Il demone che c'è in me

(seguito di Sogno ad occhi aperti)

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  1. kasumi
     
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    Capitolo 11
    Nel buio



    «Dì a Silver che William The Bloody vuol parlare con lui.»
    Spike si annunciò come se il suo nome aprisse tutte le porte. Colse Buffy fare una smorfia con la coda dell’occhio e sorrise. Quando la guardia spalancò il portone e li fece entrare immediatamente, le mise le mani sulle spalle e la guidò gentilmente all’interno.
    «Che cosa c’è, Amore? Sei delusa per la facilità con cui siamo entrati?»
    L’uomo fece segno di aspettarlo all’ingresso e si allontanò lungo il corridoio.
    «Stai scherzando? Come se a me avessero fatto delle storie.»
    Il vampiro la guardò con rinnovato interesse. «U-hu, non ti facevo il tipo che frequentasse posti del genere...»
    Buffy avvampò di colpo. «Idiota. Ci sono venuta per la prima volta questo pomeriggio solo per... per lo stesso motivo per cui siamo qui ora, accidenti! E smettila di guardarmi in quel modo!»
    Spike ridacchiò.
    Quando lei mise su il broncio e gli diede la schiena, le arrivò alle spalle e le fece scorrere le mani sui fianchi.
    «Ah!» La ragazza sobbalzò. «L’idea era quella di tornare con qualcuno per sentirmi più a mio agio, non per farmi mettere le mani addosso!»
    Fece per allontanare le mani di Spike, ma questi le allacciò davanti al suo busto e la bloccò in un abbraccio.
    «Eh no, Cacciatrice, ora mi offendi. Da quando ti faccio sentire a tuo agio? Quando dovresti solo tremare al mio cospetto?»
    Quando scese con una mano ad accarezzarle il fianco e a strofinare la sporgenza dell’anca con il pollice, Buffy non poté fare a meno di tremare.
    «Ecco, così va meglio.» Le bisbigliò.
    Poi, sempre tenendola ferma con un braccio, le percorse il bordo dei jeans a vita bassa con la punta delle dita. Poteva sentire tutto il corpo di Buffy suonare e vibrare al suo tocco come fosse uno strumento musicale; uno strumento che, accordato con cura, era in grado di riprodurre le più belle melodie...
    «Smettila di- Oh!» La ragazza si affrettò a bloccargli il polso, prima che scivolasse troppo in basso al di sotto della stoffa degli slip. Gli estrasse la mano dai jeans con uno strattone e si girò per fronteggiarlo. «Porca miseria, perché non-»
    Ma prima che potesse finire la frase, Spike le prese il viso a coppa tra le mani e lo avvicinò al proprio come per baciarla. Gli occhi dilatati di Buffy puntarono le sue labbra socchiuse e parvero scintillare per un attimo.
    «Cos’è successo di tanto grave da far piangere una Cacciatrice?» Le chiese all’improvviso, mentre una delle mani lasciava il mento e andava ad accarezzarle dolcemente i capelli.
    «Come?» Buffy lo fissò allarmata.
    Pensava non se ne fosse accorto? E perché quel mistero lo torturava così tanto?
    La guardia tornò in quel momento e fece segno di seguirlo. Spike si separò da lei a malincuore e decise di riprendere l’argomento più tardi.

    ***

    Buffy lanciò il demone attraverso lo studio con un potente movimento della gamba, imitando il famoso calcio volante di Chuck Norris.
    «Io ed il mio amico possiamo essere molto convincenti, quando vogliamo.» Disse, camminando verso la creatura verde incastrata nella parete.
    Creatura cui Spike afferrò il colletto della giacca e a cui rivolse uno dei suoi sguardi più truci.
    «E va bene, parlerò...» Disse questa debolmente, la fronte piena di pieghe ricoperta da uno strato di sudore freddo. «Io mi occupo solamente della parte logistica. Non faccio altro che appoggiarmi ad una ditta di pompe funebri per i trasporti.»
    «Trasporti di cosa? Parla!»
    Il demone strinse la mascella. «Dipende... Manufatti antichi, strani carichi misteriosi e ora demoni.»
    «Chi è il tuo mandante?» Chiese Spike.
    «Non l’ho mai visto...»
    Il ringhio basso e gutturale del vampiro fece tremare persino Buffy.
    «Okay, okay. So solo che è una setta composta da umani.» Rispose Silver.
    «Umani?» Chiese la Cacciatrice sorpresa.
    Il demone verde la guardò accigliato. «Beh, ti sembra così strano che degli umani possano desiderare la morte dei propri simili?»
    «No, ma... E’ strano.» Buffy scambiò uno sguardo pensieroso con Spike. «Sai cos’hanno intenzione di farci?»
    «Non ne ho la più pallida idea.» Confessò il demone verde. «Quelli sono tipi senza scrupoli, che tagliano la testa a chi fa troppe domande.»
    «E quando avverrà il prossimo trasferimento?» Chiese Buffy.
    Silver guardò l’orologio appeso alla parete. «Fra tre quarti d’ora. Partiranno dalle onoranze funebri dell’ottava strada.»
    Il vampiro lasciò bruscamente il colletto del demone. «Se ci muoviamo, siamo ancora in tempo.» Si alzò dal pavimento e scattò verso la porta, imitato da Buffy.
    Dietro di loro, il demone si rialzò con fatica. «Sono fottuto.» Disse, sistemando i vestiti sgualciti alla bell’e meglio. «Non gli sarà difficile risalire a chi ha parlato. Meglio lasciare immediatamente la città.»

