Un Tocco di Gelosia

Tradotta da PrincesMonica

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  1. TerenceSpike
     
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    Un Tocco di Gelosia tradotta da PrincesMonica


    Tadadaadan!!! ebbene sì, sono riuscita a contattare Mina e mi ha dato il permesso di postare questa spettacolare FF.
    Quindi oggi inizio.
    Ovviamente non mi prendo la maternità di niente di quello che c'è dentro, dalla storia alla traduzione che è di Mina_Harker.
    Buona lettura!!!


    Capitolo 1

    “Tesoro! Credo che ci sia Willow!” gridò la signora Summers dalla cucina.
    “Arrivo!” rispose Buffy mentre saltellava giù per le scale facendo i gradini due alla volta. “Hey Will!” salutò la rossa con un ghigno, mentre apriva la porta.
    “Hey! Xander, Cordy e Oz stanno aspettando nel pullmino. Pronta per il Bronze?”
    “Certo!” La bionda ghignò selvaggiamente. Amava le uscite del sabato sera. “Lasciami prendere il cappotto”
    Entrò allegramente in soggiorno e prese il cappotto di cuoio che giaceva appoggiato sul divano.
    “Angel ci raggiungerà al Bronze. Andia…” Buffy fu interrotta dallo squillo del telefono. “Pronto?” rispose mentre sollevava la cornetta. “Angel, stavamo appunto parlando di... Cosa? Qual’è il problema? Hai l’influenza?” fece una pausa, e Willow la guardò mentre il suo sorriso si sbriciolava velocemente. “Oh… Va bene. Certo, non preoccuparti, stai a casa e … bevi molto. No, starò anch’io a casa; non mi sento di uscire se tu non puoi. Non preoccuparti, va bene? ‘notte.” Riattaccò la cornetta con un sospiro di disappunto.
    “Non viene?” Willow osò chiedere.
    “No. Pare che abbia l’influenza.” La bionda rispose a malincuore.
    “Davvero? Sembrava stesse bene ieri agli allenamenti di football” notò Willow.
    “Deve averla presa da qualcuno nello spogliatoio o qualcosa di simile. Sai com’è, sudi e tutto il resto, e poi la doccia fredda” tentò di giustificarlo Buffy.
    “Si ... deve essere così” replicò la rossa poco convinta.
    “Bè, io allora sto a casa, voi andate pure” disse la bionda a testa bassa, sporgendo imbronciata il labbro inferiore.
    “Assolutamente no! Verrai anche tu”
    “Willow, davvero non mi sento di ...”
    “Non mi interessa, hai bisogno di divertirti un po’. Di rilassarti, attraverso un megafesteggiamento che dura tutta la notte” Willow si interruppe vedendo che Buffy sollevava un sopracciglio. “V-va bene, magari non tutta la notte, dato che siamo all’ultimo anno di scuola eccetera ma … insomma, un festeggiamento fino all’ora del coprifuoco.” La rossa finì il proprio discorso entusiasta serrando le labbra per enfatizzare la propria risolutezza.
    "Willow, io ... "
    “Non accetterò un no come risposta”
    Buffy respirò a fondo e sospirò forte prima di dire “Ok, va bene. Verrò”.

    Una nuvola di fumo avvolse i 5 teenager mentre entravano nel club.
    “Ah! L’aria familiare e intossicante del Bronze mi sta entrando nei polmoni. Ora posso morire felice” sospirò Xander mentre si sedeva al primo tavolo disponibile.
    “Odio questo posto” protestò Cordelia, tossendo fin quasi al punto di sputar fuori i polmoni.
    “Oh andiamo tesoro. È il Bronze. È il posto dove noi ...”
    “Un’altra parola e sei morto Xander Harris” lo minacciò la bruna.
    “Va bene.” Dalle labbra di Xander uscì un leggero sibilo mentre inspirava a fondo, dando alla sua ragazza il suo miglior sguardo stile “sei la mia regina e farò come mi ordini”. “Ora sto zitto e vado al bar a prendere qualcosa per rinfrescarci. Ordinate pure”.
    "Soda."
    "Soda."
    "Soda."
    “Coca cola” saltò fuori Willow con un enorme sogghigno stampato in viso.
    “Tre soda e una coca cola in arrivo”
    “Oh, oh … balliamo” esclamò la rossa prendendo la mani di Oz e, praticamente, trascinandolo sulla pista da ballo.
    “Bene, penso che per amore della mia migliore amica e di tutti i presenti prenderò quattro soda. Basta caffeina per lei!” disse Xander allontanandosi e lasciando indietro Cordy e Buffy.
    Sulle due scese un silenzio imbarazzato. La verità era che non si conoscevano poi così bene l’un l’altra. Erano appartenute a gruppi completamente diversi per tutte le scuole medie. Cordy era sempre appartenuta al gruppo dei mitici, della gente “in”, mentre Buffy si mischiava a tutti gli altri poveri mortali. Le cose stavano così da sempre, a quanto poteva ricordare, ma erano cambiate durante l’ultima estate. Improvvisamente Xander e Cordy avevano annunciato di essere una coppia e a partire da quel momento si erano frequentati ininterrottamente. Buffy si era resa conto che sotto la sua maschera da stronza popolare/reginetta la bruna era una persona che valeva la pena conoscere. Cordy sembrava avere vaghi, volatili episodi di umanità e questo in lei era senz’altro positivo. Ma anche così non avevano mai avuto davvero occasione di fare della normale conversazione.
    Perciò rimasero là, sedute insieme, a fissare la folla e a tentare di ignorare il silenzio che gridava fra loro.
    “E così...” Cordy si azzardò infine “Angel non è venuto?”
    “No, è a casa, sta male. Ha l’influenza” rispose rapidamente Buffy.
    “Davvero? L’ho incontrato prima, mi sembrava stesse bene” iniziò Cordelia.
    “Forse non era lui” disse Buffy.
    “Vado agli allenamenti delle cheerleader tutte le settimane, sono certa di riuscire a riconoscere il quoterback della nostra scuola quando lo vedo” ribattè Cordelia.
    Buffy era sul punto di rispondere qundo tornarono Oz e Willow. La rossa aveva una strana espressione. Sembrava persino più pallida del solito.
    “Willow? Stai bene? Cosa c’è che non va?”
    “Oh niente. Forse dovremmo andare tutti a casa” replicò Willow.
    “Andare a casa?” La voce di Xander aleggiò su di loro mentre disponeva le bottiglie sul tavolo. “Siamo appena arrivati”.
    “Ma dovremmo andarcene. S-sono stanca e ... me ne devo andare” La mente di Willow e lavorava freneticamente alla ricerca di una scusa.
    “Sei stanca? Un attimo fa stavi saltando sulla pista da ballo, ridendo come una matta e all’improvviso sei stanca e vuoi andare a casa?” chiese Buffy.
    “Esatto”
    “Willow cosa c’è che non va?” Buffy riusciva facilmente a leggere paura e nervosismo negli occhi della sua migliore amica.
    “Niente, andiamocene” insistè Willow, gurdando qualcosa con la coda dell’occhio.
    “Will, che cosa...” Buffy seguì lo sguado di Willow e si interruppe a metà della frase. Tutti gli altri fecero lo stesso.
    “Hey ma quello non è Angel? Che cosa ci fa con quella sciacquetta ossuta? Credevo che voi due …”
    “Cordy, tesoro ...” Xander interruppe la sua ragazza “Sta zitta.”
    “Angel?” Buffy si sentiva come se le avessero portato via la terra da sotto i piedi.
    Non voleva credere ai suoi occhi. Angel, il suo Angel, l’Angel che avrebbe dovuto essere a casa, a letto, ammalato, era invece sulla pista da ballo, abbracciato ad una donna alta e magra, i cui capelli neri le ricadevano sulla schiena mentre strofinava i fianchi contro il SUO ragazzo.
    “Che cosa...” Non riusciva a parlare, mentre il groppo che aveva in gola cresceva al punto che pensò di non riuscire più a respirare.
    “Buffy, m-mi dispiace ... Io ...” balbettò Willow nel vedere il dolore dipinto sul viso della sua migliore amica.


    Capitolo 2
    La bionda rimase a guardare quell’indecente mordicchiare il collo di Angel, mentre lui chiudeva gli occhi in un chiaro segno di piacere. Lentamente Buffy la riconobbe; era quella sciacquetta stramba che si accompagnava a quell’idiota di Spike e al resto dei dark della scuola: Dru. Mentre i secondi passavano, il dolore cedette il posto alla rabbia e al furore.
    In un lampo Buffy si alzò e attraversò la pista da ballo. Usò tutta la forza che riuscì a raccogliere per agguantare Dru per la spalla e lanciarla sulla pista da ballo.
    “Che succede? Buffy? Che – che fai qui?” Angel balbettò come un idiota.
    “Questa è la mia battuta!” ringhiò Buffy “Tu dovresti essere ammalato, ricordi? A letto, con la febbre. Non qui, a tastare questa sciacquetta mentre lei ti succhia il collo”.
    “Hey!” protestò Dru. Prima che potesse dire qualcos’altro Buffy la prese per la gola. Le due caddero a terrra, lottando violentemente.
    “Buffy!” gridò Willow “Xander fa qualcosa!”
    “Cosa...?” Il giovane si riscosse dal torpore, mentre il suo cervello passava da “combattimento fra ragazze – figo” a “Buffy è nei guai, devo aiutarla”.
    Prendendo Buffy per la vita, Xander la tirò via da una Dru piuttosto intimidita, che riusciva a malapena a mettersi seduta.
    “Lasciami andare!” gridò Buffy, calciando selvaggiamente l’aria e affondando le unghie nella mano di Xander. “Ti ucciderò!” continuava a gridare.
    “Calmati Buffy, non è questo il modo!” tentò di spiegare Xander, ma la bionda non ne aveva alcuna intenzione.
    La rabbia le pulsava nelle vene, e i suoi occhi lampeggiavano di furia.
    “Sei pazza!” gridò Dru, che finalmente era riuscita ad alzarsi con l’aiuto di Angel.
    “Tieni giù le mani da...”
    “Da chi? Da lui?” chiese Dru con il suo marcato accento inglese, indicando l’alto quaterback con arroganza crescente. “È da un bel po’ che non è più tuo, dolcezza. Pensi davvero che sarebbe soddisfatto con una ragazzina come te. Per favore! Sono mesi che viene da me, nel *mio* letto. Immagino che tu sia ... com’è che avevi detto Angel? Hum ... frigida!” sibilò. “Credevi davvero che sarebbe rimasto con te? Il quaterback della scuola con un’insulsa perdente. Mi sono dovuta mordere le labbra tutte le volte che ti ho incrociato a scuola, solo per non scoppiare a ridere alla semplice idea di quanto tu sia incredibilmente patetica.”
    Buffy si sentiva come se nella stanza non ci fosse più aria, come se non riuscisse più a respirare. Aprì e chiuse la bocca più volte nel tentativo di parlare, ma non ci riuscì. Tutti gli occhi erano puntati su di lei; sentiva i bisbigli di sottofondo crescere di volume.
    “Angel...” riuscì infine a bisbigliare.
    Lui si limitò a guardare il pavimento, senza degnarla di un’occhiata.
    “Io... io ... devo andare” ansimò Buffy mentre correva fuori dal club e le lacrime le scorrevano lungo le guance.

    Nel momento stesso in cui attraversò la soglia della larga porta sentì il peso di un centinaio d’occhi su di sé. Si sentì come se fosse finita dentro uno di quegli stupidi film per teenagers, mentre camminava al rallentatore attraverso i corridoi, e tutti si voltavano a fissarla con un’espressione di pietà dipinta in faccia. Sentì che lo stomaco le si contorceva e che la colazione risaliva velocemente attraverso l’esofago.
    Si mise una mano davanti alla bocca e corse al bagno delle ragazze. Una volta lì entrò nel primo gabinetto disponibile e vi si gettò dentro. Lasciandosi cadere a fianco del water vomitò.
    “Bleah!” si sentì una voce acuta dal gabinetto vicino, mentre il suono ben riconoscibile di qualcuno che vomita riempiva la stanza.
    Buffy respirò pesantemente, ancora china sul water, mentre aspettava che un’altra ondata di nausea si impossessasse di lei. Rimase lì per qualche minuto, aspettando che tutti uscissero dal bagno. Suonò la campanella, e lei si immaginò mentre fronteggiava di nuovo tutte quelle persone.
    A quel punto quei pochi studenti che non erano al Bronze ad assistere alla sua totale umiliazione avevano già sentito tutti i dettagli più sordidi.
    “Dio ... odio la mia vita”. Espirò rumorosamente battendo la testa contro la porta, poi si alzò.
    Lentamente aprì il rubinetto e lasciò scorrere l’acqua per un po’ prima di spruzzarsi il viso con il liquido cristallino. Si guardò allo specchio e vide il proprio riflesso, zuppo e patetico, che la fissava di rimando. Scosse la testa e chiuse gli occhi per un secondo, cercando il coraggio di uscire dal bagno.
    “Che il massacro abbia inizio” mormorò, aprendo la porta e avviandosi lungo il corridoio.
    “Guarda chi c’è, la nostra piccola miss perfezione!” *
    Sentì il dolore allo stomaco aumentare notevolmente nell’udire il familiare accento londinese. Buffy si fermò di colpo, ma non si voltò a fronteggiarlo, aspettando invece che la figura nerovestita le girasse intorno e si fermasse di fronte a lei.
    “Siamo in ritardo per la lezione, vero? Ora cosa ne penserebbe la cara mammina, Betty?” la prese in giro il ragazzo ossigenato, con un tono di finta preoccupazione.
    “Mi chiamo Buffy! Che cosa vuoi Mr. Ossigeno?” sibilò lei.
    “Io? Niente. Volevo solo essere educato” rispose lui con un ghigno arrogante.
    “Tu? Educato? Ah –ah” rise forzatamente lei, riprendendo a camminare.
    Lui la seguì “Allora, che cosa stai facendo fuori dall’aula?”
    Lei si fermò e si voltò a fronteggiarlo perplessa.
    “Non lo sa?” continuava a ripetersi nella mente, mentre l’arrogante inglese si infilava le mani, bianche come il marmo, nelle tasche del suo solito spolverino nero.
    “Perché non lo chiedi a quella specie di indecente che hai per ragazza?” motteggiò lei.
    “Hey! Non chiamare Dru in quel modo!”, gli occhi gli brillarono di rabbia.
    “Perché? È così che si chiama la gente che se ne va in giro a rubare i ragazzi delle altre”, sollevò il mento, fissandolo negli occhi.
    “Di che cosa stai parlando, stupida che non sei altra?” sibilò lui di rimando.
    “Sto parlando della “tua” ragazza e del “mio” ragazzo che si sono dati da fare davanti a tutti, sabato al Bronze” disse velocemente, mentre le immagini di quella sera le passavano davanti agli occhi, fornendo benzina alla sua rabbia.
    All’improvviso si ritrovò con le mani di lui sulla braccia, e sentì che le sbatteva la schiena contro gli armadietti. Il ragazzo ossigenato la fissò, i denti serrati che evidenziavano i suoi zigomi acuti.
    “Farai meglio a rimangiartelo” sibilò rabbiosamente.
    Lei deglutì, cercando di calmare il battito accelerato del suo cuore.
    “È vero”. Non cambiò espressione, mentre queste parole venivano fuori intrise di rabbia e disprezzo.
    “Stai mentendo!” la accusò lui.
    “A quanto pare non sapevi che la tua “dolce” ragazza se la faceva con il “mio” ragazzo” rispose lei.
    Lui chiuse gli occhi per un attimo, tentando di riprendere il controllo dei suoi nervi e di evitare di ridurre la ragazza in poltiglia.
    “Non mi credi? Vallo a chiedere a quell’aspirante vampira della tua ragazza”. Lei prese coraggio, gli afferrò le mani e lo costrinse a lasciarle le braccia. “Ora, se vuoi scusarmi, devo andare in classe”.
    E così dicendo si voltò e si diresse velocemente alla lezione successiva.

    *In originale la chiama “Miss goody two shoes” che è, almeno credo, la protagonista di un libro educativo per bambini. Cmq Faith la chiama così nella 3° serie, in “Consequences” (“Fatta per uccidere”).


    Capitolo 3
    “Dobbiamo parlare”, la sua voce era bassa e acuta mentre prendeva Dru per un braccio e la trascinava in un angolo.
    “Spike! Che ...”
    “È vero?” la interruppe lui. “Per favore dimmi che non è vero”.
    “Che cosa non è vero, Spike?” chiese lei con voce morbida, mentre gli passava la mano sulla guancia.
    Lui chiuse gli occhi per un secondo, prima di afferrarle la mano e tirarla via.
    “Rispondimi!” le ordinò.
    Lei fece un respiro profondo e sospirò. Con un’espressione irritata rispose semplicemente: “Si”.
    “Che cosa?!”. Non poteva credere a quello che stava sentendo.
    “Sono stata con Angel. Te l’avrei detto ...”
    “Quando? Dopo che tutti a scuola già lo sanno e mi stanno ridendo alle spalle?” ringhiò lui.
    “Sapevo che non avresti capito” sospirò lei seccata.
    “Maledizione, certo che no! Dru? Tu sei la “mia ragazza” disse disperato.
    “Non più” rispose semplicemente lei.
    “Ma ...
    “È finita Spike, sto con Angel adesso. Mi dispiace”, e se ne andò, lasciandolo lì.

    Buffy trascinava i piedi mentre camminava.
    “Mi stanno guardando tutti” brontolò.
    “No che non ti stanno guardando” mentì Willow.
    “Willow, non sono nè ceca nè sorda”. La bionda alzò gli occhi al cielo e sospirò mentre si lasciava cadere stancamente sulla sedia posando sul tavolo il proprio vassoio.
    “La cosa si sgonfierà in un paio di settimane, quando avranno qualcos’altro su cui spettegolare” gettò là Oz, guardando il suo piatto e tentando di stabilire quale mucchietto era fatto di patate e quale di roast-beef. Aveva il presentimento che da lì alla fine della scuola superiore tutto quello che avrebbero avuto per pranzo sarebbe stato un ammasso di materia organica irriconoscibile.
    “Spero davvero … Oh no!” ansimò lei, alla vista di Angel che entrava nella mensa tenendo le braccia intorno alla magra figura di Dru.
    “Buffy calmati”
    “Dio! Giuro che da qui alla fine dell’anno gli strapperò qualcosa!” sibilò la bionda a denti stretti, mentre ficcava furiosamente la forchetta dentro il suo cibo.
    “Ehm … Buffy?” Oz la chiamò con il suo solito, monotono, tono. “Sono abbastanza sicuro che nelle scuole americane non servano animali vivi a pranzo. Probabilmente è contro un mucchio di leggi, perciò non c’è bisogno di ucciderlo.”
    “Cosa?!” Buffy guardò il suo piatto e si rese conto che aveva appena sparso il suo cibo su tutto il tavolo. “Mi dispiace. Credo di aver perso l’ap…”
    Si sentì un forte rimbombo ed il trio si voltò, giusto in tempo per vedere Angel che andava a sbattere su Jonathan, facendo scivolare entrambi sul pavimento appena incerato. Uno Spike piuttosto incazzato li guardava dall’alto in basso.
    “Stai lontano da Dru” ringhiò.
    Angel si alzò velocemente in piedi, torreggiando sul ragazzo più basso.
    “Oppure?” replicò il quarterback.
    La risposta di Spike assunse la forma di un pugno, e ben presto tutti stavano urlando a pieni polmoni “Battetevi!”.
    Gruppi di adolescenti pieni di testosterone gridavano e tifavano entusiasti, disponendosi in cerchio intorno i due combattenti, i quali si colpivano duramente a vicenda.
    “Cosa sta succedendo qui?” si sentì chiedere ad alta voce. Tutti si voltarono e videro il preside Snyder in piedi vicino alla porta.
    La folla si aprì rapidamente rivelando due ragazzi insanguinati, ed immobili.
    “Voi due…” cominciò lui, il suo intenso piacere evidente mentre parlava, “siete in punizione per una settimana. Ora muovetevi. Nel mio ufficio”.
    I due ragazzi ebbero ancora il tempo di scambiarsi un’occhiataccia, poi si districarono l’uno dall’altro e seguirono l’ometto calvo.
    “Povero Spike” sospirò Willow mentre si sedeva sulla panchina a fianco a Xander.
    “Povero Spike? E io? Sono stata pubblicamente umiliata al Bronze, te lo ricordi?” protestò Buffy, continuando a camminare in cerchio intorno ai suoi due migliori amici.
    “Oh anche tu, ma ... Spike ... bè ... sai, è pazzo di Drusilla da sempre a quanto mi posso ricordare, e vedere quella che è da tempo la sua ragazza andare in gito a pomiciare con Angel non può certo infondergli sentimenti di felicità e tenerezza” tentò di spiegare Willow.
    “Chi se ne frega di Spike e dei suoi sentimenti di felicità e tenerezza? È un idiota, e probabilmente ha avuto quello che si merita” brontolo fra sé Buffy.
    “Per quanto ami disprezzare quello strambo di straniero ossigenato stavolta sono d’accordo con Willow. Spike è sempre stato fuori di testa per Dru; adora la terra su cui lei cammina. Anzi no, la terra che si trova in prossimità di quella ragazza!” si corresse Xander.
    Buffy per tutta risposta sospirò pesantemente ed alzò seccata gli occhi al cielo.
    “Sono stati insieme dal momento in cui Spike si è trasferito qui, circa due anni fa, e tu ed Angel avete cominciato ad uscire insieme appena quest’estate, non puoi confr-”. Notando l’occhiata assassina che gli stava scoccando la biondina, Xander aggiunse velocemente “Ok, ora sto zitto per paura di un trauma cranico irreversibile.”
    Sbuffando Buffy si lasciò cadere sulla panchina, fra Xander e Willow.
    “Dio, odio questa scuola” brontolò.
    “Buffy tu ...”. Willow si interruppe alla vista di un Angel piuttosto malconcio che usciva sul patio.
    Buffy e Xander gettarono un’occhiata nella direzione dello sguardo fisso della rossa, e videro Dru che correva istericamente verso l’alto quaterback, con un fazzoletto bagnato in mano, pronta a prendersi cura del labbro sanguinante di Angel.
    “Uccidere, uccidere, uccidere, uccidere ...” Buffy bisbigliò una specie di mantra demoniaco, che i suoi amici furono pronti a cogliere.
    L’intero patio sembrò fermarsi, quando videro il famigerato inglese uscire qualche attimo dopo il quaterback. Tutti si bloccarono, in attesa di vedere che cosa sarebbe successo. Quelli che si aspettavano una scenata o un’altra rissa a suon di pugni rimasero chiaramente delusi quando Spike si limitò a gettare un’occhiata alla coppia e se ne andò a testa bassa, frugando nervosamente nelle tasche del suo spolverino, alla chiara ricerca di una dose extra di nicotina.
    “Non mi dirai che davvero non sei dispiaciuta per il poveretto?” chiese incredula Willow.
    “Noo!” rispose Buffy sarcastica. “Sono troppo occupata a odiare Angel e quella sciacquetta indecente per provare una qualche simpatia per qualcuno, figuriamoci poi per quell’idiota ossigenato.”
    “Perchè lo odi così tanto?” chiese la rossa che, in effetti, non l’aveva mai capito.
    “Ok, devo ricordarti che la prima volta che l’ho incontrato è stato quando mi stava tirando la coda di cavallo gridando a pieni polmoni ‘finta bionda in arrivo, attenzione attenzionè?”
    Willow corrugò le sopracciglia in un’espressione corrucciata, nel ricordare l’umiliazione della biondina.
    “In più è pieno di sè, arrogante e maledettamente seccante, con quel suo accento ridicolo e quei suoi stupidi capelli ossigenati. E quel suo assurdo abbigliamento da aspirante Billy Idol? Aggiungici quegli strani anfibi e quello spolverino vecchio come il cucco e … quello stupido accento. È un idiota” disse lei terminando la sua descrizione negativa.
    “Hai detto stupido accento due volte” notò Xander, con un sogghigno che si cancellò rapidamente quando si accorse che Buffy lo fissava minacciosamente.
    “Non mi piace e basta. Ha trasformato la mia vita scolastica in un autentico inferno fin da quando è venuto qui, due anni fa” affermò Buffy. In quel momento la campanella suonò ed il terzetto si alzò e si avviò a lezione.


    Capitolo 4
    I giorni passarono e, alla fine, gli sguardi gettati nella direzione di Buffy diminuirono.
    Camminava vivacemente attraverso i corridoi,stringendosi i libri al petto mentre guardava l’orologio. Sospirò di sollievo quando raggiunse la sua meta, poi si fermò a sbirciare silenziosamente attraverso un buco fra i ripiani (delle tribune). Colse così gli ultimi 5 minuti dell’allenamento di football, imprecando fra sé per tutto il tempo, mentre guardava il quarterback correre attraverso il campo.
    “Buffy, sei qui!”, Willow sospirò di sollievo.
    La biondina fece un balzo, sbattendo la testa sul ripiano sopra di lei.
    “Ahi! Willow, che fai qui?” brontolò Buffy, grattandosi il punto in cui il cranio le doleva.
    “Ti guardo mentre torturi te stessa fino alla pazzia” affermò Willow, accennando con la testa in direzione del campo.
    “I –io non stavo ... io …” tentò di spiegare lei, ma era inutile: era stata beccata.
    “Sono settimane ormai che segui Angel, devi andare avanti” la pregò la rossa.
    “Andrò avanti quando lo vedrò supplicarmi in ginocchio di perdonarlo”. Buffy assunse una piega dura della bocca, a dimostrare la propria risolutezza.
    “Lo vuoi ancora indietro, non è vero?” chiese Willow.
    “Cosa? No!” rispose sinceramente la bionda. “Voglio semplicemente vederlo soffrire e strisciare ai miei piedi, così potrò dirgli ‘Hai perso la tua occasionè.” Una scintilla di cattiveria vendicativa si accese nei suoi occhi mentre parlava, chiaramente pregustando il suo momento di trionfo.
    “Buffy ...”. Willow tentò di ragionare con lei ma Buffy cominciò ad allontanarsi.
    “Non provare neanche a farmi cambiare idea. Troverò il modo di riaverlo, e fino a quel momento mi limiterò a seguirlo!”

    Camminava silenziosamente alcuni metri dietro di lui in maniera tale da non essere notata. Sapeva già dove stava andando. Era venerdì sera, ovviamente stava andando a prendere lei. Bastardo!
    Quando arrivò a scorgere la casa fiocamente illuminata Buffy scese dal marciapiede e si nascose dietro gli alti cespugli. Sentendo un rumore innaturale di foglie smosse, guardò verso l’albero più vicino.
    “Oh Dio! Che razza di strambo!” bisbigliò a se stessa, alla vista di un ragazzo ossigenato che si muoveva fra i rami, sforzandosi di vedere che cosa succedeva sul portico della casa.
    Raccolse un lungo ramo e lo sollevò per punzecchiare il sedere dell’inglese. Colto di sorpresa Spike perse l’equilibrio e cadde dall’albero, sbattendo il sedere a terra con un tonfo.
    Sentirono Angel che chiedeva: “Cos’era quello?”
    “Probabilmente il gatto” rispose una voce chiaramente femminile. Era Dru.
    Spike sollevò lo sguardo e vide Buffy che torreggiava arrogante su di lui.
    “Sei pat-“
    Lui sentì un’onda di rabbia attraversarlo e si alzò in un batter d’occhio, coprendole la bocca con la mano e schiacciandole il corpo con il proprio contro l’albero da cui era appena caduto. Si fissarono l’un l’altra in silenzio, finché Spike non sentì un dolore acuto al palmo della mano, e la ritirò istintivamente dalla bocca di lei.
    “Ahi!” sibilò, controllandosi la mano per eventuali segni di ferite. Trovò il segno di un morso, piccolo ma rosso e infiammato. “Mi hai morso!”
    “Sei patetico, lo sai?” gli sibilò lei. “Sbirciando nel buio e spiando la tua ex”
    “Io sono patetico? Vuoi dire che non sei qui perché hai seguito quella checca fino a qui?” ribatté Spike, accennando con la testa in direzione della casa.
    “I-io …”
    “Credi che non sappia che ti aggiri per la scuola seguendolo dappertutto?” le chiese, sogghignando arrogante.
    “Bè, io almeno non vado in giro a scalare alberi e a fare un’espressione da cucciolo sperduto ogni volta che vedo il mio ex” sibilò Buffy trionfante.
    “Sono la puttana dell’amore e sono abbastanza uomo da ammetterlo” confessò lui, sollevando orgogliosamente il mento.
    Buffy non aveva una risposta pronta per questo, per cui se ne uscì con un patetico:
    “Pazzo maniaco”.
    “Amo Dru, l’ho sempre amata a quanto posso ricordare. Non intendo perderla per una checca americana” affermò lui.
    “Oh, questo sì che è triste”. La bionda lo guardò impietosita.
    “Come se tu non stessi morendo dalla voglia di riavere indietro quella tua checca ingellata. Tutto ciò che deve fare è chiedere e tu aprirai le gambe per lui” ringhiò lui. Ma non ebbe molto tempo per gloriarsi del suo commento perché avvertì un dolore tremendo impadronirsi di tutto il suo corpo, mentre lei gli piantava un ginocchio nell’inguine.
    “Maiale!” sbuffò lei, guardandolo cadere a terra tenendosi le parti intime e reprimendo il bisogno di ululare.
    Si voltò e si allontanò.

    Willow si stringeva i libri al petto mentre camminava fianco a fianco di Buffy e Oz. Prese un respiro profondo, ed espirò mentre entrava nel familiare edificio.
    “Ah … il lunedì! Non lo amate anche voi?” chiese, con un enorme ghigno di soddisfazione sul viso.
    Con la palpebre socchiuse la bionda gettò uno sguardo nella direzione della sua migliore amica, prima di scuotere la testa e di sospirare in maniera udibile.
    “Hai seriamente bisogno di un trattamento psichiatrico, lo sai vero?”
    “Che cosa? Mi piace la scuola, e allora?”, si strinse nelle spalle la rossa.
    “Appunto quello che intendevo. Che ti piaccia la scuola è un chiaro sintomo di una disfunzione neurologica piuttosto oscura che distrugge quella parte del tuo cervello che ti mette in grado di distinguere fra il divertimento ed il duro lavoro” teorizzò la bionda.
    Willow sollevò il sopracciglio destro mentre Buffy continuava in tono serio:
    “È vero. C’è una parte del cervello in cui tutti gli adolescenti sono arrivati al seguente sillogismo: divertimento = bene, scuola = male, bene e male sono opposti quindi la scuola è l’opposto del divertimento”. Buffy scosse la testa, “Niente facce contente e profondi sospiri di soddisfazione il lunedì mattina, soprattutto alle nove. Il contrario è considerato fortemente patologico.”
    Willow corrugò ancora di più le sopracciglia poi chiese:
    “Chi sei tu e che cosa ne hai fatto di Buffy?”
    La bionda sospirò pesantemente e replicò:
    “Non ho dormito la notte scorsa. Di nuovo! Per cui sono rimasta alzata fino a tardi a guardare Discovery Channel. C’era un programma su psicologia e logica, da qui l’intera teoria. Non preoccuparti, probabilmente mi passerà in … Spike!” Buffy interruppe la sua spiegazione mentre il ragazzo ossigenato le si parava davanti e le bloccava il passo.
    “Ho bisogno di parlarti, Betty” disse con voce asciutta, gettando uno sguardo verso Willow e Oz.
    “Mi chiamo Buffy” sibilò lei, alzando seccata gli occhi al cielo. “E adesso non posso, ho lezione”. Cercò di girargli intorno ma lui si spostò bloccandola nuovamente.
    “Non ci vorrà molto” brontolò.
    Era chiaro che non gli piaceva essere lì. Esaminò il corridoio e vide le espressioni corrucciate che li circondavano. Era facile capire il perché. Tutti a scuola erano a conoscenza dell’odio reciproco dei due biondi. Ovviamente si aspettavano le solite urla che, accompagnate da imprecazioni e talvolta da pugni, solitamente si sviluppavano entro 5 minuti ogni volta che i due si trovavano nel raggio di un metro e mezzo l’uno dall’altra. Questa volta non stava succedendo. Perché? Tutti gli studenti se lo chiesero, vedendo Buffy sospirare e fare segno a Willow e Oz di andare avanti senza di lei.
    “Che cosa vuoi, meraviglia ossigenata?”
    “Parlarti” spiegò lui.
    “Sono qui. Parla.”
    “Non qui”. Si incupì lui, guardando con cattiveria tutti gli studenti che gli fissavano, prima di prendere Buffy per il braccio e trascinarla fuori da lì.


    Capitolo 5
    “Ahi! Così mi fai male!” protestò lei, tentando senza successo di liberare il braccio dalla sua stretta. “Lasciami andare”, praticamente gridò, non appena girarono l’angolo e si ritrovarono nel retro della scuola.
    Lui si fermò e le lasciò andare il braccio.
    “Mi hai fatto male, troglodita che non sei altro” brontolò lei, strofinandosi il braccio dolorante. Continuò a imprecare, rendendosi conto che il giorno dopo si sarebbe ritrovata con lividi a forma di dita sulla pelle bronzea, a causa del suo modo non troppo delicato di maneggiarla. “Stupido, idiota, straniero e senza cervelllo”
    “Hai finito di insultarmi, amore?” chiese lui seccato.
    “No! Sei anche un uomo preistorico, e smettila di chiamarmi amore” protestò ancora lei. “Che cosa vuoi?”
    “Riavere Dru” rispose lui semplicemente.
    Lei tacque per un attimo prima di parlare.
    “Ok, mi rendo conto che sei un po’ tardo e tutto il resto ma…” cominciò a parlare lentamente, esagerando la sillabazione delle parole “Io - *non* - sono – Dru”. Piegò la testa verso di lui, come per accertarsi che l’avesse capita.
    “*Sicuramente* non sei Dru” disse lui, con un tono sarcastico che fece fremere la biondina.
    “Cosa vorresti dire con questo?”
    “Lasciamo perdere questo discorso” cercò di cambiare argomento lui. Se voleva l’aiuto di Buffy offenderla non era decisamente il modo per ottenerlo. “Credo che possiamo aiutarci a vicenda. Tu vuoi indietro la tua checca, io voglio Dru, dovremmo unire le forze” concluse.
    “Due cose: non unirò mai e poi mai *qualcosa* con te e non voglio indietro Angel. Voglio solo che prenda una malattia venerea molto dolorosa, che porti alla decomposizione ed alla caduta delle sue parti più intime” terminò lei con un enorme sogghigno stampato in faccia.
    Spike non poté evitare di fremere alla descrizione. Riscuotendosi di dosso la pessima immagine che si era formata nella sua mente disse:
    “Non rivuoi Angel? L’hai seguito dappertutto dal momento in cui avete rotto”, ribadendo l’ovvio..
    “Solo finché non trovo il modo migliore di infliggere più dolore possibile a quel bastardo traditore” spiegò aspramente lei.
    Spike tacque per un secondo, meditando sul nuovo sviluppo della situazione. Buffy sospirò seccata e cominciò ad allontanarsi.
    “Cosa ne diresti se impazzisse di nuovo per te?” gettò lì lui.
    Lei sollevò un sopracciglio e si fermò:
    “Ti sto acoltando”
    “Ti posso aiutare a riaverlo. Anche se gli dimostrerai che non lo vuoi, sarà ai tuoi piedi supplicante” cominciò a spiegare lui.
    “Supplicante mi va bene” disse semplicemente lei, aspettando di sentire il resto del piano.
    “E allo stesso tempo io riavrò Dru”
    “Allora, cosa devo fare?” indagò lei.
    “Farfintadiesserelamiaragazza” disse lui precipitosamente.
    “Che cosa?” gridò lei. “Alla fine tutta quell’acqua ossigenata ti è entrata nel cervello, danneggiandotelo irreparabilmente?” chiese incredula.
    “Nel momento stesso in cui quei due ci vedranno assieme impazziranno di gelosia. Dru mi ama ancora, lo so” spiegò velocemente Spike.
    “E con Angel come la mettiamo?”
    “Non ha mai potuto sopportare di vedere me e Dru felici. È per questo che le sta dietro. Se mi vede con te vorrà te”
    “Hai battuto la testa di recente, vero?” chiese sinceramente lei.
    “No. Ti dico che funzionerà. Abbi fiducia. Conosco Angel”
    “Fiducia? In te? Sei veramente fuori amico” rise lei.
    Ringhiando il ragazzo ossigenato si ficcò le mani in tasca, prese un pacchetto di sigarette, se ne portò una alla bocca e la accese.
    “Ehi, ehi, ehi! Niente fumo!” Lei prese la sigaretta che gli pendeva dalla bocca e la gettò a terra, schiacciandola sotto una scarpa.
    Spike le diede un’occhiataccia, mostrando chiaramente di stare facendo tutto il possibile per evitare di rompere il suo grazioso collo.
    Ci fu un momento di silenzio. Buffy esaminò il campo da football, riconoscendo la figura del quarterback. Da lontano vide una figura nerovestita che applaudiva istericamente ad ogni passaggio ben fatto dal ragazzo. Sentì che lo stomaco le si contorceva per il disgusto. Senza voltarsi verso il ragazzo ossigenato dietro di lei chiese:
    “Che cosa devo fare?”
    “Frequentarmi. La gente deve vederci insieme, mentre ci teniamo la mano, mentre ci abbracciamo e cose così” spiegò Spike.
    “No, nooooooooooo, assolutamente no!” scosse la testa lei, agitando le braccia in aria in chiaro segno di disaccordo e voltandosi a fronteggiarlo. “Non ti tocchero!”
    “Come vedi neanch’io vado in giro saltando e cantando ‘Gioia! Gioia!’, amore”
    “Va bene, d’accordo” acconsentì riluttante lei. “Ma andremo in giro con il *mio* gruppo”
    “Che cosa? No!”. Adesso era lui che scuoteva la testa.
    “Non ho intenzione di avvicinarmi ai tuoi amici dark. In nessun modo, e su questo non si discute. Facciamo come dico io oppure lasciamo perdere”. Buffy incrociò le braccia sul petto ed atteggiò la bocca in una linea dura, in attesa della sua risposta.
    Alla fine lui si arrese, e scuotendo la testa mormorò:
    “Va bene, faremo a modo tuo”
    “Bene. Quando cominciamo?”
    “Hmm ... domani?”
    “Va bene, domani saremo ufficialmente una coppia”
    “Un’altra cosa. Nessuno deve sapere del nostro piccolo accordo, altrimenti è finita” l’avvertì lui.
    “Certo. Altrimenti verrebbe meno lo scopo del tutto, non credi?”
    “Voglio essere sicuro. Non dirlo alla rossa né all’imbranato né a nessuno!”
    “Che cosa? Willow non lo dirà a nessuno”
    “Non mi interessa. Non può saperlo nessuno”
    “Ma ...”
    “Niente ma, biondina”
    “Va bene!” acconsentì lei guardando l’orologio. “Dannazione! Dannazione! Dannazione!” imprecò. “Sono in ritardo!” e gettandogli un’occhiata assassina aggiunse: “È tutta colpa tua. Ti odio!”
    “Anch’io!” le gridò dietro lui, rimanendo a guardarla mentre correva a lezione.

    Entrando in casa espirò rumorosamente poi, trascinando i piedi doloranti sul pavimento, si lasciò cadere sul divano, sospirando e chiudendo gli occhi. Sollevò di scatto le palpebre nel sentire una profonda risata maschile che veniva dalla cucina. .
    “Mamma …” bisbigliò a se stessa, costringendo il suo corpo stando ad alzarsi.
    Quando raggiunse la soglia della stanza le caddero le braccia. Lì, seduti attorno all’isola, c’erano sua madre e …
    “Spike?” chiese incredula.
    L’inglese soffocò la propria risata alla vista della biondina.
    “Che fai qui?” indagò Buffy, notando la tazza di cioccolata calda che gli stava davanti.
    “Il tuo amico William è passato per prendere gli appunti di inglese” spiegò Joyce alzandosi e andando al bancone a prendere un bollitore. “Altra cioccolata?”
    “William?”. Buffy sillabò silenziosamente il nome e si trattenne a malapena dal ridere.
    Il biondo le diede un’occhiataccia prima di rispondere alla madre:
    “No grazie signora Summers. Prendo gli appunti di Buffy e vado via”
    Si alzò in piedi mentre parlava, si avvicinò a Buffy e, con discrezione, le mise una mano sul braccio trascinandola in corridoio.
    “William?” ripeté lei, questa volta senza riuscire a reprimere una risatina.
    “Che c’è?” brontolò lui.
    “Scusa, mi ero proprio dimenticata che ti chiami William. È un nome così ...” Buffy scelse con cura la parola “ ... delicato”.
    Spike sorrise forzatamente per un secondo, prima di ringhiare:
    “Cosa c’è che non va nel nome William?”
    “Niente. Lascia stare”. Buffy scosse la testa. “Che cosa vuoi, Mr. Ossigeno?”
    “Dobbiamo parlare di domani”
    Buffy guardò oltre la spalla di lui, e notò che la madre si stava sforzando di sentire quello che dicevano. Indicò con la testa in direzione delle scale e salì di sopra, mentre Spike la seguiva dappresso.

    Capitolo 6
    “Parla” disse lei entrando nella sua camera.
    Spike rimase in silenzio per un attimo, esaminando la stanza. Un sogghigno arrogante si fece strada sulle sue labbra, alla vista di un maiale di peluche sul letto.
    “Che c’è?” chiese lei seccata.
    “Niente” mormorò lui, scuotendo la testa.
    “Allora, che facciamo domani?” sbuffò lei.
    “Dobbiamo metterci d’accordo sui dettagli”
    “Ad esempio?”
    “Cosa diremo ai tuoi amici?”
    “Che mi è caduto un pianoforte sulla testa e che all’improvviso uscire con te non mi sembra più tanto disgustoso quanto dovrebbe?” gettò lì lei, guardandolo con aria impudente.
    “Mi stai distruggendo, amore” grugnì lui sarcastico.
    Lei si lasciò cadere sul letto, sospirando forte.
    “Non so cosa dire loro” mormorò fissando il soffitto.
    “Bè, facciamoci venire in mente qualcosa di convincente”
    Lei si voltò a guardarlo con una strana espressione.
    “Non credo più che sia una buona idea”
    “Oh andiamo, Betty! Non puoi tirartene fuori adesso. È solo per un paio di giorni. Se ce la posso fare io ce la puoi fare anche tu. Voglio dire … non volevi la checca che ti supplica e ti sbava addosso? Immaginatelo in ginocchio che ti prega di ritornare con lui, e tu che gli dici di farsi una vita davanti a tutta la scuola”. La disperazione era evidente nella sua voce.
    La descrizione fatta dal biondo prese vita davanti agli occhi di lei, facendole sentire un fiotto di potere e vendetta che le scorreva, prepotente, nelle vene. Sospirò forte e si mise a sedere sul letto.
    “Ok! Lo farò” acconsentì, facendo sospirare di sollievo Spike. “Ma prima devi assolutamente imparare il mio nome. Buffy. Ficcatelo in quella tua testa ossigenata. Buf -fy. Non è così difficile”.
    Lui annuì e si sedette sul letto accanto a lei.
    “Ora ... per quanto riguarda i ragazzi. Dirò loro che … ho cambiato idea. Dirò semplicemente che …” Alzò gli occhi al soffitto mentre rifletteva. “Ci sono!” se ne uscì trionfante. “Dirò che mi stavano scippando e che tu sei arrivato all’ultimo momento e mi hai salvato. Brillante!” si congratulò con se stessa.
    “E pensi che se la berranno?” chiese lui, un tantino sospettoso.
    Lei si strinse nelle spalle: “per forza”. “Semmai, una cosa è importante, non possiamo annunciare all’improvviso che stiamo … sai …” e con l’indice indicava alternativamente lui e se stessa.
    “Cuccando?” offrì Spike.*
    “Si” Buffy alzò gli occhi al cielo. “Ci vuole tempo. Dovrà essere graduale! Altrimenti non ci crederà nessuno. Voglio dire, a scuola tutti sanno che ci odiamo a morte”
    “Ma in questo modo non la finiremo più” protestò Spike.
    “Conosco Willow e Xander, non se la berrebbero in nessun modo” insisté lei.
    “Va bene” acconsentì di malavoglia Spike. “Allora, che cosa facciamo domani?”
    “Ce la prendiamo con calma. Ti siedi con noi in mensa. Qualcosa del genere. Niente toccamenti, niente … di niente. Ci limiteremo a chiacchierare da buoni amici”.
    “Di che cosa parleremo?”
    “Non lo so. Improvviseremo”

    Joyce Summers sospirò profondamente, sentendo il rumore di passi che scendevano le scale. Erano usciti dalla sua stanza, finalmente. Grazie a Dio! Stava cominciando a sentirsi davvero a disagio all’idea di sua figlia in una stanza da sola con un ragazzo.
    “Allora, hai preso gli appunti?” cercò di fare finta di niente.
    “Cosa?”
    “Gli appunti di Buffy di cui avevi bisogno”
    “Ah, quelli! Si, signora Summers” rispose pronto Spike.
    Un silenzio imbarazzato discese sui tre e Buffy lo ruppe per prima:
    “Bè, devi andare a fare quella … cosa, vero?”
    “Ehm ... si! Devo andare. Sono in ritardo” disse lui dirigendosi velocemente alla porta. “Grazie per la cioccolata signora Summers, e buona serata”.
    Buffy chiuse la porta dietro di lui e si voltò per correre di sopra quando sentì la madre che si schiariva la gola, usando il codice internazionale “madre – figlia” per “dobbiamo parlare”. Sospirando forte la ragazza scese le scale ed seguì la madre in cucina.
    “Buffy, cosa ti è venuto in mente di portare quel ragazzo in camera tua? Voglio dire, è un bravo ragazzo e tutto il resto, ma sai cosa ti ho detto sul portare ragazzi in camera tua. È severamente proibito. Io non …”
    “Mamma calmati. Non stavamo facendo niente. Te lo giuro” le assicurò Buffy. “Stavamo solo parlando”.
    “Non importa, non puoi portarti un ragazzo in camera. Non si sa mai cosa può succedere e ...”
    “Credimi, non è mai successo e non succederà mai niente tra me e Spike. Te lo garantisco. Non sono *sicuramente* il suo tipo” cercò di spiegare Buffy.
    “Cosa vuol dire che non sei il suo tipo?” indagò Joyce.
    “Credimi sulla parola”. Mentre parlava Buffy si ricordò dello strano affetto che il ragazzo ossigenato nutriva per Dru. Non l’aveva mai compreso. Sembrava una cosa da pazzi, lui la seguiva dappertutto, era sempre preoccupato che lei stesse bene e faceva tutto quello che lei gli chiedeva. Sembrava un’ossessione. “Sicuramente *non* sono il suo tipo”.
    “Oh!” la madre si portò la mano alla bocca, colpita da una rivelazione. “Oh, mi dispiace, non sapevo che fosse …” Joyce soppesò con cura le sue parole.
    “Lo è mamma” ammise Buffy pensando che la madre si riferisse al suo essere completamente pazzo di un’altra ragazza.
    “Oh, allora va bene” acconsentì Joyce, rimettendosi a lavare i piatti.
    “Che cosa va bene?”
    “Che lui vada nella tua stanza. Se è gay è come se fosse ... una tua amica”
    Buffy spalancò gli occhi.
    “Cosa? Mamma, non è ...”
    Fu interrotta dallo squillo del telefono. Corse a rispondere, riproponendosi mentalmente di parlare con la madre e di assicurasi di chiarire le cose.

