungo e la prendo fra le braccia.
    La sento piangere sommessamente, e la stringo più forte: "Mi dispiace Willow. Dico sul serio. Mi spiace che sia finita in questo modo". La scosto leggermente e poi le sorrido con simpatia: "Ma, ehi, guarda il lato positivo! Ora sei finalmente libera di ricongiungerti ad Oz senza rimpianti. Quest'esperienza ti ha insegnato che i sogni sono splendidi finchè restano tali, ma alla fine la realtà è l'unica cosa che conta". Le sistemo una ciocca rossa dietro l'orecchio, guardandola con tenerezza: "Oz ti ama, Will. E anche tu lo ami. Non sprecare questo miracolo per rincorrere un' illusione" concludo, usando una delle più frequenti massime di mia madre.
    Lei mi sorride, ancora un po' triste, ma già più fiduciosa: "Dici che mi ama? Mi ama davvero?".
    Scoppio a ridere: "Accidenti a te, dopo tutti questi anni hai ancora dei dubbi?!" la rimprovero bonariamente, e noto con gioia che lei ride con me.
    "Hai ragione tu" concorda, e poi mi prende le mani, stringendole con calore: "Graize, Buffy. E scusami ancora. Ti voglio bene".
    "Te ne voglio anch'io, Rossa" la tranquillizzo, perdonandola senza esitazioni.
    Ci abbracciamo per l'ultima volta, prima di tornare al ristorante, dove un delizioso fish and chips ormai freddo ci attende, insieme al caldo affetto dei veri amici.
    24 novembre -

    5° GIORNO... E POI TUTTI A CASA


    Ultimo giorno. E, per non smentire le sane tradizioni nord-californiane, anche oggi sveglia all'alba.
    Spike ed io ci concediamo una bella passeggiata nel comprensorio, prima della partenza. Lui vuole sapere tutto del mio litigio con Will, ed io vorrei conoscere le sue intenzioni ora che ritornerà a casa.
    Comincio per prima. Stavolta non ometto proprio nulla, e lui resta a sentirmi senza fiatare fino al termine del racconto. Alla fine lo guardo con curiosità, aspettando la sua reazione, ma lui si limita a sorridere e a scrollare le spalle: "Dovreste trovarvi qualcosa di più sensato da fare, voi donne" è lo stoico commento.
    Lo fisso imbronciata: "Come sarebbe a dire?? Nel caso non l'abbia notato io ho difeso il tuo onore, oltre alla nostra amicizia!" piagnucolo, e lui mi guarda con il solito sopracciglio inarcato.
    "Ma davvero? Oh, bè, in questo caso mi scusi tanto, milady" mi prende in giro, accennando una profonda riverenza.
    Sbuffo: "Ridi, ridi pure. Intanto tu non avresti mai fatto a pugni per me!" lo sfido, ma la sua risposta mi sorprende.
    Con un sorriso vagamente mellifluo in volto, Spike replica: "Io non ci giurerei, baby. Non sai cosa sono stato sul punto di fare, quando ho visto il tuo dolce orsacchiotto comportarsi come un maiale sul divano del mio soggiorno" confessa, e io lo guardo incuriosita, incalzandolo a continuare. "Dico sul serio, stavo per mettergli le mani addosso. Nessuno può giocare al dannato dottore arrapato con la mia piccola, men che meno in casa mia!" sbotta indignato.
    Ripensando alla performance mia e di Angel al pigiama party, arrossisco seduta stante. D'accordo, colpita e affondata!
    Tento ugualmente di difendere l'onore del mio uomo: "Angel stava solo... cercava di...".
    "... di scoprire cosa si prova a scoparsi una minorenne davanti ai suoi amici pudibondi? Ma che nobili intenti!" m' interrompe sarcasticamente, e stavolta lo guardo scocciata.
    "Non mi piace che parli in questo modo di lui. Angel è un bravo ragazzo...".
    "Un brav'uomo" mi corregge, guadagnandosi un'occhiata truce.
    "... e non ha fatto proprio nulla per meritarsi questo trattamento" concludo arricciando le labbra.
    Spike mi osserva per un attimo, probabilmente per decidere come comportarsi, poi mi si avvicina e mi attira dolcemente a sé per la vita: "Ehi. Guardami, Buffy. Io non farei mai nulla per ferirti. Se non vuoi che scherzi su Angel, d'accordo, non lo farò. E' solo il mio istinto virile che straparla, ma cercherò di tenerlo a bada per te!".
    Questa è bella! "Il tuo istinto virile?" lo schernisco. "E da quando in qua ne hai uno?!".
    Lui mi sorride maliziosamente, leccandosi le labbra: "Da adesso!".
    E in quella si avventa sulla mia bocca, stranamente appassionato, direi. Le sue mani viaggiano ad accarezzarmi la schiena, fino ai capelli, per poi ridiscendere a cullarmi dolcemente per i fianchi. Il tutto mentre la sua bocca s'impossessa della mia, giocando morbidamente con le mie labbra, prendendole tra le sue, succhiandole a tratti. Gli allaccio le braccia al collo per ricambiare le sue carezze, ma questo pare incoraggiarlo.
    La sua lingua mi sfiora appena la bocca, per poi tornare all'attacco, più sicura e insistente, chiedendomi un permesso che non posso accordarle.
    Mi tiro indietro di scatto, sciogliendomi dalla presa: "Spike!".
    Lui mi sorride sornione: "Hai appena fatto la conoscenza del signor Istinto Virile, tesoro. Lui è davvero molto contento di conoscerti. E tu?".
    Lo fisso con diffidenza: "Istinto Virile, eh?".
    Lui mi strizza l'occhio: "O 'pulsioni sessuali', se preferisci!".
    Sbarro gli occhi, sinceramente interdetta, mentre lui scoppia a ridere e mi cinge le spalle col braccio, per poi dirottarmi nuovamente all'hotel.
    Durante il tragitto, però, resto in silenzio, tacitamente turbata.
    Non ho mai creduto ci fosse qualche sorta di pulsione sessuale, tra me e Spike. Le parole di Willow continuano a rieccheggiarmi nella mente, per quanto mi sforzi di cacciarle.
    Dovrò tenere gli occhi più aperti, d'ora in avanti.