    ***

    Spike aprì una delle bare e osservò il cadavere all’interno. Il deposito delle pompe funebri ne era pieno zeppo, tutte pronte per essere trasportate chissà dove.
    «Non ha ancora terminato la trasformazione in vampiro.» Constatò, poi aprì la bara a fianco e ne afferrò il corpo. «Aiutami a caricarlo lì dentro.»
    Con una smorfia di disgusto, Buffy afferrò il corpo per le gambe e lo aiutò a riporlo sopra l’altro.
    «Non vorrai mica…»
    Il vampiro chiuse la bara e tornò davanti a quell’altra per entrarci.
    «Eww! Stai scherzando?! Io lì non ci entro!» Squittì lei.
    «Hai un’idea migliore? I trasportatori arriveranno qui a momenti.» Disse Spike. «Così sapremo dove sono dirette e lo faremo senza attirare l’attenzione.»
    La ragazza si avvicinò alla bara, disgustata al pensiero di chiudersi in uno spazio così stretto con il vampiro, dove tra l’altro fino a poco tempo prima c’era stato un... Urgh!
    «Quante storie!» Spike l’afferrò per le braccia e la tirò con forza sopra di sè, chiudendo velocemente il coperchio.
    «Ehi!»
    «Ehi lo dico io. Il tuo ginocchio mi è arrivato proprio...»
    «Scusa.» Ridacchiò lei. «Era difficile calcolare la traiettoria del mio ginocchio mentre mi gettavi sopra di te.»
    «Beh, vorrà dire che più tardi ti farai perdonare con un bel massaggio sulla parte lesa...»
    «Taci.»
    Le parve di vedere i suoi sopraccigli alzarsi nonostante il buio e il rumore dell’apertura delle serrande fece zittire entrambi. Buffy trattenne il respiro mentre gli uomini iniziavano a caricare le bare nei furgoni.

    ***

    «Questa cosa di essere chiusa dentro una bara con un vampiro è veramente agghiacciante.»
    Spike sorrise. «Io la trovo ironica ed eccitante…» Disse, strofinando lievemente il bacino contro quello di lei.
    Ooookay. Pensa, Buffy, pensa. Sei chiusa in una bara con Spike, costretta a stare incollata al suo corpo, fino a che questo furgone non arriva a destinazione. Sopra questo affare ce ne sono minimo altri quattro ed il vano del furgone ne è strapieno. Provare ad aprirlo significa uno sforzo inutile o, tutt’al più, mandare all’aria il piano di non dare nell’occhio. Sembra tu sia davvero fottuta.
    «Dio, quanto ti odio!» Ringhiò contro di lui tutta la propria frustrazione.
    Spike ridacchiò. «Suvvia, dolcezza, ti prometto che fra poco non mi odierai più.»
    Improvvisamente, Buffy sentì scorrere le mani del vampiro su tutto il corpo.
    «Spai-mmmh!»
    Si sentì divorare la bocca dalle sue labbra e cercò di separarlo da sé, cercando alla cieca il suo viso. Porca miseria, era peggio di un polipo! Ma i suoi baci, Dio, quanto le erano mancati i suoi baci...
    Una mano si annidò sotto la nuca del vampiro e la avvicinò a sé, mentre l’altra gli scorreva febbrilmente sul petto.
    Oh, il modo in cui i suoi muscoli rispondevano sotto il tocco delle proprie mani... Il modo vorace e possessivo con cui la accarezzava, come se volesse divorarla...
    Buffy sollevò il bacino e corse a slacciarsi i jeans per dargli maggiore accesso, poi gli guidò una mano al di sotto di questi.
    Spike non perse tempo ed iniziò ad esplorare quello che gli aveva messo a disposizione. Le strinse a mano aperta una natica, poi fece scivolare le dita al di sotto delle mutandine, dove si divertì a stuzzicarla. Poteva sentirlo indurirsi ancora di più a ogni proprio ansimo strozzato.
    Lo sentì esplorare le proprie labbra con la bocca in alto e con le dita in basso, il cuore che le batteva all’impazzata, i muscoli interni che si contraevano attorno alle sue dita.
    Dio, mettilodentromettilodentromettilo...
    Si precipitò a slacciargli i pantaloni, strattonandoglieli fino a farglieli calare lungo le cosce, liberando la sua erezione che si affrettò a prendere tra le mani. Lui abbassò quelli di lei fin dove riusciva. Porca miseria, perché non aveva indossato una gonna?
    La ragazza riuscì con un po’ di difficoltà a calarseli fino alle caviglie, poi posizionò il suo membro tra le gambe, strofinandolo contro la sua apertura, sentendola socchiudersi e prepararsi al suo ingresso. Poi lui le afferrò le anche e iniziò a farle oscillare, Buffy guidò l’estremità della sua asta dentro di lei e la fece scivolare lentamente, rantolando per l’intensità della sensazione. Poi iniziò a muoversi lentamente sopra di lui, i muscoli interni stretti attorno alla sua lunghezza, per tutta la sua lunghezza, per nulla scoraggiata dai movimenti limitati che permetteva loro quello spazio ristretto.
    Le labbra del vampiro si incollarono al suo collo, e Buffy poté sentire le punte aguzze delle zanne solleticare le proprie terminazioni nervose. Ma, stranamente, il pensiero che lui si nutrisse del proprio sangue non le fece provare il ribrezzo di una volta. Vuoi perché incuriosita dalle scene che aveva visto quel pomeriggio, vuoi perché aveva capito che Spike non voleva più farle del male... Anche se l’idea la faceva ancora tremare. «Ahhh...»
    Spike la sentì irrigidirsi. «Shhh, piccola. Non lo farò se non lo desideri.»
    «Non farlo allora.» Si affrettò a dire, il respiro affannoso.
    «Non avevo intenzione di spingermi così in là questa volta... Il fatto è che non mi nutro da...»
    Buffy si accigliò. «Da quanto tempo?»
    «Uh? Perché?»
    «Rispondimi.»
    «Non ci penso nemmeno.» Poi, con un colpo di reni, il vampiro invertì le posizioni. «Non mi sono dato alla caccia selvaggia senza il chip, se è quello che intendi.»
    Buffy restò perplessa. «A che scopo toglierlo, allora?»
    «Non ci penso proprio a toglierlo in questo momento ma, uh, se parlavi del chip...» Immaginò il suo sorriso compiaciuto nell’oscurità. «L’ho fatto per potermi difendere, per sentirmi integro, per essere di nuovo libero... Ma più di tutto, per potermi prendere quella piccola vendetta su di te.»
    «Ow...» Immaginò di nuovo quel ghigno compiaciuto. Ghigno che fino a qualche mese fa trovava insopportabile, ed ora iniziava a trovare accattivante... Così ‘da Spike’, come tutte le sue smorfie e gesti tipici, che erano sue e soltanto sue, e che forse le avevano sempre fatto un certo effetto, solo che si ostinava a non riconoscerlo.
    Ma prima che potesse controbattere, però, il vampiro riprese bruscamente il movimento dentro di lei, questa volta senza gentilezza, e la portò velocemente al culmine.