    Willow giocherellava distrattamente con il suo pranzo, percorrendo con gli occhi la mensa. All’improvviso li spalancò alla vista di un certo adolescente ossigenato che si dirigeva verso di loro, per sedersi infine a fianco di Buffy, lasciando cadere il vassoio accanto a quello di lei.
    “Hey” salutò lui.
    Tutti i presenti in mensa si immobilizzarono, compreso Xander, che aveva la forchetta a penzoloni dalle labbra.
    “Hey!” replicò calmo Oz.
    Buffy si diede un tono, notando le occhiate interrogative che Willow e Xander le gettavano.
    “Ciao Spike” disse a voce bassa, senza distogliere gli occhi dal piatto. Non era una gran bella visuale ma almeno la metteva al riparo dalle centinaia d’occhi fissi su di lei.
    “Allora ...” L’inglese cercò di fare conversazione, ma sembrava quasi impossibile considerato lo stato pressoché catatonico di Xander e Willow.
    “Allora ..” ripeté Oz. Si presentò tendendogli la mano “Io sono Oz”.
    “Spike” rispose Spike stingendogli la mano.
    “Lo so” affermò Oz.
    Il silenzio al tavolo sembrava amplificato dal brusio che infestava la mensa.
    “Cosa ci fai qui?” disse Willow, sforzandosi di uscire dal suo stato di trance.
    “Mi andava di sedermi vicino alla damigella in pericolo, tutto qui” rispose Spike, ficcandosi il cibo in bocca.
    “Damigella in pericolo?”
    “Si. Betty ...” Spike fremettè quando Buffy gli diede un calcio sotto il tavolo. “Ehm ... Buffy stava per essere scipatta mentre tornava a casa e ..” Spike guardò Xander e si rese conto che aveva ancora la forchetta a penzoloni dalla bocca. “Ok! Quello” ed indicò il ragazzo “sta iniziando a innervosirmi sul serio. Fa sempre così?”
    Xander si tolse immediatamente la forchetta di bocca, poggiandola sul tavolo.
    “Comunque, passavo di lì per caso e ho finito per diventare il suo cavaliere dall’armatura scintillante”.

    * Scusate il termine anni ottanta!!! Spike in originale dice “snogging” che è inglese britannico per “baciarsi sulla bocca” ma, come si vedrà più avanti, Buffy non capisce esattamente … Perciò dovevo usare un termine un po’ strano, un po’ equivocabile, e … non mi è venuto in mente altro. Accidenti!!! Ora vi ho svelato la mia vera età!!!


    Capitolo 7
    “Hai salvato Buffy da uno scippo?” chiese alla fine Xander.
    “Ehi, sa parlare” lo prese in giro Spike.” E si. L’ho sistemato per le feste. E non era piccolo. Era grande e grosso, un metro e 95. Con un enorme, gigant – Ahi!”
    Fremette quando Buffy gli ficcò nuovamente il tacco dello stivale nella pelle delicata dello stinco.
    “Sta esagerando” intervenne la bionda con un enorme sorriso stampato in faccia.
    “No invece. Era enorme e aveva un’arm-“
    “No, non l’aveva” tagliò corto lei, gli occhi verdi che sprizzavano scintille.
    “Si, l’aveva. Sei tu che non l’hai vista” insisté Spike.
    “No, non l’aveva”
    “Si, l’aveva”
    “No, non ...”
    “Qualcuno li fermi per favore” pregò Oz, senza cambiare tono di voce.
    “I-io credo che l’importante sia che tu stai bene e che non è successo niente di grave” intervenne Willow, diplomatica come sempre.
    I due biondi si fissarono disgustati, riportando la loro attenzione sui propri piatti. Il resto del pranzo si svolse in un silenzio imbarazzato.
    “Bene, faremmo meglio ad andare”. Buffy si alzò all’improvviso, accorgendosi infine della situazione di stallo.
    “Si, abbiamo lezione e tutto il resto” aggiunse Willow, seguendo Buffy e lasciando i tre uomini a fissarsi l’un l’altro.

    “A che cosa stavi pensando?” gridò Buffy, percorrendo la via a grandi passi.
    “Stavo solo facendo quello che mi hai detto di fare” si difese Spike, affrettando il passo per tenerle dietro.
    “Un metro e 95? Con un’arma?” lei si fermò a guardarlo, incredula.
    “Che c’è? Ho abbellito un po’” ammise lui.
    “Abbellito? Tu quello lo chiami abbellire?” chiese lei corrucciata. “Penso che dovresti comprarti un dizionario perché *quello* non era sicuramente abbellire. La parola abbellire non lo descrive neanche lontanamente. Voglio dire, pensi davvero che ti abbiano creduto? Quanto sciocchi pensi che siano?”. Alla vista del sogghigno arrogante che si stava formando sulle labbra di lui aggiunse velocemente: “Non rispondere”.
    Ricominciò a camminare con un sospirone, mentre casa sua si profilava all’orizzonte.
    “Volevo rendere la storia un po’ più interessante” cercò di spiegare Spike.
    “Interessante? Credevo che il nostro scopo fosse renderla credibile” ringhiò lei, continuando a camminare sulla strada di casa, senza degnarlo di un’occhiata.
    Camminando con foga raggiunsero il portico della casa di lei.
    “Senti, mi dispiace, va bene?” si scusò lui.
    “Ti dispiace?” cominciò lei, ma lui la interruppe.
    “Ok, la vuoi finire, per favore, di ripetere ogni parola che dico? Sta cominciando a darmi sui nervi.”
    “Grr...” ringhiò lei, spalancando la porta ed entrando in casa.
    Salì le scale ed entrò nella sua stanza con Spike che la seguiva dappresso. Afferrò automaticamente il bordo della sua maglietta, gettandogli poi uno sguardo seccato.
    “Ti dispiace? Sto cercando di spogliarmi”.
    “Oh! Scusa amore. Ti aspetterò di sotto” disse imbarazzato Spike, dirigendosi verso il corridoio.

    I suoi passi arrabbiati echeggiarono attraverso la casa mentre scendeva le scale.
    “Che cosa ci fai ancora qui?” chiese, vedendo l’inglese spaparanzato sul divano che, telecomando alla mano, saltava distrattamente da un canale all’altro.
    “Hai la TV via cavo” notò lui senza guardarla.
    “Lo so. È il mio televisore, il mio soggiorno, la mia casa. Cosa fai ancora qua dentro?”. Rimase lì in piedi, le braccia incrociate sul petto, le sue parole gonfie di sarcasmo.
    Spike voltò la testa e le diede un’occhiata, prima di riportare la sua attenzione sullo schermo.
    “Non abbiamo la TV via cavo a casa. Papà pensa che la TV abbia una cattiva influenza. Preferisce che io legga” mormorò lui.
    Buffy si spostò nel mezzo della stanza, piazzandosi fra l’inglese ed il televisore.
    “Mi impedisci di vedere, amore” brontolò lui, sollevando lo sguardo su di lei.
    “Mi fa piacere che l’abbia notato, l’idea era questa. Che cosa fai ancora qui?”
    Sospirando Spike si tirò su a sedere e spense il televisore.
    “Parliamo di domani”
    “Che c’entra domani? Spike svegliati. È finita! Non ha funzionato” tentò di fargli capire lei.
    “Certo che ha funzionato” la contraddì lui.
    “In che mondo eri tu? In quello in cui mi trovavo io la gente ci stava fissando come se fossimo stati due mostri dagli occhi verdi o qualcosa di simile. Tutti sanno che ci odiamo. Non funzionerà mai” ribadì lei.
    “Funzionerà” insistè Spike alzandosi.
    “Ok. Quale parte non hai capito? Perché se ne hai bisogno te lo posso spiegare di nuovo”
    “Ho bisogno che funzioni, Bet –“
    “MI CHIAMO BUFFY!” urlò lei, agitando le mani per aria e dirigendosi a grandi passi in cucina, lasciandolo solo.
    Dopo qualche secondo l’inglese era in cucina, appoggiato al frigo.
    “Mi dispiace” mormorò.
    Lei rimase ferma, con una tazza di cioccolata calda in mano, guardandolo con un’espressione seccata.
    “Ho bisogno che funzioni ...” ricominciò lui, dopo aver deglutito rumorosamente. “H-ho bisogno di riaverla. Ho bisogno che Dru stia con me o…” le parole gli morirono in gola.
    Da qualche parte nel suo intimo lei sentì un briciolo di pietà per il povero ragazzo, ma prima che potesse trattenersi, parole aspre le uscirono di bocca:
    “Non ti metterai a piangere, vero?”
    Spike si bloccò, sentendosi come se qualcuno gli avesse appena dato un pugno nello stomaco. Sollevò lo sguardo e socchiuse gli occhi, lampeggianti di rabbia improvvisa. Senza una parola girò sui tacchi e uscì dalla casa, sbattendo la porta dietro di sé.
    Lei rimase ferma per un secondo, chiedendosi con una punta di rimorso se andargli dietro o meno. Nel giro di qualche secondo il rimorso sparì, e lei si voltò verso il lavandino per lavare la tazza che teneva in mano.


    Capitolo 8
    Buffy lasciò cadere la testa sul banco, mente in sottofondo la signora Finch continuava a blaterare con voce monotona sull’importanza delle miniere, che si rifletteva nel prevalere dei diritti della Corona sulle ricchezze minerarie in gran parte dell’Europa.
    “Oh Dio! Uccidetemi adesso e ponete fine alle mie sofferenze” mormorò a denti stretti.
    Come se qualcuno stesse rispondendo alla sua preghiera, suonò la campana. In un attimo la biondina si raddrizzò, guardando il rotondo orologio a muro con gli occhi spalancati.
    “È un miracolo” gridò, raccogliendo i suoi libri e infilandoli nello zainetto. “Sono sopravissuta! Grazie a Dio questo venerdì mattina è finito”
    “La odi proprio la storia, vero?” chiesa la rossa mentre la aspettava.
    “Più di ogni altra cosa al mondo” rispose Buffy uscendo dall’aula seguita da Willow. La biondina si fermò di colpo alla vista di un familiare ragazzo ossigenato in fondo al corridoio. “Anzi: è al secondo posto fra le cose che odio di più al mondo”.
    Willow sospirò rumorosamente mentre si incamminavano lungo il vasto corridoio, fermandosi vicino all’armadietto di Buffy.
    “Quindi sei tornata ad odiare Spike?” chiese la rossa.
    “Cosa?” chiese sovrapensiero la bionda mente frugava nel contenuto del suo armadietto.
    “Odiare Spike. È di nuovo nella lista delle cose da fare?”
    “Al primo posto! Ho decisamente superato la mia momentanea mancanza di ragione a riguardo” annuì le,i passando a Willow i suoi libri. “Tienimi questi un secondo”.
    “Bene, perché quella piccola scena di ieri, alla mensa, sembrava … sbagliata”
    Buffy sorrise e fece per riprendere i libri dalla sua migliore amica quando la sua attenzione fu attratta dalla conversazione che si svolgeva a pochi metri da lei.
    “Dai amore. Solo per un attimo. Ho bisogno di parlarti”. Il tono supplichevole di Spike le fece chiudere lo stomaco e Buffy si voltò ad osservare il ragazzo biondo, che se ne stava appoggiato agli armadietti sul lato opposto del corridoio.
    Rimase a guardare mentre l’inglese pregava una Dru inflessibile.
    “Per favore, solo per un secondo. Ho bisogno di parlare con te amore. Ti prego!” Stava praticamente implorando mentre la mora rimaneva indifferente, con le braccia incrociate sul petto, a fissare seccata il nulla, sospirando disgustata di quando in quando.
    “Hai finito? Te l’ho detto Spike. È finita. Non ho niente da dirti né voglio sentire nulla da te. Fatti una vita, stai diventando davvero patetico”. E dopo aver sputato queste parole si voltò per andarsene, mente tutti i presenti in corridoio assistevano all’umiliazione dell’inglese. Ma a lui non importava. Aveva bisogno di parlarle, di fare entrare un po’ di buon senso nella sua graziosa testolina, per cui le afferrò il braccio, costringendola a voltarsi verso di lui.
    “Per favore, amore …” la supplicò ancora una volta.
    “Lasciami andare!” liberando il braccio dalla sua stretta. “I-“
    “Sei qui! Ti ho cercato dappertutto”
    L’intero corridoio si bloccò alla vista della biondina che passava le braccia intorno a Spike, dandogli un leggero bacio sulla guancia. Voltandosi verso Dru con un enorme sogghigno, Buffy salutò educatamente:
    “Hey, Dru!”
    La bruna le rispose corrugando le sopracciglia, mentre Spike si limitava a fissare la biondina che ora gli teneva la mano.
    “Bene, sarà meglio andare” disse lei, praticamente trascinando per la mano uno Spike sconvolto mentre percorrevano il corridoio. “Ciao Dru”. Salutò Willow con la mano mentre le passava accanto “Ciao Willow. Ti chiamo più tardi”.
    La rossa rimase lì, a fissare la strana coppia, a bocca aperta come tutti gli altri.

    Le braccia di lei si staccarono di colpo da quelle di lui, nel momento stesso in cui i suoi piedi toccarono il marciapiede dall’altro lato della strada, al riparo da occhi indiscreti. Notando che il ragazzo ossigenato continuava a fissarla fece una smorfia e raddoppiò il passo. Dopo aver fatto qualche passo in un doloroso silenzio si fermò di colpo e si volto a fronteggiarlo.
    “Che c’è?” chiese Buffy, cercando di apparire il più possibile seccata, anche se il sentimento predominante in lei era decisamente il disagio.
    Lui inclinò la testa e accennò un lieve sorriso con un angolo della bocca. Poi annuì e, stringendo le labbra, disse dolcemente:
    “Grazie amore”
    Lei rimase un po’ spiazzata dalla sua reazione, decisamente sincera. Queste erano cose da romanzo. Scosse la testa nervosamente, come per cercare di ricacciare indietro lo strano sentimento che si faceva strada su per la sua spina dorsale.
    “Prego, ma non aspettarti che lo rifaccia in tempi brevi. Sento che il solo fatto di toccarti mi provoca una strana reazione allergica.” Cercò di sembrare disgustata ma fallì miseramente, e si rese conto che lui non l’aveva bevuta quando il suo solito sogghignò si fece strada sulle sue labbra.
    Lui si infilò le mani in tasca e riprese a camminare al fianco di lei.
    “Come vuoi, passerotto”
    “E non chiamarmi passerotto!” scattò lei, corrugando le sopracciglia in un misero tentativo di sottolineare il suo disappunto.
    “Certo, amore”
    Era di nuovo là! Sulla sua faccia! Quello stupido, fastidioso, arrogante sogghigno che la stava rendendo ... nervosa? Cosa?! No! Lo stupido, fastidioso, arrogante sogghigno avrebbe dovuto farla sentire arrabbiata e disgustata, ma non ... nervosa. Nervosa mai. Buffy si prese mentalmente a calci, rendendosi conto che era passato troppo tempo dall’ultima uscita di lui per poter ribattere con successo. “Stupido sogghigno distraente” pensò fra sé e sé, calciando un ciottolo che si trovava sul suo cammino.
    Stavano di nuovo camminando in un silenzio tale da scuotere i nervi, che la indusse a giocherellare con le stringhe del suo cappotto. All’improvviso voltò la testa di scatto per fronteggiarlo.
    “Perché sei qui?” chiese a bruciapelo.
    “Perché mio padre e mia madre erano veramente eccitati circa 18 anni fa?” tentò lui con un sogghigno.
    “Stupido, distraente ... Concentrati!” si rimproverò mentalmente lei.
    “Divertente!” replicò sarcastica.
    Lui le sorrise e, alla fine, le rispose concretamente:
    “Accompagno a casa la mia ragazza”
    In qualche modo quella semplice frase le rese impossibile respirare e deglutire contemporaneamente, e quasi si soffocò, tossendo anche l’anima.
    “Stai bene, amore?” chiese lui un po’ preoccupato, guardandola piegarsi e cervare di respirare.
    Alla sua domanda lei sollevò lo sguardo, rossa in viso, lanciandogli un’occhiataccia:
    “Non – colpo di tosse - ... chiamarmi – colpi di tosse – …”
    non riuscì a finire la propria frase, perché fu investita da un’altro accesso di tosse.
    “Tieni, bevi un po’ di questo”. Spike le passò una fiaschetta d’argento e la biondina se la portò alla bocca senza pensare, versandosene il contenuto direttamente in gola.
    Il suo cervello impiegò un paio di secondi per registrare la forte sensazione di bruciore che sembrava invaderle l’esofago. Lasciò cadere immediatamente la fiaschetta e riprese a tossire. Spike la guardò preso dal panico, mentre la faccia della biondina passava dal rosso al porpora al blu, per poi ritornare scarlatta mentre lei iniziava a gridare contro di lui:
    “SEI PAZZO? CHE COSA DIAVOLO C’ERA IN QUELLA COSA?”
    “I-“
    “Mi vuoi uccidere? È così? So che ci odiamo però ...” La rabbia la invase al punto che non riusciva più a costruire frasi di senso compiuto, perciò si mise semplicemente a percorrere a passo di carica la strada e i gradini di casa sua, mentre Spike, preso dal panico, la seguiva dappresso.


    Capitolo 9

    Spike rimase a guardare con espressione corrucciata mentre Buffy, con la testa all’indietro, faceva i gargarismi prima di sputare nel lavandino della cucina. Lei si voltò a guardare il ragazzo ossigenato con un espressione di disgusto dipinta in faccia.
    “Dio, non” sputò “riesco a levarmi quell’orribile” sputò “sapore dalla bocca” si lamentò lei, andando al frigorifero.
    Prese la prima bottiglia disponibile e se ne versò in bocca il contenuto, ingoiando rumorosamente al passaggio del liquido nella gola. Dopo aver poggiato il bicchiere sul tavolo aspettò per qualche secondo, schioccando le labbra e facendo una smorfia rendendosi conto di aver ancora in bocca quell’orribile sapore. Non c’era niente da fare, allora si lasciò cadere su uno sgabello vicino con un sospiro rassegnato.
    Spike rimase sulla soglia, appoggiato allo stipite della porta. Pochi attimi dopo Buffy alzò gli occhi e gli lanciò un’occhiata assassina.
    “Ti odio” brontolò, schioccando nuovamente le labbra.
    “Anch’io, Betty” rispose lui, incrociando le braccia sul petto.
    Lei aprì la bocca per protestare ma lasciò perdere. Era troppo stanca. Era venerdì pomeriggio e aveva avuto una settimana piena, non aveva l’energia per combattere con quell’inglese seccante. Per cui scelse di rimanere lì, perfettamente immobile, sospirando di quando in quando, nella vaga speranza che lui capisse e se ne andasse. Per sua sfortuna lui non fece niente di simile. Al contrario, con passo lento e il solito sogghigno esasperante stampato in faccia, andò al bancone e si sedette sullo sgabello di fronte al suo.
    “Cosa vuoi, Mr ossigeno?” brontolò lei tenendosi la testa fra le mani, le dita fra i capelli e lo sguardo basso a fissare il bancone bianco. Prima che lui potesse rispondere, sospirò forte e sollevò lo sguardo per fissarlo da sotto le palpebre pesanti. “Perché continui a torturarmi? Vattene. Vai –via. Sei libero”. Mosse stancamente la mano nella sua direzione ma lui non vi prestò attenzione.
    “Lo sai che funzionerà. È per questo che mi hai aiutato oggi”
    “No, ti ho aiutato perché lo spettacolo era così dolorosamente patetico da non risultare più divertente” replicò lei, alzandosi con la bottiglia in mano e rimettendola nel frigo. Voltandosi si appoggiò allo sportello del frigo e continuò: “Sei masochista o che cosa? È così? Perché in nome di Dio non riesco a capire per quale motivo ti sei messo in una situazione di imbarazzo e di pubblica umiliazione solamente per lei. Che cosa ci vedi in quell’indecente svam-”
    Non riuscì a finire la frase, perché nel giro di un attimo l’ossigenato si era alzato e torreggiava su di lei.
    “Tieni a freno la lingua quando parli di lei” ringhiò lui a denti stretti.
    Guardandolo sentì un brivido di paura, ma la sua espressione non lo lasciò intendere. Mantenne uno sguardo forte e ostinato, senza vacillare per un secondo, anche se non potè evitare un piccolo sospiro di sollievo quando lui, dopo qualche attimo, indietreggiò.
    “Senti, mi dispiace ... Io ... non parlare di Dru in quel modo” riuscì finalmente a dire lui, tornando al bancone e appoggiandovisi.
    Lei si allontanò alzando le braccia in segno di resa e replicò:
    “Va bene”
    Per alcuni, disperati, minuti rimasero in un silenzio imbarazzato, sforzandosi entrambi di trovare un argomento che mettesse fine al loro tormento. Spike tentò per primo:
    “Allora …”
    “Allora ...” replicò lei.
    “Per quanto riguarda il piano ... È di nuovo attivo?” osò chiedere lui.
    Lei non potè evitare di sorridere lievemente.
    “Lei ti piace davvero tanto, eh?”
    Lui si limitò ad annuire. Non aveva bisogno di dire niente. Sospirando ancora una volta lei scosse la testa, non riuscendo a credere a ciò che stava per dire:
    “Ok. Va bene. Lo farò” brontolò a bassa voce.
    Negli occhi di lui si accese, immediata, una scintilla.
    “Che cosa?” chiese incredulo.
    “Sei sordo o cosa?”
    Lui scosse la testa.
    “Ho detto che lo farò, va bene?”
    In un attimo si spostò dal bancone e le avvolse la braccia intorno, schiacciandola in tal modo contro il suo petto. Buffy si bloccò, le braccia immobili, come incollate ai lati del corpo, la testa che spuntava appena sopra i gomiti di lui. Non sapeva che cosa dire. Era scioccata. Alla fine, rendendosi conto che lui non aveva intenzione di lasciarla andare tanto presto, osò dire:
    “Ehm ... Spike? Che cosa stai facendo?”
    Questa semplice domanda bastò a diminuire le intense emozioni del ragazzo e in un istante lui la lasciò andare, fece un passo indietro e ficcò le mani nelle tasche dello spolverino in un gesto imbarazzato.
    “Mi dispiace. Non stavo pensando” si scusò.
    “La prossima volta che l’euforia ti provoca uno spasmo del cervello fammelo sapere, va bene?” disse lei corrugando le sopracciglia.
    Lui annuì e si sistemò nuovamente sullo sgabello.
    “Perchè ti stai sedendo?” chiese lei, lanciandogli un’occhiata scontenta e sollevando un sopracciglio perfetto.
    “Bè...”mormorò lui confuso “Dobbiamo preparare il piano”.
    “Il piano per cosa?”
    “Quello su cosa fare domani. Sai, su come dovremmo comportarci”. Piegò la testa di lato, come per sottolineare che stava ribadendo l’ovvio.
    “Oh ...” Lei si accigliò per un attimo valutando i possibili limiti e infine rispose: “Cammineremo insieme e ci terremo per mano”. Poi si voltò e si concentrò sul lavaggio dei due piatti sporchi che la madre aveva lasciato nel lavandino.
    “Tenerci per mano? Tutto qui?” chiese lui incredulo, piazzandosi al suo fianco.
    Gli occhi di Buffy erano fissi sul piatto che teneva in mano. Continuò a strofinarlo mentre il nervosismo si impadroniva di lei.
    “S-si” replicò con tono incerto.
    “Ma dai! Dru ed Angel non ci crederanno mai se non ci vedono cuccare” protestò lui.
    “Hey! Non ho intenzione di ...” qualcosa sembrava incidere sulla sua capacità di parlare coerentemente, mentre combatteva con quella strana parola. Alla fine riuscì a gridare, scuotendo enfaticamente la testa: “Non ci sarà nessun cucco. E non ci sarà nessuno a guardare mentre io e … te … e io … NIETE CUCCO!”. Abbassò gli occhi sul lavandino. Accidenti! Sono finiti i piatti! E ora che faccio?
    Spike sorrise quando capì a cosa stava pensando.
    “Cuccare amore. Vuol dire pomiciare, baciarsi in bocca. Nient’altro”.
    “Oh ...” lei sospirò di sollievo quando capì. “Aspetta! Vuoi che ci baciamo? In bocca?!”
    Spike annuì.
    “Noooooo! Mai! Non ti toccherei con un bastone lungo trenta metri, figurarsi lasciare che tu mi ficchi la lingua in gola” Bleah”. La sua faccia si contorse, e prese a fare ogni sorta di smorfie mentre vagava per la stanza, cercando nervosamente qualcosa con cui tenersi occupata.
    “Dobbiamo solamente tenerci per mano?! Non ci crederanno mai e lo sai!” insisté lui.
    “Io. Non. Ti. Bacerò.” Disse lei in tono piatto.
    “Ma ...”
    “Prendere o lasciare!”. Si raddrizzò, tenendo alto il mento in segno di risolutezza, e lui non poté evitare di sospirare, scuotendo la testa e mormorando:
    “Va bene ... Ci terremo per mano ...”


    Capitolo 10
    “Cosa vuol dire che è andata via con lui?” chiese incredulo Xander, fissando ad occhi sgranati la rossa che camminava al suo fianco.
    “Vuol dire che l’ha preso a braccetto e l’ha trascinato fuori dalla scuola” spiegò Willow per la centesima volta.
    “E non ci hai parlato per tutto il fine settimana?” continuò ad interrogarla il ragazzo.
    “No. Ho provato a chiamarla ma non rispondeva nessuno”
    “Ma ...”. Xander si interruppe quando l’oggetto della loro discussione saltò fuori dietro di loro.
    “Ciao ragazzi” li salutò Buffy, senza troppo entusiasmo.
    “Eccoti qui! Dove sei stata tutto il fine settimana?” chiese Willow mentre continuavano a camminare lungo il corridoio.
    “Non chiedermelo. L’istinto materno di mia madre si è risvegliato al massimo questo fine settimana. Con il risultato di un enorme sovraccarico di legame madre/figlia. Ho dovuto passare tutto il tempo fra album di fotografie, lezioni di cucina e di pasticceria. Oh Dio! Ha persino sentito il bisogno di parlare di uccellini ed api che si accoppiano. Se devo stare a sentire mia madre pronunciare ancora una volta la parola “pene” giuro che mi sparo”. Buffy fece una smorfia, ricordandosi alcuni dettagli disgustosi.
    “Mi dispiace”. Willow guardò con comprensione la sua migliore amica e Buffy sospirò.
    All’improvviso, guardando meglio, si rese conto che tutti in corridoio la fissavano.
    “Oh Dio? Ho un foruncolo gigante?” chiese presa dal panico. Willow e Xander scossero la testa. “E allora perché mi fissano tutti?”
    “Forse a causa dello stramo episodio “amiamo Spike” di venerdì pomeriggio?” propose Xander con una punta di sarcasmo.
    “Ah, quello ...”
    “Si quello! Credevo che fossimo tornati alla versione “odiamo il culo ossuto dell’inglese”.
    “Bè, noi ...”
    Buffy non poté finire la frase, perché si trovò con due forti braccia che, oltrepassate le sue spalle, le si poggiarono sulla vita, ed un torace sodo premuto contro la schiena. Un torace maschile, decisamente, notò mentalmente. Prima che il suo cervello avesse tempo di chiedersi a chi apparteneva, la risposta venne da una voce bassa che le bisbigliava all’orecchio.
    “Buongiorno, amore”
    Buffy si bloccò, mentre il suo cuore sembrava volerle saltar fuori dalla gola, e gli occhi di Willow e Xander erano sul punto di cader loro dalle orbite.
    “Hey...” ricambiò il saluto lei, con molto meno entusiasmo.
    Si sentiva arrossire, sentiva la pelle che le si scaldava. Una voce gracchiante gridava nella sua testa “Oh Dio, è così strano. SBAGLIATO1 SBAGLIATO! Vattene! Non toccarmi! Bleah!”, ma si sforzò di relegarla sullo sfondo, mentre metteva su la sua migliore imitazione di un sorriso.
    “Allora, come stai?” chiese voltando la testa per guardarlo, mentre lui continuava a tenerle le braccia intorno e la sua schiena rimaneva incollata al torace di lui.
    “Bene”, rispose l’inglese.
    Buffy fu sorpresa di trovare uno Spike perfettamente calmo che le restituì il sogghigno. Per un secondo si distrasse e, nel momento in cui riprese a prestare attenzione, l’ultima cosa che sentì fu:
    “ ... hai adesso?”
    “Eh? Che cosa?” chiese la biondina, scuotendo la testa nel rendersi conto che stava ancora fissando il ragazzo, che ora stava giocando pigramente con l’orlo della sua camicia. “Stupido sogghigno distraente!” pensò, voltandosi verso Xander mentre Spike ripeteva la sua domanda:
    “Che lezione hai adesso, amore?”
    “Ehm …” Buffy lottò con la sua memoria ma, per qualche strana e fastidiosa ragione, la sensazione del petto e delle gambe di lui premute su di sé sembrava bloccare del tutto la sua capacità di pensare. Grazie al cielo intervenne Willow a salvarle la vita.
    “Abbiamo storia”
    “Si! Storia!” ripeté Buffy, mentre suonava la campanella.
    “Bene, ci vediamo alla terza ora. Abbiamo inglese assieme, giusto?” chiese Spike, allontanando le braccia e districando il suo corpo da quello di lei.
    “Ehm…” Pensa stupido! Pensa! Ordinò lei al suo cervello. “Si, p-penso di si”.
    “Ci vediamo più tardi allora” gridò lui mentre percorreva il corridoio, lasciando i tre adolescenti sconvolti.
    “Che. Diavolo. Era. Quello?” chiese Xander, con la massima calma possibile.
    “Ehm … È … Ehm …” si sforzò Buffy. “Faremo meglio ad andare, non voglio la sig.ra Finch che si occupa delle nostre cose. Ci vediamo più tardi Xander” gridò, dirigendosi velocemente a lezione mentre Willow la seguiva confusa.
    “Ma …” Xander si ritrovò nel bel mezzo di un corridoio vuoto, mentre le due ragazze si intrufolavano nella loro classe.

    Buffy fissava il pezzetto i carta arrotolato sul suo banco. Lesse, scritto a penna nera:
    “Come mai tutto ciò?”
    Guardò alla sua destra e vi trovò Willow che la fissava ad occhi sgranati.
    “Più tardi” disse senza alcun suono.
    “Signorina Summers!” La voce della sig.ra Finch aleggiò sulla classe, e tutti si voltarono a guardare la ragazza che disturbava.
    “Scusi, sig.ra Finch”
    La donna annuì leggermente e ricominciò a blaterare degli effetti della rivoluzione Industriale sulla struttura sociale della Gran Bretagna.
    Quando si rese conto di non essere più presa di mira, Buffy si voltò e bisbigliò:
    “Ti spiegherò più tardi. Te lo prometto”.

    La campanella suonò e, in un attimo, Willow fu al fianco di Buffy, i libri stretti al petto, a fissare l’amica ad occhi sgranati, attendendo ansiosa una spiegazione.
    “Cosa sta succedendo Buffy?” chiese la rossa perdendo la pazienza.
    La biondina rimase in silenzio per un attimo poi, una volta finito di sistemare i suoi libri, alzò gli occhi sulla sua migliore amica. Non voleva mentire, ma aveva promesso. Deglutì rumorosamente e disse tutto d’un fiato:
    “Spikeèilmioragazzo”
    E con ciò si diresse rapida alla porta.
    “Cosa?!” le gridò dietro Willow, sconvolta.
    Buffy non ebbe la possibilità di rispondere perché uscendo in corridoio andò a sbattere su qualcuno, facendo cadere a terra i libri.
    “Mi disp-”. Quando, finito di raccogliere i libri, alzò lo sguardo si interruppe a metà della frase, trovandosi davanti Dru che la fissava arrogantemente.
    “Guarda dove vai!” scattò lei.
    “Ho detto che mi dispiace” si scusò Buffy, rialzandosi.
    La ragazza nerovestita si allontanò con gesto secco della testa, lasciando le due amiche a parlare.
    “Spiegati” disse semplicemente Willow.
    “Io e Spike stiamo uscendo”. Buffy cercò di sembrare il più rilassata possibile al riguardo.
    “Da quando?”
    “Da … venerdì scorso”.
    “Come mai?”
    “Ci siamo resi conto di avere molte cose in comune”
    “Ad esempio?!” chiese subito Willow.
    “Ad esempio … Non so … Un sacco di cose. Come …”
    “Il fatto di detestarvi intensamente a vicenda?” gettò là Willow con una punta di sarcasmo.
    Buffy scosse la testa ed aprì il suo armadietto.
    “Non te lo posso spiegare. Stiamo insieme ora. Le cose cambiano”
    Willow aprì la bocca per parlare, ma Buffy tagliò corto:
    “Abbi fiducia in me, Willow. So quello che faccio”
    E con ciò suonò la campanella e le due ragazze si separarono.

    Buffy tamburellava nervosamente sul banco con la matita mentre l’insegnante leggeva per la seconda volta la stessa poesia. Ogni tanto osava gettare uno sguardo nella direzione in cui si trovava il ragazzo ossigenato, quasi tutte le volte cogliendolo che scribacchiava qualcosa sul suo quaderno. Cosa ci scriverà in quel dannato quaderno. Tutti i lunedì mattina la stessa cosa. Viene in classe, si siede al suo posto e continua scribacchiare tutto il tempo. Starà prendendo appunti? A lezione di inglese? Buffy scosse la testa, mentre il suono della campanella interrompeva i suoi pensieri. Stava mettendo i libri nello zainetto quando vide con la coda dell’occhio che qualcuno le si avvicinava.
    “Pronta ad esercitarti con le tue capacità di recitazione, passerotto? Perché sei ben lontana da una prestazione da Oscar, sicuro come l’inferno. Comunque, che cosa avevi da fissare tanto in corridoio?” chiese lui.
    “Fissare? Io non fisso” disse semplicemente Buffy, continuando a sistemare le cose nella borsa, prima di voltarsi per uscire dall’aula.
    “Come ti pare” sospirò il ragazzo, passandole le braccia intorno alla vita.
    “Hey!”. Istintivamente lei gli schiaffeggiò la mano.
    “Farai meglio ad abituarti, amore. La nostra improvvisa passione non sembrerà molto credibile se continui a saltar su ogni volta che mi avvicino a te, o no?” chiese lui piegando la testa.
    Buffy alzò gli occhi al cielo e sospirò, poi, prendendolo per mano, lo trascinò in corridoio, dove tutti si voltarono a guardare la strana coppia.
    “Ci stanno fissando. Non ci crederanno mai” disse a denti stretti.
    “Ci crederanno. Abbi fiducia in me, passerotto” le rispose lui allo stesso modo.
    “È un piano stupido. Non funzionerà mai” grugnì lei, fermandosi davanti al proprio armadietto ed aprendolo.
    “La vuoi smettere di essere così … Stanno arrivando i tuoi amici” la avvertì lui, vedendo Willow e Xander che percorrevano il corridoio.
    “Grandioso! Altre domande! Dio, odio la mia vita!” brontolò lei, chiudendo l’armadietto e voltandosi per sorridere ai sui amici. “Ciao ragazzi!”.
    “Ciao!” replicò Xander guardando Spike, mentre l’ossigenato le passava, ancora una volta, le braccia intorno alla vita.
    “Com’era matematica?” chiese Buffy nel tentativo di rompere lo strano silenzio che si stava creando nel gruppo.
    “Dolorosa” rispose Xander stringato.
    “Ah …”
    Silenzio. Un silenzio incredibilmente sconfortante. Oz era l’unico che non sembrava colpito dalla strana situazione. Giocherellava pigramente con una delle ciocche fiammeggianti di Willow mentre esaminava il corridoio. Non era difficile rendersi conto che tutti stavano fissando il gruppetto, soprattutto la coppia di biondi che ora si teneva per mano.
    Al suono della campanella si sentì un respiro di sollievo generale.
    “Bè, ci vediamo a pranzo” disse Buffy tentando di allontanarsi dall’inglese. Lui però le tenne la mano: “Ti accompagno in classe.”
    Xander gettò un’occhiata all’inglese. Tutto ciò era … Sbagliato! Sbagliato! Sbagliato! E gli stava facendo venire la nausea. Guardando la coppia che si allontanava deglutì a fatica.
    Sedevano in silenzio, mentre l’intera mensa fissava il loro tavolo.
    “Allora …” infranse il silenzio Cordelia. Era tutto il giorno che aspettava di fare una domanda, dal momento in cui Xander le aveva detto la novità era stata presa da una curiosità che non vedeva l’ora di soddisfare. Trattandosi di Cordelia lo fece: “Da quando tu e Buffy vi siete appaiati?”
    Il cibo che Xander aveva in bocca finì all’improvviso sparso sul suo vassoio. Il ragazzo praticamente sputò l’anima nel sentire la domanda diretta della sua ragazza.
    “Non credevo che il cibo che ci danno potesse avere un’aria ancora più disgustosa del solito. Mi sbagliavo” asserì monotono Oz, alla vista del pasticcio di Xander.
    Spike si accigliò vedendo che il ragazzo di fronte a lui continuava a tossire. Con il tono più serio del mondo chiese:
    “Sei sicura che è addomesticato?”
    Buffy non poté evitare di sorridere mentre Xander, rosso come un peperone, gettava un’occhiataccia all’ossigenato. Dopo qualche minuto, e dopo aver bevuto una quindicina di litri d’acqua, il moro riuscì a raddrizzarsi e a respirare. Si alzò, prese il vassoio e lo diede ad una delle signore della mensa, prima di tornare a sedersi al suo posto, fra Willow e Cordelia. L’ormai familiare silenzio ricominciò, finché:
    “Tu e Buffy siete una coppia, eh?” si sentì la voce di Cordelia e, subito dopo, un tonfo.
    Tutti si voltarono e videro Xander che batteva la testa contro il tavolo, borbottando tra i denti qualcosa di incomprensibile. Ma stavolta gli altri non furono distratti a sufficienza e Buffy fu costretta a rispondere:
    “Si”
    “Perché?” continuò ad indagare Cordelia.
    “Perché?!” Questa si che era una domanda intelligente. Tutti quelli che avevano osato interrogarla sulla sua scelta avevano chiesto qualcosa tipo “come” e non “perché”. “Bè … Lui ed io … e …” Buffy si sforzò di trovare una spiegazione.
    “È una questione fisica” si intromise Spike, noto anche come “il cavaliere dall’armatura scintillante”. “Non riusciva a resistere al mio fascino sinistro” disse con il tono più serio al mondo. “Credo che si sia innamorata di me quando l’ho salvata”.
    “Dallo scippo?” chiese Cordelia ricordando la sua conversazione con Xander al riguardo.
    “Si”
    Buffy si limitò a rimanere al suo posto, sforzandosi di non alzare gli occhi al cielo. “Dio! La faccia tosta di certa gente!” Mentalmente lanciò una serie di imprecazioni all’indirizzo dell’inglese, che ora aveva passato il braccio sullo schienale della sua sedia.
    Cordelia si accigliò un poco ma decise di accettare la spiegazione, soprattutto perché il suo ragazzo la stava prendendo a calci nello stinco e cominciava a farle male. Ripresero il loro pranzo, e stavolta il silenzio del gruppo apparve meno terribile e sconfortante di prima.
    All’improvviso il silenzio avvolse l’intera mensa, mentre tutti fissavano l’ingresso. Buffy e Spike si voltarono per controllare su cosa fosse puntata l’attenzione di tutti e non poterono evitare di deglutire alla vista di Dru e Angel che entravano nella stanza. Le due coppie si scambiarono sguardi elettrici, rimanendo immobili per un attimo. Tutti rimasero a guardare mentre il quarterback attraversava la stanza, diretto verso la coppia di biondi, con un braccio intorno alle spalle di Dru. Si fermò e guardò la coppia.
    “Buffy”, salutò asciutto. Poi si voltò a guardare l’ossigenato che sedeva a fianco della biondina, e praticamente sputò: “Spike”.
    “Angel. Dru.”. L’inglese ricambiò il saluto con un sorriso fasullo, poggiando possessivamente un braccio interno a Buffy.
    Silenzio. Tutti rimasero a guardare, in attesa.
    “Buffy, ho alcuni tuoi appunti a casa.” Cominciò Angel. “Quando li vuoi indietro …”
    “Tienili” rispose asciutta Buffy, sentendo che le si rivoltava lo stomaco alla vista di Dru che si premeva contro l’ampio torace del quarterback. Le mani di lei si muovevano insinuanti sullo stomaco di lui, mentre gettava un’occhiataccia a Buffy. “Non ne ho bisogno”.
    Il ragazzo fu colto di sorpresa dal tono freddo e distaccato di lei, ma si riprese subito. Si raddrizzò e mormorò:
    “Bene. Come ti pare”.
    E con ciò si voltò e se ne andò, trascinando via Dru.

