-I'm only human-

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  1. keiko89
     
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    Rieccomi, sto postando alla velocità della luce ma finchè ho chiare le scene nella mia mente è meglio così!
    Che poi mi dimentico sennò >*<


    Kiki: Cara, Darla, e chi ha detto che non c'è? XD Comunque sì ho cercato di mantenere il quadro dei rapporti come nel telefilm in modo da non andare troppo fuori strada. L'unica differenza sostanziale è che Liam ed Elizabeth non sono mai stati insieme, per cui la rivalità tra lui e William sarà un po' meno accentuata.


    Stefy: meno male che sei soppravvisuta al capitolo precedente! Ecco qui quello nuovo! ^_^


    Spero vi piaccia e se notate degli errori ditemelo pure, rileggo ma qualcosa mi scappa sempre!



     

    Capitolo terzo




    - “Ehi cacciatrice!” -
    - “Xand, la smetterai mai di chiamarmi così?!” - rispose Elizabeth con voce allegra.
    La risata cristallina di Xander, dall'altro capo del telefono, la mise di buon umore.
    - “Mai!” - promise il ragazzo - “È il tuo nome di battaglia ormai, la "cacciatrice di talenti", ti sei fatta una reputazione.”- scherzò.
    - “Ma smettila!” - disse lei in tono giocoso - “Piuttosto, come stai? E dove sei?” - chiese curiosa.
    - “A Halmstad, in Svezia. Anya aveva nostalgia di casa e abbiamo deciso di fare una vacanza...” - abbassando notevolmente il tono di voce proseguì - “Le chiederò di sposarmi... davanti a tutta la famiglia.”-
    Buffy sgranò appena gli occhi per poi rispondere sincera:
    - “È meraviglioso, sono felice per voi.” -
    In lontananza si poteva udire Anya borbottare su di un letto e su quanto fossero rumorose le molle: li avrebbero sentiti tutti mentre facevano sesso! Xander la ammonì, dicendole di parlare piano.
    - “Non è cambiata di una virgola, eh?”- chiese, soffocando una risata.
    - “NO!” - confermò il giovane, ridendo apertamente - “Buff mi spiace di essere stato così lontano in questo periodo, con tutto quello che hai passato, davvero...” - proseguì in tono mesto.
    Lei deglutì piano, cercando di mandar giù il groppo che le si era formato in gola.
    - “Non preoccuparti, sto bene. Va tutto bene.” - disse, cercando di sembrare il più convincente possibile. - “Ora devo andare Xand, ci sentiamo presto, ok?” -.
    Il ragazzo la salutò, strappandole la promessa di andarlo a trovare presto.




    Arrivata davanti alla propria galleria, la “SummersArt”, Elizabeth frugò nella borsa alla ricerca delle chiavi ed aprì la grande porta di vetro. L'entrata era irradiata dalla luce solare che si rifletteva sulle pareti bianche, gialle e arancioni creando particolari effetti di colore. Il complesso, a forma pentagonale, presentava al centro due uffici, che dividevano lo spazio in cinque corridoi. Entrambi gli studi, contraddistinti dai toni freddi dell'azzurro e del verde, erano a forma di mezza luna, posti uno di fronte all'altro, con un piccolo passaggio a dividerli.
    Elizabeth si diresse a passo spedito verso quello azzurro, spalancando la porta e accomodandosi davanti al computer per terminare gli ultimi dettagli della mostra successiva.
    Stava inserendo i dati relativi ai nuovi artisti emergenti che avrebbero esposto le proprie opere la settimana seguente, quando avvertì il fastidioso ticchettio dei tacchi che, rapidi, si muovevano verso il suo ufficio rimbombando nella galleria vuota.
    Ebbe appena il tempo di alzare gli occhi dal computer che la sua socia entrò velocemente nella stanza, armata di cd e cartellette colorate. Gettando il tutto sul piccolo divano accanto alla porta, la mora si diresse verso la scrivania, sedendosi poi di lato con le gambe accavallate.
    - “B., la mostra scorsa è stata un successo, le foto del tuo amichetto poi...geniali! Dovremmo esporre qualcosa di suo anche nella prossima.” -
    - “Tanto per cominciare non è il mio amichetto, come ti diverti tanto a chiamarlo tu, e poi, se non te ne fossi accorta, starei lavorando, Faith.”- disse Buffy infastidita.
    - “Sì, sì... come vuoi.” - convenne sbrigativa - “Quindi è una pura coincidenza il fatto che lui passasse almeno quattro volte a settimana dalla galleria e che durante l'ultima mostra abbia dovuto alzare il volume della musica per coprire i gemiti che provenivano da qui, vero?” - proseguì con aria sorniona.
    - “Non sono affari che ti riguardano.” - sibilò minacciosa - “Vattene, ho del lavoro da sbrigare.” -
    - “Cos'è tutta questa aggressività, B.?” - la canzonò Faith, aggirando il mobile e portandosi a due centimetri dal viso di Buffy, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. - “Non scopate più? O non riesce più a soddisfarti? Cos'è, si è stancato di essere la tua puttanel...” -
    Lo schiaffo la colpì in pieno viso prima che riuscisse a terminare la frase. Faith indietreggiò massaggiandosi la guancia arrossata, sfidandola con lo sguardo a muovere anche solo un passo verso di lei.
    Elizabeth la fissava muta, gli occhi furenti e le mani strette a pugno sulle cosce.
    Si guardarono per qualche minuto finché la mora non proruppe in una risata priva d'allegria, un lampo di comprensione le attraversò le iridi scure.
    - “Hai mandato tutto a puttane, non è vero? Si è stancato e ti ha mollata, non è così?” - chiese maligna.
    - “Zitta. Stai zitta.” -
    - “E come dargli torto? - continuò imperterrita Faith - “Lo trattavi come un giocattolo, un cagnolino. Cosa credi che io non me ne fossi accorta? Che non avessi capito che si era innamorato di te?” -
    Elizabeth sbatté con forza le mani sulla scrivania, intimandole di fermarsi ma la mora pareva provare una particolare soddisfazione nel punzecchiarla.
    - “E dimmi, com'era a letto? Con quei muscoli definiti e quel culo sodo doveva essere proprio uno stallone. Uno di quelli caldi che ti fa ribollire il sangue nelle vene.” - proseguì Faith passandosi la lingua sulle labbra - “Dato che è tornato libero potrei farci un pensierino, chissà come sarebbe cavalcarlo...” -
    - “Faith.” - una nota d'avvertimento nella voce.
    - “Lo rivuoi adesso, eh? Sei patetica, Buffy! Pa.te.ti.ca.” - la incalzò - “Non può sempre andare come vuoi TU. Le persone hanno dei sentimenti. Non sono tutti come te!” -
    - “FUORI!” - urlò - “Vai a farti sbattere da qualche operaio all'angolo della strada... è la cosa che ti riesce meglio.” - terminò con un filo di voce, pentendosene subito dopo.
    La mora accusò il colpo, fingendo indifferenza. La conversazione terminò con il tonfo sordo di una porta sbattuta.