    Il viaggio di ritorno prosegue senza grandi intoppi, Oh, bè, a parte l'inspiegabile sparizione del costoso bagaglio a mano di Cordelia, che conteneva esattamente dieci diverse lozioni per il corpo, almeno trenta foulards francesi e un intero set di imbottiture da reggiseno!
    Wilow ed io ci abbiamo riso su per tutto il tragitto.
    All'aeroporto ciascuno di noi ritrova i propri parenti ad accoglierli. Comincio ad essere nervosa per Spike, quando realizzo che per lui non ci sarà nessuno.
    Ma, per fortuna, i miei sono venuti entrambi, e si comportano come se Spike fosse figlio loro: lo aiutano a portare i bagagli e gli chiedono del viaggio, così che un qualunque occhio esterno non faticherebbe affatto a considerarci una famigliola felice.
    All'uscita del terminal ci stipiamo tutti in auto e partiamo. Durante il percorso la mamma non fa che bombardarci di domande, ma nè io nè Spike sembriamo molto locquaci. La verità è che io ho fatto di tutto per evitarlo, dopo il bacio di stamattina, e lui dev'essersene accorto, perchè continua a guardarmi con l'aria di un cane bastonato.
    Quando arriviamo davanti Casa Atwood, papà rallenta, evidentemente indeciso sul da farsi. Vedo Spike contrarre la mascella, mentre fissa la facciata esterna della villetta, poi la sua voce rompe il silenzio: "Va bene così, Hank, grazie. Puoi lasciarmi qui".
    Papà decelera ulteriormente, ma ancora non si decide a fermarsi: "Ne sei sicuro, Willliam? Insomma, casa nostra è sempre aperta, lo sai...".
    E Spike si volta verso di me. E i suoi occhi chiedono un permesso che non ho il diritto di dargli.
    Mi volto verso il finestrino per sfuggirgli, e lo sento sospirare: "Ti ringrazio, ma voglio disfare al più presto questi bagagli, e farmi un bel bagno caldo".
    Stringo i denti nel tentativo di allontanare le peccaminose immagini di Spike completamente nudo immerso in un mare di schiuma. Calmati, impongo a me stessa. Pensa ad Angel.
    Pulsioni sessuali. Pulsioni sessuali.
    Chiudo gli occhi e prendo un bel respiro. Dal mondo esterno mi arrivano ovattati suoni familiari: lo stridio delle gomme sull'asfalto, il clangore della portiera che viene aperta, i passi di papà sul selciato, lo scatto all'apertura del portabagagli.
    Riapro gli occhi, convinta che il peggio sia passato, e ne trovo un paio blu oceano che mi fissano intensamente al di fuori del finestrino. Improvvisamente realizzo di dover dire qualcosa, di dover formulare una sorta di saluto; così, attraverso il vetro, mimo un 'Ciao' stentato, per poi tornare a voltarmi dall'altra parte.
    "Che problemi avete, tu e William?".
    La voce della mamma mi riscuote di botto: "Cosa?".
    Lei si volta per affrontarmi meglio: "Quello che ho detto. Vedi, tesoro, le madri notano certe cose. Non vi siete rivolti la parola da quando siete scesi dall'aereo. Tu hai permesso che lui tornasse in quella casa vuota e triste da solo, e lui non ti ha salutata prima di andare". Si ferma per scrutarmi: "Qui, i casi sono due. O avete litigato, oppure c'è qualcosa di losco sotto".
    Losco? Mi acciglio: "Di cosa stai parlando??".
    La mamma fa per ribattere, ma il rientro in machina di papà tronca la conversazione. Lei si morde la lingua e mi fa cenno di parlarne dopo.
    Papà lotta sbuffando contro la cintura di sicurezza: "Non capisco davvero perchè tu non abbia chiesto a Will di restare. Bah! I giovani d'oggi!".
    Roteo gli occhi, mentre mamma ridacchia sommessamente. Ecco cosa mi tocca sopportare, per quel dannato istinto virile!