    Capitolo 11
    Appena le fu possibile uscì dalla mensa, e corse più forte che poté fino al bagno più vicino, chiudendosi poi nel gabinetto più lontano dalla porta. Sedette sul water, aspettando che l’adrenalina nel suo corpo raggiungesse un livello accettabile. Lo scontro nella mensa era stato troppo da sopportare, anche se doveva ammettere di essere orgogliosa del modo in cui aveva reagito di fronte alla coppia di mori. Sentì che lo stomaco le si contorceva, al ricordo di Dru che si aggrappava arrogante ad Angel, sforzandosi il più possibile di farle sapere che lui ora era di *sua* proprietà.
    “Piccola arrogante …” cominciò a dire a denti stretti, poi sentì un bussare leggero sulla porta.
    Accigliata, la biondina si chinò per sbirciare da sotto la porta, e vide un anfibio che tamburellava impaziente sulle piastrelle. Aprì la porta in un lampo.
    “Che diavolo stai …”
    Fu interrotta dall’inglese che le coprì la bocca con la mano.
    “Vuoi mettermi nei guai?” chiese lui. Prima di potergli rispondere fu trascinata per mano fuori dal bagno, lungo il corridoio e fuori da una porta laterale, fino al cortile sul retro della scuola.
    “Perché mi hai trascinato qui?” scattò seccata.
    Lui la ignorò e si mise a sogghignare selvaggiamente.
    “Hai visto la faccia di Dru? E la checca? Dio, non avrei mai pensato che avrebbe funzionato così in fretta. È fantastico!” esclamò, camminando in cerchio e fregandosi le mani.
    Buffy si grattò la testa, mentre osservava l’ossigenato blaterare ancora e ancora su come il piano fosse meraviglioso e stesse funzionando perfettamente.
    “Ben presto Dru diventerà così gelosa che non avrà altra scelta che ritornare da me. Dio! Mi manca così tanto!”.
    Qualcosa nel modo in cui lo disse, forse la sincerità del suo tono, le fece rivoltare lo stomaco, e dovette combattere la voglia di prenderlo a calci.
    “Mi hai trascinato qui per farmi ascoltare le tue patetiche tirate da innamorato cotto, Romeo?” brontolò la biondina, incrociando le braccia sul petto e appoggiandosi al muro.
    “Ascolta, Betty”
    A quel punto Buffy tentò di protestare, m lui non gliene diede la possibilità:
    “Non mi importa quello che dici, o quanto sei sgradevole proprio in questo momento, *non* rovinerai il mio buon umore. Te lo garantisco” promise Spike, con uno sciocco sorriso stampato in faccia ed una fastidiosa scintilla che gli illuminava gli occhi azzurri. “Ho visto ciò che è successo là dentro. Lei mi ama ancora, lo so!”.
    “Si stava praticamente incollando a Angel!” ribatté Buffy.
    “Perché è gelosa”
    “Agli uomini piace davvero imbrogliare se stessi” sospirò lei.
    “Lei ama me!”
    “A lei non importa di te! Ficcatelo in quella tua testa dura, balordo che non sei altro” insisté lei. Ma lui non l’ascoltava.
    “Conosco Dru”.
    “D’accordo. È per questo che sapevi che se la faceva con il quarterback della scuola”.
    A quel punto il sorriso di lui si sbriciolò, rapidamente sostituito da uno strano sguardo assente nei suoi occhi. Il suo pomo d’Adamo si mosse su e giù mentre ingoiava a fatica. Senza una parola si voltò per andarsene, ma la mano di lei gli afferrò il braccio.
    “Senti, mi dispiace. Non intendevo …”
    Prima di riuscire a terminare la frase se lo trovò addosso, gli occhi lampeggianti di rabbia pura.
    “Sei la ragazzina più egocentrica, testarda e senza cuore che abbia mai incontrato in tutta la mia vita”. E senza aggiungere altro se ne andò, il lungo spolverino nero che ondeggiava nell’aria al suo passaggio.
    Lei sospirò forte, infilandosi le dita tra i capelli. Fissava ciecamente davanti a sé, senza guardare un oggetto od una persona in particolare. La sua attenzione fu risvegliata da un tocco leggero sulla spalla.
    “Willow!” salutò la rossa, mentre questa si sedeva a fianco a lei sulle gradinate.
    “Hey!”
    Le due rimasero a guardare il campo da football vuoto, in silenzio, finché la rossa disse:
    “Allora …”
    Buffy la interruppe prima che avesse la possibilità di dire qualcos’altro:
    “Willow, sono un’egocentrica?”
    Si stava dondolando lentamente avanti e indietro, tenendosi le gambe contro il petto.
    “Certo che no. Perché me lo chiedi?” si accigliò Willow.
    “Niente”. Buffy scosse la testa e si rimise a guardare la verde distesa del campo davanti a loro.
    “Che cosa è successo?” indagò la rossa.
    Buffy poggiò il mento sulle ginocchia e parlò senza alzare gli occhi dall’erba:
    “Sono testarda e senza cuore?”
    “Come ti viene in mente?”
    Alla fine si voltò a guardare Willow.
    “Sii onesta”.
    “Bè …”. La rossa esitò per un attimo. “Alle volte sai essere un tantino … aspra. Specialmente se sei stata ferita” ammise Willow.
    Buffy chiuse gli occhi per un attimo e poi si alzò.
    “Devo andare. Ci vediamo a lezione di spagnolo, Will”.

    L’aveva cercato in tutta la scuola; l’unico posto rimasto era la biblioteca. Era inutile. Se n’era andato. Anche così decise di fare un tentativo. Sgranò gli occhi quando, entrando nella stanza, trovò l’ormai familiare ragazzo nerovestito che scribacchiava sul suo quaderno seduto ad un tavolo.
    “Hey” bisbigliò avvicinandosi a lui.
    Lui sobbalzò e chiuse immediatamente il quaderno.
    “Cosa vuoi?” brontolò.
    Lei prese tempo e fece per sedersi vicino a lui, ma nel momento in cui si chinò lui si alzò e si diresse verso una parete coperta di libri. Sospirò e gli andò dietro.
    “Va bene, me lo sono meritato” brontolò a mo’ di scusa, ma lui non diede segno di aver sentito e continuò a camminare lungo il corridoio, apparentemente alla ricerca di un libro. “Spike!” chiamò lei un po’ troppo forte, venendo immediatamente zittita dal bibliotecario. “Scusi!” bisbigliò, voltandosi per seguire l’ossigenato. “Spike!” sibilò tirandogli lo spolverino, ma lui continuò a far finta che lei non fosse lì, fissando i ripiani davanti a lui.
    Non avendo altra scelta si piazzò fra lui e lo scaffale. Trattenne il fiato, rendendosi conto che il suo semplice movimento l’aveva messa in una situazione alquanto instabile, con la schiena premuta contro gli scaffali e mezzo centimetro di spazio fra sé ed il ragazzo che le stava davanti.
    “Ti sposteresti, per favore?” chiese lui, attraversandola con lo sguardo.
    “Finché non mi parlerai, no” riuscì a dire lei fissandolo.
    Quasi ansimò quando lui la guardò, senza spostarsi minimamente.
    “Cosa vuoi?” chiese lui con tono distaccato.
    Buffy sbatté furiosamente le palpebre per alcuni secondi, tentando di riprendersi. “Che cosa diavolo mi sta succedendo?” chiese una voce nella sua testa.
    “M-mi dispiace” riuscì a balbettare.
    Lui la guardava sospettoso, da sotto le sopraciglia corrugate.
    “Mi rendo conto di essere un tormento, qualche volta” cominciò lei.
    “Solo qualche volta?” chiese sarcastico lui, sollevando il sopracciglio con la cicatrice.
    “Hey! Mi sto scusando. Dammi un attimo di respiro, va bene?”
    Il biondo annuì e aspettò che lei continuasse.
    “Mi hai preso in una di quelle … volte. Per cui mi dispiace per quello che ho detto, va bene?”
    Rimase in attesa di una risposta, ma lui si limitava a fissarla. La loro vicinanza fisica stava diventando insopportabile e lei trattenne il respiro, mentre il suo cuore accelerava. Alla fine, stufa della tensione che le stava facendo esplodere il cervello, disse:
    “Ok. Potresti spostarti appena appena? L’ossigeno nel sangue sta diventando un problema”. Avrebbe voluto suonare arrogante e sarcastica, ma la voce le venne fuori incerta ed imbarazzata.
    Annuendo appena lui fece un passo indietro, ma rimase in silenzio.
    “Allora …” cominciò lei, sforzandosi di rompere il silenzio snervante che si era creato fra loro, ma fallendo miseramente il tentativo. Alla fine si arrese, e sospirò forte prima di chiedere: “Hai intenzione di non parlarmi? Perché sta cominciando a darmi sui nervi”.
    “Parli troppo, passerotto” disse semplicemente lui.
    “Hey!” protestò lei, mentre si avviavano lungo il corridoio.
    Spike continuò a cercare un libro specifico fra i ripiani.
    “Comunque, cosa fai qui?” chiese lei dopo alcuni attimi.
    “Non riesci proprio a startene tranquilla, vero?”
    “Non mi piace il silenzio. Mi mette a disagio”.
    A quel punto Spike si accigliò.
    “Che c’è?” chiese lei, sulla difensiva.
    “Niente”. Lui scosse la testa e riprese a cercare.
    Dopo poco lei parlò di nuovo:
    “Non hai risposto alla mia domanda. Che cosa fai qui?”
    “Leggo”. Spike ribadì l’ovvio, continuando a frugare con gli occhi nel mucchio di libri davanti a loro.
    “Leggi?”
    “Da quando avevo sei anni. Non è meraviglioso?” chiese lui, con finto entusiasmo.
    Buffy si costrinse ad un sorriso che si sbriciolò subito. Continuarono a camminare lentamente lungo il corridoio, finché lui non prese un libro e cominciò a sfogliarlo. Lei si limitò ad appoggiarsi allo scaffale, aspettando che lui trovasse quello che stava cercando, quando sentirono due voci bisbigliare nel corridoio successivo.
    “Cosa vuol dire che non ci credi? Certo che stanno insieme”.
    “Invece no. Voglio dire, un minuto si odiano l’un l’altra e il minuto dopo camminano per i corridoi tenendosi per mano, e si siedono assieme in mensa. Ma dai, è così finto. È come quell’episodio di …”
    “Sono Jonathan e Andrew” disse Buffy senza emettere alcun suono, mentre Spike mise giù il libro e si mise ad ascoltare la conversazione.
    “Assolutamente no. Stanno insieme. Sono come la principessa Leia e Ian Solo. Tutto quel discutere? Una facciata per nascondere l’innegabile attrazione animalesca che hanno l’uno per l’altra” argomentò Jonathan. “E ora che se ne sono resi conto si stanno dando un gran da fare”.
    Buffy fece una smorfia a quest’affermazione, la faccia che le si contorceva per il disgusto.
    “A-ha!” puntualizzò trionfante Andrew. “Non c’è stato alcun pomiciare. Mai. È questo è un punto a mio favore. Se tra loro ci fosse una storia alla “Principessa Leia e Ian Solo” a questo punto li avremmo visti pomiciare un bel po’. Ma tutto quello che abbiamo visto è stato tenersi per mano e sedere insieme a pranzo. Patetico!”.
    “Forse Buffy ci vuole andare piano. Sai, magari soffre ancora a causa di Angel”.
    “Buffy? Che ci va piano? Ah ah!” rise Andrew. “Scommetto che lo fa solo per far ingelosire Angel. Quella ragazza è completamente pazza del nostro manzo – quarterback. Farebbe qualunque cosa per riaverlo. È patetico.”
    Buffy sgranò gli occhi, scintillanti di rabbia.
    “Piccolo spione che non è altro!” ringhiò a denti stretti.
    Strinse i pugni, e fece per avviarsi lungo il corridoio, ma la mano forte di Spike la prese per un braccio.
    “Calmati” sibilò lui, tirandola più vicina. “Picchiare quei due idioti non risolverà niente”.
    “Quelli pensano che io sia … sia … una facile!” ribatté lei.
    “Credimi quando ti dico che *non* sei una facile. Non c’è niente di facile in te”.
    Buffy si fermò per un attimo, cercando di capire se le aveva fatto un complimento oppure no.
    “Ti avevo detto che nessuno ci avrebbe creduto. Voglio dire, non siamo riusciti a ingannare neanche il club degli scacchi” disse Spike, indicando con la testa in direzione dello scaffale che li separava dai due secchioni.
    Buffy sospirò a fondo, liberando il braccio dalla sua stretta e massaggiandolo mentre rifletteva.
    “Che cosa suggerisci di fare?”.
    Spike stette in silenzio per un attimo, anche se conosceva la risposta alla sua domanda non aveva ancora trovato il modo migliore di comunicargliela.
    Alla fine riuscì a dire: “Baciamoci. Davanti a tutta la scuola”.
    Buffy sgranò gli occhi.
    “Non posso baciarti. Se ti bacio io … probabilmente finirò col vomitare!” replicò disgustata.
    “Grazie, amore”. Il sarcasmo colava dalle sue parole.
    “Ma …” lei corrugò le sopracciglia, accigliata, e rimasero in silenzio.
    “Non fa coppia con Spike. È tutta una manovra per riavere Angel”. Sentirono Andrew insistere, dall’altro lato dello scaffale. La sua voce ora era più chiara, ovviamente stava girando l’angolo e stava per entrare nel corridoio in cui si trovavano lei e Spike.
    Senza una parola, Buffy acchiappò Spike per il bavero dello spolverino e lo sbatté contro lo scaffale, prima di schiacciargli le labbra con le proprie.
    Spike ansimò, trovandosi all’improvviso a corto di ossigeno. Le mani di lei tracciavano disegni indefiniti sul suo petto, mentre gli catturava le labbra con le proprie, tirando e premendo, in un bacio esigente ed insistente. Il suo cervello andò in tilt per la sensazione del corpo di lei premuto contro il suo, le gambe intrecciate fra loro e lei che, ora, gli mordicchiava il labbro inferiore.
    Uno squittio acuto annunciò la presenza di Jonathan ed Andrew, e Buffy si tirò indietro per guardare i due ragazzi sconvolti. Si passò il dorso della mano sulle labbra umide, facendo scorrere lo sguardo sui due ragazzi. Sorrise tra sé rendendosi conto di aver raggiunto il suo scopo. Afferrò la mano di Spike e trascinò fuori il ragazzo, anche lui sconvolto.
    Nel momento steso in cui uscì dalla libreria fece un salto e lanciò un grido di soddisfazione.
    “Hai visto che facce? Dio, era divertentissimo! Le hai viste? Spike? Va tutto bene?”. Buffy si scosse dalla sua euforia notando che l’inglese si limitava a fissarla. “Spike?”
    “Eh? Che cosa? Ah! Si, si le ho viste” riuscì a dire lui, a disagio, cambiando posizione.
    “È stato forte!” ricominciò ad esultare Buffy. “Gliela abbiamo fatta vedere”.
    Sorrise selvaggiamente, ma smise sentendo la campanella che suonava.
    “Accidenti! Sono in ritardo! Ci vediamo più tardi” gridò, correndo via e lasciando il ragazzo ossigenato a riprendere il controllo di sé stesso.

    Buffy entrò in casa trascinando stancamente i piedi. Si lasciò cadere sul divano, prese il telecomando e accese la televisione. Non ci volle molto perché si assopisse davanti allo schermo. Fece un salto, sentendo una mano morbida che le accarezzava la guancia.
    “Mamma!”. Sbatté furiosamente le palpebre, cercando di capire dove si trovava. “Devo essermi addormentata. Che ore sono?”.
    “Le otto e mezza” la informò la sig.ra Summers, accomodandosi a fianco della figlia. “Come è andata oggi?”.
    “Un casino. Sono così stanca” confessò la biondina, appoggiando la testa in grembo alla madre.
    “Come sta William?”
    “Chi?”. Buffy si accigliò sentendo quel nome.
    “William, quel ragazzo carino che è stato qui l’altro giorno.”
    “Ah, vuoi dire Spike! Sta bene”
    “Bene. Spero che non abbia troppi problemi a scuola” si augurò la sig.ra Summers, passando le mani tra i folti capelli della figlia.
    “Perché pensi una cosa simile?”
    “Sai … Alla tua età i ragazzi sanno essere davvero duri con … le persone diverse” balbettò la donna.
    “Si, è vero. Ma lui non ha alcun problema da questo punto di vista” spiegò la ragazza.
    “Bene”
    Madre e figlia stettero in silenzio per un attimo, guardando il televisore ancora acceso davanti a loro.
    “Ha problemi solamente con Angel” disse Buffy all’improvviso.
    “Angel? Vuoi dire il tuo ragazzo?” chiese la sig.ra Summers.
    “Ex ragazzo, mamma. E sottolineo ex” puntualizzò la bionda. “Si. Non ho mai capito perché, ma non sono mai andati d’accordo. Si frequentavano quando Spike si era appena trasferito a Sunnydale. Poi, all’improvviso, hanno cominciato a odiarsi. Vai a capire perché”. Buffy terminò la frase e si strinse nelle spalle.
    “Mm … strano” mormorò la sig.ra Summers, esaminando mentalmente le possibili spiegazioni dell’accaduto.
    Fu riscossa dai suoi pensieri dal rumore acuto di uno squillo.
    “Pronto?”. Buffy prese il telefono e salutò: “Wills! Hey!”. Pausa. “Venerdì? Certo! Va bene. È un appuntamento. Ciao. Buonanotte Wills”. Mise giù la cornetta e si voltò verso la madre. “Era Willow. Mi ha invitato ad andare al Bronze venerdì. Va bene?”
    “Stai uscendo troppo ultimamente, signorina” notò la sig.ra Summers.
    “Mamma … per favore!” pregò Buffy.
    “Va bene. Ma a casa per mezzanotte.”
    “Grazie mamma, sei la migliore”
    Diede alla madre un bacio sulla guancia e fece per salire le scale quando sentì che la sig.ra Summers la chiamava.
    “Stanotte esco. La cena è nel microonde”.
    Per la prima volta da quando si era svegliata si rese conto che la madre era vestita di tutto punto e … era anche truccata?
    “Mamma! Hai un appuntamento?” chiese sorpresa.
    “Si” rispose semplicemente la sig.ra Summers, mettendosi il cappotto.
    “A chi?”
    “Con chi” la corresse lei. Si sentì un clacson. “Dovrebbe essere lui. Buonanotte tesoro. Non stare alzata fino a tardi.”
    “Mamma?”. Buffy rimase a parlare con sé stessa, vedendo la madre che volteggiava fuori di casa.

    “Avanti, rispondi!” ripeté per l’ennesima volta nella cornetta. “Accidenti Willow!” imprecò, sbattendo la cornetta.
    Nervosa, camminava avanti e indietro per il soggiorno. Le braccia incrociate sul petto, tamburellava con le unghie sulla felpa.
    “Mia madre. Ha un appuntamento?”. La sua mente vorticava. Sapeva che alla fine sarebbe successo, e aveva sempre pensato che non avrebbe avuto problemi al riguardo ma, evidentemente, si era sbagliata. Lo stomaco le si contorse all’idea di sua madre e di uno sconosciuto che uscivano insieme, si tenevano la mano, si baciavano … “Bleah! Lasciamo perdere! È così … spaventoso!” .
    Continuò a passeggiare per la stanza. Ogni tanto prendeva il telefono e componeva il numero di Willow o quello di Xander, ma non rispondeva mai nessuno.
    “Dove sono tutti? Domani dobbiamo andare a scuola, per l’amor di Dio” disse a sé stessa, guardando la sveglia del soggiorno. “Sono le nove di sera; dovrebbero già essere a casa” protestò, rivolgendosi alle pareti, quando il telefono suonò. “Finalmente!”. Sospirò di sollievo alzando la cornetta. “Dove sei stata? Sono ore che ti chiamo. Non crederai a quello che è successo!” disse tutto d’un fiato.
    Divenne rossa come un peperone quando, dall’altra parte della linea, sentì:
    “Ciao passerotto. Non sapevo che mi volessi così tanto. Quel bacio in biblioteca ti hai lasciato affamata, eh?”.
    Sentì che lo stomaco le si rivoltava per il disgusto, e che la rabbia le faceva ribollire il sangue nelle vene.
    “Spike!” sibilò a denti stretti.
    “L’unico e il solo, amore”.
    Poteva quasi sentirlo sogghignare. Grrr.
    “Cosa vuoi?” ringhiò.
    “Credo che la domanda sia cosa vuoi tu. Sei tu che hai detto che sono ore che mi chiami” rispose arrogante lui.
    “Credevo fosse qualcun altro” rispose lei asciutta.
    “Chi?”. La domanda gli scappò prima che riuscisse ad evitarlo.
    “Nessuno” abbaiò lei.
    “Dai amore. Credevo che mi dovessi dire tutto” replicò lui compiaciuto.
    “Da quando in qua devo dirti qualcosa?”
    “Da quando sei diventata la mia ragazza” rispose diretto lui.
    “*Non* sono la tua ragazza, Spike” ringhiò lei. Stava cominciando a darle sui nervi.
    “Certo che lo sei”
    “Cosa vuoi?” chiese nuovamente lei.
    “Volevo solo sapere come stavi, riccioli d’oro” continuò lui, con tono strascicato.
    “Sto bene!” disse lei, sbattendo giù la cornetta.
    Il telefono suonò di nuovo dopo qualche secondo.
    “Pronto?” rispose lei.
    “Non è carino sbattere il telefono in faccia alla gente, amore. Soprattutto non in faccia al tuo ragazzo” ricominciò lui.
    “Tu *non* sei il mio ragazzo, Spike” praticamente gridò lei.
    “Non c’è bisogno di urlare, amore”
    Buffy sospirò forte. Poco dopo il suono della voce di lui la colse di sorpresa. La voce arrogante e strascicata era stata sostituita da un tono serio e quasi preoccupato.
    “Tutto bene, amore?”
    “Sto bene” disse lei esasperata.
    “Non mi sembra”
    “Spike. Lasciami in pace. Non sono dell’umore adatto per un'altra delle nostre liti. Hai vinto, va bene?”. Lo stava quasi supplicando.
    Ci fu un attimo di silenzio, poi:
    “Sarò lì fra due minuti”.
    “Cosa? Spike? No!”. Prima di riuscire a dire qualcos’altro sentì il segnale di libero in fondo alla linea. “Oh Dio, no …”.


    Capitolo 12

    Quando sentì il suono del campanello, gemette. Si costrinse ad alzarsi e si trascinò lungo il corridoio per andare a rispondere. Alla vista del ragazzo ossigenato che stava sul gradino alzò gli occhi al cielo e, stanca e seccata, chiese:
    “Cosa ci fai qui?”
    “Posso entrare?”. Prima che avesse la possibilità di rispondergli aveva già attraversato la soglia.
    “Accomodati” replicò sarcastica.
    “Stai bene?” chiese lui, voltandosi a guardarla in faccia.
    “Come puoi vedere sto bene, perciò se te ne volessi andare ...” disse lei aprendo la porta; lui però parve non udirla ed entrò nel soggiorno. “Oppure fare come se fossi a casa tua. Come ti pare” sospirò forte lei.
    “Biscotti e gelato?” disse lui prendendo la vaschetta di gelato mezza vuota. “Va così male, eh?”
    “Mi piacciono i biscotti ed il gelato” replicò sgarbatamente lei, prendendo la scatola dalle mani del ragazzo.
    “Ci scommetto”. E senza chiedere si lasciò cadere sul divano e cominciò a passare da un canale all’altro.
    “Sei qui solo per la TV via cavo, vero?” chiese lei.
    Ma lui non la stava ascoltando, era intento a guardare le immagini sullo schermo. Lei sospirò forte e si lasciò cadere accanto a lui. Dopo pochi secondi brontolò:
    “È un gioco stupido”.
    “Stupido? Come puoi dire così? È football.” Protestò lui, chiaramente offeso.
    “Non è football, è calcio” corresse lei.
    “Scusa. Il fatto è che questo ... magnifico gioco viene giocato usando i piedi, mentre quella cosa ridicola che voi americani chiamate football si gioca con tutto *tranne* che con i piedi”, la contraddì lui.
    Ora toccava a lei lamentarsi: “Si che usiamo i piedi!”.
    “Giusto!” saltò su lui, sarcastico.
    “Il football americano è molto più figo di questa merda!” brontolò lei.
    “Questa merda, come la chiami tu, è lo sport numero uno in tutte le nazioni del mondo. Questa merda è il *vero* re degli sport” continuò ad argomentare lui. “Il football americano, d’altro canto, è solamente una variante a buon mercato del rugby. Non sono altro che un mucchio di checche impacchettate che corrono per il campo tentando di infilare una palla dalla forma strana attraverso una gigantesca … cosa a forma di forchetta, cercando contemporaneamente di sbattere la testa l’uno con l’altro. E voi lo definite uno sport virile!”.
    Buffy si accigliò e lo guardò.
    “Per tua informazione, il football è qualcosa di più che cercare di infilare la strana palla attraverso la ... cosa gigante a forma di forchetta”. Cercò di sembrare convincente ma fallì miseramente. Era chiaro che non sapeva niente dello sport in argomento.
    Spike ridacchiò.
    “Che c’è?!”
    Lui scoppiò a ridere. “Ne sai meno di me su questo sport”.
    Buffy si accigliò per un attimo. Stava ridendo? Spike faceva qualcosa di diverso da ghigni e sogghigni? Si riscosse dai suoi pensieri e continuò:
    “Bè, non sono mai stata brava negli sport per cui non ho mai approfondito” tentò di giustificarsi. “Ma sono sicura che il nostro football è meglio della vostra merda inglese”.
    Lui non disse niente, limitandosi a sollevare il sopracciglio sfregiato.
    “Oh, d’accordo. Non so niente di sport. Angel ha cercato di spiegarmi il football, e io non l’ho capito” confessò lei.
    “Bè, non so cosa sono in grado di fare per il football americano, ma se vuoi credo che possiamo migliorare la tua conoscenza del calcio” si offrì lui.
    A questo punto Buffy si strinse nelle spalle. Ben presto, dopo alcune spiegazioni lunghe e confuse, i due si risistemarono sul divano e guardarono la partita.
    “Hey! L’arbitro sta barando. Non ha fatto nulla” gridò Buffy allo schermo.
    “Ha ragione, amore. Ti ricordi la regola del fuorigioco?” chiese Spike.
    “Ah ... giusto” fece finta di capire lei.
    “Non te la ricordi, vero?” ridacchiò lui.
    “No” confessò a bassa voce lei.
    “È quando la palla viene passata ad un giocatore che si trova più vicino alla linea di tiro dei suoi avversari di tutti i componenti dell’altra squadra, ovviamente escluso il portiere”.
    “Ah si. Adesso mi ricordo”.
    Continuarono a guardare la partita in silenzio, fino alla fine.
    “Allora ... cosa ne pensi del calcio adesso?” chiese Spike, spaparanzandosi sul divano.
    “È a posto” ammise Buffy.
    “C’è un’altra partita fra mezz’ora. La vuoi guardare?” chiese l’inglese.
    “Gioca il Manchester United?”
    “No”.
    “Allora no, grazie”
    “Quindi sei diventata una fan del vecchio Man U, eh?” chiese Spike sogghignando.
    “Non esattamente. Più che altro una fan delle gambe di David Beckam” rispose Buffy con un enorme sorriso.
    “Avrei dovuto capirlo. Sembra che piaccia a tutte” sospirò Spike, allargando le braccia sulla spalliera del divano.
    “Bene, faresti meglio ad andare ...” disse lei, dopo un momento di imbarazzato silenzio.
    “Che fretta c’è, amore?”
    “Il fatto è che mia madre potrebbe tornare da un momento all’altro e, anche se pensa che tu sia gay, non sarà ...”
    “Tua madre pensa che io sia GAY?!”. Spike saltò giù dal divano e la guardò ad occhi sgranati.
    “Bè ... si”. Buffy esitò.
    Lui chiese offeso: “Perchè?!”.
    Buffy mosse la bocca, aprendola e chiudendola, ma la voce sembrava rifiutarsi di uscirle dalla gola.
    “Be?”. L’inglese, rosso come un peperone, la fissava in attesa di una spiegazione.
    “Si deve essere fatta un’idea sbagliata quando le ho detto che io *sicuramente* non ero il tuo tipo” riuscì a dire lei alla fine.
    Lui comiciò a camminare in cerchio. “Hai detto a tua madre che sono gay?”.
    “Non le ho detto che sei gay! Lei ha … pensato che tu fossi … sai …”
    Lui si fermò per fissarla. “So cosa?”.
    “Bè, sai ... i capelli ossigenati ...” ed agitò la mano in direzione della sua testa “ … e lo smalto nero ti danno un … certo look” balbettò lei.
    “Si! Un look da ragazzaccio, non un look da GAY!” gridò lui.
    “Non è colpa mia se *mia* madre pensa che sei gay!” passò al contrattacco lei, alzandosi i piedi per difendersi.
    “Tu le hai detto qualcosa!” insisté lui.
    “O forse il tuo modo di vestire sta gridando: “drag queen repressa in corso di perfezionamento” scattò lei, sollevando la testa e gettando in fuori il mento.
    Spike sgranò gli occhi, mentre il viso gli diventava rapidamente di un insano color scarlatto.
    “NON sono gay” fu l’unica cosa che gli venne in mente da dire.
    “Non dovresti mentire a te stesso” cominciò a sfotterlo lei. “Nel profondo del tuo animo il tuo vero io sta gridando per essere liberato. Ti sentirai meglio se assecondi la tua vera natura”. A questo punto Buffy si dovete pizzicare per impedirsi di scoppiare a ridere. Il panico nei sui occhi era impagabile.
    “Te la faccio vedere io la mia vera natura” ringhiò lui, cominciando a darle la caccia.
    Girarono un paio di volte intorno al divano, poi intorno al tavolo, saltando sedie e vasi. Lui le corse dietro su per le scale e avanti e indietro per la camera da letto della madre, finché Buffy non si ritrovò nella sua stanza, ad un lato del letto, con il suo aggressore dall’altra parte.
    “Tu ...” ansimava furiosamente, ed aveva un ghigno enorme stampato in faccia “ ... dovresti essere …” ansimò “sincero con te stesso” riuscì a dire, senza fiato.
    Vedendo che Spike veniva verso di lei saltò velocemente sul letto. Lui agitò le braccia per aria, cercando di acchiapparla, ma lei saltò a terra, nel punto in cui trovava lui fino ad un attimo prima. Sorrise, vedendo che lui si trovava ora dove prima si trovava lei, dall’altro lato del letto.
    “Le sigarette stanno avendo la meglio su di te, eh?” chiese, vedendo che lui cominciava a tossire.
    “Quando” tossì “ti metterò” tossì “le mani addosso Summers” la minacciò lui.
    Per tutta risposta lei gli fece la linguaccia. Quando lui all’improvviso saltò il letto lei ricominciò a correre. Pochi attimi dopo erano nella stessa posizione di prima, ai lati opposti del letto. Spike stava dal lato della finestra in preda, a quanto sembrava, ad un forte attacco di tosse.
    Buffy ansimava pesantemente, mentre l’inglese divenne di uno spaventoso color porpora.
    “Stai bene?” riuscì a chiedere lei, mentre valutava se avvicinarsi ad aiutarlo.
    Lui continuò a tossire tenendosi la gola, per cui decise che era meglio avvicinarsi. Nel momento stesso in cui l’ebbe a portata di mano lui l’afferrò.
    “Baro ...”. Lei gettò un grido sentendo la sua stretta sulle braccia. Si divincolò come una gatta selvatica, facendo perdere l’equilibrio ad entrambi finché ricaddero sul letto. “Bastardo ossigenato e traditore” disse, ansimando e ridacchiando.
    “In amore e in guerra tutto è permesso, amore” rispose lui, che si era miracolosamente ripreso dal suo attacco di tosse.
    Rimasero sdraiati sul letto, Spike sopra e Buffy sotto, fissandosi a vicenda, entrambi ansimanti per l’esercizio fisico. Lui le sorrise e lei fece il broncio per essere stata acchiappata.
    “Hai barato!” ripeté, ancora senza fiato.
    Una ciocca ribelle cadde a coprirle il viso e la bocca, e lei si agitò un po’ tentando di spostarla. Istintivamente Spike sollevò la mano e spostò via la ciocca, assicurandosi che la braccia di lei rimanessero bloccate sotto il peso del suo torace.
    Tutto ad un tratto si resero conto della situazione, e la loro vicinanza divenne spiacevolmente evidente. Buffy deglutì e guardò il ragazzo che si trovava sopra di lei, il cui sguardo vagava, alternativamente, fra i suoi occhi e le sue labbra imbronciate. All’improvviso le divenne difficile respirare. Il suo respiro divenne ansante, non a causa dell’esercizio fisico, ma a causa della vicinanza di lui. Il cuore sembrava volerle saltar fuori dal petto e si sentiva le farfalle nello stomaco, come le accadeva quando …
    Si alzò in un lampo, spingendolo via e facendolo cadere di sedere sul pavimento. Si passò nervosamente le dita tra i capelli, scostandoli dal viso arrossato. Una volta che si fu sistemata tutte le ciocche, passò a rassettare, nella stessa maniera disordinata, i suoi vestiti.
    “Tu ... È meglio che tu vada. È tardi e mia ...” cominciò a dire, a disagio, quando sentì un rumore di passi su per le scale. “Mia mamma!” bisbigliò, andando immediatamente a chiudere la porta. “Devi nasconderti!” lo avvertì, guardandosi intorno alla disperata ricerca di un posto che non fosse in vista. Nel frattempo i passi erano diventati più forti. “Il letto! Ficcati sotto il letto! Adesso!” ordinò.
    Non ebbe bisogno di dirglielo due volte. Lui si infilò sotto il letto appena prima di sentire il suono metallico di una porta che si apriva.
    “Ciao, tesoro! Ancora alzata?” chiese la sig.ra Summers entrando nella stanza.
    “Si!” rispose Buffy, cercando di riportare sotto controllo il ritmo del suo respiro. “ I-io mi stavo appunto preparando per andare a letto” spiegò, annuendo e chiudendo la bocca.
    Al che la madre si accigliò.
    “Stai bene, tesoro?”. Una punta di preoccupazione era evidente nella voce della sig.ra Summers.
    “Sto bene!” replicò Buffy, un tantino troppo entusiasta. “Sto bene!” ripeté, più calma.
    La ragazza trattenne il respiro, osservando con attenzione i cambiamenti nell’espressione della madre, mentre questa camminava su e giù per la stanza. Alla fine, un sorriso saputo si accese nel viso della madre.
    “So perché ti stai comportando così”
    “Lo sai?” chiese incredula Buffy, osando un’occhiata nella direzione del letto per controllare che Spike non fosse visibile.
    “Si” cominciò la signora Summers, sedendosi sul letto e facendo segno a Buffy di sedersi accanto a lei. Quando la biondina lo fece, continuò: “Sei agitata perché avevo un appuntamento”.
    La ragazza sospirò di sollievo.
    “Lo so che ti sembra strano, ma sapevi che prima o poi sarebbe accaduto. Mi dispiace di non avertene parlato e di avertelo praticamente annunciato senza nessun preavviso, ma ero preoccupata per la tua reazione e non sapevo come dirtelo. Ho cercato di parlartene nel fine settimana ma … non ci sono riuscita” confessò la sig.ra Summers.
    “Ah, questo spiega il sovraccarico di legame madre/figlia” si rese conto Buffy.
    La sig.ra Summers sorrise e annuì.
    “Spero che tu capisca che adesso sono single. Sono rimasta sola da quando io e tuo padre abbiamo divorziato e penso che sia ora di andare avanti”.
    “Non preoccuparti, mamma. Mi sta bene” disse Buffy, dopo un momento di silenzio.
    Sotto il letto Spike stava trattenendo il respiro e si stava sforzando il più possibile di non fare alcun rumore. Vide un paio di gambe che si allontanavano dal letto, in direzione della porta. Le gambe si fermarono e lui sentì la voce della sig.ra Summers:
    “Buonanotte Buffy!”
    “Buonanotte mamma!”
    E con questo aprì la porta e se ne andò.
    Il ragazzo fece un salto quando, all’improvviso, Buffy ficcò la testa sotto il materasso.
    “Devi uscire di qui” affermò lei, mentre lui strisciava fuori da sotto il letto.
    “Non scherziamo, Einstein” brontolò lui, pulendosi lo spolverino.
    Buffy andò ad aprire la finestra.
    “Vai!” ordinò.
    “Vuoi che salti giù dalla finestra?” chiese incredulo Spike.
    “Usa l’albero, genio” replicò Buffy, con tono seccato.
    “Nel caso non l’avessi notato i rami sono stati tagliati. E a meno di non aver acquisito una qualche capacità da Carl Lewis non ce la farò mai a fare quel salto” ribatté sarcastico Spike.
    Buffy sporse la testa dalla finestra e si accorse che, in effetti, i rami erano stati tagliati. “Dannata potatura invernale” pensò.
    “Bè, non puoi passare dalle scale. Mia madre ti sentirebbe” precisò lei, cominciando a passeggiare avanti e indietro per la stanza.
    Dopo qualche momento di silenzio si lasciò cadere sul letto, esasperata.
    “Aspettiamo finché tua madre non si addormenta” suggerì Spike.
    “Non conosci mia madre”. Buffy si costrinse a sorridere. “Dall’epoca delle mie fughe da preadolescente ribelle nel cuore della notte è diventata un vero e proprio cane da guardia. Sente *tutto*. E intendo proprio tutto. Un solo rumore da parte mia e me la ritrovo sulla porta”. Sospirò e, da seduta che era, si lasciò cadere di schiena sul materasso.
    “Immagino che dovrò passare la notte qui” disse lui, sollevando allusivo i sopraccigli.
    “Ti piacerebbe” scattò lei.
    “Veramente no. Con la mia fortuna probabilmente russi”.
    “Io *non* russo!” replicò offesa lei, sollevandosi a sedere e corrugando le sopracciglia.
    Lui si limitò a sogghignare e si appoggiò alla finestra, infilandosi la mano sinistra nella tasca dello spolverino e tirando fuori un pacchetto di sigarette.
    “Che cosa ...”. Rendendosi conto di aver parlato a voce un po’ troppo alta ripeté la frase in un sibilo: “Che cosa stai facendo?”.
    “Mi faccio una sigaretta” ribadì lui, la sigaretta che gli penzolava dalla labbra mentre si preparava ad accenderla.
    Buffy si alzò all’istante e si precipitò su di lui, ma prima che potesse toglierli l’oggetto dalla bocca lui l’afferrò..
    “No che non te la fai!” protestò lei, sporgendo il mento in segno di sfida.
    “E dai. Sono due ore che non fumo. Ho bisogno di una cicca!” protestò lui, accigliandosi.
    “No!” insisté lei.
    “Ma ...”
    “Non fumerai quella merda in camera *mia*, punto e basta”.
    “Solo una, ti prego. Altrimenti non riesco a dormire”.
    “Questo è un problema tuo” scattò lei, voltandosi e tornandosene a letto.
    “Stronza” mormorò lui.
    “Ti ho sentito” disse lei, scostando le lenzuola.
    Si voltò e lo guardò.
    “Che c’è?” chiese lui accigliato.
    “Ti dispiace?” chiese lei, facendogli segno con l’indice di voltarsi dall’altra parte.
    Sospirando forte l’inglese si voltò verso la finestra, e rimase ad aspettare che lei si mettesse il pigiama. Sentì una serie di rumori e di rimescolii, e infine il bisbiglio di Buffy:
    “Ho finito”.
    Si voltò in tempo per avere una rapida visione di Buffy che, nel suo pigiama Yummy Sushi, si infilava tra le lenzuola e spegneva la luce.
    Sentendosi frustrato, rimise la sigaretta nel pacchetto e lo appoggiò sul tavolo, poi si tolse lo spolverino. Buffy rimase a letto, con gli occhi semichiusi, fingendo di dormire. Lo guardò sbottonarsi la camicia, imprecando sottovoce nel frattempo. Lui si sedette su una sedia lì vicino e cominciò a slacciarsi gli anfibi. Dopo essersi tolto i calzini si rialzò, infilandosi le mani sotto la maglietta bianca di cotone e togliendosela da sopra la testa. Buffy trattenne il respiro, mentre osservava il ragazzo seminudo sotto la debole luce della luna. Lo fissò come in trance, imprimendosi nella mente ogni curva e ogni piano del torace e dell’addome di lui. Respirava a fatica, mentre lui camminava in cerchio per qualche secondo, passandosi la mano fra i biondi capelli spettinati e lungo la spalla, per posarla poi sulla cintura e cominciare a slacciarsela. Quando cominciò a sbottonarsi i calzoni Buffy saltò su.
    “Co- cosa credi di fare?” chiese in tono incerto.
    “Mi preparo per andare a letto”. Ancora una volta lui si limitò a ribadire l’ovvio, corrugando le sopracciglia confuso.
    “Non ti spoglierai completamente nella mia stanza!” protestò lei anche se, chissà come, la sua decisione non risultò molto convincente.
    “Dormo sempre nudo”. Poi, vedendo la piega dura delle labbra di lei, si strinse nelle spalle: “E va bene, è il tuo letto”.
    Buffy non ebbe il tempo di rendersi conto di quello che aveva appena detto, che lui già si avvicinava ed iniziava a scostare le coperte.
    “CHE COSA credi di fare?” ripeté a voce alta acchiappando le lenzuola e usandole per coprirsi.
    “Ancora una volta ... mi preparo per andare a letto” le rispose lui, riafferrando le coperte.
    Lei indietreggiò velocemente, trascinando con se le lenzuola.
    “Non nel *mio* letto!” replicò, con gli occhi sgranati.
    “Dovrei dormire sul pavimento?”
    “Certo!”
    “Per l’inferno maledetto!” protestò lui. “Non …”
    Si sentì un rumore metallico, e poi un suono di passi.
    “Mia madre! Svelto! Sotto il letto!” ordinò lei.
    Spike si lasciò cadere a terra immediatamente; stava iniziando a strisciare sotto il letto quando lei sibilò:
    “I tuoi vestiti! Spike!”
    Si rialzò e raccolse tutte le sue cose, compresi gli anfibi, facendo in modo di spingerle sotto il letto, ma nel momento in cui cercò di infilarcisi sotto a sua volta la maniglia della porta girò. Senza pensarci due volte si gettò nel letto. Incollò il proprio corpo a quello della biondina, nelle fievole speranza che la madre non notasse il troppo volume sotto le coperte leggere di Buffy. Buffy ansimò e, subito dopo, alla vista della porta che si apriva e della testa della madre che faceva capolino, trattenne il respiro.


