Un Tocco di Gelosia

Tradotta da PrincesMonica

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  1. TerenceSpike
     
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    Capitolo 26
    Buffy fissava intensamente il proprio piatto, incapace di sollevare lo sguardo ed affrontare l’atmosfera imbarazzata che circondava il tavolo e che sembrava risucchiare tutta l’aria dalla stanza.
    “Allora …”. La voce di Giles ruppe lo scomodo silenzio che li avvolgeva tutti e quattro, riecheggiando sui muri. “Ho sentito che domani notte ci sarà il ballo di homecoming …”.
    Quando Spike non rispose, Buffy si sentì obbligata a rispondere al suo posto, per cui mormorò debolmente:
    “Sì ...”.
    “Voi due sarete molto eccitati, o no?” continuò ad indagare l’uomo, sistemandosi nervosamente gli occhiali per la milionesima volta nella serata.
    Prima di potersi trattenere le scappò di bocca: “Veramente no. Solitamente il ballo di homecoming fa schifo, decisamente”.
    Lei stessa fremette al suono della sua voce. Non aveva intenzione di apparire così … arrogante e blasé.
    “Ah ... ca-capisco” balbettò lui, riportando la propria attenzione sul piatto che aveva di fronte.
    Scese nuovamente un silenzio insopportabile e Buffy, sentendosi ancora in colpa per la propria rispostaccia, cercò di fare ammenda aggiungendo:
    “Ma dopo andremo da Cordelia. Lei organizza una festa tutti gli anni … per compensare il ballo un po’ fiacco”. Per la prima volta nella serata la biondina guardò direttamene nella direzione di Giles.
    “Spike ti accompagnerà anche alla festa?”. La domanda era abbastanza naturale, ma il cervello di Buffy si bloccò sulla parolina centrale: *anche*.
    La verità era che loro non avevano parlato del ballo di homecoming. Era stata una settimana frenetica e, fra Spike che scappava Dio-sa-dove e tutti quei litigi, non avevano avuto occasione di discuterne. Sarebbero andati al ballo insieme? Sarebbero andati come una coppia o come parte del piano “far incavolare Dru e Angel”? Non lo sapeva ma, apparentemente, il padre di Spike sì. “Grandioso! Il *ragazzo* di mia madre ne sa più di me sui miei dilemmi privati” protestò fra sé.
    “Non lo so” rispose lei. “Non abbiamo avuto tempo di parlarne” disse, guardando Giles e cercando di ignorare ciò che vedeva con la coda dell’occhio.
    Spike era seduto accanto a lei e, praticamente, aveva badato solo a sé stesso ed al suo piatto per tutta la sera ma, a questa risposta, aveva improvvisamente alzato lo sguardo e, apparentemente, la stava fissando.
    “Buffy ...” intervenne la sig.ra Summers, con preoccupazione materna. “Non so se voglio che tu vada a queste feste da sola. So che queste cose sono … sono selvagge e-e pericolose …”.
    “Ci saranno Willow e Xander a proteggermi dal pericolo e dalla … ehm … selvaggeria”. A quest’ultima parola Buffy si accigliò. Era una parola realmente esistente?
    “Anche così ... i-io non ...”.
    “Non si preoccupi, sig.ra Summers, la terrò d’occhio io” disse finalmente Spike, facendo voltare tre paia d’occhi nella sua direzione.
    “Bene ... i-immagino che sia tutto stabilito, allora” disse Giles con un sogghigno soddisfatto, finendo di mangiare e appoggiando la forchetta ed il coltello ai lati del piatto prima di voltarsi verso Joyce. “La cena era meravigliosa, tes-”. Sentendo i due ragazzi gemere simultaneamente si bloccò e si corresse: “ … Joyce”.
    “Grazie” replicò lei a bassa voce, mentre le guance le diventavano rosso pomodoro. Alzandosi e voltandosi verso Spike chiese: “Spike, potresti aiutarmi a sparecchiare per favore?”.
    Buffy sgranò gli occhi. Aveva intenzione di lasciarla da sola nella stanza con il sig. Giles? Eh no, non l’avrebbe fatto!
    “Lo farò io!”. La bionda spinse immediatamente indietro la sedia, preparandosi ad alzarsi, quando sentì che Joyce la spingeva verso il basso con mano ferma.
    “Mi può aiutare Spike, non è vero?” insisté lei, sorridendo dolcemente al ragazzo.
    “Ehm ... Certo” replicò goffamente Spike, alzandosi e raccogliendo gli altri piatti.
    Buffy sentì che il suo cuore accelerava, all’idea di rimanere da sola con ... *la cosa* … che si era rivelato il padre di Spike. “Oh Dio! L’orribile silenzio!” pensò, guardando Spike e la madre che uscivano dalla stanza.
    “Allora ...” iniziò Giles, in un debole tentativo di chiacchierare. “C-come va la scuola?”.
    “Va bene” rispose lei, senza staccare gli occhi dalla tovaglia a strisce.
    “Bene. E-e la tua amica ... ehm ... come si chiama … Willow?”.
    “Sta bene anche lei”.
    “Bene”.
    Dio, uccidimi adesso e metti fine alle mie sofferenze.
    Nel frattempo, in cucina ...
    “Come vanno le cose a scuola?”.
    “Bene” mormorò Spike, passando alla donna i piatti sporchi che aveva tolto dal tavolo.
    “Sei sicuro? E ...?” disse Joyce, indicando il suo labbro spaccato.
    “Sono caduto” rispose lui, asciutto.
    “Bella caduta. Ti ha lasciato un livido sullo zigomo destro e un taglio sul lato destro della bocca, ma neanche un graffietto sul naso” si meravigliò a voce alta lei. Nella sua voce non c’era né una minaccia né un dubbio, era una semplice affermazione, senza alcun biasimo.
    “Sa come vanno le cose ...” rispose Spike, appoggiandosi al bancone.
    “Immagino di sì. Potresti prendere il gelato dal freezer per favore?”.
    Lui annuì e fece quello che gli aveva chiesto.
    “Grazie”.
    Joyce prese un cucchiaio e distribuì il gelato in parti uguali in quattro tazze poi, quando ebbe finito, gli restituì la scatola e lui la rimise nel freezer. Lei prese due delle tazze e gli fece segno di prendere le altre due poi si fermò per un attimo, prima di rientrare nel soggiorno:
    “Spero che tu non faccia altre brutte cadute”.
    Spike non riuscì ad evitare di sorridere e rispose:
    “Tenterò”.

    “E quell’altro ragazzo ... quello basso con i capelli tinti ... ehm? Osborne?”.
    “Oz?” chiese Buffy, tamburellando nervosamente con il cucchiaio sul piatto.
    “S-sì! Quello”.
    “Sta bene anche lui. Fa parte di un gruppo”.
    “Ah!” rispose Giles.
    Buffy praticamente si sciolse sulla sedia per il sollievo, vedendo la madre e Spike che rientravano in soggiorno.
    Signore Grazie! Stavo finendo gli amici di cui poter parlare.
    “Oh, dolce al cioccolato” saltò su Giles, a sua volta chiaramente sollevato. “Se volete ce n’è altro in cucina” spiegò Joyce, sedendosi accanto a Giles.
    Tutti e quattro si immersero nel gelato, tentando di ignorare l’orribile silenzio che si sparse intorno a loro. Alla fine Joyce tentò di porre fine al loro tormento:
    “Buffy…”.
    La ragazza sollevò la testa di scatto per guardare la madre:
    “Sì?”.
    “La festa da Cordelia ... A che ora è?”.
    “Probabilmente intorno alle undici. Cercheremo di andarcene presto dal ballo” rispose Buffy in tono incerto, gettando alla madre uno sguardo supplichevole. “Per favore. Non mettermi in imbarazzo davanti a loro … per favore!” la pregò telepaticamente.
    “È-è un po’ tardi, vero? A che ora pensi di tornare?”. La sig.ra Summers cercava di non far trasparire la propria preoccupazione dal tono della voce.
    “N-non so. Ehm ... le quattro?” propose Buffy, accigliandosi disperata.
    “Le quattro del mattino?!” praticamente strillò la donna, meravigliata.
    “Bè, p-potrei tornare ... ehm ... i-io”.
    Con grande sorpresa di tutti, Spike interruppe il mormorio incoerente di Buffy: “Baderò io a lei. E l’accompagnerò a casa, e prometto che non berrò”.
    Ci fu un momento di silenzio, e i due ragazzi aspettarono la risposta di Joyce:
    “Non so ...”.
    Fu il turno di Giles di intromettersi: “È homecoming e sono all’ultimo anno ...”.
    La sig.ra Summers lo guardò per qualche secondo poi si raddrizzò.
    “Va bene, allora. Ma alle quattro ti voglio nella tua camera, signorina!” la rassicurò Joyce.
    “Oh grazie, grazie!” esclamò Buffy, girando intorno al tavolo per abbracciare la madre prima di tornare a sedersi.
    Osò dare un’occhiata a Spike per mezzo secondo e, rendendosi conto che lui la stava fissando, sentì il suo stomaco fare le capriole. “Grazie” mimò senza parlare, arrossendo furiosamente e seppellendo nuovamente lo sguardo nella tazza davanti a lei.
    “Chi vuole il caffè?” chiese la sig.ra Summers alzandosi.
    Questa volta Buffy fu più veloce di quanto non si aspettasse e, prima che la madre potesse dire qualcosa, era già in piedi con le quattro tazze in mano e si stava dirigendo in cucina.

    “Il sig. Giles è *la cosa*?!” squittì Willow nella cornetta, provocando una smorfia da parte di Buffy che, per un attimo, si allontanò il telefono dall’orecchio.
    “Per la millesima volta Willow: sì!”.
    “È solo che non riesco a crederci! Il sig. Giles e tua madre che fanno …”.
    “Willow, se ti auguri che io mantenga una qualche stabilità emotiva in futuro, per favore evita di finire quel pensiero” brontolò Buffy.
    “Ah! Scusa!” saltò su Willow. “È semplicemente ...”.
    “Malato? Nauseante? Orrendo? Ehm ...? Apocalittico?” suggerì lei.
    “E dai Buffy. Non è apocalittico. Nauseante e malato si, ma apocalittico no” ribatté Willow.
    “Ah, indovina un po’? Vuole che lo chiami Giles. Voglio dire è il padre di Spike e io dovrei chiamarlo Giles? Va agli incontri PTA*, per amor del cielo”.
    “Mi dispiace, Buffy” simpatizzò Willow.
    “Non quanto dispiace a me”.
    “È un po’ strano eh?”.
    “Un po’? Se mia madre e *Giles* stanno insieme allora io e Spike cosa siamo? Possibili fratellastri! Ecco cosa! Il che significa ... Oh Dio! Ho fatto sesso con il mio potenziale fratellastro! Andrò dritta all’inferno!” sospirò Buffy.
    “Bè ... se la metti così ...” dovette acconsentire Willow.
    “Mi sto innamorando del mio fratellastro ...” si commiserò Buffy, spalancando gli occhi all’improvviso per la rivelazione.
    “Che cosa?!” chiese Willow, altrettanto sconvolta.
    “Niente!” rispose subito Buffy.
    “No ... hai detto ..”.
    “Non ho detto niente!” insisté Buffy, accigliandosi pericolosamente, e rilassandosi subito dopo, rendendosi conto che Willow non era in grado di vedere i suoi sguardi minacciosi.
    “E dai Buffy! Sappiamo entrambe che provi per lui sentimenti del tipo “devastami subito” ...”.
    “Willow!” esclamò Buffy offesa.
    “Che c’è? È vero!”.
    “B-bè, anche se fosse vero ... stiamo parlando del mio potenziale fratellastro. Stiamo parlando di roba da scomunica”.
    “E allora? Tanto non sei mai stata molto religiosa” mormorò Willow, aggiungendo in tono vivace: “Allora, quand’è che tornerete nella fase del sesso selvaggio?”.
    “Willow!!!”.
    “Scusa ...” disse Willow in tono colpevole. “È troppo tempo che sto senza Oz, con le prove del gruppo e tutto il resto. In più ho passato troppo tempo con Xander”.
    “Direi” rispose Buffy, alzando gli occhi al cielo.
    “Mi dispiace ...” si imbronciò Willow.
    Buffy non riuscì ad evitare di sorridere: “Sei perdonata”.
    “Allora, Spike ti accompagnerà al ballo?” riprese Willow con tono ansioso.
    “Sì. Viene a prendermi alle otto”.
    “Ah!”.
    “Willow…” la avvertì Buffy.
    “Non ho detto una parola. Sono entrata in modalità “brava ragazza”, il doppio dal linguaggio sporcaccione se n’è andato” la rassicurò Willow.
    “Lo spero” ridacchiò Buffy.