    Capitolo 12
    Bruciando


    Appena gli uomini chiusero i portoni e si allontanarono, Spike aprì la bara e permise ai polmoni di Buffy di riempirsi d’aria nuova.
    Lei lo guardò negli occhi per qualche istante, le guance arrossate, prima di sbattere i propri per tornare alla realtà della loro missione. Si arrampicò sul bordo della bara per guardare dove si trovavano e decidere il da farsi.
    Vederla alla luce del neon con i capelli arruffati, la bocca socchiusa e gonfia per i loro baci, la maglietta sollevata sul ventre, fu la conferma che quello che era accaduto dentro la bara era stato reale e non si era trattato di un sogno. Spike le afferrò un polso e lo attirò a sé, baciandone la nocca. Non voleva interrompere il contatto tra i loro corpi come se avesse paura che, una volta separati, lei tornasse ad essere fredda e lo allontanasse.
    Dio, quanto la amav... Dannato inferno, no! Lui non amava affatto la Cacciatrice. Amava il suo corpo, il modo in cui lo muoveva sotto –e sopra- di lui, amava prendersi le sue rivincite con lei, ma non poteva amarla. Diavolo, quello che provava per Drusilla era Amore, non questa piccola cotticella ormonale. Anche se non riusciva a non pensare ad altro, anche se Drusilla era diventata un ricordo sfuocato. Che andasse a fanculo lei, i suoi deliri e le sue bambole di porcellana. E vaffanculo l’amore. Meglio prendersi le sue soddisfazioni quando ne aveva voglia, come aveva fatto con Harmony, senza complicazioni sentimentali.
    Non importava come Buffy lo facesse sentire, non importava che lui si sentisse parte di qualcosa... Lui non sarebbe mai diventato un ‘buono’. Però, dannazione, lasciami baciare ancora una volta la sua pelle, lasciami annusare il suo profumo, lasciami strofinare un altro po’ il viso sull’incavo del suo collo...
    Le portò un braccio attorno al busto e la premette contro di sé.
    «Buffy...»
    «Spike, forse dovremo…»
    «Resta qui, voglio farlo di nuovo...»
    «Porca miseria, non abbiamo tempo!» Buffy si staccò da lui e si alzò in piedi per saltare giù dalla bara, poi si affrettò a sistemarsi i vestiti. Localizzò un lavandino ed uno specchio con somma gratitudine e ci si precipitò per darsi una veloce rinfrescata.
    Nel frattempo, Spike iniziò a perlustrare il magazzino e a fare l’inventario mentale del suo contenuto. La superficie era di circa 150 metri quadrati, largamente occupata da bare, casse di legno e vasche criogeniche contenenti vari tipi di demoni addormentati, probabilmente drogati. L’olfatto gli suggeriva che tutti i corpi nelle bare erano in fase di transizione verso la natura vampiresca, come quello che avevano spostato prima del loro viaggio. Magari i corpi dei giovani che cercavano ingenuamente la vita eterna nel bordello di Silver, affascinati da un mondo del quale non conoscevano un bel niente.