    Capitolo 13
    Spike sentì una voce preoccupata che chiedeva: “Buffy, tutto bene?”.
    Trattenne il respiro e, accorgendosi dal suono di passi che la sig.ra Summers stava entrando nella stanza, si portò più vicino alla figura, ora tremante, di Buffy.
    Buffy si bloccò, con lo stomaco che sembrava occupato a fare le capriole, sentendo il corpo di lui che aderiva al suo.
    “S-sto bene!” riuscì a dire, balbettando nervosa.
    “Ho sentito un rumore. Cosa è successo?” indagò la sig.ra Summers, sedendosi sul materasso accanto alla figlia.
    La ragazza deglutì a fatica, aveva la testa annebbiata, il cuore le galoppava nel petto e le stavano sudando le mani.
    “N-non è successo niente. Probabilmente veniva da fuori” rispose, indicando con la testa in direzione della finestra.
    All’improvviso, con la coda dell’occhio intravvide qualcosa di rosso sul suo tavolo. “O mio Dio! Le sigarette!” gridò mentalmente, guardando la madre che si alzava e si avvicinava alla finestra aperta.
    Istintivamente urlò: “Mamma!”.
    La sig.ra Summers si fermò e si voltò verso la figlia.
    “Che c’è, tesoro?”.
    “Lascia la finestra aperta, ho caldo”, inventò la scusa sul momento.
    Nel frattempo Spike rimaneva immobile sotto le coperte. Il suo petto, nudo, era incollato alla coscia destra di Buffy, e le sue gambe intrecciate al resto della gamba di lei, il che piazzava il piede di lei in un posto veramente molto imbarazzante. Le teneva le braccia intorno alla vita, poggiandole la testa sullo stomaco nudo.
    “Non ti starà venendo qualcosa, vero?” chiese preoccupata la sig.ra Summers, ritornando vicino al letto e mettendo la mano sulla fronte di Buffy. “Sei un po’ calda …”.
    “Sto bene!” saltò su lei, nervosa. “S-sto bene” ripetè, un po’ meno ansiosa.
    “Sei sicura?”
    Buffy sentì che Spike si muoveva sotto le coperte, sfiorandole l’interno coscia con la mano nel tentativo di sistemarsi un po’ più comodo. Le ci volle tutto l’impegno possibile per evitare di ansimare, mente i muscoli del viso le si contorcevano per lo sforzo di reprimere la necessità di farlo. La sua mente sembrò per un attimo andare alla deriva. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era il fatto di avere un ragazzo seminudo nel letto, che si aggrappava alla sua gamba destra sotto le coperte.
    “Buffy?”
    Alla fine la voce della madre sembrò riuscire a penetrare nella nebbia che le ottenebrava il cervello.
    “Eh! Che c’è?” mormorò, riscuotendosi.
    “Sei sicura che non vuoi che ti porti qualcosa?” ripetè la sig.ra Summers.
    “Sono sicura, mamma. Sto bene”. L’ultima parola le venne fuori in falsetto, a causa della sensazione dell’alito caldo di lui sullo stomaco.
    Chiuse gli occhi per evitare che la madre la vedesse rovesciargli all’indietro.
    Sotto le coperte Spike tentava di sopprimere la vocetta che, nella sua testa, lo invitava a toccarla o magari a sfiorare con le labbra la distesa scoperta dello stomaco di lei, solo per una volta ... “Concentrati, concentrati …” continuava a ripetersi mentalmente, senza rendersi conto di aver iniziato ad ansimare.
    Buffy, accorgendosi che il respiro di Spike contro il suo ombelico era diventato più evidente, ringraziò gli dei, qualunque essi fossero, che la madre le avesse voltato la schiena. Tentò di reprimere l’istinto di muoversi di scatto, e finì con l’agitare le dita dei piedi.
    Spike spalancò gli occhi, sentendo qualcosa che rapidamente gli sfiorava l’inguine, e non poté trattenere un gemito.
    Buffy si bloccò, sentendo qualcosa di duro contro le dita dei piedi.
    La sig.ra Summers si fermò vicino alla porta e si voltò verso la figlia: “Che cos’era quello tesoro?”.
    “Ehm … Ho – ho detto: buonanotte mamma!” mentì Buffy.
    Con un sorriso la sig.ra Summers girò la maniglia, e aprì la porta. Prima di uscire dalla stanza bisbigliò:
    “Buonanotte, tesoro”.
    E con questo se ne andò.
    Buffy e Spike rimasero immobili finché non sentirono il suono metallico di un’altra porta che veniva aperta e richiusa. Il silenzio più totale riempiva la stanza, rotto solamente dal respiro veloce e affrettato della biondina.
    Trattenne il respiro, sentendo che lui emergeva da sotto le coperte, sfiorandola lievemente con un braccio.
    “Ci siamo andati vicino” bisbigliò lui, sedendosi accanto a lei, con le gambe ancora sotto le lenzuola.
    Lei lo fissò ad occhi sgranati, osando a malapena guardargli il torace nudo.
    “Stai bene, amore?” chiese infine lui.
    In quel momento accadde qualcosa di inaspettato. Per la verità, trattandosi di Buffy, non era affatto inaspettato. Lei tirò bruscamente le lenzuola, spingendolo fuori dal letto con una spallata e facendolo così cadere sul pavimento.
    “Hey!” protestò lui.
    “Rimani fuori dal mio letto!” sibilò lei a bassa voce, stando attenta a non svegliare di nuovo la madre.
    L’inglese rimase sul pavimento, a fissare ad occhi sgranati la bionda, che gli restituì lo sguardo sporgendo il mento in segno di sfida.
    La rabbia gli accese gli occhi mentre si alzava; afferrò un lembo delle coperte e gliele strappò di dosso, fregandole poi uno dei cuscini.
    “Le coperte le prendo io” disse, sdraiandosi sul pavimento a fianco al letto e tirandosi addosso le lenzuola mentre, contemporaneamente, posava la testa sul cuscino.
    Senza una parola lei si alzò e gli portò via le coperte, poggiandole sul letto.
    “Quelle sono mie, ti darò qualcos’altro” spiegò, accendendo la luce ed aprendo l’armadio.
    Vi guardò dentro per qualche secondo, poi afferrò qualcosa. Tornando da lui glielo lasciò cadere in grembo.
    “Ecco” brontolò, rimettendosi a letti e coprendosi.
    “Mi prendi in giro? Lenzuola di Scooby – Doo?” protestò a bassa voce l’inglese.
    “È tutto quello che ho. Mia madre tiene le coperte in una credenza, in corridoio” spiegò lei, chiudendo gli occhi e voltandogli le spalle.
    Lui prese le lenzuola malvolentieri. Quando le ebbe stese ansimò. Erano minuscole, gli arrivavano appena alla vita. Se voleva coprirsi le spalle era costretto a tenere i piedi al freddo, e viceversa.
    “Per l’inferno maledetto! Questa roba è fatta per un bambino!” si lamentò.
    “Che cosa ti aspettavi? Erano le mie lenzuola quando ero una bambina” brontolò lei, senza preoccuparsi di voltarsi.
    “Affanculo!” brontolò lui, coprendosi le gambe con il pezzetto di tessuto.
    Ci fu qualche secondo di silenzio fra loro, poi si sentì la voce di Spike che sussurrava:
    “Sei ancora sveglia, Betty?”
    “È BUFFY!” sibilò lei a denti stretti.
    “Scusa” disse lui, non particolarmente convinto.
    Silenzio.
    “Buffy...”, la chiamò di nuovo.
    “Che c’è?” brontolò lei.
    “Che facciamo domani?” chiese lui mentre, sdraiato sulla schiena con le mani sotto la nuca, fissava il soffitto.
    “In che senso?” replicò lei in tono seccato.
    “Tua madre, se entra ... non sarà un bello spettacolo”.
    “Ho messo la sveglia. Ci svegliamo prima di lei e aspettiamo finché non esce, dopodiché potremo andare e mettere fine a questo incubo. Per inciso, non metterai mai più piede in casa mia” brontolò lei, continuando a dagli le spalle.
    Alcuni minuti dopo ...
    “Buffy…”
    “Spike?” mormorò lei.
    “Si?”
    “Mettiti a dormire”
    “Non ci riesco. Non riesco a pensare ad altro che a farmi una cicca” mentì lui.
    “Pensa a qualcos’altro, perché *non* fumerai nella mia stanza.
    Silenzio ...
    “Amore?”
    “Che c’è?” sbuffò lei, voltandosi verso di lui. “Cosa vuoi stavolta?”. Si spostò sull’orlo del letto e lo guardò. Alla vista del suo torace nudo, illuminato dalla luna, non poté fare a meno di mordersi il labbro inferiore.
    “Che facciamo a scuola?” chiese lui, alzando lo sguardo su di lei.
    “Che facciamo a scuola?” sospirò lei, tentando di apparire il più possibile esasperata.
    “Sai ...”
    “È l’una del mattino Spike. Credimi, non so” brontolò lei, gettando uno sguardo alla sveglia.
    “La biblioteca ... il nostro accordo?”riuscì a dire lui senza mostrare il proprio disagio.
    Buffy sentì che tutto il suo corpo si tendeva al ricordo. Lo ignorò e replicò:
    “L’abbiamo già fatto, quindi ... non c’è bisogno di parlarne ancora”.
    Si sdraiò velocemente sulla schiena, con il viso rivolto verso il soffitto.
    “E dai. Lo sai che non funzionerà. Possiamo anche aver convinto il club dei secchioni, ma non certo il resto della scuola” protestò lui, voltandosi sul fianco e sorreggendosi la testa con la mano sinistra.
    Non ricevendo risposta la chiamò.
    “Sono qui” mormorò lei. “Sto pensando”.
    I minuti passarono, e Spike divenne impaziente.
    “Buffy? Hai finito di pensare?”
    “Va bene! Lo faremo. Domani. Durante l’intervallo per il pranzo. Adesso mettiti a dormire”.
    Buffy tentò di ignorare la spiacevole sensazione che le attanagliò lo stomaco e si risistemò per dormire. Ma il sonno non veniva. Continuò a girarsi e rivoltarsi nel letto, mentre una strana sensazione d’ansia l’attanagliava, rendendole difficile respirare, muoversi, pensare, fare qualunque cosa. Si spostò verso il bordo del materasso e guardò Spike, apparentemente profondamente addormentato. Ricominciò a rigirarsi nervosamente sotto le coperte finché non lo sentì mormorare, a bassa voce.
    “Qual è il problema, amore?” chiese lui, non appena si rese conto che non avrebbe potuto dormire se non avesse fatto in modo di farla smettere di agitarsi.
    “Niente” mentì rapida lei.
    “E allora perché ti stai girando e rigirando?”
    “Sto solo ... cercando di mettermi comoda” ribatté lei.
    “È un ora che cerchi di metterti comoda”.
    “È ... È solo che ... forse non è una buona idea” osò dire lei.
    “Cosa?”
    “Il ... piano ... e noi che ci baciamo” esitò lei.
    “Te la stai facendo sotto?” ridacchiò lui.
    “Certo che *no*!” si sedette sul letto e lo guardò, stringendosi addosso le lenzuola.
    “Te la stai facendo sotto” la provocò lui.
    “NO” insistè lei.
    “Che c’è amore? Hai paura che se mi baci poi non sarai capace di tenere le mani lontano dal mio corpo sodo?” continuò a sfotterla lui.
    “Eh! Come no!”. La rabbia che cresceva dentro di lei l’aiuto a superare il nervosismo che la pervadeva.
    “È così, vero? Hai paura di non riuscire a resistermi” continuò a provocarla lui.
    “Spike, potrei baciarti in ogni momento, in qualunque posto, se solo riuscissi a reprimere la voglia di vomitare che mi viene ogni volta che siamo a meno di mezzo metro di distanza” scattò lei. Ma il fatto di vederla che, nervosamente, tirava e torceva le lenzuola fece venir meno gran parte del veleno contenuto nelle sue aspre parole.
    Spike sorrise e si sedette sul pavimento.
    “Dimostralo” la sfidò a bassa voce.
    Buffy spalancò gli occhi, mentre lui si metteva in ginocchio e poggiava le mani sul materasso, ai lati del corpo di lei. Lo fissò; aveva un sogghigno arrogante sulle labbra e una scintilla di sfida negli occhi.
    “Ha!” riuscì ad uscire dalla trance in cui era caduta; “Bel tentativo! Non sono così facile!”; e con questo si appiccicò in viso un finto sorriso.
    “Credimi amore, non sto cercando di farmi baciare da te con l’inganno. Ho solo paura che domani tu ti irrigidisca come uno stoccafisso davanti a tutta la scuola” ribatté lui. *
    Buffy spalancò gli occhi e corrugò le sopracciglia, evidentemente offesa.
    “Avanti, passerotto. Devi ammettere che ogni volta che tento di toccarti o anche solo di avvicinarmi a te, tu ti irrigidisci”.
    “È colpa della voglia di vomitare. Te l’ho detto” si imbronciò lei.
    “Superala, se speri di imbrogliare qualcuno” scattò lui, un po’ offeso.
    Si guardarono l’un l’altro in silenzio per qualche secondo, finché Buffy non lo ruppe con un sospirone. Poi batté la mano sul materasso, invitandolo a sedersi.
    “Vieni qui” mormorò di malavoglia.
    “Perché?” brontolò lui.
    “Se non mi devo immobilizzare è meglio che mi abitui ad averti vicino” affermò lei.
    Lui si alzò, e si lasciò cadere sul letto con un sospiro seccato. Ancora una volta rimasero in silenzio finché Buffy non parlò:
    “Allora ... hai intenzione di startene lì? Toccami” ordinò.
    “Che cosa?!” si soffocò Spike.
    “Si suppone che io mi comporti in maniera naturale quando mi tocchi, quindi ...”
    Lui sogghignò lascivo, guardandola in maniera allusiva.
    “Non in *quel* senso!” lo bloccò immediatamente lei.
    Lui sollevò un angolo della bocca, dandole la versione cattiva del suo sogghigno, poi annuì. Passò lentamente le dita su una ciocca di capelli che le ricadeva sul viso, piazzandogliela gentilmente dietro l’orecchio. Quindi gliele passò sulla spalla, sulla clavicola, sul collo e sulla guancia. Spostò tutto il corpo più vicino a quello di lei, mentre con l’altra mano le tracciava dei cerchi sul braccio e sulla mano. La sentì tendersi quando le mise un braccio intorno alla vita, attirandola più vicina.
    “Vedi? È di questo che parlavo” si lamentò, lasciando cadere le braccia e sospirando forte.
    “Mi dispiace” disse lei imbronciata. “È solo che …”. Fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e continuò: “Ok. Mi sto concentrando. Riprova”.
    Dopo qualche secondo sentì che le girava intorno piazzandosi dietro di lei, con le gambe aperte ai lati delle sue. Le sfiorò i boccoli biondi con la mano, sistemandoglieli dietro la spalla sinistra, in modo da lasciare esposto il collo. Istintivamente Buffy piegò la testa, offrendogli la spalla destra. Sentì che la circondava con le braccia, tirandola verso il suo petto fino a farla appoggiare a lui. Le poggiò le mani sulla vita, giocherellando con l’orlo della sua maglia. Buffy non poté evitare di sorridere, ricordandosi che il giorno prima aveva fatto esattamente la stessa cosa. Ma il suo sogghignò crollò rapidamente quando sentì le labbra di lui che le sfioravano la spalla; si irrigidì. Sentendola tendersi, lui si fermò ed attese qualche secondo. Silenziosamente lei gli diede il permesso di continuare, e lui le posò nuovamente la bocca sulla carne morbida dell’incavo del collo.
    All’inizio il contatto era lieve e quasi impercettibile, ma ben presto crebbe d’intensità, mentre lui le succhiava la pelle e la mordicchiava, salendo verso il lobo dell’orecchio. Glielo prese in bocca, stringendola più forte intorno alla vita. Lei si lasciò cullare dalla sensazione e si rilassò, accarezzandogli le braccia nude. Un ansito le sfuggì dalle labbra semiaperte, e si appoggiò contro di lui in cerca di sostegno. Le labbra di lui le lasciarono l’orecchio per percorrerle la mascella; lei si voltò verso di lui e, all’improvviso, lui si tirò indietro.
    Le ci volle un secondo per rendersi conto che il contatto fra loro era cessato. Quando ci riuscì sbatté furiosamente le palpebre, cercando di metterlo a fuoco.
    “Che c’è?”, ansimò.
    “Ho sentito un rumore”.
    Rimasero in silenzio, in attesa che si ripetesse, ma non accadde. Si scambiarono un’occhiata veloce e tutto l’imbarazzo del momento cadde loro addosso. Buffy si passò freneticamente le mani nei capelli, cercando di trovare qualcosa da dire.
    “Bè ... I-io credo che ... abbiamo ... finito” riuscì a balbettare.
    “Si”. Spike si sforzò disperatamente di apparire calmo e noncurante ma, tutto ad un tratto, non sapeva più che fare delle proprie mani, perciò se le infilò nelle tasche posteriori dei jeans neri e, imbarazzato, saltò fuori dal letto.
    “Bè ... Allora buonanotte” balbettò lei, guardandolo mentre si sdraiava sul pavimento.
    Si titò le coperte sopra le spalle, strofinando il naso sul cuscino. Trattenne il respiro percependo un odore particolare sulle lenzuola – l’odore di lui. Ancora una volta riprese la propria lotta contro il sonno, ma stavolta non era l’unica. Sdraiato sul pavimento con le braccia e le gambe aperte, Spike fissava il soffitto, con la mente che vagava, incapace di addormentarsi.
    Si prospettava una lunga notte.

    *In originale Spike dice di aver paura che Buffy si comporti “all Al Gore”, riferendosi all’ex vicepresidente americano, notoriamente rigido come uno stoccafisso (o come un manico di scopa, se preferite).


    Capitolo 14
    Buffy guardò la sveglia e, leggendo “4.00”, represse un gemito. “Sono le quattro del mattino e sono ancora sveglia” pensò. Per la terza volta si spostò cautamente sul bordo del letto per controllare il suo ospite non invitato. “Profondamente addormentato. Bastardo!” imprecò mentalmente. Si schiarì rumorosamente la gola e guardò il ragazzo. Lui non si mosse.
    Spike tenne gli occhi chiusi, nella vaga speranza che gli venisse sonno, ma non successe. Era ancora completamente sveglio, mentre pensieri indecenti sulla fastidiosa bionda che dormiva a un metro da lui gli riempivano la mente. “Datti una calmata. A che cosa diavolo stai pensando? Certo, la ragazza non è male, ma non merita che tu ci perda il sonno” si rimproverò mentalmente, sentendo il proprio corpo reagire al ricordo di ciò che era accaduto prima. Sospirando si voltò su un fianco, assicurandosi di posare la schiena contro il muro gelido. Magari gli sarebbe servito a calmarsi.
    “Per l’inferno maledetto!” saltò a sedere, sentendo la puntura di qualcosa di metallico contro il fondoschiena.
    Guardando il pavimento trovò un telecomando e lo prese. Non ebbe il tempo di esaminarlo, perché le luci si accesero e Buffy, apparentemente assonnata, gemette:
    “Che cos’era quello?”. Si stava sforzando di far apparire la propria voce rauca e assonnata.
    Spike sbatté le palpebre un paio di volte, mentre gli occhi gli si abituavano alla luce forte che ora riempiva la stanza. Prima che potesse rispondere Buffy gli strappò dalle mani il telecomando e, ora completamente sveglia, saltò su:
    “Ecco dov’era” disse, posandolo sul comodino. “Lo stavo proprio cercando”.
    Pian piano il suono di un pianoforte riempì la stanza. I due biondi si voltarono, accorgendosi che lo stereo era illuminato.
    “Devo averlo acceso” spiegò Spike, mentre una morbida voce femminile cominciò a fluire in tono con lo strumento:

    Time is gonna take my mind [il tempo prenderà la mia mente]
    and carry it far away where I can fly [e la porterà lontano, dove posso volare]
    The depth of life [la profondità della vita]
    will dim [affievolirà]
    my temptation to live for you. [la mia tentazione di vivere per te]

    I due biondi si fissarono l’un l’altra per una frazione di secondo, poi Buffy fece un salto per prendere il telecomando.
    “No!” gridò Spike.
    Lei si fermò e si voltò verso di lui, trovandolo con un’espressione seria in viso.

    If I were to be alone [se dovessi stare da solo]
    silence would rock my tears [il silenzio cullerebbe le mie lacrime]
    'cause it's all about love [perchè tutto ciò che conta è l’amore]
    and I know better [e io so bene]
    How life is a waving feather [come la vita sia una piuma fluttuante]

    “La voglio sentire” disse lui.
    Buffy sollevò un sopracciglio perfetto.
    “Tu? La vuoi sentire?” chiese sospettosa, indicando lo stereo con il telecomando che teneva in mano.
    “Perchè no?” chiese innocentemente lui.
    “Mr. Cattivo – ragazzo – aspirante –Billy –Idol vuole sentire una canzone sdolcinata?” ridacchiò lei.
    “Io so essere sdolcinato. Ci sono molte sfumature in me, amore” spiegò lui.
    “Eh! Tonnellate! Cumuli di sfumature!” disse lei, scuotendo la testa sarcastica.
    “Cosa vorresti dire con questo?”
    “E dai, Spike! Sei un uomo! Hai delle sfumature solo quando vuoi convincere le ragazze che sei una persona sensibile” lo prese in giro lei, mentre la canzone in sottofondo cresceva di intensità.

    So I put my arms around you [metto le braccia intorno a te]
    Around you [intorno a te]
    And I know that I'll be leaving soon [e so che presto me ne andrò]

    Spike si accigliò, chiaramente ferito.
    “Sono solamente onesta” disse lei con un sorriso.
    “Ok, forse hai ragione” ammise alla fine lui, sogghignando.

    My eyes are on you, they're on you [i miei occhi sono su di te, sono su di te]
    And you see that I can't stop shaking [e come vedi non riesco a smettere di tremare]

    I due biondi si bloccarono, fissandosi intensamente, e rendendosi conto che stavano conversando civilmente anziché discutere o battibeccare come al solito. In sottofondo la musica continuava, e Buffy sentì un brivido correrle lungo la schiena. Scosse la testa e, quando il momento divenne troppo intenso, abbassò lo sguardo sulle lenzuola, evitando quello penetrante di lui. Se ne pentì nel momento in cui il testo della canzone cominciò a descrivere le sue azioni.

    No, I won't step back but I'll look down to hide from your eyes [non farò un passo indietro, ma abbasserò gli occhi per sottrarmi al tuo sguardo]
    'cause what I feel is so sweet and I'm scared that even my own breath [perché ciò che provo è così dolce che ho paura che il mio stesso respiro]
    Oh could burst it if it were a bubble [possa farlo esplodere come una bolla]
    And I'd better dream if I have to struggle [e preferisco sognare che lottare]

    Imbarazzata, Buffy si raddrizzò e cominciò a giocare con il telecomando che aveva in mano, mentre la fragile voce della cantante raggiungeva picchi ossessivi.

    So I put my arms around you around you [metto le mie braccia intorno a te, intorno a te]
    And I hope that I will do no wrong [e spero di non sbagliare]
    My eyes are on you they're on you [i miei occhi sono su di te, sono su di te]
    And I hope that you won't hurt me [e spero che non mi farai del male]

    “Allora…” esordì, non osando guardarlo. Si immobilizzò, rendendosi conto che lui si era alzato e si stava sedendo sul letto accanto a lei. Rimase ferma, trattenendo il respiro, mentre lui le prendeva una ciocca disordinata e, lentamente, gliela sistemava dietro l’orecchio.

    I'm dancing in the room as if I was in the woods with you [sto ballando nella stanza come se fossi nei boschi insieme a te]
    No need for anything but music [non ho bisogno di niente tranne che della musica]
    Music's the reason why I know time still exists [la musica è la ragione per cui so che il tempo ancora esiste]
    Time still exists [il tempo ancora esiste]
    Time still exists [il tempo ancora esiste]
    Time still exists [il tempo ancora esiste]

    Quando lui si chinò, qualcosa si ruppe dentro di lei. Saltò su e, in un lampo, era in piedi vicino al letto, dicendo con voce sovraeccitata e in falsetto:
    “Ok! Credo che per stanotte abbiamo fatto abbastanza pratica!”.
    L’inglese la fissò accigliato, finché non si rese conto di ciò che intendeva.
    “Bè, fa-faremmo meglio a dormire un po’ dato che domani dobbiamo andare a scuola e tutto il resto. E …”. Parlava velocemente, imbarazzata, mentre cercava il telecomando che, in qualche modo, le era scivolato dalle mani e si era smarrito tra le lenzuola. “Ah! Trovato!” disse trionfante, sollevandosi con in mano il prezioso oggetto.

    So I put my arms around you around you [metto le mie braccia intorno a te, intorno a te]
    And I hope that I will do no wrong [e spero di non sbagliare]
    My eyes are on you they're on you [i miei occhi sono su di te, sono su di te]
    And I hope that you won't hurt me [e spero che non mi farai del male]

    Quando premette il bottone sul telecomando il silenzio riempì nuovamente la stanza. Buffy posò il telecomando sul comodino e rimase in piedi vicino al letto, guardandolo con un sorriso finto stampato in faccia. Chiaramente imbarazzato Spike si alzò e se ne tornò al suo posto, sul pavimento.
    “Bè ... buonanotte” se ne uscì lei, infilandosi sotto le coperte, ma non ebbe risposta.
    Sentì come uno strappo al cuore, che batteva velocemente, ma lo ignorò, chiudendo gli occhi e costringendosi a dormire.
    Le ore passarono e ben presto arrivarono le sette; la sveglia suonò. Buffy sollevò uno mano e la spense. Sbadigliò rumorosamente, facendo finta di aver dormito tutta la notte, e si spostò verso il bordo del letto. Lui era là, sdraiato sul pavimento, raggomitolato su sé stesso e aggrappato al lenzuolo in maniera tale da coprirsi il più possibile.
    “Spike ...”. lo chiamò dolcemente, ma non ebbe risposta. “Spike …” bisbigliò di nuovo, stavolta spingendolo delicatamente.
    “Mmm..” Lo sentì che mormorava qualcosa, mentre le girava le spalle.
    “Spike ... Svegliati ... Mia mamma arriverà da un momento all’altro” disse, scendendo dal letto e sedendosi sul pavimento al suo fianco.
    Nel frattempo gli aveva posato una mano sul braccio, tirando per farlo voltare. Alla fine lui si voltò, ancora profondamente addormentato. Lei lo guardò mentre si raggomitolava contro le sue cosce. Sembrava così pacifico, così … non fastidioso.
    Istintivamente gli passò le dita sugli zigomi pronunciati, accarezzandogli la pelle morbida con il pollice. Trattenne il respiro mentre lui le strofinava il naso contro la mano, arricciando leggermente le labbra in un sorriso rilassato. Lo sentì mormorare qualcosa e si chinò, per sentirlo bisbigliare in tono assonnato:
    “Dru…”
    Sgranò gli occhi e sentì che lo stomaco le si contorceva per il disgusto. In un attimo si alzò in piedi e prese a scuoterlo sgarbatamente:
    “Svegliati!”
    “Eh ... Che c’è?”. L’inglese sbatté violentemente le palpebre, cercando di capire dove fosse. Alla vista della biondina che gli girava intorno si accigliò profondamente. “Oh Dio … Non era un incubo” brontolò con voce roca.
    “Alzati, ficcati sotto il letto e restaci finché non te lo dico io!” disse semplicemente lei, prima di aprire la porta ed uscire dalla stanza, lasciando dietro di sé un adolescente sconvolto e assonnato.

    Buffy corse su per le scale nel momento stesso in cui la porta d’ingresso si chiuse e lei fu certa che la madre era uscita. Quando raggiunse la propria camera si fermò di colpo. Dopo un paio di respiri profondi, girò la maniglia ed entrò nella stanza.
    “Spike?” chiese, non vedendo il ragazzo ossigenato da nessuna parte. “Spike?”
    Entrò nella stanza e si diresse verso il letto, chinandosi per guardarvi sotto. Niente.
    “Spik-“
    “Buh!”. Il suono di una voce riempì la stanza e, con un colpo secco, due mani la afferrarono per la vita.
    “AHH” gridò lei a pieni polmoni, voltandosi improvvisamente e colpendo esattamente il suo obiettivo con il ginocchio destro.
    Adesso era Spike che ululava – di dolore. Buffy si portò automaticamente la mano alla bocca, e sgranò gli occhi alla vista del ragazzo che si lamentava sdraiato sul pavimento tenendosi le mani fra le gambe.
    “M-mi dispiace” balbettò, immobile e profondamente accigliata.
    “Per l’inferno maledetto, donna!” gridò lui, ancora sdraiato sul pavimento e con il viso contorto dal dolore.
    “I-io” balbettò lei, inginocchiandosi di fianco a lui.
    Immediatamente lui si tirò indietro, spaventato.
    “Stai lontana da loro” le ordinò, tra un ululato e l’altro.
    “Bene ...” disse lei offesa, rialzandosi, “Tu – tu non mi avresti dovuta afferrare in quel modo”.
    “Era uno scherzo” protestò lui, cercando senza successo di alzarsi in piedi. “Penso che rimarrò sdraiato qui … per un po’” disse, sedendosi nuovamente e appoggiandosi al tavolo.
    “Accomodati. Vado a fare una doccia” replicò lei, precipitandosi fuori dalla stanza.

    Spike aspettava pazientemente sul pavimento, ancora impegnato a prendersi cura delle sue parti dolenti, quando sentì lo scricchiolio di una porta. Si voltò, e vide la testa fradicia di Buffy fare capolino.
    “Voltati” ordinò lei.
    “Cosa?! Riesco a malapena a muovermi, amore, e tu vuoi che mi volti?” chiese lui, sollevando un sopracciglio.
    “Bè allora ... Chiudi gli occhi” insisté lei.
    “Guarda che non è che io non abbia mai visto una ragazza avvolta in un asciugamano” disse lui sarcastico, sogghignando irritante.
    “Vuoi che ti dia un altro calcio?” chiese innocentemente lei, con il suo sorriso più dolce.
    Un’ombra di paura passò negli occhi del ragazzo, prima che li chiudesse. Sentì un rumore di piedi bagnati ed un lieve aroma di vaniglia. Istintivamente inspirò più a fondo, mentre il profumo lo circondava. Era sul punto di tentare di aprire gli occhi quando la sentì minacciare:
    “Apri gli occhi e ti giuro che lascerai questa stanza con un tono di voce più acuto di 10 Michael Jackson messi insieme”.
    Deglutendo a fatica mantenne le palpebre serrate, attendendo con pazienza un segnale da parte sua. Ascoltò attentamente i vari tramestii, il suono della porta dell’armadio che si apriva e si chiudeva un paio di volte, e poi … silenzio.
    “Buffy?” chiese accigliato.
    “Tieni gli occhi chiusi” ordinò lei.
    “Sono chiusi!” replicò lui, stringendosi nelle spalle.
    Sentì degli altri rumori, poi delle pesanti coperte che gli venivano gettate addosso.
    “Hey!” protestò.
    “Non sbirciare!”
    I minuti passavano senza che succedesse nulla.
    Alla fine chiese: “Sei pronta?”.
    “No.”
    “Non hai neanche scelto cosa metterti, vero?” chiese con una punta di esasperazione nella voce. Ci fu una pausa. “Buffy?”
    “No” disse alla fine lei. Lui gemette sotto le coperte.
    “Ti vuoi sbrigare, donna?”.
    “Smettila di chiamarmi così!” scattò lei.
    “Come? Donna?”.
    “Si! Ho un nome: Buffy!”.
    “Come ti pare, passerotto”.
    La sentì ringhiare.
    Passarono altri 10 minuti, poi Spike riprese la conversazione.
    “Allora ... Tutta quella storia con tua madre?”
    Silenzio.
    “Buffy?”.
    “Non ne voglio parlare” ringhiò lei.
    “Il suo primo appuntamento dopo tuo padre?”. Non ricevendo risposta continuò: “È normale che ti sembri un po’ strano”.
    Silenzio, a parte il rumore di lei che si muoveva furiosa.
    “Anche per me è stato un po’ strano quando mio padre ha ripreso ad uscire”.
    Spike stava per continuare quando Buffy mormorò:
    “I tuoi sono divorziati?”.
    “Mia madre è morta quando ero bambino”.
    “Oh…”
    Il silenzio ricominciò, spiacevole, ma fu ben presto interrotto dall’inglese, ancora nascosto sotto le coperte.
    “È normale, sai? Che tua madre voglia andare avanti con la sua vita”.
    “Lo so” ammise Buffy riluttante.
    “Ti ci abituerai. Chi lo sa, magari lui ti potrebbe piacere”
    “Mai!” rispose immediatamente la biondina.
    Spike non poté trattenere una risatina.
    “Non è divertente!” protestò lei imbronciata.
    “Tu ...” tossì. “Tu ...” tossì. “Posso uscire da qui? Respirare sta diventando un problema”.
    Per tutta risposta lei sollevò velocemente le coperte. Lui sbatté le palpebre mentre gli occhi gli si abituavano alla luce e, dopo qualche secondo, guardò la biondina che stava in piedi di fronte a lui. Indossava un paio di jeans a vita bassa e una maglia azzurra con il collo alto.
    “Ti ci è voluto tutto questo tempo per vestirti così”? si accigliò lui, alzandosi.
    “Cos’ho che non va?” protestò lei, aprendo l’anta dell’armadio e guardandosi allo specchio.
    “Niente. Va bene!”. Con un salto si mise fra lei e lo specchio. “Andiamo!” continuò, trascinandola per un braccio fuori dalla stanza.
    La prima cosa che fece l’inglese non appena uscito dalla casa fu accendersi una sigaretta, cosa che gli procurò immediatamente un’occhiataccia da parte della biondina che camminava al suo fianco.
    “Non guardarmi in quel modo” la avvertì, soffiando via il fumo dalla bocca.
    “È disgustoso” ribatté lei, facendo una smorfia. “Non ti bacerò.”
    “Ah! Sapevo che te la saresti fatta sotto! Devo dire ... bella scusa, amore”.
    “Nono è una scusa, semplicemente non mi voglio trovare con un saporaccio in bocca” spiegò lei, guardandosi i piedi.
    “Come fai a sapere che ha un cattivo sapore?” chiese lui, guardandola con un sogghigno.
    “Ha un pessimo odore, ha un pessimo sapore. È il mio motto” replicò lei chiudendo le labbra. L’intensità del suo sguardo cominciava a darle sui nervi.
    “Non lo saprai finché non l’avrai provato” disse lui, passandosi allusivamente la lingua sulle labbra.
    “L’ho già fatto, ricordatelo!” disse lei con un’espressione disgustata.
    “Sai che ti dico? Comprerò un pacchetto di mentine prima di pranzo. Sei contenta?” suggerì lui, mentre continuavano a camminare.
    “E se invece rimandassimo la scena del bacio a domani e tu non fumassi fino ad allora?” disse lei, guardandolo speranzosa.
    “Bel tentativo, passerotto. Oggi o mai più”
    “Ehm ... Mai più?” scelse rapida lei, con un finto sorriso.
    “E dai, amore. Ne abbiamo parlato ...”
    “Va bene, va bene. Non c’è bisogno che tiri fuori la tua capacità di lamentarti, so che ce l’hai”, brontolò lei.
    “Ecco la mia ragazza”
    “Non sono la tua ragazza, William”
    “Non chiamarmi William” disse lui, improvvisamente serio.
    “Non chiamarmi passerotto o amore o donna”
    “Va bene” acconsentì lui.
    Continuarono a camminare in silenzio per un paio di minuti, finche Buffy sospirò e brontolò:
    “Perché non ti sei portato la bicicletta?”
    “È al negozio” rispose lui.
    “Odio camminare” protestò ancora lei, mentre la scuola appariva all’orizzonte.
    “Devo dire che su questo sono d’accordo con te, passerotto”
    “Grazie ... William” disse lei con un falso sorriso, mentre lui la guardava accigliato.
    Salirono i gradini che portavano alla porta principale dell’edificio ed entrarono in corridoio. Raggiunsero l’aula 209 e si fermarono.
    “Eccomi qui” disse lei, giocando con la copertina del libro di storia.
    Spike annuì imbarazzato, ficcandosi le mani nelle tasche posteriori dei jeans. Buffy esaminò con lo sguardo il muro e tutto il corridoio, tentando di evitare di guardare il ragazzo ossigenato di fronte a lei. Si bloccò vedendo Angel che veniva verso di loro insieme a Dru, tenendole un braccio intorno alle spalle. Spike seguì il suo sguardo e deglutì rumorosamente, mentre la coppia si avvicinava rapidamente.
    “Bè ... ciao” balbettò rapidamente lei; era sul spunto di voltarsi per entrare in classe quando si sentì tirare per il braccio sinistro.
    Prima che potesse rendersi conto che Spike l’aveva abbracciata e che le stava premendo il torace contro il petto, le labbra di lui premettero sulle sue per un bacio esigente. Si immobilizzò, sentendo che per una frazione di secondo le infilava le mani sotto la maglia per accarezzarle il fondoschiena, poi lui si ritrasse.
    “Non aveva poi un sapore così cattivo, vero amore?” le bisbigliò all’orecchio, prima di allontanarsi.
    Buffy rimase là, completamente stravolta, a fissare il ragazzo che se ne andava, passando a fianco di Angel e Dru.
    “Dru. Angel”. Sentì che li salutava, prima che la voce acuta della sig.ra Finch penetrasse nella nebbia che l’avvolgeva:
    “Signorina Summers, pensa di raggiungerci prima o poi?”

    Buffy sbadigliò mentre usciva dall’aula con Oz e Willow.
    “Buffy sapevo che non ti piace spagnolo ma non credevo che ti annoiasse così tanto” notò la rossa mentre percorrevano il corridoio.
    “Non sono riuscita a dormire molto stanotte. Tutto qui” spiegò Buffy a bassa voce.
    “Sei rimasta a rimuginare sul fatto che tua madre aveva un appuntamento, eh?” disse Willow, guardando con comprensione la sua migliore amica.
    “Mi ci sto abituando” mormorò Buffy.
    “Hey ragazzi!”. Sentirono la voce rimbombante di Xander mentre lui si avvicinava.
    “Xander non c’è bisogno che gridi” brontolò Cordelia mentre andavano in mensa; Buffy all’improvviso si fermò.
    “Che succede Buffy?” chiese Xander.
    “I-io non credo di aver appetito” balbettò imbarazzata.
    “Non ti sarai data ad una di quelle stupide diete tipo “non mangio niente e mi prendo l’anemia”?” chiese il ragazzo.
    “No. Voi andate ragazzi, i-io vi raggiungo più tardi.
    “Buffy, dovresti ...”
    Prima che Willow potesse dire qualcos’altro Buffy si era voltata e stava percorrendo rigida il corridoio. Willow e Xander si scambiarono uno sguardo preoccupato.
    “Che cosa le succede?”
    “È la madre” cominciò a spiegare Willow mentre entravano in mensa. “Sp-Spike!”. La rossa fece un salto quando l’ossigenato apparve dal nulla davanti a loro.
    “Hey rossa. Dov’è Buffy?”
    “Non si sentiva bene. Non voleva ...”. Non riuscì a finire la propria frase, perché l’inglese si voltò e se ne andò. Si imbronciò immediatamente . “Perché tutti scappano via da me?”
    “Io non lo farò” buttò lì Oz, passandole un braccio intorno alla vita.

    Buffy camminava sovra pensiero lungo il corridoio, dirigendosi verso il campo da football, quando qualcuno la prese per un braccio e la trascinò in un’aula vuota.
    “Spike” saltò su lei vedendolo, poi chiese nervosa: “Che ci fai qui?”
    “Non te la caverai così facilmente” disse lui, piegando la testa da un lato e appoggiandosi alla porta in maniera tale da bloccarle l’uscita.
    “Di ch-che cosa stai parlando?” balbettò lei.
    “Buffy…”
    “Bè ... Ci siamo già baciati, quindi ... non c’è più bisogno che lo facciamo davanti a tutta la scuola” si lasciò sfuggire lei.
    Lui rimase in silenzio guardandola con aria di disapprovazione, mentre lei cercava di giustificarsi.
    “Vo-voglio dire, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, giusto? Ci siamo baciati e la gente sa che ci siamo baciati. Siamo ufficialmente considerati una coppia che si bacia. Obiettivo raggiunto. Non c’è bisogno di baciarsi ancora. Basta parlare di baci” finì la propria tirata lei, sospirando e attendendo la sua reazione.
    Senza una parola lui le si avvicinò, lei istintivamente arretrò fino ad urtare contro un banco. Lui eliminò ogni distanza fra loro e, torreggiando su di lei, le chiese a bassa voce, sogghignando:
    “Com’è che il pensiero di baciarmi ti rende così nervosa?”
    Lei rimase immobile per un attimo, poi fece un salto e imbarazzata si allontanò da lui mettendo il banco fra di loro.
    “Nervosa? Non sono nervosa”. Cercava di sembrare il più possibile sicura di se ma non ci riuscì, e la voce le venne fuori stridula.
    “Ammettilo” disse semplicemente lui, chinandosi sul banco.
    Buffy fece immediatamente un passo indietro.
    “Ammettere cosa?”
    “Che dai in smanie per me, passerotto. È del tutto normale”
    “Ah ha! Divertente!” ridacchiò lei, ma il disagio nella sua voce era evidente.
    Spike rimase immobile, limitandosi a sogghignare.
    “Smettila!” protestò lei.
    “Smettila di fare cosa?”
    “Di ghignare. È sconcertante”
    “Che parolona!” la prese in girò lui, sgranando gli occhi.
    Lei strinse gli occhi, si raddrizzò e incrociò le braccia davanti al petto.
    “Cosa vuoi?” brontolò.
    “Perché hai paura di baciarmi?” le chiese lui serio.
    “Non ho paura, mi fa schifo” ribatté lei.
    “E dai Buffy ...” sospirò lui, lasciandosi cadere su un banco.
    “E va bene, facciamolo” disse lei, attraversando la stanza e sedendosi sul banco opposto, con gli occhi e la bocca ben chiusi.
    Aspettò, ma non successe nulla. Alla fine aprì l’occhio sinistro e vide che Spike scuoteva la testa.
    “Che c’è?” chiese, stringendosi nelle spalle.
    Lui la indicò “Tu …”, poi indicò se stesso, “Bacerai me”.