    Seduta davanti alla cassettiera lei si spazzolò nervosamente i capelli, guardandosi nello specchio. Posò la spazzola sul piano di legno e si passò le mani sulle lunghe ciocche bionde.
    “Su” mormorò fra sé, tirandosi su i capelli e raccogliendoseli in cima alla testa, scoprendo in tal modo il collo. “Giù” continuò, lasciando cadere la massa dorata. “Su … Giù … Su …”.
    “Buffy?”. La voce della madre veniva dal corridoio insieme al suono di passi che si avvicinavano, seguiti da un lieve bussare alla porta.
    “Entra”.
    La porta si aprì lentamente, con un leggero scricchiolio.
    “Ah! Sei meravigliosa” ansimò la sig.ra Summers, guardando la figlia alzarsi e girare su se stessa.
    Il vestito nero senza maniche le fasciava strettamente il petto e la vita, allargandosi leggermente all’altezza dei fianchi. Le spalle abbronzate e le clavicole apparvero fragili ed esposte, quando lei si mosse lentamente per prendere la stola grigia e per avvolgersela intorno al collo sottile.
    “Però devi fare qualcosa con i capelli” commentò la sig.ra Summers, entrando nella stanza e posando le mani sulle ciocche bionde di Buffy. “Dovresti tirarli su”.
    “Tu credi?” chiese lei, guardandosi allo specchio.
    “Decisamente! Mette in mostra il tuo bel collo”.
    Sentendo l’esitazione nella voce della madre, Buffy si accigliò.
    “Oh mamma! Non ti rimetterai a piangere, vero?” la supplicò.
    “Non riesco a farne a meno. Sembri così … cresciuta. La mia piccolina, cresciuta” disse Joyce coprendosi il naso e la bocca con entrambe le mani, mentre guardava la figlia che si sistemava diligentemente i capelli. “Tutti ti guarderanno, per tutta la sera. Spike avrà un attacco di gelosia. Bè … magari non gelosia dal momento che …”.
    “Mamma, devo dirti una cosa”.
    Buffy fu interrotta dal suono del campanello.
    “Oh! Ecco Spike! Vado ad aprire la porta!”.
    La donna uscì dalla stanza e si avviò per le scale prima che Buffy potesse dire qualcosa.

    “Scenderà da un momento all’altro” lo rassicurò Joyce, per la terza volta nella serata.
    Era passata mezz’ora da quando era arrivato, e ancora non c’era alcun segno di Buffy. Sospirando forte prese la tazza di cioccolata tiepida e ne bevve un sorso. Quasi morì soffocato quando, alzando gli occhi, *la* trovò, in piedi, sulla soglia della cucina.
    “Come sto?” chiese lei, arrossendo sotto lo sguardo fisso di lui.
    Dopo essere finalmente riuscito a rimettere sotto controllo il suo attacco di tosse lui si alzò e, a bassa voce, disse:
    “Sei splendida”.
    “Grazie. Anche tu non sei male” ricambiò lei, ammirandolo in smoking. Dio se è appetitoso. Scosse la testa, tentando di scacciare le immagini spinte che le avevano subito riempito la mente. “Cattiva Buffy!” si rimproverò.
    “Oh tesoro, sei meravigliosa”.
    “L’hai già detto, mamma. Oh mamma, per favore non … mamma … E dai, non piangere” la pregò, andando a posare una mano sulla schiena della madre.
    “Non riesco a farne a meno”.
    “Mamma ...”.
    “Mi dispiace. Andate ragazzi, e divertitevi. Io starò bene”.
    “Sicura?” chiese Buffy.
    “Sicura. Divertiti, tesoro”. La sig.ra Summers annuì e passò una mano sulla guancia della figlia, poi rimase a guardarla uscire dalla cucina. Mentre si chiudeva la porta alle spalle, Buffy sentì la madre che gridava: “A casa per le quattro!”.
    “Mi dispiace per questo. Mia madre è ... diciamo sensibile al fatto che, a quanto pare, sto crescendo” disse Buffy imbarazzata, tenendo gli occhi incollati al pavimento mentre si avvicinava all’auto di Spike.
    “Non preoccuparti. Mio padre è più o meno nelle stesse condizioni. Naturalmente, in chiave più virile. Era tutto un “vieni qui, figliolo” seguito dall’inevitabile ed imbarazzante scena dell’abbraccio” spiegò lui, aprendole la portiera dell’auto.
    Quando si fu seduto al posto del guidatore si immobilizzò, rimanendo in silenzio per un po’.
    “Ehm ... So che non dovrei dire niente, dato che non ho la patente e così via ma ... credo che funzionerebbe meglio se tu mettessi la chiave in quella piccola fessura lì” scherzò Buffy, sentendosi però come se nell’abitacolo della piccola auto non vi fosse più aria quando lui si voltò a guardarla, facendo scorrere lo sguardo sul suo corpo.
    “Sei splendida stanotte” disse lui a bassa voce, prima di inserire la chiave dell’accensione e partire in direzione della scuola.

    Quando entrarono nella sala piena di adolescenti, il suono di una chitarra riecheggiava sui muri della vecchia palestra. Mentre si facevano strada tra la folla, e tutti sembravano puntare gli occhi sui due biondi, Buffy inconsciamente strinse più forte il braccio di Spike.
    “Te lo saresti dovuto aspettare. Nessuno riuscirà a distogliere lo sguardo da te neanche per un secondo, stanotte” le bisbigliò all’orecchio Spike, trasformando le sue ginocchia in gelatina.
    Per fortuna Willow, estremamente vivace ed energica, venne in suo soccorso.
    “Buffy! Stai benissimo” gridò, per superare la forte musica di sottofondo.
    “Anche tu stai benissimo” replicò Buffy. Vedendo la familiare testa rossa a fianco della sua migliore amica, aggiunse: “Oz!”.
    Il ragazzo salutò la coppia appena arrivata: “Hey!”.
    “Quando andate in scena, ragazzi?” chiese Spike.
    “Fra quindici minuti circa. Stavo appunto aspettando che voi arrivaste. Non volevo lasciare Willow da sola” spiegò, attirando la propria compagna a sé per un breve bacio sulle labbra, prima di voltarsi per andarsene: “Ci vediamo”.
    “Buona fortuna!” gli gridò dietro Buffy; il chitarrista annuì e sparì nella folla.
    “Dio! Sono cosìììì eccitata! È anche peggio che al Bronze! Ah!!!” gridò Willow, applaudendo istericamente.
    “Vado a prendere qualcosa da bere. Voi volete qualcosa, ragazze?” chiese Spike.
    “Punch” risposero le due all’unisono, e l’ossigenato si voltò per accontentare la loro richiesta.
    “E la futura reginetta di homecoming, dov’è?” chiese Buffy.
    “Conosci Cordy, starà probabilmente aspettando l’ultimo momento per fare la sua entrata grandiosa”.
    “Già, ci scommetterei”.
    “Ah! Parli della diavolessa!” saltò su Willow, indicando la bruna vestita di rosso che era appena entrata nella stanza, facendo voltare tutti a fissarla.
    “Adora tutto questo!” sorrise Buffy, contemplando la scena.
    “Xander invece non sembra troppo a suo agio” scherzò Willow.
    “Ecco a voi” disse la voce di Spike alle loro spalle, mentre porgeva loro le bibite.
    “Grazie” mimò Buffy con la bocca, mentre la musica saliva di intensità.
    Vedendo la coppia avvicinarsi Spike sospirò di sollievo: “C’è l’idiota. Grazie a Dio! Un po’ di compagnia al testosterone”.
    Riportò lo sguardo sulla ragazza al suo fianco, e la vide imbronciata. Chinandosi le bisbigliò all’orecchio:
    “Non è niente in confronto a te, amore” la rassicurò.
    Era quello che ci voleva! Sentendo l’alito caldo di lui sul collo, stare in piedi ben diritta divenne un problema.
    “Hey ragazzi!” salutò Cordelia, senza molto entusiasmo.
    Loro ricambiarono il saluto: “Hey!”.
    “Odio tutto questo” brontolò Xander, tirandosi il colletto.
    “Anch’io” disse Spike, unendosi a lui nel danneggiamento dello smoking.
    “Ah, è solo per un paio d’ore. Saremo fuori di qui non appena avrò avuto quella dannata corona” esalò aspra Cordelia, esaminando la folla con gli occhi. “Non posso credere che dovrò ballare con quel testa d’animale del football”.
    “Hey! È la tradizione. Il re e la regina di homecoming devono ballare almeno una volta” ribadì l’ovvio Willow.
    Cordelia ringhiò qualcosa di incomprensibile, prima che dalle casse rimbombasse la voce stridula di Jonathan.
    “1, 2, 3 prova ...”.
    Tutti gli occhi si puntarono su di lui.
    “Ehm ... Ciao!”.
    “Povero ragazzo, finirà per disidratarsi se continua a sudare in quel modo” notò Xander, mentre dalle casse venne un suono acuto che provocò smorfie da parte di tutti.
    Sentirono Jonathan rimproverare Andrew che, nervosamente, lavorava alla consolle: “Il ritorno! Attento al ritorno!”. Alla fine lo stridio cessò, e il ragazzo riuscì a balbettare:
    “Ehm ... B-benvenuti al ballo di homecoming, tutti quanti!”.
    Prima che potesse continuare si sentì un misto di “alè” e “bù”.
    “Ora, date per favore il benvenuto alla splendida band ... “Dingoes ate my baby”.
    Si sentirono i primi accordi e, un allegro cicaleccio rimbombò per la stanza. Ben presto il palcoscenico si illuminò completamente, mostrando tutti i membri del gruppo, compreso Oz.
    “È così figo! Ho un ragazzo figo! Ahhh!” gridò Willow.
    “Oh no, sta ricominciando” brontolò Cordelia a denti stretti, prima che Xander le mettesse le braccia intorno alla vita e la trascinasse sulla pista da ballo.
    “Vuoi ballare, passerotto?” chiese Spike.
    Quando lei scosse la testa, lui si accigliò ma poi comprese, quando lei indicò la rossa che saltava solitaria al loro fianco. Spike annuì, abbracciandola e attirandola a sé mentre ascoltavano la musica.