    Elizabeth chiuse gli occhi, poggiando la fronte sul ripiano di legno cercando di calmarsi.
    Aprì il terzo cassetto della scrivania e prese tra le mani un accendino rosso, rigirandolo un paio di volte, lo sfiorò con la punta delle dita per poi lanciarlo dall'altro lato della stanza. Finì tra le cartelle che aveva appena lasciato Faith.
    Ripensò alle sue parole “si era innamorato di te” e automaticamente i suoi ricordi volarono ad un freddo pomeriggio di febbraio.
    Nuda ed accaldata, nel letto del piccolo appartamento, Elizabeth riprendeva fiato sdraiata sul corpo di William.
    Lui faceva scorrere pigramente una mano sulla schiena di lei mentre con l'altra giocava con i suoi capelli biondi, grato per non averla vista scappare via appena terminato l'amplesso.
    La calma permeava tutta la stanza, l'unico rumore proveniva dalla pioggia che batteva incessante sulle finestre, piccoli rivoli d'acqua scendevano lungo il vetro, rincorrendosi ed intrecciandosi in spasmodici abbracci.
    Rapito da quella sensazione di tranquillità e felice di poterla stringere a sé, William diede voce ai propri pensieri continuando a sfiorarle delicatamente la pelle. La avvertì irrigidirsi e tendersi per poi alzarsi di scatto.
    - “Cos'hai detto?” - aveva chiesto lei con una punta d'isterismo.
    - “Ti amo” - aveva risposto lui, con una semplicità disarmante, guardandola negli occhi.
    - “Non dire fesserie, Spike.” - sputò fuori, arrogante - “Noi scopiamo, niente di più. Mettitelo in testa.” - proseguì alzando il tono di voce - “Cosa credevi? Di poter essere il mio compagno? Tu? Un patetico fotografo raccattato da mia madre solo perché le facevi pena?” - terminò concitata, piena di rabbia cattiva.
    Non si preoccupò di guardarlo negli occhi mentre si rivestiva o di voltarsi quando uscì.
    Il giorno seguente William si era presentato in ufficio, consapevole che lei lavorava fino a tardi e che spesso dimenticava di chiudere la porta della galleria, gettandole addosso gli slip che si era dimenticata.
    Lei si era alzata, furente, urlandogli contro di andarsene e lui l'aveva afferrata, stretta, bloccandola contro la parete.
    Occhi negli occhi poteva chiaramente vedere il desiderio che la infiammava, la voglia di lui, le labbra dischiuse che chiedevano solo di essere baciate, succhiate, torturate.
    Mantenendo una mano ferma contro il muro fece scorrere l'altra sul suo corpo caldo, strizzandole il seno, godendo dei suoi gemiti mentre le mordeva il lobo e le leccava il collo. Scese lento verso l'ombelico, accarezzandole il fianco, giocando con la cintura dei jeans. Infilò una mano nella tasca dei pantaloni, muovendola su e giù, concedendosi di leccarle la labbra.
    Lei assecondava i suoi movimenti, gli occhi chiusi, il capo poggiato all'indietro contro la parete e la bocca aperta per far uscire gemiti di piacere.
    Lui si pressò contro di lei, facendole aderire l'erezione contro la coscia, scatenando l'immediata reazione di lei che alzò il bacino per sentirlo più vicino.
    Ghignò soddisfatto, abbassandosi per morderle il collo lasciandovi impresso un segno rosso.
    La sentì schiacciarsi contro di lui, ondeggiando il bacino e sfregandolo contro il suo sesso pulsante, avvertì le mani di lei tra i capelli mentre ansimava senza controllo.
    - “Non sono poi così patetico adesso, eh pet?” - sibilò lui, scostandosi improvvisamente per poi uscire sbattendo la porta.
    Lei rimase lì immobile tentando di riacquistare un respiro regolare, gli occhi annebbiati, le guance arrossate, le mutandine zuppe e il cuore che le batteva all'impazzata.


    TBC


    Vi ho dato anche un po' di spuffy questa volta XD

    Edited by keiko89 - 19/8/2012, 01:30
     
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