    Il vampiro raggiunse Buffy che si stava asciugando con degli asciugamani di carta e la avvolse in un abbraccio. «Quanta fretta di cancellare i segni del nostro amore, eh?»
    «Tu, piuttosto, non credevo fossi così appiccicoso.»
    Spike la guardò leggermente offeso.
    «Insomma, non fai altro che saltarmi addosso. Continuamente.» Lo canzonò lei.
    «Perché sono terribilmente arrapato da questo corpo...»
    La prese sotto le cosce e la sollevò da terra, facendola sedere sopra il bancone d’acciaio vicino al lavandino.
    «Ow! I vampiri stanno per svegliarsi!»
    «Hai ragione, lo spettacolo di noi due che scopiamo selvaggiamente sopra questo bancone potrebbe risvegliare anche i morti.» Premette il proprio corpo contro quello di lei e l’attirò a sé per baciarle il collo.
    «Gesù! Sei peggio della carta moschicida!»

    Qualche minuto e un paio di minacce dopo, la Cacciatrice stava ispezionando il magazzino di persona.
    «Mi chiedo cosa ci sia dentro quelle casse.»
    «Demoni di alcune specie poco simpatiche.» La informò Spike, accendendosi una sigaretta. «Li riconosco dall’odore. I belli addormentati nelle vasche criogeniche invece sono quelli più pericolosi.»
    Si diresse verso il portone e ne aprì un’anta, uscendo all’esterno. Buffy invece rimase all’interno, continuando il perlustramento.
    «C’è una villa a cento metri da qui» disse il vampiro, facendo capolino all’interno. «Scommetto che i nostri amici si riuniscono là. Che stai facendo?» Aggiunse poi, vedendola svuotare il contenuto di alcuni scaffali dentro la bara con cui erano arrivati.
    «Recupero quanto c’è di antico e prezioso in questo magazzino prima di farlo saltare in aria.» Spiegò Buffy, gettando libri, manufatti e quant’altro nel contenitore improvvisato.
    Quando ebbe finito, si aiutò con il carrello a portare fuori la bara e iniziò a spargere il contenuto di una tanica di benzina sul pavimento. «I demoni sono troppi da combattere in una sola volta.» Spiegò.
    Spike annuì. «Lascia che ti dia una mano.»

    Mentre aiutava a spargere il liquido infiammabile, Spike domandò «Mi chiedo se ci siano altri depositi come questo. Voglio dire, non è meglio tenere questa gente sotto controllo prima di fare un bel falò? Non che abbia qualcosa contro i bei falò... Beh, magari quando rischio di bruciare io stesso, ma quello che voglio dire è- Cazzo Buffy, mi stai ascoltando?»
    «Non ho bisogno di scoprire i loro piani per fermarli, se è quello che vuoi dire. Mi basta sapere che stanno organizzando qualcosa di cattivo e potenzialmente pericoloso.»
    Il vampiro trattenne un’imprecazione. Lei e la solita presunzione di sapere cosa è malvagio e cosa no. Ma non era quello il problema. Il problema era sgominare efficacemente i piani di questa setta e di liberarsi completamente dei suoi membri, ma Buffy sembrava prendere la cosa troppo facilmente e in modo sbrigativo. Ma chi era lui per giudicare l’operato della Cacciatrice? Era anche troppo che la stesse aiutando.
    «Okay, e cosa facciamo con le persone nella villa?»
    «Scommetto che dentro la villa c’è una collezione ancora più interessante di manufatti antichi, per non parlare di eventuali armi. Ho in programma di fare una soffiata alla polizia e farli arrestare per commercio illegale di reperti archeologici.»
    Il vampiro si accese un’altra sigaretta e rimase per un momento ad osservare le bare.
    «A cosa pensi?» Chiese lei d’un tratto.
    «Se fossi morto in questo modo ancora prima di risvegliarmi, avrei perso l’occasione di vedere tante cose del mondo...» Si girò verso di lei con una strana espressione malinconica.
    «Beh, non è il momento per gli scrupoli di coscienza.» Disse Buffy, rubandogli la sigaretta dalle labbra e gettandola sulla chiazza di benzina.

    Entrambi osservarono il fuoco nascere ed espandersi, lambendo un poco alla volta tutta la superficie del magazzino. Poi Buffy si voltò verso la sagoma del vampiro illuminata dal fuoco e si accorse che la sua maglietta era strappata. Era forse stata lei a lacerarla, nella foga di levargliela dentro la bara?
    «Oh, sembra che ti deva proprio quei cento dollari. Così potrai comprarti qualcosa di decente da indossare.»
    Spike abbassò lo sguardo per controllare lo stato dei propri vestiti. «No grazie, ho già avuto un pagamento più che sufficiente.»
    Buffy rispose al suo sorriso arrossendo e fece per allontanarsi, ma poi si fermò bruscamente come per un ripensamento. «Prima... Quando mi hai chiesto perché avevo pianto...»
    «Sì?» Chiese lui, tornando serio.
    «Il fatto è che... mia madre è gravemente ammalata.»
    «Joyce?!»
    L’esclamazione di stupore e sdegno di Spike la fece sobbalzare.
    «Ammalata quanto gravemente?» Volle sapere il vampiro.
    «Tanto da... essere stata ricoverata in ospedale e aver bisogno di un’operazione.»
    «Fottuto maledetto inferno...» Spike scosse la testa. Non sapeva perché Buffy aveva sentito il desiderio di confidarsi con lui, ma era felice che l’avesse fatto. Anche se sapere di Joyce era stato un duro colpo. «Joyce è una brava persona. Mi dispiacerebbe davvero se le capitasse qualcosa di brutto.»
    Lo sguardo diffidente di Buffy alla confessione di affetto verso la madre gli diede sui nervi.
    «Accidenti, perché devi sempre dubitare dell’autenticità delle mie affermazioni?»
    «Perché è così tipico di voi vampiri, recitare una parte per entrare nelle grazie di qualcuno e approfittare delle sue debolezze per colpire dove fa più male.»
    Spike la fissò sbalordito. Perché diavolo si era confidata, se non le interessava quello che aveva da dirle? O forse aveva solo paura di fidarsi di nuovo di un vampiro, dopo tutte le delusioni che aveva ricevuto da Angel?
    «Per l’inferno, Buffy! Quello che hai descritto è il modo di fare di Angelus, non il mio! Quando dico che Joyce è una brava persona, è perché lo penso veramente. Pensi che non possa apprezzarla? Anche io ho avuto una madre, porca miseria! E so perfettamente cosa significa vederla peggiorare giorno per giorno davanti ai propri occhi per una malattia incurabile.»
    Gli occhi smeraldo di Buffy si ingrandirono e luccicarono per un istante nella penombra.

