Posts written by spuffy.77

  1. .
    Oggi è il compleanno di una jurassica sissolotta....Tantissimi augurissimi Gabry, allora il pacco regalo ti sta per arrivare a casetta tua, mi raccomando non sciuparlo, perchè serve anche per gli altri compleanni di noi sis, mi sono spiegata :shifty: ??!!!!!!


    Buon compleanno Concittadina!!!!!
    Tantissimissimissimi auguroni ..... :wub:

    gif 8mKzGD3 lA3STeT 21wYg 21wYg
  2. .
    ....eh si sissine , quando c'è di.... mezzo Spike il cervello mi va in modalità
    sesso sesso sesso....all'infinito


  3. .
    Eccomi, visto che il tema è l'estate , io proporrei questi video, che di caldo ne fanno venire mooooolto!!!!!








    :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty:
  4. .
    Ahhhh Una gemelli come me!!!!!!!!!!

    Tantissimi augurissimi di cuorissimo per la nostra amata Kiki cricchiolina!!!!!
    Ti auguro tutto le cose più belle!!!!!!

    Festeggia e non essere ingorda, mi raccomando , io ti mando Tom e Spike, fai tu che sai!!!!!!!!

    Buon compleanno tesoro!!!!!!

    :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday: :birthday:
  5. .
    Ale, finalmente, hai postato!!!!!

    Cavolo, la stai traducendo divinamente, ogni singolo dettaglio e focalizzato quasi fosse reale, sembra di guardare un film!

    Anne, cmq è dolcissima,e secondo me ha una piccola e a vaga idea di far si che il figlio e Buffy si innamorino, e Mi è sembrato proprio di vedere la faccia di Buffy quando ha visto che fosse il famoso padrone di casa!!!!

    Grazie ancora Ale , perchè questa ff è davvero una meraviglia e senza te non avrei potuto conoscerla!
    Adesso sono davvero più ansiose nel vedere come si evolverà il rapporto tra i due!
  6. .
    Postato un altro pezzettone de Le urla degli Dei
  7. .
    Angel era già in ufficio, nonostante fosse domenica e Wesley avesse brontolato chiedendo una tregua almeno fino alla sera, quando finalmente Gunn e Lorne sarebbero tornati con la loro “sorpresa”. Era seduto dietro alla scrivania, controllando il lavoro rimasto indietro e decidendo quali fossero state le cause più urgenti da affibbiare a Gunn l’indomani.
    “Mister Truckins, magnate delle industrie farmaceutiche della costa, accusato di utilizzo di sostanze dalla provenienza sconosciuta per fabbricare antidolorifici...-lesse ad alta voce- Accidenti, questo sarà un altro boss ricco di soldi, agganci e servi demoniaci dai canini un po’ troppo lunghi.- e guardando il reperto A, nonché il corpo del reato, cioè una bustina trasparente che conteneva due pillole verdi, decise:- le farò analizzare da Fred, poi deciderò”.
    In quel medesimo istante, quasi apparsa con il teletrasporto, apparve la giovane dall’aspetto stanco e preoccupato.
    “Non dirmi che anche tu hai dei poteri ora, vero?” chiese il vampiro, rimasto stordito nel vederla subito dopo aver detto il suo nome.
    “C’è un problema. Un grosso problema. Un problema grosso come una casa, anzi come un grattacielo - sparò la giovane camminandogli davanti e muovendo le mani in fretta - o meglio, non è un problema - respirò a fondo, cercando il termine giusto – è un disastro! Ecco cos’è!”
    “Fred – la chiamò Angel alzandosi e cercando di farla sedere – calmati e spiegati meglio, altrimenti non potrò aiutarti.”
    “Spike. – disse lei, adagiandosi sulla sedia, ancora agitata – è uscito di casa ieri sera e non è rientrato… per tutta la notte, capisci? – una lacrima le scivolò lungo la guancia, prontamente asciugata dal vampiro –grazie..”
    “Spike è un vampiro… anche se a dirlo fa perdere punti all’intera razza dei vampiri –disse appoggiandosi di schiena alla scrivania in un gesto ormai abitudinale –è normale che vaghi di notte… magari ha fatto la ronda, si è spinto oltre ed ora si è dovuto mettere al riparo dai raggi del sole”. Angel cercò di fornire questa spiegazione per confortare la ragazza, anche se mentre parlava si accorse anche lui di quanto fosse improbabile quell’ipotesi.
    “E’ successo dell’altro?”indagò lui, poco convinto che fosse tutto lì.
    Fred, imbarazzata, parlò, raccontandogli della litigata, della ferocia di lui, delle domande che lo ossessionavano su Buffy. Angel si allarmò. Che fosse andato alla ricerca di lei? Che l’avesse trovata e, parlando, avesse scoperto che fra loro c’era qualcosa, prima? E se a quel ricordo lui avesse sciolto l’incantesimo? Se avesse ricordato dell’amore nutrito per Buffy? Che cosa si sarebbero dovuti aspettare ad una evenienza del genere? Che cosa sarebbe accaduto se Spike e Buffy fossero tornati insieme? A parte il suo cuore che sarebbe scoppiato in frantumi, il mondo avrebbe rischiato un’ulteriore apocalisse, forse più terribile dell’ultima? Perché lo sciamano era apparso due volte dal ritorno del vampiro biondo, ed aveva detto quelle cose a Willow? Cosa significava che la Cacciatrice, la prescelta, non avrebbe mai dovuto conoscere il vampiro dall’anima conquistata? Per fortuna, Angel sapeva che quella sera avrebbe avuto risposta ad almeno alcune domande, grazie al ritorno a mani piene di Gunn e Lorne.
    “Non ti preoccupare. Manderò Wesley a cercarlo – tranquillizzò la giovane o forse più se stesso – tu ora vai a casa. Riposati”
    “Non ce la farei a stare a casa da sola. – rispose lei, allungando un braccio ed indicando la bustina trasparente sopra il tavolo di mogano – se non mi sbaglio, prima che entrassi sconvolta e piangente, stavi decidendo di darmi un lavoro”. I due sorrisero, iniziando così un’altra giornata alla W&H.


    Willow era in cucina, cercando di affogare la sua tristezza in un barattolo di gelato, lo sguardo perso fuori della finestra, oltre la siepe. Il sole brillava, senza rallegrare però il suo spirito che piangeva, e che voleva a tutti i costi punirsi per il male fatto a Buffy, che era più di una sorella, più di un’amica. Xander entrò nella stanza trascinando le sue pantofole di Titti, sbadigliando in maniera rumorosa.
    “Ehi Will… poi non chiedermi di correre con te per tutta Los Angeles, per smaltire quegli ettolitri di calorie che ti stai trangugiando! Sembri una naufraga che è vissuta per cinque anni in un’ isola deserta e che è molto affamata di gelato!”
    “Beh, se io fossi una naufraga - bofonchiò lei, con la bocca piena e un altro cucchiaio in arrivo - e fossi affamata, non mangerei del gelato, ma un piatto di spaghetti caldi, con salsiccia e piselli!”
    “Vedo che sei scrupolosa, eh? – scherzò lui, cercando la scatola di cereali dentro il mobile - manterresti sempre e comunque la stessa dose di calorie!”
    “Smettila, come dietologo non faresti fortuna..”
    “E tu non racimoleresti un soldo come cuoca. Le salsicce stanno bene con la panna…-sentenziò versando il latte nella sua ciotola personale - comunque, cambiati!”
    “No Xan… non ne ho voglia. Mi sento triste”
    “Per questo voglio farti uscire. Ti porterò al negozio di arti magiche, quello sulla quinta strada. E ti comprerò gli occhi di ratto, quelli che ti servivano l’altro giorno”. Xander fece una smorfia di disgusto. E poco prima di mangiarsi la sua scodella profumata di cioccolata, guardò la ragazza davanti a lui.
    “Ah, voi streghe… mai una volta che vi servissero cose normali, tipo petali di rosa o un po’ di sale, andrebbe bene anche il tonno…”
    “Xander, hai detto bene. Siamo streghe e non cuoche…- e riflettendo sulle ultime parole, chiese - e poi, perché facciamo altro che parlare di cibo e di come cucinarlo?”
    “Io credo – disse in tono solenne ritenendosi un grande esperto nel campo- io credo che il cibo sia come il sesso…”
    “No, Xander… ti prego – gemette lei - sono abbastanza giù di morale per sentire le tue teorie”
    “No, no, ascolta… sono serio. Il cibo è come il sesso, e visto che io e te da molto tempo non facciamo quella intensa e affascinante attività notturna, o anche diurna dipende dai gusti, parliamo di cibo!”
    “Questa è la teoria più scalcinata che io abbia mai sentito – constatò lei, quando notò il barattolo del gelato ormai vuoto, e con aria sconfitta sussurrò: - ma credo che sia giusta.”
    Xander sorrise soddisfatto, ma vedendo ancora il viso di Willow triste, forse adesso ancora di più, tentò di allievarle il dolore del momento.
    “Tornerà Will. Buffy tornerà da noi, e noi ci faremo perdonare. Vedrai, saremo di nuovo uniti, come sempre. - disse con voce calma avvicinandosi a lei e abbracciandola – ora andiamo, c’è un povero ratto morto senza occhi che ci sta aspettando!”
    “Sei disgustoso Xan!” lo rimproverò, sorridendo.
    “Lo so, ma almeno sono riuscito a farti sorridere.” Willow, in quel momento, capì che niente e nessuno avrebbe mai potuto dividerli, e sarebbe stato così anche con Buffy. Avrebbe aspettato solamente il momento giusto.


    Buffy uscì dall’ascensore come una saetta, dirigendosi senza indugio verso la porta di Angel. Il vampiro sussultò vedendosela arrivare trafelata e allarmata.
    “Non trovo più Dawn! Devi aiutarmi a cercarla!- disse quasi urlando, in preda al panico – TI PREGO, DEVO TROVARLA!”. Il vampiro capì subito che c’era dell’altro, ma evitò di chiederglielo, sapendo che lei non gli avrebbe più rivelato niente. Anche se, già il fatto che avesse chiesto il suo aiuto, lo faceva sperare in un futuro rappacificamento.
    “Quando l’hai vista l’ultima volta?”
    “Ieri sera… noi abbiamo preso una camera in un motel e lei dormiva serena, poi quel sogno….- si bloccò, mettendo un muro a difesa - .. stamattina quando mi sono svegliata non c’era più..”
    “Potrebbe essere uscita a fare colazione, magari…- disse Angel cercando ipotesi il più normali e tranquille. - o si è messa a fare due passi”
    “O forse qulacuno l’ha rapita e adesso lei ha bisogno di me..” la giovane aveva le lacrime agli occhi e i muscoli tesi. Stava per esplodere in una crisi isterica, ma si trattenne. In quel momento qualcuno entrò.
    “Ehi, boy scout, la ragazzina si è persa”. Spike, ovviamente senza bussare, aveva varcato la soglia, seguito da una soddisfatta e raggiante Dawn.
    “Oddio, Dawn!” gridò Buffy raggiungendola e abbracciandola così forte da toglierle il fiato. Passata la paura e la gioia di averla ritrovata sana e salva, il posto di sorella venne occupato da quello di mamma.
    “Accidenti Dawn! Ma dove sei stata?- chiese arrabbiata - mi sono preoccupata a morte”
    “Forse perché sei talmente abituata a vedere catastrofi, mostri e morti imminenti, da dimenticarti di cercare un qualche foglietto sopra un qualche cuscino” disse Dawn, il viso raggiante. Era così perché aveva rivisto Spike, dopo un anno. Il suo Spike, colui che l’aveva salvata miliardi di volte e verso il quale lei nutriva un affetto profondo.
    “Sei più svampita oggi di ieri, non c’è che dire… pensavo fosse un’infermità temporanea, ma mi dovrò ricredere!”. Quella voce, calda e ironica, la sommerse di timore ed emozione. Era talmente presa dalla sorella, da non aver notato il vampiro biondo che l’aveva condotta lì. Ancora una volta, senza nemmeno saperlo, aveva riportato Dawn da lei, l’aveva protetta.
    Allungò lo sguardo oltre le spalle di Dawn, incrociando lo sguardo blu sognato di notte, cercato nelle persone di giorno. Incerta per un secondo se ce l’avesse fatta o meno a sostenerlo, si fece forza, notando che il suo corpo rispondeva a quella sferzata di energia. Le gambe le tremarono lievi, il cuore invece si scatenò, alterando il lieve e controllato ritmo di prima, raggiungendo i battiti al limite del dovuto.
    “Spike..” riuscì a dire, maledicendo la sua lingua che la rendeva agli occhi di lui, un’oca al pari di Harmony.
    “Ci siamo già presentati, se non mi sbaglio… Cacciatrice!”. Quest’ultima parola, pronunciata scandendone ogni sillaba, colpì in faccia sia la giovane che il vampiro bruno. Entrambi si guardarono velocemente, un dubbio li invase: che Spike ricordasse?
    “Gliel’ho detto io…” borbottò Dawn, alleggerendo entrambi di un peso non ancora facile da gestire.
    “Bene.. *ora* – sottolineò lei - ci siamo presentati”. Buffy sentì che il suo spirito era tornato simile a quel nome che Spike aveva detto. Non sapeva perché, o come, ma una forte convinzione stava prendendosi spazio in lei. I due ancora si guardavano, gli occhi incatenati. Spike si sorprese a constatare quanto bella e fiera fosse quella ragazza dai capelli d’oro, lei notò senza sorprendersi più di tanto che il suo cuore era ancora legato a lui, in un sentimento di certo più forte e stabile di prima. Angel tossì rumorosamente, rompendo la tensione creatasi da quello sguardo colmo, traboccante di parole.
    “Prima hai accennato ad un sogno..- abbozzò il vampiro bruno, cercando un segnale di arresa – ti va di parlarne?”. La ragazza avanzò verso di lui, rilassata. Si fermò a pochi centimetri dal vampiro, che difronte al suo corpo minuto e fragile, sembrava un gigante nero.
    “Ho sbagliato – disse controllata – ho cercato da te qualcosa che non volevo. Che non voglio più!”
    “A cosa ti stai riferendo?”
    “Il tuo aiuto… non lo voglio, non mi serve. – lo guardava seria – e i sogni che faccio sono affar mio!”
    “Ehi, la ragazza ha della stoffa! – esclamò Spike compiaciuto – mi rimangio la cosa dell’infermità mentale” aggiunse annuendo verso Buffy, che dentro di se sorrise, ritrovando la scintilla che quel controbattere acceso, le creava.
    “Buffy, ragiona. Le cose potrebbero essere unite – spiegò Angel, cercando di farla riflettere – il sogno che ti ha sconvolta, l’ascia, le rune impresse su di essa… potrebbero far parte della stessa cosa.”
    “Una predizione! - esclamò lei, come illuminata da un’idea – vogliono preparmi….predirmi ciò che accadrà… anche se la maggior parte delle volte sono messaggi talmente contorti che risulta quasi impossibile capirci qualcosa”
    “Buffy, cosa intendi fare?” domandò Dawn, nella voce un picco di preoccupazione.
    “Credo che il nostro soggiorno a Los Angeles durerà più del dovuto, Dawnie” sentenziò lei, voltandosi leggermente per non incrociare di nuovo lo sguardo magnetico di Spike. Dawn esultò, sommessamente.
    “Bene, la Cacciatrice rientrerà in funzione..” disse il vampiro biondo, fra l’eccitato e l’infastidito. In fondo la ronda era una cosa sua, anche se gli toccava dividerla con Gunn ed Angel, e sapere quella ragazza potente al suo pari, se non di più, combattere insieme a lui, lo agitava. Aveva paura di dover ammettere, poi, di essere più debole di una femminuccia.
    - maledetto orgoglio maschile! E maledette cacciatrici!- aveva brontolato dentro se stesso.
    “Diciamo che per il momento, Buffy – sottolineò la ragazza – cercherà informazioni più dettagliate”
    “E poi?” domandò Angel, aspettando una risposta. Aspettando l’unica risposta.
    “E poi… beh, si vedrà – rispose semplicemente, facendo spallucce – ora, voglio che tu mi dica esattamente cosa dovrebbero dirmi questa crune..”
    “Ehm, si dice rune, Buffy… rune”. Angel sorrise. Sapeva che le cose, ora che lei era lì, sarebbero migliorate. Buffy era il suo piano, la sua arma più potente, la sua carta vincente. Se fosse tornata a tutti gli effetti la Cacciatrice, niente e nessuno li avrebbe fermati. Avrebbero sconfitto qualsiasi pericolo stesse avanzando verso di loro.
    “Che ne dite di brindare? Sembra il momento giusto per farsi un goccio!”. Tutti si voltarono verso Spike, fulminandolo. Sembrava che il tempo non fosse trascorso… e Buffy si sentì, dopo tanto, di nuovo viva. E forte....Tbc
  8. .
    Le ragazze mangiarono assieme, poi si misero a preparare le borse. Buffy guardò l’interno del proprio armadio: aveva perso tutti i vestiti durante la distruzione di Sunnydale e della sua casa. Quelli che aveva ricomprato non le sembrarono più così adatti.. Jeans, maglioni a collo alto, giacche e camicette da scolara. Per quella sera aveva assolutamente bisogno di un vestito diverso, magari leggermente audace, di certo più femminile.
    “Dawn, non è che mi presteresti…”aveva iniziato a chiedere a voce alta, dirigendosi fuori della camera. Ma la sorella fu più veloce di lei ed entrò con in mano un vestito nero.
    “Il tuo bellissimo abito nero?” Dawn aveva finito per lei la domanda, ed ora le stava porgendo l’oggetto in questione. Buffy lo prese. Anche se Dawn era leggermente più alta, fisicamente erano simili. Le sarebbe stato bene.
    “Prometto di non rovinarlo!”
    “Vorrei ben vedere… se trovo solo un filo tirato, sono pronta a strapparti la camicia bianca di seta!”
    “starò attenta” aveva detto Buffy sorridendo.
    “Spero che tu ti diverta…. Anche se con quel musone non si dovrebbe morire certo dal ridere… con Spike era tutto diverso, lui era simpatico… sarcastico…. Lui ci voleva bene… lui mi voleva bene”. Dawn sentì che gli occhi le si stavano bagnando.
    -sono una stupida, insensibile, egoista, deficiente…- pensò cacciando indietro le lacrime.
    -chissà ora Buffy come si sentirà… accidenti a te Dawn! Sempre le parole sbagliate al momento sbagliato..-
    Invece la sorella la guardò con profonda dolcezza e, le sembrò, anche con gratitudine. Allungò la mano verso il viso rotondo e ancora fresco della sorella minore, e le accarezzò una guancia.
    “sì, lui ci amava entrambe…. Ed io non l’ho mai compreso… non l’ho mai accettato quell’amore…. Ma sai, sono certa che lui ci voglia felici… in fondo ha combattuto una vita solo per questo: vederci e farci felici” disse quasi sottovoce, per nascondere l’emozione. “Anche se la maggior parte delle volte mi faceva veramente infuriare.. credo che gli desse gusto stuzzicarmi..” aveva aggiunto abbozzando un sorriso, fissando un punto imprecisato della stanza, come se avesse rivissuto per un attimo i loro battibecchi.
    “Beh, credo che la cosa fosse reciproca”. Dawn la guardava nel profondo. E sia l’una che l’altra, vedevano nel reciproco sguardo il grande vuoto che quel vampiro biondo aveva lasciato sacrificandosi per il mondo intero…. Quel mondo che l’aveva sempre rifiutato, sia da vivo che da non-vivo… quel mondo che l’aveva costretto a rinnegare la vita, a scegliere le tenebre… quel mondo che l’aveva definito un perdente, un essere inferiore… Dio, anche lei l’aveva chiamato così. Per un attimo, strinse le mani, pungendosi i palmi con le unghie. Ma subito dopo, lasciò la presa. Lui l’aveva perdonata tanto tempo prima, aveva continuato a combattere al suo fianco, aveva resistito al Primo sapendo che lei credeva in lui… lui aveva scelto la redenzione per essere degno… per essere un uomo, finalmente. Allora perché ancora tutti quei sensi di colpa? Perché alcune volte avrebbe voluto prendersi a cazzotti? Perché aveva escluso l’amore di un uomo dalla sua vita? Quale uomo sarebbe stato anche lontanamente simile a lui? Quale uomo l’avrebbe guardata scoprendo tutto, andando oltre le barriere che aveva innalzato con tanta cura? Quale uomo l’avrebbe accettata dopo averla vista per quello che era realmente? Il suo cuore non aveva ancora ricevuto il perdono… ma non quello di Spike, il suo…il perdono di Buffy.
    - se continuo di questo passo diventerò matta ed allora mi rinchiuderanno in una casa di cura per ex-cacciatrici in paranoia a causa del loro amato vampiro con l’anima sacrificatosi per l’umanità… a patto che ce ne siano altre -
    “Sai Dawn, credo sia meglio sbrigarci. L’aereo parte fra due ore, e non voglio rischiare di perderlo”
    “Messaggio ricevuto. Tra un quarto d’ora ci troviamo davanti al portone!”. Dawn ora mimava il saluto militare.
    “D’accordo generale!” aveva risposto Buffy, anche lei in posa come la sorella.
    Salirono nel taxi, mentre il sole brillava ancora alto nel cielo. New York quel pomeriggio sembrava più bella… o forse la loro gioia stava contagiando anche il paesaggio circostante.


    Los Angeles
    Spike aveva dormito fino al primo pomeriggio. Le ferite ogni tanto lo facevano mugolare nel sonno, ma la sua tempra di vampiro stava già permettendo ai tagli di richiudersi. Si svegliò con il viso della bambina della visione precedente (perché era certo che non si trattasse solo di un sogno!) che giocava con l’ascia. Lui la guardava seduto su una grande poltrona, ed era stranamente sereno. Questa volta niente morte ne voci accusatorie, nessuna paura o tormento. Solo pace e un gran senso di appagamento.
    -dannazione, ho dormito troppo. Ora starò intontito tutto il tempo- aveva pensato guardando la luce del sole entrare nella stanza. Poi un lampo gli balenò nella mente.
    “Per tutti gli inferni!” aveva urlato balzando dal letto, come colpito da una scossa. Si era messo al riparo, in una zona d’ombra… era in piedi, di fianco alla porta, le finestre dalle tende tirate davanti a lui. Fred doveva essersi scordata di chiuderle…. guardava il braccio sinistro con ansia crescente… nessun dolore, nessuna bruciatura… niente, la pelle chiara come latte…. Eppure ne era certo.. quando si era svegliato, il sole lo stava colpendo lì…. ed era ancora là, sopra il letto… lo vedeva nitidamente accarezzare le lenzuola chiare e stropicciate….
    Il suo braccio era stato raggiunto dai raggi del caldo sole pomeridiano e non aveva preso fuoco, neppure uno sbuffo di fumo… niente, nessuna traccia… che fosse…?
    “Quella maledetta ascia mi ha fatto uno strano effetto… è di certo demoniaca… la dovrò distruggere… mi ha ridotto come un colabrodo… e per di più mi da anche strane illusioni..” disse a voce alta. Ma il dubbio era troppo grande e stupefacente da non doverlo verificare…e se davvero qualcuno da lassù gli avesse fatto il regalo di sentire ancora quel calore che tanto gli mancava? Magari era una ricompensa per aver salvato il mondo… beh, erano in ritardo di quasi un anno, ma considerato il valore di quel premio, ne era valsa comunque la pena!
    “Male che vada, aggiungerò a questa sfilza di tagli sexy una bella bruciatura” disse facendo spallucce. Con un balzo si avvicinò alla luce che entrava dalle finestre e, lentamente, sporse il braccio.. avanti.. più avanti… stava per raggiungerlo.. Chiuse gli occhi accorgendosi di essere diventato fifone (di certo era la vicinanza di Angel!)… ma la posta in palio era molto alta… ciò che vide quando li riaprì, lo fece innalzare di due metri dal suolo. Un urlo gli sgorgò dalla gola. Se il cuore avesse potuto sussultare come il suo corpo, sarebbe esploso all’istante.
    “Oddioo!”…. bollenti lacrime solcarono le sue guance perlate e una smorfia di piacere stravolse i lineamenti del suo viso… quel calore, quel bagliore… quella sensazione tanto cercata, anelata… nei corpi degli altri, nei loro respiri, nel fuoco scoppiettante, addirittura nel mozzicone della sigaretta ancora accesa fra le labbra…quella distensione che provocava sulla sua pelle, sui tendini sempre tesi, sui muscoli doloranti, sulle ossa acciaccate… era paradiso sconosciuto, oltre l’immaginazione che il suo demone gli impediva di raggiungere… ma la sua anima… in quel momento ringraziava quel Dio che aveva rinnegato, e gemeva, e gioiva, e brillava, e pulsava… la poteva vedere.. vedeva la sua anima nei raggi di quel sole che ora lo avvolgeva completamente… la poteva vedere danzare sopra le persone che camminavano fuori della finestra, rincorrere un bambino, sorreggere un anziano, profumare tra i fiori, baciare i balconi, saltare sopra i tetti, raggiungere le nuvole e sporcarsi di esse… tutto per dire grazie, ancora e ancora…. Sempre, fino alla fine e oltre, ancora e ancora….
    -Grazie, perché non hai guardato al peccato… grazie del tuo dono, del miracolo….grazie di aver creato la pace… grazie di aver messo a tacere la tenebra che è in me… grazie di avermi fatto provare ciò che solo gli angeli raggiungono… la pace dell’anima..-
    “Grazie..”. Spike restò davanti alla finestra riscaldato dalle braccia del sole, per un tempo indefinito… piangeva e pregava… la sua pelle chiara e i capelli biondi risplendevano anch’essi…. Una sola parola gli venne in mente..- RIFULGENTE…-

    Alla W&H si respirava tensione. Angel era intrattabile, urlava comandi a destra e sinistra, aveva spazzato via con una manata tutte le scartoffie e gli oggetti che erano sopra la scrivania. L’ora di pranzo era passata da un bel po’, buffy sarebbe arrivata a poche ore di distanza e di Willow non c’era nessuna notizia. L’aveva cercata venti volte a casa e altrettante al cellulare, ma l’unico suono ricevuto era quello della cornetta vuota. Stava diventando una vera furia. Fred aveva provato a parlargli in un paio d’occasioni, ma dopo il primo sguardo truce, aveva preferito tornare al suo laboratorio. Wesley, che lo conosceva meglio, si era tenuto debitamente a distanza. Inoltre, non avrebbe potuto fare altro che aspettare e aspettare… Harmony chiacchierava con il suo tono stridulo con qualcuno, quando angel riconobbe la voce. Si affacciò dalla porta dell’ufficio e gettò lo sguardo sulla scrivania della bionda vampira…Willow era lì, l’aria imbarazzata e un po’ spaventata.. Harmony doveva averla avvertita dell’ evidente tensione del capo.
    “Ti prego non mordermi… sai ho un sangue piuttosto scialbo… ah, sono anemica… e poi noi streghe siamo dure e amare…come un amaretto, ecco!” aveva detto mentre Angel l’aveva raggiunta e l’aveva “gentilmente” trascinata dentro la stanza. Chiusa la porta, l’aveva fulminata:
    “Willow, ma sai che ore sono?”. Il vampiro si appoggiò di spalle alla scrivania. Incrociò le braccia aspettando delle scuse molto, molto convincenti.
    “Sì, lo so, sono un po’ in ritardo….ma mi ero scordata di comprare le patatine che piacciono tanto a Dawn… sai alle ragazze ho fatto una piccola festa, e….”. Angel si sentì improvvisamente sereno. Quella ragazza era molto più svampita di Buffy…., ma la situazione lo fece sorridere di gusto. Willow all’inizio rimase sconcertata, era andata di nuovo fuori del percorso, ma la reazione del vampiro la rasserenò. Sorrise anche lei, quando Angel di botto tornò ad avere il suo cupo e misterioso sguardo. Anche lei fece uguale.
    “Allora?” continuò lui.
    “Allora sono simboli di rune celtiche, come ti avevo detto” disse con la’aria soddisfatta di un’alunna che ha risposto bene alla domanda della prof.
    “E…” incalzò lui.
    “E sì, sono riuscita a tradurli… almeno credo”. Prendendo l’ascia che aveva chiuso in uno scatolone, toccò uno ad uno i tre segni iniziando a spiegarli…
    “Il primo è UR, la runa primordiale, significa conoscenza primordiale, felicità e saggezza.
    Il secondo è NOT, la runa ausiliatrice, rappresenta il destino, con i suoi lati negativi e positivi, induce all’accettazione e aiuta a superare le prove.
    La terza è il massimo della potenza delle rune: è AR, la runa della terra, permette di scacciare tutti gli influssi negativi, rafforza l’energia vitale e protegge dai pericoli…”
    “Ok, questa è la traduzione…ma l’interpretazione?” aveva aggiunto lui interessato e ansioso.
    “Io credo che preannunci una nuova battaglia. UR sta ad indicare l’inizio di tutto, NOT parla di un destino che forse è già stabilito ma che deve essere scelto o riconfermato, mentre AR ridona la forza necessaria per vincere…”
    “Pensi anche tu quello che penso io?” chiese Angel visibilmente preoccupato.
    “Sì…. Questi simboli sono per una persona, la stessa per cui è stata forgiata l’ascia… la cacciatrice, la prescelta… “ Willow si accorse che la sua voce tremava. Pensava alla sua Buffy ormai libera, verso la quale stava per gettarsi di nuovo una scelta difficile e dolorosa.. “Dovremmo chiamare il sig. Giles. Quantomeno metterlo al corrente del macello che qui fra poco si scatenerà”
    “Aspettiamo ancora un po’… quando la situazione sarà più chiara” ordinò il vampiro. Poi, aggrappandosi ad un sottile filo di speranza, chiese:
    “C’ è una qualche possibilità che ci stiamo sbagliando?”
    “Beh, sì, certo… questi segni potrebbero predirci che avremo malattie polmonari, malattie della pelle e che la nostra bellezza aumenterà, e che l’ascia ci servirà per tritare le erbe magiche che ci aiuteranno a guarire…”
    “Sarebbe un vero disastro…”
    “Già, un’apocalisse..”


    Areoporto di Los Angeles
    “Dawn, muoviti!”. Buffy camminava velocemente, zigzagando tra la gente, tirandosi dietro la valigia. Era eccitata come una ragazzina il primo giorno di scuola. Posto nuovo, taglio di capelli nuovo e amici di vecchia data. Dawn le correva appreso trafelata
    “Buffy, vuoi rallentare? Accidenti, tu sei una cacciatrice, ed anche se fuori allenamento, hai di certo più fiato di me che me ne sto tutto il giorno davanti a un libro o al computer..”
    “Questo perché sei un gran pigrona”
    “non è vero…” aveva risposto Dawn imbronciata. Era tutta sudata, la maglietta sintetica le si era appiccicata addosso facendole rimpiangere il cotone, e i capelli legati le stavano scivolando fuori della coda. Un altro metro e il cuore le sarebbe scoppiato in petto. Fortunatamente Buffy si fermò, guardò l’orologio e disse rivolgendo il capo alla sua destra : ”c’è ancora un po’ di tempo. Andiamo al bar a prendere un caffè. Ne ho proprio bisogno”
    “Io credo che tu abbia bisogno di una camomilla o una valeriana… per me invece una red bull” appuntò Dawn, mentre Buffy si era già incamminata molto velocemente verso il bar.
    “Dawn?” l’aveva poi chiamata guardandosi dietro e non vedendola.” Dai!”
    “Arrivo, arrivo!” sbuffò la giovane. Sua sorella era completamente partita di testa. Mentalmente si annotò di non andare più in vacanza con Buffy. Nemmeno per tre giorni.


    Spike raggiunse la W&H prima che il sole fosse tramontato. Passò per le fogne. Quello che gli era accaduto, doveva restare un segreto. Non voleva che nessuno ancora lo venisse a sapere. Ancora eccitato e stordito dall’accaduto, salì verso i piani alti correndo sù per le scale. Si sentiva pieno di energie, di grinta. Doveva scaricarsi in qualche maniera. Pensò a Fred ed il suo sguardo si fece profondo e ricco di desiderio.
    Nel frattempo, Angel aveva chiamato Wesley e Fred dentro il suo ufficio.
    “Allora siamo d’accordo? Non si devono incontrare per nessuna ragione al mondo! Tutto il casino dell’incantesimo è stato fatto affinchè loro non abbiano nessun contatto”
    “Già” disse Fred con lo sguardo sofferente. Lei lo sapeva. Sapeva che se Spike avesse ricordato, non sarebbe mai stato con lei, ma sarebbe andato a cercare Buffy… sapeva che l’aveva amata e che forse, anche sotto una magia, dentro gli angoli più bui e nascosti del suo cuore, ancora l’amava. In fondo, e se ne era resa conto soltanto da poco tempo, lui non le aveva mai detto “Ti amo”. Mai. Neppure per sbaglio. Neppure all’apice del piacere. Lei invece glielo ripeteva anche troppo.
    “Staremo attenti, ok Fred?” aveva detto Wesley vedendo il volto teso della giovane.
    “E se durante la ronda si incontrano? Che ne so, magari mentre lei esce da una discoteca?”. Fred si era ripresa ed ora voleva fare il suo lavoro al massimo. Come sempre.
    “Spike non farà la ronda, è ancora ferito. E Buffy non credo andrà in discoteca. O forse sì? beh, ci sono Willow e Xander… ovviamente loro sono al corrente e la controlleranno.” Sintetizzò Angel.
    “bene. Allora io cercherò di dissuadere Spike ad uscire di casa fino a domenica, ok?” chiese Fred a conferma.
    “Non credo sarà difficile, dico bene?” chiese malizioso Angel.” Anche se a pensarci mi viene da vomitare”
    La ragazza diventò rossa, tossì piena d’imbarazzo e guardò un punto imprecisato del pavimento. Wesley combattè contro la gelosia che gli scavava dentro lo stomaco. Poi aggiunse rivolgendosi al vampiro:” verrò io con te. Per la ronda”
    “Eh no, pozzo di cultura. Vorresti togliermi tutto il divertimento?”. La voce di Spike irruppe nitida e violenta, come era il suo solito. Il vampiro biondo era entrato dentro l’ufficio, ovviamente senza bussare. Stava in piedi, a gambe larghe, le mani appoggiate ai fianchi, un sorriso di strafottenza sul volto che faceva scomparire le ferite fatte dall’ascia.
    “Ehi.. non dovevi uscire… hai avuto una bella botta, sai?” Fred gli si era avvicinata e gli aveva accarezzato una guancia, dolcemente.
    “Stai tranquilla passerotto… il tuo Spike è un campione, dico bene?” aveva chiesto ad Angel.
    “Ha ragione lei. Dovresti riposare” aveva risposto con calma il vampiro bruno. Spike rimase perplesso. Poi lo guardò attentamente.
    “Dico, da quando ti preoccupi per me? Non è che questa è una mossa tipo: vai a casa, così solo per contraddirmi verrai a fare la ronda con me, ed io finalmente ti ficcherò un paletto nel cuore?”
    “Potrebbe essere…”aveva ribattuto l’altro.
    “bene, ci stò! Sarò di ronda con te stanotte… anche se detto così, sembra un appuntamento galante, blè!”. Spike fece una mossa di disgusto.
    “Questa sera niente ronda. Ci sono tre tipi che sarebbe meglio non incontrare… aspetteremo che tu ti rimetta. Wesley, tu andrai al bar di Lorne e chiederai a Jack, quello che lo sostituisce, se ha visto movimenti sospetti. Fred e Spike, tornate a casa. Per oggi il lavoro è finito”. Angel distribuì i vari compiti.
    “Ehi, nonnino. Guarda che sono in piena forma… e poi chi sono questi tre tipi? Amici tuoi? Qualcuno a cui devi dei soldi? O peggio, giovani amanti che non hai potuto soddisfare? Sai, angel-angelus…”. Spike gli si era parato davanti, le braccia incrociate al petto, lo sguardo istigatore.
    “Sono demoni Xyranty… sono giunti da poco”
    “Bene, allora facciamoli restare il meno possibile”
    “Non vanno sottovalutati, Spike…”
    “forse tu sottovaluti me e sopravvaluti te stesso…”. I due erano faccia a faccia, la tensione alta e palpabile. Ma d’altronde quella era una scena consueta.
    “Nessuno dei due… dio sa quanto vorrei vederti crepare sotto terribili sofferenze… ma qui non si tratta di noi due, si tratta di persone indifese, che vanno protette. So per certo che non si muoveranno, non ancora… quindi dobbiamo aspettare. Ed agire in piena forma. Magari quando tornerà anche Gunn!”
    “Fa come ti pare, capo! Io me ne vado…” aveva detto Spike voltandosi e prendendo per mano Fred. Stava per uscire dalla porta, quando si ricordò di qualcosa.
    “Ora che c’è?” chiese Angel infastidito.
    “Il mio game-boy. Lo rivoglio indietro. Subito. Lo so che quando non ci sono tu cerchi disperatamente di battere il mio record! E se la batteria è finita, giuro che ti azzanno!”


    Buffy e Dawn uscirono dall’aeroporto. Cercarono con lo sguardo gli amici, ma non li videro. Ormai si era fatto buio, e la strada davanti a loro era un turbinio di luci, suoni, colori.
    “Ed ora, che si fa?” chiese la ragazza sedendosi sopra la valigia. L’aria stravolta e tanta fame.
    “Aspettiamo, avevano detto che sarebbero venuti e noi siamo puntuali… magari qualche imprevisto”
    “Telefona a Willow.”
    “Il fatto è che ho scordato il cellulare a casa..” confessò con un po’ di imbarazzo.
    “bene. Resteremo qui a guardarci le scarpe per un bel po’” commentò Dawn, quando una voce familiare catturò l’attenzione di entrambe.
    “Dawn! Buffy!”
    “Ehi! Willow! Xander!”. I cinque si riunirono e si abbracciarono. Ciascuno di loro aveva gli occhi lucidi e un nodo in gola. Erano mesi che non si rivedevano.
    “Buffy, oddio scusa, ma c’era un traffico micidiale.. e poi Xan guida in maniera penosa” si scusò Willow.
    “Senti chi parla, miss sfascia macchine, la strada è tutta mia!” contrattaccò il ragazzo.
    “ragazzi, è meraviglioso essere insieme, di nuovo!” sorrise Buffy.
    “Ehi Xan… debbo dire che ti trovo molto sexy.” disse Dawn stuzzicando l’amico.
    “Hai sempre un debole per me, vero? Lo sò, d’altronde sono poche quelle che resistono al mio fascino.. sono poche e gay” scherzò guardando la coinquilina.
    “Ehi, sarete stanche. Vogliamo andare?” domandò Willow impaziente di far vedere la casa alle amiche.
    “Andiamo!” Buffy, Dawn, Willow e Xander si incamminarono verso il parcheggio, tenendosi per mano. Erano talmente felici, che pareva volassero. Dimentichi di tutto, raggianti e sicuri di essere a casa solo quando erano assieme.


    Angel scivolò in casa pesantemente. Si sentiva stremato. Stavano accadendo troppe cose insieme. Non aveva avuto il tempo di pianificare la situazione, decidere le mosse, organizzare una squadra…. Era già abbastanza difficile combattere con Spike tutti i giorni, resistere alla voglia di spaccargli il muso.. inoltre Gunn e Lorne erano fuori, alla ricerca di quel libro che sperava li avrebbe aiutati a capire almeno una piccola parte di quella ragnatela che si stava tessendo… che si era iniziata a creare con l’arrivo del vampiro biondo… un altro campione. Ed ora anche l’arrivo di Buffy… non che gli dispiacesse, tutt’altro. Forse era la cosa più bella che gli succedeva da quando viveva a Los Angeles. Ma non sapeva come fare a non tradirsi…non voleva dirle bugie, mentirle…. Ma era obbligato. Doveva proteggerla. Anche se lei non l’avrebbe voluto. Si distese sul letto. A quest’ora Buffy era già a Los Angeles, a casa di Willow. Lei e lui, entrambi nella stessa città. Angel chiuse gli occhi, immaginadosela bella e serena, che rideva con i suoi amici.. rivedeva il contorno della sua bocca, il colore dei suoi occhi, la sua espressività, il canto della sua voce, il movimento del suo corpo, la forza nel combattere, il sapore dei suoi baci…incancellabile… lentamente, senza che riuscisse a rendersene conto, si addormentò sognando di lei, e ancora di lei… di loro, insieme come un tempo.