    Stasera rivedo finalmente il mio Angel. Ho sentito davvero tanto la sua mancanza, anche se... bè, sarebbe da ipocriti dire che non ho pensato ad altro.
    Il suono del campanello è un tuffo al cuore. Mi precipito letteralmente giù dalle scale, ma il mio atletico padre mi ha già preceduta alla porta.
    Angel se ne sta dritto sulla soglia, tutto vestito di nero, bello come una visione. Mi aggrappo al corrimano per non perdere l'equilibrio, quando lo vedo tendere la mano con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia: "Lei dev'essere il padre di Buffy. Buonasera, signor Summers. Io sono Angel, il ragazzo di Buffy. E' un vero piacere conoscerla, finalmente".
    Questo turbinio di parole, dette con la consueta sicurezza, destabilizzano alquanto papà - che probabilmente è andato ad aprire solo perchè pensava fosse la nostra vicina sexy, quella che anche in pieno novembre va in giro con shorts e bikini. Farfugliando qualcosa di pressocchè incomprensibile, stringe con riluttanza la mano e poi bofonchia: "Si, bè, non ti sembra un po' tardi per venire a bussare? Voglio dire - " si riprende, realizzando che il sole splende ancora alto in cielo "Buffy è appena tornata, e sarà probabilmente troppo stanca per...".
    E' il momento buono per interrompere: "Non preoccuparti, papy!".
    Salto giù dal gradino e volo fra le braccia del mio attonito genitore: "Non sono affatto stanca. Sarò di ritorno prestissimo. Dì tu alla mamma che sono uscita, ok? Ti voglio bene" concludo stucchevolmente, stampandogli un bel bacio sulla guancia. Questo lo lascia tanto allibito da permettermi di sgattaiolare via con Angel e chiudere la porta, prima che abbia il tempo di aggiungere qualunque altra cosa.
    Una volta fuori, lontani da occhi indiscreti, getto le braccia al collo del mio ragazzo e lo bacio appassionatamente. Lui mi stringe con calore, ricambiandomi. Quando ci stacchiamo, Angel mi posa un leggero bacio sulla punta del naso: "Non hai idea di quanto ti ho pensata, gattina. Mi sei mancata da impazzire."
    Lo bacio di nuovo, per poi prenderlo per mano e lasciarmi guidare verso la sua Viper. "Genitori protettivi, eh?" commenta allegramente, e io alzo gli occhi al cielo.
    "Puoi dirlo forte. E non hai ancora conosciuto la mamma!".
    Lui ride di gusto: "Fortuna che io ho superato questa fase!".
    Mi apre la portiera e poi si accomoda al mio fianco: "Allora, dove ti porto per festeggiare il tuo ritorno? Pensavo ad un bel posto tranquillo, dove parlare in pace".
    Lo scruto attentamente, ma non c'è traccia di malizia nella sua espressione. Davvero tutto ciò che ha in mente è parlare?
    Anche se un po' delusa, non discuto e mi affido a lui. Durante il tragitto gli espongo un racconto sommario, ma divento evasiva quando mi chiede di Spike.
    In qualche modo riesco a sviare la sua attenzione, e accolgo con sollievo la proposta di fermarci al locale di suo padre, che, essendo nel suo giorno di chiusura, rappresenta il posto ideale per un téte-à-téte.
    Cuciniamo insieme, divertendoci a sporcarci di cibo a vicenda, ma poi perdiamo di vista le nostre priorità, ed io mi ritrovo seduta sul bancone, le cosce allacciate ai fianchi di Angel, mentre le sue mani vagano per tutto il mio corpo e la sua lingua mi esplora.
    "Cavolo... mio padre ci cucina qui sopra!" mugola Angel tra un bacio e l'altro, ed io, per tutta risposta, sbottono rudemente i suoi jeans ed estraggo il suo membro eretto, pompandolo leggermente su e giù: "Allora forse dovresti fermarmi...".
    Lui geme rumorosamente, ma poi la sua mano saetta a bloccare la mia, ancora fra le sue gambe: "Buffy, aspetta".
    Lo guardo senza capire. No, dico, davvero mi ha fermata per non sporcare il bancone??
    I suoi occhi mi fissano, sinceramente addolorati: "Io... devo dirti una cosa".
    Oh no. Oh, no. Non è mai un buon segno quando un ragazzo dice di doverti dire qualcosa. Non se lo fa con questo tono, soprattutto.
    Lascio i suoi jeans come se mi fossi ustionata e scendo dal bancone. Non voglio guardarlo in faccia mentre mi dice che mi ha tradita, che ha approfittato della mia assenza per infilarsi nlle mutande di un'altra, che...
    "Io... ci ho pensato a lungo mentre non c'eri".
    Fantastico. Inizio promettente.
    Chiudo gli occhi per fermare le lacrime che minacciano di uscire da un momento all'altro.
    La sua voce continua a bucarmi il cuore, sotto forma di piccoli dardi appuntiti: "Tu sei una ragazza straordinaria, Buffy, davvero. Sei così diversa da chiunque altra abbia mai conosciuto, e...".
    Smettila. Smettila, dannazione! Dimmi quello che devi dirmi e facciamola finita con queste sviolinate!
    "... ed io credo... credo che dovremmo sposarci".
    ...
    ...
    No, aspetta, che cosa ha detto??
    Mi volto di scatto, gli occhi sgranati. Angel si affretta ad anticiparmi: "Ok, ok, ascolta, so cosa stai pensando. Pensi che è troppo presto, che tu sei troppo giovane, che non ci conosciamo abbastanza e che sto correndo troppo. Ma, Buffy... tu sei tutto quello che ho sempre voluto dalla vita. Cerco una come te da sempre, e ora ti ho trovata. Sarei un folle se ti lasciassi scappare così" mormora, avvicinandomi lentamente. Mi posa le mani sulle spalle, per poi lasciarle correre ad accarezzarmi le braccia: "Io ti amo, Buffy Ann Summers. E voglio sposarti. Voglio passare il resto della mia vita con te". I suoi occhi mi scrutano, pieni di una dolcezza struggente che mi da piccoli brividi in tutto il corpo: "Ti prego, dimmi che è ciò che provi anche tu. Dimmi che non sono il solo ad aver capito quanto forte sia ciò che ci lega" mi implora flebilmente, ed io mi sento un mostro per quanto sto per dirgli.
    "Elizabeth...".
    Una parola. Una sola parola ad ergere un muro fra di noi.
    Mi dispiace così tanto, tesoro.
    Angel mi guarda accigliato. Non capisce, ed io non posso biasimarlo: "Cosa?".
    Chiudo per un attimo gli occhi, mentre queste lacrime dispettose proprio non ne vogliono sapere di starsene al loro posto: "Io sono Elizabeth. Elizabeth Ann Summers. Buffy è solo un nomignolo che ho da bambina. Non avrai davvero creduto che l'uomo che ti ha aperto la porta potesse chiamarmi Buffy, vero?!" sorrido un po' tristemente. Angel ricambia, ma la sua espressione è confusa. Ancora non comprende il punto.
    Chino la testa, poi mi decido a fronteggiarlo: "Tu non sai nemmeno come mi chiamo, Angel. Come pensi di sapere se sono la donna per te?".
    Angel tace a lungo. Nei suoi occhi passano una miriade di diverse emozioni, tutte così veloci che non riesco a decifrarle. Ma, alla fine, anche per lui è una sola parola:
    "Liam".
    Stavolta sono io a trovarmi stranita, ma solo per un istante. Gli sorrido: "E così, è questo il tuo vero nome. In effetti ho sempre ritenuto che Angel fosse un po' strano" commento, con un' allegria che non mi sento più di fingere.
    Lui china il capo, ed io gli accarezzo teneramente una guancia: "Lo vedi, Liam? Ci sono ancora tante cose che non sappiamo l'uno dell'altra. Ma non è detto che non potremo scoprirle... insieme".
    Queste parole sembrano ridargli vigore. Rialza lo sguardo, e vi leggo una nuova speranza: "Vuoi dire che... che...?".
    Lo rassicuro: "Non voglio che finisca tra noi. Dico solo che ora non posso sposarti".
    Angel - Liam - tace a lungo, poi lentamente annuisce. In qualche modo riesce ad accettare il rifiuto, ma ormai l'atmosfera è irrimediabilmente rovinata.


    Lascio che mi riaccompagni a casa. Quando arriviamo al cancello, spegne il motore e si volta verso di me, sospirando: "Non è stata proprio la serata che avevo in mente".
    Annuisco piano: "Nemmeno io. Ma ce ne saranno altre".
    Lui annuisce e scuote la testa al tempo stesso: "Lo spero. Buffy... lascia che ti chieda solo un'ultima cosa, poi chiuderemo l'argomento" promette, ed io acconsento.
    "E' stato davvero l'unico motivo? Voglio dire, il nome, e la cosa del non conoscerci bene... non era solo una scusa, vero?".
    Lo fisso negli occhi e scuoto la testa "No. Hai la mia parola".
    Angel distoglie lo sguardo: "Ti credo".
    Ma, quando si volta di nuovo verso di me, nei suoi occhi leggo un antico timore: "Dimmi che mi ami. Ti prego".
    Serro le labbra. Le immagini della nostra storia mi scorrono davanti come in una dolce moviola.
    Mi protendo verso di lui e lo bacio, con tutta la passione e la tenerezza di cui sono capace.
    Prima di dargli il tempo di realizzare, apro la portiera e scivolo via, lasciandomi avvolgere dal vento gelido che comincia a soffiare su di noi.
    Non seguirmi, amore.
    Non oggi.
    25 novembre - Thanksgiving Day