    Tutti gli anni consacrati al male non erano riusciti a cancellare i ricordi dolorosi della vita umana di Spike. E forse era proprio questo a renderlo unico. La stessa Drusilla gli aveva detto che l’aveva scelto quella notte per la sofferenza che aveva visto nei suoi occhi, perché lui poteva capirla, la sofferenza. E per tutte quelle emozioni di cui non era riuscito a liberarsi.
    Chissà se anche Buffy le avrebbe intraviste un giorno... Se l’avrebbe visto per l’uomo che era?
    «Sbrighiamoci.» le disse, ansioso di cambiare discorso, «Cerchiamo questa maledetta cabina telefonica per chiamare la polizia e andiamocene.»


    Capitolo 13
    Vicino a me


    Buffy finì di raccontare all’Osservatore gli eventi della notte precedente, tenendo per sé i dettagli del ruolo che Spike aveva avuto.
    «Hai fatto un buon lavoro, anche se avrei preferito sapere dell’incendio e delle tue intenzioni prima che prendessi l’iniziativa, così da poter studiare e organizzare quest’attacco insieme.» L’espressione di Giles non nascondeva la sua preoccupazione.
    La Cacciatrice si accostò allo scaffale del negozio che stava riordinando. «Non si preoccupi, le assicuro che si è svolto tutto senza intoppi, sotto il mio assoluto controllo.»
    «Uhm...» L’uomo depositò una statuetta e si aggiustò gli occhiali. «Comunque ti sono molto grato per il materiale che hai recuperato. Penso che lo studierò personalmente prima di spedirlo al Consiglio.»
    «Certamente.» Buffy annuì e fece scorrere distrattamente le dita sulla copertina di alcuni libri.
    Per un attimo, combattè contro l’istinto di fargli sapere che Spike l’aveva aiutata. Cosa ci avrebbe guadagnato se l’avesse informato della loro tregua? A parte il solito sguardo diffidente del “perché non è ancora polvere?” e un probabile terzo grado su questa tregua, che avrebbe facilmente portato Buffy a rivelare più dettagli di quello che avrebbe voluto?
    Non che Giles avrebbe apprezzato i tentativi del vampiro di rendersi utile, etichettandoli come meri tentativi di tenerseli buoni e garantire la propria sopravvivenza. Ma qualcosa suggeriva a Buffy che non si trattava solo di questo.
    Il modo in cui aveva reagito quando gli aveva detto di sua madre...
    E che cosa le era saltato in mente, quando aveva pensato di dirglielo? Consegnandogliela praticamente su un piatto d’argento, se solo avesse voluto farle del male?
    A volte era difficile ricordare che Spike era un pericoloso assassino...
    E quando si era pentita di essersi aperta con lui, e lui ci era rimasto così male... Perché? Perché quegli improvvisi sentimenti verso di lei e la sua famiglia?
    Con un sospiro, la ragazza lasciò Giles al proprio lavoro e abbandonò il Magic Box...