    Passarono tre o quattro canzoni prima che Cordy e Xander raggiungessero il trio che sedeva intorno ad un tavolo. Bè, Willow non era esattamente seduta, dal momento che si contorceva continuamente sulla sedia, alzandosi e battendo le mani di tanto in tanto.
    “Dio! Sono sfatto. E io che credevo di odiare lo smoking ... Era niente in confronto a quello che provo adesso per queste stupide scarpe. Ahia!” brontolò Xander, sedendosi accanto a Spike, dato che Buffy aveva abbandonato la propria sedia preferendovi il grembo dell’inglese.
    “Che cosa stai facendo?” chiese offesa Cordelia, guardando il proprio ragazzo chinarsi e infilarsi l’indice nella scarpa.
    “Me le sto togliendo?” suggerì Xander.
    “Eh no che non te le togli!” scosse la testa lei, sgranando gli occhi e inarcando le sopracciglia.
    “E dai!”.
    “No!” insisté lei, incrociando le braccia sul petto.
    “Dannazione” imprecò Xander sottovoce, voltandosi verso la coppia seduta al loro fianco. “Voi ballate, ragazzi?”.
    “Voi tenete compagnia alla rossa?".
    Xander annuì:
    “Adesso non credo che riuscirei a muovermi, neanche se volessi”.
    Sia Spike che Buffy sorrisero, poi l’ossigenato alzò lo sguardo sulla bionda che gli sedeva in grembo e indicò con la testa la pista da ballo. In un lampo lei si alzò e lo condusse in mezzo alla folla.
    “Ah! Che gioia sedersi!” esalò Xander, usando le sedie di Buffy e Spike per sollevare le gambe.
    “Xander!” gridò Cordelia con un’espressione disgustata.
    “Che c’è?!”.

    *Da quello che ho potuto capire navigando in rete PTA sta per Parents Teachers Association = Associazione Genitori Insegnanti.


    Capitolo 27
    Il rimbombo veloce della batteria cessò improvvisamente, per essere sostituito, dopo alcuni istanti di silenzio, da un nuovo ritmo, più dolce. I due biondi si guardarono, a disagio, non sapendo che cosa fare, mentre tutto intorno a loro si creavano varie coppie, per ballare al ritmo lento della musica.
    Quando lui le si avvicinò e le mise le mani sui fianchi, attirandola a sé, lo stomaco di Buffy si contorse un paio di volte. Istintivamente, gli si aggrappò alle spalle e gli accoccolò la testa contro il petto. Si muovevano a tempo con la musica malinconica, trascinando pigramente i piedi sulla pista da ballo. Sentendola ridacchiare contro il suo smoking, Spike si accigliò.
    “Che c’è di divertente, amore?”.
    Lei alzò lo sguardo su di lui, indicando con la testa il tavolo che avevano appena lasciato. Ben presto l’inglese sorrise, alla vista di Cordelia che sbuffava contro Xander, fallendo miseramente nello sforzo di contenere la sua rabbia.
    “Cos’ha che non va, la regina dei ghiacci?”.
    “Immagino abbia notato che Xander sta facendo Michael Jackson”. Buffy ridacchiò contro il petto di Spike, facendogli rovesciare gli occhi nelle orbite per un attimo. Dio, tenerla così vicino gli era mancato, e il suo profumo stava diventando intossicante.
    “Come?” riuscì a chiedere.
    Buffy sorrise e indicò Xander.
    “Nota i calzini, incredibilmente bianchi”.
    “Ah ...”, si rese finalmente conto lui.
    Ballarono in silenzio per un altro po’, finché Buffy non alzò lo sguardo su di lui.
    “Tutto ciò è carino” esalò.
    “Molto”.
    “È … comodo” iniziò lei, aggiungendo con un sospiro: “Peccato che tu sia gay”.
    “Hey!” protestò lui, vedendola ridacchiare.
    “Scherzavo. È solo che mia madre deve essere veramente convinta che tu sia gay, altrimenti non mi avrebbe mai permesso di uscire così tardi e di farmi riaccompagnare a casa da un ragazzo nel bel mezzo della notte” spiegò lei.
    “Già, è probabilmente è lei che sta riempiendo anche la testa di mio padre di quella merda” brontolò lui.
    “Hey!”, fu il turno di Buffy di obiettare, schiaffeggiandolo leggermente sulla spalla.
    Si scrutarono a vicenda per un po’. Non avevano avuto occasione di … parlarne.
    “Allora ... Quando l’hai scoperto?” chiese Buffy.
    “Quando mio padre ha parcheggiato l’auto nel vialetto di casa tua e ha detto: “Ci siamo. È qui” rispose subito lui.
    “Ahia! Comunque sempre meglio che scendere le scale e imbattersi in tuo padre. Avresti potuto dirmelo” si accigliò lei, facendo il broncio.
    “Quando te l’avrei dovuto dire? Nei quindici secondi che mio padre ha impiegato a seguirmi?” si difese lui.
    “Si! Avresti potuto semplicemente dire: “Mio padre è il nuovo ragazzo di tua madre” insisté lei.
    Lui le rivolse un’occhiata seccata, piegando la testa di lato e storcendo la bocca.
    “Che c’è?” esclamò lei. “E va bene! Non potevi farci niente. Ho solo bisogno di qualcuno da incolpare” brontolò.
    “Anch’io, passerotto”.
    “È un po’ strano ... vero?” tentò lei, dopo qualche secondo di silenzio. “Mia madre, tuo padre, insieme. Suona semplicemente SBAGLIATO” disse, sgranando gli occhi per enfatizzare l’ultima parola.
    “È imbarazzante. Durante la cena mi sentivo morire” ammise lui.
    “Anch’io. Dio, tuo padre è stato così strano quando mia madre ci ha lasciati soli. Era tutto: “Come stai? Come sta Willow? Come sta Xander?”. Siete ritornati giusto in tempo. Stava diventando troppo doloroso”.
    “Papà è solo nervoso all’idea di non piacerti. Sembra che tua madre gli piaccia veramente” spiegò Spike.
    “Immagino. Ma è comunque strano” disse lei, posandogli la testa sulla spalla.
    Sentendola immobilizzarsi ed irrigidirsi completamente lui si accigliò. Era sul punto di chiederle il perché del cambiamento improvviso quando, seguendo il suo sguardo, vide Dru e Angel che entravano nella palestra. Senza una parola rafforzò la stretta intorno alla vita di lei e la attirò più vicina, mettendole una mano sulla schiena e tracciando dei piccoli cerchi rilassanti sulla sua pelle nuda, appena sotto il collo. Dopo qualche secondo lei si rilassò e gli strofinò il viso contro lo smoking, aspirando il suo profumo.
    Lui abbassò pigramente la testa, seppellendo il viso nei capelli di lei. Nel sentirlo mormorare qualcosa di incomprensibile contro i suoi capelli, lei sorrise.
    “Cosa hai detto?” chiese, alzando lo sguardo su di lui.
    Quando il suo sguardo incontrò quello di lui, le si mozzò il fiato in gola. Sembrava così …
    Intorno a loro tutti cominciarono a battere le mani e a chiacchierare all’improvviso, strappandola violentemente ai suoi pensieri. Batté furiosamente le palpebre e si guardò intorno, rendendosi conto che il gruppo di Oz aveva terminato la propria esibizione e che tutti stavano applaudendo. Fece vagare lo sguardo per la stanza e, nonostante la mente ancora un po’ annebbiata, riuscì ad individuare una Willow estremamente isterica che saltava su e giù e applaudiva incessantemente, mentre Oz saltava giù dal palcoscenico.
    Ben presto vi salì Jonathan che, ancora sudato e nervoso, raccolse uno dei microfoni e vi tamburellò leggermente.
    “E-e adesso, il momento che tutti state aspettando: l’incoronazione del re e della regina di homecoming”.
    Per qualche secondo la palestra si riempì di un chiacchiericcio rombante, poi il ragazzo continuò:
    “Per favore date il benvenuto al nostro preside … il preside Snyder!”.
    Tutti ammutolirono mentre l’uomo, basso e calvo, saliva sul palcoscenico. All’improvviso un solitario “bu” riecheggiò fra le pareti. Il preside Snyder strappò subito il microfono dalle mani di Jonathan e scattò:
    “Dammelo!”. Voltandosi verso la folla, ringhiò: “Chi è stato?”.
    Nessuna risposta.
    L’ometto sbuffò un paio di volte, poi decise di ignorare l’insulto e rivolse la propria attenzione ad una delle due buste che teneva tra le mani.
    “Va bene, facciamola finita con questo patetico spettacolo” brontolò, strappando una delle buste. “E la regina di homecoming è … Sorpresa sorpresa …” mormorò con finto entusiasmo: “La sig.na Cordelia Chase”.
    Tutti applaudirono mentre la capo – cheerleader saliva sul palcoscenico, sollevandosi la lunga gonna per salire sugli scalini stretti.
    “Grazie” disse lei con un sorriso di plastica, accettando la corona d’oro ed il fragile mazzo di fiori. “Vorrei …”.
    “Va bene, va bene! Niente discorsi” la interruppe Snyder, facendo sì che Cordelia gli rivolgesse un’occhiata violenta. “E il re di homecoming è …”. Strappò la carta ed estrasse il cartoncino. Gli cadde praticamente la mascella al suolo mentre, a voce alta, leggeva: “William Giles?”.
    In tutta la palestra calò un silenzio perfetto. Gli sguardi di tutti vagavano da un Angel decisamente incavolato ad uno Spike incredibilmente sorpreso.
    “Eh? Cosa?” riuscì a chiedere lui, guardando una Buffy altrettanto sorpresa.
    Dopo la sorpresa iniziale il preside tornò al suo solito umore spiacevole e brontolò:
    “Sig. Giles, non ci faccia aspettare”.
    Con gli occhi ancora sgranati il ragazzo raggiunse il palcoscenico, accettando di malavoglia la corona, dorata e terribilmente elaborata, in testa.
    “Ok. È fatta. Me ne vado da questa specie di scuola superiore infestata di adolescenti” ringhiò Snyder, scendendo dal palcoscenico.
    Jonathan afferrò nervosamente il microfono più vicino:
    “E ora, come da tradizione, il re e la reggina di homecoming balleranno insieme”.
    Ancora un tantino incerti sia Cordy che Spike rimasero sul palcoscenico, a guardarsi l’un l’altra.
    “Ehm ... Ragazzi!” sibilò loro Jonathan. “Muovetevi”.
    “Oh ...”. Spike scosse la testa e prese Cordelia per mano, conducendola sulla pista da ballo. In sottofondo cominciò a suonare una musica lenta e scipita e l’ossigenato mise le braccia intorno a Cordelia attirandola a sé.
    A quella vista Buffy sentì lo stomaco che si contorceva, e la strana sensazione la portò, istintivamente, a fare una smorfia.
    “Hey!”.
    Sentendo una voce si raddrizzò.
    “Hey Wills” salutò goffamente, riportando lo sguardo sulla coppia solitaria sulla pista da ballo.
    “Stai bene?” chiese la rossa.
    “Bene” rispose lei, senza guardarla.
    “Stessa risposta di Xander”.
    “Sto bene, Willow” la rassicurò Buffy, voltandosi finalmente a guardare la sua migliore amica. “È solo un ballo. Ed è solo Cordelia”.
    In silenzio, le due osservarono la coppia “reale”, che scivolava sulla pista da ballo.
    Buffy tamburellava nervosamente con una scarpa. Non si era mai resa conto che quella canzone fosse così lunga.
    Sentì Willow che le diceva: “Rilassati, Buffy”.
    “Sono rilassata. Non potrei essere più rilassata. Sono la rilassatezza personificata!”.
    A questa risposta Willow sollevò un sopracciglio.
    “*Sono* rilassata” ripeté lei, aggiungendo dopo una piccola pausa: “E lo sarò anche di più quando Spike le avrà levato le mani * di dosso*”.
    Lentamente la canzone sfumò nel silenzio e la coppia danzante si separò rapidamente.
    “È stato carino ballare con te” disse imbarazzato Spike, indietreggiando.
    “Si” annuì Cordelia altrettanto imbarazzata, dirigendosi verso Xander.
    “Hey. È stato strano, eh?” disse nervoso Spike, avvicinandosi a Buffy e levandosi rapidamente la corona metallica.
    La biondina si limitò ad annuire e si sedette intorno al tavolo insieme a Willow, Oz, Cordelia e Xander. Mentre la musica saliva di tono, riempiendo la stanza, i sei ragazzi rimasero avvolti in un silenzio snervante.
    “Questa sì che è una sorpresa. Spike, re di homecoming” saltò su Willow, nel tentativo impossibile di alleggerire l’atmosfera.
    “Una vera sorpresa” intervenne Oz, in un tentativo senza speranza di aiutare la sua ragazza.
    “Angel deve essere scocciato, eh?” continuò la rossa, senza alcuna reazione da parte delle due coppie.
    All’improvviso Cordelia parlò:
    “Ho avuto la mia corona. Che ne dite di andare a casa mia, ragazzi?”.
    “Buona idea” squittì immediatametne Willow.