    Capitolo 15
    In risposta alla sua concisa affermazione Buffy spalancò gli occhi.
    Dondolando le gambe esclamò: “Che cosa?!”.
    “Mi hai sentito, Summers” le sorrise arrogante lui, sollevando il sopracciglio sfregiato.
    Sul punto di protestare lei aprì e chiuse la bocca un paio di volte, accigliandosi, poi si rese conto che era inutile.
    “Va bene. Facciamola finita”. Sospirando saltò giù dal banco e si avvicinò a lui.
    “È così bello sentirsi desiderati” disse lui sarcastico, procurandosi così un sorriso forzato da parte della bionda che ora stava in piedi di fronte a lui.
    Fra i due vi fu un momento di silenzio, durante il quale Buffy prese un respiro profondo, chiuse gli occhi e, dopo un attimo, li riaprì. Si chinò lentamente verso il ragazzo ossigenato, ancora seduto su uno dei banchi, poi indietreggiò all’improvviso.
    “Che c’è?!” ansimò il ragazzo, accigliato, guardandola camminare in cerchio.
    “Non sono ancora riuscita a superare il fattore “bleah” mormorò lei, fermandoglisi di fronte.
    Lui si limitò a guardarla con un’espressione seccata.
    “Prenditi tutto il tempo che vuoi, Betty” brontolò, mettendo l’accento sull’ultima parola.
    Lei gli fu davanti in un lampo, con le guance rosse e gli occhi verdi lampeggianti di rabbia.
    “Buffy! Quante volte te lo devo dire? Buffy, Buffy, Buffy!”. Stava quasi gridando. “Dio! Non so proprio perchè lo sto facendo”. Cominciò una tirata, agitando le mani in aria. “Non credo che ne valga la pena per vedere Angel che mi striscia davanti. Sei così … così …” si sforzò di trovare la parola giusta.
    “Sexy?” tentò lui sogghignando.
    “Grrr...” ringhiò lei. “Ti odio” disse a denti stretti.
    “Anch’io” rispose Spike con un sorriso forzato.
    Ancora una volta lei sospirò forte, alle prese con i propri capelli, scostandoseli dal viso per arricciarli dietro le orecchie. Si sciolse le braccia come in preparazione di una corsa. Spike si limitò a sorridere. Lei chiuse di nuovo gli occhi ed inspirò a fondo, cercando di calmarsi. Dopo qualche momento di silenzio ci riuscì. Aprì gli occhi e lo guardò per un attimo, poi si passò rapidamente la lingua sulle labbra per inumidirle e si chinò verso di lui. Mentre piegava la testa di lato e chiudeva gli occhi sentiva il cuore sbatterle con violenza contro la gabbia toracica, le ginocchia sul punto di cedere e i palmi delle mani fradici di sudore. In un primo, innocente, contatto gli sfiorò appena il labbro inferiore. Si tirò leggermente indietro per respirare, poi riprese la sua opera. Questa volta dischiuse la bocca, afferrandogli il labbro inferiore tra le labbra e tirando leggermente, mentre il bacio cresceva in intensità.
    Mentre lei lo baciava lui rimase immobile, con le braccia lungo i fianchi, a sostenere, almeno in parte, il suo peso sul banco. Quando lei gli succhiò il labbro inferiore, come se volesse divorarlo, emise un gemito e, istintivamente, la circondò con le braccia tirandola bruscamente verso di se, finché lei non si ritrovò fra le sue gambe, con le braccia schiacciate contro il suo torace. Lentamente spostò la mano sinistra dalla schiena alla nuca di lei, tenendola in maniera tale da approfondire il bacio.
    Il cuore di Buffy perse un battito sentendo la lingua di lui che le sfiorava la bocca, come per chiederle il permesso di entrarvi. Prima ancora di rendersene conto dischiuse le labbra, lasciandolo fare. Il bacio divenne più intenso, e le sfuggì un gemito.
    Cominciarono ad usare i denti, e le mani, tirandosi i vestiti a vicenda. Buffy gli infilò le dita nel colletto della maglia, attirandolo più vicino mentre gli si appoggiava. La loro lotta continuò e l’aula vuota in cui si trovavano si riempì di gemiti leggeri. Alla fine la mancanza d’ossigeno divenne un problema e Spike fu costretto a tirarsi indietro. La guardò con gli occhi annebbiati, poggiando la fronte contro quella di lei e cercando di parlare in maniera coerente:
    “Pensi di aver …” – ansito – “ … superato …” – ansito – “il fattore “bleah”?” riuscì a chiederle, guardandole alternativamente gli occhi e le labbra rigonfie.
    “Non sono sicura ...”. Inspirò a fondo, chiudendo gli occhi e cercando di controllare il respiro, prima di balbettare: “Meglio assicurarsene”.
    “Sempre meglio che avere rimpianti ...”
    Buffy annuì, mentre lui le passava una mano dietro l’orecchio per attirarla a se per un altro bacio.
    Ebbe appena il tempo di un respiro prima che lui le premesse nuovamente le labbra con le proprie, facendole scivolare la lingua in bocca con voracità. Le fece scivolare le mani lungo le cosce, poi si alzò afferrandola sotto le ginocchia; lei, istintivamente, gli avvolse le gambe intorno alla vita.
    Buffy era talmente presa che non si accorse nemmeno che la stava portando da un lato all’altro dell’aula, per poi poggiarla su una superficie dura. Aprì appena gli occhi per dare un occhiata in basso, e si rese conto di essere seduta sulla cattedra, con Spike in piedi tra le sue gambe. Si lasciò sfuggire un gemito, mentre lui le mordicchiava la mascella, in quel punto sensibile che si trova appena sotto il lobo dell’orecchio.
    Spike inspirò a fondo, affondando per un attimo il naso nel collo della maglia di lei, mentre il suo profumo lo avvolgeva. Il rumore degli ansiti di lei gli faceva venire i brividi lungo la schiena. Rafforzò la presa sulle sue cosce, accarezzandole con la lingua la pelle morbida del collo.
    All’improvviso un suono acuto riuscì a penetrare le loro menti annebbiate.
    “Che co...” cercò di chiedere Buffy, ma sembrava impossibile.
    “Mm ...”. Lo sentì gemere mentre le percorreva il mento con la bocca, cercandole nuovamente le labbra.
    “Sp...”. lui la baciò di nuovo, impedendole di finire la parola. “Spike …” ansimò lei quando ne ebbe la possibilità. “Il …” – bacio – “Ehm…” – bacio – “Il … ah …”. Si arrese ed approfondì il bacio.
    Ancora una volta la stanza si riempì del rumore dei loro gemiti ed ansiti, e loro furono invasi da una passione accecante finché, all’improvviso, il silenzio fu rotto da un suono di voci che chiacchieravano a voce alta. Il rumore continuò per qualche secondo, poi cessò completamente. Buffy aprì gli occhi per una frazione di secondo, sgranandoli alla vista della porta spalancata e di un gruppo di adolescenti sconvolti sulla soglia. Le ci volle un bel po’ per riconoscerli ma alla fine ci riuscì. Il ragazzo basso con la mano sulla maniglia era Jonathan, quello a fianco Andrew. La ragazza ancora troppo scioccata per chiudere la bocca era Harmony e la figura nerovestita dietro di lei? Chi altro poteva essere se non … Dru!
    Buffy rimase immobile, con gli occhi sgranati, a fissare a sua volta il gruppetto che si era radunato vicino alla porta. Era troppo sconvolta per rendersi conto che un certo ossigenato le stava ancora mordicchiando l’orecchio.
    “Spike!” lo chiamò, tirandogli lo spolverino.
    Non ci fu risposta, a parte un gemito.
    Si sentì la voce di Angel che si faceva strada tra la folla: “Ragazzi, perché ve ne state lì come un mucchio di idioti? Dru, tesoro, che cosa …” alla vista dello scena cui stavano assistendo gli altri si interruppe a metà della frase.
    “Spike!!” gridò Buffy, spingendolo via con una tale forza che l’inglese barcollò e non cadde a terra solo grazie alla presenza di un banco alle sue spalle.
    “Che c’è?” chiese lui con voce roca.
    Buffy non ebbe bisogno di rispondere alla domanda, perché voltandosi vide il gruppo di adolescenti fermo sulla porta.
    “Oh...” riuscì a dire, spostando il proprio sguardo sulla bionda che, arrossita, era ancora seduta sulla cattedra.
    “Io ... Noi ... Io e ... Io” Buffy si sforzò di trovare una scpiegazione della scena. “Io ...” tentò ancora una volta, senza successo.
    Il suo cuore accelerò i battiti mentre tutti la fissavano. Si sentiva sporca, alla berlina. Oh Dio, si sentiva … Doveva andarsene. In un lampo saltò giù dalla cattedra e corse via, facendosi strada fra i ragazzi e sforzandosi di ignorare i loro sguardi.
    Spike rimase solo, al centro dell’attenzione. In silenzio si raddrizzò, si infilò le mani in tasca e si apprestò ad uscire dalla stanza quando si sentì afferrare il per il braccio. Si voltò e vide il quarterback che lo fissava piuttosto incavolato. Angel stava per dire qualcosa quando Dru gli si appoggiò e gli bisbigliò qualcosa all’orecchio. Il bruno rimase fermo per qualche secondo, valutando il da farsi.
    “Hai qualcosa da dire amico?” chiese Spike a denti stretti.
    Senza una parola Angel gli lasciò andare il braccio e l’inglese se ne andò mentre la piccola folla cominciava a disperdersi.

    “Buffy!” gridò, vedendola che correva lungo il corridoio.
    Per tutta risposta lei aumentò la propria velocità, aprì il portone e uscì dall’edificio.
    “Buffy fermati! Buffy!” le gridò dietro lui.
    Lei non rispose e continuò la propria corsa.
    “Buffy! Dobbiamo ... parlare!”. Stava quasi per raggiungerla quando cominciò a tossire. Lei si fermò di colpo e si voltò verso di lui con uno sguardo omicida.
    “Che c’è?!” scattò, rimanendo a guardare l’ossigenato che si piegava con le mani sulle ginocchia, ansante.
    “Io ...” tossì. “Perché stai scappando?”
    “Perchè?!” gridò lei. “Li hai visti in faccia? Li hai visti?”
    “Si! Credevo fosse quello il punto!” disse lui tra un ansito e l’altro, raddrizzandosi e premendosi una mano sullo stomaco.
    “Il punto?”. Lei stava praticamente gridando.
    “Si! Far credere loro che stiamo assieme”
    “E che io sono una specie di sgualdrina perversa a cui piace farlo sulla cattedra” urlò lei.
    “E dai. Non penseranno ...”
    Lei lo interruppe:
    “Certo che lo penseranno!” ululò, “Voglio dire ... c’erano tutti! Ormai lo saprà tutta la scuola!”
    “Stai esagerando, amore. C’era giusto una mezza dozzina di ragazzi”
    “Una mezza dozzina? Hai visto chi c’era? C’era un rappresentante per ogni gruppetto della scuola. i secchioni, quelli alla moda, le cheerleader senza testa … Dio, c’era anche Dru, in rappresentanza degli stramboni sempre vestiti di nero. Ma era questo che volevi, non è vero?”
    “Che cosa?!” chiese lui, confuso, mentre la bionda continuava a gridare a pieni polmoni.
    “Probabilmente avevi progettato tutto. Dio! Come ho potuto essere così stupida?”. Ansimò lei, portandosi una mano alla fronte. “Avevi progettato tutto! Oh Dio! Ti odio talmente tanto, io ...”
    Spike decise di inserirsi nel discorso. “Prima di tutto … vuoi smetterla di gridare per un maledetto secondo, donna? Credo che tu mi abbia appena perforato un timpano” protestò, facendo una smorfia e infilandosi l’indice nell’orecchio. “Secondo, come diavolo avrei fatto a progettare tutto? Non sapevo neanche che non avresti mangiato in mensa” precisò. Ma lei era così arrabbiata da non riuscire a vedere la realtà.
    “L’hai fatto, lo so. Ammettilo, così non dovrò ucciderti; mi limiterò a ferirti quel tanto che basta da lasciarti paralizzato dal collo in giù” lo minacciò, con gli occhi fiammeggianti.
    “Buffy, ascolta quello che stai dicendo. Non avrei mai potuto farlo. Anche se fossi *così* stronzo, non ne sarei stato in grado” tentò di spiegare lui, mentre lei si voltava e cominciava ad allontanarsi. “Buffy …” disse, andandole dietro; lei si fermò di nuovo.
    “Non avvicinarti mai più a me” sibilò a denti stretti, poi se ne andò.

    Buffy entrò in casa e, senza una parola, corse su per le scale ed entrò nella sua stanza. Si sbattè la porta alla spalle e si lanciò sul letto. Dopo pochi secondi sentì un bussare leggero alla porta.
    “Tesoro ...?”. La sig.ra Summers entrò nella stanza. “Tutto bene? Cosa fai a casa così presto?” chiese, avvicinandosi al letto e accorgendosi che la figlia stava piangendo. “Oh tesoro, cosa è successo? Buffy …”
    “Tutto a posto, mamma. Non mi sentivo molto bene, quindi sono tornata a casa” rispose rapidamente Buffy, tirandosi su a sedere e asciugandosi rabbiosamente le lacrime.
    La sig.ra Summers la guardò accigliata.
    “Davvero, sto bene. Solo che ho un mal di testa terribile” mentì Buffy, in maniera abbastanza convincente.
    “Sapevo che ti stavi prendendo qualcosa”. Sospirando la donna posò la mano sulla fronte della figlia. “Sei un po’ calda”.
    “Sto bene, mamma. Sto bene” insisté la ragazza, passandosi le mani sul viso e rimettendosi dietro le orecchie le ciocche ribelli mentre si appoggiava alla testiera del letto.
    “Sei sicura? Non vorrei che ti prendessi qualcosa”
    Buffy annuì, sorridendo debolmente, e la Sig.ra Summers si alzò e si avviò alla porta.
    “Bene, ti porto un’aspirina e delle vitamine, giusto per stare tranquilli. Vuoi della cioccolata calda?” le offrì, stando sulla soglia.
    “Sarebbe fantastico, mamma”.
    Nel momento stesso in cui la porta si richiuse Buffy sbattè la testa sulla testiera del letto e sospirò forte. Si passò le dita fra i capelli, ricordando cosa era successo appena mezz’ora prima. Dio come ho potuto essere così stupida! Stupida, stupida, stupida! Adesso tutti a scuola penseranno che sono una sgualdrina che lo fa sulla cattedra. Con un gemito chiuse gli occhi, cercando di cancellare il pensiero dalla sua mente. Continuò ad insultarsi mentalmente: Stupida, stupida, stupida!
    “È tutta colpa *sua*!” disse alla fine, a denti stretti. “Dio, lo odio così tanto! Lo ucciderò, quell’ idiota ossigenato. Lo uccido, lo uccido, lo uccido …” continuò, mente la rabbia dentro di lei cresceva. “Tu bacerai me” disse, sfottendolo. “Te lo do io “tu bacerai me”. Grrr ...”.
    Si lasciò scivolare sul letto e si rannicchiò in posizione fetale, fissando fuori dalla finestra. Ben presto sentì il cigolio di una porta che si apriva seguito da un suono di passi leggeri.
    “Grazie mamma” cominciò Buffy, voltandosi. “Non so … Spike!” esclamò, alla vista del ragazzo ossigenato, in piedi vicino al letto e con un vassoio in mano. “Vattene!” sibilò immediatamente.
    “Ora, amore, non vorresti ...”
    “Non voglio ascoltarti. Poggia quel vassoio e vattene!” alzò appena la voce lei.
    Lui eseguì la prima parte di ciò che gli era stato detto, poggiando il vassoio sul comodino, ma ignorò il resto.
    “Sei duro d’orecchio?”
    “Non me ne andrò finchè non mi avrai detto perchè ti stai comportando così” replicò lui, con una voce bassa e calma che le diede sui nervi.
    “Perchè ... Io ... Ehm ...”. Lei lottò alla ricerca di una spiegazione, poi sibilò: “Perchè tutta la scuola pensa che io sia una facile, ed è tutta colpa tua”.
    “Colpa mia? Come fa ad essere colpa mia?” chiese lui, sulla difensiva.
    “Sei tu la causa. Tu e il tuo stupido discoso “tu bacerai me”. L’ultima frase la pronunciò in falsetto ed in maniera lamentosa.
    “Nessuno ti ha costretto a fare qualcosa, amore. Anzi, per quanto mi posso ricordare mi sei sembrata più che volonterosa” replicò lui prendendola in giro, ma smettendo ben presto di sogghignare alla visto della rabbia che si sprigionava nei suoi occhi verdi. “Senti, ci hanno visto cuccare, non è che il mondo stia per finire”.
    “Proprio non ci arrivi, vero? La gente …”
    “La gente cosa?” la interruppe lui. “Non stavamo facendo niente di male!” sospirò.
    Buffy rimase tranquilla, cercando una ragione per la propria rabbia, senza trovarne. Aveva ragione; non c’era niente di male in quello che avevano fatto. Certo era un tantino sfacciato, e allora? Erano adolescenti, era normale che facessero cose stupide.
    “Amore, adesso calmati e ...”
    “Non chiamarmi così” lo avvertì lei.
    “Mi dispiace” si scusò sinceramente lui.
    Si scambiarono uno sguardo accondiscendente in silenzio. Alla fine fu Buffy a parlare:
    “Hai visto la faccia di Angel?” disse, con un mezzo sogghigno.
    “Già, sembrava che stesse per venirgli un colpo” replicò Spike ghignando a sua volta, mentre il sorriso di Buffy si allargava.
    “Non sapevo che una persona potesse diventare tanto verde” ridacchiò lei, iniziando a rilassarsi.
    “Hai visto Dru? Sembrava che stesse per scoppiare d’invidia” rise forte lui.
    Qualcosa nel modo in cui lo disse, forse lo scintillio dei suoi occhi mentre ne pronunciava il nome, rese l’argomento molto meno divertente agli occhi di lei. Ignorando il senso di nausea alla bocca dello stomaco, disse a bassa voce:
    “Pare che il piano stia funzionando, eh?”
    Il sorriso di Spike sembrò affievolirsi a questa domanda: “Pare di si”.
    “Chi avrebbe pensato che ci sarebbero cascati?”
    “Già ...”. La tensione fra i due cresceva.
    “Bene ... suppongo che riavrai Dru in un battibaleno”
    “Già”. Lui fece una pausa e deglutì a fatica, poi si sforzò di dire: “E tu riavrai Angel”.
    “Come schiavo personale” disse lei in tono canzonatorio. “Lasciamo che vengano i bei tempi”.
    Spike si limitò a sorridere, ficcandosi le mani intasca. Dopo qualche attimo di silenzio si decise a parlare:
    “Hum… Summers?”
    Buffy lo guardò, lui alzò lo sguardo dal pavimento per incontrare quello di lei.
    “Sei ancora ...”. Si fermò, in attesa di una risposta, ma era chiaro che lei non aveva capito la domanda. “Sei ancora … innamorata di lui?”
    Buffy corrugò la fronte e piegò la testa di lato, ma non rispose.
    “Ehm ... Mi dispiace. Non dovrei chiedertelo, anzi dovrei andarmene”. Parlava velocemente ed in maniera imbarazzata, dirigendosi verso la porta. “Tua madre si starà probabilmente preoccupando per il fatto che sei in camera con un ragazzo da tutto questo tempo e …”
    “Lei pensa che tu sia gay, Spike” disse lei con un sogghigno diabolico.
    “Non ricordarmelo” brontolò lui, girando la maniglia. Era sul punto di andarsene quando Buffy disse:
    “Hum… Spike?”
    “Si amore?”
    “Venerdì vado al Bronze con gli altri, vuoi venire?” chiese con una punta di insicurezza nella voce. Lui non rispose immediatamente e lei si affrettò ad aggiungere: “Solo per far veder a Dru ed Angel il mostro dagli occhi verdi, ovviamente”. Lui rimase in silenzio. “Dru sarà là, probabilmente … sarà divertente vedere se stavolta scoppia” continuò con un sorrisetto. “O forse no, vedi …”.
    “Ci sarò, Summers” la interruppe calmo lui, a bassa voce.
    “Oh ...” sospirò lei. “Bene” disse, ficcandosi le mani in tasca e giocherellando con i piedi con l’orlo del tappeto.
    “Ci vediamo domani, Betty”
    “Ci vediamo domani, William”
    Trattenne il respiro, e rimase a guardare la testa ossigenata che spariva dietro la porta. Uno squillo acuto la riscosse dai suoi pensieri.
    “Pronto?” disse, sollevando la cornetta.
    “Buffy?”
    “Hey, Willow!”
    “Stai bene?” chiese la rossa che, estremamente nervosa ed ansiosa, si trovava all’altro capo del filo. “Voglio dire … la gente sta dicendo che tu e Spike stavate facendo porcherie sulla cattedra del sig. Gulliver. È vero? Che cosa è successo? Stai bene? Spike ha fatto qualcosa ...”
    “Willow, Willow. Calmati. Respira. Così. Inspira ... espira ... inspira ... espira” le spiegò Buffy. “E no, non stavo facendo *porcherie* con Spike. Stavamo solo … sai …”
    “No, non lo so. È per questo che ti sto chiamando. Tra parentesi, a Xander è venuto un attacco di cuore quando Harmony ha detto che ha sorpreso te e Spike completamente nudi in ...”
    “Che cosa?! Oh Dio, io la uccido quella svampita ossigenata” brontolò Buffy a denti stretti. “Non stavo facendo niente. Ci stavamo solo baciando, Willow. Tutto qui”.
    Willow esitò: “S-sei sicura?”.
    “Abbastanza. Voglio dire … io *c’ero*, sai?” replicò sarcastica Buffy.
    “Scu-scusa, non volevo ...”
    “Va tutto bene, Wills. Non c’è bisogno di balbettare”
    “Allora, stai bene? Ero preoccupata per te. Te ne sei andata da scuola senza dire niente, ho pensato ...”
    “Non è successo niente. Giuro. Ero solo ... tremendamente imbarazzata! Non me la sentivo di sopportare tutte le occhiate e gli interrogatori stile Gestapo”.
    “Capisco. Verrai a scuola domani?”
    “Si, non preoccuparti. Va bene?”
    “Si. Ciao”
    “Ciao, Willow”.
     
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    Capitolo 16
    Buffy giaceva tranquilla nel suo letto, ad occhi chiusi, immersa in una sorta di dormiveglia. Si mise supina, con le braccia fuori dalle coperte tiepide, appoggiate sul petto; attraverso la sonnolenza che le avvolgeva la mente sentì un debole rumore. Tentò di aprire gli occhi, ma sembrava che sulle sue palpebre gravasse tutto il peso del mondo, perciò li tenne chiusi, aprendoli di scatto solo quando sentì il materasso spostarsi. Aveva la vista annebbiata, e le ci volle un bel po’ per mettere a fuoco una figura che, avvicinatasi e salita sul letto, si faceva strada come un gatto su di lei. Non aveva bisogno di vederlo per sapere chi era; l’odore di alcool e sigarette che lo circondava lo rendeva fin troppo chiaro. Immobile, trattenne il respiro mentre lui finiva di salirle sopra, gravando il proprio peso sugli avambracci , che aveva poggiato ai lati della sua testa.
    “Spike, che fai qui?”. Tentò di sembrare arrabbiata ed offesa, ma inutilmente, perché la voce le venne fuori in un fragile sussurro.
    “Shh…” lo sentì dire; poi le seppellì il viso alla base del collo, dandole dei baci leggeri lungo la mascella, fino al lobo dell’orecchio.
    Ansimò quando lui le si appoggiò addosso con tutto il suo peso, tenendo una gamba fra le sue ed infilando la mano sinistra sotto le coperte, togliendogliele di dosso prima di afferarle la camicia da notte.
    “Spi...”. Tentò di parlare ma le parole le morirono in gola quando sentì le dita di lui affondarle nelle cosce e sollevarle la camicia da notte.
    Lo sentì gemere e spingere il bacino contro il suo; istintivamente gli avvolse le gambe intorno ai fianchi. Gli afferrò la camicia rossa, tirando nel tentativo di sfilargliela dalla testa, ma lui non la lasciò andare. La tenne tra le braccia, posandole una mano sulla coscia e l’altra sulla nuca, mente la attirava a sé per un bacio infuocato. Lo sentì strofinarsi contro di lei, e si lasciò sfuggire un grido, soffocato dalla sua bocca, mentre gli faceva scorrere le unghie sulla schiena.
    Lui si tirò indietro di colpo per guardarla, mentre entrambi respiravano a fatica.
    “Sei bella, Summers” bisbigliò, prima di seppellirle nuovamente il volto nel collo.
    Lei si inarcò e gemette, mentre la mano di lui, prima posata sulla sua coscia, si spostava fra le sue gambe per tirarle le mutandine.
    “Oh Dio … Buffy”. Lo sentì ansimare mentre con le dita le spingeva di lato l’elastico degli slip.
    “Buffy ... Buffy svegliati!”
    Aprì gli occhi di scatto e vide la madre, in piedi di fronte al letto, che la scuoteva leggermente facendola così uscire dal suo sogno.
    “Mamma?!” chiese, confusa, corrugndo le sopracciglia.
    “Sei in ritardo per la scuola, signorina” la avvertì la signora Summers. “Adesso esci dal letto. Prima di uscire verrò a controllare che tu ti sia alzata” disse, uscendo dalla stanza.
    Buffy si sollevò sui gomiti esaminando, con uno sguardo offuscato, la stanza vuota. Sgranò gli occhi, mentre il ricordo del sogno le assaliva la mente.
    “Oh ... mio Dio” bisbigliò tra se poi, mentre un altro paio di immagini le passavano davanti agli occhi, ripeté in tono più acuto: “OH MIO DIO!”.

    Stava percorrendo rapidamente il corridoio, passando in mezzo alla folla di adolescenti con la testa bassa ed i libri stretti al petto, sforzandosi il più possibile di evitare i luoghi in cui avrebbe potuto trovarsi lui.
    “Hey, Buffy!”. Sentì la voce familiare di Willow e, voltatasi, vide la rossa che, in piedi vicino al suo armadietto insieme a Oz, la salutava con la mano.
    La biondina sorrise, era sul punto di andarle incontro quando colse un baluginio di capelli bianchi e cuoio nero che voltava l’angolo e si dirigeva verso Willow. Buffy spalancò gli occhi e si affrettò a gridare:
    “Non posso. Sono in ritardo.” Detto questo si voltò e proseguì lungo il corridoio.
    Willow si accigliò per l’affermazione della sua migliore amica.
    “In ritardo? La campanella non ha neanche suonato. E da quando Buffy ha la fissa di arrivare puntuale … a letteratura inglese, niente meno?”
    Oz si limitò a stringersi nelle spalle.
    “Hey.”
    Willow fece un salto, sentendo una profonda voce maschile alle sue spalle.
    “Hey Spike” replicò rapida, mentre Oz salutava con un cenno del capo.
    “Ragazzi, avete visto Buffy?” chiese lui.
    “L’abbiamo appena vista. Stava andando in classe” spiegò Willow.
    “Di già?” si accigliò Spike.
    I due rossi si strinsero nelle spalle.
    “Bè, ci vediamo dopo allora” disse l’ossigenato, poi si mise a correre lungo il corridoio per andare in classe.

    Buffy percorse rapidamente il corridoio, frugando fra i propri libri alla ricerca del suo orario. Era talmente immersa in questo compito che non notò affatto le occhiate curiose rivolte nella sua direzione, né il bisbigliare continuo a cui ogni studente si dedicava al suo passaggio. Sospirò soddisfatta, una volta trovato ciò che stava cercando.
    “Mercoledì ... mercoledì ...” borbottò, facendo scorrere l’indice sulla tabella. Perché mai non si ricordava che lezione aveva? “Stupido sogno!” mormorò, riprendendo a cercare. “Letteratura inglese” disse, poi alzò gli occhi per controllare dove si trovava. “Da quella parte”.
    Quando raggiunse l’aula, guardò da entrabe le parti prima di girare la maniglia ed entrare. Si chiuse la porta alle spalle e, chiudendo gli occhi, emise un profondo sospiro di sollievo.
    “Al sicuro. Cara vecchia letteratura inglese. Ah”.
    All’improvviso aprì gli occhi di scatto.
    “Letteratura inglese? Ma è con ...”
    Non riuscì a finire la frase, dato che qualcuno aprì la porta a cui si era appoggiata, mandandola a terra a gambe all’aria. Gemette per lo scontro con la superficie dura, mentre i capelli le ricadevano sul viso, ma si rimise velocemente in piedi. Respirando forte, si allontanò le ciocche bionde dal viso. Quando vide chi le stava di fronte, tenendo la porta aperta, dovette sopprimere uno squittio.
    “Spike” gemette alzando gli occhi al cielo, poi si voltò ed andò al suo banco, vicino alla finestra.
    “Hey amore! Anche a me fa piacere vederti” mormorò lui sarcastico, chiudendosi la porta alle spalle.
    “Che cosa fai qui?” chiese lei seccata, tentando di scacciare i ricordi del suo sogno, che continuavano a scorrerle davanti agli occhi.
    “La domanda dovrebbe essere: perchè sei qui amore? La lezione non è ancora iniziata” precisò Spike, andando ad appoggiarsi al banco a fianco al suo.
    Buffy si passò le dita sugli occhi, gemendo e respingendo le immagini piccanti del suo sogno.
    “Stai bene? È per ieri? Credevo ...”
    “No, sto bene” brontolò lei.
    “Si, sei al massimo, amore”
    “Per favore la vuoi smettere di chiamarmi così?”. Lo stava praticametne supplicando.
    Spike si sistemò sulla sua sedia e la fissò.
    “È per tua madre? Perchè ...”
    “Spike, smettila di cercare di psicanalizzarmi. Te l’ho detto: sto bene. Sono solo stanca. Ho fatto un brutto sogno, *veramente* brutto” gemette lei, prendendosi la testa fra le mani.
    “Sicura che è tutto qui?” chiese lui, senza riuscire ad evitare di mettere nel suo tono un filo di preoccupazione.
    “Spike, perchè mi fai tutte queste domande?” gemette lei, guardandolo finalmente in viso.
    Lui era sul punto di rispondere, quando la porta dell’aula si aprì.
    “Come avete fatto ad entrare, ragazzi?”. Sentirono la voce della sig.ra Kennedy e si voltarono rapidamente verso di lei.
    “Sig.ra Kennedy” salutò Buffy imbarazzata.
    “Sig.na Summers”. La donna annuì, poggiando le sue cose sulla cattedra. “Non avevo mai pensato che lei fosse il tipo che viene in classe in anticipo. Credevo che odiasse la letteratura inglese”.
    “I-io ... no ... io ...” balbettò Buffy.
    “Non c’è bisogno di balbettare, Buffy. Sono contenta che si sia appassionata alla mia materia”. La signora Kennedy sorrise ammiccando alla biondina da sotto le lenti degli occhiali.
    Buffy sospirò di sollievo quando Spike si alzò e si allontanò per parlare con l’insegnante. Accigliata, assistette al breve scambio di parole tra i due; alla fine la sig.ra Kennedy annuì ed il ragazzo tornò sui propri passi e si sedette accanto a Buffy.
    “Perchè stai sorridendo? Non mi piace quando lo fai. Significa che sono in arrivo cose spiacevoli” brontolò Buffy, sollevando i sopraccigli.
    La campanella suonò e la sig.ra Kennedy aprì la porta dell’aula, lasciando entrare un gruppo di adolescenti sovraeccitati. Man mano che questi vedevano la coppia di biondi seduti vicini, la stanza si riempiva di bisbigli e pettegolezzi.
    “Non vai a sederti al tuo posto?” chiese Buffy.
    Prima che Spike potesse rispondere la sig.ra Kennedy disse:
    “Sig.na Kendal”. Non ebbe alcuna risposta, perchè la bionda stava chiaccherando entusiasticamente con un altro studente e, nel frattempo, gettava occhiate alla famigerata coppia. “Harmony Kendal!” la chiamò nuovamente la sig.ra Kennedy, e stavolta la ragazza se ne rese conto. “Se non le dispiace vorrei che scambiasse il suo posto con Spike”.
    Buffy spalancò gli occhi, fissando Spike che sogghignava e ammicava.
    “Che cosa?! Perchè?” si lamentò la ragazza.
    “Perchè da ora in poi Spike farà da tutor a Buffy nello studio della letteratura inglese. E a lei farà bene non essere così vicina alle altre cheerleader. Sembra che lei abbia grosse difficoltà di concentrazione quando si trova con loro” rispose la sig.ra Kennedy, voltandosi per scrivere qualcosa alla lavagna.
    “Ma ...”
    “Non un’altra parola, Harmony” la avvertì la sig.ra Kennedy, senza neanche voltarsi.
    La bionda prese di malavoglia le sue cose e, trascinando i piedi, andò al suo nuovo banco mormorando:
    “Il tutor un corno ...”
    “L’ho sentita, sig.na Kendal” la avvertì la sig.ra Kennedy prima di cominciare la lezione.
    Un’ora più tardi la campanella suonò di nuovo, gli studenti respirarono tutti insieme di sollievo e cominciarono immediatamente a raccogliere i loro libri per lasciare l’aula.
    Spike si appoggiò al suo nuovo banco, guardando Buffy che, imbarazzata, infilava le sue cose nello zainetto.
    “Sei nervosa, amore?” le chiese alla fine, curioso, sollevando un sopracciglio.
    Lei aveva passato tutta la lezione ad evitarlo, scrivendo freneticamente sul blocco per gli appunti. Se non l’avesse conosciuta avrebbe pensato che stesse davvero cercando di imparare qualcosa. Ogni volta che la guardava o la chiamava, lei diventava rossa come un peperone e continuava a fissare i suoi libri.
    “Sto bene” esalò lei, mettendosi lo zaino sulle spalla.
    “Bè, a me sembri un po’ agitata” insistè lui mentre uscivano insieme dall’aula.
    “Ho da fare. De –devo andare”.
    E con ciò si mise a correre lungo il corridoio, lasciandolo solo e stravolto.

    Passarono due giorni e Buffy continuò ad evitarlo con attenzione, ed anche con un certo successo. L’aveva visto solo una volta, giovedì, ed era riuscita a nascondersi prima che lui la vedesse.
    Sospirando contenta entrò in casa e si trascinò su per le scale. Si lasciò cadere sul letto e rimase sdraiata sulla schiena a fissare il soffitto; suonò il telefono. Con un grugnito si allungò di malavoglia sul letto, fino a raggiungere il comodino ed a sollevare la cornetta.
    “Pronto?”
    “Hey Buffy”. Dall’altro capo del filo c’era Willow, d’umore decisamente vivace.
    “Hey Wills” mormorò la bionda, sdraiandosi sulla schiena e chiudendo gli occhi.
    “A che ora facciamo stasera?”
    “Stasera?”. Buffy si accigliò mentre nella sua testa si formava un punto interrogativo. “Che succede stasera?”
    “Il Bronze … te lo ricordi?”
    “Ah ... giusto” disse Buffy non particolarmente entusiasta.
    “Non dirmi che non vieni” la pregò Willow, che conosceva anche troppo bene la sua migliore amica.
    “Bè ... Sono un po’ stanca e mia mamma ...”
    “E dai Buffy! Avevi detto che saresti venuta, l’avevi promesso” si lamentò Willow.
    “Perché vuoi che venga?” si meravigliò Buffy.
    “Bè, i-io ... sei la mia migliore amica e-e … non mi divertirei affatto se tu non venissi” balbettò la rossa.
    “Bene ... Riprovaci, stavolta senza il patetico tentativo di menzogna” mormorò Buffy, premendosi le dita sulle palpebre serrate.
    “I-io non sto mentendo”
    “E dai Wills. Non saresti capace di mentire neanche se ne andasse della tua vita. Adesso sputa il rospo!” ordinò Buffy con tono leggero.
    “E va bene!”. All’improvviso il tono di Willow si riempì di eccitazione infantile. “Non dovrei dirtelo ma …”. Ci fu un momento di silenzio, poi la rossa urlò isterica nella cornetta: “Il gruppo di Oz suona stanotte!”
    Buffy fece un salto e lasciò andare il telefono, mettendosi una mano sull’orecchio. A denti stretti disse una serie di parolacce, poi riprese la cornetta.
    “Buffy ci sei?”
    “Si, ci sono. Sto sanguinando da un orecchio ma ci sono”
    “Mi dispiace tanto! È solo che ... OZ SUONA STANOTTE!” gridò di nuovo Willow, facendole fare un altro salto.
    “Willow, quale parte della frase “Sto sanguinando da un orecchio” non hai capito? L’orecchio? O il sanguinare?”
    “Mi dispiace” disse Willow con una vocetta piccola piccola “È solo che sono così eccitata”
    “Ed il ronzio nel mio orecchio ne è decisamente la prova”
    “Mi dispiace” supplicò la rossa.
    “Va bene, Wills. Nessun problema” disse Buffy, facendo una smorfia ed infilandosi un dito nell’orecchio.
    “Quindi verrai?”
    Non vi fu risposta.
    “E dai! Devi venire. Porterò la videocamera e tutto il resto!!!”. L’eccitazione di Willow traspariva chiaramente dal tono acuto della sua voce.
    “Io …”
    “Per favoreeeeeeee”
    “Non posso prometterti niente. Ma cercherò di esserci, va bene?”
    “Va bene. Adeso devo andare. Devo scegliere il mio abbigliamento non sexy” ridacchiò Willow.
    “Ciao Wills”
    “Ciao”
    Buffy rimase per qualche secondo sdraiata sulla schiena, con il segnale di libero che le riecheggiava nelle orecchie, prima di rimettere a posto la cornetta. Chiuse gli occhi; si stava addormentando quando sentì la porta della sua camera che si apriva.
    La voce della madre si spanse per la stanza: “Tesoro?”.
    “Mamma? Che fai a casa?” chiese Buffy, sollevandosi lentamente sui gomiti. Si accigliò vedendo che la madre era vestita di tutto punto e … “Ti sei truccata!”.
    “Si” annui la sig.ra Summers, stringendo più forte la stola color pesca che portava drappeggiata sulle spalle.
    “Tu non ti trucchi mai. Non ti sei truccata neanche ai tuoi ultimi appuntamenti” notò Buffy sospettosa, sollevandosi a sedere.
    “È vero”. Di nuovo annuì, in maniera fastidiosamente tranquilla.
    “Perché sei truccata?”
    “Sto andando ad un appuntamento”
    “Di nuovo?! Hai avuto appuntamenti tutte le sere questa settimana” notò Buffy, leggermente offesa per il comportamento della madre.
    “Buffy, sono una donna adulta e ho il diritto di uscire quanto mi pare”
    Buffy si alzò, sospirando frustrata.
    “Lo so mamma, ma ...”. Si interruppe scegliendo le parole attentamente. “È una cosa seria?”
    “Che cosa, tesoro?”
    “La persona con cui stai uscendo ... È una cosa seria? Voglio dire, se vale la pena di truccarsi, probabilmente è una cosa seria” affermò Buffy.
    La sig.ra Summers chiuse la bocca. Non aveva intenzione di parlarne in quel momento.
    “Tesoro ... Non lo so”
    “Dovrò incontrarlo?” chiese Buffy con una punta di disperazione della voce.
    La donna sorrise dolcemente e scosse la testa.
    “Per il momento no”
    “Bene”. Buffy sospirò di sollievo e se ne tornò a letto, mentre la madre rimaneva sulla soglia.
    “Hai ancora intenzione di uscire stanotte?” chiese la sig.ra Summers.
    “Non lo so. Forse” mormorò Buffy lasciandosi cadere sul letto.
    “Bè, divertiti”. La madre fece per andarsene, poi si voltò ed arrossì leggermente. “I-io potrei fare tardi stanotte”
    Buffy piegò la testa di lato e sollevò sospettosa un sopracciglio, poi chiese:
    “Tardi quanto?”
    “Tardi”. La sig.ra Summers stava chiaramente cercando di evitare l’argomento.
    “Quanto tardi, mamma?” insisté Buffy.
    “Potrei non rientrare stanotte”. Alla fine la sig.ra Summers aveva trovato il coraggio di dirlo. Prima che la figlia potesse dire qualcosa, chiuse la porta e, scese di corsa le scale, uscì lasciando Buffy seduta sul letto che tentava di chiudere la bocca.

    Stava camminando in cerchio nella sua stanza, aprendo e chiudendo i pugni, ficcandosi le unghie nei palmi sudaticci delle mani.
    “Mia madre che fa sesso con un estraneo?” mormorò incredula per la centesima volta. “Mia madre. Che fa sesso. Con un estraneo”. Le si rivoltò dolorosamente lo stomaco. Riuscì a dire: “Oh Dio ... credo di essere sul punto di sentirmi male”, poi corse per il corridoio fino in bagno, si inginocchiò davanti al water e vomitò.
    Dopo aver finito si lasciò cadere sulle pianelle bianche e si appoggiò alla parete fredda, serrando forte gli occhi. Il campanello suonò; brontolando fra sé si chiese se limitarsi a lasciarlo suonare. Non se la sentiva di alzarsi. Alla fine il suono cominciò a rimbombarle nel cervello, facendole venire un gran mal di testa; allora si costrinse ad alzarsi e, mentre il suono continuava incessante, si trascinò lungo le scale.
    “Arrivo. Arrivo. Per l’amor di Dio aspetta un attimo?” gridò mentre apriva la porta. Alla vista dell’ormai familiare biondo platino sollevò gli occhi al cielo.
    “Non ti sei ancora vestita” notò lui, vedendo lo spesso accappatoio bianco e le babbucce a forma di coniglio che indossava.
    “No? Davvero? Hai delle capacità di osservazione così sviluppate. Mi meravigli!” disse lei con finto entusiasmo, mentre si trascinava in soggiorno.
    Spike entrò accigliandosi, si chiuse la porta alle spalle e seguì la biondina.
    “Vedo che stasera sei del tuo solito umore vivace” disse, guardandola mentre si lasciava cadere sul divano passando sovrapensiero da un canale all’altro.
    “Non provocarmi Spike, non sono di buon umore” brontolò lei, senza distogliere gli occhi dal televisore.
    “Oh ... che novità” ribatté lui.
    Alzando nuovamente gli occhi al cielo lei si voltò a guardare il ragazzo nerovestito, e si rese conto che teneva le mani nascoste dietro la schiena.
    “Cosa stai nascondendo?” chiese, tentando di apparire disinteressata.
    “Niente” rispose lui sogghignando.
    “Che cos’è?” insisté lei, tirandosi su a sedere.
    “Niente”
    Senza una parola lei si alzò e andò verso di lui. Lui fece immediatamente un passo indietro.
    “E dai. Cosa stai nascondendo?” ripeté lei.
    Il sogghigno di lui si allargò mentre lei cercava di girargli intorno; continuava a girarsi senza darle la possibilità di vedere che cosa stava nascondendo. Per un po’ giocarono al gatto con il topo, alla fine Buffy lo stava tirando e spingendo, cercando di non ridacchiare mentre tentava di raggiungergli la schiena. All’improvviso lei gli tirò con forza l’avambraccio, facendogli perdere l’equilibrio; istintivamente lui mise entrambe le mani davanti a sé nel tentativo di puntellarsi al divano mostrando così la rosa rossa che teneva nella mano sinistra. Buffy si accigliò.
    “Una rosa? Per me?” chiese, leggermente confusa.
    “No. È per tua mamma” rispose velocemente lui, guardando lo scintillio degli occhi di lei che si spegneva.
    “Ah ...” mormorò lei imbarazzata.
    Lui sentì una puntura al cuore e si affrettò a dire la verità:
    “Sto scherzando, amore. È per te.”
    Lei non disse niente, limitandosi a guardarlo con aria perplessa.
    “Perchè?”
    “È il nostro anniversario. Una settimana. Volevo portarti un bouquet ma ho pensato che tua madre si sarebbe insospettita.” spiegò lui.
    Buffy socchiuse gli occhi. Era arrossito?
    “L’anniversario di una settimana?”
    “Si. Ci siamo messi d’accordo sulla nostra finta coppia una settimana fa, te lo ricordi? “Ci terremo la mano?”
    “Ah ... giusto”. Ora era lei ad arrossire mentre gli prendeva la rosa dalle mani.
    “L-lo so, è stupido. N-non avrei dovuto …” cominciò Spike imbarazzato.
    “N-no. M-mi piace” balbettò Buffy, poi andò in cucina a prendere un bicchiere d’acqua per mettervi la rosa.
    “Se non ti piace buttala via. Non mi importa. Era solo …” cominciò a blaterare Spike.
    “No, mi piace” ripeté Buffy meno esitante.
    Rimasero in cucina, e fra loro si creò un silenzio incredibilmente imbarazzante. Fu Buffy a romperlo.
    “Vuoi mangiare qualcosa?”
    “No grazie. Ho già mangiato. E comunque siamo in ritardo dato che ti devi ancora vestire e tutto il resto.”
    “Non credo che verrò” replicò lei.
    “Cosa vuoi dire? Non verrai all’esibizione del bassotto?” chiese Spike accigliandosi.
    “Il bassotto?”. Buffy sollevò un sopracciglio.
    “Oz. Il ragazzo della rossa”
    “Il bassotto ... giusto. Senti chi parla” ghignò Buffy, squadrandolo dalla testa ai piedi.
    “Hey!” protestò lui.
    Buffy sorrise trionfante ma il suo sorriso crollò ben presto quando si rese conto di una cosa.
    “Aspetta un attimo. Willow te l’ha detto? Pensavo che dovesse essere un segreto” disse imbronciata.
    “Non è stata lei. È stato Oz. Me l’ha detto mentre giocavamo a calcio.”
    “Tu giochi a calcio con Oz?”
    “E con l’idiota”
    “Anche con Xander?”
    Spike annuì.
    “E Oz ti ha detto del concerto”. Lui annuì di nuovo. “Da quando sei amico di Oz?”
    “Cosa vuoi che ti dica? Le persone sono attratte da me” disse lui stringendosi nelle spalle. “Allora vai a vestirti o no?”
    Buffy emise un sospiro forzato, poi annuì e corse su per le scale.
    “Dammi 5 minuti” gridò.


    Capitolo 17
    Mezz’ora dopo era spaparanzato sul divano e girovagare da un canale all’altro. Ogni tanto gettava un’occhiata in direzione delle scale nella vaga speranza di trovarla lì. Sospirando forte si alzò e corse su per le scale. Raggiunta la sua camera sollevò il braccio e bussò.
    “Sei pronta?”
    Sentì che gridava: “Altri due minuti”.
    “E dai, amore, arriveremo in ritardo allo spettacolo del bassotto” brontolò Spike.
    Ci furono alcuni momenti di silenzio.
    “Amore ...” Si bloccò a metà della frase quando la porta si aprì, rivelando la figura zoppicante di lei.
    Buffy stava saltellando goffamente su un piede mentre tentava di infilare l’altro in uno stivale a tacco alto e, contemporaneamente, cercava di agganciarsi un orecchino a pendente. Lui la fissò apertamente mentre lei raggiungeva zoppicando il tavolo da toeletta. Indossava una minigonna nera ed un top luccicante color argento allacciato intorno al collo, che le lasciava scoperta la schiena. Il tutto completato da un paio di stivali neri al ginocchio con il tacco alto.
    Si stava guardando allo specchio, accigliata perché l’orecchino non voleva saperne di entrare nel foro dell’orecchio.
    “Stupido orecchino” brontolò, continuando a spingere il piede dentro lo stivale. Dopo qualche momento riuscì a fare entrambe le cose e si raddrizzò davanti allo specchio, tirandosi giù la gonna e voltandosi per controllarsi la schiena. “Come ti sembro?” chiese, senza neanche guardare il ragazzo.
    Spike aprì e chiuse la bocca un paio di volte, come un pesce fuor d’acqua, ma le parole non gli vennero fuori e si limitò a fissare la ragazza di fronte a lui. Trattenne un gemito quando lei si chinò verso lo specchio per mettersi il rossetto.
    Dopo qualche minuto lei si raddrizzò di nuovo, tirandosi giù la gonna e lisciandosi il top, poi si mise di fianco per guardarsi allo specchio.
    “Come va la pittura di guerra?” chiese, decidendosi a guardarlo.
    Spike fece un salto per la sorpresa, riscuotendosi dal proprio torpore per guardarla in faccia.
    “Cosa?” riuscì a dire.
    “Il trucco. Va bene?” chiese lei, voltando lo specchio e schioccando le labbra.
    “Va bene” mormorò lui, riportando lo sguardo sulle sue gambe nude mentre lei si chinava sul tavolino.
    A questa affermazione lei si raddrizzò immediatamente.
    “Solo bene?” si accigliò.
    “Sei splendida, amore” si corresse lui.
    “Sarà meglio” disse lei imbronciandosi leggermente. “Voglio vedere Dru con la bava alla bocca ed Angel che si prende a calci fino a svenire per avermi mollato” precisò diabolica, prendendo il cappotto e uscendo dalla stanza, seguita rapidamente da Spike.
    Chiuse la porta a chiave e si voltò, accigliandosi alla vista di Spike che si dirigeva verso una macchina parcheggiata davanti alla casa.
    “Cos’è quello?”
    “Il mio tesoro” rispose lui orgoglioso, aprendole la portiera.
    “Il tuo tesoro?” chiese lei, sollevando un sopracciglio perfetto.
    “Si”
    “Da quando hai un’auto?” chiese lei salendovi.
    Dovette aspettare che lui salisse in macchina.
    “Ce l’ho da una vita”
    “Allora perché non la usi per andare a scuola?” chiese lei; sollevando una mano continuò: “Non rispondere. Domanda stupida. Ti vergogni di farti vedere su questo trabiccolo”.
    “Hey!” protestò lui. “Questo trabiccolo è un classico”
    “Vero. È per questo che sta cadendo a pezzi. Sei sicuro di non voler andare a piedi?”
    Lui le rivolse un sorriso forzato che sparì non appena ebbe messo in moto.
    “Amo questa macchina. Non prenderla in giro. Considerati avvertita passerotto” brontolò mentre partiva.