    ... solo per trovare Spike nel suo portico a Revello Drive a parlare con Dawn.
    Ma porca miseria! Ora stava davvero esagerando! Doveva porre un limite alle libertà che continuava a prendersi con lei. Ma prima rallentò il passo e decise che sarebbe rimasta ad ascoltare di che cosa diavolo stavano parlando.
    «Vorrei proprio sapere come fanno a sopportare quella stronza di mia sorella!» Sbottò la piccola, facendola quasi incespicare. «Insomma, a volte sembra proprio un robottino che non si sa divertire!»
    Spike sorrise. Ma di un sorriso sincero, divertito, quasi un po’ timido. Un sorriso adorabile, Buffy dovette ammettere. Non l’aveva mai visto sorridere in quel modo davanti a lei.
    «Sì, a volte lo penso anch’io.» Disse.
    Buffy si fermò sul posto, confusa, e stette in piedi a fissarli per qualche attimo, grata che dalla loro posizione non l’avessero vista arrivare. Dawn sembrava stranamente a suo agio, e lui sembrava quasi guardarla con affetto. Urgh, stava forse flirtando con lei? Non gliene bastava una delle sorelle Summers?
    Spinta dall’apprensione verso la sorella – o forse dalla gelosia? –si affrettò a raggiungerli.
    «Capisco che in questo momento ha molti pensieri per la testa e sta soffrendo per la mamma ma, diavolo, mi sta rendendo la vita impossibile!» stava continuando Dawn, «Mi credi? Vuole che mi chiuda in casa come una monaca di clausura. E io sto impazzendo. Non ti sembra giusto che pensi un poco anche a me stessa?»
    Spike si accigliò. «Tua sorella non capisce niente. Alla tua età gli ormoni corrono impazziti e non sarà certo segregandoti in casa che ti impedirà di metterti nei guai.»
    «E’ quello che dico anch’io!» Esclamò la ragazzina.
    «Ahem...» La Cacciatrice si schiarì la voce, ormai solo a pochi metri da loro. «Cosa stai facendo qui?»
    Spike si voltò verso di lei, per niente stupito del suo arrivo. «Oh, eccoti finalmente. Ero passato per chiederti un favore. Ho trovato una bella cripta accogliente ed abbandonata al Restfield e ho deciso di trasferirmi lì. Non è che avete qualche cianfrusaglia di cui volete liberarvi? Scommetto che il vostro seminterrato ne è pieno. Una lampada, un vecchio comodino, un tavolo che non usate più... tutta roba così, che può tornarmi utile.»
    Buffy lo guardò meravigliata. Trasferirsi al Restfield, proprio sotto al suo naso? Era un affronto nei suoi confronti o un modo per dirle che non doveva più temere nulla da lui?
    E quell’annuncio, che aveva tutta l’aria di un “sai dove trovarmi, quando vuoi” piuttosto che un “preferisco recuperare quello che mi serve invece che andare a rubarlo”?
    La ragazza esitò per un attimo, poi bofonchiò un «Vedrò cosa riesco a trovare.» prima di lanciare uno sguardo torvo a Dawn ed entrare in casa, invitandola a seguirla.
    Sentì la sorella salutarlo e quando chiuse la porta dietro di sè, si voltò a braccia conserte verso di lei. «Che cosa ti salta in mente?! Sai con chi stavi parlando?»
    Dawn sbuffò rumorosamente ed evitò di ricambiare il suo sguardo.
    «Non ti sarai mica presa una cotta per lui, spero!»
    A quelle parole, Dawn la fissò immediatamente negli occhi. «Mi hai visto fargli gli occhi dolci, forse? Come se importasse qualcosa per lui, tra l’altro. Avanti Buffy, si vede distante un chilometro che è cotto di te!»
    Buffy trasecolò. «E cosa te lo farebbe pensare?»
    «Ha occhi solo per te, parla sempre e solo di te.... E’ così evidente. Ma ti devo spiegare tutto?»
    Gli occhi della sorella maggiore si ingrandirono. «E’ ossessionato a tal punto?»
    Venire fin lì di giorno, con una coperta in testa, solo per vederla e farle sapere del suo trasferimento? Uhm... Ma Dawn cosa c’entrava? Voleva farsela amica per entrare nelle sue grazie? Le piaceva per la sua ingenuità adolescenziale e tenerezza? – qualcosa che aveva a che fare con il suo ‘non rendersi pienamente conto della pericolosità di un vampiro’ – oppure le si era affezionato semplicemente perché era una delle persone che le erano più vicine?
    Buffy scosse la testa e fece per andare verso la cucina per preparare la cena. Prima di oltrepassare la soglia della stessa però, esitò e si girò imbronciata verso la sorella.
    «Ma dimmi la verità, sembro davvero un robottino che non sa divertirsi?»


    Capitolo 14
    Una sorella ribelle


    «Buongiorno, Buffy.» l’accolse caldamente Giles, facendo tintinnare la campanella della porta d’ingresso del Magic Box.
    Si era presentata di mattina presto, subito dopo la partenza di Dawn per la scuola, sentendo un certo desiderio di allenarsi. Erano passati alcuni giorni da quello strano incontro con Spike e Buffy non l’aveva più rivisto, nemmeno aggirandosi per il Restfield per la consueta ronda. Immaginava stesse sistemando i propri affari nel covo precedente, liquidando gli scagnozzi o saldando qualche vecchio debito. Ad ogni modo, era lì per tenersi in forma e per schiarirsi le idee, non per sentirsi dire l’ennesimo «Credo che dovremo uccidere Spike» come se Giles avesse bisogno di ricordarle il suo dovere. Okay, non che ultimamente si fosse data molto da fare per uccidere Spike, ma... forse doveva veramente dirgli come stavano le cose. Quel ritornello iniziava a stancarla.
    «Non mi risulta che abbia più ucciso negli ultimi tempi.» Gli disse.
    L’osservatore le lanciò uno dei suoi sguardi più diffidenti.
    «Non posso ucciderlo fino a che non ne combina un’altra delle sue.» Gli spiegò il suo punto di vista. «Inizio a pensare che la nostra vicinanza l'abbia in qualche modo cambiato.»
    «Permettimi di dubitare di questo.» Giles si tolse gli occhiali per la consueta pulizia.
    «Mi ha persino aiutato a trovare la base di quella setta.»
    Questo attrasse l’attenzione di Giles.
    «Ha capito chi è il più forte tra di noi e si è messo il cuore in pace. Ha capito che non gli conviene sgarrare.» Disse Buffy. «E di fatto, abbiamo concluso una specie di tregua.»
    Giles sospirò. «Ad ogni modo, ti invito a tenerlo d’occhio lo stesso.»