    Viaggiarono in silenzio per i primi cinque minuti.
    Spike cercò di chiacchierare del più e del meno: “Il ballo è stato carino”.
    Buffy si limitò ad annuire, e guardò fuori dal finestrino.
    “Il gruppo di Oz era sorprendente”.
    Un altro cenno del capo, seguito da un sospiro.
    “Qualcosa non va, amore?”.
    “No” rispose Buffy, guardando attraverso il vetro.
    “E allora perché il metodo del silenzio?”.
    “Quale metodo del silenzio? Sono solo stanca” replicò lei. “Ah!”.
    L’auto si fermò di colpo, facendola scattare in avanti, mentre solamente la cintura di sicurezza le evitava di essere sbalzata fuori dal parabrezza; e lei gridò per la sorpresa.
    “Sei pazzo!?” urlò, voltandosi a guardarlo. “Perchè *diavolo* l’hai fatto?”. Si interruppe, in attesa di una risposta. “Cos’hai da sogghignare? Smettila di sogghignare! Non mi piace quando sogghigni!”. Lui piegò la testa e socchiuse gli occhi, con il suo solito ghigno ancora visibile agli angoli della bocca ferita. “Che c’è?!”.
    “Sei gelosa” affermò lui, in tono piatto.
    “Cosa?!” gridò lei.
    “Eri geloso di me e della reginetta dei pom pom” chiarì lui.
    “Egocentrismo eh?” chiese lei, sollevando i sopraccigli.
    “No. Sto solo precisando l’ovvio, passerotto”.
    “Ha!”.
    “E dai. Ammettilo: Tu. Eri. Gelosa”.
    “Non. In questa. Vita” replicò lei, nello stesso modo.
    Vedendola arrossire furiosamente il sorriso di lui si allargò: “Eri gelosa”.
    “No che non lo ero”.
    “Sì che lo eri”.
    “No che non lo ero”.
    “Si che lo eri”.
    “No che ... Oh, vuoi stare zitto e metterti a guidare?” brontolò lei, incrociando le braccia sul petto e voltandosi verso la strada.
    “Finché non avrai ammesso che eri gelosa, no” affermò lui.
    Girò la chiave dell’accensione e il mormorio costante del motore si interruppe; poi tirò il freno a mano.
    “Siamo in mezzo alla strada, Spike!” notò lei, guardando avanti e indietro.
    “Finché non l’avrai ammesso, no” ripeté lui, rilassandosi sul sedile.
    “Spike! Smettila di giocare, ci verrà addosso qualcuno”. Nella voce di lei si era insinuato un pizzico di paura.
    “Ammettilo”.
    “No!” urlò lei, voltandosi nuovamente e vedendo un’auto che si avvicinava loro pericolosamente. “Spike! Attento!”.
    All’ultimo momento però l’automobilista scorse l’auto parcheggiata nel bel mezzo della strada e riuscì ad evitarla, superandoli.
    “Ci farai uccidere!” gridò lei. “Non è divertente”.
    “Ammettilo”.
    “La vuoi smettere di ripeterlo?!”.
    Lui la accontentò e, mentre un’altra auto li superava di corsa, non disse niente e si limitò a fissarla.
    “Spike per favore, levati” lo supplicò. Lui scosse la testa. “Va bene. Lo farò io”.
    Senza preavviso si spostò di lato, facendo scivolare la gamba sinistra fra quelle di lui e mettendo le mani sul volante. Mentre gli si dimenava in grembo sentiva le farfalle nello stomaco; poi lo sentì gemere. Cercando di ignorarlo girò la chiave dell’accensione; il motore ruggì ma rifiutò di muoversi.
    “Bene ... Ora, quale pedale fa muovere l’auto ...” si chiese.
    Tentò con uno, senza alcun risultato. Sospirando ne scelse un altro e lo premette; all’improvviso l’auto ruggì più forte, facendola saltare in grembo a Spike; l’inglese non poté fare a meno di gemere mentre lei gli premeva il fondoschiena contro il bacino.
    “Ohdioohdioohdio!” pensò lei, cercando di riprendere il controllo del proprio respiro. Premette di nuovo il pedale e, ancora una volta, il motore ululò ma il veicolo rifiutò di partire. Guardò a destra e a sinistra, in alto ed in basso, cercando di ricordare cosa aveva fatto Spike l’ultima volta che aveva messo in moto. Quando lo sguardo le cadde sulla leva alla sua destra gli occhi le si illuminarono.
    Nel frattempo Spike stava rovesciando gli occhi all’indietro, stringendo i denti e chiudendo e aprendo i pugni, per evitare di afferrare il corpicino caldo che gli si dimenava in grembo. “Mm … Odora di buono! No! Concentrati, concentrati, Spike! Non puoi lasciarla vincere!” pensò, guardandola.
    Elettrizzata, lei afferrò il freno a mano e cercò di abbassarlo. Quando quello rifiutò di muoversi, si accigliò. Notando il bottone sulla leva lo premette, e provò di nuovo. Questa volta funzionò e, non appena ebbe abbassato il freno, l’auto cominciò a muoversi. Sorrise rendendosi conto che, anche se non stava premendo alcun pedale, l’auto stava scivolando lungo la strada.
    Con un sorriso sciocco, e il cuore che le batteva a mille, afferrò il volante e lo girò completamente verso destra, puntando l’auto dritta sul marciapiede.
    Quando l’auto salì sul marciapiede gridò isterica: “Ah!”; girò il volante a sinistra, rendendosi conto di essere sul punto di andar a sbattere su un bidone della spazzatura.
    Riuscì ad evitare l’oggetto, e l'auto continuò a muoversi lungo il marciapiede, con due ruote sull’asfalto e due sul cemento. “Ora … per farla fermare …”.
    Senza pensarci due volte tirò il freno a mano, e l’auto si fermò di colpo. Il motore continuava a ronzare leggermente, perciò girò la chiave dell’accensione e quello si zittì.
    “Ah!!!!!” gridò. “Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta! Ah!! Ho guidato un’auto!” gridò isterica, battendo le mani e dimenandosi in grembo a Spike. “Hai visto? Ho guidato un’auto” continuò ad urlare, senza rendersi minimamente conto dei gemiti soffocati dietro di lei.
    Mentre lei gli strofinava il fondoschiena contro l’inguine, Spike mantenne una pressa ferrea sul sedile. Strinse le labbra, nel tentativo di ricacciare indietro i grugniti che gli si stavano formando in gola, ma non gli fu possibile. Dio! Il modo in cui si muoveva, chi avrebbe potuto resistere?
    “Hai visto? Ho ...”, sentendosi afferrare saldamente per le cosce all’improvviso, lei si interruppe a metà della frase.
    Lui se la premette addosso, attirandola a sé con le mani e spingendo i fianchi in avanti, e lei trattenne il respiro. Sentendo qualcosa di duro che le premeva addosso Buffy spalancò gli occhi. Dopo la sorpresa iniziale si rilassò, e cominciò a fare piccoli movimenti circolari con i fianchi.
    Lo sentì ansimare nel suo orecchio: “ ... Buffy …”.
    Le passò lentamente le labbra sulla nuca, facendo scorrere i denti contro la carne tenera. Buffy dondolò la testa all’indietro e strinse il volante, continuando a muovere i fianchi.
    “Ah…”.
    I gemiti di lui nell’orecchio le fecero venire i brividi lungo la schiena; poi lui, alla cieca, spostò una mano lungo il fianco di lei, fino ad afferrarle il seno. Ora era Buffy a gemere, mentre lui la accarezzava rudemente attraverso il tessuto nero del vestito.
    Lei tolse una mano dal volante e gliela mise sul collo, attirandogli il viso più vicino al proprio. Le labbra di lui le sfiorarono la mascella e la guancia prima di trovarle, finalmente, la bocca.
    Buffy gemette, schiudendo le labbra e permettendogli di entrare.
    Le loro lingue si muovevano frenetiche, nel tentativo disperato di approfondire il bacio, come se volessero divorarsi a vicenda.
    Spike gemette, mentre lei gli si dimenava in grembo nel tentativo di mettersi comoda, dato che aveva il busto girato all’indietro rispetto al resto del corpo. Si sforzava di spostarsi nel piccolo spazio, ma il vestito stretto che indossava serviva solo a impedirne ulteriormente i movimenti.
    Resosene conto Spike spostò le mani verso il basso e, senza smettere di baciarla, le sollevò il vestito, arrotolandoglielo all’altezza della vita. Aproffittando della nuova libertà di movimento lei si voltò e dopo pochi secondi, era faccia a faccia con lui, con le gambe ai lati di quelle di lui. Uno dei suoi tacchi affondò nello stinco di Spike ma, mentre lei spingeva i fianchi contro i suoi facendo ondeggiare i seni per il movimento brusco, lui non se ne accorse.
    I loro sguardi si incontrarono, ed entrambi si immobilizzarono per un attimo. Lei era arrossita, e alcune ciocche di capelli le erano sfuggite dalla crocchia alla base della testa e ora le ricadevano intorno al viso, incorniciandoglielo.
    Lui non poté evitare di esalare: “Dio Buffy ... sei bella!”, prima di catturarle la bocca con la propria.
    Il bacio era affrettato e famelico. Lui le mise una mano alla base del collo, attirandola più vicina, nel tentativo disperato di rendere il bacio più profondo, mentre lei premeva ancora una volta i fianchi contro i suoi. Lui spostò le labbra sulla sua mascella, sul collo e, alla fine, sul bordo del vestito. Buffy inarcò la schiena e spostò la testa di lato, lasciandogli pieno accesso al proprio petto; lui le tirò il vestito con dita tremanti, scoprendole un seno perfetto.
    Si fermò un momento, guardandola per chiederle il permesso, ma lei teneva gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta e sembrava completamente andata. Le sfiorò il capezzolo indurito con le labbra, facendola ansimare, poi tirò fuori la lingua ad avvolgerlo.
    “U-au!”.
    Un’auto piena di adolescenti passò al loro fianco, richiamando la loro attenzione. Buffy arrossì furiosamente e si diede da fare per rivestirsi rapidamente, levandosi contemporaneamente dal grembo di Spike e ricadendo sul suo sedile.
    “Oh Dio! Sono della nostra scuola!” strillò, sistemandosi il vestito. “Ohdioohdio!”.
    “Shh ... Calmati, amore”.
    “Calmarmi?! Un’auto piena di adolescenti che ragionano con gli ormoni mi ha appena visto il … il …” disse lei, indicando goffamente il suo seno, ora coperto.
    “Calmati. Non hanno visto niente. A meno che non abbiano la vista a raggi X, che avrebbe permesso loro di vedere attraverso la mia testa” spiegò Spike, ammiccando allusivo.
    “Maiale ...” mormorò lei, sforzandosi di non sorridere.
    Per un attimo rimasero a guardarsi in silenzio. All’improvviso Spike distolse lo sguardo da lei e guardò il volante:
    “Ehm ... faremo meglio ad andare” disse, girando la chiave dell’accensione.
    “Cosa? Stiamo andando? E il ... sesso?” si chiese lei, accigliandosi. Che cosa diavolo aveva lui che non andava? Perché faceva così? A causa dei loro genitori? Lo ripugnava ora che ... Bè, sicuro come *l’inferno* non lo ripugnava un momento fa. In più è la seconda volta che lo fa.
    Buffy incrociò le braccia sul petto e rimase imbronciata per tutto il tragitto.
    “Respira, respira” si ordinò mentalmente Spike. “Non puoi lasciarla vincere. Se ne ha voglia dovrà essere lei a fare una mossa. Speriamo solo che la faccia in fretta o perderò la testa”.