    Spike guardò fuori della finestra della camera. Sentiva il rumore della doccia e immaginò il corpo nudo di Fred. Mosse un passo per raggiungerla, ma il ricordo del calore del sole su di lui… lo ipnotizzò. Il miracolo al quale aveva assistito doveva per forza avere un prezzo, e questo lo agitava, lo terrorizzava. O forse era veramente un dono…ma perché? Lui era ancora un demone, un morto che si cibava di sangue di maiale, che non si rifletteva negli specchi, che custodiva una forza spaventosa. Perché quel regalo? A cosa doveva servirgli? Chi glielo aveva dato?
    -dannazione, mi sto facendo troppe domande. Strano, in genere prima agisco e poi penso…-. Si diresse in sala e prese il telefono. Era maledettamente agitato. Non poteva restare in casa. Nemmeno fare l’amore con Fred l’avrebbe placato, ne era certo. Anzi, lo avrebbe gasato di più. Gli ci voleva una bella scazzottata. Prese il telefono. Dopo parecchi squilli, una voce rimbombò dall’altro capo.
    “Pronto?”
    “Non dirmi che alle otto e mezza del venerdì sera dormivi come un poppante, vero?”
    “Spike… che vuoi?” Angel aveva avuto così un pessimo risveglio.
    “Io esco di ronda. E non provare a fermarmi. Non ci riusciresti” annunciò Spike, il tono deciso.
    “Fai come vuoi…. Almeno mi toglierai l’incombenza di ucciderti un giorno o l’altro.”. La comunicazione terminò senza l’aggiunta di altro da entrambi. Angel improvvisamente si ricordò quelle parole.
    “Accidenti, le otto e mezza…farò tardi!” urlò scaraventandosi sotto la doccia quasi vestito. Prima di partire da New York, Buffy gli aveva telefonato, mettendosi d’accordo di cenare alle nove. Angel sarebbe passato a prenderla a casa di Willow con la viper rossa.


    Dentro la casa in periferia si sentivano risa e musica. I ragazzi parlavano, sgranocchiavano patatine e pop-corn, raccontandosi i vari aneddoti del passato, mentre Buffy di sopra, nella camera degli ospiti, controllava per l’ennesima volta il risultato. Lo specchio le rifletteva l’immagine di una giovane fasciata in un vestito nero a maniche lunghe, il collo a barchetta, una rosa nera su un fianco dalla quale partivano morbide pieghe sopra la gonna che le arrivava alle ginocchia. Ai piedi portava scarpe con il tacco e la punta. I capelli raccolti dolcemente, lasciavano cadere qualche ricciolo a incorniciare il viso. Un leggero trucco per non sembrare troppo vamp e lucidalabbra rosa. Willow le aveva prestato un paio d’orecchini a ciondolo e un girocollo d’oro.
    - oddio… chissà cosa penserà. Forse mi porterà a mangiare una pizza ed io farò la figura di quella abituata alle cene di gran classe, una che se la tira… forse ho osato troppo-
    “Sei fantastica. E credimi, di donne ne so qualcosa”. Willow interruppe i suoi pensieri.
    “Pensi che sia troppo..? insomma, è una cena fra due vecchi amici e così sembro una vampira in astinenza da sesso…”
    “No, non assomigli ad una vampira…ma, forse, l’ultima cosa è ….vera?”
    “Beh, diciamo che è da tanto che qualcuno… che qualcuno che non sia Dawn mi tocchi, mi accarezzi… mi basterebbe una sola carezza.”
    “Ehi Buffy… stasera devi essere serena. Libera la mente da tutte le negatività. Divertiti. Cerca la felicità e la troverai.”
    “Sei diventata veramente saggia Willow…”
    “No, è che ti capisco… dopo Tara, tutto mi manca. Con Kennedy è stata una cosa così… non che non le volessi bene, ma era un momento difficile, sai, il Primo, la fine del mondo…. Ma non mi è bastato… credo che non esista niente che mi basti in questo mondo…”. Willow guardò l’amica con uno sguardo pieno di nostalgia. Le due si abbracciarono. Il campanello della porta suonò.
    “Quando tornerò parleremo, ok?” disse Buffy. Poi, colta da un vero e proprio attacco di panico, aggiunse: “oddio, è lui… ed ora, che faccio?”.
    Angel aspettò davanti alla porta, teso come una corda di violino. Le gambe gli tremavano più del dovuto. Inghiottì vistosamente. Cosa avrebbe detto? Non era mai stato un bravo oratore. E lo smoking che aveva messo, sarebbe stato appropriato?
    La porta si aprì e lei comparve. Entrambi si studiarono, in silenzio, il volto colmo di imbarazzo. I loro corpi si attiravano, e gli occhi rimandarono, ciascuno in quelli dell’altro, le loro immagini bellissime e seducenti. Ancora si piacevano, era evidente. Ed ancora, non riuscivano ad essere disinvolti del tutto, bloccati da un velo che non li faceva essere veri del tutto, fino in fondo.
    “Sei molto bella”. Angel ruppe per primo il silenzio. Sul volto un cenno di sorriso.
    “Anche tu non sei niente male”. Buffy lo guardò e sorrise apertamente.
    “Andiamo?” aveva proposto il vampiro aprendole la strada con un gesto della mano.
    “Andiamo”. Buffy si era incamminata di fianco a lui, lungo il vialetto.
    “Allora era vero! E’ stupenda!” aveva quasi urlato la ragazza guardando la macchina rossa parcheggiata lì davanti.
    “non è solo bella, ha un’ottima tenuta di strada”. Angel le aveva aperto la portiera da vero gentiluomo.
    “Grazie” aveva detto Buffy salendo. Il vampiro aveva fatto il giro, ed ora stava al volante, facendo ringhiare il motore.
    “Non è tanto comoda, però”. Buffy lo guardò divertita. Angel le sorrise di rimando e questa volta, tutta la sua faccia si illuminò.
    “Quando saremo in autostrada non ti importerà più se è comoda oppure no” aveva detto partendo in volata.
    “E’ una minaccia?” aveva chiesto Buffy fingendosi impaurita. Il vampiro la guardò seriamente per poi tornare a sorridere
    “Sono un vampiro, sai? Non mi sognerei mai di minacciare la Cacciatrice”. Finalmente il muro era crollato. La tensione svanita. Il cuore più leggero.
    - sarà una bella serata - pensarono entrambi, in contemporanea. Los Angeles di notte scorreva ai lati della macchina, illuminando di arcobaleni le due figure sorridenti dentro la viper rossa, sfrecciante come una saetta.

    Spike camminava come se fosse inseguito da qualcuno. Si era appostato lungo i vicoli più bui, era andato nei bar più malfamati, era giunto fino al porto sperando di trovare qualche vampiro bisognoso di calci e pugni, ma il suo desiderio non era stato esaudito.
    “Dannazione, stasera sembra proprio che i cattivi siano in ferie. Per una volta che volevo fare il bravo…” disse sarcasticamente, mentre percorreva un vicolo dirigendosi verso il bar di Lorne. Improvvisamente, un essere enorme e grigio, ricoperto di unto e con la schiena deformata da un pungiglione, gli si parò davanti.
    “Ehi, bel giovane! Ti va di ballare un po’?”. Spike era teso, pronto per sferrare uno dei suoi colpi migliori. Le gambe leggermente piegate, le braccia protese in avanti, i pugni chiusi, la mascella serrata. In un batter d’occhio aveva assunto il volto della caccia. Il demone biascicò suoni incomprensibili perfino al vampiro. Gli si avvicinò e Spike fece una smorfia di disgusto.
    “A quanto pare nessuno ti ha detto che ci si deve lavare prima di uscire di casa, eh?”. Poi si accorse che dagli arti superiori del mostro, colava una sostanza gelatinosa verde.
    “Bloody hell! Produci parecchie cose, eh? Potresti proporre quello schifo che ti cola per creare nuovi carburanti o magari combustibili”. Il demone attaccò. Un pugno. Schivato. Un altro pugno. Schivato anch’esso. Nonostante il demone fosse pesante, i suoi movimenti erano veloci.
    “Allora? E’ tutto qui quello che sai fare? Da uno grande e grosso come te ci si aspetta di più!”. Spike si stava divertendo. Saltava da una gamba all’altra come un abile pugile. Il suo corpo muscoloso guizzava e la sua energia aumentava. Giocò così ancora per un po’, finchè decise che era giunto il momento di colpirlo. Ne studiò le mosse, si distanziò abbastanza per prendere la rincorsa e gli si lanciò contro….. ma qualcuno gli saltò addosso, facendolo cadere per terra. Frastornato, si rialzò immediatamente, pronto a colpire quell’ombra che aveva osato bloccare la sua offensiva..
    “Wesley!? Ma si può sapere che ti è preso? Stavo per concludere!”
    “Stavi per morire razza di incosciente!” disse l’uomo guardando il demone che li stava per raggiungere a grandi passi.
    “Andiamocene, prima che ci colpisca” aggiunse prendendo il vampiro per un braccio.
    “Ehi, io non me ne vado prima di averlo ridotto male, molto male!”. Con uno strattone si era liberato dalla presa, ghignando eccitato.
    “Non puoi colpirlo! E’ un demone Xyranty! La sostanza che produce è un potente veleno. Moriresti nel giro di un’ora.”
    “In questo caso allora, sarà meglio iniziare a correre!” disse il vampiro spostando l’uomo con una spinta. Il demone gli era addosso e se non fosse stato per l’intervento di Spike, Wesley sarebbe stato colpito.
    I due iniziarono a correre. Raggiunsero l’auto di Wesley e partirono.
    “Mi dispiace ammetterlo, ma mi hai salvato la vita” disse l’uomo che guidava.
    “Non ringraziarmi, ho solo pareggiato i conti. Così nessuno dei due è in debito con l’altro. Anche se, ora che ci penso, se tu fossi morto non sarei mai stato in debito con te.” aveva risposto il vampiro, mentre guardava fuori e si accendeva una sigaretta.


    Angel e Buffy erano seduti ad un tavolo di un ristorante italiano, nel posto migliore della sala. Un pianista cullava le orecchie dei clienti, superandone il brusio. L’atmosfera era ricercata e romantica, dalle finestre entravano le luci agitate di Los Angeles. Era sorprendente come una città tanto pericolosa di notte, potesse brillare e affascinare da togliere il fiato. I due giovani sembravano una coppia di fidanzati che si stavano divertendo molto, infatti ridevano senza contegno. Angel stava raccontando qualcosa, mentre Buffy beveva per non strozzare.
    “….e allora Wesley aveva iniziato a correre come un matto con il pipistrello attaccato ai capelli e urlava: Aiuto, aiuto! E’ un vampiro!”. Entrambi risero di gusto, si sentivano bene, in sintonia dopo tanto.
    “Ah, che bei tempi…” aveva aggiunto lui, mentre un velo di nostalgia gli scendeva sullo sguardo.
    “Beh, anche allora c’erano le difficoltà.. problemi da risolvere, demoni da uccidere, fine del mondo da evitare..” elencò lei, gli occhi che rotearono verso il cielo.
    “Sì, ma vedi Buffy, a me sembra che più andiamo avanti e più le prove si facciano dure, personali e ingestibili…”
    “Qualcosa di nuovo, tremendo e doloroso si sta affacciando?” chiese la giovane.
    - certo, e tu ne farai parte, anzi dovrai tornare a combattere, saprai che Spike è vivo e che non si ricorda di te, che l’ascia ti sta chiamando e che un essere demoniaco e assassino vuole distruggere l’intero mondo..-
    “No, niente di nuovo. Il solito vecchio, tremendo e doloroso, tran-tran”
    “Quotidianetà.”
    “Già, ma tornando al discorso di prima….è come se aumentando la forza e l’esperienza, aumentino anche le responsabilità”
    “Responsabilità..” aveva ripetuto la ragazza, soppesando ogni sillaba, “ io me ne sono tirata fuori, credo… non che non abbia fatto la mia parte, si intende. E’ che volevo essere una ragazza normale, avere una vita normale, ma ora..”
    “Ora senti che non ti appartiene, che quello che cercavi non è tuo e non lo sarà mai”. Angel aveva finito per lei. Ed aveva centrato in pieno il suo stato d’animo.
    “Sì, proprio così”. Quell’uomo la stava sorprendendo sempre più.
    “Torna, allora. –le stesse parole della prima cacciatrice… il sogno - Ritorna ad essere una cacciatrice. Non ti manca niente per farlo” propose accarezzandole il corpo con uno sguardo. “Anzi, credo che tu abbia *tutto* al punto giusto”.
    “Sì, beh…- arrossì- ma vedi il punto è che non credo di farcela, non a causa del mio corpo o perché non ho la forza necessaria o perché ormai mi sono adagiata… il fatto è che molte cose sono cambiate, ho visto tante persone morire, affetti a me molto cari… ed ho dovuto affrontare scelte che mi hanno dilaniato”
    “Ma ce l’hai sempre fatta” disse lui sorseggiando un po’ di vino rosso.
    “Sì, ma ho riportato tante ferite…. Non sulla carne, quelle guariscono in fretta. Sul cuore, nello spirito, dentro l’anima”. Buffy si toccò il petto, all’altezza del battito.
    “Ogni giorno dobbiamo fare delle scelte. Sempre. E’ la vita.”. Angel le prese con delicatezza l’altra mano libera sopra il tavolo. Lei sorrise con tristezza, poi il suo sguardo divenne deciso, un po’ duro.
    “Ok, è la vita… però decidere se sacrificare tua sorella o uccidere la tua migliore amica non è cosa da tutti. Insomma, la maggior parte delle persone deve solo scegliere se mettere la giacca blu o grigia!”
    “E ti pare poco?”. Angel la fece ridere. La tensione diminuì. Poi il vampiro aggiunse:
    “Buffy, guardami. Io non sono come la maggior parte delle persone… eppure combatto, lotto. Continuo a fare scelte molto dolorose e a sacrificare affetti. Tu ne dovresti sapere qualcosa”
    “E’ vero Angel… mi dispiace. Ma non ti stanchi mai di tutto questo?”. Le loro mani ancora intrecciate di fianco alla bottiglia del vino, gli occhi che svuotavano le loro anime.
    “Alcune volte sì, mi sento prosciugato, come se le mie forze fossero state risucchiate via. Il mondo crolla e il mio unico desiderio è crollare con lui, ma poi..” il vampiro si interruppe. Stava pensando a lei, alle bugie dette, ai segreti nascosti, alle verità negate. Si sentiva un verme.
    “Ma poi?” incalzò lei vedendolo titubante.
    “Buffy, questo è il mio destino… è la mia redenzione. Non posso sfuggirgli ne ignorarlo. Non saprei nemmeno dove andare o cos’altro fare”
    “Già, sei un vampiro..”
    “No, non per questo. Io aiuto la gente, lotto contro il male. Ecco chi sono: un giustiziere, un protettore”
    “sembra il titolo di un film di spionaggio” scherzò lei.
    “Credi che mi prenderebbero come attore?” fece lui.
    “Beh, l’aria tenebrosa ce l’hai. L’unico difetto è che dovresti girare le esterne con un ombrellino per il sole”
    “Dovrà essere rigorosamente nero…sai, dovrà abbinarsi al mio stile” disse lui sorridendo.
    “Quindi, se non mi sbaglio, tu saresti un angelo custode”continuò Buffy, riprendendo il discorso interrotto dalle loro battute.
    “ Sì, credo di sì”
    “Allora sono in buone mani”
    “A proposito di mani..” disse Angel indicando con gli occhi le loro dita intrecciate sul tavolo. Buffy divenne rossa.
    “Ti va di ballare?” le chiese alzandosi e invitandola a seguirlo.
    “Non mi dirai che hai imparato!”
    “Vedrai, ti stupirò”
    I due si avvicinarono alla pista vuota iniziando a muoversi lentamente. Gli occhi negli occhi, senza imbarazzo, sorridenti, credendo che tutto era perfetto, limpido e normale… finchè Buffy non appoggiò il viso sul petto di lui e lo sentì immobile, senza battito. Ma non ci fece caso più di tanto, e chiuse gli occhi sperando che il suo passato la lasciasse per sempre su quel ristorante, a bersi la vita senza ansie.


    Willow si rigirava tra le lenzuola. Il suo pensiero, come tutte le sere, volava sopra le nuvole, oltre i cancelli celesti, giocava con angeli rubicondi, danzava al suono delle arpe, fino a raggiungere la sua amata Tara, che lo abbracciava e lo custodiva. Non c’era momento che non le mancasse il leggero palpitare della sua pelle, la sua voce suadente, i suoi occhi più potenti di qualsiasi pozione d’amore. In tutti i suoi giorni lei era, sempre. Una lacrima, l’ennesima, rigò la sua pelle ambrata, fino a lasciarsi succhiare dal cuscino di piuma. La giovane guardò fuori della finestra. La notte non la impauriva, anzi le rendeva il cuore più leggero. Era come se le tenebre custodissero il suo segreto, il suo amore e lo rendessero potente, inestinguibile. Le foglie degli alberi si mossero scosse da un lieve vento. Sembravano fantasmi che brillavano sotto il tenue bagliore dei lampioni. Willow pensò poi che le sue migliori amiche erano con lei, in quei giorni, ed allora un sorriso tornò a fiorirle sul volto.
    - chissà se Buffy si starà divertendo. Beh, spero di sì - pensò nascondendosi tra le coperte. Poi, nella penombra della stanza, poco prima di perdere i sensi e lasciarsi all’oblio del sonno, bisbigliò: “Buonanotte Tara..”


    La viper rossa si fermò sul vialetto, in periferia. La serata era finita. Angel fece scendere Buffy, aprendole la portiera.
    “Mi stai viziando, lo sai?”aveva detto mentre camminava verso il portone.
    “Bene, così magari accetterai di uscire con me anche domani sera. Niente di impegnativo: pizza, cinema, passeggiata. Che ne dici?”
    “Dico che si può fare. A patto che…”
    “Ecco lo sapevo. Dovrò scendere a compromessi”
    “A patto che tu mi faccia vedere il tuo ufficio e mi faccia conoscere la gang” disse la ragazza. Ormai erano giunti davanti a casa ed erano saliti in veranda. Angel cercò di salvarsi: non sarebbe andata alla W&H, c’era troppo pericolo che lei e Spike si incontrassero.
    “Nessun problema. C’è solo il fatto che stanno ristrutturando gli uffici, e c’è una vera confusione: calcinacci, polvere, aria viziata..”
    “Ho capito: ti vergogni di me”. Buffy lo guardò sorridendo e lui distese il viso di rimando. In fondo non le importava così tanto. Era stata bene quella sera e le sarebbe piaciuto replicare.
    “Allora passo alle sette?”. Angel si sentì imbarazzato, come un liceale con i foruncoli che stava invitando la reginetta della scuola al ballo.
    “Alle sette andrà bene. Buonanotte Angel e grazie. E’ stato tutto perfetto”
    “Non proprio tutto…” aggiunse il vampiro avvicinandosi a lei lentamente e sfiorandole le labbra con un leggero e dolcissimo bacio. Ecco, ora si sentiva come un liceale in piena tempesta ormonale!
    “Ecco, ora è perfetto! Buonanotte Buffy”. Angel si voltò e si incamminò verso l’auto. La ragazza restò a guardarlo andare via. Poi, rientrò in casa, salì in camera facendo attenzione a non svegliare Dawn, e, sotto le coperte, pianse di gioia, tristezza e liberazione. Quel bacio, lieve e casto, l’aveva confortata fin dentro l’anima. sabato
    Xander si alzò per primo, abituato ormai ai ritmi del lavoro, si diresse in cucina e iniziò a preparare la colazione. Era talmente felice che le sue amiche fossero lì, che cucinò frittele, uova in padella e bacon, spremuta d’arancia, cappuccino, riscaldò i cornetti alla crema e affettò tre kiwi. Dopo poco scesero anche Dawn e Willow, attirate dal profumo che si era propagato per tutta la casa e che avrebbe destato anche un morto.
    “Ehi Xan, ma hai cucinato tutta la dispensa!” aveva detto Willow di fronte alla tavola apparecchiata.
    “Mmh, ho una fame. Sei un tesoro!” aveva detto Dawn battendo le mani dalla gioia.
    “Hai visto Will, qualcuno che apprezza il mio lavoro… impara, brutta ingrata” . Xander finse di essersela presa.
    “Oh povero Xander… non piangere, la tua mamma ti stirerà subito la camicia, ok? Così sarai felice e sereno”. Willow gli stava accrezzando la guancia con fare materno.
    Dawn rideva mentre mangiava soddisfatta.
    “Va bene, va bene, siamo pari. Ora lo hai scoperto Dawn: io cucino e lei stira”poi vedendo il viso contrariato dell’amica, aggiunse: “stira, lava, cuce e mi fa strani incantesimi sulla tavoletta del Water”.
    “Ti prego Xan, raccontamela!”. Dawn gridava come una bambina eccitata.
    “Ssh! Buffy ancora dorme. Credo che ieri sera abbia fatto tardi..” disse Willow con una punta di malizia.
    “Ehi, non è che dovremo aspettarci il ritorno di Angelus, vero?” aveva chiesto Xander.
    “No, Xan, ma che dici? Comunque, se ne hai il coraggio, racconta perché ho fatto quell’incantesimo sulla tavoletta del bagno…”. Willow rideva a quel ricordo. I tre parlarono a lungo e le loro voci festose si sentirono anche per strada. Fuori il sole splendeva. Sarebbe stata una bella giornata. I temporali erano previsti per l’indomani.


    Spike si svegliò vero le dieci, cercando il corpo di Fred accanto al suo. Dopo il quasi scontro con quel demone, Wesley lo aveva riaccompagnato a casa dove aveva trovato la ragazza sveglia ad aspettarlo. Era stata lei a mandare Wesley a cercarlo.
    “Stavo in pensiero, sai?” aveva detto con il cuore rasserenato dopo che l’aveva visto rientrare sano e salvo. Lui non aveva detto niente, si era limitato a baciarla e a stringerla a sè. Avevano fatto l’amore con impeto, poi si erano addormentati.
    La giovane dormiva serena. Il sole era trattenuto dalle tende pesanti. Spike sorrise sapendo che anche quel giorno l’avrebbe avuto sulla sua pelle. Felice e pieno di energie, svegliò con vari baci Fred, eccitandosi e ricominciando la danza dell’amore. Dopo poco la ragazza si era preparata per andare alla W&H . Angel doveva parlarle.
    “Lavoro, lavoro, lavoro…. Tu vai, io ti raggiungo dopo essermi fatto un bagno di tre ore. Salutami mister simpatia”. Spike aveva sentito la porta chiudersi e si era scaraventato davanti alla finestra aperta, questa volta affacciandosi al balcone, godendosi il suo bagno di sole.


    Dawn e Xander uscirono a fare un giro per la città. Willow, dopo essersi sincerata che Buffy ancora dormisse, riscese in sala e fece il numero del sig. Giles. A Londra.
    “Pronto? Qui zona di addestramento per cacciatrici, sono Andrew, posso aiutarla?” willow non riuscì a trattenere una risata.
    “Ehi, chi sei? Non accettiamo telefonate sconce o prese in giro!”
    “Beh, è quello che ti dovresti aspettare se rispondi al telefono così!”
    “Willow?” chiese il ragazzo tutto eccitato.
    “Ciao Andrew. Cerco il sig. Giles”
    “Te lo chiamo. Tutto bene, vero? Oddio quanto mi mancate, ma sai il mio aiuto qui è indispensabile, ormai le cacciatrici vedono in me il futuro maestro jedi, ovviamnte dopo che Yoda tornerà dai suoi antenati, nel lato buono della forza”. In sottofondo si udì una voce scocciata.
    “Ciao Will, saluta Xander….” La voce si fece più lontana, ed al suo posto ne emerse un’altra, sicura, calma e rassicurante.
    “Salve Willow”
    “Salve sig. Giles. L’ho chiamata perchè ci sono delle novità”.
    Buffy intanto si era svegliata. Aveva indossato i jeans ed una maglia bianca. Senza essersi truccata, era scesa lentamente al piano terra, convinta che non ci fosse nessuno, quando udì la voce dell’amica. Era in sala e stava parlando al telefono. La discussione era seria, tesa.
    “Mi sta dicendo che l’ascia è ancora là? Non è possibile! Ne ha ricevuta una Angel, e debbo dire che è proprio l’ascia. A parte il fatto che sono comparsi dei simboli sul manico, antiche rune celtiche…”. Poi di nuovo silenzio. Buffy rimase stordita. Ma di cosa stava parlando Willow? Poi un flash le tornò in mente: l’ascia, forgiata per la cacciatrice, la lotta contro il primo, la distruzione della tradizione della prescelta… ed ora si trovava lì. A Los Angeles. Forse era una copia, ma aveva sentito parlare di strani simboli. E se tutto fosse connesso? Se quel sogno che aveva fatto c’entrava qualcosa? E perché nè Willow né Angel le avevano detto niente? Perché tenerla all’oscuro di una cosa tanto importante? Ecco perché le aveva inventato che alla W&H c’erano dei lavori in corso, i calcinacci e tutto il resto…Forse doveva preoccuparsi davvero. Ma prima, avrebbe preteso la verità.
    Facendo attenzione a non fare rumore, prese la giacca dall’appendiabiti e uscì, diretta alla W&H. Willow intanto continuava a parlare, ignara di quello che stava per accadere.


    Trovare il palazzo non era stato difficile. Scese dal taxi e salì i gradini. Chiese al portiere, e salendo sull’ascensore, si diresse al piano della presidenza. Quando arrivò, le si presentò davanti un immenso salone dal soffitto alto, un via vai di persone e demoni, squilli di telefono, luci e un brusio assordante. Vide la segreteria e si avvicinò. Una testa bionda era piegata sotto al tavolo nella ricerca di qualcosa.
    “Sto cercando l’ufficio di Angel..” chiese Buffy. Era arrabbiata e decisa a farsi dare spiegazioni e molte scuse.
    “Ah, il presidente. In questo momento è in riunione..”. la ragazza si alzò. Entrambe sgranarono gli occhi.
    “Buffy?”
    “Harmony? Che ci fai qui?”
    “io ci lavoro! Sono una super sexy segretaria molto indaffarata. –disse guardandole i jeans e la maglietta- E di certo, meglio vestita di te!”. La voce della vampira era sempre fastidiosa e acuta.
    “Ma tu sei cattiva! Perché lavoreresti per il bene?”. Buffy si era scordata il vero motivo della sua visita.
    “Ehi, paladina del mondo, cioè delle cause perse! Sono diventata una brava persona, sai? E non bevo più sangue umano… almeno non direttamente da un corpo”. Buffy la guardò disgustata ed anche poco convinta, con le braccia incrociate all’altezza del petto.
    “E va bene, diciamo che sono una ragazza che ha bisogno di soldi e che vive in una città molto cara. Pensa che questo vestito costa una fortuna. – e toccandosi le curve abbondanti, continuò- Per fortuna che il mio corpo è sempre sodo e attraente come al liceo. Sai, la fortuna di essere non-vive”
    “Ok Harmony, ok. Dimmi dov’è Angel. Ho urgente bisogno di parlargli!”. Finalmente la ragazza si era ricordata del perché fosse molto arrabbiata.
    “Oh, meglio così. Pensavo che fossi venuta per il mio orsacchiotto biondo. Perché sai, è mio!- il tono deciso sulla sua faccia da oca era un controsenso- E nonostante stia con quel manico di scopa, ancora mi desidera. Me ne accorgo da come mi guarda…e sappi che dal suo ritorno, non ti ha nominata. Mai!”. Harmony parlò come al solito di fretta, senza soppesare le parole.
    “Il tuo orsacchiotto…. Che?!” chiese confusa la ragazza.
    “Spike!” esclamò Harmony guardando oltre la figura di Buffy.
    “Chiudi quella bocca e pulisciti la bava Harm. Sto cercando Fred” Quella voce strafottente, voce agognata, odiata, desiderata, anelata e amata, emerse da dietro le spalle di Buffy come un fantasma.
    La ragazza si sentì mancare. La testa aveva preso a girarle come una trottola, le gambe erano diventate molli come gelatina ed il sangue pulsava così forte nelle vene da fargli male. Si girò con gli occhi che le uscivano dalle orbite. Il vampiro biondo le si stava avvicinando di fianco senza guardarla, le mani dentro le tasche dello spolverino, lo sguardo controllato. Buffy appoggiò una mano alla scrivania che aveva davanti per evitare di cadere.
    -Spike qui?… vivo?… come può essere? Lui qui… ed io qui… vicini..- Poi nient’altro, la sua ragione andò persa… restò solo il rimbombo del tamburo del suo cuore pronto ad un infarto.
    “E’ nell’ufficio di Angel, orsacchiotto. C’è anche Wesley. – e spingendo in avanti il corpo per mettere in evidenza l’abbondante seno che scoppiava dal decoltè, propose - Vuoi un po’di sangue a temperatura ambiente, orsacchiotto? Proprio come piace a te?”
    “Bah, Harmony, quando imparerai a stare zitta io diventerò un bambino vero!”. Il vampiro fece mossa di dirigersi verso una porta alla sua sinistra.
    “Spike…” sussurrò piano Buffy. La voce le uscì dalla gola zoppicando.
    “Sì?” chiese lui fermandosi e guardando negli occhi la ragazza bionda. Il viso del vampiro rimase imperturbabile. Nessun segno di emozione. Niente. In fondo non la riconosceva, anche se quel viso non gli era del tutto indifferente.
    “Spike..” sussurrò ancora lei come a convincere se stessa. Buffy sembrava caduta in trance.
    “Ehm, capo - disse Harmony con la cornetta in mano - credo che dovresti affacciarti. Qui fra poco inizierà una tragedia peggio del titanic”. La vampira continuava a guardare i due che si fissavano confusi.
    “Spike..” pronunciò ancora la ragazza. Le lacrime stavano per immeggere le sue chiare iridi in un pozzo di stupore, gioia e dolore.
    “Sì dolcezza, il mio nome è Spike e se non hai niente da dirmi, io avrei delle cose da fare - e rivolgendosi ad Harmony - Dì, ma è amica tua? Credo che non stia molto bene… o forse, beh considerato che sei tu, forse sta bene”.
    In quel momento la porta della presidenza si spalancò.
    “Buffy!” urlò Angel.
    “Spike!” gridò Fred.
    “Harmony” disse Wesley fra i denti, intuendo che la vampira di certo c’entrava qualcosa.
    “Bene, ora che ci siamo presentati, che ne dite di fare tutti assieme un bel festino?” domandò sarcastico e un po’ scocciato Spike.
    “Io ci stò!” disse Harmony alzando la mano con un risolino sciocco e fuori luogo, per poi ritrarla immediatamente allo sguardo assassino del capo.
    Buffy aveva lo sguardo perso, come una bambina impaurita. I suoi occhi attraversarono tutte le facce davanti a lei, senza vederle veramente. Aveva iniziato a piangere e tremare vistosamente. Fred in tutta fretta raggiunse Spike e lo portò via, verso il laboratorio.
    “Piacere di averti conosciuta!” aveva aggiunto lui mentre si allontanava, tirato per un braccio dalla sua donna.
    “Wes va a chiamare Willow. - comandò Angel - Harmony, con te farò i conti dopo. Nel frattempo, preparale un doppio caffè. Anzi no, forse sarebbe meglio una camomilla doppia. Quando si riprenderà dallo choc, sarà molto arrabbiata. E la Buffy arrabbiata non è molto ragionevole!”. Poi, sorreggendola con un braccio dietro la schiena, la accompagnò delicatamente nel suo ufficio.
    “Vieni Buffy - disse calmo il vampiro - credo che io e te dovremo parlare”. La giovane si lasciò trasportare come sotto anestesia. Nella sua mente non c’erano pensieri, ne ricordi, ne domande o idee. Solo un volto, rimastole impresso come un flash: Spike vivo, davanti a lei. “Ehi Xan, ti sta squillando il telefonino”. Dawn stava gustandosi un gran gelato al cioccolato mentre guardava le vetrine del centro commerciale.
    “Pronto?”. Il volto del ragazzo divenne preoccupato mentre rispondeva a monosillabi.
    “E’ tutto ok?” chiese la giovane quando lui riagganciò.
    “No, non è ok. Anzi è un vero disastro. Vieni – disse tirandola per un braccio- dobbiamo correre alla W&H. Ti spiegherò ogni cosa durante il tragitto”.

    Willow guidava distratta e agitata. Quando Wesley le aveva telefonato, lei era cascata dalle nuvole. Per dinci, Buffy ancora dormiva!
    Quasi senza badare alle auto, alle segnalazioni, la ragazza strisciò in mezzo al traffico, cercando parole di scusa, spiegazioni, conscia che una litigata furibonda la stava aspettando.
    - magari potrei fare un incantesimo, giusto per calmare un po’ Buffy - pensò fermandosi al rosso.
    “Accidenti, no! Aveva ragione Tara… ha sempre avuto ragione lei… la magia non va usata per stravolgere la vita delle persone, e neppure il corso degli eventi..”. Una lacrima invisibile le nacque sugli occhi, fino a raggiungere il lato della sua bocca. Quel sapore salino, la rassicurò. Avrebbe rimediato. Niente l’avrebbe divisa dalle persone che amava. Mai più.


    “Come hai potuto…”. Buffy ripeteva questa parole. Era in piedi, davanti alla scrivania dove Angel era appoggiato di schiena con lo sguardo dispiaciuto, e camminava in cerchio, cercando una risposta a quel tradimento così grande. Si era ripresa quasi subito dalla profonda emozione che l’aveva bloccata, ma, al contrario di quello che il vampiro si aspettava, non andò in escandescenza, almeno non subito. Anzi, la sua voce era profondamente triste. Le lacrime si erano interrotte. I muscoli del viso erano tesi, le braccia incrociate, la testa alta.
    “Te ne avrei parlato…” provò a spiegare Angel, ma lo sguardo accusatore della giovane lo penetrò, lasciandolo senza parole. Era colmo di odio, rancore e dolore. Il vampiro maledì se stesso, perchè era colpa sua se quella giovane stava morendo dentro. Ancora, per l’ennesima volta, le aveva spezzato il cuore… proprio quando il passato sembrava perdonato e lontano… proprio dopo quella sera, bellissima… e quel bacio carico di promesse…
    “E quando?- chiese lei avvicinandosi lentamente, le braccia lungo il corpo, le mani strette in un pugno- quando me lo avresti detto? Magari fra un anno? Magari mai? O forse pensavi che per me non era importante?”
    “No, è che lo sapevo che l’avresti presa così..”
    “Oh, no! Tu non sai niente di me! Non mi conosci, non più! Tu non puoi sapere quante notti sono restata sveglia a pensare a lui, a sentirmi in colpa per non averlo salvato…. I rimorsi mi hanno distrutto il cuore… - urlò sopraffatta dal dolore e dalla rabbia - io mi fidavo di te…” aggiunse in un sospiro, dando di nuovo sfogo alle lacrime. Angel tentò di avvicinarsi, ma lei lo spinse via e si accostò alla finestra.
    “Non ti darò la soddisfazione di consolarmi… e neppure quella di distruggermi. Non ti avvicinerai più a me. - disse controllata, guardando fuori, illuminata dal bagliore del mezzogiorno - E non è una richiesta. E’ una minaccia.”. Ora la giovane guardava il vampiro, conscia del fatto che lui doveva ancora amarla.. o forse la riteneva proprietà sua?
    - basta torturarti così Buffy… non cambierà niente - pensò, mentre con le mani si tirò indietro i capelli, sospirando. In quell’istante, la porta si aprì. Xander, Dawn e Willow entrarono preoccupati. Dawn aveva il volto tirato e gli occhi reduci di pianto.
    “Buffy, stai bene?” domandò Willow titubante. Nel frattempo, Dawn si era avvicinata alla sorella, come per far capire dalla parte di chi stesse.
    “Voi lo sapevate e non me l’avete detto! – urlò nuovamente la ragazza bionda - Perché?”
    “E’ complicato Buffy.. tu non eri ancora pronta a questa notizia..” abbozzò Xander.
    “Proprio tu che dovresti capire…. Accidenti Xander! - lo guardò fisso negli occhi - se Anya fosse tornata in vita, saresti felice se i tuoi migliori amici, le persone che di più ami al mondo, te lo avessero tenuto nascosto perché non eri pronto? – chiese fuori di sé, mentre il ragazzo restò ammutolito, sentendo vere e vicine quelle parole - e poi pronta per cosa? Ho superato decine di apocalissi, ho sconfitto il Primo, sono morta due volte e sono tornata dal paradiso in questa terra…- poi, riprendendo fiato, calmandosi e guardandoli tutti in faccia, aggiunse: - ora ditemi per cosa dovevo essere pronta!”
    “Non sei più la Cacciatrice, Buffy.. anzi, sei stata tu a scegliere di voltare le spalle al tuo destino”. La voce di Angel emerse cupa. La giovane lo guardò con sfida.
    “E’ vero, mi sono ritirata… - disse duramente, avvicinandosi al vampiro - ma la forza della prescelta non mi ha ancora abbandonata “. Angel si mise diritto, reggendo lo sguardo della ragazza che ormai era ad un passo da lui. La tensione era alta.
    “Posso… posso vederlo?”. La voce tremante di Dawn smorzò la situazione. Tutti la guardarono interrogati, mentre lei richiese: “posso vedere Spike?”
    “E’ meglio di no, Dawn…” le disse Willow accarezzandole un braccio. La giovane si scanzò.
    “Io devo… devo vederlo… io ero la sua briciola… e lui per me era come un fratello.. un padre”. Dawn iniziò a piangere, scossa da singhiozzi violenti. Buffy la raggiunse e l’abbracciò.
    “Siete soddisfatti ora? – domandò di nuovo piena d’ira - ecco cosa ha prodotto la vostra omertà!”
    “Buffy, io capisco il tuo dolore, ma ci sono cose che non sai ancora e che forse ti aiuteranno…” Xander stava tentando di spiegarle qualcosa, quando Buffy lo interruppe.
    “Tipo che l’ascia si trova qui, che non è l’originale e che ha un messaggio per me?” chiese zittendo l’amico.
    “Beh, sì… più o meno” farfugliò lui.
    “L’ascia non è quella originale?” chiese stupito Angel.
    “Hai sentito la mia telefonata?- chiese Willow all’amica che annuì tristemente, per poi rivolgersi al vampiro – trasgredendo ai tuoi ordini, ho chiamato il sig. Giles per capirci un po’ di più… e mi ha detto che l’ascia riportata dopo la battaglia contro il primo, si trova a Londra, a casa sua e che nessuno l’ha toccata”
    “Questa non ci voleva..” sospirò Angel, mentre Willow si voltò nuovamente verso l’amica.
    “C’e un’altra cosa che non sai, che in fondo è il vero motivo per cui non ti abbiamo detto di Spike.- annaspò, cercando le parole giuste - Lui non si ricorda niente. O meglio, non si ricorda di te e di Dawn. Credo che sia a causa del suo ritorno inaspettato. Probabilmente una decisione presa dall’alto”. In quel momento Buffy si ricordò il viso di Spike impassibile di fronte a lei, un viso che non la riconosceva, che non si ricordava del loro amore, delle ultime parole dette mentre le loro mani intrecciate bruciavano…. Come un’onda anomala, il suo cuore venne sepolto dalla sabbia di un profondo malessere. Stava per piangere nuovamente, quando alzò lo sguardo. Una scintilla di sicurezza le attraversò il volto. Doveva reagire, in fondo l’uomo che amava era vivo, ed anche se senza memoria, avrebbe tentato di riavvicinarsi a lui… ma un'altra frase la interrogò, parole che Harmony aveva detto prima, e dando voce ai propri dubbi, chiese a Willow:
    “Spike e Fred stanno…insomma, loro sono..” balbettò senza completare la domanda.
    “Sì” rispose freddo Angel.
    “Oh, Buffy… mi dispiace così tanto..” aggiunse l’amica.
    “No, non dirlo! Non è vero! Non ve ne importa niente di ciò che provo! Anche quando mi avete strappata dal paradiso, pensando solo al vostro piacere…- urlò lasciando che la sua voce diventasse angosciata - anche allora, nessuna mi ha capita. Solo Spike è restato ad ascoltare… notte dopo notte.. lui apriva la porta della sua cripta per me, e ascoltava.. comprendeva… in silenzio qualche volta… facendomi infuriare per lo più… voleva che reagissi… io ero la Cacciatrice…”
    “Spike è lo stesso strafottente di un tempo, ed anche se ha un’anima, agisce senza buon senso. Quello che ha fatto, lo ha fatto per farsi amare da te, non lo capisci?”. Angel fu colpito da un moto di gelosia. Non sopportava l’idea che la sua Buffy ancora nutrisse qualcosa per il suo eterno rivale.
    “Senti da che pulpito viene la predica! – urlò una Buffy al limite della sopportazione - Tu! Anche tu hai fatto tutto questo perché io ti guardassi nuovamente con amore, non è vero?- la ragazza si stava avvicinando a lui, negli occhi una tempesta - Mi hai tradita, mi hai mentito, ti sei comportato gentilmente solo perché ti amassi ancora!”. Ora lei era di fronte a lui e lo guardava con sfida. Aspettava solo una parola di troppo per ricordare al vampiro chi fosse la cacciatrice.
    “Spike mi ha amato davvero! Non mi ha mai mentito, lui! Almeno non ultimamente… e soprattutto, non si è mai finto diverso da quello che era solo perché lo amassi!”
    “Ha cercato la sua anima per te. E’ la stessa cosa. Doveva cambiare perché tu lo amassi.”
    “Sì… ma lui ha combattuto il demone dentro di sé e l’ha vinto, per stare con me… lui ha scelto il bene, per me.. a te invece l’hanno imposto!”.
    “Perfetto, quindi, visto che è buono, non ti scoccia se va a letto con un’altra!”. Appena detto questo, Angel si ritrovò a volare fino al lato opposto della stanza. Buffy l’aveva colpito al viso, procurandogli un grosso taglio sulla mascella.
    “Ti ringrazio. Ho scaricato la mia frustazione! – e rivolgendosi a Dawn –vieni, torniamo a casa.”
    “Ma Buffy, io volevo vedere Spike…” protestò la ragazza.
    “Avremo tempo per questo. Ora vieni, dobbiamo fare le valigie”
    “Te.. te ne vai?” chiese timidamente Willow.
    “C’è da biasimarla?- constatò Xander – in fondo ha ragione lei. Abbiamo mentito su troppe cose. Non è questo che fanno gli amici.”
    “No, infatti. Gli amici prottegono chi amano” era intervenuto Angel toccandosi la mascella, seduto sulla sedia.
    “Allora, forse, non dovreste più amarci!”. Buffy uscì seguita da Dawn. Passò davanti alla scrivania di Harmony che la guardò un po’ spaventata. E poco prima che le porte dell’ascensore si richiusero, la vampira urlò: “Ciao Buffy! A presto!”