    ***

    Eccola qui, la cara vecchia palestra. Okay, magari non ‘vecchia’ fisicamente, ma era come una vecchia amica con cui Buffy poteva sfogarsi e confidare i propri segreti.
    Si prese il suo tempo per fare gli esercizi, gli addominali alla spalliera, i pugni al sacco, le flessioni sul tappetino... e ripensò alle parole di Willow.
    “Non è il potere che porta alla perdizione, ma l'uso che se ne fa.”
    Forse era solo una questione di potere, tra lei e Spike, e il problema in quel momento era che non sapeva chi ce l’avesse tra loro. Era come se se ne scambiassero lo scettro ogni volta, più o meno figurativamente.
    Ma lei era la Cacciatrice, cavolo! I vampiri ed i demoni di tutto il mondo la temevano. Come poteva lasciarsi mettere i piedi in testa da un vampiro magro come un stecchino, con una faccia da spigola e un colore assurdo di capelli?
    Cercare di non vederlo non aiutava. Non quando lui aveva deciso di trasferirsi in uno dei cimiteri che batteva ogni notte e aveva un Osservatore che le imponeva di stargli alle costole.
    Forse doveva solamente essere lei a sottometterlo, a guidare il gioco...
    Quel pensiero la fece accaldare all’improvviso.
    Buffy scosse la testa, cercando di liberarsi di quei pensieri inopportuni, e iniziò lo stretching di tutti i muscoli e delle articolazioni. Si mise in piedi di fronte al muro, appoggiando i palmi delle mani su di esso. Indietreggiò con le gambe, allungando i polpacci e poi la schiena. Quando chiuse gli occhi e stette qualche istante con le mani appoggiate al muro, immaginò le mani di Spike scivolare sul suo busto e chiudersi a coppa sui seni, immaginò che lui le baciasse possessivamente il collo, la nuca, la parte alta della schiena in mezzo alle scapole, poi scendesse ad accarezzarle con la lingua la schiena in tutta la sua lunghezza…
    «Porca miseria!» Gridò ansimando. Aprì gli occhi e si voltò per appoggiare la schiena al muro. Le braccia caddero distese lungo la parete, i pugni si strinsero febbrilmente.
    Al diavolo lui e l’effetto che le faceva!
    Un attimo dopo, i passi di Giles risuonarono sul pavimento del negozio diretti alla palestra.
    «Tutto bene?» Chiese l’uomo, facendo capolino dalla porta. «Ti sei fatta male?»
    «Oh no, mi scusi. E’ stato un urlo di frustrazione, non si preoccupi.»
    L'uomo annuì. Non era la prima volta che sentiva le urla della ragazza mentre si allenava e s’immedesimava nei combattimenti, inveendo contro i sacchi da box. Giles si sistemò gli occhiali e tornò sui suoi passi.
    La ragazza si asciugò il sudore dal corpo con l'asciugamano. Le due ore di allenamento non erano servite a sfogare la tensione.

    ***

    Più tardi a casa, dopo il pranzo, Buffy si ritrovò a fissare la sorella che stava facendo i compiti sul tavolo del soggiorno. Non credeva di essere troppo dura con lei. Era solo che da quando la madre era stata ricoverata, sentiva di dover prendere in qualche modo il suo posto e rappresentare la sua autorità, il che significava essere meno permissiva di un tempo.
    Questo aveva aumentato la tensione tra le due sorelle, alimentando il silenzio innaturale si era impadronito della casa. Le azioni quotidiane che una volta erano fonte di gioiosi battibecchi venivano ora svolte meccanicamente, senza alcun divertimento o gioia. E Dawn portava chiaramente del risentimento verso di lei.
    Dawn interruppe la scrittura e sospirò. Buffy immaginò si sentisse osservata e decise di lasciarle il suo spazio. Finì di piegare la tovaglia e la ripose nel cassetto del mobile. Nell’esatto momento in cui uscì dal soggiorno, la sorella sospirò nuovamente e riprese a scrivere.

    Dieci minuti dopo, Buffy si ripresentò nel soggiorno con una borsa in mano.
    «Esco una mezzora a fare la spesa.» Annunciò alla sorella. «Quando torno andiamo a trovare la mamma, quindi fatti trovare pronta.»
    «Sissignora.» Rispose Dawn piattamente.
    Non appena la sorella ebbe richiuso la porta di casa alle spalle, Dawn si alzò con uno scatto che avrebbe fatto invidia ad un centometrista e corse al telefono, componendo il numero della sua migliore amica.