    CAPITOLO 28
    “Eccovi qua, ragazzi. Pensavo che vi foste persi, o qualcosa di simile” gridò Xander, andando incontro alla coppia di biondi che aveva appena varcato la soglia.
    “Siamo rimasti bloccati nel traffico ... più o meno” inventò Spike sul momento.
    “Alle 11 di sera? Traffico?” chiese Xander, sollevando un sopracciglio. “Va bene, bambini, divertitevi e non fate troppi danni, oppure Cordelia vi prenderà a calci nel culo. Io ho finito”.
    E si allontanò con un sorriso sciocco, per venire ben presto inghiottito dalla folla di adolescenti saltellanti.
    Buffy si limitò ad accasciarsi dietro Spike. All’idea di incontrare il gruppetto di ubriachi che, appena dieci minuti prima, li aveva sorpresi in un posizione estremamente compromettente le si rivoltava lo stomaco.
    “Oh Dio! Sono qui!” squittì, scorgendo il ragazzo basso e dai capelli castani che aveva urlato. “Sto per morire. Uccidimi adesso e basta” mormorò.
    “Calmati amore. Forse non ci hanno riconosciuto” suggerì Spike.
    Nel momento stesso in cui si immersero nella festa tutte le teste si voltarono ad osservarli. La marea di bisbigli incomprensibili che seguì era appena coperta dalla musica ad alto volume.
    “Oh certo ... non ci hanno affatto riconosciuto” scattò Buffy, sarcastica.
    “Mi dispiace, passerotto” si scusò l’inglese.
    Lei socchiuse gli occhi: “Sarà meglio”.
    “Bè, è stata tua la brillante idea di sedermi in grembo”.
    “E allora?”.
    “E allora?” ripetè lui. “Sono un ragazzo! Non ci si agita in grembo ad un ragazzo; specialmente non in grembo ad un ragazzo di 18 anni che ragiona con gli ormoni!”.
    Buffy si limitò ad alzare gli occhi al cielo, e si appoggiò ad una parete, sperando che i pettegolezzi cessassero. Sfortunatamente, dopo dieci minuti erano ancora avvolti dal ronzio delle chiacchiere.
    “Dio! Dov’è Willow quando ho bisogno di lei?” mormorò imbronciata.
    “Se sono venuti con il furgoncino di Oz, probabilmente ci metteranno un po’” esalò Spike, esaminando la folla e gettando occhiate omicide a vari pettegoli, ma senza nessun risultato. Ce ne erano troppi, semplicemente. Si voltò verso Buffy: “Vuoi zittirli?”.
    “Sì, grazie” supplicò Buffy. “Qual è la tua ...”.
    Non riuscì a terminare la frase e, all’improvviso, se lo trovò addosso, con la bocca incollata alla sua in un bacio bruciante ed esigente, mentre, con il corpo, la inchiodava alla parete a cui si era appoggiata. Le spinse la lingua fra le labbra, esplorandole avidamente la bocca, mentre con le mani le afferrava le cosce, per poi salire ai lati del torace. Buffy sgranò gli occhi per la sorpresa ma, ben presto, si rilassò fra le sue braccia e, mentre le sue palpebre si abbassavano pesanti, lo ricambiò con pari fervore.
    Con la mente in fermento lo afferrò per i baveri della giacca, tentando disperatamente di portarlo più vicino, ma lui si tirò indietro e, voltandosi a fronteggiare la massa di ragazzi che li fissavano stupefatti, gridò:
    “Piaciuto lo spettacolo?”.
    Tutti arrossirono, dimenandosi imbarazzati e facendo scivolare lo sguardo sulle pareti, nel patetico tentativo di apparire dimentichi dei due biondi. Voltandosi verso Buffy, che ansimava, sogghignò:
    “Ha funzionato”.
    Lei tentò di rispondere ma, ancora leggermente stordita dall’intensità del bacio, decise di annuire e basta.
    “Vuoi qualcosa da bere, amore?” chiese lui, deglutendo a fatica, nel tentativo di nascondere il battito galoppante del suo cuore e la sua mancanza di fiato.
    Per tutta risposta la ragazza annuì nuovamente, con gli occhi spalancati.
    “Torno subito” disse lui, prima di voltarsi e dirigersi al bar che era dall’altro lato della stanza.
    Buffy rimase lì, ancora appoggiata alla parete e, quando sentì qualcuno toccarle la spalla, fece praticamente un salto.
    “Buffy!”.
    Sentì la voce vivace di Willow.
    Respirando a fondo si voltò verso Willow e Oz: “Ah, siete voi, ragazzi”.
    “Buffy, stasi bene? Sei un po’ tesa” si preoccupò la rossa.
    “Sto bene, Will” le assicurò Buffy, guardando Spike che tornava con in mano due bottiglie di soda.
    “Hey” salutò lui.
    Oz fece un cenno col capo e strinse le labbra.
    “Dove sono Cordelia e Xander?” chiese Willow.
    “Probabilmente di sopra, a fare cosacce” suggerì Buffy.
    Spike confermò i suoi sospetti: “Già, l’idiota aveva stampata in faccia una ridicola espressione del tipo “Stanotte-mi-tocca”.
    Willow fece una smorfia: “Bene, non era proprio il tipo di immagine di cui avevo bisogno”.
    “Pure io” fu d’accordo Buffy.

    La canzone finì e le coppie iniziarono a separarsi ma, mentre partiva un ritmo più veloce e vitale, la coppia di biondi rimase abbracciata. Si muovevano lentamente, mentre la folla intorno a loro saltava su e giù, in una danza strana, quasi tribale.
    “Non credo che ‘It Smells like Teen Spirit’ si balli in questo modo” disse alla fine Buffy con un ghigno, sollevando lo sguardo su di lui.
    “Chi lo dice?” chiese Spike, inarcando il sopracciglio sfregiato.
    “In questa stanza, tutti” replicò subito lei.
    “Uff. Cosa ne sanno loro?”.
    Rimasero legati in un intimo abbraccio, ondeggiando ad un ritmo tutto loro, dimentichi del mondo che li circondava.
    Dopo quella che sembrava un’eternità si separarono e si mossero per raggiungere Willow e Oz sul divano.
    “Voi non ballate, ragazzi?” chiese Buffy, con un sorriso che le arrivava da un orecchio all’altro.
    “Non sono dell’umore per balli spaccatesta” disse Willow, arricciando il naso.
    “Puoi sempre ignorare la musica e fare un ballo lento” ribatté la bionda.
    “Non ho molta fantasia stasera. E in più …” si indicò i piedi nudi: “Fanno male”.
    “Oh! Te l’ho detto, dovresti portare più spesso le scarpe con il tacco”.
    “Non posso” disse semplicemente Willow.
    “Perché no?” si accigliò Buffy.
    “Problemi d’altezza” bisbigliò Willow, accertandosi con la coda dell’occhio che Oz fosse completamente preso dalla conversazione con Spike.
    “Ah ...”. Buffy capì e annuì.
    “Allora, perché prima eri così tesa?”.
    “Le voci non ti sono ancora arrivate?”.
    “No, niente voci. Sai com’è, sono sempre fuori dal giro dei pettegolezzi. Non ho giri” si accigliò dolorosamente Willow.
    “Bè, adesso non sarai più senza giri” le assicurò Buffy, facendola sorridere. “Venendo qui io e Spike abbiamo avuto una specie di litigio”.
    “Di nuovo?”.
    “Non preoccuparti, l’abbiamo superato. Comunque, abbiamo litigato e una cosa ha portato ad un’altra e, per farla breve, abbiamo finito per darci parecchio da fare”.
    “Ah!” se ne uscì Willow, con un ghigno.
    “Si, è quello che hanno detto anche i ragazzi che ci sono passati vicino. Bè, più o meno. Era più una cosa del tipo “UAU”.
    “Ahia” fremette Willow.
    “La cosa peggiora. Salta fuori che quelli sono della nostra scuola e, mentre noi parliamo, sono qui. Da qui le voci e le costanti occhiatine a me ed a Spike”.
    Willow sorrise e Buffy andò avanti, raccontandole della strategia dell’inglese per sconfiggere le occhiate malevole.
    “Cosa avete da ridacchiare voi due?” gridò Spike, avvicinandosi a Buffy e abbracciandola possessivamente.
    “Niente” mentì Buffy. “Cose da ragazze”.
    Spike socchiuse gli occhi e piegò la testa di lato, chiaramente incredulo.
    “Che c’è?”. Buffy gli rivolse un’occhiata innocente, chinandosi per un bacetto prima di alzarsi.
    “Dove stai andando?” chiese lui, tenendole la mano.
    “Al bagno delle ragazze” rispose lei, spostandosi.
    “Vuoi che ti accompagni?” chiese lui, esaminando la folla. C’erano già troppi ragazzi incavolati alla festa, non aveva intenzione di mettersi nei guai.
    “Credo di farcela ad andare al bagno da sola. Ci riesco da quando avevo due anni. Sono abbastanza sicura di avere la situazione sotto controllo” scherzò Buffy.
    “Stai attenta” disse lui, lasciandole andare la mano e guardandola allontanarsi nella folla.
    “Starà bene” disse Oz, che conosceva bene i timori che passavano per la testa dell’inglese, dal momento che si sentiva allo stesso modo all’idea di Willow che vagava per la festa da sola. Soprattutto al piano di sopra.