    Wesley entrò mentre Willow e Xander uscivano con lo sguardo basso, in silenzio. L’uomo trovò Angel seduto sulla sedia dietro alla scrivania, una mano sul volto dolorante.
    “A quanto pare avete parlato – disse indicando il taglio sulla mascella- spero che vi siate chiariti”
    “Credo che sarà molto più complicato stavolta –rispose Angel alzandosi e aggiustando dei fogli – ho tradito la sua fiducia. L’ho ferita.”
    “Le hai raccontato tutta la verità su Spike?”
    “Diciamo che ho saggiamente taciuto alcuni.. dettagli”. Angel guardò l’uomo cercando un incoraggiamento. Aveva paura che quel piano fosse del tutto sbagliato.
    “Lo scoprirà Angel, prima o poi. E magari questa volta ti ucciderà – disse Wes concentrato sullo sguardo di lui – sai che potrebbe farlo”
    “Sì, lo so… ma devo correre il rischio. Per salvare il mondo sono obbligato a scelte del genere” disse ripensando al dialogo avuto la sera prima con Buffy.
    “Ah, Wes. Hanno telefonato Lorne e Gunn” aggiunse.
    “Hanno trovato il libro?” chiese con un moto d’ansia l’ex-osservatore.
    “Non solo il libro..”
    “Cos’altro?”
    “Non lo so. Hanno detto che lo sapremo domani. La comunicazioen era disturbata.”
    “Bene. Quindi da domani ci rimetteremo a lavorare sul serio”. Negli occhi di Wes si intravide un lampo d’eccitazione. Poter consultare testi antichi e rari, era per lui una soddisfazione incommensurabile.
    “Come se non ci fosse abbastanza lavoro. Sai, fare la ronda tutte le notti e uccidere vampiri, mentre un demone ti giunge alle spalle, è molto più di un lavoro. E’ un incubo!”. Angel si rimise seduto. Il colpo di Buffy l’aveva stordito. In ogni senso. Wes si avvicinò alla porta, per poi voltarsi. Si era ricordato di una cosa.
    “A proposito di ronda… ieri sera ho salvato la pelle a Spike – disse per poi abbassare la voce - e lui a me… quel pazzo furioso era in giro e si è imbattuto in un demone Xyranty. Per fortuna l’ho bloccato prima che si toccassero.”
    “Ottimi riflessi, Wes! – disse il vampiro. Poi riflettendoci sù, aggiunse – accidenti Wes! Sei sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato!”
    I due risero pensando alla stessa cosa. Poi si salutarono. Era ora che ciascuno di loro facesse un buon pasto.

    La casa in periferia assomigliava molto a quella che c’era a Sunnydale. Il sole la colpiva da tutti i lati. Era colorata ed accogliente. Buffy e Dawn erano nella camera degli ospiti. Le valige pronte. Un silenzio tombale attaccato ai muri, venne interrotto dal suono del portone che si apriva. Willow e Xander erano tornati. Le due sorelle scesero le scale senza guardare i due in faccia.
    “Buffy..” Willow si mosse per bloccarla, ma Xander la fermò.
    “Lasciala andare. E’ meglio così. Tornerà quando si sentirà pronta. Lei è Buffy, la nostra migliore amica. Non ci lascerà mai.”
    “Già. Anche se questa volta credo che passerà molto tempo – sospirò la ragazza- oddio Xander, l’abbiamo ferita noi, capisci? Noi …” ed iniziò a piangere contro il petto di lui. Il taxi partiva con le due a bordo, mentre nell’atrio della casa Willow e Xander rimanevano abbracciati, sommersi e schiacciati da un grande senso di colpa.


    La notte calò sulla città come una coperta di lana. Pesante e calda. Spike restò per un tempo indefinito a fissare il soffitto, mentre Fred gli raccontava la storia della sua vita. Era un modo come un altro per evitare che il vampiro ragionasse troppo sull’incontro fatto quel giorno. Ma la mente di Spike, durante tutto il monologo di lei, era rimasta ancorata al viso della giovane, tanto smarrito quanto bello. Lo conosceva, l’aveva già visto. Di certo apparteneva al passato, quel passato che lui ricordava confuso, che gli riecheggiava dentro, confondendogli quelle poche idee che aveva.
    “… e quando ho rivisto i miei genitori…” continuò Fred entrando nella camera mentre con l’asciugamano sfregava i capelli appena lavati, addosso solo l’accappatoio, portandosi appresso odore di gelsomino. In un altro frangente, il vampiro le sarebbe saltato addosso, ma da quella sera le abitudini dei due amanti cambiarono.
    “Chi era?” chiese Spike puntando i gomiti sul letto, così da poter scorgere la figura di lei maggiormente. Aveva ragionato su tante cose, ed era giunto alla conclusione che tutti conoscevano la giovane apparentemente collassata a livello mentale, tranne lui. E nessuno gli aveva fornito spiegazioni su quella sottospecie di incontro, lasciandogli intendere che forse qualcosa di troppo gli era stato taciuto. Inoltre ora Fred parlava a ruota libera in piena mossa diversiva, e Wesley era stato stranamente fuori tutto il giorno, occupato dentro qualche antica libreria alla ricerca di chissà cosa. Ma ciò che lo aveva colpito e che lo aveva insospettito di più, era che quella ragazza aveva pronunciato il suo nome con stupore e dolore. Uno sguardo che l’aveva trapassato come i chiodi che infliggeva da Big Bad alle sue vittime, e che stranamente gli faceva male all’anima. Molto di più che ripensare al male fatto.
    “Chi era.. chi?” domandò la giovane dinanzi a lui, nascondendo la tensione che stava provando. Fred per tutti quei mesi aveva cancellato il fantasma della Cacciatrice, convinta che mai i due si sarebbero incontrati, e lui protetto dalla foschia dell’incantesimo, avrebbe goduto appieno di quel nuovo amore, senza poter ricordare o peggio, metterlo a paragone, con quello tormentato e sofferto con Buffy. Era stata talmente felice quando lui l’aveva baciata la prima volta, nel laboratorio… ricordava ogni cosa. Lei stava facendo ricerche sul suo ritorno e lo visitava una volta a settimana. Analisi del sangue, flusso vitale, reazione muscolare, tonicità della pelle, fino a sconfinare sul sovrannaturale.. presenza ectoplasmica, salto dimensionale, alterazione spazio-temporale, onde neurologiche di tipo demoniaco… l’incantesimo era già stato fatto, subito dopo il suo ritorno, per ordine di Angel… Fred non ne sapeva bene il motivo e non se lo era mai chiesto, perché in fondo il vampiro biondo le piaceva, era strafottente e dolce allo stesso tempo, un composto chimico di croce e delizia… una mattina, durante le sue ricerche, lui, steso sul lettino, le aveva sfiorato un braccio, ringraziandola per essergli stata vicino. Lei goffamente aveva iniziato uno dei suoi lunghi discorsi complicati, notevolmente agitata dallo sguardo magnetico di lui. Un bacio, a fior di labbra, l’aveva interrotta. Dimentica di tutto, dopo un primo momento d’imbarazzo, si era gettata di nuovo sulle labbra fresche di lui, lasciandosi travolgere nell’abbraccio delle loro lingue. Non si ricordò di essere mai stata baciata così, con passione, trasporto, desiderio. La sera successiva si erano ritovati a fare l’amore nella casa di lei, in maniera quasi selvaggia. Una settimana dopo, sotto lo stupore generale della gang e la gioia di Angel che finalmente si liberava dei jeans sporchi di Spike per casa, vivevano insieme. Più volte la ragazza, guardandosi allo specchio, si era criticata per quella fretta, quell’impeto…ma la sua natura razionale da brava scienziata l’aveva abbandonata già da tempo… dopo aver conosciuto vampiri, realtà parallele, demoni e forze oscure. Ora si sentiva impregnata da questa nuova forma di amare, totale, bruciante, alle volte dolorosa… sì, dolorosa… perché sentiva, l’aveva sempre sentito che Spike non le apparteneva del tutto, che una parte di lui era lontana e irraggiungibile, anche se lui l’aveva sempre desiderata e trattata con affetto…. e che in fondo la loro storia era nata sotto l’influsso di un potere magico che aveva cancellato o forse solo scolorito, il ricordo della Cacciatrice nella mente e nel cuore del vampiro. Ma lei si accontentava di averlo vicino…. Di tenerlo accanto, di vivere ogni attimo quell’illusione, senza pensare al futuro… un futuro che a quanto pareva, era giunto e che stava per essere affrontato.
    “La ragazza di oggi. Quella con lo sguardo perso nel vuoto… assomigliava a Drusilla quando aveva le visioni..”
    “E’ un’amica di Angel” rispose laconica.
    - un punto per te, Fred. Risposta giusta. Ora vediamo fino a che punto mi mentirai - pensò il vampiro.
    “Giusto! Perché non ci ho pensato prima? Una in quel modo può essere solo amica del nostro pipistrello… anche se, escludendo il *pipi*, poco rimane…- riflettè sarcastico – a meno che la giovane non abbia fatto voto di castità. E da qui si capirebbe il perché di quell’aria sconvolta e triste.”
    “Bella battuta, Spikey!- rise Fred, avvicinandosi in maniera seducente al vampiro ancora steso, lentamente scoprendo le gambe mentre saliva accanto a lui – ora che ne diresti di stare zitto e baciarmi?”. La ragazza avvicinò le sua labbra troppo sfacciatamente, in un gesto a lei non consono, avvallando ancora di più la tesi della menzogna che lui aveva raggiunto.
    Gentilmente, ma deciso, la allontanò da sopra il suo corpo, alzandosi in piedi e guardandola, seduta, mezza nuda e con lo sguardo stupito. Era la prima volta che lui si negava a lei. Fred sentì che l’illusione si stava dissolvendo, e capì, dal dolore che provava in quel momento, quanto per lei fosse stata reale e coinvolgente. Spike fu invaso da un sentimento di compassione per quella fragile creatura che, avvolta dal candido accappatoio, appariva ancora di più, pura e bella. I suoi occhioni neri lo imploravano, umidi. Ma il desiderio di sapere come mai la donna con la quale condivideva il letto gli stesse mentendo, era più forte della voglia di stringerla e rassicurarla. Ed il demone rinchiuso dentro di lui, emerse anche contro la sua volontà.
    “Non ci provare, Fred. Non con me!” aveva detto, stupito anche lui del tono cupo e minaccioso che gli era uscito dalla gola.
    “Cosa….? Non ci sto provando, Spike!” la voce di lei tremava tradendo una punta di paura.
    “Quella ragazza!- il suo tono era ancora feroce - Prima che venisse la cavalleria, lei mi ha guardato come se vedesse un fantasma, come se non mi avesse rivisto da secoli. E non era lo sguardo di un parente di qualche vittima che io ho ridotto a brandelli… era uno sguardo pieno di sentimenti – disse bloccandosi ora, chinando il capo ed abbassando la voce -… buoni sentimenti. Sentimenti per me.” Tornò a guardarla con forza.
    “Quindi non mentire e per una volta abbi il coraggio di guardarmi in faccia e di dirmi la verità!”
    Fred si alzò, cercando di tenere chiuso l’accappatoio con le mani, in un gesto di protezione.
    “Spike, ti … ti prego…- singhiozzò - ti.. prego…calmati…. Mi.. mi fai paura”
    “Perché mi conosce?- urlò lui - Ha a che fare con l’ascia, vero? DIMMELO!”. Il vampiro aveva girato attorno al letto ed aveva raggiunto la ragazza, scuotendola per le braccia come fosse stato un tenero e fragile albero fiorito.
    “Lasciami! – ora urlava anche lei cercando di liberarsi- non lo so! Non lo so! NON LO SO!”
    Spike si irrigidì, come svegliatosi da un sonno. Lasciò la ragazza che piangeva davanti a lui, il viso rosso e sofferente. Tentò di accarezzarla, ma lei gli diede un sonoro schiaffo.
    “Mi..mi dispiace passerotto… non so cosa mi è preso..” annaspò lui, cercando di scusarsi, lo sguardo perso.
    “Sei un bastardo!” aveva detto lei, guardandolo con occhi pieni di risentimento. Spike sospirò, capendo di non poter dire altro ed uscì a grandi passi, immergendosi nella notte che l’avrebbe confortato, lasciando la giovane accanto al letto che più volte li aveva visti amanti e accaldati. Appena raggiunto il marciapiedi, si accese una sigaretta ed inspirò profondamente. L’aria della notte era diversa da quella del giorno: era più densa, più profumata, colma degli odori persi durante la giornata trascorsa. Era un condensato di emozioni, presagi, desideri, bramosie. Sentiva le spezie dei cibi cotti al fuoco, la fragranza della pelle di donne innamorate, l’aroma delle parole sussurrate, la scia del sangue palpitante nelle persone che lo sfioravano camminandogli accanto, l’ondata della paura, consumata dietro ad un vicolo, poco distante da lui. Con un balzo, vi si precipitò, felice di scaricare la propria frustrazione e la propria rabbia contro qualche essere puzzolente e cattivo, desideroso di morire sotto i suoi colpi, quella notte ancora più micidiali e potenti. domenica
    Dawn aprì gli occhi faticando a ricordarsi il posto dove si trovava. Poi le tornarono alla mente gli avvenimenti recenti: la sorprendente notizia di Spike vivo, il tradimento dei suoi amici, l’aver trovato una stanza in quel motel squallido e poco pulito, il pianto continuo e sommesso di Buffy udito finchè era rimasta sveglia, a notte inoltrata. Si voltò cercandone il letto. Ancora lei riposava, gli occhi gonfi e le guance rosse per la sofferenza svuotata fino a poche ore prima. Un violento mal di testa obbligò la giovane ancora intontita ad alzarsi e rinfrescarsi la faccia, poi, vestendosi in fretta e lasciando un biglietto sul guanciale, uscì alla ricerca di cibo e di un’aspirina. Dopo alcuni minuti, Buffy in un violento grido, si era svegliata, sudata, impaurita e sconvolta.
    “un abominio si è abbattuto. La desolazione avanza a grandi passi...lo spirito della prima cacciatrice è morto… è stato ucciso. Solo cenere è rimasta… un dio potente sta giungendo da sud…la chiave, una nuova chiave...più potente e brillante dell’altra sorgerà…e verrà catturata e il suo sangue..l’urlo del dolore risuonerà in ogni angolo del cosmo…ed allora ogni essere vivente gemerà per torture terribili…niente di ciò che è resterà in vita…ma il tuo dono.. la morte e la vita…dovrai scegliere..e la potenza giungerà come un serpe velenoso…non potrai mai sfuggire al tuo destino…mai. Il dolore ti colpirà di nuovo e morirai dentro…la chiave… non deve sorgere..la chiave…va protetta…la chiave….”
    Li aveva riconosciuti… erano i tre stregoni antichi.. quelli che avevano creato la cacciatrice… quelli che volevano obbligarla ad accogliere in se il demone, per diventare invincibile e sconfiggere il Primo…. Questa volta però, il capo, colui che aveva pronunciato quelle parole, era visibilmente in ansia, preoccupato…. Si guardò attorno, cercando la sorella, non vedendo il biglietto sul cuscino, catturata da una strana sensazione.
    Buffy sentì il suo stomaco stringersi, come pressato da una morsa di ghiaccio. E riconobbe la paura, la stessa che aveva provato affacciandosi nella caverna colma di ubervamps....
  9. .
    Postato la seconda parte de Le urla degli Dei
  10. .
    Seconda parte


    Los Angeles
    Il vampiro biondo era steso sul letto dentro una stanza accogliente e dall’arredamento minimalista. –D’altronde una scienziata non può amare il gotico…- aveva pensato la prima volta che c’era entrato, cinque mesi prima… anzi, ci si era completamente buttato con il corpo di lei sopra il suo..
    “Sangue caldo in arrivo!” disse Fred mentre avanzava veloce dentro la camera tenendo in mano una tazza fumante.
    ”Oddio, forse l’ho scaldato un po’ troppo. Lasciamolo raffreddare…. Non vorrei che ti scottassi” aveva aggiunto sedendosi accanto a lui e adagiando il plasma bollente sopra il comodino.
    “Vieni qui”. Spike le aveva cinto la vita con le braccia e se l’era portata sopra il suo corpo, cercandole le labbra in un tenero bacio.
    “A quanto pare qualcuno si sente molto meglio....” rise la ragazza adagiandosi accanto.
    “Sono un vampiro… ci rimettiamo in fretta… anche se non ho capito cosa diavolo mi sia successo…. Dannazione, io sono un tipo tosto! Angel, lui sì che sarebbe potuto svenire come una donnicciola… ma io no…. Chissà, forse stare vicino a mister simpatia mi ha contagiato…”disse Spike guardando il soffito con aria preoccupata.
    “Te l’ho detto Spike… non ha niente a che fare con te o con la tua potenza o con la tua virilità… molto probabilmente è qualcosa legato al tuo ritorno… strane scosse dovute al salto dimensionale che hai affrontato..”
    “Quindi la mia virilità non ha subìto danni, eh?” chiese malizioso guardandola direttamente negli occhi.
    “Come donna posso dire di no, ma come scienziata devo prima accertarmene di persona… sai, ho bisogno di basi concrete su cui fondare le mie affermazioni e non di dati empirici” sussurrò Fred con voce calda rispondendo alla sua provocazione. A lei piaceva quando lui faceva così… quando la stuzzicava, la tentava… quando la faceva sentire donna e desiderata… si accorse in quel momento che avrebbe potuto volerlo per tutta la vita, senza mai sentirsene sazia. Con le gambe si strinse a lui scivolandogli sopra il petto freddo e muscoloso.
    “Per il bene della scienza, sai….” Aveva miagolato la ragazza al suo orecchio facendolo andare su di giri.
    – Ah, le donne… vivo da oltre un secolo, eppure riescono sempre a stupirmi…anche se quella parola, elpirico, eltirico, cosa accidenti vorrà dire??- questo fu l’ultimo pensiero del vampiro prima di perdersi nei meandri avvolgenti, brucianti e struggenti del piacere.
    “Sì, per il bene della scienza..”


    Angel riattaccò il telefono. Il suo sguardo era teso. Si lasciò sprofondare nella poltrona del suo ufficio. Non aveva fretta di tornare a casa. Nessuno che lo aspettasse, nessuno che lo potesse scaldare, nessuno a cui fare l’ultimo saluto della giornata. In fondo la W&H era diventata ormai la sua casa. Viveva per il suo lavoro… e per salvare delle vite, si intende. Wesley entrò dopo poco, cercando con lo sguardo nella penombra il suo capo. O almeno, era il suo capo a livello ufficiale, perché in fondo Angel era un buon amico. E quando era così preoccupato non c’era da stare allegri.
    “Ci hai parlato?” gli chiese scorgendolo seduto dietro la scrivania.
    “Pochi minuti fa. Ha detto che cercherà informazioni”. Angel teneva le mani vicine, le dita appoggiate fra di loro a formare un triangolo sospeso dentro il quale guardava talmente assorto, come se tutte le risposte del mondo fossero là dentro.
    “E’ una fonte affidabile?”
    “La migliore” aveva ribattuto sicuro, “tu invece hai trovato qualcosa?”
    “Niente di quello che già sapessimo…. Falce antica… potenza mistica… fine del mondo… destino della prescelta…”
    Angel balzò dalla poltrona come se fosse stato punto. Aveva il volto illuminato. Pareva uno scienziato giunto alla soluzione di una formula studiata per tutta una vita.
    “Sei un genio Wes!” affermò entusiasta mentre gli passava davanti.
    “Grazie, ma…. Ma si può sapere perché?” chiese un po’ frastornato l’uomo mentre guardava uscire il vampiro con insolita fretta.
    “Te lo dirò… non appena l’avrò capito anch’io”. Angel era già di fronte all’ascensore. Wesley lo chiamò:”Gunn e Lorne? Loro li hai sentiti? Sai, non possiamo restare scoperti così a lungo… abbiamo bisogno di Gunn per le faccende legali”
    “Ho sentito oggi Lorne. Ha detto che ci sono novità. Rientreranno domenica” rispose il vampiro mentre le porte si aprivano con un suono.
    “Hanno trovato quello che cercavamo?”
    “Ci stanno lavorando… ma credo che ce la faranno… almeno spero. Ora più che mai abbiamo bisogno di quel libro”. Detto questo, Angel sparì dentro l’ascensore.
    “Speriamo bene.” disse Wesley di rimando. “Sarà meglio tornare a casa”, aggiunse poi, sentendosi molto stanco. L’orologio segnava le ventuno. Per Angel, in quel momento, iniziava il suo vero lavoro.



    New York
    Aveva mangiato un piatto d’insalata e un pezzo di pizza riscaldata al microonde. Il cibo non era cambiato un granché da Sunnydale…. Ma tutto il resto… era stato stravolto, rovesciato, sovrapposto… e la cosa più terribile era che mai sarebbe potuto tornare tutto come prima. Nemmeno una cosa, una soltanto, anche la più semplice o la più insignificante… niente come allora.
    Buffy prese il cordless e si rilassò sul divano. Compose il numero che ormai conosceva a memoria, e aspettò pazientemente. La voce femminile dall’altro capo non tardò ad arrivare, fresca e solare come se la ricordava.
    “Pronto?”
    “Ehi, super strega in carriera! Come va da quelle parti?”
    “Ehi, ex-prescelta nonché mia migliore e unica e tosta amica! Qui tutto bene! Che si dice nella grande mela?”
    “Oh, beh, le mele non mi piacciono un granchè! Però l’uva e le susine sì!”. Buffy sorrise serena. Era così bello accorgersi che nonostante il dolore, le perdite, le apocalissi e i chilometri di lontananza, niente era cambiato, fra loro c’era la stessa sintonia e la stessa coinvolgente pace nel sentirsi. Ogni volta. Ecco: quella era una cosa che continuava anche dopo la distruzione di Sunnydale. Era una pietra preziosa che nessun demone o forza malvagia avrebbe mai trasformato o frantumato. Era vero, le cose erano sì diverse, ma forse solo quelle superficiali, quelle esteriori. Quelle vere, profonde, importanti, le erano rimaste attaccate addosso, dentro l’anima, nemmeno il Primo o la lotta contro gli ubervamps, o la forza sovrannaturale dell’ascia le avevano scalfite, allentate… l’intesa con Willow e Xander, il legame oltre il sangue che c’era con Dawn, l’amore tormentato per Spike, la fiducia incondizionata in Angel… tutto ciò era uguale, intenso e forte come all’inizio, quando la giovane Buffy che mangiava i lecca-lecca, sognava una vita romantica e leggera….
    “Ehi, Xan, corri, vieni qua, c’è Buffy al telefono!” aveva urlato Willow assordando la ragazza all’altro capo.
    “La nostra grande capa che ci telefona! Sento odore di guai” aveva sentito Buffy in lontananza. Poi una grande risata l’aveva raggiunta come un fiume fresco e gioioso. Ora Willow e Xander avevano le fronti incollate e la cornetta a metà per poter sentire e poter parlare entrambi.
    “ Ehi, mia bella bionda che conduce una vita normale in un mondo anormale, come va?”
    “Tutto ok, Xander. E tu come te la passi?”
    “Diciamo che sono il capo cantiere più sexy e misterioso dell’universo! Inoltre quest’aria da pirata vissuto mi si addice alla grande”
    “Già, ed è di grande aiuto con le ragazze, dico bene?” aveva commentato Willow.
    “Abbastanza, anche se quando si accorgono che mi manca veramente un occhio, scappano schifate maledicendo capitan uncino!” aveva controbattuto Xander.
    “Oh, è così bello sentirvi! Siete sempre i soliti..”
    “Le cose belle non cambiano mai… anche se alle volte se ne vanno e non le abbiamo più”.
    Il riferimento ad Anya era evidente. Xander ancora soffriva per la sua perdita. Come Buffy soffriva per la perdita di Spike. Solo che lei non glielo avrebbe mai detto. Nessuno l’avrebbe dovuto sapere.
    “Che ne dite se facciamo una seduta psicanalitica dentro l’orbita del mio occhio?” ironizzò Xander per smorzare la tensione che involontariamente aveva creato. Ma nessuno se la sentiva più di ridere.
    “Allora Buffy, c’è qualche novità?” aveva chiesto Willow. Fu in quell’istante che la ragazza bionda si ricordò del motivo della telefonata.
    “Devo dirvi una cosa che spero vi farà piacere”
    “Spara, siamo tutto orecchi!” avevano detto i due all’altro capo, quasi in contemporanea.
    “Vengo a Los Angeles. Questo fine settimana. Mi sono presa una vacanza. O meglio, io e Dawn ci siamo prese una vacanza!”
    “Oddio, ma è favoloso! Tu e Dawm qui….. Xander, dobbiamo farle stare da noi”
    “Certo, c’è una stanza sempre libera… sai gli infissi li ho fatti io, è sicura”
    “No ragazzi, non vi preoccupate, non voglio darvi problemi..”
    “Scherzi!? Nessun probelama. Starai da noi. Così è deciso” disse Willow con un tono che non ammetteva un rifiuto.
    “Giusto, ha ragione!” aveva ribadito Xander.
    “Ok ragazzi…. Se proprio insistete, accetto! E, a parte una sera in cui cenerò con Angel, staremo sempre insieme!” aveva detto Buffy entusiasta.
    “Quindi vai a cena con il bel tenebroso, eh? Qui gatta ci cova….” Aveva detto Xander con una punta di malizia.
    “Non c’è nessuna gatta…. Ho solo bisogno di ritrovarmi… e magari divertirmi un po’”
    “Hai fatto benissimo, Buffy! E’ giusto che tu te la spassi un po’…. Tutti noi dovremmo farlo più spesso” aveva constatato Willow. Era una strega perfetta, leggeva dentro gli altri senza bisogno di magie.
    “Allora siamo d’accordo: ci vediamo a Los Angeles”.
    La notte era calata leggera, avvolgendo col suo mantello ingannatore tutta la città. Dalla finestra dell’appartamento al sesto piano si udivano delle risate.. leggere e trasparenti come bolle di sapone. Ma dall’abisso della terra, dal tempo più antico, una nuova minaccia saliva…. Di nuovo dolore e sofferenza stavano giungendo….. oltre le città e i paesaggi, molti chilometri lontano, un’ascia brillava e vibrava dentro una scatola di cartone, emanando una luce tanto forte da disintegrare tutte le fiale, i barattoli, i composti chimici e il materiale scientifico del laboratorio alla Wolfram&Hart. L’indomani mattina chi sarebbe entrato per primo, avrebbe trovato solo vetri frantumati, esalazioni chimiche e uno strano presagio fluttuare nell’aria. giovedì
    New York
    Le lenzuola verde mare erano madide di sudore. Il rumore del cuore accelerato le martellava fin dentro le viscere. La luce obliqua entrava a forza attraverso le tende tirate. Una strozzatura nella gola le impediva di respirare normalmente. Il piumino era accartocciato ai piedi del letto. Le sembrava di aver terminato in quel momento la battaglia contro un demone molto, molto grosso. Per un attimo tornò indietro nel tempo… ma il ricordo del sogno fatto la turbò nuovamente, colpendola come uno schiaffo sulla faccia. Seduta, le braccia a stringere le gambe piegate contro il petto, lo sguardo scioccato proteso in avanti. Non aveva più il sangue freddo di una volta. Se ne accorse con una punta di nostalgia. E ricordò il paesaggio onirico che le aveva disegnato la nottata precedente….
    Camminava nel deserto, luogo ormai familiare nelle sue visioni… o almeno, lo era stato fino all’ultima apocalisse, dove la linea delle Cacciatrici era stata spezzata dalla falce nelle mani di una potente strega. Quello era il primo sogno che faceva a riguardo………
    Poteva sentire i granelli di sabbia solleticarle i piedi nudi, il sole cuocerle la pelle, il vento bollente scompigliarle i capelli, gli occhi bruciarle dal troppo bagliore riflesso e amplificato dal candore del pavimento soffice sotto di lei… si avvicinò alle sterpaglie che vedeva davanti a lei ed aspettò… sapendo, sentendo che “lei” sarebbe arrivata presto….. non tardò, e giungendo con passi felini, quasi strisciando fra le rocce in fondo, attorcigliandosi alle sterpi riarse e secche, agile e rapida come una gazzella, dall’aspetto feroce e acuto di una pantera…. la sua pelle scura evidenziò maggiormente il contrasto fra quel luogo selvaggio e la giovane dai capelli dorati che, ferma con le braccia conserte, aspettava un qualche tipo di dialogo…. Aspettava di sapere il perché fosse lì, dopo più di un anno, quando ormai non era più la prescelta, ma una donna normale in mezzo a tante altre. Buffy guardò la prima cacciatrice, con lo sguardo proteso, tendendo al massimo i sensi… ed ascoltò, ascoltò la voce che non c’era, la parola che quella creatura non conosceva…. Ma lei ascoltò, nel profondo, dentro di se, nel punto segreto dove i suoni dell’intero cosmo si fondono in un unico linguaggio: il cuore.
    “Ritorna… lotta… come fai sempre… come sarai dovunque. Ama ancora… dona ancora… perdona ancora.. ritorna al dolore, non fuggire…. Non potrai mai sfuggirgli..”
    La figura nera, il viso dipinto di bianco come la maschera di un teschio, piegata in due, si muoveva, dosando il peso da una gamba all’altra, imitando un pendolo che quasi ipnotizzò Buffy. Lei si sentiva confusa… non capiva.
    “Cosa vuoi ancora da me? Non sono più la prescelta… io non sono più come te!” aveva detto a voce alta. Il vento trasportò quel suono oltre le rocce lontane.
    “sempre…. Il sangue viene versato sempre… le lacrime scivolano nella notte… sempre. Sangue e lacrime e morte… la paura, il potere.. Niente ha fine, niente ha inizio, ma tutto segue… avanza…. Il sempre regnerà sovrano…tu non potrai mai sfuggirgli..”
    “Ho capito, è sempre la stessa storia… la morte è il tuo dono. Ma sai? Grazie, ho già dato. Ora tocca alle altre cacciatrici sparse nel mondo combattere il male. Io sono ufficialmente in pensione!” Buffy stava per perdere la pazienza. Cercò di controllarsi, anche perché solo la figura bruna di fronte a lei avrebbe potuto terminare quell’incontro. Se ancora non si era svegliata da quella visione, significava che c’era dell’altro da sapere… chissà, forse cose nuove. Ebbe un tremito di paura. Non voleva… no, non voleva rientrare in quel vortice. Non ne sarebbe uscita stavolta, mai più….
    “non sfuggire al tuo sempre…. Loro ti incateneranno.. di nuovo…e sarà dolore… angoscia…ma poi giungerà la forza…la distruzione assoluta…. Il passato sarà il domani… l’oggi diventerà lo ieri… il sole sorgerà da entrambi…”
    “Mio Dio, è impossibile parlare con te. Mi ci vorrebbe il sig. Giles… o un dizionario tascabile!” ma improvvisamente, una strana forza la obbligò a chiudere gli occhi. Doveva essere attenta.. ascoltare con tutto il corpo, percepire il legame tagliente fra se stessa e il suo principio.
    “ricorda cacciatrice…la morte è il tuo dono… come la vita… e la sofferenza… non sfuggirgli… non potrai mai resistere al suo richiamo… alla sua voce… all’odore del sangue…. all’urlo del dolore… ricorda.. la morte e la vita…” la voce dentro di lei andò scemando… un colpo di vento più forte la obbligò a riaprire gli occhi. La prima cacciatrice non c’era più. Al suo posto rimaneva un mucchio di terra bruciata.
    Poi, improvvisamente, lo scenario cambiò…si ritrovò in cima alla torre, sull’impalcatura…. La notte che sacrificò la sua vita al posto di Dawn… solo che stavolta sua sorella aveva i capelli biondi e grandi, profondi, occhi blu… che la guardavano, vacui, ignari e sconvolti…. Ascoltavano quelle parole, quasi sussurrate, ma così vere e insostenibili da fare male: “Dawn, stammi a sentire. Ascolta. Ti voglio bene. Ti vorrò sempre bene…….”
    Ed infine il salto nel vuoto, il corpo trafitto da mille aghi che si contorcevano dentro le carni, la testa trapassata da scariche elettriche…. Un intreccio di sinapsi bruciate…. Il cuore sempre più lento e dissanguato….. gli occhi chiusi in ascolto, ancora.
    “Abbiamo lo stesso sangue, Dawn…la morte è il mio dono…. Il dono che ti offro… perché ti amo, profondamente…. L’amore mi ha portato al mio dono…”
    Ora si trovava a casa sua, nel suo letto, circondata da cose reali, oggetti appartenuti da tanto, suoni conosciuti… avrebbe dovuto calmarsi. Invece Buffy continuava a sentirsi agitata. Si alzò veloce e andò in camera della sorella: Dawn dormiva placida, i capelli sparsi sul cuscino come un’aureola scura, il viso morbido simile ad un angelo.
    – morirei altre mille volte per te - aveva pensato Buffy, mentre rivoli di calde lacrime le scottavano le guance. Il suo cuore iniziò a placarsi e, tornando verso la sua camera, si accorse che di dormire ormai non se ne parlava più.


    Los Angeles
    Un altro appartamento, un’altra camera, un’ altra città, un’altra persona. Un uomo, o meglio, un vampiro, e lo stesso risveglio ansimante e sudato dopo aver fatto un sogno strano, sconvolgente e quasi incomprensibile.
    Spike aveva riconosciuto il cimitero dove stava camminando… a dir la verità stava correndo o meglio, scappando da qualcuno. Era Sunnydale, la città dove aveva trascorso gli ultimi anni… prima della distruzione del Primo e del suo sacrificio…. Prima del suo ritorno, anche se gli ultimi ricordi precedenti ad esso erano sfuocati, sovrapposti e difficili da riordinare.
    Durante quella folle corsa -Speriamo che sia un dannato demone abbastanza incazzato, altrimenti faccio la figura della mammoletta..-, d’improvvisò si bloccò, trovandosi di fronte la figura di una ragazza, ferma e sicura nonostante la piccola statura. Teneva in mano un paletto e lo impugnava pronto per essere affondato… gli occhi di giada lo guardavano giù, fin dentro la gola, i capelli biondi si agitavano arricciandosi, come fili di seta tessi da mani sapienti… la giacca di pelle nera le conferiva austerità… il suo volto, bellissimo al chiarore lunare, sprigionava energia, potenza e tanta bontà. Quella ragazza aveva un qualcosa di familiare, ma troppo debole da decifrare. Spike la fissò, temendo che lei volesse ucciderlo. Non poteva scappare: da dietro un qualche mostro infernale lo stava raggiungendo, davanti aveva questa specie di wonder woman pronta a rinchiuderlo in un posacenere. Una profonda irrequietezza lo pervase. La giovane si avvicinò, seria. Spike posizionò il suo corpo per la lotta, anche se non sembrava che lei volesse battersi con lui. Mano a mano che avanzava, la giovane diveniva sempre più piccola, fino a diventare una bambina dai riccioli dorati e dagli occhi chiari.
    - dannazione, sono proprio ridotto male… credo che per una settimana non berrò Barboun… bah, forse solo per un giorno - pensò il vampiro assistendo alla trasformazione inspiegabile apparsa davanti ai suoi occhi. La bambina gli sorrise e d’improvviso il suo bel faccino rotondo assunse una smorfia di dolore… un grido trapassò l’aria immobile di quella densa notte di metallo fuso. Il corpo della piccola svanì, lasciando al suo posto una grigia e argentata cenere che si disperse come coriandoli lanciati in aria….
    “Dannazione!” Spike, infuriato e stupito, assunse il volto della caccia. I suoi lineamenti divennero irregolari, i suoi occhi si tinsero di giallo acido, i suoi canini si allungarono in maniera evidente. Chiunque avesse ridotto in polvere quella bambina, che per di più era un vampiro come lui, l’avrebbe pagata a costo della propria vita. Non era pronto a vedere una scena del genere, e ancora di meno lo era nel vedere il volto dell’aggressore. Dietro a quella polvere che si stava adagiando sul prato, un uomo apparve con in mano un paletto. Era lui, era se stesso! Era Spike, un altro Spike, che ignorando la sua presenza, iniziò a correre proprio verso di lui. Il vampiro, preso alla sprovvista, si coprì il volto con le braccia, aspettando l’urto. Ma non accade nulla. Scostò le braccia, e notò con stupore che l’altro Spike gli era passato attraverso…
    -era un fantasma… forse proiezioni di quello che dovrà accadere…. Forse qualche dannata anima tornata a vendicarsi… in fondo quando ero cattivo mi sono cibato di centinaia di bambine…- al solo pensiero rabbrividì, sentendo la sua anima gemere..- O forse solo un dannato sogno fatto in una dannata notte… strano, mi sono addormentato molto, molto felice ieri sera- aveva pensato il vampiro. Ma prima di tornare alla realtà, una voce delicata, infantile lo chiamò. Era la voce di quella bambina.
    “Spike… Spike… mi hai uccisa….mi hai uccisa… ed ora l’odore del mio sangue ti resterà attaccato addosso…. Nelle tue orecchie risuonerà sempre l’urlo del mio dolore… non potrai sfuggirgli…non potrai mai sfuggirmi”
    Il vampiro si era risvegliato così, con quel pianto che gli tormentava l’anima già messa a dura prova. Guardando verso le tende scure, notò con nervosismo che il sole era già sorto. Il posto dove Fred dormiva era vuoto e freddo. Probabilmente si era alzata molto presto per iniziare le ricerche sull’ascia. Si sentì stranamente solo… anche un po’ depresso. Quel sogno era stato così reale… e il viso di quella bambina… ah, al guardarlo si era colmato di pace e serenità… come se avesse visto una creatura dei boschi, pura e lucente. Ma quelle parole appena sussurrate, agonizzate…. Gli stavano facendo male come non mai… nemmeno durante le sue visite all’inferno aveva provato una simile angoscia.. un così grande senso di impotenza.
    Improvvisamente il cellulare squillò.
    “Pronto” disse con la voce ancora strozzata.
    “Spike, sono io, Fred. Tutto bene?” quella dolce voce lenì momentaneamente l’angoscia
    “Tutto ok. Ho solo litigato un po’ con Morfeo stanotte… ed ho fatto un pessimo sogno”
    “Beh, hai una strana voce.. comunque, qui è tutto pessimo e non è un sogno. Devi proprio raggiungermi in laboratorio. Il prima possibile” ora la scienziata aveva assunto quel tono deciso al quale era praticamente inpossibile dire di no.
    “Qualche guaio?”
    “Più di uno!”
    “C’è da azzuffarsi? Perché sai, ne ho un gran bisogno…”
    “No Spike, niente botte.. almeno credo. Comunque, se proprio hai voglia di sfogarti c’è sempre Angel da torturare con il tuo sarcasmo…”
    “Oh, sìì.. non vedo l’ora….” Aveva detto chiudendo gli occhi, mentre di già assaporava una bella scazzottata con mister simpatia.
    “Ti aspetto…. Ah, ieri sera è stato meraviglioso…” aveva aggiunto Fred sottovoce, colta da una vampata di imbarazzo.
    “Anche per me piccola…. Arrivo”. Spike chiuse il telefonino. Quella ragazza era così dolce e decisa. Sì, le piaceva proprio.
    Il suo sguardo dapprima malizioso al ricordo dell’amore, tornò ad incupirsi di nuovo. Si alzò pesantemente dal letto e andò a farsi una doccia. Mentre si lavava cercando di togliersi, a suon di violente sfregate sulla pelle di sapone e acqua calda, tutto quel tormento rinato, una voce leggera tornò a distruggergli il cuore…
    “mi hai uccisa… mi hai uccisa…”
    “Sta zitta!!! Sta zitta!!” urlò stringendo le mani intorno alla testa, sperando di scacciare i fantasmi. Poi, in un impeto di rabbia, Spike affondò un pugno, frantumando un’anta della doccia. La mano prese a sanguinare.
    “Dannazione, oggi sarà un pessimo, maledetto giorno! Chi glielo dirà a Fred che le ho distrutto la sua doccia pagata a rate?”