    Può un'adolescente americana dimenticare il Giorno del Ringraziamento?
    Bè, si, a quanto pare. Il fatto è che ultimamente sono stata tanto presa - con la gita e tutto il resto - da aver un po' perso il contatto con la realtà.
    Sono ancora turbata per la serata con Angel. E sono ancora più sconvolta dal mio comportamento. Dio, ancora non riesco a credere di aver trovato il coraggio di rifiutare! Ho sempre avuto la convinzione che respingere una proposta di matrimonio fosse la cosa più crudele ed imbarazzante che potesse mai succedere, in particolare dopo aver visto 'Orgoglio e Pregiudizio'. Ma immagino che il panico del momento sia valso a darmi la forza.
    Stamattina mi sono svegliata tardissimo. Pare che il mio inconscio abbia deciso che un lungo sonno fosse l'unica cosa da fare per dimenticare, almeno per qualche ora, tutti i miei problemi; e così non ho potuto neppure aiutare la mamma con i preparativi del pranzo. Accidenti, che razza di figlia che sono!
    Ma lei non sembra affatto arrabbiata. Tutt'altro: era da un bel po' di tempo che non la sentivo fischiettare giuliva per casa. Ho come la sensazione che lei e papà mi nascondano qualcosa; ma forse è meglio non indagare.
    Approfittando del suo buonumore, mi aggiro senza timore di sorta per casa. Ma, proprio quando comincio a credere di essere al sicuro, ecco che scoppia una ben temibile bomba:
    "Buffy, tesoro... che ne diresti di continuare quel discorso di ieri in macchina?".
    Ecco. Deglutisco, colta in flagrante: "Ehm... a dir il vero io non ho ancora fatto la doccia, quindi pensavo che prima, magari...".
    "Oh, tranquilla piccola. Non ci metteremo molto". La mamma sorride angelica e mi indica una sedia proprio di fronte alla sua. 'Non hai scampo', dicono, molto affettuosamente però, i suoi occhi.
    Al diavolo. Mi accascio sullo sgabello con l'entusiasmo di un condannato a visitare Professorville (i miei standard sono drasticamente cambiati!): "Cosa vuoi sapere?".
    Lei mi scruta per un attimo. Poi, in tono pacato, comincia il suo candido terzo grado: "Avete litigato?".
    Faccio spallucce. A dir il vero non lo so... non nel senso proprio del termine, in effetti... : "No".
    "Allora è successo qualcosa di imbarazzante tra voi?".
    Arrossisco all'istante: "Bè...".
    La mamma si acciglia improvvisamente: "Sarete stati prudenti, spero!".
    Non posso a credere alle mie orecchie: "MAMMA! Spike ed io non abbiamo... non potremmo mai...." gesticolo come impazzita per spiegare ciò che non riesco a rendere a parole.
    Lei mi sorride con l'aria più innocente del mondo: "Non ci sarebbe nulla di male, nel caso. Sai che William ci è sempre piaciuto. E poi, voglio che tu sia sempre pronta a parlarmi di questo genere di cose, Buffy" cinguetta giuliva. S'interrompe per un momento, per poi riprendere, con la più grande naturalezza: "Sai, personalmente uso il diaframma... ma per una ragazza ancora giovane come te immagino che la pillola sarebbe la scelta migliore".
    ...
    Dio, ma che fine ha fatto la mia famiglia??
    Questa non può essere la mia vita.
    Esasperata, e molto, molto, molto shockata, mi alzo di scatto dalla sedia: "Ok mamy! Ora è decisamente il tempo di quella doccia".
    Faccio per uscire dalla stanza, ma la voce, di nuovo seria, di mamma mi blocca:
    "Sai di doverlo invitare, vero?".
    Corrugo la fronte. Davvero non capisco di cosa parli.
    Mi volto per guardarla in faccia, e la mamma sospira: "Sei di gran lunga l'adolescente più distratta che conosca. Buffy, oggi è il Giorno del Ringraziamento!".
    La fisso perplessa: "E allora?".
    Ora il suo sguardo si è fatto più duro: "Vuoi davvero che il tuo amico d'infanzia lo passi tutto solo in quella grande casa vuota, a tre settimane dalla morte del padre??".
    Oddio. Oddio. Devo ammettere che non ci avevo affatto pensato.
    Mi stringe il cuore ad immaginare Spike seduto a tavola, magari con un po' di tacchino comprato al take away. Per cosa potrebbe mai ringraziare?
    Basta il pensiero a darmi i brividi. Sospirando, scuoto debolmente la testa: "No, certo che no. Lo inviterò". Mi mordo istintivamente il labbro. Mamma sorride con indulgenza: "Tesoro, stà tranquilla. Qualunque cosa possa essere successa tra voi, non cambia quello che siete. Lui è il tuo più grande amico, e ha bisogno di te, adesso. Non farlo attendere oltre" mi ammonisce, ma con gentilezza, stavolta.
    D'impulso, corro ad abbracciarla. D'accordo, è completamente matta, ed è per certo una ninfomane. Ma è mia madre. Morirei se lei non ci fosse.
    Di nuovo il mio pensiero va a Spike.
    La bara che cala lentamente nella fossa...
    Rabbrividisco. Mi sciolgo lentamente dall'abbraccio e sospiro: "Sarà meglio che mi sbrighi. Non voglio che si senta solo proprio oggi".
    Raggiungo la porta e la apro, ma poi mi fermo.
    "Mamma...".
    "Si, tesoro?".
    "Grazie. Grazie di tutto".