    Buffy si arrampicò su per le scale, tentando di evitare le varie coppie seminude di cui sembrava coperta ogni superficie disponibile. Aveva provato con i due bagni al piano di sotto ma ne aveva trovato uno occupato e l’altro … bè, non era nelle condizioni più igieniche. Raggiunse il corridoio, dove l’attendeva uno spettacolo anche più degradante.
    “Trovatevi una stanza” bisbigliò accigliata, mentre tentava di ricordare le indicazioni che le aveva dato la ragazza ubriaca.
    “Cosa ha detto? La seconda porta a sinistra o a destra? O la terza? Dannata musica ad alto volume” brontolò mentalmente, facendo un primo tentativo. Non ebbe bisogno di avvicinarsi troppo alla porta per sentire una serie di “Oh mio Dio” provenire dall’interno. Va bene, allora scartiamo la prima possibilità. Decise di andare dall’altro lato del corridoio, ma ancora una volta dalla porta filtrarono gemiti e grida assurse. Immagino che questo lasci la terza e la quarta porta. Ora, a destra o a sinistra.
    Sentì qualcuno dire: “Credo che sceglierei la destra”.
    Voltandosi vide Angel appoggiato al muro, con in mano una bottiglia di birra.
    “Stai cercando il bagno, vero?”.
    Buffy si limitò ad annuire, incrociando le braccia sul petto nel debole tentativo di coprirsi. Dannazione! Perché aveva lasciato la sciarpa di sotto? Non le piacevano per niente le occhiate lascive che lui le gettava sul seno.
    “È la terza porta a destra”.
    “Grazie” disse lei, facendo il gesto di girare la maniglia.
    Era chiusa a chiave. “Dannazione!” imprecò mentalmente. Sorrise nervosa e bussò leggermente alla porta.
    “Hey? C’è qualcuno?” chiese, rendendosi conto che Angel la stava ancora fissando.
    “È ...”.
    Chiunque stesse cercando di rispondere non ci riuscì, e si sentì un conato seguito dall’inconfondibile rumore di una persona che vomita.
    “Bleah” fremette Buffy, stringendo le gambe. Aveva davvero bisogno di andarci.
    “C’è un altro bagno vicino alla piscina” suggerì Angel.
    “Ah ...” disse Buffy, che non aveva idea di come raggiungerlo.
    “Se vuoi ti ci posso accompagnare”.
    “Credevo che Cordelia avesse detto che la piscina era terreno vietato. Ha chiuso a chiave tutte le porte” spiegò Buffy.
    “Dimentichi che sono venuto a questa festa negli ultimi tre anni. Conosco questa casa dentro e fuori” ghignò Angel.
    Non le piaceva. E non nel senso “non-mi-piace-lo-splendido-sorriso-di-Spike”; ma nel senso “è-davvero-impressionante-stammi-dannatamente-lontano”. In più lui aveva un’aria da ubriaco. Ma che cosa avrebbe dovuto fare? Trattenersi?
    “Va bene” acconsentì alla fine, seguendolo al piano di sotto.
    Anziché andare a sinistra, nella direzione in cui si svolgeva la festa, andarono a destra, in cucina, dove un paio di ragazzi ubriachi se ne stavano spaparanzati sul pavimento, mentre altri raccontavano storielle seduti sul bancone. Attraversarono la stanza ed entrarono in un piccolo corridoio con una porta su ogni lato, una delle quale conduceva ad uno dei bagni che aveva tentato prima. Alla fine del corridoio c’era una finestra. Angel l’aprì.
    “Devi passarci attraverso” spiegò.
    Buffy aspettò qualche secondo, chiedendosi come avrebbe fatto ad arrampicarsi. Tirandosi il vestito lo sollevò il minimo indispensabile a permetterle di scavalcare con una gamba, poi saltò. Atterrando sull’erba barcollò un po’, ma riuscì a mantenere l’equilibrio. Rimase a guardare Angel che usciva agevolmente dalla finestra.
    “Da questa parte” indicò lui, mentre giravano l’angolo e si trovavano davanti una piscina gigante nel bel mezzo del giardino.
    Buffy non poté evitare di dire: “Uau”.
    “Lo so. Grandiosa, vero? Ho avuto più o meno la stessa reazione la prima volta che l’ho vista” disse Angel infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
    Buffy lo guardò, aspettando che le indicasse il bagno.
    Lui indicò la casetta vicino alla piscina: “Ah scusa! È là”.
    Lei sorrise e si incamminò verso l’edificio bianco: “Grazie”.

    “Dov’è? Perché ci sta mettendo tanto?” chiese Spike per la quarta volta, esaminando nervoso la festa.
    “Probabilmente c’è la fila. Scenderà da un momento all’altro” tentò di calmarlo Willow.
    “Non mi piace. Vado a controllare” mormorò alzandosi e allontanandosi.

    Buffy si passò le mani sullo stomaco, stirando la stoffa nera e guardandosi per l’ultima volta allo specchio prima di aprire la porta ed uscire dal bagno. Si guardò intorno e, non riuscendo a trovare il quarterback, si accigliò.
    “Angel?” chiamò, strabuzzando gli occhi mentre lo cercava nel folto giardino che circondava la piscina.
    “Presa!” esclamò lui afferrandola per la vita e facendola gridare.
    La mise subito giù.
    “Scusa! Non volevo spaventarti” si scusò.
    “S-sto bene” balbettò lei.
    “Allora ... ti stai godendo la festa?” cercò di chiacchierare lui.
    “È carina. Lasciamo che Cordelia organizzi una festa in grado di compensare il ballo fiacco” disse lei, sorridendo dolcemente mentre fissava l’acqua cristallina in cui si specchiava il cielo.
    “Già! È lei che ogni anno da le feste migliori” fu d’accordo lui.
    Rimasero in silenzio per qualche secondo.
    “Bè, faremmo meglio ...”. Lei indicò la casa: “ ... ad andare”.
    “Giusto” disse lui, annuendo e seguendola.

    Mentre tornavano verso la finestra Buffy vacillò sull’erba e, all’improvviso, piegò la caviglia sotto di sé, barcollando. Angel l’afferrò istintivamente, ed il suo braccio forte intorno alla vita fu sufficiente ad evitarle di cadere.
    “Ah … grazie!” ansimò lei, sollevando lo sguardo su di lui.
    Sgranò gli occhi, trovandosi improvvisamente con le labbra di Angel sulle proprie. Inizialmente rimase scioccata, poi gli premette immediatamente le mani sulle spalle, spingendolo via.
    “Che cosa *diavolo* stai facendo?” scattò arrabbiata, pulendosi la bocca con il dorso della mano, senza preoccuparsi di macchiarsi di rossetto.
    “E dai Buffy. Sai che lo vuoi”. Lui le si avvicinò, a braccia tese.
    Lei lo avvertì: “Stai lontano da me!” e lui si fermò di botto.
    “È per lui?”.
    Lei si accigliò.
    “Mr Ossigeno?” spiegò Angel, facendo un cenno con la testa in direzione della casa.
    “Questo ...” iniziò lei, ma fu interrotta dalla risata grottesca del ragazzo.
    “Sei tutta preoccupata di quello che penserà, vero? Cara vecchia Buffy! Non penseresti mai di tradire il tuo ragazzo” la prese in giro lui, con un filo di rabbia dietro il suo tono arrogante. “Bè, indovina un po’? Dovresti controllare se il tuo *ragazzo* è della stessa idea, tesoro, perché non sono affatto sicuro che lui sia d’accordo con te sul fatto che la vostra è una relazione monogama”.
    Quando lui si fermò e respirò a fondo Buffy lo guardò.
    “Sei ubriaco” scattò, sollevandosi l’orlo del vestito e preparandosi ad andarsene. Allora lo sentì gridare:
    “Non te l’ha detto, vero? Perché ci siamo battuti?”.
    Lei si bloccò.
    “Lo immaginavo. Voglio dire, dato il modo in cui eri completamente presa da lui ho immaginato che non l’avesse fatto”.
    Lei si voltò lentamente a fronteggiarlo.
    “Questa sarebbe la scena da film in cui tu ti inventi una qualche enorme bugia per tentare di farmi rompere con Spike? Perché sai, è veramente un cliché” sospirò lei, apparentemente annoiata, anche se il cuore le galoppava nel petto.
    “Tu limitati a dire al tuo ragazzo di stare ben lontano da lei. Adesso è mia!” ringhiò lui.
    “Dru?”.
    “Già, Dru. L’ho beccato che cercava di riprendersela” spiegò lui.
    “Stai mentendo”.
    Lui si raddrizzò. “Perché dovrei mentire? Per cos’altro ci saremmo battuti? Per te?” Ridacchiò. “E dai tesoro. Credi davvero che io ti voglia ancora? Credi davvero che io sia patetico quanto te?” chiese retorico. “No davvero. Tu sei …” prese tempo, passandosi la lingua sul labbro inferiore. “ … usata”.
    Buffy lo schiaffeggiò in pieno viso, ed il rumore riecheggiò nel giardino vuoto.
    La sua reazione fu di sogghignare inquietante e ridacchiare, mentre si toccava la guancia dolorante.
    “Ahia Buffy. Mi ha fatto davvero male” disse sarcastico. All’improvviso il suo sorriso si sgretolò e lui la guardò. “Vai. Chiediglielo. Vediamo che cosa ti dice”.
    E con questo andò alla finestra e scivolò dentro casa.

    “È sparita. Non sono riuscito a trovarla da nessuna parte” disse preoccupato Spike, riscendendo le scale e trovando Willow e Oz ancora sul divano.
    “Sei sicuro? V-voglio dire hai controllato dappertutto?” balbettò Willow.
    “Ho controllato, credimi” brontolò lui, esaminando la folla. Vedendo la biondina che entrava nel soggiorno il suo cuore si calmò immediatamente.
    “Grazie a Dio, Buffy! Dove sei stata? Ti ho cercata dappertutto” sospirò sollevato, prendendola tra le braccia.
    Lei non si mosse, e rimase perfettamente immobile nel suo abbraccio.
    “Stai bene?” si accigliò lui.
    “S-sto bene. Sono solo un po’ stanca” rispose calma lei, ma lui capì che qualcosa non andava.
    “Cosa è successo?”. Spalancò gli occhi all’idea che … “È successo qualcosa? Buffy, stai bene?”.
    “Sto bene” ripeté lei. “Voglio semplicemente andare a casa, per favore”.
    “Ma è soltanto l’una” notò Willow.
    “Voglio andare a casa” replicò Buffy.
    La rossa era sul punto di protestare, poi sentì che Oz le stringeva leggermente l’avambraccio, comunicandole di lasciar perdere.
    “Va bene, ti accompagno a casa” acconsentì Spike, mettendole un braccio intorno alle spalle e conducendola alla porta.

    Viaggiarono in silenzio fino a casa. Nonostante i miseri tentativi di Spike di fare conversazione, Buffy gli aveva risposto o con un cenno del capo o a monosillabi. Lui aspettò che l’auto si fermasse completamente davanti alla casa di lei, prima di tirare il freno a mano. Nel momento stesso in cui il veicolo si fermò Buffy aprì la portiera e si diresse verso casa.
    “Aspetta” gridò lui, correndole dietro senza preoccuparsi di chiudere a chiave l’auto.
    Quando lei non rispose, lui l’afferrò per il braccio e la costrinse a voltarsi ed a guardarlo in faccia.
    “Cosa c’è che non va?” chiese in tono serio.
    “Perché tu ed Angel vi siete battuti?” chiese semplicemente lei.
    “Cosa? E questa da dove salta fuori?” si accigliò lui.
    “È una semplice domanda Spike. Perché vi siete battuti?”.
    Lui rimase zitto per un secondo, lasciandole andare il braccio e sospirando.
    “Buffy … io … non posso dirtelo” riuscì a dire, alla fine.
    Lei strinse le labbra e annuì, poi si voltò e salì i gradini del portico.
    “Buffy?”.
    Lui la seguì e, mentre lei trafficava con le chiavi, si appoggiò al portone.
    “Perché ti stai comportando così?”.
    Lei continuò a cercare di infilare la chiave nella serratura. Lui le afferrò rabbiosamente la mano, allontanandola dalla porta.
    “Buffy, cosa sta succedendo?”.
    “Èstato per me?” chiese lei, con un filo di speranza nello sguardo.
    Lui rimase in silenzio per un attimo.
    “No.”
    “Allora perché vi siete battuti?”. Stavolta lei sollevò la voce, non riuscendo a controllare i sentimenti contrastanti che provava.
    “Non posso dirtelo!” insisté lui.
    “Perché no?” urlò lei.
    “Shh … Sveglierai tua madre” la avvertì Spike.
    Lei respirò a fondo e si voltò verso di lui.
    “Spike … o mi dici perché tu ed Angel vi siete battuti o è tutto finito”.
    “Che cosa?!” esclamò lui, con una punta di disperazione.
    Lei si mantenne fermamente sulle sue posizioni, in attesa della sua risposta. “Mi hai sentito”.
    Lui socchiuse gli occhi, corrugando contemporaneamente le sopracciglia.
    “Perché questa storia? Con chi hai parlato?”.
    Lei ignorò le sue domande.
    “Scegli” pretese.
    “N-non posso dirtelo”.
    Lei deglutì a fatica, girando la chiave nella serratura e spalancando la porta.
    “Addio Spike” fu l’ultima cosa che disse, prima di chiudergli la porta in faccia.

    Buffy corse su per le scale ed entrò come una furia nella sua camera, sbattendosi la porta alle spalle prima di gettarsi sul letto. Dopo qualche secondo sentì bussare leggermente.
    La voce della sig.ra Summers filtrò attraverso il legno: “Buffy …”.
    Buffy si mise rapidamente seduta, ricacciando indietro le lacrime, mentre la porta si apriva leggermente e la testa della madre faceva capolino.
    “Stai bene? Sei tornata presto” notò lei, entrando nella stanza.
    “Sto bene, mamma” rispose la ragazza con un sorriso forzato, socchiudendo gli occhi quando la madre accese la luce.
    “Sei sicura?” insisté Joyce non convinta.
    “Si. Sto bene. Solo che la festa era un po’ fiacca e mi sono stancata”.
    “Va bene, allora buonanotte tesoro” bisbigliò la sig.ra Summers, baciandola sulla fronte prima di lasciare la stanza.