    Angel vagava nell’ufficio della W&H senza darsi pace. Quella notte non si era mai riposato. Durante la ronda che era stata più lunga per coprire anche la zona di Spike, aveva notato una strana affluenza di vampiri ed allora si era diretto nel bar dove sapeva di poter trovare informazioni sugli ultimi movimenti demoniaci e infernali. Il proprietario, un vampiro da quattro soldi, dopo un piccolo avvertimento (“O mi dici quello che sai, o domani servirai come polverina per la stecca del biliardo”) aveva raccontato dell’arrivo in città di tre demoni, molto, molto pericolosi. Erano grigi e alti, con il corpo viscido e olioso, un aculeo sulla schiena e un potente veleno che fuoriusciva dalle mani. Chiunque ne fosse venuto a contatto, o con un pugno o con una presa, sarebbe morto dopo un’ora di agonia, in preda a dolori e incubi atroci. Dopo alcune ricerche, Angel aveva scoperto che quei demoni si chiamavano Xyranty, e preannunciavano l’arrivo di un essere superiore. Erano tipo dei messaggeri, preparavano la strada a qualcuno o qualcosa di molto potente, distruggendo chi potesse in un qualche modo, comportare un ostacolo valido alla realizzazione di enormi stravolgimenti infernali. Probabilmente, l’ennesima apocalisse.
    Non era un caso, di certo tutto era collegato: la telefonata di Buffy, l’arrivo dell’ascia, il malessere di Spike , i demoni a flotte ed ora anche la distruzione del laboratorio…. Angel si sentiva inquieto come non mai. Proprio ad un giorno dall’arrivo di Buffy. Rivederla era per lui qualcosa di inspiegabile: era dolore e gioia, pace e ansia, schiavitù e liberazione. Non poteva rimandare la cena… Buffy avrebbe pensato che magari per lui non fosse abbastanza importante… o peggio, si sarebbe potuta insospettire e fare qualcosa d’avventato. Di una cosa era certo: Buffy non si sarebbe dovuta avvicinare per nessun motivo alla W&H. Non avrebbe dovuto sapere di Spike, non era ancora il momento giusto. Voleva che quella cena fosse un’occasione per loro due e basta.. Lui sarebbe stato suo, sempre… e chissà, magari lei era diventata il caldo e friabile biscotto promesso…

    giunse alla W&H passando per le fogne. Il suo spolverino nero si era impigliato in un ferro, ed il suo pessimo umore era peggiorato ancora di più.
    “Maledette fogne, maledetta città e maledetti demoni…. A parte il sottoscritto, si intende” aveva detto guardando il taglio sul davanti della sua seconda pelle nera.
    Con passo agile raggiunse Fred nel laboratorio. La giovane lo aspettava fuori della porta, il viso tirato, gli occhi stanchi. Era bellissima, forse ancora di più, così indifesa e tenera. Spike le baciò lievemente una guancia. Lei sorrise per un attimo, poi disse:” Hanno distrutto tutto. Le mie formule, i miei esperimenti, i miei studi. Tutto il mio lavoro.”
    “Qualche indizio su chi sia stato?”
    “Niente, nessun segno di scasso, nessun movimento sospetto”
    “L’ascia c’è ancora?”
    “Sì, era fuori della scatola, ma è intatta. Perché ti interessa?”
    “Per avermi steso ieri, vuol dire o che era parecchio incazzata con me, o che fra me e lei c’è una connessione… magari è la prima a cui non piaccio” aveva detto il vampiro mentre sbirciava dentro la stanza. Schegge di vetro frantumato erano ancora per terra, anche se una buona parte era già stata raccolta, le pareti erano rimaste segnate dagli schizzi delle soluzioni corrosive, ancora uno strano odore riempiva l’aria. Spike annusò in profondità. I suoi sensi acuti da vampiro gli fecero provare uno strano deja-vù: quell’ odore era familiare, molto nascosto nel suo passato, ma era conosciuto.
    “Lo senti anche tu questo strano odore?’” aveva chiesto a conferma, rivolto alla giovane di fianco.
    “Sono le esalazioni delle sostanze chimiche. Faticheranno ad andarsene” aveva risposto Fred distrattamente, mentre Spike era entrato nel laboratorio, dirigendosi verso l’ascia.
    “Non quell’odore… io intendo questo odore” e mentre parlava, si era accovacciato di fianco alla scatola di cartone che rivelava lo splendore di quell’arma antica e mistica, annusandola vistosamente. Spike chiuse gli occhi… quel profumo così dolce, un aroma dimenticato ma non sepolto del tutto, un misto di vaniglia e sudore, di paura e potenza. Come sotto un potere più grande, Spike allungò il braccio e con la mano avvolse l’impugnatura dell’ascia. Una scossa elettrica lo attraversò con violenza, mentre abbaglianti flash lo invasero: vide una ragazza, la stessa del sogno, grandi occhi verdi e lunghi capelli biondi, poi gli ubervamps lottare contro di lei, ed ancora lei, di nuovo, ferita, distesa a terra, e poi vide un’altra ragazza, mora, prorompente, impugnare quell’arma che lui ora aveva. Quella doveva essere la cacciatrice, la prescelta.
    - finalmente… finalmente ho un tuo ricordo… ho la forma del tuo viso… cacciatrice. CACCIATRICE! - questo fu l’ultimo pensiero di Spike prima di cadere a terra senza sensi. Una grande luce era fuoriuscita dall’arma, inondando il vampiro e distruggendo le ultime boccette rimaste per miracolo sopra i banconi.
    Fred urlò correndo verso il vampiro. Il corpo steso, gli occhi cerchiati maggiormente, l’ascia caduta per terra che aveva impresso sanguinanti bruciature sul palmo della mano dove prima si trovava. A quel grido, Angel e Wesley accorsero, trovando la giovane in lacrime accanto ad uno Spike ridotto veramente male. Dove i raggi dell’ascia lo avevano colpito, sulle braccia, sul torace, sulle gambe, c’erano grossi tagli, come spade strusciate per lacerargli la pelle. Un rivolo si sangue vermiglio colava da una narice e ai lati della bocca socchiusa.
    “Stai bene?” aveva domandato Wesley preoccupato più per Fred che per il vampiro ossigenato.
    “Cosa diamine è….?” Aveva invece chiesto Angel, ma prima che potesse finire la domanda, Fred in preda al panico aveva risposto: “anche stanotte. E’ stata l’ascia… Spike parlava di un odore, poi l’ha presa in mano ed ha avuto nuovamente delle convulsioni… poi grandi fasci di luce sono usciti dall’ascia e lui ha gridato una parola.. ha gridato un nome… prima di cadere” Fred si era bloccata. Sapeva cosa significasse quel nome… lo sapeva fin troppo bene.
    “Quale? Quale nome ?” aveva chiesto Wes. Angel era teso.
    “Cacciatrice..”. Fred aveva le lacrime agli occhi. Angel a quel nome sussultò. Non era possibile, l’incantesimo non poteva essere sciolto… ne era certo, la sua efficacia era stata ottima fino a quel giorno… ma allora, cosa stava accadendo?
    – tutto è connesso - pensò il vampiro.
    “Portatelo nel mio ufficio” disse a due dipendenti che erano accorsi.
    “ Fred cerca di aiutarlo, curalo, strapazzalo, bacialo… insomma fagli qualcosa e vedi cosa si ricorda. Voglio sapere tutto, nei dettagli. Wesley, tu vieni con me. Dobbiamo andare da una persona”. Il vampiro era già diretto all’ascensore, l’uomo gli stava dietro.
    “Pensi che le cose siano legate, vero?” aveva detto Wes una volta al piano sottoterra.
    “Ne sono sicuro”
    “Cosa pensi di fare?”
    “Andiamo a trovare una strega. La più potente. O almeno lo era fino a poco fa”. Il rombo della viper rullò dentro i garage. I due si diressero verso il lato opposto della città. In periferia.

    New York
    Buffy era tornata a casa. Eccitata per il giorno dopo, aveva iniziato a cucinare, mentre canticchiava una canzoncina pop. Non si ricordava del sogno fatto, o meglio si era imposta di non pensarci.
    - Non lascerò che il mio passato distrugga così il mio presente. D’ora in poi me lo lascerò alle spalle e guarderò avanti. Mai più pensare alle cacciatrici o ai vampiri…. - pensò Buffy, quando si tagliò maldestramente un dito e lo mise sotto il raggio del rubinetto. Il sangue colava insieme all’acqua, creando un liquido rosa e leggero.
    “Accidenti, cosa dico…. Proprio domani sera cenerò con uno di loro. Di certo il più bello e misterioso e silenzioso del mondo….secondo solo a Spike… un altro vampiro, ovviamente e per giunta morto… quantomeno, molto più morto di quando era in non-vita e sicuramente fastidioso, chiacchierone, inopportuno e molto sexy” ragionò fra se ad alta voce. Si stupì di come riuscisse a scherzare sulla morte del suo amore… e così era vero…. il dolore, quello atroce, si allontanava da lei, dal suo cuore, lasciando una tiepida nostalgia e tanta tristezza. Ma lei avrebbe continuato, avrebbe riso, avrebbe preso in giro Spike anche ora, sapendo che lui ne sarebbe stato contento…. Dopo tanto, desiderava vivere, ancora e in maniera diversa.
    “Che fai, parli da sola? O forse stai minacciando di morte un demone invisibile?”. Dawn entrò in cucina. Era stanca, la sera prima aveva fatto tardi.
    “Ciao, creatura della notte! Io e te non abbiamo ancora parlato di ieri sera” aveva detto Buffy notando le occhiaie sotto i suoi bellissimi occhi. Brillavano, ne era certa.
    “Se la mia sorellona non si fosse svegliata all’alba per andare in quel buco di ufficio deprimente e appestato di muffa, io avrei potuto raccontarle alcuni particolari piccanti…”
    “Dawn! Di cosa stai parlando?” aggredì la sorella agitando la spatola usata per girare le polpette di carne e patate che stava cuocendo.
    Entrambe scoppiarono a ridere. Erano sempre le stesse, cane e gatto, in un continuo rincorrersi e lottare per poi abbracciarsi e fare pace. Due sorelle, insomma. Legate oltre la morte, oltre il sangue, oltre il dolore.
    “La morte è il tuo dono…” Buffy si ricordò del sogno e un velo di tensione bloccò la spensieratezza.
    Si fermò, appoggiò la spatola e uscì, dirigendosi nel piccolo salotto adiacente. Con lentezza si accasciò sul divano, muovendosi come se tutto il corpo le facesse male. Dawn la seguì, preoccupata.
    “Stai bene?” chiese alla sorella, presa alla sprovvista da quel cambiamento d’umore.
    “Sì, è tutto ok. Sono solo stanca.”
    “Stanca di stare seduta cinque ore, obbedire ad un mastino e concentrarsi sui fogli che hai davanti? Beh, ne so qualcosa…. L’unica diversità, è che io non ho un telefono a cui rispondere ogni tre secondi. Quindi sì, te l’abbono: sei più stanca di me” aveva commentato la ragazza. Scherzandoci su, credeva di rilassarla un po’.
    “Già… sono una donna molto indaffarata..” sospirò la giovane stringendosi le spalle. Le era bastato un sogno per riattaccarla inesorabilmente al passato che come pece le aveva invischiato le mani e il cuore… ma era poi passato? Era vero che si sarebbe allontanato da lei come la sponda di un isola quando si prende il largo? Lei voleva che ciò accadesse? Si era ripetuta più volte che sì, voleva lasciarselo dietro e riprendere dall’oggi per creare un nuovo futuro…. Ma se quel futuro che lei voleva fosse stato solo un ripiego, l’ennesima fuga dal suo vero e intimo presente? Chi era lei? Chi era Buffy? Dietro a quello sguardo verde come gemma, chi si nascondeva? Di chi era quel cuore che tanto batteva? E la sua forza, sarebbe dovuta restare sotto controllo o questo era solo un trattenersi che l’avrebbe condotta alla follia? Poteva una leonessa abituata a cacciare nella savana bollente nascondersi al polo nord, mangiando cubetti di ghiaccio e grasso di foca? Poteva il sole rinunciare alla sua potenza, al suo calore e diventare freddo e pallido come la luna, regina delle tenebre? Avrebbe dovuto assecondare la sua natura? Ma qual’era la sua natura? Quel sogno l’aveva confusa non poco. O forse le aveva donato nuovamente la vista? Come un cerino aveva dato luce necessaria per ritrovare il sentiero, il ritorno… forse? Buffy scrollò la testa per liberarsi da quella inopportuna introspezione, e guardò l’aria interrogata di Dawn.
    “E’ tutto ok, davvero! Andiamo a pranzo ora, altrimenti le polpette che ho fatto, che di già assomigliano a cibo per cani, lo diventeranno davvero”. La giovane dai capelli color del miele si alzò. Sorrise fiduciosa alla sorella. Ma Dawn capì. Qualcosa stava tormentando Buffy e, fra i tanti miliardi di cose che l’avrebbero potuta preoccupare, non seppe quale scegliere. Decise che non avrebbe forzato la mano. Avrebbe aspettato una sua mossa. Inoltre l’indomani avrebbero rivisto Willow, Xander e Angel. Magari con uno di loro si sarebbe aperta. Dawn avrebbe aspettato quel momento e… beh, avrebbe origliato.

    Buffy quel pomeriggio prese il coraggio a due mani ed entrò dal parrucchiere dando una spuntata alla sua folta chioma; non ancora soddisfatta, e decisa più che mai a non pensare alle sue paranoie, andò dall’estetista, dove cercò di rilassarsi mentre una signora di mezza età ben curata, le trattava il corpo con creme e massaggi. Rientrò a casa per cena e trovò Dawn che aveva smesso in quel momento di preparare gli involtini primavera. Cenarono tranquille, raccontando ciascuna la propria giornta, evitando con cautela di toccare la spaccatura che si era creata prima di pranzo.
    “Ho chattato con Willow oggi pomeriggio” disse Dawn addentando un pezzo di pane. “Ha già preparato la stanza degli ospiti”
    “Conoscendola ci avrà preparato una festicciola di benvenuto. Sai, torte, biscotti e bibite… il tutto annaffiato dalle battute di Xander”
    “Non vedo l’ora, Buffy. Sono così contenta che tu abbia deciso di andare a Los Angeles!”
    “Abbiamo bisogno di ritrovarci… vedrai, ci divertiremo”
    “Tu di certo. Non è che hai qualche intenzione malsana con quel vampiro, eh?”
    “Dawn… io ed Angel siamo amici… buoni amici… anzi forse è come se lui fosse un prete per me.. cioè, non è un prete nel senso della parola, anche se è casto come un bambino per via della maledizione, ma…. ma ha la stessa capacità di ascoltare e di dare consigli… lui mi sa ascoltare e mi capisce…. Mi rincuora, mi conforta.”
    “Hai bisogno di essere rincuorata?”
    “Un po’… forse… ma non è come pensi” aveva aggiunto vedendo la sorella triste, ora. “Anche tu mi ascolti, anche tu mi conforti… è che Angel è più distante da me… mi è più facile… tu invece mi sei dentro… sei così vicina che alle volte ho bisogno di nascondermi.. per potermi ritrovare… non so se hai capito… non sono brava a spiegare ciò che provo”. Improvvisamente il pensiero volò a Spike… nemmeno con lui c’era riuscita… ed ora era tutto perso nel vuoto degli anni rimasti.
    “Ho capito benissimo Buffy… ti ho capito..”. Dawn ora sorrideva. Non le portava rancore.
    Dopo un paio d’ore dormivano entrambe. Buffy, malgrado l’incubo della nottata precedente, era stata sopraffatta dalla stanchezza ed era scivolata senza difese nell’oblio della mente.


    Los Angeles
    Angel tornò alla W&H che il sole era tramontato da un pezzo. Aveva accompagnato prima Wesley a casa e si era diretto nel suo ufficio. Il colloquio avuto nel pomeriggio lo aveva tranquillizzato e gli aveva dato ragione solo in parte. L’incantesimo su Spike era a posto, in funzione. Ma l’ascia aveva risvegliato in lui ricordi troppo legati alla sensività. Erano segni impressi e profondi, impossibili da cancellare. Il suo olfatto, la sua vista, il suo udito e il suo tatto ne erano stati marchiati a fuoco. Comunque, la strega l’aveva rassicurato che quei flash sarebbero rimasti solo quello: dei flash e nulla più.
    Angel aveva avuto ragione però su una parte: tutto era collegato, una qualche forza mistica si stava muovendo e i segnali non facevano sperare in niente di buono. Dovevano solo capire il ruolo che l’ascia e Spike avevano in tutto questo. La strega gli aveva assicurato che se ne sarebbe occupata al più presto.
    Angel aprì la porta dell’ufficio. Le altre stanze erano ormai vuote. Fred lo stava aspettando, seduta, il viso appoggiato alle mani, persa nei suoi pensieri. Davanti a lei, la scatola di cartone con dentro l’ascia che pareva brillasse di luce propria.
    “Ehi!” aveva sussurrato lui. La penombra della stanza lo portò a parlare quasi sottovoce. Si avvicinò alla scrivania e accese la abat-jour.
    “Ehi” rispose lei, alzando il volto stanco. Angel si sedette sulla sua sedia.
    “Come sta Spike?”
    “Meglio. L’ho accompagnato a casa. Dice di non ricordarsi niente, ma non so se sia vero. Alcune volte dice una cosa, quando invece è un’altra…”
    “Ne so qualcosa..”. I due si guardarono. Non avevano mai parlato da soli, prima di allora. Erano amici, ma non così in confidenza da parlare delle loro vite. Lavoravano per lo stesso scopo e facevano del bene. Il resto era sconosciuto.
    “Ma non sono qui per parlare solo di Spike. E’ successo qualcosa, dopo l’incidente al laboratorio. Guarda.” Disse la ragazza prendendo l’ascia e porgendola al vampiro.
    “Qui, sull’impugnatura” continuò indicandogli il punto esatto con un dito. Angel avvicinò l’arma alla luce. Erano apparsi dei segni scalfiti su quel duro materiale, segni che prima non c’erano.
    “Sembrano strani segni, forse un antico alfabeto..”
    “Sì, lo credo anch’io. Solo che non capisco niente di cose mistiche accadute miliardi di anni fa, magari ancora prima che l’uomo comparisse sulla faccia della terra.”
    “C’è bisogno di un esperto” disse il vampiro alzandosi in piedi, continuando a tenere l’ascia tra le mani.
    “Wesley?” domandò la ragazza.
    “No. Stavolta mi serve qualcuno che sia ancora di più preparato e che pratichi pure la magia. .. eh sì, credo proprio che tornerò a trovarla” aggiunse dirigendosi verso la porta. Si fermò prima di uscire e la guardò.
    “Vai a riposarti. Ne hai bisogno. E rimetti in sesto Spike. Credo avremo bisogno di lui…. Oddio, quanto soffro ad ammetterlo! Non ne fare parola con lui, eh?”aveva ironizzato Angel.
    Fred annuì sorridendo, poi lo vide scomparire dietro la porta che si chiudeva.
    -sono veramente l’uno l’opposto dell’altro… ma entrambi campioni..- pensò la giovane alzandosi, illuminata dalle luci della città che entravano a forza dalla grande vetrata.


    All’opposto della città, in una piccola casa di periferia, con il pratino davanti, tre alberi, un corto vialetto e una veranda bianca con un dondolo giallo, Willow dormiva nella sua stanza al primo piano. Aveva colorato le pareti come un cielo stellato, in una nicchia del muro aveva raccolto piccoli oggetti antichi, appartenuti a streghe o maghi, accanto al letto una vetrina conteneva a malapena i libri di magia, di incantesimi e di ingredienti segreti. Sotto al letto teneva quelli più grossi e il “suo” libro delle ombre, oltre alla storia dei popoli maya, dei celti, degli egiziani, degli antichi greci e della filosofia del karma. Il computer d’obbligo padroneggiava sulla scrivania bianca dalle rifiniture celesti. Xander dormiva sulla stanza una porta più avanti, che apparteneva al bagno.
    La ragazza stava sognando un bellissimo lago di latte, il bosco attorno dai tronchi di cioccolato e tanti muffin che saltavano sopra una torta di fragole. Anche lei saltava, ed ogni volta che cadeva, leccava un po’ di panna, ridendo come una bambina. Una voce la fece svegliare, togliendola dal suo paradiso. Aprì gli occhi mettendosi seduta con il cuore in gola.
    “Mi spiace se ti ho spaventato, ma ho bisogno di te” aveva detto sottovoce l’uomo che stava in piedi davanti a lei.
    “Oddio Angel, sei tu…. Ma come hai fatto ad entrare?” domandò la ragazza mentre si stava calmando dopo lo spavento.
    “La porta dietro…. Era aperta..”
    “Xander! Accidenti, se la scorda sempre..” aveva detto con un tono di rimprovero. Continuò:
    “Meglio così, per un verso… credevo avessi usato qualche trucco da vampiro, che so… bruciare con lo sguardo la serratura, fino a farla diventare ottone fuso…”
    “Quello è superman, Willow… lui ha lo sguardo che lancia fuoco. Noi vampiri riusciamo solo a vedere nella notte…e per di più nemmeno tanto bene”
    “Ah, è vero..” aveva abbozzato la giovane. “Vieni, andiamo a parlare di sotto. Ma fà piano, Xander deve alzarsi presto domani, sai lavoro, cantiere, noia assoluta… beh, se si sveglia sarà di pessimo umore e mi romperà le scatole tutto il giorno..”. aveva aggiunto alzandosi e infilando una vestaglia.
    I due erano scesi al piano terra ed erano entrati in cucina. Fu in quel momento che Willow si accorse dell’ascia in mano ad Angel. Il vampiro la posò sul tavolo.
    “E’ per quella che sei ritornato?” domandò mentre cercava un pacchetto di biscotti dentro un’anta. “Ti ha dato nuovi problemi? O vuoi che te la lucidi un po’?”
    “Beh, una lucidatina…, no, ma che dico!?” il vampiro si riprese subito e, scuotendo la testa con un breve accenno di sorriso, tornando serio, continuò: “Dopo che abbiamo parlato oggi, sono andato in ufficio e Fred mi ha fatto vedere questi segni qui… prima non c’erano, sono apparsi dopo l’incidente di Spike… se così si può chiamare”.
    Angel le porse l’arma, indicandole le incisioni. Willow le guardò mentre sgranocchiava i biscotti con le gocce di cioccolato che finalmente aveva trovato, nascosti dietro ai cereali. Gliene offrì uno. Angel lo rifiutò.
    “Ah, già, a te non piacciono…. A spike piace inzupparli nel sangue” disse la ragazza con una smorfia di ribrezzo. Angel la guardò sconcertato. A vederla così, mentre parlava di cose insensate quando stava per scoppiare una nuova apocalisse, lo lasciava perplesso sul fatto che quella ragazza fosse la strega più potente in circolazione e che fosse stata una atroce assassina. Ma questo era il bello di Willow: la sua semplicità e il suo cuore da bambina, che dopo tutto le era rimasto, ora più puro di prima. La ragazza nel frattempo continuò il suo monologo strano e certamente fuori luogo.
    “Sai, Xander li nasconde sempre sullo stesso punto.” Disse agitando la mano che teneva la scatola dei dolcetti, “Io li trovo, li mangio e al loro posto ce ne metto altri. Credo non se ne sia mai accorto. Una volta mi ha chiesto come mai le gocce di cioccolato non ci fossero…. Gli ho detto che magari le avevano fuse con l’impasto…” Willow si bloccò nel suo racconto vedendo lo sguardo confuso di Angel. Si accorse di aver spaziato un po’ troppo e immediatamente tornò a concentrarsi sull’ascia, fingendo un’aria seria, la stessa che assumeva ogni volta che faceva un incantesimo.
    “Sono dei simboli… probabilmente appartengono all’alfabeto Ogham….” Disse dopo pochi secondi, sicura e precisa.
    “L’alfabeto Ogham?”
    “Sì… oppure puoi chiamarle rune celtiche”
    “Di male in peggio…”
    “Le rune celtiche sono state utilizzate come metodo di predizione fin dall’antichità –addirittura qualcuno afferma che ci fossero ancor prima della preistoria- e venivano usate per la divinazione e per i rituali… per lo più nel mondo gotico. La parola runa significa . Questi tre segni sono i simboli delle rune, anche se solitamente vengono impressi nelle pietre… stanno a significare qualcosa… ci predicono qualcosa.”
    “Puoi tradurli?”
    “Credo di sì… ma devo anche provare ad interpretarli.. presi così, da soli, potrebbe voler dire tutto e niente”
    “Va bene. Prendi i tuoi manuali e gli attrezzi e mettiamoci al lavoro” disse il vampiro battendo le mani assieme, in un gesto di inizio.
    “Adesso? Ma, ma… Angel sono le due. Non che io non voglia aiutarti, no, anzi io ti aiuterò di sicuro, ma… ma io non sono una creatura della notte come te. Io vivo con il sole e dormo con la luna… oddio detta così sembro un po’ Oz… anche se al contrario.”
    “Afferrato. Hai ragione, devi riposarti. Ma prima che Buffy arrivi, tu dovrai riuscire a tradurre queste crune, ok?”
    “Ehm, rune… si dice rune…” lo corresse con fare saputo. D’altronde se lo poteva permettere, era diventata veramente molto saggia.
    “sì, sì… rune, crune…comunque tornerò domani mattina” disse Angel dirigendosi verso l’uscita.
    “Forse è un po’ presto…” lo sguardo cupo del vampiro la fece correggere, :” no, no…idea! Facciamo così: appena ho fatto, e sarà molto presto, verrò alla W&H e ti esporrò i miei risultati. D’accordo?” propose Willow tendendo la mano. Con una smorfia d’imbarazzo la ritrasse subito. Il vampiro annuì.
    “E sia. Ma non più tardi di domani a pranzo!”
    “OH, sì, va bene, perfetto, sicuro” disse Willow contorcendo le mani, cosa che faceva quando era agitata. Angel aprì il portone e prima di uscire le disse con dolcezza:”Grazie”.
    “Prego” rispose lei guardando lo specchio della porta ormai vuoto. Il vampiro iniziò la sua ronda, sperando di non incontrare un demone Xyranty. L’avrebbe affrontato con l’aiuto di Spike. Oddio, non si sarebbe mai abituato ad ammetterlo a se stesso, figurarsi con gli altri della gang……..venerdì
    New York
    “Ci vediamo a pranzo!” aveva gridato Buffy a Dawn che in ritardo per la lezione, correva trafelata verso l’ascensore.
    “mi raccomando, puntuale! Dobbiamo ancora fare le valige!”
    “Stai tranquilla. Tornerò in tempo” aveva risposto la ragazza mentre le porte si richiudevano davanti al suo volto.
    Un nuovo giorno, un nuovo inizio. Per fortuna durante la nottata Buffy non aveva fatto brutti sogni… a dir la verità non ne aveva fatto nessuno… meglio così.
    -mio dio, stasera rivedrò i miei amici…- pensò eccitata come mai.
    Si mise la giacca ed uscì. Il lavoro la aspettava.
  11. .
    Fatto...Questa è la sua risposta

    "Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee sei davvero un tesoro Stefania! Ringraziala tantissimo da parte mia e dille che è un vero onore essere letta da lei e da tutte le altre! Un bacio grande e ancora grazie non sai il bene che mi fai "
  12. .
    Postato la prima parte di Le urla degli Dei
  13. .
    AUTRICE: the gift.
    PERIODO DI PRODUZIONE: da maggio 2005 fino ai primi del 2006
    PROLOGO: la storia si svolge dopo chosen.
    COPPIE: ovviamente Spike e Buffy ma non solo....
    RAITING: credo che questa ff sia per tutti, ma per essere più sicuri facciamo un PG-13 per alcuni riferimenti sessuali e scene di violenza
    SPOILER: qualcuno riguardo la 5° serie di Angel....ma considerate che l'ho vista a spezzoni, quindi potrebbe anche nn essere esatto!
    DISCLAIMER: questa ff non intende violare alcun copyright, non è stata realizzata a scopo di lucro ma solo per puro divertimento. I personaggi appartengono a Joss Whedon, la Mutant Enemy, la WB, la Fox e la UPN.


    Ci ho pensato tanto se postarla oppure no, perchè è stata la prima ff che ho scritto e perchè l'ho ribattezzata < la storia infinta > essendo lunga circa 350 pagine.
    Vi ho messe in guardia quindi... se volete un pizzone eccolo qua, altrimenti evitatevi questo supplizio






    LE URLA DEGLI DEI
    post chosen….


    New York

    Lentamente si alzò e si vestì. Si truccò con cura cercando di nascondere le occhiaie e il viso tirato, legò i capelli in una coda e sfoggiò il suo più bel sorriso. Dawn era già in cucina e sembrava di ottimo umore.
    “Sto facendo le frittelle, ne vuoi un po’?” disse alla sorella più grande senza voltarsi, continuando a trafficare tra la padella e il piatto davanti ai fornelli.
    “Cos’è, sono sbarcati gli alieni, hanno rapito mia sorella, quella brontolona e attaccabrighe, e al suo posto hanno messo una ragazza sorridente e piena di premure? O forse Warren è risorto ed ha costruito un nuovo robot?” domandò sarcastica Buffy. Al pensiero del buffy-bot una stretta allo stomaco la tormentò.
    Ma si riprese all’istante.
    “A pensarci bene sarebbe più probabile la prima ipotesi…e sarebbe di gran lunga la migliore” aggiunse.
    “Siamo in vena di complimenti eh?” chiese Dawn voltandosi. Era serena quella mattina, come non lo era da tanto.. come non lo era più stata dalla distruzione di Sunnydale e dalla morte di Spike e Anya.
    Buffy si fermò a guardarla. La sua sorellina era cresciuta molto nell’ultimo anno, la sua bellezza dapprima acerba era sbocciata prorompente, e quella che ora aveva dinanzi era una donna sicura ed alle volte più giudiziosa di lei.
    Dopo l’ultima apocalisse tutta la scooby-gang si era trasferita a Londra nella casa di campagna del sig. Giles, cercando di raccogliere i cocci e annotare tutto quello che avevano vissuto, dalla manifestazione del Primo allo stravolgimento della profezia sulla Prescelta. Inoltre avevano creato una fitta tela medianica contattando gli altri osservatori sparsi nel mondo che avrebbero dovuto seguire le nuove cacciatrici attivate. Faith e Robin si erano trasferiti immediatamente a Claveland a controllare la bocca dell’inferno, mentre Andrew era rimasto con loro sentendo che ormai la sua vita era speciale, e che se si fosse separato da loro tutto sarebbe finito rimanendo di nuovo solo. La sua vocazione era restare con la gang, si sentiva come Luke Skywalker in Star Wars: il suo destino era segnato e doveva combattere contro il lato oscuro della forza.
    Erano tre mesi che Dawn e Buffy si erano trasferite a New York lasciando Andrew a Londra con il sig. Giles (*maestro Yoda* lo chiamava) ad allenare le nuove cacciatrici, e tre mesi che non rivedevano ne Willow ne Xander. I due vivevano insieme a Los Angeles dopo che Willow aveva lasciato Kennedy.
    “Beh, sai, lei è… lei è troppo , io sono tosta, io sono dura, ti ficco un paletto nel cuore e crepi…. No, non che le cacciatrici mi stiano antipatiche, e non sono tutte così, anzi alcune sono dolci e responsabili, delicate a volte, anche se forti, certo, tantissimo forti e coraggiose, ma lei… oh, insomma hai capito…” le aveva detto impacciata, con il suo modo teneramente goffo che la contraddistingueva quando voleva dire troppe cose insieme e si intrecciava con le sue stesse mani.
    “Sì Willow, ho capito.. anche se il discorso: ti ficco un paletto nel cuore e crepi è ad effetto” le aveva risposto guardandola dolcemente. Era la sua migliore amica. Lo sarebbe stata per sempre anche se avessero dovuto vivere l’una all’opposto del mondo dall’altra.
    “Allora dai, dimmi cos’è che mi devi chiedere…” domandò Buffy addentando una frittella calda.
    “Ti piace? Sai ho seguito la ricetta che faceva la mamma e..”
    “Dawn…” la esortò.
    “C’è una festa stasera, a casa di Helena, sai quella del corso di pittura…”
    “Vai ad un corso di pittura?” la interruppe Buffy spalancando gli occhi.
    “Beh sì.. ma è innocuo, niente vampiri o demoni.. anche se l’insegnante è talmente brutto che non credo sia umano” rispose Dawn accennando un lieve sorriso.
    “E quando me lo avresti detto?” domandò Buffy con la ciambella ancora in mano.
    “che l’insegnante è un mostro? Non lo so, forse avrei aspettato ed avrei fatto delle ricerche prima…”
    “Smettila.. da quanto hai iniziato il corso?”
    “Da un mese.. è carino, mi rilassa. E poi credo di essere persino brava” aveva detto la ragazza. I suoi occhi blu brillavano. Lei aveva continuato la sua vita, era andata avanti. La mattina studiava filosofia al college e il pomeriggio si dedicava al suo ruolo di apprendista osservatrice. Passava intere ore su internet a chattare con le allieve del sig. Giles o con Willow. Annotava tutto: i movimenti demoniaci, i portali che si aprivano, le apocalissi che venivano fermate, le dimensioni che si fondevano, realtà parallele e strani cataclismi. Si teneva informata anche sulla magia in generale e sulle nuove pozioni e spesso, soprattutto negli ultimi giorni, si era messa in contatto con la Wolfram & Hart, lo studio legale dove Angel lavorava ed a quanto pare era divenuto presidente.
    “Ok, va bene.” Aveva detto Buffy pensando che era giunto il momento di farle vivere la sua vita. Anche se l’avrebbe sempre tenuta d’occhio.
    “Va bene il corso o va bene la festa?” domandò titubante e pronta all’attacco, se ce ne fosse stato bisogno. In realtà ce n’ era sempre bisogno, perché Buffy non le concedeva mai del tempo, tempo in cui poter stare da sola, cioè senza lei, e in compagnia di altre persone che non fossero della scooby-gang.
    “Vanno bene entrambi”
    “Non… non è possibile! Sei la migliore sorella del mondo..” aveva quasi gridato Dawn dalla gioia e dallo stupore. Non era da Buffy mandarla ad una festa senza neppure aver conosciuto l’accompagnatore, aver fatto un sopralluogo sul posto ed essersi sincerata che nessuna forza maligna la volesse uccidere o torturare. Si accorse così quanto fosse cambiata ed un velo di tristezza e rimpianto le toccarono il cuore.
    “Dovresti uscire anche tu.. divertirti, andare a ballare, rimorchiare e magari… oh sì, magari prenderti una bella sbornia” disse gesticolando per dare più enfasi alle parole.
    “Non parlare più di sbornia altrimenti ritratto tutto quello che ho detto” disse Buffy guardandola seria. Era triste. Dietro i suoi grandi occhi verdi si poteva vedere un’ombra grigia, densa come una cortina di nebbia. Dawn non se ne era mai accorta. O forse sì, ma aveva sempre cercato di non pensarci. In fondo lei era la Cacciatrice, la Prescelta, era forte e coraggiosa, sempre pronta ad andare avanti, a reagire. O mio dio, lei non lo era più.. non lo era più… da un anno non combatteva, non si allenava, non usciva più di ronda. Da un anno la sua vita era divenuta normale e profondamente monotona. Un po’ come la sua. Venne trafitta da questa rivelazione come da un fulmine. Buffy non era più quella di un tempo. Chissà quanto aveva sofferto, in silenzio come sempre, cercando di non disturbare, di non farla preoccupare, come quando era stata riportata in vita.. nessuno della gang l’aveva capita, e nemmeno lei, nessuno era riuscito a toccarla, ad entrare dentro di lei, ad ascoltarla forse…. Era per questo che si era rifugiata in Spike, aveva trovato consolazione nel nemico mortale, il vampiro dal petto immobile e freddo come il ghiaccio, che l’aveva amata fino alla morte… già, la morte di Spike.. non ne aveva mai parlato, aveva sempre fuggito l’argomento.. eppure ora poteva vedere il dolore, poteva sentire la sua sofferenza… negli occhi di Buffy, dietro alla cortina di nebbia c’erano solitudine e fallimento, pesanti sulle sue spalle come un intero cosmo.
    Dawn la raggiunse dietro la penisola e la abbracciò. Buffy ancora seduta appoggiò il viso contro il petto della sorella, lasciando che per una volta si invertissero i ruoli.
    “Non devi preoccuparti per me… andrà tutto bene” disse Dawn mentre le accarezzava la testa.
    “Sì, sarà tutto ok… ora vai o farai tardi” le disse allentando l’abbraccio e alzandosi. Notò stupita che Dawn era più alta di lei.
    “E comunque tornerai a casa prima delle una”
    “Oh Buffy, sei sempre la stessa…” sbuffò Dawn mentre usciva dalla cucina.
    Poi prese lo zaino, la giacca di jeans, e guardandola aggiunse: “ti voglio bene. Mangiamo insieme oggi?”
    “No, devo lavorare anche il pomeriggio oggi. Ci vedremo stasera, prima che tu esca”
    “Ok ciao”
    Ma prima che aprisse la porta, Buffy la chiamò di nuovo.
    “Dawn?”
    “Che c’è?”
    “Ti voglio bene anch’io”
    La sorellina le sorrise tirandosi dietro la porta.
    Buffy restò sola nella cucina. In fondo aveva ragione lei: doveva divertirsi un po’ di più. Anzi doveva divertirsi assolutamente del tutto. D’altronde quel lavoro come segretaria presso un ufficio notarile la stava facendo ammuffire come un limone marcito.
    Si aggiustò i vestiti tesa, come se dovesse sostenere un esame e si avvicinò al telefono.
    Fece il numero ed aspettò.
    “Pronto?” una voce maschile rispose dall’altro capo.
    “Ciao, sono io, Buffy… è ancora valido l’invito di cenare insieme?”
    “Sempre.. lo sai”
    “Ok, allora possiamo fare per questo week-end. Ti raggiungerò io, ho proprio bisogno di cambiare aria. E sinceramente ho anche una voglia matta di riabbracciare Willow e Xander”
    “Sì non c’è problema, ma se vuoi posso venire io a New York, sai ho il jet della compagnia, non c’è bisogno che tu sprechi soldi inutilmente”
    “Non preoccuparti papà, tua figlia lavora, non ti ricordi? Ed è abbastanza grande e donna da offendersi di fronte ad una affermazione del genere” aveva detto lei con sarcasmo ed un punta di irritazione.
    Angel si diede dell’idiota. Se avesse cercato di convincerla a non andare a Los Angeles si sarebbe insospettita o peggio, si sarebbe arrabbiata con lui e la cena sarebbe andata a farsi friggere.
    Doveva solo sperare che le cose sarebbero filate lisce. Anzi, le avrebbe organizzate in maniera scrupolosa. Non era ancora il momento di dirle la verità. O forse non era ancora il momento che lui la accettasse. Forse era lui a non essere pronto. Era lui a non volerla perdere ancora e ancora e ancora……..
    “E’ vero, hai ragione tu. Ti verrò a prendere all’aeroporto”
    “Non puoi. Arriverò di pomeriggio. Sai sole e vampiri non vanno molto d’accordo…a meno che tu non voglia un’abbronzatura totale, ma con il tuo carnato chiaro… beh, in quel caso conosco una crema per eritemi solari che fa miracoli!” entrambi risero, poi lei continuò: “Mi farò venire a prendere da Willow e Xander. Li chiamerò subito. Ah, quasi me ne dimenticavo: porterò anche Dawn… così anche lei potrà rilassarsi.”
    “E vada per Dawn… ma la cena è solo nostra”
    “Ok papà… hai paura di spendere troppo?”
    “Ehi ragazza stai parlando con il presidente della W&H!.. guadagno un sacco di soldi, sai? una montagna di soldi! E poi come vampiro non ho bisogno di tante cose… anche se lo sfizio della viper rossa me la sono proprio concesso”
    “Hai una viper rossa? Mio dio Angel, devi per forza farmici fare un giro”
    “Sì ma guido io, lo sanno tutti che non hai la patente.. e poi sei troppo svampita”
    “Vada per la svampita, ma ora ti stupirò: in questo anno ho preso la patente e non me la cavo per niente male. E’ stata una cosa normale che ho aggiunto alla mia vita normale”
    “Sei piena di sorprese, eh?”
    “A dir la verità non molte ultimamente, ma va bene così”
    “Sei triste?”
    “Non più degli altri giorni.. che vuoi per una cacciatrice a riposo credo che sia ok così”
    “Tu lo sai che potresti tornare ad esserlo… magari più forte ed in gamba di prima… non che prima fossi una schiappa, ma sai aver affrontato tante apocalissi ti rende in un qualche modo… unica. Una tipa tosta ecco.”
    “Oh, no.. ancora quella storia dell’essere unica.. io non lo sono e non voglio nemmeno esserlo.. voglio essere…normale, sì, proprio come lo sono adesso”
    “Già, come adesso, mentre stai parlando con il tuo ex, un vampiro che tu hai ucciso, e che ha un’anima che sta redimendo con l’aiuto al prossimo dalle forze malvagie che vagano nella notte “ disse Angel di seguito con una punta di ironia. Stava diventando troppo simpatico, se ne era accorto…era insolito per lui. Forse era l’influsso del nuovo arrivato. Come un virus letale l’aveva contagiato.
    - che stupidaggini, io sono il bel tenebroso, l’unico - pensò.
    Si schiarì la voce con un colpo di tosse, cercando di allontanare quei pensieri infantili.
    “Per quanto tu ti possa sforzare, non sarai mai come gli altri..” aggiunse poi dolcemente.
    “Credo che sia così…- fece una pausa - Angel, anche tu credi che le cacciatrici siano tipe toste, della serie ti ficco un paletto nel cuore e crepi?”
    “Beh, non tutte.. anche se quella frase, ti prego, non dirmela più”
    Buffy sorrise. Si sentiva meglio, ora.
    “Devo andare Angel. Ti richiamo per dirti a che ora arriveremo.”
    “Va bene”
    “Allora a presto”
    “A presto Buffy”
    La ragazza riposizionò il cordless, prese la borsa e uscì di casa. Il lavoro la attendeva, ma diversamente dagli altri giorni, quel tragitto le parve più breve. Tra due giorni sarebbe partita per Los Angeles.