    «Janice! Non ce la faccio più!» Esclamò al telefono.
    Dall’altra parte della linea, l’amica dimostrò tutto il suo appoggio. «Tua sorella non può continuare a segregarti in quel modo! Hai bisogno di uscire e svagarti come tutti gli altri!»
    Dawn mugugnò un verso seccato. «Vaglielo a spiegare! Si è messa in testa che deve controllarmi come un carabiniere e non mi lascia più fare nulla! E pensare che lei sparisce a suo piacimento per ore senza nessuna spiegazione!»
    «Ma andrà a dormire prima o poi, no?» Suggerì Janice. «Perché non sgattaioli fuori dalla finestra di nascosto? Questa sera danno una festa a casa di Steven e non puoi davvero mancare! Ci sarà anche quel ragazzo moro che ti piace tanto!»
    Dawn sussultò. «Oh mio dio! Oh mio dio! Devo esserci assolutamente!» Strinse talmente forte la cornetta che quasi la ruppe.
    «Puoi arrivare in qualsiasi momento, perché i genitori di Steven sono all’estero per lavoro e la festa durerà tutta la notte. Guarda che ti aspetto.»
    «Contaci! A più tardi!»
    Dawn abbassò la cornetta e si portò la mano aperta di profilo davanti al naso, esibendosi in una smorfia per prendersi gioco della sorella. Aveva un gran bisogno di vedere i propri amici e di avere un po’ di respiro. Al diavolo ‘Buffy la dittatrice’ e la sua oppressione.
    Quella stronza le stava costantemente col fiato sul collo: tra le altre cose, controllava le sue uscite, le imponeva di tenere la camera sempre pulita e ordinata e di dedicare allo studio un minimo di ore al giorno. “Hai finito i compiti? Perché non hai finito la roba sul piatto? Hai lavato i denti?”
    Gesù bambino, la loro madre a confronto era una favola. Un motivo in più per sperare vivamente la sua guarigione.
    Non si capacitava del perché Buffy, che alla sua età ne aveva combinate di cotte e di crude, si ostinava a comportarsi in quel modo. Non capiva che la spingeva solo a ribellarsi?
    Nessuna di loro meritava di restare chiusa in casa, a soffrire o piangere in silenzio per quella situazione familiare. Non capiva che un po’ di svago non le avrebbe fatto mancare di rispetto alla madre? Dawn sbuffò e chiuse il libro scolastico che aveva tentato di studiare. Aveva troppi pensieri per la testa per riuscirci.

    ***

    Per fortuna, Buffy non sembrava essersi accorta minimamente della sua piccola fuga. Appena arrivata alla casa del loro compagno di scuola, Dawn si chiuse nel bagno con Janice e tirò fuori i trucchi ed i vestiti che aveva portato con sé in una borsa. Se la sorella avesse controllato se dormisse prima di uscire per la ronda – o nella peggiore delle ipotesi, l’avesse sgamata ad uscire – non doveva pensare che era preparata per andare ad una festa.
    «Usa questo!» Le disse l’amica, indicando un ombretto marrone. «Metterà in risalto il colore dei tuoi occhi!»
    «Grazie. Hai visto quanta gente?»
    «Oh sì! La festa sta riuscendo proprio bene! C’è una bella atmosfera, bella musica, tanti alcolici e… bei ragazzi!» Janice le fece l’occhiolino.
    «A proposito di bei ragazzi, hai visto Eric?»
    «Certo! L’ho visto in cucina mentre discuteva con Peter.»
    «Spero proprio che questa sera riuscirò a parlargli!»
    Le ragazze ridacchiarono e si sistemarono i capelli allo specchio.

    ***

    Nel frattempo, Buffy si stava aggirando per il Restfield alla ricerca di Spike. Non le ci volle molto per localizzare una cripta con la porta spalancata, con un gruppo di mobili e oggetti d’arredamento all’esterno.
    La Cacciatrice ne varcò la soglia e strinse gli occhi per abituarsi al buio. Localizzò velocemente l’accesso al piano inferiore sotto il sarcofago di pietra e iniziò a scendere la scala, verso le luci soffuse che alcune candele stavano proiettando sul muro.
    «Ehilà.» Lo salutò. Ma Spike non sembrò notarla, troppo indaffarato ad accendere le candele per fare luce e poter procedere alla sistemazione delle sue cose.
    «Dove hai recuperato tutta quella roba?» Buffy si mise le mani nelle tasche dei jeans e iniziò a curiosare per la stanza.
    «Una parte viene dalla discarica, una parte dalle case abbandonate.» Il vampiro accese l’ultima candela e agitò il fiammifero per spegnerlo. «Sei venuta a darmi una mano? Penso non gli nuocerebbe un tocco femminile, a meno che tu non voglia riempirla di tende rosa, bambole e unicorni. Ti assicuro che ci sono già passato e non è stato affatto divertente.»
    Buffy sorrise. «Non ci penso proprio. Invece, sono venuta a chiederti quali sono le tue intenzioni e perché hai deciso di trasferirti a Sunnydale.»
    Spike finse di rimanere offeso. «O avanti, Cacciatrice. Non sono qui per fare qualcosa di cattivo. Ogni tanto un vampiro può stancarsi di essere malvagio.»
    «Ma tu sei malvagio dentro. Anzi, sei l’essenza della malvagità.»
    Spike inclinò la testa e le sorrise. «Grazie. Sono molto orgoglioso della reputazione che ho costruito.»
    Buffy distolse gli occhi dai suoi. Questa versione casalinga e flirtante di Spike la metteva a disagio. Le veniva quasi voglia di sbatterlo sul muro e prenderlo a pugni, pur di farlo arrabbiare, perché almeno se tentava di ucciderla sapeva esattamente come gestirlo.
    «Come sta Joyce?» Le chiese all’improvviso.
    La ragazza si pietrificò sul posto. Perché si ostinava a far finta che gliene importasse?
    «Okay, come non detto. Cambiamento di discorso. Vuoi una birra?»
     
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