    Busso allo stipite della porta aperta.
    Vedo Spike alzare la testa di scatto, la sua espressione farsi perplessa nell'incontrare i miei occhi.
    Gli sorrido timidamente, e lui mi viene incontro:
    "Buffy...?".
    Aspetto che sia lui a raggiungermi. Qualcosa tiene i miei piedi saldamente incollati all'uscio... come se, inconsciamente, volessi tenermi pronta alla fuga.
    Ok, forse non tanto inconsciamente!
    Quando è abbastanza vicino, mi mordo il labbro inferiore: "Spike... mi dispiace".
    Lui mi guarda con aria notevolmente sorpresa, e io sospiro: "Ma si... tutta questa storia del bacio... mi sono comportata da vera idiota, evitandoti. Avremmo dovuto affrontare la situazione, invece di...".
    Ma lui non mi lascia finire.
    "Buffy" sussurra, e un attimo dopo sono tra le sue braccia.
    Lo stringo forte a me, aspirando il suo profumo muschiato, finalmente in pace col mondo.
    Se sono in pace con Spike, non ho bisogno di altro.
    Rammento la cena con Angel, e istintivamente lo abbraccio più forte. Dovrò raccontargli tutto, presto o tardi, ma ora voglio solo godermi il momento.
    Quando gli permetto di staccarsi, lui sta sorridendo: "Non pensiamoci più, amore, d'accordo? Non deve cambiare nulla tra noi".
    Sento le sue mani salire a circondarmi il viso, mentre lentamente si china su di me. Le sue labbra sono sempre più vicine, e mi sorprendo a temerne il contatto.
    E, al tempo stesso, a desiderarlo.
    Ma la sua bocca si posa sulla mia fonte per un casto bacetto, ed io mi consento finalmente di respirare.
    "Oggi sarai gradito ospite dei Summers, quindi vestiti e raggiungimi, ok?" farfuglio, mettendo un minimo di distanza tra i nostri corpi.
    Lui mi fissa, meravigliato, ma poi sorride con gratitudine: "Adoro il tacchino di Joyce" commenta, ma, tra le righe, leggo un ben più profondo messaggio.
    Sorrido a mia volta e faccio per uscire, ma la sua voce mi richiama indietro: "Ah, Buff...".
    Mi volto, e istintivamente sgrano gli occhi.
    E'... è nudo!
    Bè, non poprio nudo-nudo, ma si è tolto la camicia, e si sta... sbottonando i jeans!
    La bocca si spalcanca insieme agli occhi. Posso solo immaginare quanto devo sembrare intelligente, in questo momento, ma lo shock è più forte di me.
    Ovviamente, Spike se ne accorge.
    Dapprima lo vedo sorridere malizioso, quasi come se avesse intenzione di continuare il suo strip per farmi un dispetto; ma poi, un lampo di tenerezza passa nei suoi occhi, e si limita ad incalzarmi: "Le patate dolci vanno assolutamente senza malva, d'accordo? Su questo non transigo!".
    Patate dolci??
    Oh... giusto. Il menu per il pranzo.
    Annuisco, poi, riavutami, scuoto la testa: "Si... no, certo! Lo dirò alla mamma".
    E in quella infilo la porta alla velocità della luce, paonazza, mentre la risatina di Spike mi giunge ovattata alle orecchie.
    Bè, che si ride??
    Possibile che ci provi tanto gusto a mettermi in imbarazzo?

    E poi, cavolo... le patate dolci con la malva sono più buone!
    27 novembre


    Dilemma, dilemma, dilemma.
    Atroce dilemma.
    Oggi è sabato. Il che fa supporre che, stasera, passi una bella serata col mio ragazzo, magari in qualche localino alla moda, ballando insieme e poi... chissà.
    Già.
    Bè...
    Se solo Spike non mi avesse invitata per primo!
    Dopo la faccenda della proposta, le telefonate tra me ed Angel sono più rare, e anche vagamente più fredde. Il fatto è che io mi sento in imbarazzo, e temo sia lo stesso per lui. Purtroppo, per quanto mi sforzi di convincermi che non è vero, devo ammettere che le cose sono definitivamente cambiate, tra noi.
    Per questo, invece di chiamarmi sin dalla mattina pieno di entusiasmo e di idee per la serata, oggi Angel non si è fatto ancora sentire.
    Ma ci ha pensato Spike a prendere il suo posto.
    Mi ha chiesto di andare da lui per una tranquilla seratina di birra e tv, e non me la sono proprio sentita di rifiutare. Voglio dire, lui è ancora in un momento difficile - ieri c'è stata la lettura del testamento, e temo ne sia rimasto piuttosto scosso, tant'è che non me ne ha ancora parlato. Ed io non avevo ricevuto altre proposte.
    Fino a cinque minuti fa.
    Angel infatti ha chiamato, e ho dovuto dirgli che avevo già preso un impegno. Sono rimasta sul vago, e lui non ha trovato neanche la forza di arrabbiarsi. Mi è parso così rassegnato.
    Comincio a chiedermi se ci sia davvero un futuro per noi.
    In ogni caso, non ho intenzione di angosciarmi. Stasera il mio compito sarà quello di tirare su il morale al mio più caro amico, e per farlo devo essere di buonumore io stessa!
    "Dimmi che mi ami. Ti prego".
    Se solo fosse semplice...