    Los Angeles
    Nello stesso istante una figura di uomo apparve sulla soglia dell’ufficio di Angel
    “Ehi, soul boy, c’è qualche novità?”
    Angel aveva lo sguardo perso nel vuoto.. e la mente altrove.
    La telefonata di Buffy lo aveva stupito e rallegrato allo stesso tempo. Tre mesi prima si erano sentiti e lui aveva colto nella sua voce una profonda tristezza. L’aveva invitata a cena solo per tirarla su di morale. O meglio, questa era la scusa che aveva inventato a lei e a se stesso. La verità era che saperla triste e sola, lo devastava come nient’altro. Nemmeno un secolo in un girone infernale l’avrebbe distrutto come sentire Buffy, la sua Buffy, in preda alla morsa della sofferenza. Quella volta le aveva detto che ci avrebbe pensato… e poi quella telefonata, quella mattina…
    - comunque, ci ha pensato veramente tanto - concluse alla fine.
    Sentendo la voce dell’uomo di fronte a lui, si destò dai suoi pensieri e dal volto della donna che avrebbe amato per sempre.
    “Cosa vuoi?” domandò di già alterato. La vista di quell’uomo lo innervosiva sempre, anche quando stava zitto, figurarsi quando parlava e lo torturava con il suo demenziale sarcasmo.
    “Ehi siamo su di giri, è moschettiere?...” e senza aspettare una replica, continuò: “ho sentito che prima parlavi al telefono di cacciatrici e credevo ci fossero problemi… sai del tipo: andiamo, impalettiamo, disintegriamo e rendiamo più pulita la nostra anima” disse l’uomo camminando su e giù per la stanza.
    “Nessun problema. Nessuna uccisione. Nessun paletto. Nessuna purificazione. Contento ora?” domandò infine Angel ancora seduto cercando di non scomporsi troppo.
    “Allora chi era al telefono? Non dirmi che hai ancora qualche amico nel resto del mondo che ti trovi minimamente simpatico da poter riuscire a parlare con te per più di trenta secondi”
    Ora si stava irritando. Ma che gliene fregava a lui con chi stava parlando?
    “Non era nessuno”
    “Ok.. ricevuto il messaggio.. nessuno” fece una pausa squadrandolo. E continuò.
    “Comunque quel nessuno deve farti uno strano effetto…”
    “Perché?” disse annoiato da tutto quel parlare.
    “Beh, a parte il fatto che te ne stai seduto come un carciofo con lo sguardo buio e profondamente triste perso nel vuoto… anzi no , questo è normale… volevo dire: sei talmente sbroccato che ti sei scordato la riunione”
    “Oh porca…. Potevi dirmelo subito, accidenti a te!” disse balzando su dalla sedia.
    “E che gusto c’era? Non ti rendi conto quanto io goda a vedere la tua faccia così preoccupata.. anche se poca differenza c’è da quella che di solito hai… ma va bene uguale” l’uomo scoppiò in una risata che cercò di frenare non appena si trovò Angel di fronte.
    “Andiamo” gli disse Angel con autocontrollo, passandogli davanti, facendo finta di ignorarlo.
    L’uomo lo seguì di pari passo, lasciando che lo spolverino nero si alzasse ad ogni falcata lungo il corridoio della Wolfram&Hart.
    Angel sentì la sua presenza dietro di lui.
    Quell’uomo era un vampiro. Come lui. Aveva un’anima. Come lui. Era un campione. Come lui. Aveva amato la Cacciatrice. Come lui. Ma lei non lo avrebbe mai amato come invece aveva amato lui, l’amore della sua vita. Ne era sicuro. Inoltre aveva i capelli platinati alla Billy Idol ed una strafottenza unica. Era fastidioso ed irritante. A quanto gli risultava, alle donne piaceva la sua aria di sfida e la faccia provocatoria, mentre negli uomini, e soprattutto in lui, faceva nascere una strana voglia di rompergli il suo bel faccino pallido. Prima di entrare nella sala riunioni, si fermò e si voltò a guardarlo.
    “Spike, sei insopportabile!” gli disse.
    “Anche tu” rispose lui senza chiedersi nemmeno perché glielo avesse detto. New York
    Era arrivata l’ora di pranzo. Buffy andò al bar più vicino e si comprò un panino. Mentre lo addentava seduta su uno sgabello di fronte al bancone, notò la sua immagine riflessa sullo specchio davanti, in mezzo alle tante bottiglie di liquore che vi si rispecchiavano. Aveva delle occhiaie talmente orribili da farla assomigliare ad un panda, l’aria di una zitella trascurata ed inoltre quella camicetta a fiori rosa la faceva sembrare una vecchia bomboniera .
    - oddio, sto diventando una mummia. Persino Spike sembrerebbe più vivo di me - pensò, e si accorse che durante la mattinata, per la prima volta, non aveva mai pensato a lui. Che lentamente il dolore la stesse abbandonando? Forse che il tempo avesse veramente la capacità di frenare il lento dissanguamento del suo cuore? Forse che il ricordo si dissolvesse nel passare dei minuti, dei giorni, dei mesi, degli anni? Forse che il suo amore stesse scemando in maniera uguale al suo rimpianto? No, non poteva essere… quella spada che da un anno trafiggeva il suo spirito, che le rendeva i giorni apatici e le notti tormentate, quella sensazione di vuoto e di inafferrabilità, faceva parte di lei… ci si era quasi affezionata… le faceva sentire qualcosa… era meglio il dolore dell’anima che l’indifferenza del cuore.. e poi, sentire, vivere in maniera tanto intensa la sua mancanza, le donava l’illusione di averlo vicino… a due passi, come gli aveva detto durante la notte più bella delle loro vite. Non voleva dimenticare…. Non voleva che il tempo strappasse come un vento impetuoso le pagine meravigliose del suo passato con lui.. anche il male, la frustrazione, la violenza, l’odio.. anche quello era prezioso, importante.. in fondo, faceva parte del cammino che avevano percorso per giungere infine ad amarsi.. veramente.. per giungere quel giorno nella bocca dell’inferno… per vederlo morire… per potergli dire finalmente… svelargli il dolce segreto che custodiva nel cuore… “ti amo”… Spike aveva detto che non era vero.. ma lei aveva capito. In lei era nata la capacità di leggere nell’ animo del vampiro proprio come lui aveva fatto con lei per anni.. era stato l’amore rivelato a donargli quella capacità quasi mistica.
    … Lui l’aveva lasciata andare, l’aveva resa libera, le aveva salvato la vita.. C’era un amore più grande, più puro di questo? No, e Buffy lo sapeva.. anche lei aveva dato la sua vita per le persone che amava, per Dawn, per i suoi amici…. Sapeva quanto tutto ciò fosse estremo, intenso e inebriante, come un nettare di aromi che saliva profumando verso il cielo. Le parve di vederla.. L’anima di Spike.. brillare sotto i raggi del sole senza più paura di bruciare, danzare con la stessa agilità di quando lottava tra le nubi più alte, quelle più chiare, dopo aver distrutto il demone che lo aveva incatenato per oltre un secolo… libero e liberante, pronunciare le sue poesie dinanzi agli angeli..
    Beh, forse ora stava esagerando. Spike aveva sempre avuto ragione quando le diceva che era un po’ troppo contorta. Ma su una cosa, Spike si era sbagliato: dopo quelle parole lì, sulla bocca dell’inferno, lui non l’aveva resa libera… lei non sarebbe mai stata libera da lui… Spike era dentro di lei, poteva sentirlo scorrergli nelle vene, bruciargli dentro gli occhi, palpitare al ritmo del suo cuore, riempirla ad ogni respiro…Spike era lei, era se stessa, la sua vita, il suo ieri, il suo oggi, il suo domani.. Lui era il suo sempre.. proprio come Willow tanto tempo prima aveva detto a Tara quando smarrita, era stata privata del senno da Gloria.
    - Perché per noi è stato impossibile vivere il nostro amore? Perché ci è stato privato il dolore e la felicità che solo un amore condiviso può donare?-
    Buffy finì il suo panino e notò che, perdendosi nelle sue elucubrazioni mentali, non si era accorta di quanto fosse disgustoso.
    - Appena in ufficio, telefonerò a Willow - si ripromise mentre pagava il conto. Varcò la soglia del bar con il viso alto e lo sguardo sicuro. Non si sarebbe lasciata distruggere dal dolore. Non più. Sentiva che esso poteva donargli una nuova forza. Inoltre era giunto il momento di andare da un parrucchiere, e, crepi l’avarizia, anche da un’estetista.



    Los Angeles

    “Mmh… è buonissimo!”
    La ragazza seduta davanti alla scrivania stava assaporando una fetta di dolce al cioccolato. Ad ogni morso indugiava un po’, sentendosi avvolgere da un abbraccio di piacere. Ma non era solo il dolce a farle quell’effetto… erano anche, e soprattutto, gli intensi occhi blu di Spike su di lei. Il vampiro biondo le si avvicinò, poi con lentezza, iniziò a baciarle il collo.
    “Mmh… anche tu lo sei” aveva sussurrato mentre respirava l’aroma inebriante della ragazza.
    “Smettila… dai! Lo sai che se Angel entra e ci trova così va su tutte le furie” disse la giovane poco convinta, con il respiro bloccato tra un gemito e l’altro. Spike la faceva stare così bene…
    “Così come?” aveva domandato lui con aria falsamente ingenua, mentre le sue labbra restavano incollate sull’incavo del collo di lei. Un colpo di tosse li fece staccare. Fred si ricompose ed assunse uno sguardo serio e controllato, Spike mugugnò qualche maledizione tra i denti.
    “Ti vuole Angel. Nel suo ufficio. Ha detto subito”. Wesley parlò senza guardare i due in faccia. Un po’ per educazione, un po’ per imbarazzo e un po’ per gelosia. Si era innamorato di Fred all’istante, ed aveva iniziato a corteggiarla con dedizione e delicatezza. Poi era arrivato lui, il super vampiro con l’anima e per giunta biondo, ed aveva catturato il cuore della ragazza nel giro di un mese. Non che lui si potesse paragonare con quel tipo muscoloso, sfrontato al punto giusto e sensuale, ma si riteneva abbastanza piacente e, di certo, molto più educato e colto di lui.
    “Ricevuto, il soldato corre alla dannata base” disse incastrando i pollici sulla cintura dei calzoni. Poi guardando Fred con occhi famelici le disse: “noi ci vediamo dopo passerotto”.
    “va bene.. a dopo”
    In un attimo Spike era fuori della stanza, lo spolverino che danzava ad ogni falcata, accarezzando il suo corpo.
    “Allora ciao” aveva aggiunto Wesley verso la giovane, tirandosi dietro la porta.
    “Ehi Wes, aspetta.” La ragazza si mise in piedi e gli andò incontro. Aveva il corpo minuto ricoperto da un leggero vestito di viscosa. Gli occhiali calati le conferivano un’aria da intellettuale, anche se quel sorriso infinitamente dolce faceva trasparire la sua fragilità e la sua delicatezza. Sembrava una bambina troppo cresciuta, incatenata nel corpo diafano di una fata.
    - ma come può stare con quello zoticone?- pensò Wesley mentre la guardava avanzare.
    “Mi dispiace se ci hai trovati così… ma sai Spike alle volte è incontenibile..”
    “Non sono cose che mi riguardano..”
    “Lo so, ma non vorrei ti facessi strane idee su di me.. insomma non mi sbaciucchio così tutti i giorni, nel mio ufficio. Sono una persona seria e prendo molto seriamente anche il mio lavoro”
    “Non ti preoccupare.. chi tu sia, io già lo so.. e mai potrei considerarti una ragazza irresponsabile o poco seria.. stai tranquilla” le disse guardandola con infinita dolcezza.
    - Davvero le interessava quello che lui pensava di lei? Davvero era importante sapere come lui la vedeva? - Wesley decise che quelle domande non sarebbero mai dovute sorgere nella sua mente ottenebrata dall’amore e dalla gelosia, anche perché non avrebbe mai potuto conoscerne la risposta.
    Lei rispose al sorriso di lui mentre la porta si chiudeva.
    - Wesley tu sei pazzo.. non dovresti amare la donna di una altro, soprattutto se l’altro è un vampiro che, anche se ora ha un’anima, nel suo passato scorre solo sangue e morte…-
    “Eccomi a rapporto Batman” disse Spike entrando nell’ufficio di Angel con il suo normale impeto.
    “Mi raccomando, non bussare mai… Robin!” replicò Angel senza guardarlo in faccia, seduto sulla sua poltrona dietro alla scrivania colma di fogli e plichi. Aveva dinanzi a sé un pacco giallo, legato da un filo di corda e l’indirizzo su scritto… bhè non c’era. C’era solo scritto il nome di Angel e di Spike.
    “Qualcuno ci ha fatto un regalo? Magari crede che siamo una coppia, sai, una coppia gay…. Beh, credo che ci saremmo gia lasciati, non sopporto proprio come porti i capelli” ironizzò il vampiro biondo.
    “Nessuno ha visto chi lo ha portato e nessuno si ricorda di averlo messo sopra la mia scrivania” disse Angel ignorando le sue solite battute senza senso.
    “Bene questo è un buon segno…. O forse no?”. Spike piegò la testa di lato come per vedere meglio, per capirci qualcosa di più. Angel si alzò.
    “Dobbiamo aprirlo. Va a chiamare Fred e Wesley. Devono esserci anche loro” gli comandò.
    Spike non replicò, capendo la serietà della situazione. Si scaraventò fuori della porta e dopo poco vi rifece ingresso accompagnato dai due. Sarebbero serviti entrambi: l’una era una scienziata laureata in fisica, intelligente e ricca di acume, l’altro un osservatore a riposo, ma molto ben informato sui poteri occulti e sulle ombre che si muovevano nella notte.
    “Cosa succede?” chiese Wes.
    “E’ arrivato questo pacco.. per noi due” disse Angel indicando se stesso e Spike, “dobbiamo aprirlo”.
    “Il mio sesto senso non mi dice nulla di buono” aveva detto Spike con la fronte corrucciata.
    “Hai pure un sesto senso?... forse volevi dire che hai solo quello” aggiunse Angel, “questa vale per il discorso sui miei capelli”
    “ Non dirmi che ti stai svegliando, eh, nonnino?” aveva subito replicato lui. Non fosse mai che l’ultima parola fosse stata di Angel.
    “Oh insomma, la volete smettere? Ci avete chiamati per seppellirci con le vostre continue e inutili punzecchiature? Sembrate una coppia di zitelle inacidite”. Fred li aveva ammutoliti distruggendo l’alta dose di testosterone che fluttuava nell’aria.
    Il clima tornò cupo nella stanza della Wolfram&Hart. I quattro erano tesi e pronti. Se lo sentivano tutti, ora, che qualcosa di innaturale, potente e forse pericoloso stava per essere scartato.
    Spike si posizionò con il corpo pronto per il combattimento, Fred le si mise vicino seria e concentrata con uno scanner in mano, Wesley guardò negli occhi Angel dandogli il via.
    Il vampiro bruno slegò il cordino, staccò i lembi di cartone ed aprì il pacco.
    Una lucente, strana e mistica ascia apparve sotto i loro occhi. Emanava una forza straordinaria, un potere antico. Angel spalancò gli occhi e guardò Wesley con aria molto preoccupata. In quel momento Spike cadde a terra con un grido, mentre il suo corpo veniva scosso da violente convulsioni. Fred si chinò verso di lui.
    “Aiutatemi, dobbiamo portarlo in laboratorio!” gridò con la voce traboccante di preoccupazione.allarmata
    I due uomini si avvicinarono e alzarono il vampiro biondo ormai privo di sensi. Giunti al laboratorio lo adagiarono sopra il lettino bianco e lasciarono che Fred si occupasse di lui. Usciti si guardarono in faccia.
    “Cos’era Angel?” chiese Wes preoccupato. In fondo credeva già di saperlo.
    “Era l’ascia forgiata per la cacciatrice. L’ascia che ha aiutato Buffy a sconfiggere il Primo. L’ascia che ha stravolto l’antica tradizione della Prescelta.”
    “Me lo immaginavo. Ora il punto è: perché si trova qui?”
    “Non lo so… ma lo scopriremo. Ma quello che più mi preoccupa è la reazione di Spike… se dovesse ricordare, se gli tornasse la memoria…. saremmo tutti in pericolo. Buffy sarebbe in pericolo”
    Detto questo uscì e rientrò nel suo ufficio. Doveva assolutamente saperne di più. E doveva assolutamente far rientrare Gunn e Lorne. Più erano e meglio sarebbe stato.


    New York
    Buffy alzò gli occhi verso la finestra che aveva davanti e si accorse con una punta di gioia che era già buio. Presto sarebbe tornata a casa, presto sarebbe passato un altro giorno… presto avrebbe così rivisto i suoi due più cari amici ed il suo primo amore. Accidenti, Willow! Non le aveva telefonato, quel pomeriggio c’era stato un gran via vai nell’ufficio del notaio e lei se ne era dimenticata. Poco male. Appena rientrata a casa l’avrebbe contattata. In fondo era più sicura di trovarla ad ora di cena.
    Attraversò la strada e chiamò un taxi. Non aveva voglia di aspettare l’autobus, inoltre voleva rientrare presto per salutare Dawn e darle la lieta notizia della loro piccola gita.
    Sua sorella era in camera sua e si stava preparando per la festa. Si stava specchiando per intero e aveva la radio alta. Non si accorse dell’arrivo di Buffy alle sue spalle.
    “Però, ti stai dando da fare… sei sicura che si tratti di una semplice festa dove tu non cercherai minimamente di rimorchiare qualche povero e disperato ragazzo?” disse Buffy appoggiata allo stipite della porta, le braccia conserte ad accentuare ulteriormente il suo sguardo indagatore.
    “Oddio Buffy, mi hai fatto prendere un colpo!” aveva sobbalzato Dawn, distolta dall’atroce dilemma se mettere il rossetto rosa o il lucidalabbra.
    “Andata bene la giornata?” domandò avanzando verso la giovane. Gentilmente, le aggiustò il colletto della camicetta in un gesto tipicamente materno. Dawn sorrise. In fondo le piaceva farsi coccolare da lei, le piaceva subire le sue attenzioni. Notò nello sguardo di Buffy una nuova luce, che quella stessa mattina non brillava. Ne fu felice, e quasi illuminata anch’essa da quella nuova forza, si sentì diversa. La stessa sensazione della prima volta che aveva impalettato un vampiro riducendolo in cenere.
    – forse sarà che sono emozionata per la festa… rivedere Mark mi agita un po’- pensò fra se.
    Ma non era solo emozionata, era galvanizzata!
    “E’ andata bene, sì” rispose cercando di trattenere quella sferzata di vita.
    – se non sto calma penserà che mi sono fumata qualche erba e.. addio festa! anzi, addio tutto!-
    “Comunque sembra sia andata bene anche a te” aggiunse per deviare lo sguardo scrupoloso e indagatore della sorella maggiore.
    “Sì… è stata ok”. Buffy non si lasciò sfuggire la trepidazione negli occhi di lei. Le sembrava che tremasse dalla tensione.
    “Non credo che tu me l’abbia raccontata tutta…” aggiunse.
    “Dai Buffy smettila, sei più noiosa di mio nonno… persino di Angel, lui ogni tanto almeno stacca”
    “Bene, hai centrato il punto… anche se così hai rovinato la sorpresa ed il bel discorso ad effetto che mi ero preparata”
    “Che cosa ho fatto? Non mi starai sgridando di nuovo, vero?” Dawn era già sulla difensiva… vedeva allontanarsi da lei la festa, gli amici e soprattutto Mark… si vedeva vecchia, sola e con Buffy che la seguiva come un segugio… oddio, quello era l’inferno!
    “Non hai fatto niente Dawn… o forse sì?” chiese guardandola interrogata. La giovane scosse la testa.
    “Bene… e ora dove vai?”. Dawn era uscita dalla stanza dirigendosi verso la porta di ingresso. Mentre attraversava il corridoio, cercava di mettersi una scarpa e poi l’altra. Buffy la seguì a ruota.
    “Ma insomma, che ti è preso?”
    “Tu vuoi sempre comandarmi e decidere quello che devo fare! Inoltre non ti fidi di me, non mi credi… ti senti superiore a me, ti senti meglio di me… pensi che ancora non abbia l’intelligenza giusta per capire il bene dal male, il giusto dallo sbagliato… io ti odio!”. Dawn era sconvolta. Probabilmente la tensione accumulata per la festa e la frustrazione che provava quando si accorgeva che Buffy non era orgogliosa di lei e delle mete che aveva raggiunto, l’avevano portata ad una crisi isterica in piena regola. Ora urlava e piangeva come una bambino al quale era stato tolto un giocattolo.
    Buffy la prese per le spalle e cercò di calmarla.. Le accarezzò dolcemente le braccia e la testa.
    “Io mi fido di te… come potrei non farlo… e, me ne sono accorta sai, .. ormai sei una donna… ma vedi Dawnie, nella mia vita, anche se non così lunga, anzi direi abbastanza corta… beh, ho visto miliardi di cose… cose brutte, cattive…. Che mi hanno fatto male… non solo a me, anche e soprattutto alle persone che amavo di più…. a te, a Willow, a Tara, a Xander… Anya… Angel… ed infine a Spike…- ah, quel nome…. il solo pronunciarlo le ricordava il loro ultimo sguardo… il loro ultimo tocco… la sua voce, confusa ormai nella nebbia del tempo trascorso - e sì, ancora mi spaventano. Tu sei la cosa più importante della mia vita… tu sei la spinta che mi fa avanzare anche quando non vedo strada davanti a me…. Sei l’unica ragione che mi obbliga a lottare.. ancora…. Per vederti felice. Ecco cosa voglio, ecco perché cerco di pianificare tutto, di avere il controllo… perché voglio che tu sia felice…” Buffy finì il suo lungo monologo con le lacrime agli occhi, cercando di respingerle. Ma non ce la fece, non stavolta. Il pianto sbottò nel suo petto come un terremoto. Le parti erano di nuovo, e per la seconda volta in una giornata, capovolte. Dawn la abbracciò, rimasta scioccata da una reazione così violenta. Non era la prima volta che litigavano, non sarebbe stata neppure l’ultima… ma sentirla tremare così, indifesa e fragile fra le sue braccia, la fece sentire terribilmente in colpa. Era stata troppo dura, forse anche un po’ pazza. Dopo dieci minuti, Buffy si calmò. Dawn la guardò con dolcezza e le chiese:
    “allora, sai dirmi qual è questa sorpresa?”....Tbc :shifty:
  14. .
    Finito di postare Forse si può
  15. .
    Seconda Parte

    Ti ho ferito, piccolo mio…perdonami William. Io non so cosa diavolo voglio! Non ho più desiderato niente da tre anni! Non ho più provato questo fuoco per nessuno! Tu sei il primo che mi entra così dentro e che mi sta chiedendo di fare una scelta. Di liberarmi del passato. Di poter tornare a sperare. Ma non credo di esserne pronta. Angel e Connor sono qui dentro, con me. Non posso scacciarli. Non lo farò mai. Forse è meglio così, mi dico salendo le scale. Ripiego il vestito e lo rimetto nella scatola. Prendo la valigia e riordino le mie cose. Mi vesto in fretta e chiamo un taxi. Appoggio il portatile sopra il tavolo della sala. Non posso accettarlo, ora più che mai. Ti lascio un foglietto.
    < Perdonami William, ma non posso.. > ci scrivo su sperando che tu capisca. La mia auto arriva ed io ti lascio. Mi immergo nella notte che è molto più chiara di quella che ho nel cuore. Il taxi scorre tranquillo lungo le strade solitarie che costeggiano il mare. Sento in lontananza le campane suonare.
    Buon Natale, William….


    È l’ultimo giorno di questo anno. Stasera c’è una festa per tutto il cast e la troupe. Non ci andrò. Dalla vigilia di Natale non ho più avuto notizie di William e non voglio rivederlo in un’occasione tanto mondana. Sono stata tentata di telefonargli, ma ho pensato che fosse crudele, così. Mi lascerò ammuffire sopra il divano mangiando patatine fritte e piangendo davanti ad un film melenso. Così inizierà il mio nuovo anno: fra lacrime, rimpianti e grasso vegetale.
    Sono veramente senza speranza….

    Fuori sta per imbrunire. Bussano alla porta e distrattamente vado ad aprire. Sgrano gli occhi dalla sorpresa. Xander, Anya, Tara e Willow sono davanti a me. Bellissimi e sorridenti.
    Li faccio accomodare spostando goffamente il caos che regna sovrano nell’appartamento. La mia recente depressione ha sparso bottiglie vuote, briciole, fazzolettini usati e calzini spaiati per tutto il pavimento. Cerco di essere educata e sfoggiando tutta la mia compostezza e gentilezza inglese, gli offro un succo di frutta e del gelato avviato. Ovviamente rifiutano. Sono vestiti per andare alla festa e non vorranno di certo rovinarsi la cena con un aperitivo del genere!
    Xander si fa coraggio e mi spiega il motivo della loro visita. La prima da quando sono arrivata in America.
    “Ieri sera ero con Anya in una taverna dove spesso andiamo e abbiamo incontrato William. Era a pezzi. Ubriaco marcio. Mi ha raccontato, fra un bicchiere e l’altro, quello che è accaduto fra di voi. A Natale.”
    Trattengo il fiato. Ecco la cavalleria giunta a rendere giustizia al loro compagno ferito. Dannazione! Anch’io sono ferita. E sanguino. Sanguino da tre anni ormai….e non riesco a porre fine a questa emorragia… se solo sapessero….
    “Non vogliamo giudicarti, Buffy. Ma vogliamo bene ad entrambi. E vorremmo che le cose si sistemassero” mi dice Tara con dolcezza. La sua bontà mi giunge come un soffio di aria fresca.
    “Lasciarlo con un foglietto non è stata una grande idea” interviene Willow. Eccola, la saputa! Ma che ne sa lei quello che è accaduto? Ah, già….Xander gliel’ha detto. Faccio un profondo respiro. Riappianare le cose con William? Non credo prorpio sia una buona idea. Soprattutto stasera. Xander mi fissa e intende i miei pensieri.
    “Vieni alla festa. Lì potrete parlare. Magari l’atmosfera allegra, un buon bicchiere di vino e la musica vi aiuteranno” mi consiglia sperando che cambi idea.
    “E magari anche qualche bacio appassionato sotto il vischio. Seguito da una buona dose di sesso. È il miglior rimedio quando si litiga” si intrufola Anya con la sua parlantina veloce. Mi viene da ridere. Senza capire bene perché lo faccio, accetto. Gli chiedo solo il tempo necessario per prepararmi. Loro mi aspettano di sotto, dentro la limousine di Andrew. Perché c’è anche lui. Non è salito per educazione.

    La villa dove si dà la festa è in stile vittoriano. Il marmo bianco risplende sotto la luce delle torce e della luna. È una bellissima serata, e quest’aria tiepida cozza con l’idea che ho del capodanno vestito di neve. Ho indossato un vestito bianco comprato durante una delle tante uscite con William. È lungo, ha persino una leggera coda. È sorretto da sottili spalline tempestate di zirconi. Accarezza la mia figura e mi rende un po’ più abbondante.
    Questa volta ho indossato degli scomodissimi tacchi a spillo. Spero solo di resistere fino alla mezzanotte. Poi, quando tutti saranno ubriachi, resterò scalza. Ho lasciato i capelli sciolti, ondulandoli con la spazzola elettrica. Mi sono truccata con cura e ho abbondato con matita e mascara. Andrew si è offerto di farmi da cavaliere ed ho accettato. Dimostra molti anni meno di quelli che ha, è timido e leggermente imbranato. Non credo si trasformerà in uno strupatore come ha fatto Robin. Anche perché stanotte non ballerò con nessuno.

    Stiamo per accomodarci a tavola e mi sono rilassata. Non credo che William verrà. Andrew mi prende un aperitivo e me lo porta. È cortese e mi riempe la testa di chiacchiere. Mi siedo accanto a lui e a Tara. Vicino a lei mi sento al sicuro. Serena. Vicino a Xander resta un posto vuoto.
    “E’ per chi credo?” domando sperando che il mio presentimento si tramuti in realtà.
    “Sì Buffy.Mi ha telefonato. Sta arrivando” mi dice e strizza l’occhio. Io mi maledico all’infinito.
    Si può essere così stupide? Una strana ansia mi assale e il cuore non mi ascolta più. Sono agitata, emozionata e impaurita al contempo.
    Cosa gli dirò?
    Riuscirò a sostenere il suo sguardo accusatorio?
    Saprò fare buon viso a cattivo gioco?
    Riuscirò a vedere il dolore nei suoi occhi senza sentirmi profondamente in colpa?
    E infine, ma non meno importante, anzi: riuscirò a capire cosa voglio da lui? Da noi?
    Le mie risposte non hanno esito. La mente smette di funzionare nell’attimo esatto in cui lo vedo entrare nel salone. È splendido. Senza farlo apposta ha un completo bianco. Come me. Sembriamo le facce della stessa luna. Bianche. Pallide. Ed algide.
    Qualche ricciolo impomatato gli ricade ribelle sulla fronte. I suoi zigomi sono più taglienti del solito e i suoi occhi blu sono lontani. Freddi. Come ghiacciai eterni. Si fa largo tra la folla e finalmente riesco a vedere la sorpresa che si porta a braccetto.
    È Lisa, la stangona della cena di gala. Ha un vestito d’argento che brilla come tutte le luci accese di uno stadio, un’abbondante decoltè e uno spacco laterale da raggiungerle quasi la vita. È davvero bella. E seducente. Credo che il suo scopo, stanotte, avrà buon esito.
    Xander si volge veloce verso di me ed è in imbarazzo.
    “Io non sapevo…” si scusa sottovoce. Nemmeno lui si sospettava che William giungesse in dolce compagnia.
    “Non fa niente” lo rassicuro, e l’ansia di prima si è trasformata in rabbia. Sono fuori di me. Vorrei alzarmi, raggiungerli e spaccare il loro bel faccino a morsi e pugni. Ma trattengo la mia follia omicida per dopo.
    La vendetta è un piatto che va gustato freddo…..
    Mi aggiusto i capelli e aspetto che l’inevitabile avvenga. Sono pronta. Chiudo per una frazione di secondi gli occhi e ritrovo in me una forza sconosciuta. Quella di una donna decisa a distruggere un’altra donna. E magari anche l’uomo. Quello che pochi giorni prima ha giurato di amarla.

    “Buonasera a tutti. Ci si è fatto un po’ tardi, sapete come sono le belle dame.. lente e bisognose” lui saluta tutti e guarda la sua compagna soffermandosi sul seno che fuoriesce abbondante dal vestito. Un lampo di lussuria gli percorre lo sguardo ed è così evidente che tutti se ne accorgono. Io mi obbligo a non pensarci.
    Vuole giocare? Bene, lo accontenterò. Sono disposta a tutto, persino a distruggerci a vicenda. Ma non mi avrà mai. Non così.
    Si siede di fronte a me e Willow si stringe per fare posto alla nuova arrivata.
    “Non mi avevi detto che saresti arrivato in compagnia” gli dice Xander, sperando che capisca il tono risentito con il quale gli si è rivolto. William ha un sorrisino maligno stampato sulla faccia e credo non sia in grado di capire proprio niente, stasera. Vuole solo farmi del male. Ma grazie a Dio, non ci sta riuscendo.
    Che forse me lo meriti, un po’? Potrebbe essere, ma non ho colpa io se tutto il mio mondo è sparito in un battito d’ali. E se ancora soffro per questo. Nessuno dovrebbe farmela scontare se ancora amo mio marito e mio figlio. Come se fossero vivi. Come se ancora appartenessi a loro.
    Ma loro appartengono a me? Sono miei, ovunque si trovino ora? E se li stessi trattenendo in questa vita senza permettergli di volare alti nel cielo? Non si può restare attaccati alle persone che perdiamo come ad un aquilone? Volerebbero, ma basterebbe una piccola tirata al filo e sarebbero di nuovo vicini. Lontani ma non troppo.
    “Un uomo ha delle esigenze amico. E Lisa le soddisfa proprio tutte.” ghigna divertito lanciando un altro sguardo bollente alla sua bambola di porcellana. Il mio stomaco si contrae come sotto una morsa. Ora la rabbia è divenuta quasi dolorosa.
    Che il suo piano, nonostante la mia ferrea volontà, stia ottenendo lo scopo di farmi soffrire? No, non accadrà. Ecco che parto in tromba. E darò il mio meglio.
    Mi alzo spingendo il petto in avanti.
    “Devo andare alla toilette” dico con voce mielata ad Andrew che nemmeno se ne accorge. Mi allontano ancheggiando, sperando che lui stia assistendo alla mia interpretazione. Quando ritorno fresca come una rosa e con le labbra rosso fuoco, tutto il mio coraggio sparisce.
    William e Lisa si stanno baciando. O meglio, si divorano. L’uno con l’altra. Davanti a tutti. Senza ritegno.
    Inghiotto il rospo e mi siedo. Faccio un timido sorriso in direzione del mio cavaliere e Tara da sotto il tavolo mi stringe una mano. La guardo e nella sua dolcezza vorrei morire. E piangere. Willow prende a chiacchierare con me, sperando di distrarmi. Scherziamo e ci divertiamo.
    Non guardo più William e i suoi movimenti non mi attraggono più. Mi sento leggermente civettuola e rido apertamente.
    Sì, mi sto divertendo. Nonostante quei due si infilino le lingue nelle reciproche bocche continuamente. Non mi interessa. Anzi, fingo che sia così. Ma una lenta lama sta riducendo a brandelli quel muscolo che aveva ripreso a pulsare.
    Non è destino, mio caro cuore….non devi vivere. Sei condannato a morire per colpa della vita….

    La cena è terminata. Sulla pista qualcuno già balla. Da un momento all’altro mi aspetto che i polipi vadano a copulare al ritmo di un lento.
    Invece la bella Lisa prova ad instaurare un dialogo con me. E come una scarica elettrica, eccomi pronta a distruggerla.
    Mia cara, hai firmato la tua condanna a morte!!
    “Ti chiami Elisabeth, vero? Will mi ha molto parlato di te” la sua voce è simile al gracchiare di una rana. Credo sia anche stupida. Ha speso l’unica briciola di intelligenza per farsi la permanente.
    William la guarda di traverso. Sono certa che la gradisce di più anche lui quando sta zitta. O forse ha paura che dica qualcosa di sconveniente?
    “Ah sì? E che cosa dice di me il caro vecchio Will?” appoggio le braccia sulla tavola e aspetto. I miei occhi sprizzano rabbia. Sono cattiva. Molto cattiva.
    “Che sei una sceneggiatrice, frigida e rompiscatole. E che gli hai spezzato il cuore. Non che a me interessi..”. Tutti restano immobili.
    Tara è scioccata, Xander fulmina William con lo sguardo, Willow china la testa e Anya si trattiene dal ridermi in faccia. L’unico che non si è accorto di niente è Andrew che continua a fissare un punto imprecisato della sala.
    Una risatina amara mi esce dalla bocca. Diviene quasi un ghigno e Tara mi lascia la mano. Sa che ormai non mi può più fermare.
    “Bene, quindi il nostro Will è stato dettagliato. Sai cos’è una sceneggiatrice?” le chiedo ridendo maligna.
    “Una che fa le scene?”ipotizza con tono infantile.
    “Me lo immaginavo…. – scuoto il capo sentendomi vincente - Comunque, scommetto che tu a letto sei una focosa cagna in calore. Non che a me interessi….” Gli rifaccio il verso e mi riempio un bicchiere colmo di vino. Lo scolo in un secondo. Sembro la parodia di uno scaricatore di porto.
    “Ehi! Te la prendi troppo, cocca!” tenta di risultare offesa, ma fa pietà anche così. Non vincerai mai un oscar, bambola. Nemmeno se ti cospargi il petto di crema e sfili nuda. Sei irrecuperabile!
    “Smettila Elisabeth..” mi dice lui, il colpevole. Lo gelo e capisce che non sto scherzando.
    “Non posso averti spezzato il cuore, mio caro amico” la mia voce è terribilmente calma, merito del vino. Credo di aver raggiunto la soglia dei tre bicchieri. O forse più?
    “Tu non ne hai uno. – continuo - Inoltre, non hai avuto modo di constatare la mia presunta frigidità, visto che non ti ho concesso niente di me. E lo sai perché?” mi alzo in piedi, faccio il giro della tavola e gli arrivo di fianco. Nel tragitto raccolgo il bicchiere colmo di Xander.
    Mi avvicino pericolosamente alla sua bocca. Sono a pochi centimetri da lui. Sento il suo respiro concitato e di già pregusto la prossima mossa.
    “Perché non ti amerò mai.” Sibilo mentre gli verso addosso il vino sporcandogli il suo candido vestito di liquido purpureo. Eccolo il sangue..il mio sangue. Quello che ho versato per troppo tempo….e che non avrai mai.
    William è sconvolto dal mio gesto e dalle mie parole. Resta immobile mentre io me ne vado. La serata si è conclusa qui.
    Anzi, no. Torno indietro e tiro in piedi Andrew. Gli altri sono ancora sconvolti dalla mia recente reazione.
    “Balliamo” gli dico senza guardarlo in faccia. Lui annuisce e mi segue.
    Grazie a Dio suonano un lento ed io nascondo la faccia nella spalla sottile del mio accompagnatore. Tutta la rabbia sta scemando, lasciando il posto ad una sofferenza insostenibile.