    Buffy scese dall’auto e aspettò che Spike la chiudesse a chiave prima di dirigersi all’affollatissimo locale. Quando arrivò alla porta si fermò di colpo.
    “Qual il problema, passerotto?” chiese lui, sollevando il sopracciglio sfregiato.
    Lei non rispose, limitandosi ad inspirare a fondo, lasciando che il proprio petto si alzasse e si abbassasse un paio di volte prima di riscuotersi.
    “Devi proprio farlo tutte le volte?” chiese lui, ricordando che aveva fatto esattamente lo stesso esercizio prima di pomiciare con lui, tre giorni prima.
    “Mi sto preparando per la battaglia” replicò lei, aprendo gli occhi ed entrando al Bronze.
    Spike scosse la testa e la seguì.
    Non ci volle molto perché scorgessero una Willow sovraeccitata che stava praticamente saltando sulla sedia mentre li salutava con la mano. Xander e Cordelia erano seduti intorno al tavolo, quest’ultima cercando disperatamente di non farsi notare.
    “Hey Buffy! Ce l’hai fatta!” disse Willow, decisamente vivace, gettandole le braccia al collo.
    “Ehi Will ... Ho bisogno di respirare” riuscì a dire Buffy.
    “Ah scusa!” saltò su Willow, lasciandola andare.
    “È così da un’ora” brontolò Cordelia.
    Buffy sorrise e fece per prendere uno sgabello, ma Spike fu più veloce e lo allontanò dal tavolo perché potesse sedersi. Lei si accigliò leggermente ma non disse nulla, fece un cenno del capo e si sedette. Fece il gesto di togliersi il cappotto e, con sua grande sorpresa, di nuovo trovò Spike pronto ad aiutarla. Deglutì rumorosamente e gli rivolse un debole sorriso, poi si voltò verso il gruppo:
    “Allora ... Quando comincia?” chiese, esaminando la stanza e accorgendosi che la coppia della morte non era ancora arrivata.
    “Fra mezz’ora” rispose subito Willow, battendo le mani.
    “Mezz’ora? Avevi detto che eravamo in ritardo” protestò Buffy, guardando fisso il ragazzo seduto al suo fianco.
    “Era l’unico modo per farti arrivare in tempo, passerotto”. Buffy lo colpì con forza sul braccio e lui fremette: “Hey!”.
    “Così impari a mentire” brontolò lei.
    “Te la cavi con poco amico” intervenne Xander. “Dovresti vedere cosa mi succede quando … Ahio!”. Non riuscì a finire la frase perché qualcuno gli aveva mollato un calcione sotto il tavolo. “Vedi cosa intendo” mormorò.
    Spike gli rivolse un sogghigno di simpatia e si voltò verso Buffy.
    “Vuoi qualcosa da bere, amore?”
    “Soda” rispose lei, continuando a scrutare la folla.
    “Qualcun altro?”
    “Io sono a posto” rispose Xander.
    “Io voglio andarmene” brontolò Cordelia.
    Spike si voltò a guardare Willow che sembrava del tutto fuori dal mondo. Senza una parola si diresse al bar.
    “Cavoli, è proprio affollato, vero?” notò Buffy.
    “Si, non è meraviglioso?” squittì Willow unendo le mani per poter nuovamente applaudire istericamente ma senza riuscirci, dato che Cordelia la teneva saldamente per i polsi.
    “Batti le mani ancora una volta e ti giuro che te le strappo a morsi” la minacciò la bruna con un’occhiata assassina.
    Willow sgranò gli occhi per un secondo, poi allontanò le mani dalla presa ferrea della cheerleader.
    “Come mai sei di umore anche peggiore del solito, Cordy?” chiese Buffy.
    “Perché Miss “sono un’isterica” ha passato l’ultima ora a battere le mani come un coniglietto giocattolo a velocità massima”
    “Ecco” disse Spike poggiando la soda sul tavolo.
    Buffy corrugò le sopracciglia alla vista della bottiglia che teneva in mano.
    “*Non* hai intenzione di bere quella roba, vero?”
    “Perché no?” si accigliò lui, scrutando l’etichetta.
    “Ti verrà l’alito alla birra” rispose lei.
    “E allora?” chiese lui confuso.
    “Se lo bevi non avvicinarti a me stanotte” affermò lei.
    “Ma ...”
    Lei si limitò a scuotere la testa.
    “Per l’inferno maledetto” brontolò lui, mettendo giù la birra e ficcandosi le mani in tasca.
    “A cuccia” tossì Xander, attirandosi un’occhiata dell’ossigenato che stava armeggiando con un pacchetto bianco e rosso.
    “E non fumare” disse Buffy, notando il pacchetto di sigarette.
    “Ma passerotto ...”
    “No”
    “Affanculo tutto” scattò lui rimettendosi il pacchetto in tasca. Prima che Xander potesse dire qualcosa ringhiò: “Accidenti”.
    Xander sogghignò maligno ma si trattenne dal fare commenti, sopratutto in considerazione del fatto che anche lui non era esattamente un uomo libero.
    “Dov’è Oz?” chiese Buffy.
    “Dietro le quinte. Si sta preparando”. Willow tentò di evitare di far trasparire la propria agitazione dalla voce, ma non ci riuscì. “Sono così eccitata!”. Fece il gesto di unire le mani ma, vedendo che Cordy le lanciava un’altra delle sue occhiate taglienti, riuscì a trattenersi.
    Buffy sorrise, portando alle labbra la sua bibita, mentre la conversazione andava avanti.
    “Allora, da quando tu, Oz e Mr Ossigeno giocate insieme a calcio?” chiese, indicando Spike con la testa.
    “Da mercoledì” rispose semplicemente Xander. “Ci ha chiesto se volevamo giocare dopo la scuola. Il calcio non è poi così male”.
    Buffy ghignò, gettando un’occhiata al ragazzo seduto al suo fianco con un braccio sullo schienale della sua sedia.
    “Lentamente vi sto esorcizzando tutti da quel male chiamato football americano” ghignò lui, sollevando le sopracciglia allusivo.
    “Io continuo a sostenere che il football americano è il massimo” saltò su Xander.
    “Dai tempo al tempo. Cambierai idea” disse Spike, cominciando a giocherellare con il bordo del top di Buffy.
    “Da parte mia io sono a favore del calcio” si inserì Cordelia.
    “Un altro che ha visto la luce! Alleluia fratelli!” gridò Spike sollevando le braccia in aria e attirandosi una serie di sguardi dai tavoli vicini.
    “Non. Cercare. Mai. Di imitare l’accento americano Spike” mormorò Buffy con una smorfia. “È così triste e … sbagliato. Talmente sbagliato!” lo prese in giro.
    “Ah, ah. Molto divertente amore” disse Spike con finto entusiasmo, lasciandole andare il top e cominciando a massaggiarle la schiena nuda.
    Lei si irrigidì per un secondo, contraendo i muscoli alla sensazione delle dita ruvide di lui che le scorrevano pigramente lungo la spina dorsale, poi si rilassò man mano che si abituava al suo tocco, ora persino piacevole.
    La conversazione andò avanti per qualche minuto, poi la musica di sottofondo venne spenta e le luci vennero abbassate e puntate sul piccolo palco al lato del locale.
    “Oh mio Dio! Sono loro!” strillò Willow, applaudendo isterica.
    “*Per favore* qualcuno le dia un Valium. Per amor mio” supplicò Cordelia, mentre dalle casse una profonda voce maschile annunciava:
    “Signore e signori, un applauso per i “Dingoes Ate my Baby”!”
    Per alcuni attimi un rombo riempì il locale poi vi fu silenzio totale e si sentirono i primi accordi della canzone. Un riflettore si accese sulla band e finalmente videro Oz.
    “Oh mio Dio, mio Dio, mio Dio! Oz!” fu tutto quello che Willow riuscì a dire prima di portarsi la mano alla bocca e fissare il suo ragazzo sul palco.
    Il gruppo rimase seduto intorno al tavolo mentre la musica continuava. Spike passava noncurante la mano sulla schiena di Buffy e, sentendo che lei gli si appoggiava, trattenne il respiro. Si bloccò per un attimo poi la circondò con le braccia attirandola a se mentre lei gli posava la testa sul petto. Chiuse gli occhi per una frazione di secondo, inspirando profondamente il suo profumo alla vaniglia. Aveva un profumo meraviglioso! Quando la canzone finì lei si raddrizzò e applaudì rumorosamente, insieme ad una Willow entusiasta ed a una Cordelia di cattivo umore. Xander da parte sua si infilò le dita in bocca e fischiò tanto da perforare i timpani di tutti quelli che gli stavano vicino … compresa Cordelia; cosa che gli procurò un altro calcione nello stinco.
    “Ahi!” protestò, massaggiandosi la gamba dolorante.
    Spike era indifferente a ciò che gli succedeva intorno, dato che non appena la musica era ripartita Buffy gli si era nuovamente appoggiata addosso, nella stessa posizione di prima. Non sapeva perché ma gli sembrava così … giusto. Sospirò circondandola nuovamente con le braccia e riprendendo a giocherellare con i bordi del suo top.
    La canzone successiva era un lento e, quando alcune coppie si alzarono per andare a ballare, Buffy si voltò a chiedere a Spike:
    “Vuoi ballare?”
    “Certo, passerotto” rispose subito lui, poi si alzò e, dopo averle sistemato il cappotto sulla sedia, la condusse sulla pista da ballo.
    Quando la raggiunsero si creò un’impasse mentre, imbarazzati, cercavano di sistemarsi. Alla fine fu Spike a prendere in mano la situazione, cingendola con le braccia e attirandola verso di sé, mentre lei gli poggiava la testa sulla spalla destra.
    Passò qualche secondo poi la sentì bisbigliare:
    “Ci hanno visto?”
    “Cosa?” chiese lui, accigliandosi.
    “Dru e Angel” insisté lei mentre lui, di colpo, si rendeva conto che lei stava guardando qualcuno dall’altra parte della stanza.
    Diede anche lui un’occhiata in quella direzione e trovò la famigerata coppia impegnata a pomiciare pesantemente.
    “Ah” mormorò, sentendo una punta al petto. Non riuscì a capire se la causa fosse il patetico spettacolo a cui stava assistendo, oppure il fatto che la ragazza fra le sue braccia aveva ricambiato il suo tenero comportamento solo per finta. Aveva paura che il motivo fosse quest’ultimo.
    “Allora, stanno guardando?” chiese ansiosamente lei.
    “Ehm … non credo. Angel è troppo occupato a ficcare la lingua in gola alla mia ex per notarci” rispose lui, sentendo che la nausea gli faceva ribollire lo stomaco.
    “Dannazione” brontolò lei, muovendosi di malavoglia al ritmo lento della canzone. “Bè, allora dobbiamo *farci* notare” mormorò voltandosi lentamente, in maniera tale da poggiare la schiena contro il petto di lui.
    Pigramente passò le mani su quelle di lui, facendole scorrere dai propri fianchi alle spalle ed al collo di lui, prima di agitarle in aria sopra la sua testa. Fece oscillare i fianchi in lenti movimenti circolari, seguendo il ritmo tranquillizzante della canzone, mentre si strofinava su e giù contro il suo corpo.
    Spike chiuse gli occhi e strinse i denti, mettendo ancora più in evidenza i suoi zigomi affilati, cercando di controllarsi quel tanto che bastava ad evitare di prenderla e inchiodarla contro la superficie dura più vicina.
    Lei continuò a ballare senza rendersi conto delle sue reazioni, posandogli ad occhi chiusi la testa sul petto, in maniera tale che i capelli biondi ricaddero contro il suo spolverino. Si voltò lentamente verso Spike, gettando un’occhiata alla coppia nell’ombra. Un sorriso di trionfo le incurvò le labbra, quando scorse l’espressione scioccata di entrambi. Seppellì il viso nella camicia rossa di Spike, inspirando profondamente. Scosse la testa, cercando di riscuotersi dal torpore che improvvisamente l’aveva avvolta. Il suo stomaco cominciò a fare le capriole, come le accadeva sempre quando gli si avvicinava. “Che succede? Non dovresti sentirti così. Stai solo ... facendo finta” ricordò a se stessa, prima di sollevare lo sguardo e strofinare il naso contro la gola pallida di lui per poi passargli le labbra sulla pelle morbida.
    Spike ansimò sentendo che lei gli sfiorava il collo con i denti, puntando al lobo dell’orecchio destro. Mentre glielo mordicchiava e glielo succhiava la sentì bisbigliare:
    “Immagino ...” – bacio – “che abbiamo attirato” – leccatina – “la loro attenzione”.
    La sentì sorridere contro il suo orecchio e gli ci volle qualche secondo per riuscire ad articolare una risposta coerente, più o meno.
    “Ehm ...”. Deglutì a fatica un paio di volte. “Si ... Immagino di si”.
    “Stanno ancora guardando?” bisbigliò lei, cercando di ignorare il fatto che il cuore le battesse all’impazzata.
    Si sentiva intossicata dal profumo di lui, mentre gli depositava baci leggeri sulla gola, strofinandogli il naso nell’incavo del collo. Le sue mani, come agendo di vita propria, scesero alla vita di lui e gli si infilarono sotto la camicia per accarezzargli lo stomaco.
    Lui si raddrizzò istintivamente, afferrandole il polso con la mano.
    “Amore ... che cosa stai ... facendo?” riuscì a chiederle tra un ansito e l’altro.
    “Li faccio ...”. Gli baciò il collo. “ingelosire?”. Mentì a se stessa: “Fa tutto parte del piano. È solo un piano”.
    Spike deglutì nuovamente a fatica e rovesciò gli occhi all’indietro, sentendo la lingua di lei che gli scorreva sul collo, mentre lei gli stava incollata addosso.
    “Sta ... funzionando?”
    Era troppo assorto nelle sue sensazioni per sentire quello che gli stava dicendo. Dopo un po’ la sentì bisbigliare contro la pelle:
    “Spike ... ci stanno guardando?”
    Si riscosse dal suo torpore e, gettando un’occhiata alla coppia, vide che stavano … litigando? Per quanto possibile li guardò da sotto le palpebre socchiuse, e vide la ragazza bruna agitare le mani in aria mentre, a giudicare dalle vene in evidenza sulla gola, urlava a pieni polmoni.
    “Stanno ... litigando”.
    Si distrasse quando Buffy premette il proprio corpo contro il suo, passandogli le mani sul petto e, un po’ per istinto un po’ per desiderio, chiuse gli occhi per un paio di secondi. Quando gli riaprì Dru se n’era andata e Angel era da solo, appoggiato ad un muro, con le braccia conserte ed un’aria estremamente scocciata.
    “Che cosa ...”. Buffy si schiarì la gola dato che, ansante com’era, le riusciva difficile parlare. “ … stanno facendo adesso?”
    Per qualche secondo si chiese se dirle o no la verità, mentre la sua mente si sforzava di capire per quale motivo l’idea che lei la smettesse gli faceva rivoltare lo stomaco.
    Nel frattempo Buffy si stava prendendo a calci mentalmente, dato che si era resa conto di augurarsi che Dru ed Angel fossero ancora lì a guardarli.
    “Spike ... stanno ancora guardando?” insisté, continuando a mordicchiargli il lobo dell’orecchio. “Oh Dio! Ha un sapore così … Argh! Smettila” gridò mentalmente.
    Gli ci volle una frazione di secondo per arrivare ad una decisione, poi annuì leggermente e lei continuò a baciarlo. La abbracciò e, bruscamente, l’attirò più vicina, catturandole le labbra con le proprie. Lei si lasciò sfuggire un gemito leggero, mentre lui le insinuava voracemente la lingua in bocca.
    La sua mente sembrò scivolare in uno stato sognante, là dove ci si sente più leggeri dell’aria, come se si potesse fluttuare. La sensazione delle mani di lui che le scorrevano lungo la schiena, attirandola contro il suo torace …
    Buffy si staccò di colpo da lui, nel momento in cui un applauso scrosciante rimbombò nell’intera stanza. Ai due biondi ci volle qualche secondo per rendersi conto che non c’era più musica e che Oz e il suo gruppo avevano terminato il loro spettacolo e stavano scendendo dal palco. I due si guardarono l’un l’altra imbarazzati ed ansimanti, mentre la realtà cadeva loro addosso. Lei sentì il cuore che le batteva violentemente nel petto, perdendo colpi a causa di un misto di lussuria, paura e nervosismo; lasciò cadere lo sguardo sul pavimento.
    Quando l’imbarazzo tra loro divenne insopportabile saltò fuori con un: “Devo andare in bagno”.
    Prima che lui potesse dire qualcosa si era già voltata e si stava precipitando nel bagno delle ragazze.

    Stava fissando ad occhi sgranati il proprio riflesso nello specchio, mentre un paio di ragazzine spettegolavano e ridacchiavano in un angolo. Le conosceva: due seguaci senza cervello di Harmony. Sapeva che stavano parlando dello spettacolo pressoché vietato ai minori che lei e Spike avevano mostrato loro pochi minuti prima, ma non le importava. Per il momento era più preoccupata del fatto che il suo cuore non la smetteva di galoppare, aveva i palmi delle mani sudati e non riusciva e smettere di pensare al fastidioso ossigenato che si trovava dall’altro lato della porta. Come mai tutto ciò? Non avrebbe dovuto fare dei sogni erotici su di lui e non avrebbe dovuto comportarsi come una quattordicenne con una cotta ogni volta che lui la toccava.
    Scosse la testa e si passò la mano sulla fronte come per cancellare le immagini che continuavano a scorrerle davanti agli occhi. Dopo aver fatto un respiro profondo ed essersi sistemata il top si voltò per andarsene.
    Quando rientrò nel locale fu immediatamente avvolta da una nuvola di fumo, che la fece tossire. Quando riuscì a smettere riprese a camminare, esaminando la stanza alla ricerca del biondo. Il suo cuore perse un battito e tutto il suo corpo si contrasse quando lo vide che parlava con … Dru?


    Capitolo 18
    La rabbia cominciò a ribollirle nelle vene, mentre guardava la ragazza nerovestita che, platealmente, faceva il suo gioco con il *suo* Spike. Avrebbe voluto andare lì e torcerle il collo fino a spezzarglielo in due, gridandole con tutto il fiato che aveva: STAI LONTANA DAL MIO RAGAZZO! Così avrebbe imparato.
    Poi, all’improvviso, si rese conto; “Non è il mio ragazzo. È tutto un trucco per farli tornare assieme” ricordò a se stessa, mentre guardava Dru che con l’indice sfiorava allusivamente il bavero dello spolverino di Spike. Buffy dovette inspirare a fondo per calmarsi. “E apparentemente sta funzionando. Buon per lui”. Chiuse gli occhi e si riscosse, poi riprese a camminare in direzione del tavolo a cui stavano seduti Willow, Xander e Oz.
    “Hey Oz!” disse con falso entusiasmo.
    Il rosso le fece un cenno col capo e le rivolse la sua versione di un sorriso, piuttosto simile al non-sorriso di chiunque altro.
    “Lo spettacolo mi è piaciuto molto! Siete stati grandi!” continuò lei.
    “Mi sorprende che tu abbia visto qualcosa, considerato che stavi pomiciando alla grande con Spike sulla pista da ballo” mormorò Cordelia. Senza dare la possibilità a Buffy di rispondere si voltò verso Xander e si lamentò: “Ho sete”.
    Sfortunatamente il suo ragazzo sembrava non conoscere l’arte della sottigliezza perciò, con un gemito, disse:
    “Xander, portami una soda”
    “Eh ...? Ah, va bene” disse lui, alzandosi goffamente dallo sgabello. “Voi volete qualcosa?”
    Tutti scossero la testa tranne Buffy, che disse:
    “Un Daiquiri”
    Xander si irrigidì e tutti gli altri si voltarono a guardarla.
    “Sei sicura?” chiese Willow.
    “Buffy, lo sai come diventi quando bevi alcolici” borbottò Xander.
    “E in più è illegale” saltò su nervosamente Willow, agitando in aria il dito indice con gli occhi sgranati.
    “Tutte buone ragioni per farlo” disse Buffy con un sorriso. “E dai Xander, lo so che conosci il barista. Per favore, fallo per me …” lo supplicò, facendo il broncio e sbattendo le ciglia.
    Lui non riuscì a resistere. Chissà come, nonostante la conoscesse da anni e avesse passato anni a superare la sua cotta per lei, non riusciva a dire di no quando lei gli chiedeva qualcosa. Quindi si voltò e si diresse al bar per fare le ordinazioni. Poco dopo era di ritorno, con in mano una soda ed un bicchiere colorato da cui sporgeva un ombrellino.
    “Che ne è stato della tua politica del “niente alcool”?” sbuffò Cordelia, vedendo che Buffy beveva il liquido a grandi sorsate.
    “All’inferno” rispose lei, con un sorriso vivace, prima di lasciarsi sfuggire un singhiozzo. “Ops” ridacchiò, mettendosi una mano sulla bocca e arrossendo rapidamente.
    “In tutta la mia vita non ho mai visto qualcuno su cui l’alcool faccia effetto più velocemente. Dovresti essere nel Guinness dei primati” precisò Xander, rimettendosi a sedere.

    Spike si passò la mano fra i capelli, sforzandosi il più possibile di concentrarsi su quello che stava dicendo la ragazza che gli stava di fronte. Non sapeva perché ma, all’improvviso, la conversazione con Dru gli sembrava piatta e sciocca. Il suo modo di comportarsi da mezza pazza, che aveva sempre trovato attraente ed intrigante, ora gli sembrava solamente pazzo e noioso. Ben presto la voce di lei gli apparve sempre più lontana, finché fu completamente assorbita dal brusio di sottofondo e lui non la sentì più. Tutto ciò che vedeva era una ragazza che lo fissava con uno sguardo pseudo-seducente, muovendo la bocca in maniera fastidiosamente lenta.
    “Eh?”. Quando notò che aveva smesso di parlare sbatté le palpebre un paio di volte.
    “Ti ho chiesto se andrai al ballo” ripeté lei, avvicinandosi a lui e mettendogli le braccia intorno al collo.
    Lui fece istintivamente un passo indietro, ma lei mantenne la presa.
    “N-non so, Dru” rispose, esaminando la stanza alla ricerca di una certa bionda. Continuava a chiedersi: “Dov’è? Perché ci mette così tanto?”.

    “Credevo che odiassi quel tipo di cose. Dicevi che è noioso e …”. Gli portò le labbra all’orecchio e bisbigliò: “Sono sicura che troveremo cose più interessanti da fare, non è vero paparino?”. Terminò la frase con un ringhio e gli passò la lingua sul lobo dell’orecchio.
    “Ehm ... Dru ... Che cosa stai facendo?” chiese Spike senza muoversi, non facendo niente per incoraggiarla né per scoraggiarla.
    “Tu che cosa credi? Sei stato un bambino molto cattivo, ad andartene in giro con quella ragazzina. A mammina non piace” disse lei con tono infantile, sporgendo imbronciata il labbro inferiore.

    Alla vista di Dru che avvolgeva le braccia intorno a Spike leccandogli l’orecchio Buffy sgranò gli occhi, mentre ogni singolo muscolo nel suo corpo si contraeva. Senza una parola sollevò nuovamente il bicchiere e bevve.
    “Buffy, non dovresti farlo” la avvertì Willow, un po’ preoccupata.
    “Perchè no?”. Per qualche strana ragione le parole le vennero fuori un po’ biscicate. Buffy schioccò le labbra, cercando di sciogliersi la lingua.
    “Perché fra poco non riuscirai più a parlare coerentemente e non puoi tornare da tua madre in quelle condizioni” cercò di ragionare Willow.
    “Mia madre non rientrerà a casa. Starà fuori tutta la notte, saltando addosso a qualche estraneo” disse, serrando le labbra e annuendo vigorosamente, gettandosi i capelli in faccia.
    “Oh Buffy”. Willow corrugò le sopracciglia vedendo il dolore negli occhi della sua migliore amica. Ecco perché si stava comportando in maniera così strana. “Non credi che sarebbe meglio se ti accompagnassimo a casa?”
    Buffy scosse violentemente la testa, facendo turbinare i capelli.
    “Mi piace qui” mormorò. “È bello qui”. Si illuminò al ricordo di qualcosa. “Mi danno tutto gratis” canticchiò, ridacchiando come una bambina mentre Willow si accigliava confusa.
    Le venne in aiuto Oz.
    “È una delle canzoni di K’s Choicès”
    “Ah”. Willow sollevò le sopracciglia, colpita da un’improvvisa consapevolezza.

    Spieke si sentiva soffocare. Non riusciva a respirare. Lei gli stava troppo vicina, gli stava addosso, facendolo sentire come se non avesse abbastanza spazio. Aveva bisogno di spazio. E di sapere dove ... Vedendola sgranò gli occhi e si lasciò sfuggire un piccolo sospiro di sollievo. Era seduta al tavolo con Oz ed il resto del gruppo. Bè più che altro era accasciata sul tavolo, e ogni tanto si tirava su e agitava in aria le braccia come una matta, ma almeno l’aveva trovata. Dru continuava a stargli appiccicata e a guaire, mentre lui era distratto dalla bionda che ridacchiava e gridava come una bambina. Che cosa aveva in mano? Che cosa ...
    “Per l’inferno maledetto ...” ansimò. “Ehm ... Dru?”. Cercò di sottrarsi alla presa mortale della ragazza, ma si rivelò una fatica erculea. “Dru … Amore … Lasciami andare”. Lei non lo lasciò andare. “Dru!” gridò, e lei fece un passo indietro con un’espressione meravigliata e addolorata. “Senti passerotto, mi dispiace ma devo andare”.
    E con questo se ne staccò ed attraversò la stanza a grandi passi fino a raggiungere la meta.
    “Spike! Grazie a Dio sei qui” sospirò di sollievo Willow.
    “Cosa sta succedendo?” chiese lui accigliato, guardando Buffy che ora pareva dormire con la testa appoggiata al tavolo e le braccia a penzoloni sul pavimento. Nel momento in cui fece per toccarla lei saltò su.
    “Ehm ... che c’è? Dove? Oh ... Spike” sorrise goffamente e biascicò le parole. “Il rappacificamento non è andato bene? Dobbiamo fingere un altro po’?”.
    Tutti si accigliarono tranne Spike a cui balzò subito il cuore in gola. Cercò di ignorare la domanda e si rivolse a Willow.
    “Quanti ne ha bevuto?”
    “Solo quello” disse la rossa, indicando il bicchiere vuoto.
    “Ed è ubriaca?” chiese incredulo Spike.
    “Il corpo di Buffy non è molto alcool-compatibile” intervenne Oz.
    “Lo vedo. Forza amore, ti porto a casa” disse Spike, prendendole il cappotto e poggiandoglielo sulle spalle.
    “Cosa? Così presto? Pensavo volessi stare e far funzionare il piano e ...”
    “Va bene, hai bisogno di tornare a casa ... Adesso!” precisò lui, circondandola con le braccia e facendola alzare.
    Nel momento stesso in cui la lasciò andare lei quasi cadde a terra, quindi l’acchiappò velocemente e la sollevò da terra.
    “Sicuro che riesci a portarla?” chiese Xander.
    “Sono a posto, amico. Ci vediamo dopo” rispose lui mentre si dirigeva all’uscita del locale affollato.

    Qundo raggiunsero l’auto sembrò che Buffy fosse di nuovo pienamente cosciente. Sentendosi trasportare le si rivoltò lo stomaco. Aprì gli occhi e vide cuoio nero. Sbattè le palpebre un paio di volte poi riuscì a mettere a fuoco il viso di Spike.
    “Ci siamo, amore” disse lui, posandola a terra.
    Lei barcollò un po’ ma, alla fine, riuscì a stare in piedi abbastanza a lungo da permettere a Spike di aprirle la portiera. Sospirando forte si lasciò cadere sul sedile davanti, con le gambe che spuntavano fuori dall’auto. Spike scosse la testa, poi le afferrò i piedi infilandoglieli nella macchina prima di chiudere la portiera.
    Rimasero in silenzio per quasi tutta la durata del viaggio, mentre Spike gettava di tanto in tanto uno sguardo preoccupato alla bionda che sonnecchiava accanto a lui. Sorrise nel sentire che, accigliandosi e facendo una serie di strane smorfie, mormorava qualcosa di incomprensibile. Era così strana.
    Dopo essersi fermato di fronte a casa sua si voltò e, gentilmente, le passò le dita sulla spalla nuda.
    “Passerotto ... siamo a casa”.
    “Mm ...” brontolò lei, aprendo gli occhi e guardandolo con occhi appannati. Deglutì a vuoto, poi si guardò intorno e corrugò le sopracciglia: “Dove siamo?”.
    “A casa. Ricordi?” rispose lui sorridendo dolcemente, prima di scendere dalla macchina ed aprirle la portiera.
    Le tese la mano, Buffy la fissò. Le immagini ancora vivide di ciò che era accaduto al Bronze le passarono davanti agli occhi: Dru … e lui … che si coccolavano. Sentì che le si torceva lo stomaco e qualcosa scattò dentro di lei. Si alzò bruscamente, ignorando la mano tesa di lui e tentando orgogliosamente di raggiungere il portico. La cosa sembrava abbastanza semplice, ma il suo cervello intriso d’alcool aveva qualcosa da ridire in proposito e ben presto si trovò sdraiata sul prato a faccia in giù.
    “Buffy!” la chiamò lui, sbattendo la portiera dell’auto e andando a soccorrerla; ma non appena fece il gesto di aiutarla ad alzarsi lei lo spinse via e si tirò in piedi.
    “Sto bene” ribatté.
    “Sei ubriaca, amore” disse lui, guardandola muoversi a zig zag verso la porta principale. Alla fine raggiunse la meta. Ora … infilare quella minuscola chiave in quella stupida serratura … quello sì che era difficile.
    Brontolando e imprecando graffiò il legno, ma non riuscì ad infilare la chiave nella serratura.
    “Stupida serratura” gemette, lasciando cadere a terra la chiave. “Continua a muoversi. Stai ferma, dannazione!” ordinò in tono serio, chinandosi a raccogliere la chiave.
    Così facendo la minigonna le si sollevò e Spike dovette reprimere un ringhio alla vista delle sue cosce.
    “Questa la prendo io, passerotto”. Si riscosse immediatamente, portandole via la chiave dalle mani ed aprendo la porta prima che lei potesse dire qualcosa. Entrò in casa, mentre lei rimase per qualche secondo sulla soglia.
    “Avrei potuto farlo io” mormorò, entrando in corridoio.
    Cercò goffamente di levarsi il cappotto, tirando e spingendo, ma senza risultati.
    “Lascia, faccio io”. Fece un passo verso di lei e lei saltò indietro.
    “No! Lo farò io” insisté scoccandogli un’occhiata tagliente.
    “Stai bene?” chiese lui, sollevando il sopracciglio sfregiato.
    “Io ...”. Stava lottando con il capo d’abbigliamento come se fosse stato una camicia di forza. “Stupido … Ah ah!” disse trionfante quando si fu liberata, lasciando cadere il cappotto sul pavimento. Si scostò nervosamente i capelli dal viso, poi lo guardò con una scintilla arrogante negli occhi, spingendo il mento in fuori: “Sto bene”.
    Arrivò zigzagando al soggiorno, e ringraziò gli dei del fatto che il divano fosse proprio lì.
    “Caro buon divano” sospirò, lasciandovisi cadere sopra ed accarezzandolo.
    “Buffy, devi andare a letto” le spiegò Spike, sedendosi accanto a lei.
    Lei si scostò istantaneamente, sedendosi al lato opposto del divano.
    “Non dirmi che cosa devo fare” ringhiò.
    “Sei arrabbiata con me?” chiese finalmente lui.
    “Arrabbiata? Non sono arrabbiata. Sono solo ...”. Non riuscì a trovare una spiegazione e si ridusse alla peggiore delle scuse. “Sei seccante e non mi piaci”.
    Spike le rivolse un debole sorriso, e per qualche istante ci fu un silenzio imbarazzato.
    “Allora ... Possiamo smettere con il piano?” saltò fuori Buffy all’improvviso.
    “Che cosa?”
    “Tu e Dru siete di nuovo insieme, vero? Possiamo smettere di fingere”. Tentava di sembrare indifferente all’argomento, riuscendoci abbastanza bene.
    La domanda lo colse di sorpresa. Era vero, Dru era tornata da lui, o quanto meno gli sbavava addosso, il che era un buon segno, ma non stavano insieme.
    “Io e Dru non stiamo insieme” spiegò.
    “Ah giusto, perché strofinarsi l’un l’altro sulla pista da ballo è perfettamente normale tra ex” scattò Buffy, alzandosi goffamente ed andando in cucina.
    “Non ci stavamo strofinando” protestò lui, seguendola.
    “Come ti pare ...” disse lei disinteressata, cominciando ad aprire gli sportelli della cucina.
    “Stavamo solo ...”. Si fermò alla ricerca della parola giusta.
    “Non mi interessa Spike. Hai avuto ciò che volevi: sei tra le grinfie di Dru. Adesso per favore possiamo smetterla con questa stupida farsa?” chiese sollevando le sopracciglia alla vista di ciò che stava cercando.
    Agguantò la bottiglia e tolse il tappo bevendo a gran sorsate.
    “Che cosa stai facendo?!” chiese lui, strappandole la bottiglia dalle mani. La voltò per leggere l’etichetta. “Cos’è questa storia di te che, all’improvviso, bevi alcolici? Credevo odiassi questa roba”.
    “Non più” brontolò lei, riprendendogli la bottiglia dalle mani e bevendo.
    Spike fece il gesto di riprenderla, ma lei se la strinse al petto come se ne andasse della sua vita.
    “È mia” brontolò, accigliandosi e facendo il broncio contemporaneamente.
    Dio, era così carina, tutta rossa e ... arrabbiata? Era arrabbiata. Perché era …
    “Sei gelosa, passerotto?” chiese con un sorriso arrogante, quando finalmente capì.
    Lei spalancò immediatamente gli occhi, come se avesse detto la peggiore delle bestemmie. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di riuscire a balbettare:
    “G-gelosa? Io? Gelosa? Di cosa?”
    “Di me e Dru” continuò lui, con un sogghigno irritante. Quanto lo odiava quello stupido sogghigno.
    “Tu sogni, inglesino” ringhiò lei, tracannando una sorsata.
    “Sei gelosa ...” canticchiò lui.
    “Hai perso la ragione, amico” sputò lei.
    Lui sorrise e, piegando la testa di lato, le si avvicinò.
    “Ammettilo, amore. Sei gelosa ... È del tutto normale. Voglio dire, il fatto di essermi stata così vicino in questi ultimi giorni ... toccando … baciando…”. Qui dovette fermarsi per prendere aria, dato che le sue stesse parole stavano iniziando a risvegliare in lui i ricordi della settimana trascorsa.
    Buffy indietreggiò, mentre lui continuava ad avvicinarsi, finché non sentì il bancone della cucina contro la schiena. Sollevò gli occhi su di lui e, vedendo che aveva poggiato le mani sul bancone in maniera tale da intrappolarla, sentì il proprio cuore accelerare i battiti.
    “Ammetti che ti sei ingelosita vedendo me e ... Dru …”
    Sentirla nominare bastò a farle accapponare la pelle ed a restituirle forza. Lo spinse via e, rapidamente, si allontanò dal bancone.
    “Sei pieno di te, lo sai? Non sarò mai e poi mai gelosa di te. Semplicemente non voglio che a scuola tutti pensino che il mio attuale ragazzo se la fa con quella sciaquetta indecente alle mie spalle. Di nuovo!” riuscì a dire, nonostante la stanza avesse iniziato a girarle intorno.
    “È questo il problema?”
    “Ci puoi scommettere. Tutti al Bronze vi hanno visto fare ... qualunque cosa steste facendo. Non me ne importa niente, a parte il fatto che tutti pensano che tu sia il mio ragazzo e che non alcun bisogno che l’intero corpo studentesco mi guardi impietosito. Mi è bastata l’ultima volta. Quindi sai una cosa Spike? L’accordo che stavamo portando avanti?”. Indicò se stessa e poi lui. “È finito”.
    “Ma ...”. Sentì una punta di disperazione farsi strada dentro di se.
    “Niente ma, volevi indietro Dru e l’hai avuta” ringhiò lei.
    “Non l’ho riavuta” rispose lui senza pensare. Buffy si sentì ribollire il sangue.
    “Non m’importa! Quello è un tuo problema. Non ho intenzione di fare la parte dell’idiota. Dimenticatelo” gridò; cercò di voltarsi ma, all’improvviso, perse l’equilibrio e barcollò.
    Avendo ottimi riflessi lui riuscì ad acchiapparla prima che cadesse a terra. La tenne saldamente per la vita, premendosela contro il petto mentre la bottiglia di vino che lei teneva in mano gli traboccava sulla camicia.
    “Stai bene?” chiese, in tono sinceramente preoccupato.
    Lei scosse appena la testa, chiuse gli occhi per un attimo e poi si allontanò da lui.
    “Sto bene” insisté, cercando di mantenere le distanze.
    “Senti Buffy ... Non volevo ... Dru era lì ....”
    “Non voglio sentire. Te l’ho detto, mi chiamo fuori” insisté lei, di nuovo infuriata al sentir nominare la ragazza.
    “Ma ...”
    “Vattene Spike!” gridò lei, sbattendo la bottiglia sulla superficie più vicina.
    “Io ...”
    “Non ho intenzione di portare avanti questa stupida farsa solo perché la tua ex gioca a fare la difficile. Trovati qualcun’altra perché io sono stufa”.
    “Non ho fatto niente” insisté lui, sollevando la voce.
    “Lo stavate praticamente facendo sulla pista da ballo!” urlò lei, agitando le mani in aria.
    “Stavamo solo ballando”
    “Va bene, la prossima volta ballerò così con Angel e vediamo come *ti* sentirai”.
    Senza capire come, Buffy si ritrovò sbattuta contro il frigorifero, con le mani bloccate all’altezza delle spalle, mentre Spike le si premeva addosso infuriato.
    “Non ti avvicinare a lui” sibilò.
    “Oppure?” disse lei, senza fiato ma con tono arrogante, anche se dentro di se il suo cuore perse qualche battito sentendo che lui premeva la gamba sinistra fra le sue. “Che cosa farai?”
    “Stai lontana da lui” la avvertì, con gli occhi luccicanti di rabbia.
    “Sai una cosa? Credo che tornerò lì. Sono ancora molto carina, dubito che Angel dirà di no”. Sogghignò e fece per allontanarsi ma lui le strinse più forte i polsi.
    “Non ...” ringhiò.
    Sollevando il mento e guardandolo negli occhi lei chiese:
    “Non cosa? Hai intenzione di fermarmi?”
    “Assolutamente”. La voce di lui era bassa e piena di rancore.
    “Non è piacevole stare dall’altra parte, non è vero ... William?” lo prese in giro lei, sollevando un sopracciglio e strofinando istintivamente il bacino contro quello di lui. Smise immediatamente di ghignare, mentre gli occhi le si spalancavano per un attimo, sentendo qualcosa di duro premerle contro il basso ventre; prima che potesse dire qualcosa lui le catturò le labbra in un bacio travolgente.
    Colta di sorpresa Buffy si lasciò sfuggire un grido, mentre lui le infilava la lingua in bocca, costringendola ad aprirla. Dovette sforzarsi per respirare, mentre lui, dopo averle lasciato andare i polsi aveva preso ad accarezzarla freneticamente tirandole e spingendole i vestiti, premendo contemporaneamente i fianchi contro i suoi. Alla fine le mise le dita sotto le cosce, afferrandola e sollevandola, mentre lei gli avvolse istintivamente le gambe intorno alla vita. Gli mise le braccia intorno al collo e piegò la testa di lato, per approfondire il bacio. Lottarono con le lingue per il dominio, mentre entrambi gemevano forte e si strattonavano a vicenda i vestiti.
    Sentì che lui si spostava, portandola in braccio senza nessuno sforzo. La mise sul bancone e, allungando un braccio dietro di lei, fece cadere a terra ciò che ci stava sopra. Buffy ignorò il rumore di qualcosa che si rompeva, mentre lui la faceva sdraiare sul bancone e si chinava su di lei senza smettere di baciarla.
    Con dita tremanti gli afferrò i baveri dello spolverino, tirando finché non riuscì a farlo cadere a terra. Gli passò le mani tra i capelli spettinati e gli avvolse le gambe intorno alla vita, attirandolo più vicino mentre continuava a baciarlo famelica. Ansimò, sentendo le dita di lui scivolarle sulle cosce e sollevarle la minigonna fino ad arrotolargliela in vita.
    Si premette contro di lei, obbligandola a stare sdraiata, con le gambe che penzolavano dal bancone. Smise di baciarla per farle scorrere le labbra sul collo, sullo sterno e tra i seni, dove nascose il viso inspirando profondamente.
    “Oh Dio ...” la sentì mormorare.
    Sollevò lo sguardo e vide che aveva la testa gettata indietro, il collo scoperto, le guance rosse ed il respiro ansante. Mentre la fissava uno squillo acuto penetrò la nebbia che avvolgeva entrambi. Lei sollevò immediatamente lo sguardo.
    “Che cosa ...?”. Il suo sguardo passava dal telefono al ragazzo senza fiato ancora bloccato tra le sue gambe.
    Rendendosi conto di ciò che era successo il suo cuore accelerò. Senza una parola lo spinse via, saltò giù dal bancone e corse a rispondere al telefono.