    Arrivo da Spike carica di birra e di buone intenzioni.
    Immaginavo di trovarlo un po' malinconico, quindi mi ero armata di tutta la mia verve per risollevarlo.
    Ma a quanto pare mi sbagliavo di grosso.
    La notizia mi accoglie come una bomba appena varcata la soglia. Spike mi prende fra le braccia facendomi volteggiare. Trasuda elettricità da tutti i pori:
    "Indovina un po'?? Sono miliardario!!!".
    ...
    Cosa ha detto??
    Mi occorre un bel po' prima di riuscire a calmarlo e a farmi dare una spiegazione razionale. A quanto pare il signor Atwood aveva accumulato una gran bella cifretta sul suo conto, data da anni e anni di serrati risparmi. Cifretta che, per chiare disposizioni testamentarie, post mortem sarebbe toccata completamente al figlio.
    E così, anche se non si parla certo di miliardi, ora Spike possiede un bel gruzzolo da spendere.
    "Che ci farai con tutti questi soldi??" lo incalzo ammirata, e lui comincia a fantasticare.
    "Per prima cosa, uno stereo nuovo. Una chitarra nuova, magari una Fender. E un armamentario musicale da far invidia ai più grandi collezionisti!" esclama eccitato, e io non posso a meno di ridacchiare. Il solito megalomane.
    "Poi, uhm..." Spike aggrotta la fronte. "Immagino che un ritocchino alla Drusi non guasterebbe".
    Drusilla, o La Drusi, come è stata ribattezzata, altri non è che la sua vecchia De Soto scassata.
    "Con quel rottame altro che ritocchino!" commento sarcastica, guadagnandomi un'occhiata in puro stile Big Bad.
    "Sciacquati la bocca quando parli di Drusi, bambina" ringhia tra i denti, mentre io roteo gli occhi.
    "Va bene, va bene, scusa! Poi?".
    Lui ci pensa su un attimo. Poi sembra illuminarsi.
    "Ho trovato!" dichiara gongolante.
    Si sistema più comodamente sul divano, attirandomi a sé con un braccio e cirondandomi i fianchi con l'altro. Quando parla, ha la bocca che sfiora il mio orecchio:
    "Faremo quel viaggetto che ti ho promesso. Noi due soli, e Vancouver. Vedrai, tesoro, ti piacerà da impazzire" promette, sorridendo contro la mia pelle.
    Volto la testa di scatto per guardarlo negli occhi: "Dici sul serio??".
    Lui annuisce, sorridendo con una tenerezza sovraumana, e io mi sciolgo. Al colmo dell'entusiasmo, gli getto le braccia al collo, felice di sentirlo ridere dopo tutto quello che gli è successo.
    Spike mi accarezza la schiena e mi bacia dolcemente la guancia: "Sarà assolutamente favoloso" insiste. "Ti porterò alle cascate. E' un posto incredibile... certo, c'è da subire l'atroce sfilata di k-way gialli e blu..." - e qui rido di gusto - "....Ma ne vale la pena, davvero".
    Poi però distoglie lo sguardo, e i suoi occhi si oscurano per un attimo: "Sai, è strano. Per tutta la vita non ho avuto un centesimo dal mio vecchio. Me la sono sempre cavata da solo, con mille lavoretti, e del resto mi piaceva l'indipendenza. E ora che è morto, ecco che tutto un tratto mi ritrovo coperto dei suoi risparmi", Scuote la testa, un sorriso amaro sul volto: "La vita è assurda".
    Mi rannicchio alla meglio tra le sue braccia, per acuire il contatto di cui ha bisogno: "Puoi dirlo forte. Angel mi ha chiesto di sposarlo!".
    ....
    Oh mio dio, cosa ho fatto??
    Davvero, non avevo intenzione di dirlo in questo modo! Mi è soltanto scappato!!!
    Ma naturalmente ora è troppo tardi per ritrattare.
    Spike mi scosta da sé come se fossi improvvisamente incandescente: "Scusa??".
    Mi sistemo al lato opposto del divano, rinunciando al comodo sostegno del suo torace: "Hai capito bene. Angel mi ha chiesto di sposarlo".
    *Sconvolto* non rende abbastanza bene l'idea della sua espressione: "Che significa che ti ha... ? Insomma, una proposta vera?? Con l'anello, e tutto il resto??".
    Ci penso su un attimo: "Bè, a dir il vero non ho visto anelli. Ma ti assicuro che la proposta c'è stata. Ed era autentica".
    Spike continua a tenere la bocca aperta, come se la mascella fosse diventata d'un tratto troppo pesante. Ora sì che ho una vaga idea della mia faccia di ieri! Ma, ehi, io ero giustificata! Si stava spogliando davanti ai miei occhi!!!
    Il ricordo mi fa arrossire, e chino timidamente lo sguardo. Ma, nel rialzarlo, noto che qualcosa è cambiato in quello di Spike.
    Ora non è più stupore quello che vi leggo, ma paura.
    Oh, piccolo, so cosa stai pensando...
    Ma non ho il coraggio di anticipare la tua domanda.
    Spike mi fissa. I suoi occhi sembrano trapanarmi la coscienza, dritti si radicano nel profondo di me. Non dimenticherò mai il modo in cui mi stanno guardando.
    "E tu hai accettato?".
    Prendo fiato. Questo è il momento in cui potrei prendere la sua vita, scrollarne via ogni certezza e dargli un bel calcio.
    Ma non vorrei mai.
    Sorrido: "No. Gli ho detto che sono troppo giovane, e che non me la sento. In fondo è la verità" ammetto.
    Eppure...
    Eppure parte del mio cuore sa che questa non è stata l'unica ragione del mio rifiuto.
    "Presto o tardi arriverà il tuo principe a portarti via da me, ed io sarò solo".
    No, William. Mai.
    Non permetterò mai che accada una cosa del genere.
    Stringo istintivamente i pugni, troppo presa dai miei pensieri per notare il palese sollievo sul volto del mio amico.
    Spike sorride.
    Ed è il sorriso più tenero, caldo, felice che gli abbia mai visto.
    "Vieni qui" mormora, ed io striscio di nuovo tra le sue braccia, lieta di aver ritrovato la mia spalliera.
    Lui comincia a coccolarmi. Mi bacia lentamente la fronte, le tempie, le guance. Ma quando arriva al collo non posso impedirmi di rabbrividire.
    Presto le sue labbra si schiudono e, come la sera in discoteca, la sua lingua lascia una piccola scia umida sulla mia gola.
    Mi mordo il labbro inferiore: "Spike...".
    La sua bocca continua a lavorare al mio collo, mandandomi in estasi, nonostante tutto. Chiudo gli occhi mentre le sue labbra succhiano con forza, ed a tratti la lingua cala a blandirne il tocco.
    Il contatto con i suoi duri denti, nel momento in cui mi morde, risevglia ogni senso.
    Gemo di dolore e piacere, mentre le sue mani si stringono di più alla mia vita, attirandomi a sé. Morde ancora, stavolta più a fondo, e non riesco a trattenere un grido.
    "Spike... oh...".
    Sospiro mentre sostituisce i denti con la lingua, leccando via le piccole gocce di sangue che la lesione ha fatto spillare. Sento le sue mani vagarmi lungo il corpo, più ardite di quanto non siano mai state. Quando arrivano al seno, però, i miei sensori d'allarme scattano tutti insieme.
    "Fermati!".
    Mi allontano di scatto, per poi balzare in piedi con foga.
    Mi tremano le mani.
    "Si può sapere che diavolo ti è preso??" esplodo, completamente in preda alla furia.
    Verso di lui, ma anche verso me stessa.
    Spike restringe gli occhi nei miei, e la sua bocca pronuncia esattamente quanto temevo: "Io mi sarò lasciato un po' prendere la mano, amore, ma non sembrava affatto ti dispiacesse!".
    Stringo i pugni, combattendo contro la confusione e la vergogna: "Un po' prendere la mano?? Sembrava volessi scoparmi!" recrimino tra i denti.
    Spike si alza di scatto, spaventandomi. Con una sola falcata mi è vicino, le braccia strette intorno alla mia vita come a bloccarmi la fuga.
    La sua bocca scende impetuosa sulla mia, rubandomi un bacio folle e violento. Mi trattiene per un attimo contro il suo corpo, schiacciandomi contro il denim indurito tra le cosce, poi mi spinge via di scatto.
    Barcollo all'indietro, incredula, mentre i suoi occhi mi fissano in un'espressione di beffarda lussuria:
    "E sembra proprio che tu non avresti nulla in contrario".
    ...
    Ora basta.
    Voglio colpirlo. Voglio mollargli un bel cazzotto e cancellare quel ghigno perverso che gli leggo in faccia.
    Ma per qualche ragione sono come paralizzata.
    Tutto ciò che posso fare è voltargli le spalle, andare alla porta ed uscire di corsa.
    Ed è proprio quello che faccio.