    Passa un’ora o poco più. William sta ballando e pomiciando con la sua bella. Io sono seduta qui al tavolo, da sola.
    Mi rigiro una forchetta fra le mani. Mi verso un nuovo bicchiere di vino e me lo gusto mentre fresco mi scivola giù per la gola. Xander e Anya stanno parlando con quelli della troupe. Willow balla con Andrew. Sembra che vadano d’accordo, i due. Chissà che non nasca qualcosa.
    Vedo in lontananza Giles e Dawn e li saluto con un gesto del capo. Dopo poco mi si avvicina Tara. Si siede accanto a me, in silenzio e ripercorre il mio sguardo. Vede che sto fissando i polipi. Mi volto in fretta, ma ormai mi ha colto in flagrante.
    “Lo ami?” mi chiede e la sua voce è simile al canto di un uccello.
    “Il problema è sempre stato questo. Io non lo so. Tre anni fa è accaduta una cosa che mi ha reso arida. Fredda. Frigida, come mi ha definita William. Solo che non in quel senso. Io parlo dell’anima. Dei sentimenti. Non credo riuscirò più ad amare qualcuno come…” e qui mi fermo. Sto parlando troppo. Anche se so che di Tara posso fidarmi, ho ancora timore. Ma la bomba è stata lanciata e presto scoppierà.
    “Come tuo marito?” ipotizza lei e ci prende in pieno.
    Chissà perché, non ne sono sorpresa. Credo che Tara abbia davvero dei poteri magici. Lei riesce a leggere dentro l’anima delle persone.
    “Mio marito. E mio figlio”
    “Parlamene…” mi invita a continuare. E un po’ per merito del vino, un po’ perché ne ho bisogno, le racconto tutto. Alla fine lei ha gli occhi colmi di pianto. Mi prende le mani e si sforza per sorridermi.
    “Lo sentivo che ti portavi addosso il dolore. Ma non avrei mai creduto così tanto….”.
    Annuisco e lascio che una lacrima silenziosa e solitaria mi solchi la pelle imperlata di cipria.
    “Fatti coraggio Buffy. Sei una persona splendente. E sento che presto, molto presto qualcuno ti darà nuovamente la forza per amare. Perché tu sai amare. Sei nata solo per questo.”
    La ringrazio con gli occhi e ci abbracciamo. Giles arriva e me la ruba. Resto di nuovo sola, ma un po’ meno infelice.

    Mancano pochi minuti alla mezzanotte. Ci portiamo tutti al centro della sala aspettando i rintocchi delle campane con i calici alti colmi di champagne. Ho accanto a me Willow, Andrew e Tara.
    Il tempo corre veloce e i minuti divengono secondi. Mi guardo attorno e mi accorgo che lo sto cercando.
    Poi lo vedo, alla mia sinstra, poco lontano. È abbracciato a Lisa e il suo vestito è macchiato da una gora rosata.
    Mi dispiaceWilliam….continuo a fissarlo senza riuscire ad allontanare gli occhi da lui. Sta ridendo. È sereno ed il suo profilo mi tocca l’anima.
    Era il mio più grande amico. Un fratello, un padre. Un consigliere, un buffone, un compagno. Una spalla su cui piangere. Una voce da ascoltare. Braccia su cui rifugiarmi, al sicuro.
    Ed ora siamo estranei. Lontani. Nemici. Ma non riesco ad odiarlo.

    Meno dieci, meno nove….

    Che ti ami davvero, bellissimo angelo e perfido demonio assieme? Che io possa realmente amarti? Che tu mi abbia scossa talmente in profondità da incrinare le mie fondamenta? Io ti amo? Riuscirò mai ad ammetterlo? Riuscirò mai a slegarmi dal ricordo del passato?

    Meno sei, meno cinque….

    Ti guardo e sento che tutto il mio mondo è con te. Che sei stato tu a rendermi viva. Il tuo amore, mi ha scaldata. E la tua ira mi ha congelata ancora. Se dovessi scegliere adesso, cosa direi?

    Meno tre, meno due….

    Ti amo, William…. Ecco il mio tutto….
    Tu ti volti per un attimo e incroci i tuoi occhi con i miei. Ci fissiamo intensamente e stai leggendo dentro di me…il dispiacere, la tristezza, il perdono e forse….forse anche l’amore. Ma ormai è tardi.
    Troppo tardi.

    Zero!!!

    Una pioggia di coriandoli ci piove addosso e ancora ci guardiamo.
    Ed è come se ci parlassimo per la prima volta. Ti sorrido tristemente e tu capisci. Ti chini sulla tua dama bionda e la baci perdendoti in lei.
    Chiudi gli occhi e sento che la mia fine è giunta.
    Buon anno William….
    Bevo lo champagne e mi volto. Te ne sei andato. Ti ho perduto. Ma andrò avanti. Bacio tutti e gli faccio gli auguri. Si stupiscono che me ne vada così presto, ma non posso fare altrimenti. Andrew si offre di accompagnarmi, ma rifiuto con gentilezza.
    Esco fuori e i fuochi d’artificio illuminano l’arcata celeste a giorno. Chiamo un taxi e mi dirigo a casa. I piedi mi fanno male, ma in confronto al dolore del cuore appena rinato e di già ucciso, questo non è niente….
    Sono tornata alla vita morendo per amore. Buffo, no?


    Sono ritornata dalla festa più spossante della mia vita. Ho indossato il pigiamone con i coniglietti e mi sono infilata sotto le coperte.
    Una strana ironia macabra mi invade e inizio a ridere della mia sorte tanto assurda. Poi, improvvisamente, qualcuno bussa alla porta.
    Una, due, quattro volte. Sembra quasi la voglia buttar giù.
    Scendo in fretta e chiedo chi è. Accidenti, sono le due di notte! È vero che è il primo dell’anno, ma ci sono sempre tanti malintenzionati in giro..
    Oh mio dio.....è William.
    E a me per poco non viene un colpo. Mi aggiusto in fretta i capelli e apro.
    Ha il volto tirato. Non è venuto per fare pace. Una fitta di paura mi invade. Entra con ampie falcate e i suoi pugni sono chiusi, serrati.
    “Will…” lo chiamo e lui mi guarda furioso. Non ci sto capendo più niente.
    Che sia arrabbiato per il vino sul vestito?
    O per le parole che ho detto assieme?
    Forse è la seconda ipotesi….
    “Devo dirti solo poche cose. Le ultime. Poi tutto finisce qui. D’accordo?” non è una richiesta. È un obbligo.
    Annuisco e mi siedo. Lui resta in piedi e gira ansioso.
    “Te ne sei andata a Natale lasciandomi solo un minuscolo foglio di carta. Dopo avermi rifiutato, si intende. Sparisci ed io mi chiedo cosa sia accaduto per farti credere di non poter essere nemmeno amici. Passo i giorni più brutti della mia vita e mi ubriaco quasi tutte le sere. Ti penso di continuo e spero che tu faccia la prima mossa. Ma niente. Poi arrivo alla festa con Lisa e tu inizi a darmi addosso. A fare l’acida. Mi sto riprendendo e tu cerchi di affondarmi recitando la parte della fidanzata gelosa. Ma ricordati che non stiamo insieme. E che lo hai voluto tu. Quindi, dopo lo sceneggiato di questa sera spero proprio che d’ora innanzi cercheremo di comportarci civilmente. Almeno in pubblico, si intende.”
    Hai terminato la tua arringa, avvocato. L’accusa si ritira.
    Ora tocca alla difesa.
    La mia voce esce lievemente storpiata dall’emozione, ma ciò che dico è chiaro.
    “Per prima cosa, mi dispiace. Seconda: sono contenta che ti sia ripreso così in fretta. Terza: quella Lisa mi sta sul cavolo e vuole solo i tuoi soldi. E il tuo letto”.
    “Bene, qualcuno che lo apprezza, se non altro!” sibili e nei tuoi occhi brilla cattiveria. E risentimento.
    Non l’hai madata giù, eh? Sempre abituato a vincere, vero William?
    “Lo sai perché me ne sono andata. Te l’ho detto prima. Anche se malamente. Insieme al vino che ti ho tirato.”
    La capisci o no che non potrò mai darti quello che ti meriti?
    La tua mascella si contrae e chini il capo dolorante. Quelle parole ti fanno male, lo so.
    Ma è troppo tardi, tardi per ammettere qualsiasi cosa. Tardi per dirtelo. Tardi per allontanare i miei cari dal cuore. È semplicemente troppo tardi….
    Scuoti il capo e rialzi gli occhi verso me. Sono due mari in tempesta.
    “Non è vero. È tutta una farsa. Tu sei una codarda. Ti nascondi dietro il ricordo di Angel e di tuo figlio per paura. Paura di soffrire. Di restare delusa. Paura di vivere, in fondo.”
    “No, non è vero! Tu non sai niente di me! Sei un lurido bastardo che prima dice di amarmi e dopo pochi giorni pomicia con un’altra. Dopo aver minato le mie sicurezze. Io ti odio!” ti urlo addosso e sono fuori di me. Ho il volto paonazzo e il cuore mi martella nel petto. Tu ti avvicini appena, restando a distanza di sicurezza.
    “Sono morti, Elisabeth. Non ci sono più. Devi lasciarli andare. E questo non vuol dire scordarsi di loro o affermare di non averli mai amati. Vuol dire ricominciare a vivere. Anche per loro. Cosa direbbero vedendoti così, apatica e disperata? Faranno sempre parte di te e nessuno te li toglierà. Mai più. Ma tu sei sopravvissuta. E devi vivere.”
    Sei dolce, quasi struggente. La tua voce è calda e sicura.
    Mi stai facendo male, molto….ma dici la verità. Come sempre, hai ragione. Trattengo a stento le lacrime e continuo a scuotere la testa.
    Non può essere vero….non posso tradirli così….loro vivono ancora in me. Se lascerò che qualcun’altro entri nel mio cuore, loro dovranno andarsene. E non voglio…non voglio separarmi da loro….o forse sì?
    Forse ho bisogno anch’io di due braccia strette attorno a me, di nuove labbra da baciare, di un altro amore?
    Tutto si racchiude in te, William.
    “Non posso…. È come se li tradissi… e se loro se ne vanno dal mio cuore, resterò sola.” Oramai piango. Non riesco a trattenermi oltre.
    Mi raggiungi e mi accarezzi una guancia. Con tenerezza e infinita tristezza.
    “Lo sei già, cucciolo mio. Sei già sola” e te ne vai, lasciandomi con i miei sensi di colpa, i miei rimpianti e i miei dubbi.
    Mi affaccio alla finestra sperando di vederti e poterti richiamare indietro.
    Esci dal portone verso la macchina e lei ti viene incontro. Lisa ti abbraccia e insieme partite.
    Io ti amo William. E ti ho perso, amore mio……



    Sono passati due mesi dal nostro ultimo colloquio e le riprese sono ricominciate a ritmo serrato.
    Io e William lavoriamo insieme, alcune volte a stretto contatto, ma le uniche parole che ci rivolgiamo sono puramente professionali. Xander mi ha detto che non esce più con Lisa e la cosa mi ha fatto piacere.
    In questo periodo ho riflettuto molto e sono giunta ad importanti conclusioni. Quello che William mi disse la mattina del primo dell’anno è vero.
    Ho rinunciato alla vita per paura di soffrire ancora.
    Angel e Connor sono nel mio cuore e ci resteranno finchè avrò vita, ma amare qualcun’altro non significa abbandonarli. Ne tradirli. Anzi, recuperare i sentimenti e le emozioni mi aiuterà a ricordarli nella maniera appropriata. Con devozione e rispetto. Ma senza lasciarmi annullare da ciò.
    Un barlume di speranza è tornato a brillare in fondo ai miei occhi e finalmente anch’io vedo i colori.
    È stato un lungo percorso, ma alla fine ne è valsa la pena. Angel e Connor sono liberi di volare in alto. E anch’io di amare senza sensi di colpa ne rimpianti.

    Stiamo girando le scene più forti della serie. Nei prossimi giorni William e Faith dovranno interpretare un tentato stupro. È una scena molto forte e Joss è elettrico. Faith mi ha detto più volte di non volerla girare in quel modo, ma io non posso farci niente.
    “E’ troppo cruda. E poi non rispecchia quest’amore devoto e incondizionato” gli ho detto.
    “Lui è un vampiro. Senza anima. Non ha morale, ma solo istinti. Passioni. Lui la vuole a tutti i costi. Non accetta il suo rifiuto. Quindi è perfetta così. Non parliamone più” mi ha risposto scocciato. Non ho potuto ribattere. E sinceramente vedere quelle scene riaccenderanno in me ricordi non molto piacevoli.

    È sera e il mio appartamento è meno caotico. Ultimamente dedico più tempo alle pulizie.
    Qualche volta Tara mi viene a trovare. Mangiamo patatine e guardiamo vecchi film in cassetta. Lei mi racconta della sua vita, delle sue aspirazioni. È un pozzo di fantasie e idee. In previsione ha il sogno di realizzare un film tutto suo.
    Mi ha confidato che gli piacerebbe recitarlo insieme a William.
    “Avete più parlato?”mi chiede sempre con discrezione.
    So che posso anche non rispondere, se non me la sento. Ma la sua dolcezza e la sua innata comprensione, mi spingono sempre a sbottonarmi.
    “No. E mi manca.”
    “Perché non glielo dici?”
    “Non credo mi voglia più….credo sia troppo tardi per amarsi nuovamente”
    “Non è mai troppo tardi, Buffy”.

    Ho ancora addosso i vestiti della giornata. Gonna blu e camicetta avana. Vado in bagno e tiro fuori i panni bagnati dalla lavatrice. Mi affaccio al balcone e li stendo.
    Mi piacciono questi momenti da casalinga.
    E mi immagino la casa piena di grida di bambini. I miei. La cena sul fuoco. Lui che torna dal lavoro e mi bacia. Gli sono mancata e stanotte ci ameremo come sempre….
    Sono lontana mille miglia dalla terra quando qualcuno mi chiama dalla strada. Vedo William, illuminato da un lampione, la testa in alto.
    Mi chiede di aprirgli.
    Vuole parlarmi.
    Che il mio sogno si possa realizzare? Magari solo l’ultima parte?
    Naah, Elisabeth. La fortuna non gira mai per te. Non illuderti.
    Rientro in casa e apro la porta. Dopo poco arriva e si accomoda sul divano.
    Io mi siedo sulla poltrona, poco lontano. Gli chiedo se vuole qualcosa, ma lui mi dice che lo stanno aspettando per andare a cena.
    “Non ti ruberò troppo tempo” e mi guarda appena.
    Ho tutto il tempo del mondo, William…a parte rammendare, cucinare e scrivere sceneggiature, non ho altro di eccitante da fare, quindi….
    “Riguarda la scena che io e Faith dobbiamo girare insieme. Quella della violenza che…beh, hai capito. Lei è molto ansiosa per questo, ed anch’io. Non amo vedere le donne trattate male, figurarsi interpretare un uomo che tenta di violentare l’amore della sua non-vita.”
    “Non è un uomo. È un vampiro. Joss è stato molto preciso su questo.” gli dico in maniera molto professionale.
    “Okay, vampiro o uomo che sia, sono io che lo interpreto. E questa scena mi mette veramente in crisi. Inoltre mi agita il fatto che tu la veda. Che tu mi veda fare certe… cose. Dopo quella sera con Robin so che per te non sarà facile. Volevo che lo sapessi prima.” Tiene gli occhi sempre bassi. Ed è dolcissimo.
    “Ti stai scusando per una cosa che potrebbe darmi fastidio senza che tu lo voglia davvero? Cos’è? Hai l’esclusiva? Vuoi che soffra solo se sei tu a deciderlo e non Joss?” perché debbo sempre risultare acida e scostante?
    In fondo voleva essere carino….ma qualcosa mi ha fatto irritare.
    Cosa? Non saprei dirlo.
    Forse il fatto che lui non potrà essere mio.
    O forse il fatto che me lo sono lasciato scappare come un’idiota?
    Ai posteri l’ardua sentenza….
    William scuote la testa e ride amaramente. Si alza ed è costernato. Non mi capisce. Non più.
    “Sei una pazza, lo sai? Volevo essere gentile, farti capire che ci tengo a te e che non voglio vederti soffrire, e tu che fai? Mi sputi addosso bugie e accuse. Non volevo ammetterlo a me stesso, ma siamo veramente lontani” si dirige verso la porta e sembra che stia portando un peso troppo grave. Cerco di riparare almeno qualcosa, ma sarà veramente difficile.
    “Io..io non volevo dire quello che ho detto. Una volta era così facile parlare, ridere, scherzare. Stavamo bene insieme prima di quel bacio. Potremmo tornare ad essere amici?” i miei occhi lo stanno implorando.
    Ed il mio corpo si protende verso di lui. Come attratto da una calamita.
    “Non è che poi sparisci come l’ultima volta?” domanda piegando la testa di lato.
    “No” rispondo e la distanza fra di noi diminuisce.
    Siamo uno di fronte all’altra. E ci fissiamo. Noto il combattimento dentro di lui. Vedo il controllo che si sta imponendo.

    Ancora mi ami, William? Perché se è così, forse non è troppo tardi…

    Ma non ho il coraggio di chiederglielo. Non sono diventata così intraprendente. Non ancora….
    Gli getto le braccia al collo e mi stringo a lui quasi con violenza.
    Vacilla appena a causa dell’impatto e le sue mani restano abbandonate lungo il corpo.
    Non mi abbraccia. Non si muove. Respira appena. Mentre io credo di impazzire.

    Non mi ami più, William….è davvero troppo tardi.

    Con le mani mi cinge le spalle e mi allontana da se. Con gentilezza, ma deciso. Abbasso gli occhi e le mie guance sono rosse. Ho paura di quello che dirà. Ho paura di soffrire. Ho paura di vivere.
    “Non potremo mai più essere amici, Elisabeth. Qualcosa si è spezzato da quel bacio. Non si possono aggiustare le cose con un abbraccio. Ho sofferto molto per te, ho creduto di perdere la testa. Ed ora non ce la faccio a rifare tutto da capo. Finirei con l’innamorarmi di nuovo di te. E tutto ricomincerebbe. Ma questa volta non sopravviverei. Mi dispiace”.
    Calde e placide lacrime scorrono dalle mie iridi e si sfracellano sulla soglia di casa. Mi sento morire.
    “Non mi ami più…” sussurro con un filo di voce, ma lui mi sente lo stesso e mi obbliga ad alzare il viso.
    Mi sposto per non cedere al suo sguardo e lui mi immobilizza il volto fra le mani. Sono come me le ricordavo: grandi, forti e calde.
    Mi penetra fin dentro l’anima e nei suoi occhi blu come il cielo, passa un luccichio di speranza.
    “Mi ami Elisabeth?” mi chiede e la sua voce è strozzata dall’emozione.
    “Sì” gli rispondo e finalmente trovo il coraggio di essere vera. E libera.
    Si allontana bruscamente, come se si fosse bruciato. Scuote il capo sconvolto.
    Ha i pugni stretti e la mascella serrata.
    Sta combattendo la battaglia più dura della sua vita.
    “Non ti credo” dice, ed esce nel corridoio.
    Lo inseguo. Non può finire così. Non ora che sono riuscita a dirlo. Anzi, ora che ci penso…. Non gliel’ho detto come si deve!

    “Ti amo William”.

    Lui è davanti all’ascensore e lo sta aspettando.
    Si volta ed ha gli occhi umidi.
    Ma non è felice.

    Perché amore mio?

    Un dubbio mi assale.
    Forse che lui…?
    “William, tu mi ami ancora?”. Il cuore mi si ferma nel petto.
    Trattengo il respiro e mantengo il contatto con i suoi occhi. Me ne accorgerò se mentirà.
    “No Elisabeth…” e sta dicendo la verità.
    La porta dietro di lui si apre con un suono.
    “E’ giusto così” mi dico e lui entra nell’ascensore.
    Sparendo dentro esso mormora che gli dispiace.
    Rientro in casa con dieci anni in più.
    Chiudo la porta e mi ripeto che ormai è troppo tardi….

    Non ho assistito alle riprese del tentato stupro. Mi sono data per malata.
    Fra due mesi tutto terminerà e potrò tornare in Inghilterra. Joss si è complimentato più volte con me per il lavoro fatto e mi ha detto che mi chiamerà anche per la settima stagione.
    Le riprese dovrebbero iniziare verso ottobre di quest’anno.
    “Si vedrà” gli ho detto ma il suo sguardo difficilmente accetta rifiuti.
    Xander e Anya stanno insieme e si vogliono davvero bene.
    Willow esce con Andrew dalla sera dell’ultimo dell’anno.
    Con Dawn e Giles non ho molto parlato, ma la loro interpretazione è sempre eccellente.
    Tara ha scritto delle poesie bellissime e me le ha fatte leggere.
    Da Xander so che William sta insieme ad Harmony di nuovo. Mi ha detto che non è felice. Crede lo stia facendo per dimenticarmi.
    Io vado avanti e mi faccio coraggio. Ho superato veramente tante prove e non sarà questa a fermarmi. Porterò a termine il mio lavoro e prenderò l’aereo verso la mia campagna.
    E lì inizierò il mio primo romanzo.
    È questo il mio nuovo sogno.


    È domenica mattina e mi sento un vero straccio.
    Stanotte, colta da un improvviso raptus depressivo, mi sono gettata anima e corpo in un vaschetta di gelato al cioccolato con batuffoli di meringa, illanguidendo il mio spirito provato di fronte ad un film melenso e privo di lieto fine. Ho pianto così tanto, da infradiciare la maglia del pigiama.
    E sembrerà strano ma, accidenti, ne avevo davvero bisogno!
    Anche se non lo ammetterò mai.
    Mi sono disperata per la sorte di un uomo e una donna ormai segnata, e così finalmente ho posto un termine, un confine al dolore per la perdita di William… anche se…
    Questo non significa che non lo ami più, anzi…
    Me lo porterò appresso ovunque io vada, con chiunque incontri d’ora innanzi ed un pezzo di lui mi resterà addosso come una malattia cronica…
    Non troverò mai, e ripeto, mai, una cura per liberarmi di lui…

    Mi alzo dal letto inciampando per ben due volte sui libri che sono sparsi per terra.
    L’ordine per me è una cosa ciclica: alcuni giorni è tutto a posto, ma basta che una sera sia in ritardo, o una giornata di tedio, a ribaltare completamente la situazione.
    Ed è allora che questo appartamento si trasforma nell’antro del demone del caos…(Ehm, deformazione professionale, sorry..)
    Raggiungo il comò e tiro fuori un fazzoletto di cotone… profuma di lavanda ed è morbido al tatto.
    Su un lato sono ricamate due lettere:A ed E…

    Le nostre iniziali, Angel, ricordi?

    Me le aveva cucite mia mamma, pochi giorni prima del matrimonio. L’ho sempre tenuto con cura quasi sacramentale, e non l’ho mai usato.
    Non so perchè, ma il suo odore era troppo intimo da poter riassaporare. Intriso di ricordi. Di emozioni.
    Ma stamattina, non ne soffro.
    Non provo quella voragine affamata al centro del petto.
    Non mi sento risucchiare nelle spire del passato, ne odo il macabro richiamo dei sensi di colpa.
    Lo guardo attentamente, e mi appare semplicemente per quello che è: un fazzoletto di cotone bianco.
    Faccio spallucce e mi soffio il naso.
    Come a completare la mia rinascita, mi accorgo di essermi beccata pure un bel raffreddore.
    In fondo è questo il prezzo che si paga per vivere davvero di nuovo.

    Fa parte dell’umanità ammalarsi, soffrire, gioire e invecchiare, giusto?

    Bene, d’ora innanzi accetterò il pacchetto completo. Non voglio lasciare più niente indietro.
    Ogni cosa camminerà di pari passo con me, accanto a me.
    E cresceremo insieme.
    Avanzo ciondolando come uno zombie appena riesumato (ehm…non posso farne a meno. Lavorate anche voi con Joss per due giorni, e parlerete solo di mostri e creature tenebrose!!), e quasi ad occhi chiusi, cerco a tastoni la caffettiera sopra il banco della cucina.
    La preparo spargendo un po’ dell’aromatica polverina marrone sul pavimento e accendo il gas.
    Pochi minuti, e la giusta dose di caffeina scivola nella mia gola, entrandomi presto in circolo come corrente elettrica.
    Mi attivo e decido che una buona doccia tiepida completerà la mia trasformazione in macchina da guerra e da lavoro.
    Mentre mi avvicino al bagno, lascio scivolare il pigiama per terra, lentamente e con sensualità.
    Non so da dove nasca tutto ciò. Credo sia un istinto innato. Un bisogno quasi selvaggio. Al quale non posso porre dei freni.
    Mi sembra di spogliarmi per un uomo.
    E fremo. Fuori e dentro di me.
    Come uno fogliolina sferzata dai primi soffi ghiacciati di dicembre.
    Come un cucciolo bagnato e affamato.
    Per la prima volta, dopo anni, mi accorgo di avere delle esigenze.
    Il desiderio urgente e dolente di un uomo che mi accarezzi, mi stringa a se, mi faccia sua fino in fondo è così nitido nelle mie viscere da spaventarmi.
    Così caldo e vivido.
    Assomiglia ad una tavolozza di colori intensi, come l’arancio sanguigno e il rosso rubino.
    Non c’è posto per il bianco e il nero.
    Un passo dietro l’altro, e raggiungo l’anta scorrevole del box. Il pavimento di granito grigio è gelido sotto i miei piedi.
    Ogni terminazione nervosa, trasmette piccole scosse al mio cervello, che sta viaggiando a velocità supersonica, alla ricerca di un motivo, di una scusante.
    Ma non ne esistono. Non per me. Non oggi.
    Sono sola. E sono donna.
    Il mio corpo è acceso come un cerino che si infiamma immediatamente e che emana nell’aria attorno odore di zolfo e fumo…
    Mi infilo in fretta sotto l’acqua che accendo volutamente più fresca del dovuto.
    Ben presto, il desiderio si muta in frustrazione e in leggera malinconia.
    E, senza indirizzare i miei pensieri, essi malandrini raggiungono il viso cesellato e perlaceo di William, le sue labbra profumate di miele, i suoi occhi di laguna, le sue mani salde sulla mia vita sottile, lungo le mie braccia, attorno alla mia nuca…

    Maledizione, quanto fa male ancora…

    Punge in me come una lama d’argento, che mi si conficca nelle carni e che si contorce ad ogni ricordo, ad ogni odore, ad ogni sensazione…
    Sono uno strano animale, non c’è che dire…
    Ho lottato così tenacemente per non far entrare nessuno nella mia fortezza inespugnabile da rasentare davvero la pazzia…ed ora mi ritrovo a desiderare la libertà, la vita e l’amore…dopo aver allontanato, amato e cercato… e dopo aver riassaporato il dolciastro sapore della morte del cuore.
    Ma non mi fermerò.
    Non stavolta.
    Meglio tutto questo, meglio il dolore, la solitudine, meglio un desiderio spento dalle dita ghiacciate dell’acqua, che l’assenza di ciò.

    Meglio morire che non aver mai vissuto.

    Mi lavo in fretta, organizzando mentalmente la giornata. Anche se è domenica, devo avvantaggiarmi col lavoro, altrimenti la prossima settimana mi ritroverò a non dormire neppure.
    Dopo essermi asciugata ed aver accarezzato la cicatrice che ho sotto l’ombelico, vado in camera e mi infilo nelle mie meravigliose e comode tute.
    Raccolgo i fogli sparsi sulla scrivania, li metto per ordine, accendo il vecchio macinino del mio portatile e scarto un dolcetto colmo e stracolmo di calorie.
    Non appena mi siedo, inforcando gli occhiali, il telefono squilla.
    Senza nascondere il mio disappunto, mi alzo e prima di rispondere schiarisco la voce con una tossita.
    Dall’altro capo della cornetta mi giunge la voce tenue di Tara.
    Ha un’offerta da propormi.
    “Allora? Vieni?” mi domanda senza la pacatezza che la contraddistingue. Desidera davvero che anch’io partecipi a questi incontri domenicali a casa di Joss. È troppo elettrica la mia dolce amica.
    Non me ne avevano mai parlato prima.
    Sembrerebbe proprio che di tanto in tanto durante il periodo delle riprese, alcuni attori si siano ritrovati a casa del regista per trascorrere un fine settimana all’insegna della recitazione e della condivisione di vita normale all’infuori del set.
    Un modo come un altro per farli socializzare meglio, renderli più uniti..
    Chissà, magari Anya e Xander si sono innamorati fra una bistecca ai ferri e un monologo di Shakespeare…
    “Non so, dovrei lavorare..” le rispondo restando sul vago.
    Sinceramente, non ho davvero voglia di passare una così bella giornata di sole rinchiusa in questo appartamento ammuffito come una zitella inacidita.
    Ma al contempo, qualsiasi novità che destabilizzi il precario equilibrio che dopo l’abbuffata di ieri sera è sopraggiunto, mi spaventa.
    Maledette paure…
    “Senti Elisabeth, è stato proprio Joss a dirmi di telefonarti. Hai persino il permesso del grande capo, quindi su questo devi stare tranquilla. Comunque, se cambiassi idea, ci ritroviamo lì alle undici.” Ha sempre molto tatto questa ragazza dal volto di un angelo. In fondo, lei lo sa.
    Sa cos’è che mi angustia, conosce i miei timori. Eppure non me ne parla, non indaga.
    Immagino se ci fosse stata Anya al suo posto:
    “Suvvia Buffy, datti una ripulita che assomigli a mia nonna, libera le cosce da questa tuta felpata, ravviva il seno con un reggiseno gonfiabile e spalma un bel rossetto rosso sulle labbra a prova di bacio stile piovra. E poi tesoro, ti ci vorrebbe davvero un po’ di sesso.. ma non delicato ne troppo romantico, no no. Ti ci vuole passione, qualche strana posizione.. lo sai che io e Xander..”
    Ehm, ecco, qui la interromperei di certo.
    Alcune volte supera alla grande il limite consentito, ma la sua lingua non conosce freni inibitori.
    E, sembrerà strano, ma lei riesce sempre a dire, a modo suo ovviamente, quello che in fondo tutti pensano, ma che per ipocrisia o per educazione non dicono.
    Per questo la stimo: non accetta mezze bugie, ne false parole.
    “Ci penserò.. – resto in sospeso, e alla fine glielo chiedo.. il dubbio mi condizionerebbe tutta la giornata – lui... lui… ci…”
    Grazie a dio, Tara corre in mio aiuto, altrimenti questa domanda sarebbe durata almeno per un’ora.
    “In verità Elisabeth, lui generalmente c’è. Porta sempre birra per tutti e la sua fedelissima chitarra. Oggi però ha detto che non sarebbe venuto perché aveva un appuntamento con.. tu sai chi. Quindi sei libera, da questo punto di vista”
    Mi viene da ridere per come tara ha chiamato Harmony…
    “Che c’è?” domanda incuriosita dal mio ghigno.
    “Oddio Tara, sembrava un pezzo di Harry Potter…. Eh eh, tu che parli dell’oca bionda rifatta come di lord Voldemort… troppo comico” e continuo a sghignazzare come una che si è appena ubriacata.
    Per fortuna, anche lei mi segue ed insieme diamo inizio a questo momento di libertà.
    Una volta che mi sono ripresa, ancora con la voce roca, le dico che la raggiungerò.
    Questa domenica mi divertirò anch’io. Cascasse il mondo.

    Allora, riflettendo razionalmente ho optato per jeans e maglietta bianca. Scarpe da ginnastica e maglione blu di lanetta. I capelli li ho raccolti in una coda di cavallo e mi sono truccata appena, giusto il minimo indispensabile per nascondere le occhiaie e la pelle tirata.
    Esco di casa infilando un paio di occhiali a farfalla e, con borsa a tracolla, mi dirigo a passo spedito verso il bar dove ci siamo date appuntamento io e Tara.
    Visto che non so dove il nostro Joss abiti, mi accompagnerà lei.
    L’aria fresca di questa primavera mi stuzzica il viso e mi sento piacevolmente eccitata e serena.
    Sono certa che una sana distrazione non potrà farmi che bene.

    Arriviamo davanti alla meravigliosa villa del nostro grande capo.
    Un enorme cancello in ferro battuto si apre per farci entrare come due grandi braccia che si allargano. Avanziamo lungo un vialetto di ghiaia. Ai nostri lati c’è un bellissimo giardino curato in ogni dettaglio, con colori caldi e svariati.
    Parcheggiamo di lato alla dimora degna di un re, tutta in stile moderno, con ampie vetrate e le mura dipinte di un tenue color pesca.
    Un maggiordomo arriva solerte ad accoglierci e ci fa accomodare all’interno.
    Mio dio! I miei occhi non riescono a contenere tutto questo splendore!
    Il pavimento è un arabesco di colori pastello, i mobili hanno forme lineari ed essenziali, non ci sono ne tende ne tappeti, un odore gradevole di pulito vortica nell’aria e si sentono voci familiari provenire da una stanza luminosa alla nostra sinistra.
    Mentre la raggiungiamo, noto ( e come non potrei farlo?) un’enorme scalinata degna di via col vento… meravigliosa, mastodontica e un po’ troppo appariscente, a confronto del mobilio della casa.
    Ma diavolo, Jjoss è il re dell’eccesso!!
    E la sua mente geniale non poteva accontentarsi di linee continue e mancanza di curve.
    Accidenti, ora che la riguardo, ci sta davvero bene…

    La prima cosa che mi colpisce è il grande camino in pietra acceso al centro della sala, aprendosi così in tutte le direzioni. È un vero spettacolo, le lingue di fuoco danzano confondendo lo sfondo che si intravede, rendendo l’atmosfera quasi magica.
    Attorno al nucleo di fuoco, vi sono ben tre divani a forma di “L” di pelle avana.
    Le pareti laterali hanno pochi quadri, ma una greca rifinita da un arancione soft, rende tutto molto semplice ma curato, elegante.
    Di fronte a me, una vetrata lucente ci immerge nel giardino fiorito, e ci fa sentire quasi un’appendice di quell’Eden variopinto.
    Un uccellino salta dispettoso da un ramo all’altro facendoli oscillare entrambi sotto il suo leggero peso, e tutto avviene in una frazione di secondo.
    Nello stesso istante in cui io mi accorgo di lui.
    Il passerotto se ne vola via con un cinguettio acuto.
    Ed il mondo smette di respirare assieme a me.
    La terra trema solo sotto ai miei piedi, e le ginocchia dondolano come se fossero diventate budino caldo.
    Un’ondata di calore gelido mi parte dalle gambe, attraversa il mio ventre in completezza corrodendomi la pelle e si sbatte con violenza lungo il mio collo, fino a raggiungermi il cervello.
    Avrò, sì e no, la pressione a duecento.
    Il cuore non lo sento più. L’unica cosa che mi fa credere che sia ancora viva, è la mano salvifica di Tara stretta al mio braccio.
    Ha intuito all’istante il mio choc, ed ha provveduto affinché io non mi spalmassi per terra come burro di noccioline.
    Lo fisso come se una strana colla avesse bloccato le mie palpebre e prosciugato le mie iridi. Lui è all’oscuro di tutto ciò…è intento a leggere un libro accucciato sopra ad un cuscino enorme di fianco al divano più lontano.
    Accanto ha una chitarra, adagiata a terra di sbieco.
    Mi sembra la creatura più bella del mondo.
    Anzi, non mi appare come un umano. Ne come un essere celeste.
    È qualcosa che sconfina oltre il conoscibile e l’etereo…lui sta nel limbo, in quel luogo chiamato cuore. E i suoi tratti somatici sono pregni di esso.
    Lui ne ha preso dimora.
    Lui abita in me.
    Ho la netta sensazione di star per morire, e non mi dispiacerebbe. Lascerei il mio ultimo soffio di vita a lui. Perché solo lui è riuscita a donarmela di nuovo.
    L’epidermide che ricopre il mio corpo si innalza come un monte verso il sole, e credo che voglia sfuggirmi da addosso…mi sento nuda, indifesa, fragile..
    Vorrei solo lui, attorno a me, in me, ovunque…la sua presenza mi sovrasta e mi plagia come un incantesimo potente.
    In questo preciso istante, in cui non sento nient’altro che noi, mi rendo conto di essermi perdutamente innamorata.
    E che Angel, assieme a Connor, hanno lascito libero il posto del mio cuore.
    Solo un lieve profumo di quello che era, è rimasto. Ma è flebile, discreto, gentile. Come i tesori che hanno rallegrato la mia giovinezza e i miei giorni, per tanti anni…
    Mio marito e mio figlio…mi amano, come io amo loro.

    Ma io vivo, ancora. Loro, solo nei mie ricordi.

    Quindi, sorrido allegramente e mi preparo alla vita.
    Joss, da bravo padrone di casa, mi viene incontro con un calice di vino rosso mentre ridacchia a braccetto di una donna sulla quarantina, con bei capelli ondulati di un giallo dolce, come il miele.
    Ha intensi occhi celesti, accesi e birichini, un nasino ben delineato ma piccolo e un sorriso splendente.
    È sua moglie, ed io non l’avevo mai conosciuta.
    “Ecco qua la nostra bella sceneggiatrice, il mio quasi braccio destro! – mi consegna il bicchiere e stringe la mano alla donna che gli sta a fianco – sono lieto di averti ai nostri party segreti, Elisabeth. Questa è Joyce, la mia dolce metà” me la presenta e non appena pronuncia il suo nome, gli brillano gli occhi.
    È innamorato il grande registra patito di Harry Potter e dalla mente geniale come Einstein… ed è molto tenero in questa veste.
    La signora allunga la sua mano lunga e ben curata ed io gliela stringo.
    “Piacere di conoscerla. Non immaginavo fosse così bella, Joss ha avuto molto buon gusto, non c’è che dire... Inoltre, debbo farle i complimenti per la casa, è un vero splendore”. Ci sorridiamo e ci piacciamo subito.
    Nel frattempo, anche William si è accorto di me.
    Stranamente, ogni suo movimento, anche se non rientra nel mio campo visivo, viene percepito all’istante.
    Mio Dio, mi sembra di avere un radar!
    Mi fa un cenno col capo, e torna a leggere il suo libro.
    Il mio cuore, ormai abituato a folli corse, si agita, ma poi si rilassa come a trattenere il fiato prima di saltare nel burrone.
    Dopo il primo attimo di panico paralizzante, vedo che in sala ci sono quasi tutti gli attori: Willow, Xander e Anya, Faith e Dawn. Inoltre, c’è un altro ragazzo, che ha fatto una comparsa durante una delle ultime puntate.
    Mi sembra si chiami Riley, ed è un bel giovanotto, alto e robusto, con gli occhi grigi e i capelli castano chiaro. Assomiglia vagamente al mio Angel, anche se mio marito era di certo molto meglio.
    I suoi occhi neri, mi parlavano da soli. il suo sorriso contagioso, splendeva nei lineamenti sempre lisci e misteriosi.
    Il mio compagno…era bello. E me lo ricordo bene, come se l’avessi visto un attimo fa….
    Ma ora il mio sguardo è catturato da una chioma bionda che spicca tra l’avana dei divani e il calpestio delle persone.
    William ha gli occhi più spaziosi del cielo…e della terra messi insieme.
    Ogni angolo, ogni anfratto, ogni crepa o solco del mio cuore martoriato, è colmo di lui.
    Di ciò che provo nel vederlo.
    Stracolma di William, di quello che mi ha ridato, di quello che sono riuscita a provare con un suo solo respiro…
    Sorseggio il mio vino lasciando che l’alcool mi si spanda nella bocca come una medicina succulenta e, dopo aver dato un’occhiata di finto rimprovero a Tara, mi getto nella mischia.
    E giuro, che cercherò di prendere tutto il buono possibile e immaginabile da questa giornata.
    È giunta ora di pranzo ed un maggiordomo tutto composto, ci ha fatti accomodare in un’altra stanza, anch’essa molto lineare e senza troppi fronzoli.
    Al centro c’è una lunga tavola imbandita, e da sotto la tovaglia spuntano dei piedi in ferro battuto, lavorati come zampe di leoni.
    Anche qui un’intera parete è ricoperta da una vetrata luminosa che dà su un’altra angolazione del giardino. Non ci sono solo piante e fiori, ma una fontana zampillante, che gorgoglia come un ruscello di montagna.
    Nei suo schizzi, si può scorgere il riflesso dell’arcobaleno che il sole crea coi raggi tiepidi del mezzogiorno.
    Sulla destra c’è una vetrina di legno chiaro, e al suo interno fanno sfoggia soprammobili di Capodimonte, Swarowsky, calici di cristallo, coppe di vetro soffiato, piatti di porcellana rifiniti in oro, porta cioccolatini dipinti a mano e firmati…insomma, un tripudio di artigianato di classe.
    Dall’altro lato, a sinistra, c’è un divanetto piccolo e un angolo bar, rigorosamente in legno di frassino, con una specchiera sullo sfondo che amplifica la già notevole quantità di liquori esposti dietro al banco.
    Abbiamo preso posizione ed io sono in mezzo fra Willow e Tara.
    William è sempre nella mia fila, accanto a Tara e Xander.
    Dal mio arrivo non ci siamo mai parlati. Solo qualche frase gettata là in mezzo agli altri.
    Deve essere rimasto male anche lui del mio arrivo. Non se lo aspettava, proprio come me.
    E sono certa che stia facendo tutto il possibile per evitarmi.