    Capitolo 19
    Si sistemò nervosamente la minigonna, tirandosela giù mentre sollevava la cornetta.
    “Pronto? Ah, ciao!”. Seguì qualche secondo di silenzio, durante il quale lei camminò nervosamente in cerchio, aggrovigliandosi il cavo del telefono intorno alle dita.
    Spike si appoggiò al bancone, con il cuore che gli batteva ancora all’impazzata, guardandola accigliato e cercando di capire chi ci fosse dall’altro lato del filo. Tamburellò nervosamente con le dita sulla superficie bianca, seguendola con lo sguardo mentre le immagini di ciò che era appena accaduto gli scorrevano davanti agli occhi. Continuava a chiedersi come mai; “Perché ho …”. Non riusciva a capire, ma la sola idea di Angel che le si avvicinava, che la toccava … gli faceva accapponare la pelle e rivoltare lo stomaco; il modo in cui lei l’aveva giocato … Si raddrizzò quando lei riprese a parlare al telefono.
    “Va bene ... No, sto bene. Non preoccuparti. Ciao”. Aspettò un attimo, con la mente in tumulto poi, finalmente, mise giù la cornetta.
    Non aveva voglia di affrontare questa cosa, né questa né ... Alla fine si voltò a guardare Spike, in piedi vicino al bancone con un’espressione ansiosa. “Oh Dio, che cosa ho fatto?” si chiese, deglutendo a fatica e rientrando in cucina. Il silenzio imbarazzante fra loro sembrò ispessire l’aria, rendendo loro difficile respirare. Buffy guardò dappertutto nel tentativo di non incontrare lo sguardo di Spike e, alla fine, trovò la sua ancora di salvezza: la bottiglia di vino. In un lampo la prese e, voltatasi, si diresse in soggiorno.
    Il ragazzo la seguì disorientato, e la trovò seduta sul divano che beveva direttamente dalla bottiglia.
    “Ehm ... Buffy?” cominciò.
    Lei non lo guardò. Prese il telecomando e accese il televisore, trovando così un altro motivo di distrazione.
    “Buffy ...” la chiamò di nuovo lui. Stavolta fu costretta ad alzare lo sguardo.
    I suoi occhi erano ricolmi di uno scintillio stupefatto, che le conferiva un aspetto da ubriaca.
    “Si?” balbettò.
    Lui non sapeva cosa fare. Doveva dire qualcosa sui bollenti palpeggiamenti che si erano scambiati in cucina o doveva ignorarli? A giudicare dallo sguardo spaventato che aveva, riteneva che lei preferisse quest’ultima ipotesi. Lentamente si avvicinò al divano e si sedette.
    “Allora ... chi era?”.
    Buffy si sentì stringere il cuore alla sua domanda. “Quindi il programma prevede di ignorare quello che è appena successo?” si chiese.
    “Ehm ...”. L’alcool le si stava diffondendo nel cervello, costringendola a lottare con le parole. “Mia mamma” rispose, rimettendosi a guardare la televisione. “Vuoi ignorare quello che è successo? Va bene, lo ignorerò” gridò mentalmente, mentre la rabbia cresceva dentro di lei.
    “È uscita?” chiese Spike, notando per la prima volta che la sig.ra Summers non era in casa.
    Buffy annuì senza parlare, e bevve un’altra sorsata dalla bottiglia.
    “Ha chiamato per controllare se era tutto a posto, vero?” continuò lui. Uno dei due doveva fare conversazione, dato che lui non era in grado di rimanere nella stessa stanza con lei in silenzio, sicuro come l’inferno.
    Lei annuì di nuovo distrattamente, prendendo un'altra sorsata dalla bottiglia.
    “Sei proprio incazzata stanotte, non è vero?” chiese lui, con un filo di rabbia nella voce.
    A questo punto lei si accigliò e lo guardò.
    “Stai cercando di ubriacarti, non è vero?”
    “Tu credi?” disse lei, sollevando un sopracciglio e riportando la sua attenzione sulla televisione.
    “Amore, non dovresti bere così. Dico davvero. Non ci sei abituata” cercò di avvertirla lui.
    Per tutta risposta lei sollevò la bottiglia e bevve un altro paio di sorsate. Rabbiosamente lui afferrò la bottiglia e gliela strappò dalle mani. Lei scattò immediatamente, agitando in aria le braccia e cercando di riprenderla.
    “Ridammela, è ...”. Fece per alzarsi, per tentare di riprenderla, ma all’improvviso la stanza si mise a girarle intorno. Sbatté le palpebre un paio di volte, poi si lasciò cadere sul divano come un macigno, tenendosi la testa dolorante. “Oh … Oh … Non va bene … Perché la stanza si sta muovendo?” disse con voce liquida, cercando senza successo di mettere a fuoco qualcosa.
    “Perché sei completamente schizzata” rispose lui, posando la bottiglia sul tavolino e sedendosi nuovamente accanto a lei.
    Le mise le mani sul viso, tenendole la testa, e guardandola sbattere violentemente le palpebre e fare delle smorfie.
    “Non mi piace” si lamentò lei.
    “Starai benone, hai solo bisogno di un po’ di caffè” spiegò lui, alzandosi per uscire dalla stanza.
    Lei si aggrappò immediatamente al suo spolverino, tirandolo verso di sé.
    “No! No! Non lasciarmi!” lo pregò, presa dal panico.
    “Torno subito. Sto solo andando in cucina a prepararti ...”.
    Si interruppe, vedendola scuotere la testa con violenza.
    “No. Non voglio rimanere da sola. Questo è …” si interruppe a metà della frase, sentendo qualcosa risalirle dallo stomaco. “Credo di stare per …”.
    Senza riuscire a finire la frase, spalancò la bocca e vomitò addosso a Spike.
    L’inglese si bloccò, vedendo il suo capo d’abbigliamento preferito ricoperto di vomito verdastro. La rabbia e il disgusto sparirono non appena vide l’espressione turbata della biondina.
    “Oh Dio, mi dispiace, mi dispiace così tanto!” si scusò lei, portandosi una mano alla bocca.
    “Va tutto bene” mentì lui, levandosi velocemente lo spolverino e appallottolandolo in maniera tale da evitare di riempire di vomito il divano.
    Accorgendosi delle macchie che aveva sulla camicia sospirò e, senza pensarci due volte, si tolse anche quella, rimanendo in jeans e maglietta. Riportò la propria attenzione su Buffy, scompostamente sdraiata sul divano con una smorfia di dolore in viso. La prese tra le braccia e la portò su per le scale. Rimase per qualche secondo in corridoio, chiedendosi quale fosse la porta del bagno. Tirando a indovinare, scelse quella in fondo al corridoio.
    Aprì la porta e, dopo qualche tentativo, riuscì a trovare l’interruttore della luce. L’accese, rivelando un bagno piastrellato di bianco.
    “Amore ...” la chiamò.
    “Mm ...” mormorò lei, semi – cosciente.
    “Tieniti a me, così ti posso dare una ripulita”.
    Lei annuì e gli mise le braccia intorno al collo, sostenendosi almeno in parte, mentre lui apriva il rubinetto. Sentendo l’acqua fredda sul viso Buffy saltò su e tossì. Si calmò rapidamente, permettendo a Spike di passarle una mano umida sulle guance e sulla bocca, nel tentativo di ripulirla un po’. Dopo averle tolto la maggior parte del vomito dal viso, lui le ripulì il collo. Dopo qualche minuto lei era completamente ripulita ed un po' più sveglia, e cominciò a borbottare qualcosa di incomprensibile.
    “Starai bene” la rassicurò lui.
    Lei però continuò a borbottare qualcosa e, ben presto, le lacrime cominciarono a scorrerle sulle guance arrossate.
    “Oh Dio, per favore non piangere …” la pregò imbarazzato lui, facendola sedere sul water.
    Lei non gli diede retta, si prese il viso tra le mani e cominciò a singhiozzare dolorosamente.
    “Per favore ... No ... Non sopporto di vedere le ragazze … Per favore …”. Si inginocchiò al suo fianco, sforzandosi di trovare un posto dove mettere le mani, nel frattempo diventate imbarazzanti appendici. Fece per posargliele sulle spalle, sulle braccia, sulle gambe e sui capelli e, alla fine, le diede dei buffetti in testa, nella tipica versione maschile di una carezza di conforto.
    “Perché ...” – singhiozzo – “mi stai” – singhiozzo – “colpendoooo?” si lamentò in tono infantile lei, guardandolo con occhi iniettati di sangue.
    “I-io ...”. Lui cercò di spiegarsi, ma inutilmente dato che lei aveva ripreso a piangere. “Amore … co-cosa c’è che non va?” chiese, dopo aver deciso che la cosa migliore era non toccarla affatto.
    “Tuttoooooo” gridò lei.
    “E dai ... Non può essere così ...”.
    “Mia madre si sta facendo un idiota” si lamentò lei, mentre le lacrime la assalivano nuovamente.
    Preso di sorpresa Spike impiegò qualche secondo a reagire, ma alla fine riuscì a balbettare:
    “È-è uscita per un appuntamento, questo non vuol dire che si stia …”. Fece una smorfia, immaginando mentalmente la scena, cosa che gli fece contrarre i muscoli del viso. “… facendo qualcuno”.
    “Si, invece” insistè lei singhiozzando e frignando. “Era truccata”.
    Lui sollevò il sopracciglio sfregiato, pensando: “E allora ...?”.
    Lei inspirò profondamente, mentre le lacrime continuavano a solcarle il viso. “E poi ha appena chiamato per dire che farà molto tardi e-e … e ha detto che se dovessi aver bisogno di qualcosa domani a pranzo posso ordinare la pizzaaaaaa”. E con questo riprese nuovamente a gemere ed ad ululare.
    “Ah …”si rese conto lui, rivolgendole un’occhiata dispiaciuta. “Bè … Anche m-mio padre ultimamente ha avuto un sacco di appuntamenti … è naturale che le persone adulte divorziate o rimaste vedove … sai …”. Dovette deglutire forzatamente, per evitare di vomitare all’idea di suo padre che faceva del sesso.
    “Non mia madre!” gridò lei, coprendosi il viso con le mani e scoppiando a piangere.
    “Ehm ... passerotto ... per favore ... calmati ... è …”. Era inutile, non la smetteva.
    Si raddrizzò imbarazzato e, ancora in ginocchio, l’abbracciò dandole una pacca sulla schiena.
    “Dai, dai ...” mormorò a disagio. Dio, quanto odiava vedere le donne piangere.
    Lentamente lei si rilassò tra le sue braccia e, alla fine, si lasciò scivolare giù dal water per sedersi sul pavimento, ancora fra le sue braccia, seppellendo il viso umido nella sua maglietta. La sentì frignare e mormorare qualcosa, mentre si asciugava gli occhi ed il naso con il tessuto.
    “Continua pure ... tanto non è la mia preferita” la incitò, passandole una mano sui capelli.
    “Mia ...”.
    “Che c'è, amore?” le chiese, costringendola a guardarlo.
    Si fissarono l’un l’altra per qualche secondo, poi lei se ne uscì:
    “Mia madre sta facendo sesso ... Uaaaa!” e gli seppellì nuovamente il viso nel petto.
    “Va bene ... andrà tutto bene” la rassicurò lui. “È normale. Sapevi che alla fine sarebbe …”.
    Lei si raddrizzò improvvisamente: “No! Non mi stai ascoltando!”.
    “Dimmi”.
    “Mia madre sta facendo sesso ...”. Si fermò nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime e, alla fine, protestò gridando: “… e io no!”, continuando nel frattempo a singhiozzare incontrollabilmente.
    “Ah!”. L’ossigenato sollevò le sopracciglia per la rivelazione, mentre lei gli posava la testa sul petto con un tonfo sordo.
    Dopo aver continuato a piangere ed a tirare su con il naso per un po’ riuscì a calmarsi ed a raddrizzarsi, asciugandosi le lacrime con le mani. Rimasero in silenzio finché Buffy non lo ruppe, bisbigliando a voce bassissima:
    “Sono ripugnante?”.
    “Che cosa?!” chiese lui meravigliato.
    “Sono ripugnante?” ripetè lei.
    “Naturalmente no. Che cosa ... Perché dici così?”.
    “Allora perchè ... Angel non ... mi vuole più?” riuscì a dire lei, singhiozzando e tirando su con il naso.
    “Perché è un idiota” rispose chiaramente Spike, sistemandole i capelli dietro le orecchie.
    Lei sembrava più calma ma, all’improvviso, la sua espressione cambiò, divenendo dura e fredda.
    “Cosa ne sai tu?” brontolò, rimettendosi faticosamente in piedi e avviandosi a zig zag lungo il corridoio.
    “Cosa vuoi dire?” chiese lui, seguendola rapidamente nella sua stanza.
    Lei si voltò all’improvviso per fronteggiarlo, cosa che gli fece fare un salto indietro.
    “Anche tu sei ossessionato da quella sciacquetta stupida e ossuta” scattò.
    Vedendo la sua espressione confusa continuò:
    “All’improvviso tutti i ragazzi sembrano completamente pazzi di quella strega dai capelli neri”. Agitò in aria le braccia, poi: “Che cos’ha che io non ho?”.
    Spike piegò la testa di lato e le rivolse un debole sorriso.
    “Sei gelosa di Dru?”.
    “Non. Sono. Gelosa di quella sciacquetta indecente” insisté lei, incrociando le braccia e lasciandosi cadere seduta sul bordo del letto.
    Ben presto la sua espressione imbronciata si accentuò e, man mano che l’alcool continuava ad acuire le sue emozioni, si rimise a piangere.
    “Amore ... Dai ... Non di nuovo” la supplicò lui, inginocchiandosi di fronte a lei.
    “Perché Angel non mi vuole più?” si lamentò lei.
    Sentendo nominare il quarterback Spike sentì che lo stomaco gli si rivoltava. Come mai gli importava tanto di lui? Dio, aveva voglia di strangolarlo.
    “Sono brutta” concluse lei.
    “No, non lo sei!” ribatté lui. “Come puoi pensarlo? Dio, Summers ma hai idea di quanto sei bella?”. La fissò in viso senza vederla, passandole le dita sulle guance, come se non stesse più parlando con lei. “Sei affascinante e …”. Sospirò vedendo che metteva il broncio. “Dio, mi fai impazzire ogni volta che lo fai”.
    “Che cosa?” si accigliò lei.
    “Il broncio. Quando sporgi il labbro inferiore ...”
    “Piaceva anche ad Angel” replicò distrattamente lei.
    Era l’ultima goccia! Cominciò a ribollire di rabbia, mentre il sangue gli affluiva al viso.
    “Ti vuoi dimenticare almeno per un maledetto secondo di quel segaiolo, dannazione?” ringhiò, alzandosi e cominciando a camminare avanti e indietro.
    Lei corrugò le sopracciglia, con un’espressione da ubriaca che le dava un’aria semi – idiota.
    “Perché tutto ad un tratto sei così arrabbiato?” brontolò accigliata, seguendolo con lo sguardo. “La vuoi smettere di girare in tondo? Mi fai girare la testa?” protestò, scuotendo la testa e sbattendo le palpebre.
    Lui si bloccò di colpo davanti a lei, tentando di tenere a freno le proprie emozioni. “Perché sei così preoccupata di quello che pensa Angel?”.
    “Non sono preoccupata di quello che ...”.
    “Cazzate! È un’ora che continui a dire che Angel non ti vuole più e che pensi di essere brutta perché non gli importa un fico secco di te. Che cosa avete voi donne? Vi piacciono solamente gli uomini idioti. Siete masochiste o che cosa? Un uomo vi dedica tutte le attenzioni possibili e voi, alle sue spalle, vi fate la persona che odia di più e poi, quando vi ignora, lo rivolete indietro”. Terminò la propria tirata e lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi.
    Buffy si limitò a continuare a corrugare le sopracciglia intimidita, mentre l’alcool che aveva in circolo le rendeva insensibile il corpo.
    “Hai seriamente bisogno di imparare a controllare la rabbia, lo sai vero?” mormorò.
    “Ho bisogno di togliermi voi ragazze dalla testa, ecco di che cosa ho bisogno” protestò lui.
    “Puoi sempre diventare gay” propose lei. “Sai già che mia madre non ha problemi al riguardo”.
    Spike le fece un sorriso falso e Buffy fece una smorfia ricordandosi della madre ... Ben presto ricominciò a piangere, mentre la sua ubriachezza rientrava in una fase di tristezza.
    “La vuoi smettere?” ringhiò lui.
    “No, non voglio, maiale insensibile che non sei altro!” gridò lei, lasciandosi ricadere sul letto e rannicchiandosi in posizione fetale.
    Lui sentì una punta di rimorso.
    “Oh ... Amore ... Mi dispiace ... Io non ... Per favore ...” pregò, avvicinandosi al letto e inginocchiandosi. “Senti … Mi dispiace, non intendevo gridare … Per favore, non piangere”.
    Lei non gli rispose, limitandosi a voltargli la schiena. Lui sospirò e, lentamente, si mise a sedere sul letto, poggiandole una mano sulla schiena.
    “Passerotto ... Mi dispiace di ...”.
    “Smettila di chiamarmi così!” urlò lei, raggomitolandosi ancora di più.
    “Mi dispiace ... Io non ...” continuò lui, sdraiandosi al suo fianco con la testa su un gomito, ed accarezzandole un braccio.
    Lei non lo spinse via e rimase immobile mentre lui le accarezzava la pelle.
    “Andrà tutto bene ... Non preoccuparti” le bisbigliò all’orecchio per confortarla.
    Lei si voltò esitante e, senza una parola, gli si accoccolò contro il petto. Lui rimase rigido per un secondo, poi si rilassò e l’abbracciò attirandola più vicina. La cullò lentamente. Mentre il sonno si impadroniva di lui sentì la voce morbida di lei, farsi strada attraverso la nebbia che gli avviluppava la mente.
    “Che c’è, amore?”.
    “Dicevi davvero?” ripeté lei.
    “Dicevo davvero cosa?”.
    “Che pensi che io sia affascinante?” chiese lei a bassa voce, guardandolo.
    “Sei affascinante, Summers” rispose lui con un mezzo sorriso.
    “Pensi che io sia carina?” chiese lei, mettendo il broncio e sbattendo innocente le palpebre.
    “Sei splendida” rispose lui.
    Lei sorrise e gli appoggiò nuovamente la testa sul petto. Dopo un po’ sollevo lo sguardo; lui aveva gli occhi semi chiusi, sul punto di addormentarsi di nuovo. Si addormentò tenendo un braccio attorno alla testiera del letto e abbracciandola protettivo con l’altro.
    Il suo cuore accelerò sentendo qualcosa di caldo sfiorargli la nuca ed una mano circondargli la vita e insinuarsi sotto la sua maglietta, mentre lei si muoveva fra le sue braccia, premendo le gambe contro le sue.
    Aprì gli occhi e la vide baciargli e mordicchiargli il collo, poi li richiuse rapidamente mentre l’intensa sensazione gli invadeva le vene. Ansimò quando lei si spostò e gli sfiorò la bocca con la propria, spingendolo sulla schiena e salendogli sopra.
    Gli passò la gamba destra sullo stomaco, facendogli scivolare la lingua in bocca; lui sentì il sapore di menta del dentifricio e, in sottofondo, quello dell’alcol. Gemette forte quando lei gli si mise finalmente a cavalcioni, facendo ricadere tutto il suo peso su di lui e accarezzandolo dolcemente, mentre i capelli le incorniciavano il viso.
    La mano di lei continuava la sua esplorazione sotto la sua maglia, tracciando i contorni dei suoi addominali prima di spostarsi più in basso, oltre il suo ombelico.
    “Che co...”. Le parole gli morirono in gola, sentendo le dita di lei scivolargli sotto i jeans, accarezzargli i riccioli del pube e raggiungere il proprio obiettivo. Lei lo prese cautamente in mano e cominciò a muoverla su e giù facendolo ansimare, schiudendo le labbra per baciarlo nuovamente.
    Lui rovesciò gli occhi all’indietro, per la sensazione provocata dalle sue carezze.
    “Amore ...” cominciò, mentre lei gli baciava la guancia e il lobo dell’orecchio.
    “Non ... chiamarmi così” ansimò lei.
    “Che cosa stai ...”. Lei lo strinse più forte e lui si fermò a metà della frase. “… facendo? Per favore … Smettila … Noi … Oh Dio!”.
    La sentì sorridere contro il suo collo, in risposta alla sua voce spezzata, e questo sembrò dargli la forza sufficiente ad afferrarle il polso.
    “Per favore ... Non possiamo farlo” ansimò, infilandole l’altra mano tra i capelli e tirandola in maniera tale che lo guardasse in faccia.
    “Perché no?” si imbronciò lei. “Non ne hai voglia?”.
    “Dio, non immagini nemmeno quanto!”. Lei riprese a muovere la mano destra, facendolo ansimare.
    “Bene!”. Sorrise e gli prese nuovamente in bocca il lobo dell’orecchio, mordicchiandoglielo.
    “Per favore ... smettila ... sei ubriaca ... non sai …ah!”. Inspirò a fondo mentre lei lo stringeva di nuovo, delicatamente.
    Sembrava completamente partito; lo lasciò andare e cominciò a sganciargli la cintura ed a sbottonargli i jeans, un bottone dopo l’altro.
    Alla vista dell’inguine di lui arrossì; sorrise innocente e questo quasi lo convinse. Era bella da togliere il fiato, arrossata e sudata com’era, con i capelli scomposti che le ricadevano addosso. Dio, la desiderava così tanto.
    Raccogliendo tutte le sue forze riuscì a bisbigliare: “Passerotto ...” , ma quando lei lo guardò le forze sembrarono venirgli meno. “Non … possiamo farlo”.
    Per tutta risposta lei gli infilò nuovamente la mano nei pantaloni, ma stavolta lui fu abbastanza veloce da bloccarla.
    “Sei ubriaca, passerotto. Non voglio farlo in questo modo. Non così” ansimò.
    “Non mi vuoi?” si imbronciò lei.
    “Più di ogni altra cosa. Ma non in questo modo”.
    All’improvviso gli occhi le brillarono di rabbia e, in un attimo, si era staccata da lui e si era seduta.
    “Fuori!” gridò, voltandogli le spalle.
    Lui si sedette e allungò una mano verso di lei, accarezzandole piano la schiena; lei scattò:
    “Fuori!” gridò con tutto il fiato che aveva.
    “Amore ...”.
    Con la rabbia che le scorreva nelle vene lei si alzò e spalancò la porta, sibilando a denti stretti:
    “Fuori. Adesso”.
    Lui si alzò e, tenendo la testa china e strascicando i piedi, andò in corridoio e sentì che lei gli sbatteva la porta alle spalle.


    Capitolo 20
    Continuò a girarsi e rigirarsi per quella che sembrava un’eternità ma alla fine se ne stancò e si sedette sul letto, con le gambe contro il petto ed il mento poggiato sulle ginocchia. Si dondolò lentamente, mentre i pensieri serpeggiavano nella sua mente ancora leggermente intossicata. Fece una smorfia ricordando … “Più di ogni altra cosa. Ma non in questo modo”. Chiuse gli occhi, tentando di controllare il senso di nausea che provava alla bocca dello stomaco. Inevitabilmente altri interrogativi invasero i suoi pensieri. Era ancora in casa? Non aveva sentito la porta principale aprirsi ... Stringendo le labbra si staccò dal materasso e, a piedi nudi, andò alla finestra. Si fermò per un attimo, poi scostò leggermente le tende. Vedendo la vecchia auto ancora parcheggiata sul vialetto si sentì invadere da un’ondata di sollievo. Si sorprese a sorridere al veicolo arrugginito; allora si accigliò e si rimproverò mentalmente poi se ne tornò velocemente a letto, lasciandovisi cadere sopra. Rimase seduta per qualche minuto, riflettendo sul da farsi. Lui era ancora in casa ... Come osa? Gliela farò vedere io. Avendo trovato un ottimo motivo per uscire dalla sua stanza si alzò, si mise le pantofole a forma di coniglio e uscì. Scese le scale lentamente ed entrò in soggiorno.
    Vedendolo il suo cuore perse un battito. Era sdraiato scompostamente sul divano, con addosso i jeans e la maglietta nera, con un braccio sul viso e l’altro che penzolava sul pavimento.
    Piegò leggermente la testa e rimase immobile, a guardarlo dormire immerso in una pozza di luce lunare. Sembrava così … No! Non sembra un bel niente! Anzi sembra ... estremamente seccante.
    Di nuovo piena di rabbia accese la luce e gridò:
    “Che cosa ci fai qui?”.
    Rimase a guardarlo mentre il rumore improvviso lo faceva sedere di scatto, portandosi istintivamente le braccia allo stomaco. Lui sbattè le palpebre furiosamente, dato che i suoi occhi non volevano saperne di abituarsi alla luce aspra proveniente dal soffitto.
    “Cosa?” riuscì a mormorare con voce rauca.
    “Che cosa ci fai ancora qui? Ti avevo detto di andartene … ricordi?”. Sospirò esasperata, incrociando le braccia sul petto e tamburellando rabbiosamente sul pavimento con il piede sinistro.
    “Ehm ...”. Lui inspirò a fondo, strofinandosi gli occhi e tenendosi la testa tra le mani per qualche momento, prima di voltarsi a guardarla. Aprì e chiuse le labbra un paio di volte, tentando di inumidirsi la bocca arida, esaminando nel frattempo la ragazza incavolata che torreggiava su di lui. Non disse nulla, limitandosi a dare un’occhiata all’orologio appeso alla parete ed a riportare lo sguardo su di lei: “Sono le quattro del mattino, amore. Possiamo avere il nostro solito battibecco scaldacuore in un altro momento? Magari fra … otto ore?”.
    “Cosa. Ci. Fai. Qui?” sibilò lei.
    “Apparentemente no. Che bellezza!” disse lui con falso entusiasmo, alzandosi e chinandosi su di lei. Ribadì l’ovvio: “Stavo dormendo”.
    Lei sospirò, alzando gli occhi al cielo; era sul punto di dire qualcosa quando lui se ne andò in cucina. Lo seguì rabbiosamente, costretta dall’alcool e dalle pesanti pantofole a camminare come una papera; cosa che fece ridacchiare Spike mentre si appoggiava al frigorifero.
    “Che cosa stai facendo?”. Cercò di sembrare il più incavolata possibile, ma si distrasse quando lui si infilò una mano sotto la maglietta per grattarsi il petto, scostando il tessuto e scoprendo lo stomaco scolpito.
    “Sto cercando qualcosa da bere” spiegò senza neanche guardarla, impegnato ad ispezionare il frigo. Alla fine scelse il succo d’arancia, prese la bottiglia e la posò sul bancone mentre cercava un bicchiere nei vari mobili.
    “Questa è casa *mia*!” protestò lei, battendo un piede.
    “Dopo averti lavato e ripulito dal vomito credo di essermi meritato un po’ di succo d’arancia” disse lui, sollevando le sopracciglia mentre sorseggiava la bevanda.
    “Ah ...” fu la risposta imbarazzata di Buffy, che sentì il rossore salirle al collo ed alle guance.
    Rimasero in silenzio per alcuni, dolorosi, attimi finché lui disse:
    “Mi sembra che tu stia meglio”.
    “Ehm … sono ancora un po’ vacillante … ma sto lentamente recuperando il pieno controllo delle mie funzioni motorie” rispose lei, senza osare guardarlo. Signore, per favore fai che non menzioni quello che è successo di sopra, per favore fai che non menzioni quello che è successo di sopra, per favore fai che non …
    “Ehm … Per quanto riguarda quello che è successo …”.
    “Ecco cosa si ottiene a pregare. Grazie tante!” brontolò tra sé lei.
    “Io ...”.
    Lei lo interruppe subito, sollevando una mano: “Non voglio parlarne. Archiviamolo sotto la voce momentanea stupidità indotta dall’alcool, va bene?”.
    Spike sentì che lo stomaco gli si torceva per la rabbia ed il disgusto.
    “Bene” riuscì a sibilare, sbattendo il succo d’arancia sul bancone e andando nel soggiorno.
    Lei lo seguì rapidamente e lo vide raccogliere lo spolverino e la camicia e voltarsi poi verso il corridoio.
    “Dove stai andando?” mormorò a voce bassa.
    “A casa. Come volevi tu” brontolò lui, dirigendosi verso la porta principale.
    “No!”. Non sapeva che cosa l’avesse portata a dirlo ma l’aveva detto; deglutì forzatamente vedendolo voltarsi e fronteggiarla accigliato. Cercò di nascondere il proprio nervosismo: “Voglio dire … Non *devi* andartene se non vuoi”.
    “Mi stai chiedendo di rimanere?” chiese lui, piegando la testa di lato con un mezzo sogghigno.
    “No!” rispose immediatamente lei. Vedendo che stava per andarsene aggiunse rapidamente: “Si!”. Si interruppe mentre lui si voltava ancora una volta. “T-te lo sto chiedendo”. Vedendo il sogghigno arrogante di lui continuò in tono noncurante: “Solo perché non ho sonno e sono annoiata”.
    “Sono lusingato, passerotto” mormorò lui, ritornando in soggiorno.
    “Non esserlo *William*” lo prese in giro lei, sedendosi sul divano al suo fianco.
    Lui prese il telecomando e saltellò da un canale all’altro e ... niente. Non c’era assolutamente niente. Sospirando forte spense il televisore e si voltò a guardare la ragazza biancovestita al suo fianco.
    “E adesso?”.
    Lei si strinse nelle spalle. “Non lo so”.
    Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Buffy se ne uscì:
    “Possiamo giocare a carte”.
    “Va bene” acconsentì lui. Lei saltò giù dal divano e andò di corsa ad un mobile lì accanto.
    Vi frugò per quella che sembrava un’eternità, alla fine si arrese e agitò le mani in aria.
    “Non so dove le ha messe mia madre” mormorò, strascinando i piedi fino al divano.
    Sedettero nuovamente in silenzio. Stava cominciando a diventare troppo imbarazzante perché lei potesse tollerarlo, quando lui propose:
    “Vuoi fare un gioco?”.
    Lei lo guardò con sospetto. Aveva uno sguardo truffaldino e quel suo sogghigno irritante stampato in faccia. Stava macchinando qualcosa, ma qualunque cosa era meglio di quell’orribile silenzio, perciò … va bene, avrebbe abboccato.
    “Che gioco?”.
    “Non saprei ...”.
    Dal tono della sua voce lei capì che sapeva benissimo che gioco scegliere, stava solamente temporeggiando.
    “Magari ... il gioco della verità?”; si stava fingendo indifferente al riguardo, ma il suo tentativo fallì miseramente.
    “Eh no. Non giocherò al gioco della verità con te” rifiutò violentemente lei, alzandosi e cominciando a camminare intorno al tavolo.
    “Perché no?!” si lamentò lui.
    “Pe-perchè ... perché lunedì a scuola tutti sapranno i miei più oscuri e perversi segreti, ecco perché” rispose lei, abbracciandosi.
    “Ti giuro che non dirò niente. E poi anche tu potrai farmi delle domande, non te lo ricordi?”.
    A questo punto Buffy smise di scuotere incessantemente la testa. Forse non era un’idea così cattiva … Dopo averci riflettuto attentamente per alcuni momenti tornò a sedersi sul divano e, raccogliendo le gambe sotto il corpo, si voltò verso di lui.
    “Spara”, disse semplicemente.
    “Bene!” esclamò lui battendo le mani e sistemandosi di sbieco sul divano in maniera tale da starle di fronte. “Verità o pegno, Summers?”.
    “Verità” rispose lei con voce ferma.
    Senza bisogno di pensarci a lungo, lui chiese:
    “Provi ancora dei sentimenti per Angel?”. Parlava con tono basso, dal quale scaturiva però un filo di disagio.
    “Si” rispose pronta lei. “Tocca a me. Verità o pegno?”.
    Il suo stomaco si torse dolorosamente, fino a fargli sentire un retrogusto acido in bocca; deglutì a fatica e rispose:
    “Verità”.
    “Hai mai amato qualcuno, e quando dico amato non intendo in senso materno o fraterno o amichevole. Parlo di amore nel senso di amore alla Romeo-e-Giulietta-tragicamente-destinato-ad-accadere. E chi era?”.
    “Si e Dru” rispose lui.
    Buffy non poté evitare di aggiungere:
    “La ami ancora?”.
    “E no passerotto, hai fatto la tua domanda, ora tocca a me”.
    Buffy storse la bocca in segno di disappunto ma non disse niente.
    “Verità o ...”.
    “Verità” lo interruppe lei.
    “Sei un tipino impaziente, non è vero?”.
    Lei alzò gli occhi al cielo: “Fai la domanda e basta Spike”.
    “Vediamo ...”. All’improvviso nei suoi occhi si accese uno scintillio maligno e, abbassando la voce, chiese: “Hai mai fatto un sogno erotico su di me, passerotto?”.
    Lei quasi saltò giù dal divano per la domanda inattesa: “Che cosa?!”.
    “Sesso, amore. Hai mai sognato di fare sesso con me?”.
    Buffy sgranò gli occhi, mentre le guance le si imporporavano.
    “Voglio pagare pegno” disse subito.
    “Hey! Questo è barare”.
    “Non sto barando. Ho cambiato idea” si lamentò lei, imbronciata.
    “Non puoi cambiare idea. Tu ...”.
    “Va bene. Allora smetto di giocare”.
    “Sei come una bambina. Se le cose non vanno come vuoi tu ti limiti ad abbandonare, non è così?” ribatté lui.
    “Va bene” disse lei, incrociando le braccia sul petto e borbottando a voce bassa: “Si”.
    Lui, con il cuore che gli batteva furiosamente nel petto, fece finta di non aver sentito: “Che cosa hai detto amore?”.
    “Si, va bene?!” gridò lei. “Ho fatto un sogno erotico su di te. Ma solamente uno e non mi è neanche piaciuto”.
    Lui sollevò dubbioso un sopracciglio e lei insistette:
    “Non mi è piaciuto! Allora, verità o pegno?”.
    “Hey, non così in fretta. Non mi hai detto di cosa si trattava” protestò lui.
    “Non l’hai chiesto” disse lei, sogghignando trionfante. “Verità o pegno?”.
    Spike rimase zitto per un attimo, mentre il suo cervello cercava di andare oltre il fatto che lei aveva fatto un sogno erotico su di lui. Deglutì forzatamente, cercando di concentrarsi su quello che gli stava chiedendo.
    “Verità”.
    “Ha-hai mai fatto ... uno di quei sogni su di me?”. Si rimproverò mentalmente per l’esitazione della propria voce.
    “Si” rispose lui, guardandola dritto negli occhi e costringendola a distogliere lo sguardo.
    All’improvviso l’espressione di lui sembrò cambiare completamente e i suoi occhi si scurirono mentre la fissava intensamente.
    “Ok tocca a te!” disse lei, un po’ troppo vivacemente, cominciando a sentirsi nervosa. Il suo nervosismo comunque raddoppiò quando, con la coda dell’occhio, vide che lui le si avvicinava.
    Si voltò e, ad occhi sgranati, lo vide chinarsi su di lei, con il viso a pochi centimetri dal suo. Il cuore le batté furiosamente nel petto, mentre i palmi delle mani le si inumidivano di sudore freddo, quando lui le sfiorò le labbra con le proprie e le mise una mano sotto l’orecchio, toccandole la guancia arrossata. Lui piegò la testa e premette la bocca contro la sua, schiudendo le labbra e sfiorandola con la lingua. All’improvviso sentì che qualcosa si spezzava dentro di lei. In un lampo si alzò e scese dal divano, stando bene attenta a mettere il tavolino fra lei ed il ragazzo ossigenato che la stava fissando ad occhi spalancati.
    “Bene! È stato divertente!” esclamò, con più entusiasmo del necessario, battendo le mani. “Ora penso che me ne tornerò a letto. Sono stanca!”. Gli rivolse uno sbadiglio ben poco credibile, poi si voltò e si diresse verso il corridoio.
    Prima ancora di aver raggiunto la base delle scale sentì una mano forte che, afferrandole il braccio, la costrinse a voltarsi. Avrebbe potuto giurare di riuscire a sentire il battito del proprio cuore. Si voltò ed incontrò lo sguardo cupo di lui.
    “Dobbiamo parlarne” disse lui, con voce bassa e rauca.
    “Parlare? Di cosa?”. Era meravigliata lei stessa di essere in grado di parlare con tale noncuranza, considerato che aveva il cuore in gola.
    “Sai di che cosa. Non fare la stupida” insisté lui, chiudendo gli occhi per un attimo.
    Lei sospirò forte, poi si liberò dalla sua stretta e gli girò intorno.
    “Dunque abbiamo fatto sogni erotici l’uno sull’altra e viceversa. Non significa niente”. Parlando, agitava le mani per aria e, ogni tanto, si stringeva nelle spalle. “Voglio dire, probabilmente è colpa del fatto che ultimamente ci siamo dati da fare per colpa del … del piano. È semplicemente capitato …” cercò di razionalizzare. Voltandosi, lo vide sollevare il sopracciglio sfregiato con un gesto chiaramente dubbioso ed esclamò: “Che c’è?! Potrebbe essere! Sai … ci siamo fatti prendere dalla parte e tutto il resto. Voglio dire, tutti gli altri pensano che stiamo insieme. Probabilmente siamo stati così bravi da ingannare anche noi stessi. Può succedere!”.
    Lui continuava a guardarla con aria scettica.
    “Senti, che cosa vuoi che ti dica?” chiese lei, esasperata.
    “Perché mi hai baciato?” chiese lui, facendo un passo verso di lei.
    “Ero ubriaca!” si difese subito lei. “E mi sentivo sola a causa di mia madre e di tutto il resto, questo non conta”.
    “Va bene! E quello che è successo là?” chiese lui, facendo un cenno in direzione della cucina.
    Lei indicò alternativamente lui e se stessa. “Sei tu che mi hai baciato! Sarebbe stato … maleducato non ricambiare”.
    “Mi hai baciato perchè sarebbe stato maleducato non ricambiare?!” chiese lui incredulo. “E i palpeggiamenti sul bancone? Anche quelli per educazione?”.
    “Si” rispose lei, sollevando il mento e cercando di sembrare il più sincera possibile.
    “Amore tu mi odi, te lo ricordi? Da quando in qua ti preoccupi di essere educata con me?”.
    Non avendo una risposta lei si limitò a fare il broncio, rimanendo immobile mentre lui le si avvicinava e torreggiava su di lei.
    “Di’ la verità passerotto ... tu mi volevi tanto quanto ti volevo io, non è vero?” continuò lui, con voce bassa e roca.
    “Tze!”. Avrebbe voluto suonare sprezzante ma la voce le venne fuori debole, e lui le si avvicinò fino a trovarsi a pochi centimetri da lei. “Non montarti la testa” disse lei a voce bassa, senza osare guardarlo, fissando invece la propria pantofola a forma di coniglio. Che pantofole interessanti che ho. Alla sinistra manca un occhio! Divertente, non l’avevo mai notato. Divertente, divertente, divertente. Provò a distrarsi in tutti i modi per calmarsi, ma sembrava che niente riuscisse a funzionare, il profumo di lui l’avvolgeva, intossicandola. “Pantofole divertenti … Oh, per amor di Dio smettila di tremare”, si rimproverò.
    Stava tremando; lui le mise un dito sotto il mento e glielo sollevò, costringendola a guardarlo in faccia.
    “Ok, ti dico cosa faremo. Ti do il permesso di essere maleducata con me. Perciò … se ti bacio non sei assolutamente obbligata a ricambiare il favore, va bene?”.
    Lei non rispose, si limitò a fissarlo, in attesa. Lentamente lui spostò la mano che ancora le teneva sul mento, portandoglie alla base della nuca, e le passò l’altro braccio intorno alla vita per attirarla a se. Si chinò su di lei con una lentezza snervante e, dopo quella che sembrava un’eternità, le loro labbra si incontrarono. Le sfiorò le labbra con piccoli baci, terribilmente innocenti, rifiutandosi di approfondire il bacio. Era una mossa che doveva fare lei, ma lei non la fece. Il suo corpo lo supplicava di prenderla e sbatterla contro la porta, e all’inferno il suo orgoglio maschile. Lui però combatté la voglia, che ben presto divenne dolorosa, a causa dell’improvvisa mancanza di spazio nei suoi pantaloni.
    “Teneri conigli, teneri e divertenti conigli. Non pensare a Spike, ignora Spike, non baciarlo, pensa ai teneri e divertenti conigli … senza un occhio” ordinò lei al proprio corpo. Ma la sua risolutezza si stava sgretolando, mentre lui la spingeva lentamente contro la porta, premendole addosso con tutto il corpo. Sentendo qualcosa di duro premerle contro il basso ventre il suo cuore perse un battito. La mano di lui, fino a quel momento posata alla base della sua schiena, si spostò sul suo collo, sfiorandole *casualmente* il seno nel frattempo.
    Era l’ultima goccia! Il suo cervello entrò in un cortocircuito indotto dagli ormoni e smise automaticamente di funzionare, lasciando che fosse il suo corpo a prendere il comando. Gli gettò le braccia intorno al collo, afferrandolo per la nuca, schiudendo le labbra e facendogli scivolare la lingua in bocca.
    Spike gemette sorpreso, mentre le loro lingue si attorcevano voracemente. L’afferrò per le cosce, sollevandola da terra; lei lo avvinghiò immediatamente con le gambe, sollevandosi in tal modo la camicia da notte fino alla vita.
    Continuarono a baciarsi famelici, duellando, finché respirare non divenne un problema; Buffy allora si tirò indietro per inspirare lasciando a Spike il tempo di affermare, arrogante:
    “Sapevo che mi desideravi. Era solo ...”.
    “Sta zitto, Spike” mormorò lei, chiudendogli la bocca con la propria.
    Ripresero i loro baci infuocati e ben presto lei gli stava tirando e strattonando la maglia. Interruppero il bacio per il tempo strettamente necessario per sfilarla, riprendendo immediatamente possesso l’uno della bocca dell’altra.
    Lui le affondò le dita nelle cosce, abbastanza forte da lasciarle dei lividi man mano che le spostava sulla carne morbida.
    Buffy mugolò nella sua bocca, tentando di parlare, ma lui non volle lasciarla andare.
    Alla fine Buffy si staccò e indicò le scale con un dito.
    Riuscì ad ansimare: “La camera da letto ...”.
    Spike annuì, poi la baciò ancora, famelico.
    “Mmm ... Spike!” insisté lei, evitando la sua bocca.
    “Che c’è?!” chiese lui, frastornato.
    “La camera da letto ... mi metti giù?”.
    Dopo qualche secondo, che servì al suo cervello per riprendere a funzionare in modo coerente, lui piegò la testa di lato e chiese in tono serio:
    “Non cambierai idea, vero?”. La stava quasi supplicando. “Voglio dire, se vuoi puoi farlo! Solo …”. Si imbronciò appena e le rivolse un’occhiata da cucciolo sperduto, supplicando: “Per favore non cambiare idea …”.
    Lei non poté fare a meno di sorridere e scosse la testa.
    “Sei sicura?”.
    Lei annuì.
    Apparentemente soddisfatto della sua risposta lui la posò a terra.
    All’improvviso ricordò: “E niente risposte alle telefonate”.
    “Non risponderò al telefono. Lo lasceremo squillare, anche nel caso sia mia madre per dirmi che sta tornando a casa” ridacchiò lei, salendo le scale.
    “Va bene, forse possiamo rispondere alle telefonate” cambiò idea lui, seguendola.
     