    Capitolo 29
    Buffy abbracciò il cuscino e, finalmente, le lacrime le fluirono dagli occhi, mentre giaceva sul letto con ancora indosso l’abito nero. Quando squillò il telefono allungò un braccio.
    “Pronto?”.
    Non ci fu risposta.
    “Pronto?”.
    Sentì una voce familiare: “Buffy?”.
    Senza pensarci due volte sbatté giù la cornetta e riportò la propria attenzione sulla federa.
    DRIN! DRIN!
    Sospirò e sollevò la cornetta.
    “Buffy abbiamo bisogno di par…”.
    Lui sentì il segnale di occupato prima di poter finire la frase. Brontolando qualcosa di incomprensibile digitò nuovamente il numero che aveva in memoria.
    “Buffy, smettila di chiudere il tel…”.
    Tuu – tuu.
    “Dio! La ucciderò quella ragazza” ringhiò, per poi ricomporre immediatamente il numero. Ricevendo il segnale di occupato si accigliò. Tentò altre tre volte, poi capì che probabilmente lei aveva staccato il telefono.

    “Quindi siamo tornati all’odio viscerale per Spike?” chiese Willow a bassa voce.
    Buffy, che stava giocherellando con il proprio cibo, si limitò ad annuire.
    “Allora sarà meglio che ti prepari ad entrare in modalità odiosa” la avvertì la rossa, vedendo il ragazzo avvicinarsi.
    Quando il ragazzo posò il vassoio sul tavolo, esattamente davanti a lei, Buffy alzò lo sguardo. Quando lui fece il gesto di sedersi lei si alzò e uscì dalla stanza senza dire una parola.
    “Per l’inferno maledetto!” brontolò lui, correndole dietro. “Buffy!” gridò.
    Ma lei continuò a percorrere velocemente il corridoio. Lui le corse dietro e, alla fine, le si affiancò.
    “Buffy, dobbiamo parlare” disse, guardandola fermarsi presso il proprio armadietto ed aprirlo.
    Lei non rispose, limitandosi ad aprire lo zainetto e ad estrarne alcuni libri.
    “Buffy…”.
    “Non c’è niente di cui parlare, Spike” disse lei, senza guardarlo.
    “Cosa vuoi dire?”.
    Lei si voltò a guardarlo con un sorriso finto, che si sgretolò subito.
    “Voglio dire che non c’è niente di cui parlare. È finita”.
    “Cosa? Perché non ti dico il motivo per cui io ed Angel ci siamo battuti?” chiese incredulo lui.
    “No” mentì lei. “Perché … questa cosa … tra noi …”. Dicendolo indicò con l’indice lui e poi se stessa.”Qualunque cosa sia, è semplicemente … sbagliata”.
    “Che cosa?!”.
    “Noi non ci piacciamo veramente. Voglio dire, dai Spike. Sii serio. Ci siamo sempre odiati e ci odieremo sempre” tentò di razionalizzare. Voleva soltanto fargli male. Tanto quanto lui ne aveva fatto a lei.
    “Di che cosa stai parlando, Summers?”.
    Sentendo il suo cognome lei fremette tra sé.
    “Quello che c’è stato erano solo … troppi ormoni da sfogare, immagino”.
    Spike si limitò a fissarla ad occhi sgranati. Stava riducendo quello che c’era stato fra loro ad una cosa di ormoni?
    “A te mancava Dru, a me mancava Angel e una cosa ha portato all’altra e …”. Lei parlava con noncuranza, stringendosi nelle spalle, ma sentì come una stilettata alla vista dell’incredulità sul viso di lui. “Addio, Spike”.
    Fece per allontanarsi, ma lui sembrò riscuotersi all’improvviso dallo shock iniziale e, afferratala per un braccio, la spinse contro gli armadietti, poggiando entrambe le mani ai lati della sua testa.
    “Perché ti stai comportando così?” chiese a bassa voce.
    Lei alzò lo sguardo su di lui: “Non mi sto comportando così, sono solo stanca di giocare a “fingiamo di” con te”.
    “Giocare a “fingiamo di”?”.
    “Sì, Spike. È quello che abbiamo sempre fatto. Fingere. Perché la verità è che …”. Si interruppe, deglutì, e aggiunse: “Io non provo niente per te”. Riuscì a dirlo, poi scivolò sotto il braccio proteso di lui e si allontanò.

    “Allora … come è andata?” chiese Willow, mentre lei e Buffy camminavano fianco a fianco.
    “Gliel’ho detto”.
    “Detto cosa?”.
    “Che non voglio avere niente a che fare con lui. Che quello che c’era fra noi non era reale” spiegò Buffy, dando un calcio ad un sassolino.
    “Sei sicura che è quello che vuoi?”.
    “Che cosa avrei dovuto fare? Urlare e comportarmi da ragazza gelosa? No! Non sarò così patetica. Se non ha ancora superato la storia con Dru è un problema suo, ma non mi utilizzerà per riprendersela” disse in tono risoluto lei.
    “Non ha alcun senso” cominciò Willow. “Quel giorno in mensa lei gli stava addosso. Sai, il giorno della doccia di cibo?”.
    Ricordando la scena Buffy si accigliò.
    “Era abbastanza chiaro che poteva avere Dru, se la voleva. Non c’era più bisogno di fingere che tu e lui foste una coppia. Sarebbe potuto semplicemente tornare da lei” razionalizzò Willow.
    Il vento soffiò più forte e Buffy continuò a camminare in silenzio, stringendosi addosso il cappotto.
    “Non lo so, Willow. E non mi importa niente. Questa cosa è semplicemente troppo … difficile. Non ho voglia di affrontarla adesso. Tutto quello che voglio fare è andare al centro commerciale, fare un po’ di spese in vista del Natale e dimenticare tutto quello che lo riguarda”.
    “Ma forse stai gonfiando sproporzionatamente la cosa” insisté Willow.
    “E allora perché non me l’ha detto, Will? Che cos’altro hanno in comune Angel e Spike a parte me e Dru?”.
    La rossa si strinse nelle spalle. Proprio non aveva una risposta. Fecero in silenzio tutta la strada per arrivare al centro commerciale, finché Willow disse:
    “Credo di preferire la Buffy arrabbiata”.
    La bionda si accigliò.
    “Hai presente il modo in cui ti comporti con lui? Come se non fosse successo niente e tu non fossi arrabbiata … come se non ti importasse”.
    “Non mi importa, Willow. Non più”.

    Entrando nella sua stanza Buffy lasciò cadere le buste sul pavimento, poi si lasciò cadere sul letto. Dio, quanto era stanca!
    “Hey Buffy!” la salutò la madre. “Come è andato lo shopping?”.
    “Mamma? Sei rientrata presto” notò Buffy, sollevandosi sui gomiti.
    “Vengono a cena Giles e Spike” annunciò la madre.
    Buffy deglutì a fatica.
    “Io ho già un impegno” inventò sul momento.
    “Un impegno?”.
    “Già. Con Willow. Usciamo a prendere una pizza”.
    “Bè, non mi avevi detto niente”.
    “Perché l’abbiamo deciso questo pomeriggio”.
    “Farai meglio a rimandare, allora” disse Joyce.
    “Non posso!” se ne uscì subito Buffy.
    “Perché no?”.
    “Perché … ehm … Willow! È un po’ giù. Ha problemi con Oz e ha davvero bisogno di qualcuno con cui parlare. Non posso proprio lasciarla sola” mentì la ragazza.
    “Bene … allora perché non la inviti a cenare con noi?”.
    “Mamma. Ha problemi con i ragazzi. Vuole parlare, cosa che non potrebbe fare con voi intorno” si giustificò subito Buffy.
    La sig.ra Summers stette zitta per un attimo, cercando di pensare ad un’alternativa.
    “Allora va bene” acconsentì alla fine. “Ma non fate tardi” la avvertì, prima di chiudere la porta.
    Buffy prese immediatamente il telefono.
    “Pronto? Willow? Sei libera stasera a cena? Già, è successo qualcosa. Va bene, vengo a casa tua fra mezz’ora”.

    “Non puoi continuare ad evitarlo per sempre” notò Willow, dando un morso enorme alla sua fetta di pizza.
    “Non intendo farlo per sempre. Solo fino alla fine dell’ultimo anno. Ancora sei mesi e mezzo e sarò libera”. Buffy sorrise forzatamente. “E ora potremmo cambiare argomento, per favore?”.
    “Certo”.
    “Dove passerete il Nat…, scusa Hannukah?” si corresse Buffy.
    “A casa, come al solito. E tu?”.
    “Probabilmente a casa con mia madre. Solo noi due”.
    “Almeno sarai libera da Spike per le vacanze di Natale” le ricordò Willow.
    “Fortunatamente!” sospirò lei. “Ancora due settimane di situazioni estremamente imbarazzanti e sarò libera” disse lei, con finta vivacità.
    “Penso ancora che dovresti …”. Willow colse l’occhiata dell’amica e si affrettò ad aggiungere: “Giusto! Cambiare argomento. Scusa!”.

    La porta scricchiolò quando lei la spinse per entrare. L’unica luce proveniva dalla cucina.
    “Hey, mamma” salutò Buffy, lasciando cadere le chiavi sul bancone ed aprendo il frigorifero per esaminarne il contenuto.
    “Hey. Com’è andata la cena?”.
    “Bene” rispose lei, prendendo il succo d’arancia e versandosene un po’.
    “Willow sta bene?” indagò Joyce.
    “Adesso sì”. Buffy rimase in silenzio per un attimo, chiedendosi se chiedere o no alla madre come era andata la serata. “E la tua cena com’è andata?”.
    “È stata molto carina. Ho fatto il brasato”.
    “Alè” esclamò Buffy, senza troppo entusiasmo, bevendo un sorso dal suo bicchiere.
    “Sta attenta, signorina” la avvertì Joyce.
    “Scusa” disse lei con un piccolo sorriso.
    “Però Spike sembrava un po’ giù”.
    Sentendolo nominare lei sentì un dolore al petto, ma la sua risposta non ne mostrava segno:
    “Ah, davvero?”.
    “Già. È stato molto tranquillo e non ha mangiato molto. Ha dei problemi a scuola?” chiese la sig.ra Summers.
    “Che io sappia no”.
    “Bè, ha chiesto di te”.
    Buffy si limitò ad annuire, per mostrare di aver sentito.
    “Non sapeva che Willow e Oz avessero litigato”.
    “Bè, è successo dopo la scuola” mentì subito Buffy.
    “Buffy …” iniziò Joyce in tono più serio. “Sono molto preoccupata per lui. Penso che a scuola stia attraversando davvero un brutto periodo. Voglio dire, avresti dovuto vedere la sua faccia. Non credo di aver mai visto qualcuno tanto depresso. Voi due mi sembrate davvero buoni amici, non è vero?”.
    “Ehm …”. Buffy si chiese che cosa dire. “Bè … più o meno … sì”.
    “Bene, potresti parlargli tu? Suo padre è davvero preoccupato, ma sai come sono gli inglesi per queste cose. Davvero non sa come parlare a Spike. Ha paura di dire la cosa sbagliata”.
    “Io … ehm … non credo di poter …”. Vedendo l’espressione supplichevole della madre Buffy sospirò e mentì: “Vedrò cosa posso fare”.
    “Grazie, tesoro”.