    Davanti a me c’è quel Riley di cui parlavo prima e devo dire che è abbastanza simpatico, anche se nessuno regge il confronto delle barzellette di Xander e del sarcasmo di William…
    Accidenti!... rieccolo qui, a far da padrone nei miei pensieri, come un re spodestato che non vuol lasciare il proprio regno.
    La corona che porta ancora mi circoncide la mente e mi stringe il cuore.
    Il suo scettro trapassa la mia ragione e le mie paure.

    Come farò quando lui non ci sarà più?

    Come potrò mai riprovare tutto questo, senza di lui?

    Dopo Angel, dopo Connor, dopo la morte, non avrei mai sperato ancora nella vita…ma, come un miracolo divino, è accaduto… e adesso, il futuro mi appare incerto.
    Mangio con appetito e di tanto in tanto mi lascio cullare dal timbro caldo della sua voce, che mi giunge come il suono di uno strumento musicale.
    Io e Tara parliamo di tutto un po’. Mi racconta di aver buttato giù la trama del film che aveva in mente e che presto prenderà accordi con degli attori che conosce.
    Mi ha anche chiesto un parere, come sceneggiatrice.
    Le ho detto che sarà un vero piacere aiutarla. Per tutto il bene che mi fa, questo ed altro le dovrei per essere pari.
    Anzi, non lo saremo mai.

    Siamo arrivate al dolce e sgrano gli occhi quando mi si presenta una mousse al cioccolato con una montagna di panna montata sopra.
    Sento attorno a me le altre che la rifiutano cortesemente.
    Faith inizia a blaterare riguardo alla dieta e ai brufoli, Dawn dice che è allergica al latte ma non credo dica la verità, Willow elenca mille motivi, da una tradizione ebrea alla colica che ha avuto tre giorni fa, ed il suo discorso è più convincente delle altre due, anche se a me non la dà a bere.
    Io, Tara e Anya invece accettiamo di buon grado e rinfranchiamo i nostri sensi più profondi, con una buona dose di cacao.
    Non c’è niente di meglio per sconfiggere le pene d’amore e la depressione dello spirito.
    Riley mi guarda e ride. Anche lui si è mangiato tutta la mousse ed ora giocherella col cucchiaino sul piatto sporco.
    “Che c’è?” gli chiedo, notando che non stacca i suoi occhi da me.
    Probabilmente, sto mangiando come un maiale e mi sarò imbrattata anche il mento…
    “Sei una vera golosona, eh?” mi dice continuando a ridere.
    “Sì – ammetto – e questo suscita in te un attacco simile di ilarità?” sono perplessa.. non è che questo qui si droga?!?
    “Non solo questo – e si allunga sopra il tavolo verso di me – è che sei un vero disastro. Sembri una bambina alle prese con un dolce molto più grande di lei” e con la mano, raggiunge gli angoli della mia bocca e me li pulisce col tovagliolo.
    Senza che io mi accorga in tempo di tutto ciò, mi ritrovo le sue dita che strusciano lievemente sul mio labbro inferiore.
    Ed il suo gioco è talmente ben studiato, che nessuno se ne accorge.
    Solo Tara, che mi è accanto, si agita un po’ sulla sedia e tossisce allusiva.
    Lui indugia ancora un secondo, sorridendomi dolcemente e poi torna a mettersi composto.
    Ma il suo sguardo, non mi abbandona.
    Mi sento le guance in fiamme e una strana agitazione si impossessa di me.
    Ma non è piacevole. Non è simile alla tensione calda che sento con William, di fronte ad ogni un suo tocco…questo, al contrario, è stato solo imbarazzante e fastidioso.
    Cerco di scordarmene il prima possibile e mi volto verso Tara.
    Lei mi interroga con lo sguardo ed io scuoto il capo in un gesto di dissenso.
    Dietro di lei, William mi guarda di sfuggita.
    Vi è un mare agitato in quel blu camaleontico che sono i suoi occhi inquieti.
    E, non so se è il mio cuore a crederlo, ma noto tristezza. E disappunto.
    Torno a fissare la mia amica che mi stringe una mano sotto il tavolo.
    Il pranzo è finito.
    Ora si aprono le danze. Ed il teatro entrerà in azione.....TBC

    Ultima parte

    Il camino arde sempre intensamente e, un po’ per il vino, un po’ per il calore della stanza, mi gira la testa e mi sento rilassata.
    Willow ha letto or ora alcune poesie di Pablo Neruda, e Joss le sta commentando cercando di spezzarle meglio per noi menti semplici.
    Mentre farfuglia parole ad effetto e sguardi allampanati, Tara mi porge un cartoncino di pop corn…accidenti, questi sono incontri per farci ingrassare, altro chè!
    Infilo le mani e prendo due grosse manciate di quei fiorellini bianchi, e inizio a sgranocchiarli voracemente.
    Joss finisce il sermone sull’amore vero e quello immaginario, e lascia la parola ad una persona che amo… e che, come un dio greco, si posiziona davanti a noi, concentrato e serio.
    I colori accesi del camino lo colpiscono da dietro.
    La luce obliqua del pomeriggio, quasi lo raggiunge attraverso i grandi vetri trasparenti.
    Tutti restiamo zitti, immobili.
    La sua voce parte, e ci trasporta leggeri verso i primi del ‘600, lungo l’antica cittadina di Londra…che si protrae fino alla Scozia, dove il narrare diviene immagine.. e la fantasia scorre veloce, assumendo forme, corpi e rumori.
    Da una pagina del Macbeth, William inizia il suo monologo.

    << Domani, e poi domani, e poi domani…
    di giorno in giorno, striscia
    col suo piccolo passo, ogni domani
    per raggiungere la sillaba postrema
    del tempo in cui serve la memoria.
    E tutti i nostri ieri
    han rischiarato, i pazzi, quei sentieri
    che conduce alla morte polverosa.
    Spegniti dunque, ormai corta candela!
    La vita è solo un’ombra che cammina:
    un povero istrione,
    che si dimena, e va pavoneggiandosi
    sulla scena del mondo, un’ora sola:
    e poi, non s’ode più.
    Favola raccontata da un’idiota,
    tutta piena di strepito e furore,
    che non vuol dire niente. >>

    Oh, maledizione!.. mi sento morire.
    Precipitare, come se mi avessero legato un masso al collo, e mi avessero spinto dentro un mare in burrasca.
    Mi manca l’aria, e il cuore mi pulsa agitato nelle tempie.
    Tutti tacciono, ancora.
    Colpiti dall’interpretazione tanto reale e sentita del nostro attore.
    Già, decisamente reale.. così reale, che mi sono rivista dinanzi Angel e Connor, coperti di sangue e sorretti solo da un sottile e flebile rantolo… ed erano reali.
    Per me, tre anni fa, lo sono stati davvero.
    Mi metto in piedi nell’esatto istante in cui William si rimette seduto.
    “Voglio un caffè!” dico lapidaria, quasi urlando.
    Per fortuna mi accorgo dell’impostazione impetuosa che ho dato alla mia richiesta, e riesco a correggermi in tempo. Tre secondi prima, che gli altri pensino che io sia pazza.
    “Ehm, sì, avrei bisogno di un caffè… troppo vino, credo.. e poi la toilette, per favore” chiedo gentilmente guardando Joss, che sembra non fare caso ai miei repentini cambiamenti.
    Tara invece mi guarda perplessa ed io, con un sorriso forzato, cerco di tranquillizzarla.
    Ma non credo la berrà.
    Joss chiama il maggiordomo, che mi fa gesto di seguirlo.
    Senza voltarmi, esco dalla sala e sento di già pungermi gli occhi.
    Mio dio, sto per riversare tutte le lacrime del mondo proprio adesso, in questa casa sperduta, senza una spalla su cui appoggiarmi, senza un conforto, sola e abbandonata..
    Per fortuna, riesco a raggiungere in tempo il bagno
    Con la voce strozzata, getto là un rapido < grazie > verso il maggiordomo che tutto compìto se ne và, e mi richiudo con estrema rapidità, la porta alle spalle.
    Mi accascio al suolo, scivolando di schiena su di essa.

    Piango, come se non avessi mai sofferto prima.

    Come se non avessi mai avuto lacrime tanto salate e corpose negli occhi.

    Come se potesse finire tutto qui.

    Come se tutto, potesse rinascere, da qui.
    Come se non avessi mai avuto lacrime tanto salate e corpose negli occhi.
    Come se potesse finire tutto qui.
    Come se tutto, potesse rinascere, da qui.

    Non so se è succede a tutti, ma quando il dolore diventa talmente impetuoso da sconfinare oltre gli argini, il tempo galleggia in una dimensione soggettiva.
    È per questo, che non saprei affermare con precisione da quanto tempo sono qui dentro.
    So solo che ho imparato a memoria il numero di mattonelle sul muro davanti a me, saprei disegnare una cartina dei servizi igienici anche ad occhi chiusi, potrei dipingere a distanza di giorni, i disegni in bassorilievo che decorano la greca attorno alla vasca da bagno.
    Sono in uno stato di completo ebetismo. Ho smesso di piangere già da un po’, e sento i muscoli abbandonati a loro stessi.
    Sto valutando davvero l’ipotesi di tornare a casa da sola, magari a piedi, oppure potrei fare l’autostop…forse ancora esiste qualcuno che può dare un passaggio ad una vedova sola e senza speranza…magari, esiste una qualsiasi persona disposta ad ascoltarmi, ad accettare il mio passato, il mio dolore, insieme a me…
    Ricordo le parole del monologo:
    < la vita è solo un’ombra che cammina…favola raccontata da un’idiota…che non s’ode più.. >
    Ebbene sì. È vero. Questo è stata la mia vita fin’ora.
    Un’ombra di ricordi, di rimpianti.
    Una favola che mi sono raccontata da sola, illudendomi, credendo di trattenere chi ormai non c’era più, solo negandomi la felicità.
    E l’idiota, sono io.
    Ed è il mio cuore che non si ode più.
    Sono morta dentro.
    O meglio, lo ero.
    Perché questo pianto, insieme a tutto quello che ho sentito e provato fino ad oggi, significa che qualcosa di vivo si è rimpossessato di me.
    Oggi, sto combattendo affinché il suono ritmico e vibrante del mio cuore, si possa sentire ancora… perché l’idiozia si trasformi in conoscenza…perché l’ombra si rimpossessi del corpo al quale era stata strappata.
    William.. è solo questo il nome che mi torna alla mente e che pulsa dentro di me come un tamburo…

    Mi rialzo, sciacquo il viso, sorrido allo specchio e faccio un respiro profondo.
    Esco dal bagno e mi ritrovo davanti il maggiordomo.
    Che mi abbia aspettato fino ad ora?
    Oddio, forse sì…e forse ha sentito i miei singhiozzi..
    Timidamente, gli chiedo se mi indica la cucina.
    Voglio ancora quel caffè iniziale, e voglio farmelo da sola.
    Me lo gusterò fino all’ultimo sorso.
    Il maggiordomo ha storto leggermente la bocca quando gli ho detto che me la sarei cavata senza il suo aiuto.
    Forse ha paura di essere ripreso per questo.
    Mentalmente mi appunto di spiegare poi a Joss l’accaduto.
    Mentre cerco di incastrare la cialda nella macchina per l’espresso, alcuni passi mi giungono alle spalle.
    Mi volto per vedere chi sia, e non respiro più.
    È William.

    “Stai bene?” domanda guardandomi in faccia.
    Che sia stato preoccupato per me??
    “Sì, è tutto ok. Ho avuto solo un prolungamento nella mia visita al bagno… sai, la mousse al cioccolato può fare strani scherzi” gli rispondo cercando di fare la seria, ma lui prende a ridere.
    Ed io mi unisco a lui.
    Ma dura poco. Troppo poco.
    Le sue mura di difesa, si ergono alte e rapide.
    Non mi permetterà di avvicinarmi, lo so.
    Mi rivolto e continuo nell’impresa impossibile.
    “Ti serve una mano?”mi chiede e lo sento avvicinarsi.
    “A dire il vero, non riesco a ficcare questo coso che tutto sembra meno che caffè, qui dentro” spiego, e me lo ritrovo di fianco.
    Non ho il coraggio di alzare lo sguardo verso di lui.
    William ghigna divertito, e allunga un braccio.
    “Dammi, faccio io” dice e prende la cialda dalla mia mano, sfiorandomi le dita.
    Trattengo a stento un sussulto, cercando di mantenere un contegno.
    Non posso saltargli addosso, non ora.. soprattutto dopo averlo rifiutato, dopo avergli detto che non lo avrei mai amato, dopo avergli confessato invece che tutto era cambiato, e che..
    Mamma mia, che bel casino che mi sono messa su da sola!
    Davvero brava Elisabeth, una grande sceneggiatrice, non c’è che dire!
    Lui continua ed io mi sposto per farlo lavorare meglio.
    In due mosse veloci, il caffè è pronto ed io mi sento un’inetta.
    “Ecco fatto” e mi porge la tazzina fumante.
    “Ah.. bene. Sembrava più difficile, prima.” Abbozzo, per non sfigurare.
    William fa spallucce.
    “Non devi giustificarti, anch’io la prima volta sono impazzito con quell’aggeggio infernale”
    “Davvero?” gli chiedo incredula.
    “Sì, sì. Come quella volta con la videocamera digitale. Ti ricordi in quel negozio al centro commerciale, quando il commesso cercava di spiegarmi come si accendeva ed io che invece continuavo a staccare e riattaccare la batteria??” mentre lo dice, fa il gesto con le mani.
    Lo stesso che fece quel pomeriggio, quando ancora eravamo amici e tutta questa lontananza non ci aveva diviso.
    “Già, e poi lui poverino alla fine rinunciò. Che ridere, ancora mi sembra di rivederlo: affranto, confuso e un po’ scioccato”
    Un momento di serenità cala fra noi, e l’atmosfera è leggera.
    Mi sento come un tempo, quando mangiavamo biscotti sul divano del mio appartamento.
    In sintonia, come i tasti di un pianoforte.
    Ma il silenzio ripiomba simile a cemento fuso sopra di noi. E mi schiaccia sotto il suo peso.
    Lui è più forte, le sue spalle larghe potrebbero sorreggere tutto il mondo, se ce ne fosse il bisogno.
    “Ne vuoi una tazzina anche tu?” gli chiedo per allentare la tensione.
    “No, grazie, anzi, ora torno di là” e si stacca dal bordo della penisola al quale era appoggiato di schiena.
    “Ok. Dì agli altri che sto per arrivare”
    Annuisce col capo e si incammina verso la porta.
    Io mi rigetto nella mia malinconia, quando lui si volta di scatto e torna indietro.
    Si passa agitato una mano fra i capelli, e fatica un po’ a guardarmi negli occhi.
    Lo fisso perplessa.
    Cosa vuole dirmi??
    Cos’è che lo turba così tanto??
    Ti prego, Will, parla, altrimenti ne morirò…

    “Sei felice, Elisabeth?”
    Eccola qua, la domanda da un milione di dollari.
    “Vuoi la verità?” ribatto.
    “Sempre” dice piano.
    “Alcune volte sì… altre, come oggi pomeriggio, no. Ma è normale, credo. Non me ne faccio un problema. O meglio, me ne faccio visto che mi sono rinchiusa in bagno per non so quanto tempo a piangere…”
    Non è proprio la pura verità, ma non è nemmeno una bugia.
    Manchi solo tu, amore mio, per rendermi completamente felice.
    Solo tu.
    “Mezz’ora – lo guardo interrogata e lui si spiega subito – ci sei stata mezz’ora in bagno. E se vuoi, posso andarmene… ti capisco se la mia presenza ti è di-“
    Ma lo fermo. Non voglio assolutamente che lui pensi questo di me.
    E neppure di se stesso.
    “No, no, no, William.. non è colpa tua. Assolutamente. Sono io, l’unica cosa sbagliata in tutto questo, sono io”
    Senza accorgermene, mi sono avvicinata di molto a lui.
    Siamo uno di fronte all’altra. Faccia a faccia.
    “Forse abbiamo sbagliato entrambi, non credi?” com’è dolce il suono della sua voce adesso. Mista ad un velo di tristezza.
    Potrebbe condurmi nuovamente al pianto, ma non glielo permetterò.
    “Forse…ha importanza per te saperlo ora?”
    Glielo chiedo. Voglio saperlo se ancora c’è speranza.
    Se quello che avevamo può tornare a fiorire come un bocciolo congelato dal freddo, ma riscaldato da un timido sole primaverile.
    Aspetta un attimo, e infine scuote la testa.
    “No, non ne ha.” Sospira e si volta, dandomi le spalle.
    Fa due passi e si blocca di nuovo.
    “Comunque, per quello che vale, mi dispiace.”
    “Anche a me… - ma non ce la faccio e devo, ho l’urgenza di chiederglielo – stai… stai con Harmony, ora?”
    Gira appena di lato il volto, ed io posso scorgere solo il suo profilo tagliato dalla luce.
    “Sì. – tace, respira pesantemente e sospira – e tu hai qualcuno?”
    Mi torco le dita e abbasso gli occhi.
    Dovrei dirgli che sì, ho un amante, uno stallone pronto a soddisfare le mie esigenze, un compagno che mi ama e che io amo…
    Ma dire una bugia a questo punto, non ha più senso.
    In fondo, il tempo delle conquiste è finito. Anzi, non c’è mai stato.
    “No. Sono una single che si dimena fra lavoro e tormenti… - ridacchio fra me e me, per l’ironia di questa sorte tanto beffarda – e ti auguro di essere felice con lei, William. Dico sul serio”
    Ormai trovo il coraggio di alzare di nuovo lo sguardo.

    Il mio amore perduto è davanti a me.

    Resta immobile per alcuni secondi che rasentano l’eternità.
    Poi annuisce col capo, silenziosamente.
    Non muove un muscolo.
    E, senza voltarsi, esce dalla cucina.
    Neppure un sospiro, odo.
    Neppure un minimo rumore o alito di dolore.
    Niente.
    Ed io resto sola, qui dentro, assieme al mio niente.
    Il pomeriggio trascorre veloce, in compagnia dei ragazzi.
    Tara, appena sono tornata in sala, mi ha presa in disparte e mi ha chiesto che fine avevo fatto.
    Le ho spiegato, che è dura riabituarsi alla vita dopo tanta morte.
    Lei mi ha appoggiato una mano sulla spalla e mi ha sorriso.
    Abbiamo parlato di tante cose, dalla letteratura ai dipinti di Joss.
    Abbiamo cantato canzoni accompagnati dal suono della chitarra di William e dalla sua calda e avvolgente voce.
    Anya e Xander hanno ammesso pubblicamente di stare insieme. Non che ci fosse ancora qualcuno che non lo sapesse, ma credo che per loro sia stata come un’ufficializzazione, per asserire finalmente l’importanza del loro rapporto agli altri e, prima di tutto, a loro stessi.
    Willow mi ha raccontato del suo legame con Andrew, che a quanto pare, sta procedendo. Hanno in comune la passione per il cinema e per i libri.
    Dawn invece mi ha dato consigli sul trucco che, a dirla tutta, non mi interessano affatto.
    Faith invece è stata sempre sulle sue, dando di tanto in tanto, una leccatina a Joss, per farsi notare come il suo solito.
    Devo dire, che spesso si è accostata a William, facendogli le fusa e ridendo come una sciocca ad ogni sua battuta.
    Al bell’imbusto non è dispiaciuto, anzi...
    Gli piace essere corteggiato.
    Buon per lui. A me questo non basta.
    Riley mi segue con lo sguardo ad ogni movimento.
    Mi inquieta un po’ il suo atteggiamento da predatore, anche perché non sembra voglia solo conquistarmi.
    Sembra invece che voglia catturarmi e magari riportarmi per cena.
    Io resto attaccata a Tara, come se la vicinanza della mia amica mi proteggesse dal mondo, e soprattutto dagli uomini con gli ormoni a mille.
    Verso la fine del pomeriggio, quando fuori il cielo si imbrunisce, Joss ci saluta.
    Ma prima, ci fa sedere e resta in piedi davanti a noi.
    E mi chiama al suo fianco.
    Io lo seguo un po’ interdetta.
    Mi sembra di essere a scuola.
    Mica vorrà farmi domande difficili, vero??
    Aiuto, sto per andare in palla!
    “Allora ragazzi, siamo giunti alla fine delle riprese. Fra un mese e mezzo, il nostro viaggio finirà, e come sempre, per me è come se mi staccassero un pezzo di vita. Ma sappiate che ci sarà un’altra serie. L’ultima. E che ho grandi idee per questa. Ma ora, vorrei che Elisabeth vi riassumesse velocemente gli ultimi colpi di scena che registreremo i prossimi giorni. A te la parola, ragazza, vai e stupiscici!”
    Mi fa un gesto di incoraggiamento con la mano e poi si mette seduto vicino a sua moglie.
    Io resto in piedi come un baccalà.
    Li guardo uno per uno e mi vergogno da morire, ma poi il mio istinto prevale.
    In fondo, fare la sceneggiatrice, è la cosa che mi riesce meglio.
    “Allora, questo finale di serie sarà in linea con tutta la storia. Ci saranno vari colpi di scena come ha annunciato Joss, e so già che qualcuno di voi li conosce.
    Tara verrà uccisa da Warren. Willow, totalmente distrutta da ciò, passerà al lato oscuro della magia e tenterà di distruggere il mondo. Dopo il tentato stupro di Spike verso Buffy, il vampiro se ne andrà alla ricerca di qualcosa che lo possa cambiare. Al momento, non so neppure io cosa Joss abbia in mente.
    Spero ce lo rivelerai al più presto.
    La Cacciatrice si troverà a dover fronteggiare la sua migliore amica, e sarà uno scontro violento, ma profondamente triste.
    Infine, quello che bloccherà la distruzione del mondo da parte di Willow, non sarà la magia, ne la forza sovrumana. Sarà l’amore dell’amicizia che le donerà Xander. Così verrà scongiurata l’ennesima apocalisse: con un abbraccio fra due amici.”
    Concludo e torno seduta. Il grande capo annuisce.
    “Allora, ci sono domande?” chiede poi.
    “Sì, ehm – si intrufola Anya – non è mica che il mio Xan e Willow dovranno baciarsi, vero? Perché a quel punto potrei anche agitarmi un pochino” minaccia con la sua solita aria sfrontata.
    Tutti ridiamo, mentre Xander le si avvicina e la bacia su una guancia.
    “Tesoro, nessuno potrebbe mai dividermi da te. Anche perché rischierei l’evirazione..” e ridacchia, dopo essere stato colpito ripetutamente su una spalla.
    “Fra me e William ci saranno altri baci? – domanda fintamente in imbarazzo la nostra Faith, assumendo un’aria da santarella che proprio non le si addice – perché se così fosse, già ti dico mio caro di tenere la lingua a freno, ok?” e lo guarda dondolandogli il dito davanti in un gesto di ammonimento.
    Lui ghigna e assume quell’aria sexy che gli appartiene.
    E che mi fa sciogliere ogni volta.
    “Sta tranquilla dolcezza. La mia lingua è riservata solo a poche elette, e tu non sei nella lista. Almeno non nei prossimi venti anni” e alza il sopracciglio con la cicatrice.
    Poi, repentino, mi guarda, sfuggendomi subito.
    Dio mio William, io conosco la tua lingua, i tuoi baci, il tuo calore…ed è meraviglioso essere stata un’eletta, anche se per pochi attimi… è stato il paradiso.

    “Scusate se blocco il vostro colloquio così interessante, ma vorrei sapere una cosa. Dovrò rimettere quelle lenti odiose per far diventare l’iride più grossa e nera?” domanda Willow preoccupata.
    “Sì, ce ne sarà bisogno e anche per parecchie scene” le risponde Joss.
    Lei sbuffa.
    “Accidenti, le odio. Devo farmi gli impacchi di camomilla per una notte intera. poi.”
    Ancora altre chiacchiere, un ulteriore bicchiere di vino, e piano piano ce ne andiamo.
    William è il primo a partire. Sale in sella alla sua moto e scompare nel buio della notte che fuori è calata.
    Prima di andarsene mi saluta leggermente. Domani lo rivedrò agli studios. Ed il nostro lavoro terminerà a breve.
    Tutto finirà. Ma non ciò che provo per lui.
    Quello sarà eterno.
    Io e Tara siamo le ultime a lasciare la grande villa moderna.
    Joss mi consegna alcune bozze dei dialoghi e mi chiede di correggerli.
    Lo sapevo che c’era la fregatura! Ti invitano ad una giornata di svago, e ti infilano là altre cinquanta pagine da leggere, smembrare e revisionare.
    Bene bene… vorrà dire che inizierò già da stanotte a non dormire.

    Siamo già sul portone che il grande capo ci richiama e ci consegna il libro di poesie di Neruda.
    “Ridatelo a William, io domani non ci sarò e quello là senza i suoi libri va in tilt!”
    Lo dà a me ed io lo stringo fra le mani.
    Questo piccolo tomo è stato sfogliato, accarezzato, bevuto e sentito dal mio amore.
    Quando siamo in auto, lo sfoglio. Vado alla ricerca di una traccia di lui.
    Tara mi lascia stare. Lascia che questo momento sia solo mio.
    Trovo una pagina segnata.
    In fondo, c’è scritto a matita: < per lei >.
    E la poesia che leggo sopra, mi toglie il fiato.

    SE TU MI DIMENTICHI
    Voglio che sappia
    una cosa.
    Tu sai com'è questo:
    se guardo
    la luna di cristallo, il ramo rosso
    del lento autunno alla mia finestra,
    se tocco
    vicino al fuoco
    l'impalpabile cenere
    o il rugoso corpo della legna,
    tutto mi conduce a te,
    come se ciò che esiste,
    aromi, luce, metalli,
    fossero piccole navi che vanno
    verso le tue isole che m'attendono.
    Orbene,
    se a poco a poco cessi di amarmi
    cesserò d'amarti a poco a poco.
    Se d'improvviso
    mi dimentichi,
    non cercarmi,
    ché già ti avrò dimenticata.
    Se consideri lungo e pazzo
    il vento di bandiere
    che passa per la mia vita
    e ti decidi
    a lasciarmi alla riva
    del cuore in cui affondo le radici,
    pensa
    che in quel giorno,
    in quell'ora,
    leverò in alto le braccia
    e le mie radici usciranno
    a cercare altra terra.
    Ma
    se ogni giorno,
    ogni ora
    senti che a me sei destinata
    con dolcezza implacabile.
    Se ogni giorno sale
    alle tue labbra un fiore a cercarmi,
    ahi, amor mio, ahi mia,
    in me tutto quel fuoco si ripete,
    in me nulla si spegne non‚ si oblia,
    il mio amore si nutre del tuo amore, amata,
    e finché tu vivrai starà tra le tue braccia
    senza uscir dalle mie.

    Parla di noi.
    E, in una richiesta muta, mi invita ad agire.
    A cambiare.
    So per certo che domani gli riconsegnerò questo libro.
    E sono convinta, che da domani gli consegnerò anche me stessa.
    Elisabeth, si trasformerà.
    E lotterà per il suo amore.


    Mi sto preparando per uscire di casa, quando Andrew mi telefona e mi avverte che le riprese oggi si faranno dopo il tramonto.
    “Ordini del grande capo in persona” afferma ed io annuisco.
    Riaggancio la cornetta e mi dirigo in sala, gettandomi letteralmente sul divano.
    Dovrei approfittare di questa mezza giornata libera per avvantaggiarmi sul lavoro, ma non ne ho voglia…fuori il sole esce a sprazzi, celato da alcune nuvole birichine…e mi decido a fare una pazzia.
    Esco in fretta con la borsa a tracolla e chiamo un taxi. Gli do l’indirizzo e mi rilascio sul sedile posteriore sbuffando per la corsa. Il più è fatto.
    Anzi, no. Ora viene il pezzo forte.
    Mi concentro e organizzo un discorso che al momento fa acqua da tutte le parti. Ma devo farcela.
    Devo sorpassare la linea gialla ed entrare oltre il fossato.
    Devo raggiungerlo.

    L’auto si ferma e fuori inizia piovere.
    Sempre la solita fortuna sfacciata, eh Elisabeth??
    Pago la corsa e di fretta esco dall’abitacolo, inciampando come una cretina..
    È che sono talmente agitata.. mamma mia, nemmeno al college ero così insicura e tesa per dire solo quattro parole.. a dire il vero, sono di più.. e sono molto importanti per me.
    Traggo un respiro profondo, e mi intreccio nelle porte girevoli.
    Sto facendo una magra figura, dio mio..
    Il caldo dell’albergo, mi stordisce all’inizio ma poi diviene piacevole.
    Come un cane che scuote il pelo, mi tolgo di dosso le goccioline di acqua che sono restate impigliate nel mio giacchetto di jeans. Mi aggiusto alla meno peggio i capelli che per l’umidità si sono increspati e mi guardo intorno.
    Eccomi qui, di nuovo in questo posto dove tutto è cominciato.
    Una leggera malinconia mi assale, ma non le lascio il tempo di commuovermi.
    Quasi corro verso l’ascensore, mentre la segretaria della hall mi riconosce a mi fa un cenno di saluto.
    Sgattaiolo in fretta, per paura che mi blocchi e magari inizi a fare domande, allungando ulteriormente la mia agonia.
    Appena dentro l’ascensore, e per fortuna sono sola, mi passo un po’ di lucidalabbra e mi guardo allo specchio.
    Sono uno straccio, un surrogato della bella ragazza che ero un tempo. Mi do alcuni pizzicotti sulle guance per ravvivare il pallore cadaverico che mi porto appresso da un po’, e tiro fuori il libro di Pablo Neruda.
    La porta si apre con un fischio.
    Le pareti coperte di stoffa morbida tendente al verde pastello, emanano calore.
    Mi ricordo a memoria il numero della camera e mi dirigo diritta e senza esitazione.
    Ho il cuore che batte a mille.
    Ho una marea di pensieri, ma non una parola da dire. le mani mi sudano e le ginocchia vibrano come se ci fosse il terremoto.
    Arrivo e mi fermo un istante.

    Camera 1204. E’ la sua. Lui è qui dietro. E non mi sta aspettando.
    Un dubbio mi assale. E se lo trovassi in dolce compagnia??
    Appoggio l’orecchio al legno chiaro della porta e affino l’udito.
    Niente. Grazie a dio, non sento nessun rumore compromettente.
    Ne strani ansiti o gemiti…
    Cerco un controllo che non ho e quando ne ottengo un minimo, tossisco.
    La mia mano destra si alza sotto il comando del cervello ormai ridotto in pappa e bussa. Le nocche mi dolgono appena.
    Forse, ho impiegato troppa forza.
    Smettendo di ragionare, di respirare e di contare il battiti a mille del mio cuore, aspetto.

    Un minuto.

    Due minuti.

    Cinque minuti.

    “Maledizione! Telefona prima, Elisabeth!” mi rimprovero a voce alta e le mie funzioni vitali riprendono finalmente il loro cammino.
    Mi allontano col cuore pesante e una dozzina di capelli bianchi in più per l’ansia. Sono così presa da me stessa e dalla mia frustrazione, che non sento una voce chiamarmi.
    La terza volta, a dire vero quasi urlato, riconosco il mio nome. E la sua voce.
    Mi giro di scatto.
    Nel movimento brusco, una caviglia mi si torce dolorosamente e mi piego sulle gambe.
    Gemo come un cagnolino che guaisce e per la seconda volta in nemmeno un’ora mi accorgo di assomigliare di più ad un quadrupede a quattro zampe e pure peloso, che ad una vedova sceneggiatrice senza un uomo.
    Ma porca miseria, devo sempre essere così imbranata!
    William fa un passo nella mia direzione, ma con una mano gli faccio cenno che va tutto bene.
    Zoppicando, lo raggiungo sulla porta.
    Ha i capelli bagnati e odora di bagnoschiuma.
    Stava facendo la doccia, ecco perché c’ha messo tanto. Indossa una tuta ed ha l’aria di uno che vuole stare sul divano a poltrire per tutto il giorno.
    Come lo capisco…e forse avrei fatto meglio anch’io a restare quatta quatta in casina, invece che rompermi l’osso del collo lungo un corridoio dei più prestigiosi alberghi di Los Angeles per dire ad un uomo che ha affermato in tutte le salse che non mi ama più.. oddio! per dire cosa?!?
    Ecco, sono totalmente in palla…vorrei morire qui.
    Per giunta la caviglia mi fa un male boia e forse si gonfierà.
    “Stai tentando di romperti un osso per arrotondare lo stipendio? L’assicurazione ti paga anche per questi infortuni?” domanda sarcastico ed io lo fulmino con lo sguardo.
    Ma non mi riesce bene, il dolore è troppo forte al momento.
    “Se riesco a camuffarlo come incidente di lavoro, potrei superare persino il budget che hai come attore…e visto e considerato che sono qui al fine di non farti impazzire, credo che anche questo possa essere elencato come mia mansione. Faccio parte della troupe, e debbo pensare all’incolumità di voi attori.”
    Le parole mi escono un tantino a stento, ma riesco comunque ad assumere la mia aria più decisa.

    Se solo sapesse che tornando ho nel cuore a stargli così vicino…

    Mi guarda come se fossi un extraterrestre or ora sbarcato da Marte.
    Non ha capito un tubo di quello che gli ho appena detto, e non posso dargliene torto.
    Sto per iniziare la mia spiegazione, ma lui mi precede.
    “Perché dovrei impazzire?” mi chiede alzando il sopracciglio tagliato.
    Accidenti, William, ma tu lo sai l’effetto devastante che questo tuo gesto ha su noi povere mortali?? Non puoi farne un uso tanto parsimonioso.. fra poco, dovrai portarmi in ospedale per infarto, altrimenti!
    Gli sorrido furbescamente e gli sventolo davanti il libro di Neruda.
    “Ecco perché. Te lo sei dimenticato ieri a casa di Joss. È stato lui a pregarmi di portartelo, dicendomi che senza i tuoi libri non puoi stare. Ed io, come da contratto, ho adempiuto al mio dovere” gli dico soddisfatta.
    Mi sorride e si passa una mano fra i capelli.
    Se non lo conoscessi, direi che è in imbarazzo… ma non può essere, insomma non con me.
    O forse sì?

    “Grazie, Joss mi conosce bene a quanto pare” e lo prende, iniziando a sfogliarlo.
    Il destino gira a mio favore, caso strano, perché si sofferma un attimo sulla pagina segnata.
    Prendo la palla al balzo, e gioco la mia prima carta.
    “L’ho letta – ed indico la poesia in questione – è molto bella. Sono stata indiscreta forse, ma non ho resistito”.
    Si blocca nell’esatto istante in cui glielo dico.
    Non alza il viso, ma continua a fissare quelle parole.
    Poi, tutti i suoi lineamenti si tendono. E gli occhi gli si bagnano appena.

    Che cosa sta accadendo?

    Aspetto che lui mi risponda, alluda, persino mi rida in faccia, ma non arriva niente.
    Per alcuni secondi, restiamo zitti sulla soglia della camera 1204 dell’albergo. Come due perfetti estranei.
    Infine, trova il coraggio e mi guarda.
    Ha di nuovo il controllo di se e delle proprie emozioni.
    E i suoi occhi sono di ghiaccio.
    Freddi e lontani come lande desolate. Come la bianca pianura del polo nord.
    “Grazie per avermelo portato, ma adesso devo rientrare. Sto aspettando qualcuno” la sua voce esce piatta, senza flessioni.
    E un maremoto di fuoco gelido mi si sbatte addosso con violenza.
    Non mi fermerò. Andrò oltre il suo rifiuto.
    “Ti andrebbe di bere qualcosa? Non so a che ora tu abbia questo appuntamento, ma potremmo ingannare il tempo insieme, nel –“ ma mi zittisce in un battibaleno.
    “No, non posso. Scusa” e spera che sia finita qui la nostra conversazione. Invece no, mio caro…non ancora.
    “Aspetti Harmony?” diretta e semplice.
    Una bella domanda che non può sviare, ne far finta di non aver sentito.
    Può solo rispondermi.
    “Sì” ed ecco quella laconicità che mi aspettavo.
    William si mette il libro dentro il tascone che ha sul davanti della tuta e indietreggia di un passo. Con la mano, stringe il bordo della porta e la accompagna per chiuderla.
    Ma io avanzo, guadagnando terra. E tempo.
    “E la aspetti conciato così? Insomma, forse dovresti cambiarti. Alle donne come lei, e dio solo sa a quale categoria faccia parte, non piacciono i ragazzi trascurati. E tu oggi non assomigli di certo al famoso attore stampato su tutti i rotocalchi” incrocio le braccia sul petto e attendo.
    Se non mi sbaglio, presto dovrei ricevere quello che cerco.
    William sgrana gli occhi. È incredulo.
    E secondo me, non sa più quale scusa inventarsi per farmi andare via.
    Sono il pagliaccio dell’amore e in questo momento, sto interpretando la mia miglior performance: umiliarmi fino al pari di un verme.
    Si guarda il corpo e fa spallucce.
    “Anche vestito così non sono niente male, dolcezza. E inoltre, visto che sei peggio di un mastino, sappi che stiamo per andare a fare jogging. Ecco perché sono in tuta!” sbotta infine di colpo, chiudendo la porta di un altro po’.
    “Dovrai rimandare mi sa… fuori sta piovendo” gli faccio notare e lui, per sincerarsene, si volta indietro a guardare oltre la finestra.
    Scuote il capo e sospira.
    Mi sa che sto mettendo a dura prova il suo sistema nervoso.
    “Meglio, così andremo in palestra. Ora se non ti spiace..” e stavolta i suoi movimenti sono rapidi, ma lo batto sul tempo.
    Metto un piede sulla soglia e allungo la testa per raggiungerlo.
    Lui è sempre più esterrefatto. Ed è in ansia.

    Ecco che sopraggiunge il coraggio.
    Ecco che il mio cuore dapprima morto, poi risorto ed ora acciaccato e martoriato, mi detta le parole giuste da dire. E mi dona ardore e sicurezza.
    “Lei non ti amerà mai” mormoro fissandolo fin dentro l’anima.
    È così bello e insicuro adesso.
    Le sue labbra schiuse, mi invitano a raggiungerle…ad unirsi alle mie.
    Il languore si rimpossessa di me e mi avvicino troppo, quando quei meravigliosi spicchi di pesca matura si contraggono in un ghigno amaro.
    Ed io congelo dentro.
    “Nemmeno tu…” mi dice, lasciandomi crollare da sola, fuori della sua stanza e del suo cuore.
    La porta mi si chiude in faccia ed io resto lì, in piedi, a guardare il vuoto.
    “Io sì..” sospiro a voce bassa.
    Ma non mi darò per vinta.
    Questo è stato solo l’inizio.
    Lotterò per lui.
    Lotterò per l’amore.
    Per quello che mi spetta.

    Quello che mi merito.

    Nella mente ritorna la poesia letta poco prima di venire qui. Stamani.
    La scribacchio su un foglietto e gliela infilo sotto l’uscio.
    Dice questo.