    Non riesco a crederci.
    Che diavolo mi sta succedendo??
    Prima rifiuto di sposare l'uomo che amo, poi mi faccio sedurre dal mio migliore amico sconvolto per il lutto.
    Mi lascio cadere sul letto, priva di forze, e chiudo gli occhi.
    Certo che Spike deve essere davvero messo male, per comportarsi così. Non ha mai provato alcuna attrazione per me, nè io per lui, d'altronde. Stiamo entrambi attraversando un momento difficile, e oggi la nostra frustrazione è esplosa.
    Non ho diritto di prendermela con lui, se sono stata io per prima ad incoraggiarlo.
    Mi rigiro nel letto, e prendo la mia decisione.
    Non lascerò che questo incidente rovini il nostro rapporto. Domani gli chiederò scusa.
    Del resto, siamo due adulti, no?!
    29 novembre


    Oggi Spike non si è visto a scuola. Da un lato m'infastidisce, perchè così facendo ha vanificato tutto il bel discorso di scuse che mi ero preparata. Ma, d'altra parte, non posso negare di provare un certo sollievo.
    Non mi sento ancora del tutto pronta ad affrontarlo.


    Stasera esco con Angel.
    Ho come la sensazione che questo sia un banco di prova, per la nostra storia. Stasera scopriremo se possiamo ancora funzionare davvero, oppure siamo giunti al capolinea.
    Non so proprio cosa augurarmi.


    ********



    30 novembre


    E con oggi, novembre è passato.
    Come la mia storia con Angel.
    Non sono ancora pienamente sicura di come mi sento adesso. Tutto ciò che so è che la verità mi è balenata in faccia appena l'ho rivisto, ieri, e credo sia stato lo stesso per entrambi.
    Oh, bè, lui ha ribadito di amarmi. Ha anche riconfermato la validità della sua proposta di matrimonio. Ma è stato il primo a riconoscere che le cose sono cambiate, e non potevamo andare avanti al punto in cui eravamo arrivati.
    Dio, è così strano. Ancora non riesco a parlare di noi al passato, senza provare una fitta allo stomaco. Angel è stato il primo, il primo uomo che abbia davvero mai amato. E' buffo, se si pensa che siamo stati insieme solo due mesi, ma non avevo mai provato prima quello che ho provato per lui.
    Ma poi, è forse vero che non lo amo più?
    Non lo so. Non ho fatto che chiedermelo e richiedermelo, ma proprio non sono riuscita a trovare una risposta. Il punto è che rivederlo, ieri, mi ha lasciata completamente indifferente. Un po' triste, al massimo. Ma niente batticuore, o ginocchia di gelatina, o sfarfallio nello stomaco; niente di tutte quelle cose che si dovrebbero provare, e che, diavolo, provavo con Angel.
    Ormai, tutto ciò che resta di noi è solo cenere.
    E quel primo biglietto che non getterò mai.


    Will è meravigliosa con me. Dicono che i veri amici si vedano proprio nei momenti difficili, e mai come ora capisco quanto sia vero. Nonostante tutti gli attriti del passato siamo andate avanti, crescendo insieme e fortificandoci.
    Come avremmo dovuto fare anch' io ed Angel.
    E' sciocco rimuginare, lo so, ma non posso a meno di chiedermi se il viaggio con la scuola abbia deteriorato le cose. Voglio dire, prima di partire andava tutto bene. Durante quei giorni, chissà, lui potrebbe aver conosciuto un'altra (se scopro che mi ha tradita lo scuoio vivo e ci faccio un cappotto), ed io... bè...
    Io ero con Spike.
    La verità è che non riesco a scendere a patti con la coscienza. Tecnicamente, infatti - anche se ci sono delle circostanze attenuanti - sono stata io a baciare un altro ragazzo, a farmi toccare da lui, a... ad eccitarmi con il suo tocco.
    Dio, il suo tocco.
    Così caldo, così... intenso, da far vibrare la pelle in punti....
    Eh, ma che diavolo sto dicendo?!?!?
    Maledetto biondino. Non sono così ingenua da credere che non sia cambiato nulla, tra noi. Ora lo so.
    La rottura con Angel mi ha aperto gli occhi, per certi versi. Ormai è evidente che Spike mi attrae, e, bè, credo di non essergli poi indifferente, visto che non fa altro che provocarmi.
    Ma quando mi tocca... lo sento così sbagliato. Contro natura. Tutti questi anni passati a considerarlo come un fratello devono avermi impedito di vederlo come uomo. Mi sembra di commettere un incesto anche solo a guardarlo!
    Bah. Ora sono veramente troppo stanca per preoccuparmi di questo. Affronterò la cosa domani.
    Per un giorno, potrò ben godermi il lusso di crogiolarmi nella mia solitudine, giusto??
    01 dicembre


    Oggi, a scuola, ho trovato un bigliettino infilato tra le fessure del mio armadietto:

    Ciao, amore.
    Ho bisogno di parlarti. Ti prego,
    so che non è facile, non
    dopo il modo idiota in cui mi sono
    comportato con te, ma... per favore,
    Buffy, devo assolutamente vederti.
    Ti aspetto al campo
    dietro la scuola dopo le lezioni.



    Non ho dubitato neppure per un secondo dell'identità del mittente. In effetti, devo ammettere che mi sento sollevata. Almeno questo mi risparmia l'onere di avvicinarlo per prima.
    Dovrò stare attenta, però. Spike ci sa fare con le parole (e non solo con quelle a dirla tutta... piantala, cervello!) e rischio di farmi ipnotizzare come un cobra ammaestrato.
    Mi preparo psicologicamente all'evento per tutta la mattina, quando finalmente il suono dell'ultima camapana viene ad annunciare che è ora.