    I giorni passavano, diventando via via più corti e più freddi. Buffy era seduta vicino alle tribune, e guardava un gruppo di ragazzi a lezione di ginnastica mentre aspettava Willow. Erano rimaste d’accordo di incontrarsi là all’ora di pranzo. Come mai ci starà mettendo tanto?
    Il rumore di qualcuno che fischiettava nelle vicinanze quasi le perforò un timpano, facendole fare un salto. Rimase a guardare l’insegnante che radunava i ragazzi e indicava loro gli spogliatoi. Alzò gli occhi al cielo. Forse aveva ragione lui; forse stava per piovere.
    Posò il mento sulle ginocchia, abbracciandosi le gambe e rimase a fissare il campo da gioco, ora vuoto.
    Sentì una voce familiare chiamarla: “Hey”.
    Quando la riconobbe il suo cuore perse un colpo. Senza voltarsi a guardarlo esalò un: “Hey”, mentre lui le si sedeva accanto.
    Rimasero in silenzio a lungo, poi lui parlò di nuovo:
    “Alla fine dovremo parlarci. È inutile che tu cerchi di evitarmi”.
    “Non ti sto evitando” gettò là lei.
    “No? Hai chiesto alla sig.ra Kennedy di cambiare banco; esci dalla mensa ogni volta che io ci entro; non mi permetti di darti un passaggio fino a casa anche se piove tutti i giorni, e dici che non mi stai evitando?”.
    “Che cosa vuoi, Spike?” chiese lei, leggermente seccata.
    “Solo parlare”.
    “Di cosa?”.
    “Di noi”.
    Lei sospirò e, immediatamente, si alzò e si allontanò.
    “Buffy!” la chiamò lui, mentre le prime gocce di pioggia cominciavano a cadere.
    Lei continuò a camminare, e saltò giù dalle tribune senza badargli minimamente.
    “Buffy!”. Questa volta aveva praticamente urlato.
    “Che c’è?” gridò lei di rimando, voltandosi per fronteggiarlo e indietreggiando leggermente quando si accorse che era proprio dietro di lei.
    “Smentila di sfuggirmi”.
    “Non ti sto sfuggendo, Spike. Solo che non voglio starti vicino” ribatté lei, voltandosi per correre all’edificio principale, mentre la pioggia cominciava a scrosciare.
    “E allora cosa farai per Natale? Mi ignorerai e basta?” gridò lui.
    Lei si bloccò di colpo.
    “Di che cosa stai parlando?”.
    “Di Natale” ripeté lui, affiancandola nuovamente.
    “Cosa succede a Natale?”.
    Rendendosi conto che lei non lo sapeva, lui si accigliò. Piegò la testa di lato e, per un po’, la fissò con gli occhi socchiusi, mentre le gocce di pioggia gli rigavano il volto.
    “Spike! Cosa succede a Natale?” insisté lei.
    “Niente” mentì lui. Iniziò a correre verso la scuola, sogghignando malefico.
    “Spike!” lo chiamò lei, correndogli dietro.
    Entrando nell’edificio Buffy si passò le mani sui capelli fradici e vide Spike al suo fianco. Fradicio quanto lei.“Cosa succede a Natale?”.
    “Dovrebbe dirtelo tua madre, davvero” continuò lui, con finta preoccupazione.
    “Spike!” lo rimbrottò lei, schiaffeggiandolo sul braccio.
    “Allora, dato che Natale e tempo di felicità e amore e tutta quella merda …”.
    “Sì!”.
    “I nostri genitori …”.
    “Spike, falla finita e dillo”.
    “Hanno deciso che dovremo passare le vacanze tutti insieme” rispose finalmente lui.
    “Cosa? Noi? *Noi* chi?” si accigliò lei ad occhi sgranati, poi finalmente capì. “Noi noi?!” disse, indicando entrambi.
    “Tu, io, tua madre e mio padre. Un’unica grande e felice famiglia”. Alla vista della rabbia crescente della biondina, Spike ghignò selvaggiamente. “C’è di meglio, passerotto”.
    “Che c’è?” chiese lei, temendo la risposta.
    “Indovina dove passeremo le vacanze”.
    Lei non rispose, e si limitò a fissarlo con aria spaventata.
    “Su al lago, alla capanna di mio padre” rispose lui. “Un’intera settimana. Noi quattro, tutti insieme. Sarà meraviglioso” la sfotté, sarcastico.
    Lei rimase immobile, scioccata, mentre l’ossigenato si allontanava ghignando.

    “MAMMA!” gridò lei, nel momento stesso in cui entrò in casa. “MAMMA!”.
    Non ci fu risposta. Non era ancora a casa. Buffy marciò di sopra, si cambiò rapidamente i vestiti fradici e tornò di sotto a sedersi sul divano. Passarono due ore prima che sentisse un tintinnio di chiavi alla porta. In un lampo saltò giù dal divano e si piazzò in corridoio.
    “Mamma!”.
    “Hey Buffy” riuscì ad esalare Joyce, da sotto un mucchio di buste di carta. “Tesoro, potresti aiutarmi con queste per favore?”. Prima di poter rispondere Buffy si ritrovò a tenere due mucchi di roba in entrambe le mani ed a guardare sua madre che pian piano si dirigeva in cucina.
    “Mamma!” le gridò dietro, entrando di corsa nella stanza e lasciando cadere le buste sul bancone.
    “Grazie, tesoro”.
    “Mamma, quando avevi intenzione di parlarmi dei tuoi progetti per Natale?” chiese Buffy, fumante di rabbia.
    Joyce si fermò, voltandosi a fronteggiare la figlia.
    “Come l’hai saputo?”.
    “Me l’ha detto Spike”.
    “Ah! Volevo farti una sorpresa ieri notte, ma quando sono tornata a casa eri già a letto. Allora, non sei eccitata?” chiese la sig.ra Summers, con un enorme sorriso e gli occhi scintillanti.
    “Eccitata non è la parola giusta. Credo che incavolata al massimo ci si avvicini di più”.
    Joyce si accigliò.
    “Mamma, come hai potuto farlo? Noi passiamo sempre il Natale insieme. Solo noi due”.
    “Sì, e tu ti lamenti sempre del fatto che non andiamo da nessuna parte e di come sia noioso. Credevo che saresti stata eccitata di passare il Natale con Spike. Almeno avrai qualcuno della tua età con cui parlare”.
    “Non voglio passare il Natale con nessun altro. Voglio passare il Natale come lo passiamo sempre. Solo noi due” obiettò Buffy battendo un piede ed alzando la voce.
    “Bè, mi dispiace Buffy. Passeremo le vacanze al lago da Giles, e questo è quanto”.
    Buffy fissò la madre ad occhi sgranati, prima di scattare:
    “Io non vado da nessuna parte”. Salì di sopra come una furia e sbatté la porta della sua camera.
    “Signorina, torna qui immediatamente” ordinò Joyce, ma era già troppo tardi.
    Buffy stava rovistando furiosamente nel suo armadio, prendendo alcuni vestiti e preparandosi a fare una doccia, quando la porta della sua stanza si spalancò:
    “Non allontanarti così, mai più! Mi hai sentito?” la rimproverò Joyce, con l'indice pericolosamente puntato in direzione della figlia.
    Buffy si tenne sulle sue posizioni, con le braccia incrociate sul petto e il mento sollevato.
    “Non guardarmi in quel modo! Verrai, punto e basta” scattò Joyce prima di voltarsi, lasciandosi alle spalle una Buffy fumante di rabbia.

    “Non posso credere che mia madre mi stia obbligando ad andare!” ringhiò Buffy battendo i piedi, mentre infilava un paio di maglie nella valigia.
    “F-forse non sarà tanto male” balbettò Willow, appoggiandosi alla scrivania.
    “Non tanto male!” ripeté la bionda. “Dovrò passare un’intera settimana in una capanna sperduta in mezzo al niente, con *Spike*!”.
    Willow corrugò le sopracciglia in segno di solidarietà, piegando l’angolo sinistro della bocca.
    “Passerò un Natale misero e tutto perché mia madre ha avuto *l’eccellente* idea di passarlo con … loro”. L’ultima parola fu praticamente sputata mentre lei si lasciava cadere sul letto.
    Willow tentò di mostrarle l’aspetto positivo della questione: “Almeno avrai più regali”.
    “Oh grandioso! Regali. Non ho preso niente per loro. Avrei dovuto prendere qualcosa?” si meravigliò lei.
    “Probabilmente ci ha pensato tua madre” suggerì la rossa, che conosceva abbastanza bene la sig.ra Summers.
    “Lo spero, perché non ho tempo di preoccuparmene. Partiamo fra mezz’ora”.
    “Il sig. Giles e Spike vengono a prendervi?”.
    “Già. Mia madre non vuole prendere la jeep” disse Buffy, alzandosi e rimettendosi a preparare i bagagli.
    “Bene, farò meglio ad andare. Oz mi sta aspettando”.
    “Va bene, Willow. Ci vediamo tra una settimana” brontolò Buffy, guardando la sua migliore amica andare alla porta.
    “Mi chiami quando arrivi?”.
    “Non so neanche se c’è un telefono”. Lei si raddrizzò rendendosi conto di una cosa. “Oh Dio! Probabilmente non avranno neanche la televisione. Morirò!” brontolò, infilando i jeans nella valigia.
    Willow le gettò un’altra occhiata compassionevole e fece per rientrare nella stanza, quando Buffy sollevò un braccio:
    “No, vai! Vai a divertirti con Oz!”.
    “Sei sicura?”.
    “Vai. Esci da qui” insisté Buffy.
    “Va bene, ciao” acconsentì riluttante Willow.
    “Ciao” mormorò Buffy, chiudendo la valigia e lasciandosi cadere sul letto.

    “Buffy, puoi pensarci tu?” chiese la sig.ra Summers dal piano di sopra.
    “Certo. Perché no?” chiese sarcastica Buffy, alzandosi dal divano e trascinandosi fino alla porta.
    “Salve!” la salutò Giles, eccessivamente entusiasta.
    “Hey”. Buffy si sforzò di sorridere, poi si voltò e tornò a prendere posto sul divano mentre i due uomini la seguivano goffamente nel soggiorno.
    “Dov’è tua madre?” chiese Giles, un po’ nervoso.
    “Di sopra” ribatté Buffy, senza distogliere gli occhi dallo schermo del televisore.
    “Torno subito” disse l'uomo, salendo di sopra e lasciando soli i due ragazzi.
    I due rimasero in silenzio e Spike si sedette sul divano accanto a lei. Lei si spostò a sinistra, allontanandosi da lui.
    “Non mordo, amore”.
    Lei non rispose.
    “Mi ignorerai per tutta la settimana?”.
    “Il piano è questo” mormorò Buffy, a denti stretti.
    “Apparentemente non sei troppo felice di passare il Natale su al lago”.
    “Cos’è che ti ha dato quest’idea?” chiese sarcastica lei.
    Si sentirono dei passi scendere le scale e, subito dopo, la sig.ra Summers comparve in soggiorno.
    “Siete pronti, ragazzi?” chiese, con un enorme sogghigno.
    “Buon Dio, cosa vi state portando voi due?” ansimò Giles, posando a terra tre grosse valigie.
    Joyce sorrise: “Regali”.
    “Sei sicuro che entreranno in macchina?” chiese Spike, alzandosi ed andando ad aiutare il padre.
    “Dobbiamo semplicemente provare a farcele entrare”.
    “Se non c’è abbastanza spazio potete usare il mio. Non mi importa di stare qui” suggerì Buffy con un pizzico di speranza.
    “Non te la caverai così facilmente. Ora alzati e andiamo” pretese Joyce.
    “Mamma …” gemette Buffy.
    “Buffy!”.
    La bionda si alzò, trascinandosi verso la porta di casa e brontolando qualcosa di incomprensibile tra sé.
    “Ti ho sentito!” gridò la sig.ra Summers, chiudendo a chiave la porta principale.
     
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