    SAPRAI CHE NON T'AMO E CHE T'AMO
    Saprai che non t'amo e che t'amo
    perché la vita è in due maniere,
    la parola è un'ala del silenzio,
    il fuoco ha una metà di freddo.
    Io t'amo per cominciare ad amarti,
    per ricominciare l'infinito,
    per non cessare d'amarti mai:
    per questo non t'amo ancora.
    T'amo e non t'amo come se avessi
    nelle mie mani le chiavi della gioia
    e un incerto destino sventurato.
    Il mio amore ha due vite per amarti.
    Per questo t'amo quando non t'amo
    e per questo t'amo quando t'amo.
    Pablo Neruda

    È mattina presto e le riprese in questi giorni, avanzano a ritmo concitato. Barcollo ancora semi addormentata attraverso l’ingresso degli studios e, dietro alle lenti scure degli occhiali da sole, vedo Xander che mi viene incontro.
    Ha di certo un’aria migliore della mia.
    È di già pettinato, truccato e vestito per la scena di oggi. Ha un sorriso che gli parte da un orecchio e gli arriva all’altro.
    Sembra abbia vinto alla lotteria di capodanno..
    “’Giorno Xan” lancio là, passandogli di fianco col viso immobile di una statua di marmo.
    Oggi non ho proprio voglia di ridere ne di scherzare.
    Ho passato una nottata infernale, facendo la spola dal bagno al letto continuamente.
    Credo di aver vomitato anche qualche parte di intestino, ma non ne sono sicura…forse era la pizza mezza congelata di ieri sera, boh!
    Comunque, lui non si accontenta di un rapido saluto e mi si avvicina obbligandomi a fermarmi con lui.
    “Indovina?” mi chiede ed è terribilmente eccitato.
    Calo gli occhiali sul naso per guardarlo meglio con aria disinteressata: mamma mia, è davvero su giri!
    “Hai scoperto una nuova droga?? Perché sembri fuori come un balcone, Xan, lasciatelo dire!” bofonchio sarcastica e troppo sincera.
    Ma, come ho affermato prima, non ho voglia di chiacchierare.
    Ne tanto meno, di assistere a tutto questo tripudio di esaltazione quando io sono depressa e nauseata come dopo un viaggio in pullman!
    “Che cos’hai? Ti è morto il gatto? In genere la rompi del gruppo è Faith, e non tu.” risponde perplesso, accigliandosi.
    Accipicchia, ora ho rattristato anche lui.
    Suvvia Elisabeth, un piccolo sorriso, solo per Xan.. il gran vecchio Xander, quello che ti ha sostenuta, confortata, esortata in tutta questa eterna soap con William… sì, glielo devo.
    Tendo i lati della bocca come se fossi una strega cattiva e la pelle mi tira.
    Provo a rilassarmi, ma non mi riesce un granché bene.
    “Mai avuto gatti…ma tu piuttosto, che cosa è che ti ha ridotto così?”
    Xander mi scruta per alcuni secondi e infine sputa il rospo. Anche perché non avrebbe resistito oltre.
    Il rospo, se non gli avessi dato un implicito permesso di continuare, gli sarebbe andato di traverso.. lo conosco troppo bene, ormai.
    “Ho chiesto ad Anya di sposarmi.. ed ha accettato!!!!!” esulta, sbattendo le mani come un bambino.
    I suoi occhi si inumidiscono e mi abbraccia.
    È così tenero e innamorato… per un attimo, inghiotto la saliva pensando a William… e ad Angel e all’amore che scappa lontano da me come un treno in corsa…ma dura poco.
    La notizia, mi contagia ed ora le onde di questo mare di gioia mi raggiungono e mi bagnano, anche se restano solo a lambirmi i piedi...
    Rispondo all’abbraccio e mi complimento con lui.
    “Sono felice per voi Xander… e vi auguro una vita lunga e felice insieme. Dico davvero” e sono sincera. Totalmente.
    “Sai, all’inizio non ci speravo.. insomma, lei ha preso ad elencarmi tutti gli uomini che ha avuto ed anche se mi ha messo in cima alla scaletta dei migliori amanti, non c’avrei scommesso nemmeno un penny…ed invece che farla, l’ho ricevuta io la sorpresa!” esclama prendendomi le mani e invitandomi a girare in tondo saltellando animatamente… ma la mia nausea aumenta inesorabile e rischio di vomitare proprio qui tutto il caffè amaro che mi sono appena preso.
    “Oddio Xan..fermati!Ti prego!” lo esorto e lui si ferma.
    Si ricompone, si schiarisce la gola e si passa una mano fra i capelli, tirandoseli indietro.
    “Ehm, si è vero: ho esagerato.. ma non è una cosa che accade tutti i giorni, giusto?” domanda ed io annuisco.
    Ha ragione, il mio caro amico.
    Questo resterà per lui un giorno memorabile.

    Ancora ricordo il mio con Angel: lungo il parco, sull’ora del crepuscolo.
    Mi fece sedere su di una panchina in riva ad un ruscello che gorgogliava dopo le piogge autunnali. Le foglie dorate e arancio, assieme ai ricci delle castagne aperti come frutti maturi, tappezzavano il selciato ammucchiandosi ai lati.
    Una lieve brezza ancora tiepida, trasportava con se l’odore della terra umida, mentre uno stormo di uccelli macchiava il cielo come uno scarabocchio di china su un foglio immacolato. Un cane trotterellava davanti a noi, soffermandosi di tanto in tanto ad annusare l’aria. Il vociare delle persone ci giungeva distante, donandoci la sensazione di appartenere ad un universo parallelo.
    Solo nostro, in un qualche modo.
    Angel si mise in ginocchio davanti a me. E mi prese la mano.
    Mi baciò il dorso più volte, senza trovare il coraggio di dirmelo… ne di staccarsi dall’odore intenso che gustava come vino aromatico.
    Fui io ad interrompere quel momento tanto dolce.. ma anche colmo di attesa e trepidazione, che a lungo andare, mi avrebbero provocato una crisi di nervi.
    Ero così giovane, dio mio… e così innamorata.
    Come adesso.
    Anche se quello che provo per William è diverso.
    Fa più male… ma riesce anche ad estasiarmi maggiormente.. ovviamente, se lui ricambiasse… ma lo farà, prima o poi.
    Io credo in questo.
    “Chiedimelo, Angel. Non aspetto altro” gli dissi ed i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa.
    ”Come facevi a sapere che-“
    “Io so sempre tutto, amore… io ti sento sempre” lo zittii baciandolo.
    E così, dopo sei mesi ci sposammo.
    Il resto, è ormai passato. Anche se, tutto resta qui, al sicuro, in me.

    Io e Xander stiamo per salutarci, quando lui si ricorda di una cosa.
    Fruga nella tasca dei jeans e tira fuori un foglietto.
    È acciuffato, ma lo riconoscerei anche se fosse fatto di cenere.
    “Mi ha detto di dartelo. Non l’ho letto, sta tranquilla” e me lo porge.
    Poi se ne va, senza nemmeno aspettare una parola da me.
    E di questo gliene sono grata.

    Resto sola lungo i corridoio degli studios.
    Sento in lontananza la voce rimbombante di Joss e mi accorgo di essere in ritardo. Ma non posso aspettare.
    Devo aprire il foglietto dove io tre giorni fa ho scritto quella poesia.
    Devo sapere se lui ha ancora qualcosa per me.

    Lo scarto lentamente, e sento il cuore pulsare nelle tempie, così vicino al mio cervello da farmi credere che ben presto ogni singolo neurone scoppierà, rendendomi pazza.
    Chiudo gli occhi, sospiro, li riapro e leggo.
    Un’ondata di rabbia mi sale per il collo e mi si spande nelle orecchie.
    Sento un fischio acuto, e stringo i pugni stracciando la carta che ho ancora in una mano.
    I miei piedi iniziano a camminare sempre più velocemente, come se fossi guidata dalle mani di un abile burattinaio.
    Arrivo sul set del telefilm, sorpasso telecamere, impalcature e cameraman, faccio gesto a Joss di aspettarmi mentre mi inveisce dietro per il ritardo e mi intrufolo lungo i corridoi dei camerini.
    Non mi è difficile trovare la sua porta.
    Quando eravamo amici, più volte l’ho aspettato qui davanti drogandomi lo stomaco con quintali di gomme alla menta.
    Ma stavolta non busso ne aspetto. Entro come un tornado nel pieno della sua forza distruttrice.
    Lui si sta cambiando. Ha il torace nudo e i capelli ancora senza verso.
    Una mano sta trafficando coi bottoni dei jeans neri e un’altra è alla ricerca di una maglia fra tutte quelle che ha sulle stampelle.
    Si accorge immediatamente del casino che ho fatto entrando.
    Si volta davanti a me e mi fissa.
    Io con un piede, malamente, mi richiudo al porta alle spalle.
    Ora tocca a noi, William.

    “Mi sono perso qualcosa??” chiede strabuzzando gli occhi e avanzando di alcuni passi. Non si vergogna della sua mezza nudità, anzi, sembra che gli dia sicurezza.
    “Dimmelo tu” ribatto e sbatto le palpebre in fretta per impedirmi di piangere dalla tensione e dalla rabbia.
    “Sei impazzita?!?” domanda confuso.
    Ed ora, è come se si accorgesse di essere senza maglietta.. ed una strana timidezza lo colpisce.
    Si volta veloce e raccoglie una maglia a casaccio da sopra la poltroncina che è davanti allo specchio pieno di luci come un albero di natale…
    Benedetta vanità.. e poi dicono che le donne sono sempre a rimirarsi!
    Bugie.. solo bugie.. io sono anni che non mi faccio il colore ai capelli o non mi reco dall’estetista.. e forse, ne ho un po’ bisogno, a dirla tutta..
    “Non hai niente da dirmi?” e gli sbatto davanti il foglietto ormai ridotto ad un mucchietto di carta rotta e sudata.
    Lui allunga la mano e all’inizio non lo riconosce.
    Poi intravede la mia scrittura, e tutto gli è chiaro.
    “Cos’è? Hai bisogno di un emissario per il lavoro sporco? Non sei più tanto sicuro di te? O ti scoccia dirmi per l’ennesima volta che non mi ami e che è finita?”
    Oddio, ma l’ho detto davvero???
    Maledetta frustrazione.. maledetta solitudine… maledetto rifiuto…
    Mi guarda e non parla. Restringe gli occhi e serra la mascella.
    È arrabbiato anche lui.
    Bene, perfetto, se volevo un suo riavvicinamento, ci sono proprio riuscita!
    Accidenti!
    “Lo sai che non è mai neppure iniziata Elisabeth.. quindi molla l’osso ed esci da qui. Ho un lavoro che mi aspetta” la sua voce è piatta. Senza emozioni.
    Uno strano diabolico presentimento mi invade: che sia tutto concluso qui?
    Davvero?

    No, ne la mia testa ne il mio cuore lo accettano.
    Provo troppo per smettere di vivere ancora una volta.

    Inspiro tutta l’aria possibile e immaginabile e faccio per avvicinarmi.
    In contemporanea, sento i passi concitati di qualcuno arrivare davanti al camerino e mi arresto. Bussa energicamente ed entra.
    È Andrew che ci viene ad avvertire di un possibile licenziamento a breve se non raggiungiamo seduta stante il set.
    Annuiamo entrambi anche se io resto pietrificata come una statua di sale.
    Il nostro coreografo se ne va lasciando la porta aperta.
    William mi passa davanti e si ferma un attimo alla mia altezza.
    Nei suoi occhi leggo ribellione, confusione e, stranamente, una dolcezza impalpabile. Come una nuvola chiara…
    Nei miei invece lui può leggere solo quello che trabocca come mosto selvatico dalla mia anima: amore, amore, amore…
    Se solo lui sapesse leggermi ancora dentro, come una volta, prima di quel bacio…
    Se solo avessi ripreso a vivere prima…
    Allunga una mano verso il mio viso ed io la vedo arrivare come l’ala di un angelo.. potrebbe salvarmi o dannarmi per sempre…
    Con un dito accarezza lentamente la mia guancia, scivolando verso il mento, dove lo appoggia di traverso, parallelamente al mio labbro inferiore, e la sua pelle è calda al contatto…
    Chiudo gli occhi e attendo sull’orlo del precipizio.
    “Eravamo destinati a stare insieme Elisabeth… ma anche il destino può cambiare strada alle volte… ti ho amata così tanto, ma non ha funzionato. Il passato non si potrà mai cancellare, dolcezza. Mai” si stacca da me rapido.
    Resto in piedi, nel mio buio.
    Non oso guardarlo.
    Non oso muovermi.
    Poi, all’improvviso, mi bacia la fronte ed esce a grandi falcate.
    E in quel bacio, lo sento…
    Mi sto illudendo??
    No, ne sono certa.
    William ancora mi ama.
    Devo solo ricordarglielo.

    Attraversiamo la strada sotto una pioggia torrenziale. Io e Tara entriamo nella taverna bagnate fradice, ridendo come matte. Xander e Anya ci stanno aspettando e restano sorpresi di vederci zuppe come biscotti nel latte.
    “Lo sapevate che hanno inventato gli ombrelli?” ci dice Xander, ma noi siamo troppo prese a ridere che non gli rispondiamo.
    Quando i nostri vestiti smettono di gocciolare, tutti e quattro ci sediamo ad un tavolo e ordiniamo da bere e qualcosa da mangiare.
    Il clima è tranquillo e rilassante. Un gruppetto sul palco suona canzoni allegre e noi parliamo del più e del meno.
    La serata trascorre piacevolmente anche se a metà mi accorgo di William e Harmony che mangiano pochi tavoli avanti al nostro. Non me ne curo e decido di divertirmi.
    Quando abbiamo consumato tutti i cibi solidi e i liquidi, un ragazzo alto, dai capelli castani e un bel viso mi chiede di ballare.
    Si chiama Ben e mi sembra di aver capito che fa l’infermiere.
    “Mi spiace ma non ne ho voglia”gli dico e lui se ne torna seduto con i suoi amici.
    Mentre Anya mi infama perché non ho accettato di strusciarmi su quelle spalle muscolose e ben scolpite, mi accorgo che William mi sta guardando.
    Lo saluto tranquillamente con un gesto del capo e torno a seguire il discorso articolato di Anya.
    Passa dell’altro tempo e la band suona una canzone carina e movimentata.
    I due futuri sposi si stanno sbaciucchiando davanti a noi ed io e Tara decidiamo di ballare.
    “Al diavolo la timidezza” lei dice ed io sorrido.
    “Ma sì. Al diavolo tutto e tutti. Questa notte è nostra” aggiungo io e con una provocante camminata passo davanti a William e la sua bella oca.
    Guardami e stupisciti, bellimbusto!
    Ora ti farò vedere quello che riesco a fare con questi fianchi!
    Ma la musica è veloce ed io sono una vera frana.
    Io e Tara ci agitiamo come pali di legno e ridiamo a crepapelle.
    Poi la musica ringraziando Dio cambia, e diviene più lenta. Più calda.
    Cerco di tenere il tempo e mi muovo languidamente, lasciando che le note scorrano su di me come miele bollente.
    Tara si allontana ma non me ne accorgo subito.
    Sto ballando per me.
    Solo per me.
    Riacquistando una femminilità perduta. E una carica erotica che non credevo di avere.
    Sento le vibrazioni entrarmi nel ventre e assecondo ogni sensazione che mi giunge sconosciuta e inebriante.
    Ballo da sola.
    Davanti a tutti.
    E come è ovvio, quel Ben di prima torna alla carica.
    Mi si affianca seguendo le mie curve. Apro gli occhi e me lo ritrovo davanti.
    “Ora ne hai voglia, eh dolcezza?” mi dice allusivo ed io mi fermo. Non è questo che volevo ottenere. Volevo solo provare, sentire….ma a quanto pare ho acceso anche qualcun altro oltre che me stessa.
    “Lasciami stare. Non sei il mio tipo” gli dico acida e torno seduta.
    Ho i capelli arruffati, le guance rosse e gli occhi umidi.
    Sembra che abbia appena fatto l’amore e in un certo senso, è così.
    Ho lasciato il mio corpo libero di muoversi sul piacere dettatogli dalla musica.
    È stato liberatorio.
    Passo di nuovo davanti a William ed Harmony. La bionda mi ferma per un braccio.
    Che vuole da me la galllinella? Deve fare l’uovo?
    “Hai ballato veramente bene. Ti ricordi di me?”
    E come dimenticarsi tutte le stupidaggini che ti escono di bocca?
    Harmony, sei la regina delle oche! Tutti ti conoscono.
    “Sì che mi ricordo. Harmony, giusto?” stiamo al gioco, và!
    “Oddio. Persino il nome…è meraviglioso! Ti va di unirti a noi?”. Io mi volto a guardare William che è in evidente imbarazzo.
    Ripetere la scena dell’ultimo dell’anno?
    No grazie. Sono maturata da allora.
    “No, ti ringrazio. I miei amici mi aspettano. Comunque complimenti per il vestito. È bellissimo” le dico allontanandomi e sono sincera.
    Lei sorride soddisfatta e commenta con William.



    È quasi ora di andare via.
    Prima mi dirigo in bagno. Ho paura di non arrivare in tempo a casa, altrimenti.
    Faccio quello che devo fare e poi mi specchio. Mi ripasso un po’ di cipria, mi ristendo il rossetto e mi passo le mani fra i capelli.
    Sono bella stasera.
    Bella e libera.
    Mi accorgo che Harmony è accanto a me e mi fissa.
    “Sai, in questa serie non mi hanno chiamata, ma sembrerà che parteciperò ad uno spin-off. Ci sarai anche tu?” mi chiede.
    Che diavolo ha detto? Rifaccio mente locale e cerco di sfruttare la situazione.
    “Non lo so ancora. Ti stai divertendo?” indago. E mi sento perfida.
    “Mica tanto. William è una palla. È così noioso” e sbuffa aggiustandosi il reggiseno e ciò che sostiene, ovvero due mappamondi interi.
    Ma di chi sta parlando? Il William che io conosco è tutto tranne che noioso.
    È fastidioso, inopportuno, rompiscatole e sbruffone, ma non noioso!
    Alt! Andiamo oltre.
    L’indagine prosegue.
    “Comunque è un bravo attore il tuo *ragazzo*”. Lancio la bomba. Esploderà?
    “Mmh. Sì abbastanza. Ma non è il mio ragazzo. O meglio, io ci sto provando, ne faccio di tutti i colori, mi sono persino presentata a casa sua con un micro baby-doll addosso e basta, ma lui non cede. Pensa, questa sera mi ha persino detto di essere innamorato di un’altra!”.
    Boom!!!
    Aiuto. Sto per svenire.
    Che qualcuno mi aiuti!
    “Ci credo che ti annoi” le dico facendo uno sforzo sovrumano. L’unica cosa che vorrei è averlo qui davanti a me per riempirlo di schiaffi e baci.
    Ehi, un attimo. Frena, Elisabeth.
    Chi te l’ha detto che sei tu quell’altra?
    E se fosse Lisa?
    O qualche gallina spellacchiata dalle gambe lunghe come il raccordo anulare?
    Inspiro profondamente e una gioia mista ad eccitazione mi assale.
    Mio Dio, mi sembra di galleggiare a mezz’aria!
    Raggiungo Tara e insieme a Xander e Anya usciamo dal locale.
    Li saluto e attendo nell’ombra. Prima o poi usciranno ed allora mi rivelerò.

    Eccoli.
    Harmony sculetta davanti a William.
    Dalle facce cupe che hanno devono aver appena litigato.
    Lei nemmeno lo saluta e attraversa la strada. William si ferma proprio all’altezza di dove sono io e si passa una mano fra i capelli.
    Guarda per terra e dà un calcio ad una lattina vuota. Ora tocca a me.
    “Brutta serata?”


    Tu sussulti.
    “Stavi per farmi venire un colpo. Ma ti pare il modo?”. Tieni una mano sul petto.
    Io mi avvicino a te velocemente.
    Ti do uno schiaffo e poi ti bacio. Appena.
    “Hai ragione. È questo il modo” sussurro languidamente e tu resti impietrito.
    “Hai bevuto?” mi chiedi ma non ti sposti.
    “No, ma sono ugualmente ubriaca. Di te. E so per certo di esserti destinata dall’inizio del mondo. Così come tu sei destinato a me”.
    Le nostre labbra sono ancora vicinissime.
    Sento il tuo respiro caldo e veloce su di esse. Ti fisso senza pudore, con passione.

    Non voglio perderti, amore mio. Non stanotte.

    “Cosa è accaduto all’Elisabeth che conoscevo?” le tue narici si allargano e riconosco in questo leggero gesto il tuo desiderio.
    “E’ andata avanti. È maturata. Ed ha capito quello che vuole”. Le mie mani vanno a posarsi sul tuo petto forte.
    Posso sentire il battito accelerato del tuo cuore. È tutto perfetto.

    Voglio vederti cedere.
    Voglio amarti, William…

    “E sarebbe?”. Non ti stanchi mai di giocare, eh?
    “Voglio te. Non solo fisicamente. Voglio una storia. Intensa. Importante. Voglio dormire con te, svegliarmi al tuo fianco, cucinare per te ed essere per te un’amica, una sorella, un’amante.”
    “Una volta hai detto di non potermi amare e questo mi ha quasi ucciso” i suoi occhi si velano al ricordo.
    “Hai ragione, ma anche tu hai detto di stare con Harmony e non è vero.”
    “Ho detto anche che non ti amavo più. Questo lo ricordi?” sei spietato ora.

    Perché vuoi continuare a fingere, distruggendomi?
    Non rinuncerò a te stavolta.

    “Sì. Ma era una bugia. Invece io ho ammesso di amarti ed era la verità. E ti amo ancora William” ora le mie mani ti stanno accarezzando il viso.
    Lentamente ti sto torturando.
    E sento che piano piano ti stai sciogliendo. Anche se non mi tocchi.
    I nostri nasi si sfiorano e nessuno dei due si sposta.
    Siamo sull’orlo del precipizio.
    Ed è tremendamente eccitante. E meravigliosamente pericoloso.
    “Cosa dovrei fare con te? Sei un vero mistero, lo sai?”
    “Baciami. E dimmi che non mi ami. Dimmelo dopo avermi assaggiata ancora. Se sarà così, me ne farò una ragione e non ti perseguiterò più. Lo giuro”.
    Attendo e la mia pelle è invasa da emozioni fortissime.

    Ti amo in una maniera così intensa e devastante che temo davvero di morirne.

    Mi fissi e la tua espressione è perplessa e calda.
    Ora tocca a te.
    Io sono qui e ti aspetto.
    Passa qualche secondo e la disperazione mi assale.
    Non mi stai baciando e tutto mi crolla addosso.
    Ma un attimo prima della fine, le tue labbra mi raggiungono e volo verso il paradiso. Mi aggrappo a te con forza.
    Tu mi abbracci e inizi a leccarmi con la tua morbida lingua.
    E ricordo il dolce sapore delle tue profondità. E mi delizio l’anima e il corpo.
    Stavolta non devi chiedere il permesso per entrare, perché l’accesso è spalancato.
    La mia bocca ti attende e tu scivoli in essa languidamente. Lambisci ogni zona più nascosta, aspiri la mia saliva e cerchi la tua compagna di giochi.
    Le nostre lingue si riconoscono e iniziano a ballare. Si intrecciano, si nascondono e si ritrovano e fanno l’amore.
    Nel frattempo le nostre mani percorrono la pelle dell’altro sempre più urgentemente.
    Ci stacchiamo a corto di fiato.
    Ansimiamo dal desiderio, ma in me un pizzico di paura emerge.
    È il momento della verità.

    “Dimmelo.” E mi scosto appena per guardarti in faccia. Ma tu hai ancora gli occhi chiusi e le labbra protese.
    Sei bellissimo, Will.
    E sei mio.
    Ed io sono tua.
    Completamente, ormai.
    “Dimmelo” ripeto al limite, e tu mi prendi il viso a coppa fra le mani e riprendi a baciarmi con crescente passione. Le gambe non mi sostengono più.

    Muoio dalla voglia che ho di te.
    Muoio dall’amore che nutro per te. Solo per te.

    Ancora sopra le tue labbra, lo ribadisco.
    “Dimmelo” e tu sorridi leccandomi, mordicchiandomi, succhiandomi e godendo di me ed io di te.
    “Dimmelo…ti prego” imploro cercando la tua lingua ancora e ancora. Non ne avrò mai abbastanza.
    Tu mi accarezzi i capelli, la nuca, il collo. Passi un dito sul bordo della mia maglietta e mi sfiori un seno.
    Oddio! Chiamate i pompieri. Morirò per autocombustione!
    “William” mormoro in preda alla follia. Tu non molli le mie labbra e ti fiondi nell’incavo del collo e lasci una scia umida dove passi.

    Mi stai marchiando a fuoco …

    “Dimmelo” continuo non capendo più niente. So solo che se non ti fermerai, faremo l’amore davanti a questa taverna e domani finiremo sui giornali.
    Mi zittisci di nuovo e riprendi a giocare dentro di me. Le nostre mani si intrecciano, si lasciano, si accarezzano e il mondo gira veloce attorno a noi.
    “Oddio, William…ti amo così tanto” e sospiro e gemo e impazzisco.

    Sono viva.
    E sei tu che mi hai risorto.

    Che forse tu stessi aspettando la mia ulteriore resa? Non importa più, ormai….
    “Dimmelo..” ti ripeto e tu, controvoglia, ti allontani.
    Le nostre mani tremano.
    “Ti amo Elisabeth” mi dici e la tua voce è roca ed è resa bassa dal desiderio.
    Mi guardi e sorridi.
    Io ricambio e ti abbraccio. Un sospiro di sollievo mi rilassa.
    “Casa mia o casa tua?” chiedo lanciandoti uno sguardo malizioso.
    Hai visto il coraggio e l’intraprendenza che mi hai donato? Farei di tutto per te….
    “Casa mia. Da lì si vede il mare” mi prendi per mano e mi conduci verso il parcheggio stampandomi piccoli baci sulle labbra.
    Dopo un’ora e diverse soste per soddisfare il calore che ci scotta la pelle e il cuore, siamo sul tuo letto e facciamo l’amore intensamente.
    Ci scopriamo con calma e ci possediamo con lunghi e completi movimenti.
    Senza mai lasciarci con gli occhi, godiamo insieme e piangiamo e ridiamo.
    Siamo ubriachi di parole e carezze.
    Nessun vino potrebbe essere più afrodisiaco, nessun miele più dolce.
    I nostri corpi nudi combaciano perfettamente e il profumo che creano è incenso che sale verso il cielo. Tutto finalmente è al suo posto. Ed è perfetto.
    Il sole ci trova non ancora sazi e il mare vicino a noi canta la nostra canzone, dettandoci il ritmo della felicità così naturale e giusta da commuoverci fin dentro l’anima.
    Ci amiamo.
    Ed io sono finalmente libera di poterlo fare.
    È una sensazione meravigliosa.


    È quasi ora di pranzo e siamo ancora a letto.
    Ci siamo tirati il lenzuolo fin sulla faccia e parliamo nudi, riscaldandoci a vicenda. Ogni tanto ci baciamo e ci coccoliamo vinti dal languore.
    Riposare così, dopo una nottata d’amore, è rigenerante. Abbiamo un sorriso lucente stampato sul volto che non ci abbandona mai.
    Siamo felici.
    “Mi hai fatto stentare, eh? Insomma, ti sono venuta dietro per mesi, come un cucciolo affamato alla ricerca di ogni tua piccola briciolina..” ti rinfaccio senza cattiveria.
    “Dovevo aspettare che tu fossi pronta… dovevo averti completamente. Senza compromessi o sensi di colpa. Libera, solo mia.” Mi confessi appoggiando le labbra sulla cima della mia testa e stringendomi di più a te.
    “Beh, ora lo sono..” e mi lascio cullare senza pensare più a niente.
    “Hai fame?” mi chiedi poi accarezzandomi un braccio.
    “Un po’” rispondo appoggiandomi meglio sul tuo petto.
    “Scendiamo di sotto?”
    “Ancora no…” ti dico languida. “E’ troppo bello stare così…”
    “Averti qui con me è la cosa più bella che mi sia mai capitata” mi guardi ed hai gli occhi colmi di gratitudine.

    Per cosa mi ringrazi, amore mio? Per avermi donato di nuovo la vita?
    Sei tu il mio salvatore. Sei tu il mio campione. Io ti devo molto. Ti devo tutto.

    “Grazie, Will”
    “Ma ti pare, cucciolo”.

    Alla fine siamo scesi in cucina spinti dai brontolii del nostro stomaco.
    Abbiamo mangiato fino a scoppiare ed abbiamo fatto di nuovo l’amore.
    In sala, sopra il suo tappeto persiano. Come due cuccioli che ruzzano liberi.
    Ora ci siamo rivestiti a metà e siamo semi sdraiati sul divano.
    Io mi sono messa una delle tue camice. Profumano di buono, come te.
    Sotto sono nuda, non si sa mai…
    Tu indossi solo i calzoni del pigiama ed il tuo petto è una pianura fertile e sicura scossa dal terremoto del tuo cuore.
    Dalla vetrata il mare è grigio e agitato.
    Presto pioverà. È la stagione giusta per stare in casa, mi dico maliziosa.
    “Quando hai capito di amarmi?” ti chiedo. Voglio saperlo.
    “Dalla prima volta che ti ho visto. Anche se la mia mente ha elaborato la cosa dopo tanto.” Rispondi fissando il mare davanti a te.
    “Quest’anno o l’anno scorso?”
    “Secondo te?” mi rispondi guardandomi. Hai i capelli arruffati e l’aria rilassata. Sei tenero, mio dolce e instancabile amante…
    “Quest’anno?” ipotizzo e mi chiedo come diavolo puoi ammettere di avermi amato da subito quando litigavamo come gatto e topo.
    Tu mi baci e le tue labbra sono simili ad una lunga carezza. La tua risposta toglie ogni mio dubbio. Come sempre, tu mi leggi dentro….
    “Acqua… Ti ricordi quando abbiamo urlato lungo il corridoio degli studi senza sapere nemmeno l’uno il nome dell’altra?”
    Annuisco. Come non ricordare Joss che ci è venuto a separare e che ci ha obbligato subito dopo a stringerci la mano mentre annunciava che avremmo lavorato insieme?
    Fu un vero choc per me.
    E a dire il vero non mi ricordo più nemmeno il motivo della lite.
    So solo che ti odiavo. Intensamente. E con tutta me stessa. Così come ora ti amo.
    “Eravamo sempre a punzecchiarci. E poi tu eri una delle poche capaci di tenermi testa. In più eri dannatamente bella e caparbia. Non avevo mai conosciuto una donna che non cercasse di assecondarmi. Sai, un bell’uomo come me ha sempre delle schiave compiacenti…”
    Ti do un pugno sulla spalla e ti guardo di traverso. Fingo di essere imbronciata e tu mi abbracci e prendi a farmi il solletico.
    “Sei solo mio William. Ricordatelo!” urlo mentre rido come una pazza.
    Finiamo di nuovo sul tappeto e ruzziamo ancora.
    Poi restiamo stesi e senza fiato a fissare il soffitto. Mi sembra di rivivere lo stesso momento prima di Natale, a casa mia.
    Solo che stavolta la verità è libera di scorrerci addosso. Ci amiamo.
    “Cosa faremo ora?” mi chiedi ed io mi appoggio ad un gomito per vederti in faccia.
    “Staremo insieme” ti rispondo semplicemente. Questo è tutto quello che voglio.
    “Fra un mese te ne andrai” ti sei tirato su anche tu.
    Ci fissiamo negli occhi e i tuoi sono tristi, adesso.
    “Tornerò. Presto. Ma devo andare a Londra. C’è qualcuno che devo salutare. Mi capisci, vero?”
    Annuisci e il blu cristallino del tuo sguardo diviene cupo. Doloroso.
    No, amore, ti prego…. Sono tua, lo capisci?
    Ti accarezzo una guancia e tu ti appoggi sulla mia mano che indugia….
    “Non posso vivere senza te. Nemmeno un secondo…non posso immaginarti lontana Elisabeth…morirò”.
    Sei così dolce, amore…. Ma io non voglio più sentirmi in colpa.
    “Vieni con me” propongo e i tuoi occhi divengono laghi trasparenti e immensi. Mi sorridi e ti illumini.
    “Davvero lo vuoi?”
    Non ti rispondo a parole, ma lascio che le mie labbra e le mie mani lo facciano per me.
    Il desiderio ci vince ancora e tu mi prendi in braccio e mi porti di sopra, tenendomi come una sposa. Il letto è disfatto e ci tuffiamo in esso con rinnovata passione.
    Facciamo l’amore.
    Ma siamo seri, concentrati.
    Ora tutto diviene importante, unico, speciale.
    Ed io ti ripeto che ti amo e che non smetterò mai di farlo….



    Riapro gli occhi e fuori piove. Tu sei già sveglio e mi stai guardando.
    Io ti sorrido e mi stiracchio, poi mi rannicchio contro il tuo corpo nudo e caldo.
    È come tornare a casa dopo un lungo viaggio.
    Mi fissi e capisco che devi chiedermi qualcosa di importante. Una punta di tensione mi assale.
    “Vuoi essere la mia ragazza? Ufficialmente, intendo”. Sei così serio.
    Ti sfioro con le dita gli zigomi pronunciati e arrivo alle tue labbra.
    “Sì” rispondo e le mie guance si accendono. Ti lasci andare ad un sospiro di sollievo e sorridi.
    Ma non credo sia finita qui. Perché ti controlli di nuovo. E mi trapassi con intensità.
    “Elisabeth, verresti a vivere con me? Qui, in riva al mare? La mattina è meraviglioso vedere l’alba”
    Chino il volto e mi fisso le mani.
    Mi stai chiedendo molto.
    Ma sono finalmente libera di dartelo. E lo voglio.
    Mi rialzo verso di te e sorrido.
    “Sì William. Sì”
    Restiamo abbracciati ancora finché non ci assale un pensiero che era stato del tutto rimosso durante la giornata.
    “Joss! Ci aspettava per le riprese!! Mi licenzierà!” strepito colta dal panico.
    “Sta tranquilla. Io non avevo niente oggi. Per quanto ti riguarda, gli diremo che eri con me. E lo inviteremo alla festa di fidanzamento.”
    “Mmmmh, una festa di fidanzamento, eh? Direi che si può fare” e riprendiamo a baciarci.
    Sembra strano, ma è la nostra principale e migliore attività.
    Fuori il cielo si è imbrunito. Ci mettiamo sotto la doccia e ci schizziamo l’acqua, ci accarezziamo e ci laviamo a vicenda. Tu indugi un po’ sulla cicatrice del cesareo e me la baci con devozione.
    “Connor è stato fortunato ad averti. Anche se per poco tempo. Ha conosciuto il tuo amore. E tu il suo. Non me lo scorderò mai.”
    Lascio che l’acqua della doccia confonda le lacrime che mi scivolano addosso. Grazie William…grazie per avermi ridato la forza di amare.
    Ci avvolgiamo negli accappatoi e scendiamo di sotto.
    È ora di cena e dopo l’intensa attività che abbiamo svolto per quasi ventiquattro ore, il nostro stomaco reclama chili di calorie.

    Sto mangiando un piatto di pasta quando un’idea mi passa per la testa. E impallidisco.
    “Che c’è?” mi chiedi accorgendoti del mio cambiamento improvviso.
    “Oddio William! Non abbiamo usato protezioni!”.
    Mi tappo la bocca con una mano. La mia faccia deve essere davvero sconvolta perché tu mi raggiungi subito e mi prendi le mani fra le tue.
    “Elisabeth, guardami. Non devi preoccuparti…”
    “Ma un figlio è una cosa impegnativa e a lungo termine, non posso chiederti così tanto..” piagnucolo e tremo. Tu mi accarezzi le braccia e poi le guance.
    “Amore mio. Te lo sto chiedendo io, non lo capisci? Avere un figlio con te sarebbe la cosa più bella della mia vita. Io ti amo.”
    Ed ora come mai, lo so.



    EPILOGO

    È una bella mattina di primavera e l’aria è stranamente frizzante nel cimitero di Londra. Il tappeto erboso che calpestiamo è ancora madido di rugiada e nel vento si ode il canto degli uccelli.
    Io e William camminiamo tenendoci per mano, in silenzio, scambiandoci di tanto in tanto qualche timido sorriso.
    Io so dove andare, questa è una strada percorsa migliaia di volte negli ultimi tre anni. Ogni volta la attraversavo con un peso nel cuore, sola e disperata.
    Oggi, il dolore è più lieve e il ricordo più nitido.
    Molte cose sono cambiate, ma i sentimenti non sono scemati, anzi, hanno preso più vigore, più consapevolezza. Non ho più rimpianti, ma speranze.
    Questo tiepido sole ci bacia il capo e ci benedice, mentre da lontano riconosco le loro lapidi.
    William mi lascia dolcemente la mano e resta indietro.
    Sa che i primi momenti sono solo miei.
    Che ho bisogno di un attimo di intimità.
    Mi avvicino con passo sicuro e mi accovaccio davanti ai volti a me tanto familiari. Angel.
    Connor.
    Sono qui, davanti a me e se la memoria non mi inganna, non li ho mai visti tanto sorridenti. E in pace.
    Devo lasciarli andare. E così inizia il mio commiato.

    “Ciao Connor. È la mamma.
    Sono tornata, te l’avevo promesso.
    Sto bene tesoro e mi manchi come sempre. La macchinina rossa che avevi, quella con le ruote grosse, oltre ai mattoncini colorati, li ho portati in un asilo di suore. Lì almeno potranno giocarci altri bambini. So che non ti dispiacerà, e so anche che lì dove sei adesso, avrai tantissimi giocattoli nuovi e bellissimi… quando arriverò, mi farai giocare con te? Ci conto, amore mio…
    Ci sono tante novità, sai? Fra poco ti arriverà una sorellina. So che sarà bella e tremenda come te, ma non dovrai essere geloso.
    Resterai per sempre il mio angelo. Il mio primo cucciolino.
    D’ora innanzi verrò meno volte, ma ti porterò sempre nel cuore, come un canguro porta il suo piccolino nel marsupio..
    Ti amerò per sempre, anche se è giunto il momento di lasciarti volare libero insieme agli altri angeli.
    Vola, amore mio.
    Sei libero…

    Ciao Angel.
    Eccomi qui. Sono cambiata, ma credo che tu te ne sia già accorto. Ho capito tante cose in quest’ultimo anno. Ho capito di essere sopravvissuta a quell’incidente, perché continuassi a vivere.
    E non solo per me. Anche per te. E per Connor.
    Ma credevo di non riuscire più a farlo. Credevo di meritarmi solo la morte.
    Poi ho conosciuto William. Lo so, di certo avrai dei commenti sui suoi capelli platinati, ma ti posso garantire che è una brava persona.
    Lo amo, Angel. E aspettiamo una bambina. Ieri sera mi ha chiesto di sposarlo. Mi ha portata in riva al mare e me lo ha scritto sulla sabbia… è stato romantico e intenso… c’era un bel tramonto e i gabbiani volavano alti sopra di noi.
    Ho accettato, ma faremo le cose con calma.
    Abbiamo tante cose da sistemare, ancora. La casa, gli innumerevoli impegni, questa gravidanza.
    Il lavoro và alla grande, sai? Mi hanno rinnovato il contratto. Affiancherò Joss per tutta la settima serie e così io e Will staremo insieme.
    Sono felice Angel. Davvero. E so che mi comprenderai. Tu farai sempre parte di me. Dei miei ricordi, del mio passato, del mio cuore. Ti amerò sempre.
    Ma devo continuare a vivere. Voglio vivere. E non potrò mai farlo ancorata a te. Come è giusto che tu ti libri leggero nel cielo. Senza preoccuparti più per me. William mi accudirà. Lui penserà a me ed io a lui.
    Tornerò. Anzi, torneremo.
    Ora ti lascio andare, amore mio, senza più rimpianti. Senza disperazione. Senza la morte. Finché non ci ritroveremo. Perché so che sarà così.”

    Allungo un braccio e faccio segno a William di avvicinarsi. Lui appoggia le sue mani sopra le mie spalle e insieme restiamo così per un po’ di tempo.
    Una preghiera ancora e torniamo verso casa.
    Due uccelli volano sopra di noi.
    Liberi, vibranti, contro il sole brillante.
    Una lacrima luccica sulle mie iridi, ma non cadrà.

    Addio, miei dolci amori…

    “Stai bene?” mi chiede William leggermente preoccupato.
    “Sì. Va tutto bene. Ha tirato un calcio prima la nostra piccolina, sai? Credo verrà su con un certo caratterino la peste!” Rido serena e i miei capelli biondi risplendono mossi dal vento.
    “Come la madre!” ironizza lui baciandomi appena.
    “Io veramente intendevo come il padre. Ma per come la rigiri, credo proprio che ci darà filo da torcere”.
    “Sarà meravigliosa. Sarà splendida” mi dice ed è felice.
    “Ti amo William”
    “Ti amo Elisabeth”
    Sopra di noi i due uccelli cambiano traiettoria e spariscono nell’accecante riverbero del sole.

    Sono liberi.

    Come me.

    FINE

    ... e da qui, i nostri protagonisti, vivranno... e questo nuovo amore, non finirà...
418 replies since 4/12/2006
.
Top