    Arrivo al vecchio campo sportivo con la promessa di tenere gli occhi aperti.
    Ma tutta la mia decisione si scioglie come burro quando, prima ancora che io possa vederlo, Spike mi attira a sé per il più tenero e casto degli abbracci.
    Sospiro involontariamente, poggiando con cautela la testa al suo petto, mentre le sue mani mi accarezzano i capelli e la sua voce sussurra appena: "Oh, dio, Buffy... piccola".
    Mi scosta appena così che possa guardarlo negli occhi.
    E mi gelo nel vederli colmi di lacrime.
    Spike mi guarda con la più commovente espressione di devozione che abbia mai anche solo immaginato: "Sei venuta.. non osavo sperarci". Mi accarezza lievemente la guancia, sorridendo timidamente, e improvvisamente realizzo di dover dire qualcosa.
    "Spike, io...".
    "No, amore, ti prego. Lascia parlare me".
    Lo vedo prendere fiato, come per prepararsi a qualcosa di difficile da dire: "Sono stato un vero, totale, completo, indicibile, clamoroso perverso idiota. Non ho parole per dirti quanto mi senta stupido, da quando ho permesso che succedesse quello... che è successo, con te. Ho sbagliato, lo so. Mi sono approfittato della situazione, della tua vulnerabilità, ma credimi, non avevo intenzione di....".
    "Spike!".
    Quasi non mi sembra vero di essere riuscita a interromperlo.
    Sospiro a mia volta, prendendogli le mani per confortarlo. Non mi darò pace finchè quel velo di lacrime non sarà definitivamente svanito dai suoi occhi:
    "Ora ascoltami tu. Non c'è niente di cui debba scusarti. Quello che è successo è stato un errore, è vero, e non si ripeterà più. Ma non è colpa tua. Ci siamo comportati con leggerezza, ma eravamo entrambi sconvolti. Questo non è un periodo facile per nessuno dei due, e abbiamo solo cercato un po' di.... svago in una serata storta. Tutto qui. Non è successo nulla di grave, o compromettente, quindi possiamo benissimo tornare quelli di prima".
    Ascolto le mie stesse parole, trovandole incredibilmente stupide. Dio, neppure io credo in quello che dico! Non avevo forse stabilito che la scusa del 'momento difficile' andava bene solo per le favole?
    Ma - per fortuna o purtroppo - Spike sembra non aver ascoltato una sola parola. Si limita a scuotere vigorosamente la testa, come per cacciare qualunque forma di conforto. Quando rialza lo sguardo, nei suoi occhi leggo chiaro e forte il senso di colpa:
    "Non è solo questo, Buffy. Tu non - non posso spiegarti".
    "Will" lo ammonisco, in un falso tono severo. "Dovresti saperlo ormai. Non c'è nulla che tu debba nasondermi, nulla!".
    Spike geme, frustrato, mentre, meccanicamente, continua a scuotere la testa: "Io non... non so come dirlo. E' che.. quando ti ho...." Prende fiato. "... morsa, sabato... bè, mi è piaciuto. Davvero tanto".
    ...
    Oh, per tutti i cavoletti di Bruxelles! Allora non sbagliavo affatto sulla teoria dell'attrazione fisica!
    Onestamente, non so se sentirmi lusingata o preoccuparmi. Ma il mio primo istinto è quello di rassicurarlo, quindi cerco disperatamente le parole più adatte: "Oh... bè, su, questo è normale! Voglio dire, può capitare che... Insomma, naturalmente anche a me è piaciuto. Del resto, eravamo..." farfuglio, anche se non ho la benchè minima idea di come continuare. Temo che il mio cervello sia definitivamente andato in tilt, al momento della rivelazione.
    Ma anche stavolta Spike viene a togliermi dall'imbarazzo... gettandomi in uno ancora più grande!
    "Io... io parlavo del sangue, Buffy".
    ...
    Bene, ora sì che mi sento davvero, davvero idiota. E anche un bel po' confusa, ad essere onesti.
    "Sangue...?".
    Spike sospira, sempre più affranto: "Ma sì, ricordi... quando ti ho morsa devo aver un po' esagerato perchè... bè, sai, ne è uscito del sangue. L'ho inghiottito senza pensarci, ma... mi è piaciuto, Buff. Mi è piaciuto più di quanto non ami ammettere, e mi ha eccitato. In quel momento sarei davvero stato capace di prenderti, lì, nel soggiorno, se solo...".
    S'interrompe piuttosto bruscamente, portandosi una mano al viso, imbarazzato: "Perchè diavolo ti sto parlando di questo??".
    Ok, so che ora dovrei dire qualcosa. Ma la mia lingua non vuole saperne di altre azioni, all'infuori del leccare sfacciatamente le labbra... le mie labbra, ovviamente. Impotente, resto a guardarlo mentre recupera faticosamente l'autocontrollo: "Quello che intendevo è che... mi ha spaventato. Lì per lì ero troppo... preso per rendermene conto, ma, cristo, ho bevuto del sangue! Dal tuo collo, poi, neanche fossi un vampiro!". China il capo, umiliato: "E mi è piaciuto. E' stato fottutamente fantastico e ti ho... ti ho desiderata più di qualunque altra donna al mondo".
    Tutto ciò che riesco a pensare è che ho bisogno di sedermi, mentre Spike rialza stoicamente lo sguardo per il colpo finale: "Ma questo è sbagliato. Mi ha fatto sentire come un animale. Riesci a capire? Non è normale! E'... contro natura!".
    "Già" commento, quasi distrattamente. "Contro natura".
    In realtà i miei pensieri sono alla deriva. Tutto mi riporta alle mie illazioni della scorsa notte, e improvvisamente capisco che tutto, tutto sarebbe più facile se Spike ed io non fossimo amici. Perchè è ormai chiaro che la sua vicinanza mi fa un brutto effetto, e le cose di cui parla, poi... perchè deve essere sempre così dannatamente erotico in ogni sillaba??
    Prima non era così. Prima dell'incidente, intendo. Riuscivo a stargli accanto tranquillamente, senza tutte queste complicate complicazioni sexy. E invece ora devo sopportarlo mentre parla di quanto afrodisiaco sia il mio sangue, cercando di ignorare la vocina che mi suggerisce di...
    Stringo i pugni e faticosamente torno alla realtà. Spike merita che io sia un po' più presente di così: "Coraggio, Will... non abbatterti. Non è poi così strano. Insomma, eravamo in una situazione di per sè compromettente, quindi a dir il vero non credo che il sangue possa aver fatto la differenza...".
    Il suo sguardo è speranzoso: "Tu dici?".
    "Ma certo! Quello che intendo è che io non starei lì a tormentarmi, credendo di essere sbagliato...".
    M'interrompo improvvisamente. Non sei tu quello sbagliato, amico mio , mi trovo a rimuginare. Sono io la depravata che ormai ti vede come un articolo da sexy shop personale!
    Questi pensieri non mi piacciono per niente. Meglio riportare la conversazione su binari più tranquilli: "Vedrai che ti sei impressionato per nulla. Ed ora, che ne diresti di accompagnarmi a casa, prima che i miei chiamino gli sbirri?".
    Spike ride, sollevato, e mi cede il passo, con un ghigno che gli si allarga in faccia: "Dopo di te, passerotto!".
    Sento il suo sguardo addosso mentre gli sfilo davanti, e rabbrividisco. Sono certa che mi sta fissando... e dio solo sa che cosa attira tanto la sua attenzione.
    Troppo stressante camminargli davanti. Decisamente troppo stressante.
    Così, per tutto il tragitto, faccio in modo di restargli sempre affiancata. L'ultima cosa di cui ho bisogno è vederlo di spalle, tanto per ricordare a me stessa di non guardare il suo fondoschiena.

    Accidenti a quel verme di Riley... se solo fosse stato un po' meno imbecille, a suo tempo, forse adesso non sarei nella situazione in cui sono!

    TBC... :shifty:
418 replies since 4/12/2006
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