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    Capitolo 21
    Nel momento stesso in cui chiuse la porta della camera alle loro spalle, si trovò tra le braccia di Spike. Senza darle la possibilità di dire o fare alcunché lui la attirò a sé, coprendole la bocca con la propria in un altro bacio famelico. Nel tentativo disperato di attirarla ancora più vicina le affondò le dita tra i capelli. Lei gli premette i palmi delle mani sul torace nudo, spingendolo impaziente verso il letto; facendolo inciampare e cadere sul letto di colpo. Buffy gli cadde subito addosso, togliendogli il respiro. Portò immediatamente le mani dal suo torace alla fibbia della sua cintura, trafficandoci nervosamente mentre lui le strattonava la lunga camicia da notte.
    Riuscì a slacciargli i pantaloni e ad infilarvi una mano, nello stesso modo di poche ore prima, rendendo irregolare il suo respiro. Glielo prese subito in mano e, alzando gli occhi, lo vide con la testa gettata all’indietro e la bocca semiaperta, che si lasciava sfuggire gemiti leggeri man mano che lei muoveva lentamente la mano.
    Lui deglutì a fatica e, cercando di controllarsi, riprese il proprio tentativo di levarle la camicia da notte, cosa che i movimenti di lei rendevano estremamente complessa.
    Cercando di ignorare quello che la ragazza, ora a cavalcioni su di lui, gli stava facendo, le passò le mani dalle caviglie alle cosce abbronzate, spingendo via il tessuto bianco che la copriva. Si fermò per un attimo, distratto dalla sensazione della lingua calda di lei sul collo. Dopo qualche secondo spostò le dita fino alla sua schiena, infilandogliele sotto le mutandine di cotone e tirandogliele via. Lei si appoggiò al suo petto con tutto il suo peso, schiacciandogli i seni contro il torace, in maniera tale che lui riuscisse a sfilargliele dalle gambe, facendogli così rovesciare gli occhi all’indietro.
    Non appena gliele ebbe tolte Buffy si raddrizzò e cominciò a sfilargli i pantaloni. Dopo qualche difficoltà riuscì a levargli anche gli anfibi, che finirono sul pavimento insieme ai suoi jeans ed alla biancheria di lei.
    Stava per rimetterglisi a cavalcioni, ma lui la rovesciò velocemente sulla schiena, bloccandola e mettendosi sopra di lei, con le braccia ai lati della sua testa per sostenere il proprio peso. Le passò una mano sulla spalla, sul fianco e lungo le cosce, fino all’orlo della camicia da notte.
    Lei trattenne il respiro, mentre lui risaliva pigramente lungo le sue gambe, accarezzandola sotto il tessuto bianco, fino a sfiorarle l’anca.
    Lui affondò la gamba destra tra quelle di lei, scostandogliele e aprendola in tal modo al tocco delle sue dita che, lentamente, le accarezzavano l’interno della coscia.
    Lei gemette famelica, rendendosi conto che lui stava evitando il punto in cui lei più lo bramava. Sollevando lo sguardo su di lui scorse il suo caratteristico sogghigno arrogante e si rimproverò mentalmente per la propria reazione bisognosa. Prima che potesse dire qualcosa, lui spostò l’indice nel punto in cui le sue gambe si univano.
    Lei ansimò, mentre lui le separava le labbra gonfie, tracciandovi segni irriconoscibili. “Per favore …”. Si odiò per averlo detto, ma non era riuscita a farne a meno.
    Il suo dispiacere svanì nel momento in cui lui infilò il dito dentro di lei, cosa che le fece istintivamente arcuare la schiena. Gemette, e lui dovette fare tutti gli sforzi possibili per evitare di saltare ogni preliminare e prenderla sul momento. Invece si chinò e le catturò la bocca con la propria per un bacio esigente e vorace, continuando nel frattempo a strofinarla, carezzarla e provocarla con le dita. Sentendola gemere contro le proprie labbra quasi perse il controllo di sé. Dio, faceva dei rumori così deliziosi! Lo facevano semplicemente impazzire!
    Senza pensarci lei aprì di più le gambe, in un chiaro segno di invito, spingendo i fianchi contro la sua mano con un’intensità disperata. Aveva bisogno di qualcosa di più, aveva bisogno di ... Gli prese la mano con dita tremanti e gliela scostò.
    Spike smise di baciarla di colpo, e la guardò preoccupato:
    “Ti ho fatto male? St-stai bene? V-vuoi ...”.
    Si bloccò di colpo a metà della frase, perché lei gli aveva afferrato l’uccello, guidandolo contro l’ingresso al proprio corpo.
    Resosi conto della situazione lui posò il braccio sul materasso, nella stessa posizione dell’altro, e si chinò per baciarla nuovamente.
    Lei interruppe nervosamente il bacio per chiedere: “Hai un ... sai cosa?”.
    Spike si immobilizzò. Dannazione! Come ho potuto dimenticarlo? Stupido!
    “N-non sono sicuro” balbettò, alzandosi dal letto e chinandosi per raccogliere i pantaloni.
    Infilò ansiosamente le mani nelle tasche posteriori e ne estrasse il portafogli.
    “Puoi accendere la luce?” chiese. Dio, odiava questa parte.
    Era così imbarazzante. Se aveva un profilattico, lei avrebbe probabilmente pensato che lui pensava che lei fosse una facile e che si aspettava di combinare qualcosa. Se non ne aveva uno ... bè, praticamente sarebbe rimasto incavolato con se stesso per il resto della sua vita. Non sapeva quale delle due opzioni preferiva.Quando lei accese la luce cominciò subito a frugare nervosamente nel portafogli, infilando le dita in tutti gli scomparti possibili. Non poté evitare di sospirare di sollievo quando trovò l’involucro blu e bianco. Bè, evidentemente preferiva la prima opzione, dopo tutto.
    Vedendolo aprire la confezione ed estrarre il pezzo di lattice dall’involucro Buffy inspirò a fondo, poi arrossì e distolse rapidamente lo sguardo mentre lui se lo infilava. Si voltò nuovamente verso di lui quando sentì il materasso muoversi sotto il suo peso.
    Si sdraiò nuovamente sulla schiena mentre lui si sdraiava su di lei, mettendole le mani ai lati del viso mentre si sistemava fra le sue gambe. Si chinò a baciarla delicatamente, abbassando lentamente i fianchi, fino a far scivolare la punta dell’uccello tra le pieghe del suo sesso.
    “Per l’inferno maledetto!” gemette contro la base del collo di lei, rovesciando all’indietro gli occhi e spalancando la bocca, per la sensazione del calore di lei che lo avvolgeva. “Sei così ... Oh Dio! Così maledettamente ... stretta!”. Si trovò all’improvviso a corto di fiato, e dovette sforzarsi per pronunciare le parole.
    Buffy spalancò gli occhi mentre lui la penetrava, sentendosi aprire completamente, mentre il suono della sua voce, bassa e roca, le faceva venire la pelle d’oca. Si sentì invadere da uno strano miscuglio di desiderio famelico ed orgoglio femminile, vedendolo che gemeva disperatamente e balbettava incoerentemente sopra di lei.
    Lui cominciò a muoversi lentamente, entrando ed uscendo dal suo sesso umido e, ben presto, lei si ritrovò a piagnucolare. Trattenne il respiro sentendo che lui si muoveva nel suo corpo, dapprima lentamente e, ben presto, con maggiore velocità ed intensità, affondando in lei più a fondo e più duramente ad ogni spinta.
    Spostò le mani sulle braccia di lui, artigliandolo e graffiandolo man mano che una strana sensazione cresceva dentro di lei. Non aveva mai provato niente di simile, ed era sopraffatta dalla facilità con cui lui gliel’aveva fatta provare.
    Spike si mosse più rapidamente e con maggiore forza, premendo i fianchi contro i suoi mentre si spingeva dentro di lei. Era così stretta, così calda ... meglio di qualunque cosa lui avesse immaginato. Deglutì a fatica, con il pomo d'Adamo che ballonzolava, cercando di concentrarsi su qualcosa di diverso dalla creatura che gemeva sotto di lui, graffiandogli le braccia e la schiena. Dio, sembrava impossibile! Chiuse gli occhi e mormorò mentalmente: “Pensa a qualcos’altro! Pensa a qualcos’altro imbecille, oppure decisamente non durerà a lungo. Qualcosa di negativo! Tutta la vita senza fumare, stare nudo di fronte all’intero corpo studentesco, vedere mio padre nudo, mio padre che fa ...”.Il grido di piacere di lei irruppe nel fiotto dei suoi pensieri e lui si trovò sul punto di ... “Se continua a fare questi rumori così sensuali e ad agitarsi sotto di me, non ...”.
    Gemette mentre lei gli afferrava il sedere con una mano, e spalancò gli occhi per guardarla. La vista di lei, da sola, quasi lo fece venire. Era rossa in viso, con gli occhi chiusi, il collo inarcato in maniera tale da scoprire la gola, la bocca che si apriva e si chiudeva mentre ansimava furiosamente.
    “Spike ... non fermarti ... per favore, non fermarti ... per favore ... Dio è così ...”.
    Spike le coprì la bocca con la mano.
    “Per favore ...” la supplicò senza fiato, continuando a spingere. “Amore ... non ... non riesco ... Ahia!” gridò, quando lei gli morse il palmo della mano. “Per l’inferno maledetto ...”.
    “Smettila di chiamarmi così!” brontolò lei, schiaffeggiandogli un braccio.
    “Come?” chiese lui, immobile dentro di lei.
    “Amore e passerotto e ... Betty”. L’ultima parola la pronunciò con evidente rabbia repressa. “So che è difficile ricordare il mio nome con tutto ...”.
    Lui sorrise e si chinò a bisbigliarle teneramente all’orecchio:
    “Conosco il tuo nome, Buffy”.
    Lei si bloccò sentendo il suono del proprio nome sulle labbra di lui. Suonava così ... Lui riprese a muoversi e la sua mente smise di funzionare, mentre lui entrava ed usciva dal suo corpo con un ritmo talmente lento da torturarla, afferrandole contemporaneamente il lobo dell’orecchio tra i denti e mordicchiandoglielo leggermente.
    Gli agganciò le gambe dietro le ginocchia, sentendosi più stretta ad ogni spinta. Sentendo che lui insinuava una mano tra i loro corpi aprì gli occhi di colpo e ... che cosa stava ... Dio era così ...
    “Spike ... Che cosa stai ...? Oh Dio ...” mormorò. “Io ... non ho mai ... Ah!” gridò, sentendo il nucleo di energia che si era creato dentro di lei attraversarle tutto il corpo, facendole inarcare la schiena e muovere i fianchi in maniera incontrollabile.
    “Per l’inferno maledetto, Buffy ... così stretta! Buffy ...” ringhiò lui, sentendola contrarsi intorno al suo sesso e affondando in lei ancora un paio di volte prima di lasciarsi andare e venire.
    Si accasciò su di lei in un bagno di sudore, respirando a fatica, sentendo finalmente scemare il suo orgasmo. Sentendola gemere leggermente si costrinse a sollevarsi sugli avambracci e fissò la ragazza accaldata sdraiata sotto di lui.
    “Stai bene?” riuscì a chiederle, ansante.
    Lei si limitò ad annuire, dato che il suo respiro non le permetteva di parlare.
    Lentamente lui scivolò fuori dal suo sesso e si rigirò su stesso, sdraiandosi supino accanto a lei. Rimasero a fissare il soffitto in silenzio, un silenzio rotto solamente dai loro ansiti.
    Buffy sentì il proprio cuore accelerare quando lui si spostò, voltandole la schiena. Che cosa sta facendo? Ha intenzione di girarsi e mettersi a dormire? Piccolo ... Ah! Interruppe il proprio pestaggio mentale rendendosi conto di quello che stava facendo. “Il preservativo ... giusto”.
    Si calmò quando, con la coda dell’occhio, lo vide voltarsi sull’altro fianco, faccia a faccia con lei. “Oh Dio! Penso di preferirlo voltato dall’altra parte” pensò, mentre lui la fissava intensamente. Deglutendo a fatica trovò il coraggio di guardarlo a sua volta.
    “Allora ...” cominciò lui, con voce bassa e rauca.
    Oh Dio che voce! Lei si rese improvvisamente conto che ogni volta che lui parlava le si accapponava la pelle.
    Lui tentò di fare conversazione: “È stato ...”.
    “ ... fantastico!” disse lei, senza riuscire a trattenersi.
    Lui sorrise orgoglioso.
    “Grazie amore ... Buffy!” si corresse per tempo, mettendole un braccio intorno alla vita ed attirandola più vicino.
    Lei si voltò lentamente verso di lui, seppellendogli il viso nel torace ed aspirando il suo odore. Cavolo, aveva un buon odore anche dopo aver sudato!
    Vedendola chiudere gli occhi lui spense la lampada sul comodino, lasciando la luna come unica fonte di luce nella stanza. Lentamente i due si addormentarono, con Spike che le tracciava pigramente dei cerchi sulla schiena.

    Lui lasciò che il fumo si diffondesse a lungo nei suoi polmoni prima di espirare. Si appoggiò al portico, guardando intontito le macchine di passaggio. Aspirò un’ultima boccata di fumo dalla sigaretta e lasciò cadere a terra la cicca, schiacciandola sotto gli anfibi prima di entrare in casa. Si chinò per un momento per raccogliere lo spolverino e la camicia appallottolati e corse su per le scale.
    Sorrise teneramente alla vista di Buffy che dormiva. Rapidamente si spogliò completamente e si infilò a letto, accoccolandosi contro di lei.
    Buffy si svegliò per la meravigliosa sensazione di braccia calde che la stringevano e di un corpo snello e tonico che le premeva contro la schiena. Istintivamente spinse i fianchi all’indietro nel tentativo di allungarsi. Sentì un ringhio basso nelle orecchie e qualcosa di duro che le premeva contro il fondoschiena.
    Una profonda voce maschile le ansimò nell’orecchio: “Buongiorno passerotto”, facendole venire i brividi.
    “Buongiorno!” rispose lei con voce assonnata.
    Sentì il proprio cuore accelerare, ricordando ciò che era successo la notte prima. Oh mio Dio! Ho fatto sesso con Spike! Oh mio Dio! Oh mio Dio!
    Questa ripetizione incessante fu interrotta dalla sensazione provocata dalla mano di lui che tracciava pigramente dei cerchi sul suo ombelico. Le si premette lentamente contro la schiena; aumentando la stretta del braccio intorno alla sua vita mentre con l’altra mano le scostava i capelli dal collo. Le strofinò il naso contro la carne morbida prima di passarle la lingua sul collo e fino al lobo dell’orecchio.
    Senza pensare lei gemette, posando una mano sulla sua ed intrecciando le dita con quelle di lui. Il suo cuore batteva furiosamente mentre gli guidava la mano dal suo stomaco al suo seno, incoraggiandolo ad afferrarlo. Lui le ringhiò nell’orecchio, stringendole leggermente il seno e premendole i fianchi contro la schiena, dimostrandole chiaramente quale effetto avesse su di lui.
    Le sue mani le lasciarono i seni per spostarsi verso il basso e tirarle su la camicia da notte prima di affondare fra le sue cosce; le scostò le labbra umide con le dita per strofinare il piccolo nucleo di nervi nascosto là.
    Quando lei strinse le gambe impedendogli di muoversi le morse il lobo dell’orecchio.
    “È tardi ...” gemette lei, guardando la sveglia sul comodino con le palpebre pesanti. “Mia madre …”.
    “Ha detto che avrebbe fatto tardi ...” si lamentò lui.
    “Ma ...” tento di protestare lei; ma il suo corpo sembrava avere altre idee, e le sue gambe si rilassarono permettendogli di muoversi. “ … potrebbe …”. Sentendolo insinuare un dito dentro di lei la sua mente smise completamente di funzionare.
    Lentamente lui entro ed uscì dal suo corpo, strofinandole il clitoride con il palmo della mano. Tentò goffamente di sollevarle la camicia da notte con un braccio, in maniera tale da scoprirle la schiena, senza interrompere quello che stava facendo. Ci riuscì dopo alcuni tentativi.
    Buffy dovette sforzarsi di respirare sentendo il suo membro duro premerle contro il sedere e scivolarle fra le natiche per fermarsi contro il suo sesso fradicio. La sua mente ebbe un momento di lucidità e, sentendo che cercava di penetrarla, riuscì a bisbigliare con voce lamentosa:
    “Aspetta!”.
    Spike gemette ma si fermò immediatamente.
    “Ne hai un altro?”. Sentiva il rossore salirle dal collo alle guance.
    Lui imprecò mentalmente: “Per l’inferno maledetto!” poi, con voce debole, si rivolse a lei: “No … era l’unico”.
    Buffy si lasciò sfuggire un gemito di disappunto.
    “Tu ne hai uno?”.
    Il suo cuore perse un battito quando lei scosse la testa.
    “Tua madre?”.
    “Bleah! No!” esclamò subito lei, facendo una smorfia disgustata.
    “Stavo solo chiedendo ... Voglio dire, dato che stava uscendo ...”.
    “Spike, ti stai precludendo ogni possibilità di fare del sesso oggi” brontolò lei, voltandosi a fronteggiarlo.
    “Ah si?” chiese lui, sollevando il sopracciglio sfregiato e spostando la mano che ancora le teneva fra le gambe, spingendo nuovamente un dito dentro di lei.
    Lei gemette e chiuse gli occhi per la sensazione.
    Lentamente lui scivolò lungo la sua schiena, tracciando una scia di morbidi baci sulla sua pelle nuda. Quando scostò la mano dal centro della sua femminilità Buffy gemette, facendolo sorridere mentre le sfiorava con le labbra la vita ed il basso ventre, facendola voltare supina.
    Rendendosi conto di ciò che aveva intenzione di fare Buffy sgranò gli occhi. Abbassò lo sguardo e vide la testa platinata di lui scendere lungo il suo corpo, fino a baciarle l’interno delle cosce.
    “No ... Spike ...” esitò. “Non ... mi piace” riuscì a dire a bassa voce.
    Spike sollevò la testa accigliato.
    “Non ti piace?” chiese confuso.
    “No ...” rispose timidamente lei.
    “Qualcuno te l’ha mai fatto?” continuò lui, senza rendersi conto del disagio di lei al riguardo.
    “Certo! Non avrei detto che non mi piace se non l’avessi provato”. La situazione imbarazzante la stava facendo arrabbiare velocemente.
    “Sei sicura? Perché la maggior parte delle ragazze ama ...” cominciò lui con tono vizioso.
    Lei lo interruppe: “Io non sono la maggior parte delle ragazze!”. Si sentiva ribollire di rabbia all’idea di lui che lo faceva ad un’altra ragazza. Fece per raddrizzarsi, scostandolo con le gambe, ma lui fu più veloce, e le passò le braccia intorno alle cosce premendogliele contro il materasso.
    “Non c’è bisogno di digrignare i denti” disse lui con un sorriso arrogante.
    “Non sto digrignando i denti!” brontolò lei, tirando giù la camicia da notte a coprirsi le cosce, premendo protettivamente il tessuto contro il proprio sesso. “Adesso lasciami andare!”. Tentò di liberare le gambe dalla sua stretta ma non ci riuscì.
    Lui si imbronciò appena, guardandola da sotto le palpebre pesanti.
    “Solo per un po’ ...”. Cominciò a passarle le labbra sull’interno delle cosce. “Se non ti piace …”. Spostò la bocca verso l’alto, fino a raggiungere la mano che lei si teneva fra le gambe, “Smetterò …” concluse, prendendole il mignolo in bocca e succhiando appena.
    “No ...” rifiutò debolmente lei, spostando inconsciamente la mano.
    Lentamente lui le strofinò il naso contro l’interno delle cosce, fino a raggiungere l’orlo della sua camicia da notte. Vi si insinuò sotto, sollevandolo appena con un mano.
    Buffy trattenne il respiro in attesa, sorreggendosi sui gomiti. Si lasciò sfuggire un grido soffocato, sentendo finalmente la lingua di lui leccarle le labbra. Tutto il suo corpo si tese per l’aspettativa vedendolo spostarsi più vicino, mentre con la lingua apriva le pieghe del suo sesso finché, all’improvviso:
    “Buffy! Sei a casa, tesoro?”.
    La voce di sua madre echeggiava nel corridoio.
    “Oh mio Dio! Mia madre!” squittì Buffy. “Svelto, nasconditi!” gli ordinò, mentre il ragazzo ossigenato si districava rapidamente dalle sue gambe e si alzava cominciando a cercare i propri vestiti.
    “Tesoro! C’è Spike?”.
    “Come fa tua madre a sapere che sono qui?”. Spike smise di vestirsi per un attimo per guardare Buffy accigliato.
    “Come diavolo faccio a saperlo? Adesso vestiti!” ordinò lei. Sentendo i passi di sua madre avvicinarsi sempre di più il suo cuore si fermò, poi la maniglia della porta fu aperta lentamente.
    “Oh mio Dio!”


    Capitolo 22
    Senza che la sig.ra Summers potesse rendersi conto di nulla, sua figlia si materializzò all’improvviso davanti a lei, apparendo dal nulla.
    “Buffy!” esclamò, sorpresa.
    “Hey mamma!” replicò la bionda con eccessivo entusiasmo, contemporaneamente cercando goffamente di chiudersi la porta alle spalle. “Sei tornata presto!” continuò, con un sorriso stampato in faccia.
    “Presto? È mezzogiorno” si accigliò la sig.ra Summers.
    “Ah ... Si, m-ma avevi detto che non saresti rientrata a casa per pranzo” balbettò Buffy, ficcandosi ansiosa le unghie nel palmo della mano sinistra.
    “Mi mancavi”. La sig.ra Summers sorrise teneramente alla figlia, prima di chiedere: “Perché sei ancora in camicia da notte?”.
    “Ehm ...”. Buffy abbassò lo sguardo su di se. “Sono rimasta alzata fino a tardi a guardare film” mentì.
    “Spike è qui?”.
    A questa domanda Buffy si immobilizzò. Mentire o non mentire ... Ehm ... Meglio tenersi sul sicuro:
    “Perché lo pensi?”.
    “Ho visto la sua macchina parcheggiata qui fuori” rispose la donna, facendo un cenno con la testa in direzione del piano inferiore della casa.
    “Ah ...”. Buffy annuì appena, poi si accigliò: “Come fai a sapere che quella è l’auto di Spike?”.
    Fu il turno della sig.ra Summers di arrossire e balbettare nervosamente:
    “I-io ... l’ho dedotto. Un’auto parcheggiata nel nostro vialetto e tu e Spike che, ultimamente, siete così vicini”. Piegò la testa di lato e trattenne il respiro, in attesa della reazione della figlia.
    “Oh ... Bè ... si, è la macchina di Spike” rispose vaga Buffy.
    La sig.ra Summers agitò un dito in direzione della porta della camera da letto: “Quindi è qui? Lì dentro?”.
    La figlia si sforzò di trovare una spiegazione: “Sì ... Lui è ... ehm ... Lui era ... ehm ...”. All’improvviso se ne uscì: “Era sconvolto e aveva bisogno di parlare ... sai com’è. Roba da adolescenti! Problemi emotivi, crisi di identità e tutta quella … roba da adolescenti!”.
    “Sta avendo problemi a scuola? Con gli altri studenti?” chiese preoccupata la sig.ra Summers.
    “Si!”. Buffy sollevò la mano in direzione della madre. “Proprio così! Sta avendo problemi con i ragazzi” blaterò sollevata.
    “A causa di Angel?”.
    Buffy si bloccò di nuovo.
    “Angel?!” ripeté, con gli occhi sgranati.
    “Sai ... lui ed Angel ...” tentò goffamente di accennare la sig.ra Summers.
    “Ehm ...”. La mente di Buffy vorticava. “Di che cosa diavolo sta parlando? Sa di Dru? Come?” Alla fine si dcise: “Si …”.
    “Oh Buffy, mi dispiace così tanto. Povero caro, deve sentirsi malissimo”.
    “Bè ... si”. Buffy era ancora un po’ tesa per la piega che stava prendendo la conversazione. Da quando in qua sua madre conosceva tutta la storia di Angel e Dru?
    “Voglio dire ... essere ferito dalla persona che ami” continuò, empatica, la sig.ra Summers, mentre Buffy continuava ad annuire accigliata. “Sai tesoro … I maschi alla tua età si sentono molto minacciati da persone come Spike … non le capiscono ancora e questo può farli comportare … male nei confronti di Spike”.
    Ora Buffy aveva completamente perso il filo. Di che cosa *diavolo* stava parlando sua madre? Per andare sul sicuro si limitò a guardarla attentamente, ascoltando in silenzio ogni parola.
    “Alla fine Angel imparerà a relazionarsi a Spike ... e-e Spike troverà qualcun altro … Qualcuno che merita il suo affetto”.
    “Oh. Mio. Dio! Mia madre pensa che Spike sia innamorato di ANGEL? Oh mio Dio, oh mio Dio! Respira Buffy! Respira!” si ordinò.
    “Ma è un bene che abbia qualcuno come te con cui parlare”. La sig.ra Summers accarezzò la guancia, improvvisamente pallida, della figlia. “Bene, se hai bisogno di me sono di sotto”.
    Buffy rimase immobile a guardare la madre che scendeva le scale. Dopo qualche attimo uscì dalla trance in cui si trovava e si voltò per entrare nella sua camera.
    “Allora? Siamo morti?” chiese ansiosamente Spike. Ora era completamente vestito, a parte lo spolverino e la camicia che erano ancora appallottolati sul pavimento.
    “Non ancora” rispose calma Buffy, con uno strano scintillio negli occhi.
    “Cos’è successo?” insisté Spike, guardando la bionda avvicinarsi lentamente al letto e sedervisi sopra.
    “Mia madre ...” cominciò lei, con un sorriso lascivo.
    “Si ...”.
    “Pensa ... ehm ... come la metto per evitare di ferire il tuo fragile ego maschile?”.
    “Summers!” esclamò rabbiosamente Spike, mentre l’attesa cominciava a dargli sui nervi.
    “Pensa che tu sia innamorato di Angel e che Angel ti odi!” se ne uscì lei in tono vivace, piegando la testa di lato. Dovette ricacciare indietro una risatina, vedendo l’ossigenato imporporarsi sempre di più prima di gridare:
    “Cosa?!”.
    “Creda che tu stia soffrendo a causa del tuo *ammore* non ricambiato per Angel” disse lei, raddoppiando le M in una provocazione infantile*.
    “Cosa?!” ripeté lui, ancora immobile, con gli occhi e la bocca spalancati.
    “Ehm ... tesoro? Abbiamo appena visto la questione del “cosa”, hai presente?” lo prese in giro lei con finta preoccupazione.
    Lui uscì finalmente dal suo stato catatonico: “Tua madre pensa che io sia innamorato di quel segaiolo?”.
    “Si!”. Lei schioccò le labbra e si sdraiò sul letto, sostenendosi sui gomiti.
    “Di quel segaiolo?”.
    Lei annuì.
    “Personalmente credevo che ti saresti preoccupato più per il fatto che mia madre pensa che tu sia gay che non per il piccolo dettaglio che pensa che tu voglia Angel come tuo focoso schiavo del sesso” continuò a scherzare lei, ma se ne pentì non appena vide lo sguardo feroce di lui.
    Se lo trovò addosso all’improvviso e gridò. Lui le mise le mani sulle spalle, spingendola sgarbatamente contro il materasso, schiacciandole il petto con il proprio torace, rendendole quasi impossibile respirare.
    “Credevo di aver messo in chiaro chi voglio come focoso schiavo del sesso la scorsa notte” ringhiò, passandosi la lingua sui denti.
    Le mise bruscamente un ginocchio tra le ginocchia, costringendola ad aprire le gambe; Buffy trattenne il respiro. Senza darle la possibilità di muoversi lui le infilò una mano sotto la camicia da notte, sollevandogliela a scoprire il centro del suo corpo; le separò le labbra con dita esperte, accarezzandola senza dolcezza.
    Buffy sgranò gli occhi e si lasciò sfuggire un gemito rauco.
    “Forse mammina cara cambierebbe idea se ti sentisse gridare il mio nome in questo momento” le bisbigliò lui all’orecchio, continuando a lavorare con la mano.
    Buffy mosse le labbra, tentando di parlare, ma in qualche modo il suono rifiutava di uscire. Alla fine riuscì a piagnucolare:
    “Spike ... non ... Ah!”. Si arcuò sul materasso quando lui le infilò dentro un dito.
    “Non cosa, passerotto?” chiese lui, con tono lascivo.
    Buffy lottò con le parole sentendolo muoversi dentro di lei, esplorando e strofinando proprio nel punto giusto.
    “Non cosa?” ripeté lui, stavolta con voce meno arrogante, dato che il suo stesso desiderio cresceva alla semplice vista di lei che si contorceva sotto il suo tocco.
    “Mia madre ... per favore ... Spike ... Ah!”. Con mano tremante afferrò quella di lui, ancora seppellita fra le sue gambe.
    La tirò pateticamente, senza desiderare davvero che la sensazione cessasse.
    “Per favore smetti ... per favore ...”.
    Ansimò quando lui si staccò da lei e si sedette sul materasso. Scuotendo appena la testa si tirò su languidamente, sostenendosi sui gomiti. Si aspettava di trovarlo con quel sogghigno irritante stampato in viso, invece lo trovò che la guardava da sotto le palpebre pesanti.
    “Meglio smettere adesso. Non credo che potrei se andassimo più avanti” disse lui con voce incerta, alzandosi.
    Buffy si raddrizzò a sedere, tirando la camicia da notte a coprirle le gambe raccolte contro il petto. Rimasero in silenzio per un po’, finché Spike non lo interruppe.
    “Allora ...” cominciò goffamente. “Che cosa facciamo lunedì?”.
    Oh Dio! Il discorso. Stavano facendo il discorso del mattino dopo. Non era pronta per il discorso, non ora che i suoi ormoni stavano ancora imperversando su di lei.
    Lei gettò la palla dalla sua parte, costringendolo a prendere una decisione: “I-io non so ... tu cosa vuoi fare?”.
    Spike si sedette sulla sedia vicino alla scrivania e si strinse nelle spalle: “Non lo so neanch’io”.
    Il silenzio riempì nuovamente la stanza. Un silenzio pessimo, ed estremamente sconfortante. All’improvviso Buffy si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro davanti a lui.
    “Vuoi ...” cominciò. Dio, era difficile! Perchè era difficile"... non so? Vuoi ...”. Respirò forte, lasciando cadere le braccia ai lati del corpo. “Che cosa vuoi fare?”.
    Lui si strinse nuovamente nelle spalle: “Non lo so”.
    “Non lo sai. Quindi qualunque cosa io scelga a te va bene?”. Un pizzico di rabbia cominciava a farsi strada nella voce di lei.
    “No ... solo che ... non è che io l’avessi pianificato!” sospirò lui, gesticolando con la mano in direzione del letto.
    “Bene! Sai una cosa? Torneremo semplicemente a qualunque cosa stessimo facendo prima” sibilò lei, continuando a camminare in cerchio. “Faremo finta che questo non sia accaduto e …”.
    Voltandosi se lo trovò davanti, che torreggiava su di lei, e si interruppe a metà della frase.
    “No” disse lui, con voce bassa e rabbiosa.
    Lei alzò lo sguardo su di lui, deglutendo a fatica mentre aspettava che dicesse qualcosa. Lo guardò chiudere gli occhi per un attimo, nel tentativo di riprendere il controllo; quando li riaprì le sfiorò la guancia con dita tremanti.
    “Non voglio far finta che non sia accaduto” bisbigliò.
    All’improvviso sentirono un lieve bussare alla porta. I due ragazzi si allontanarono immediatamente l’uno dall’altra, proprio mentre faceva capolino la testa della sig.ra Summers.
    “Hey! Ciao, Spike” salutò.
    “Hey sig.ra Summers” rispose lui, senza molto entusiasmo.
    “Ho ordinato la pizza”. Voltandosi verso Spike aggiunse: “Pranzi con noi, vero?”.
    “Ehm ...”. Lui guardò Buffy, cercando di decifrare la sua espressione. Stava per rispondere quando lei si intromise:
    “Si, mamma”.
    “Bene, la pizza dovrebbe arrivare da un minuto all’altro”.
    “Scendiamo fra un attimo”.
    La sig.ra Summers sorrise teneramente, poi chiuse la porta.
    Spike si voltò a guardare Buffy che si tormentava nervosamente i capelli.
    “Bè ... farò meglio a vestirmi e ... ehm … a fare una doccia”.
    “Si ... giusto” annuì imbarazzato lui, guardandola andare verso l’armadio e trarne un accappatoio grigio prima di richiuderlo.
    Lei si infilò le pantofole a forma di coniglio che aveva indosso la sera prima e si diresse lentamente verso la porta.
    “Puoi andare di sotto a guardare la TV. So che ami la nostra Tv via cavo” disse sorridendogli dolcemente, prima di lasciare la stanza.

    Scese le scale di corsa ed entrò in cucina, i capelli fradici che le incorniciavano il viso arrossato
    “Hey! salutò, un tantino nervosa.
    Spike sollevò lo sguardo dalla sua tazza di cioccolata calda per guardarla. Indossava un paio di jeans, vecchi e scoloriti, ed un maglione rosso a collo alto. Lui spalancò gli occhi mentre lo stomaco gli si torceva, come se un migliaio di farfalle ci stesse svolazzando dentro. Gettò un’occhiata alla sig.ra Summers, poi si affrettò a riportare lo sguardo sulla tazza che teneva fra le mani.
    Buffy si sedette sullo sgabello a fianco a quello di Spike e tamburellò nervosamente con le dita sul bancone.
    “Allora ... ti sei divertita la scorsa notte, Buffy?” chiese la madre, dopo aver finito di sistemare le provviste che aveva comprato tornando a casa.
    Buffy deglutì a fatica e gettò un’occhiata a Spike, il quale era ancora intento a fissare la sua tazza di cioccolata.
    “Si, è stato divertente” rispose ansiosa.
    “Bene”.
    Si sentì il suono di un campanello.
    “Dovrebbe essere la pizza. Torno subito”.
    Detto questo la donna si allontanò, lasciando soli i due ragazzi.
    “Hai buttato via il ... coso?” chiese subito Buffy.
    “Quale coso?” chiese l’inglese accigliato.
    “Mia madre ha ripulito la mia stanza e fatto il mio letto. Per favore dimmi che avevi gettato il …”. Si chinò verso di lui e bisbigliò: “ … il preservativo”.
    Spike sogghignò e rispose:
    “Non ti preoccupare amore. Sono io che ti ho rifatto il letto, tua madre è rimasta qui giù per tutto il tempo. Ho lasciato il mio spolverino e la mia camicia in una busta di plastica sotto il tuo letto. Più tardi mi dovrai dare uno zaino, così potrò portarli a casa senza che tua madre se ne accorga. E si, mi sono occupato del …”. Le si avvicinò, imitando scherzosamente il suo comportamento: “… preservativo”.
    “Mi hai rifatto il letto?” chiese Buffy sorpresa, ignorando la presa in giro.
    “Certo”.
    “Mi hai rifatto il letto?” ripeté lei, ancor non convinta.
    “Si, e allora?”.
    “Niente ... È che è così st-“.
    La sig.ra Summers entrò in cucina con due cartoni di pizza formato famiglia: “Ecco la pizza!”.
    “Mamma perché ne hai ordinata così tanta? Non riusciremo mai a mangiarla” protestò Buffy, strofinandosi semiconsciamente lo stomaco; si sentiva ancora un po’ nauseata a seguito dei suoi bagordi alcolici.
    “Sciocchezze, certo che ci riusciremo. Adesso mangia”.

    DRIN! DRIN! DRIN!
    Un braccio pesante uscì dalle coperte e ridusse al silenzio la seccante sveglia.
    Buffy gemette e si sedette sul letto. Odiava davvero i lunedì. Soprattutto i lunedì in cui doveva andare a scuola e trovarsi faccia a faccia con … Spike! Il suo cuore accelerò all’idea di incontrarlo in corridoio. Che cosa avrebbe dovuto fare? Salutarlo con un bacio? Non baciarlo? Ignorarlo? Che cosa? E se si fossero baciati sarebbe stato a causa del loro accordo o per qualche altro motivo?
    “Dio, è così estremamente frustrante” ringhiò mentre andava in bagno.

    “Mm ... Lezione di storia. Cara vecchia lezione di storia, noiosa come la morte ma confortevolmente priva di Spike” pensò tra se, tamburellando con la matita sul banco.
    Era riuscita ad evitare il temutissimo incontro fra loro. Non che si stesse nascondendo la lui o qualcosa del genere. Era solo molto impegnata a camminare molto velocemente lungo i corridoi senza alzare lo sguardo … mai più. Voleva solo arrivare puntuale a lezione. Si, continua a ripetertelo …
    Quando la campanella suonò senti il cuore batterle con violenza nel petto.
    “Oh mio Dio! Adesso ho Inglese! Dannazione!” brontolò mentalmente, alzandosi e cominciando ad infilare i libri nel suo zainetto.
    “Sei pronta?” chiese Willow, appoggiandosi al banco a fianco a quello di Buffy.
    “Solo un attimo” rispose lei, gettando il proprio quaderno nello zaino e mettendoselo su una spalla.
    Le due ragazze uscirono insieme dalla classe e si avviarono lungo il corridoio. Buffy si fermò di colpo vedendolo. Era appoggiato contro il suo armadietto (suo di Buffy non suo di Spike – mi dispiace ma in italiano non si capisce la differenza ) e frugava la folla con gli occhi, chiaramente alla ricerca di qualcosa o … qualcuno. Non sapeva perché ma alla vista di lui che voltava impaziente la testa a destra e a sinistra, magari cercando … lei, le si chiuse la gola, il suo cuore accelerò nel petto e il suo stomaco … Oh mio Dio! Ho le farfalle nello stomaco per Spike? E da quando? Ah giusto, da quando abbiamo fatto sesso bollente.
    Inspirò a fondo e continuò a camminare verso il proprio armadietto. “È il momento della verità” pensò quando lo raggiunse.
    “Hey!”. Lui si staccò di colpo dall’armadietto vedendola.
    “Hey a te” disse lei con un sorriso, cercando di nascondere la sensazione di panico che la divorava.
    Lo guardò con la coda dell’occhio, aspettando che si muovesse.
    Spike fece un passo verso di lei e lei si ritrovò con il cuore in gola. “Mi saluterà con un bacio?” pensò speranzosa.
    Ma all’improvviso lui si allontanò e si riappoggiò all’armadietto. Stava per dire qualcosa quando sentì una manata sulla schiena.
    “Hey Mr. Ossigeno!”. Il tono entusiasta di Xander riecheggiò per l’intero corridoio.
    “Hey idiota” brontolò Spike, senza distogliere lo sguardo dalla ragazza che ora stava aprendo il suo armadietto.
    “E come sta la nostra piccola Buffy? Niente postumi della sbronza?” la prese in giro Xander.
    “Non cominciare, Xander”rispose Buffy, mettendoci un po’ troppa rabbia.
    “Oh!”. Xander sollevò le mani in chiaro segno di resa.
    “Non ne vuole parlare” intervenne Willow.
    “Grazie per il sostegno Will” replicò sarcastico il bruno.
    Buffy richiuse l’armadietto e vi si appoggiò. Lo stomaco le si torse, mentre la rabbia cominciava a ribollire dentro di lei. “Vuole ignorare la cosa? A. Me. Va. Bene.” pensò, stringendo le labbra.
    “Hey ragazzi”. Oz arrivò e mise un braccio intorno alla vita di Willow, prima di darle un bacetto sulla guancia.
    Questo servì solo ad aumentare la rabbia crescente di Buffy.
    “Hey Oz, Buffy non ne vuole parlare” lo avvertì rapido Xander.
    Oz si limitò ad annuire e rimase in silenzio.
    “Dov’è Cordelia?” chiese Willow.
    “All’allenamento delle cheerleader. Il grande allenamento in vista della grande partita di homecoming”. Xander si stronfinò le mani. “Ragazzi, voi ci andate alla partita? Per favore ditemi che ci andate. Ho bisogno di compagnia”; li stava praticamente supplicando.
    “Xander lo sai che odiamo andare alle partite” protestò Willow.
    “Si, ma è homecoming e ... Cordy mi ucciderà se non sarò lì a vederla scuotere i suoi acchiappadenaro (?)” spiegò Xander con tono supplichevole. “Pensavo che quest’anno sareste venuti, col fatto che Buffy usciva con il quaterback e tutto il resto, ma poi c’è stata tutta la … ehm …”. Xander si bloccò incerto, mentre la sua mente vorticava alla ricerca di un modo per evitare il delicato argomento. Un’occhiata ai due biondi chiarì il messaggio: no, non c’era modo di evitarlo, non ora. Era un uomo morto, soprattutto considerando le occhiate assassine che gli stava lanciando Buffy. Improvvisamente diede alla conversazione un’altra direzione: “Sapete una cosa? Meglio non andarci affatto, alla partita. Appartengo a me stesso. Mostrerò a Cordy chi è che comanda nel nostro rapporto”. Gonfiò il torace al massimo e si raddrizzò i jeans, tirandoli verso l'alto in maniera decisamente mascolina. “Eh si! Non appartengo a nessuna donna”. Si accigliò appena. “Ok, questo suona male. Funzionava molto meglio con quella scozzese calva”.
    Willow corrugò le sopracciglia.
    “È la canzone di Sinead O’Connor “No man’s woman**” spiegò Oz prima di voltarsi verso Xander e aggiungere: “Penso che sia irlandese”.
    “Ah! Meno male che c’è il mio ragazzo musicalmente dotato ad aiutarmi con gli incomprensibili riferimenti alle canzoni” disse Willow incerta, dandogli un bacio veloce sulle labbra.
    Xander si accigliò: “È irlandese? Sei sicuro?”.
    “Abbastanza” rispose Oz monotono.
    Mentre la discussione continuava Spike cercava disperatamente di attirare l’attenzione di Buffy, gettandole tutta una serie di occhiate del tipo “che cosa ho fatto di sbagliato”, nel fievole tentativo di instaurare un contatto visivo. Buffy si limitò ad incrociare le braccia sul petto ed a fissare rabbiosamente il pavimento. Nessuno si accorse della crescente tensione fra i due mentre Spike nervosamente le si avvicinava, centimetro dopo centimetro.
    “Irlandese, eh?” ripeté Xander. “Ieri notte ho visto “Behind the Music on Sinead O’Connor” e aveva un accento strano. Dev’essere scozzese”.
    “Anche gli irlandesi hanno un accento strano. Non lo stesso accento ma comunque strano” rispose Oz.
    “Sei ...”.
    Buffy interruppe Xander, mettendosi le mani sui fianchi: “Affascinante ragazzi, ma io devo proprio andare in classe”.
    “La campanella non ha neanche suonato” notò Willow.
    “Buffy, non starai diventando Miss responsabilità – devo – essere – sempre – puntuale – perfezione***, vero?” chiese Xander sollevando un sopracciglio.
    “Già, quello è il mio ruolo, hai presente? Tu sei la ragazza divertente e sexy; *io* quella divertente e secchiona” si lamentò Willow.
    Buffy stava per parlare quando sentì che Spike le prendeva la mano. Si bloccò, con il cuore che le batteva all’impazzata mentre lui le strofinava il pollice sulla mano in una carezza discreta.
    “Ehm ... Io ...”. Non riuscì a continuare, mentre tutte le sue terminazioni nervose si puntavano sui movimenti circolari del pollice di lui.
    Fortunatamente suonò la campanella e lei uscì dalla sua trance.
    “Faremo meglio ad andare amore, non vorrei finire sulla lista nera della sig.ra Kennedy” disse Spike piegando la testa.
    “Cosa? Ehm ... Si ... Giusto” mormorò lei confusa.
    “Ciao ragazzi. Ci vediamo dopo” disse Spike mentre si avviava lungo il corridoio trascinando per la mano una Buffy sbalordita.

    *Naturalmente qui ho dovuto tradurre “liberamente”: in originale Buffy “si fa scivolare sulla lingua la lettera L” ma dato che in italiano non c’è la lettera L nella parola amore …

    **Spiacente ma qui si perde il gioco di parole on il titolo della canzone. In originale Xander prima dice “Be my own man” (“sono l’uomo di me stesso” e quindi “appartengo a me stesso”) e poi aggiunge “I’m no woman’s man” (“Non sono l’uomo di nessuna donna” e quindi “Non appartengo a nessuna donna”).

    ***La parola perfezione sostituisce l’appellativo (IMHO molto più divertente) “Goody two shoes” su cui, se avete voglia, potete leggere la nota al cap. 2 di questa fanfic.


    Capitolo 23

    Buffy tamburellava nervosamente con la matita sul banco, mentre sfogliava rapidamente le pagine del libro di testo. Ogni tanto gettava un’occhiata all’ossigenato seduto accanto a lei, ma si affrettava a riportare lo sguardo sulla scrittura minuta che aveva di fronte.
    Dopo aver lasciato gli altri per andare in classe non si erano detti una parola. Avevano semplicemente percorso il corridoio, mano nella mano, fino a raggiungere la loro meta, poi erano entrati in classe e si erano seduti ai loro posti.
    Buffy fece un salto, sentendo qualcosa che le sfiorava appena la spalla.
    Spike ritirò immediatamente la mano e la guardò corrucciato.
    “Tutto bene, Summers?” chiese.
    “S-sto bene” rispose subito lei, riprendendo a fissare il libro.
    Il suono della campanella le fece fare un altro salto.
    “Certo, stai proprio bene” la prese in giro a bassa voce Spike, sarcastico, mentre tutti gli altri studenti cominciavano ad alzarsi e a raccogliere le loro cose.
    “Dio, tutto ciò è così strano. Che cosa diavolo è?” si chiese Buffy chiudendo il libro e rimettendolo nello zaino. Si alzò, continuando la propria tirata mentale: “È una cosa ufficiale? Stiamo uscendo insieme? Oppure è solo … Che cosa *diavolo* è? Che cosa ...”.
    Un braccio forte le si avvolse intorno alla vita, e i suoi pensieri si interruppero. Alzò lo sguardo e vide Spike che raccoglieva il suo quaderno e la sua matita prima di guardarla.
    “Pronta?” chiese.
    Sembrava così a suo agio, così rilassato. Forse sapeva che cosa diavolo c’era fra loro. Buffy deglutì a fatica e annuì, poi uscirono insieme dall’aula.
    “Allora, mi dirai perché salti su per un nonnulla?” chiese lui, piegando la testa e guardandola.
    Buffy ci mise un po’ ad elaborare la frase, mentre la sua mente si soffermava sul pollice agganciato alla sua gonna di jeans, e sul braccio che vi era attaccato.
    “Scusa, non ho sentito ... Ah!” gridò, mentre qualcuno andava a sbattere contro di loro.
    Quando ebbe riacquistato il proprio equilibrio guardò in basso, e vide Andrew sul pavimento, che cercava disperatamente di rimettersi in piedi.
    “Stai bene?” le chiese Spike. Lei annuì e lui spostò la propria attenzione sullo sfigato ragazzo, che era ormai riuscito ad alzarsi.
    Dopo aver terminato di raccogliere le sue cose Andrew guardò la coppia di biondi, con una punta di paura nello sguardo.
    “M-mi dispiace ... Non volevo ... Io ... I-io stavo correndo e ...” balbettò furiosamente.
    “Va tutto bene. Non preoccuparti” lo rassicurò subito Buffy. Vedendo che la paura negli occhi di Andrew era principalmente diretta a Spike, corrugò le sopracciglia. Spostò lo sguardo dall’uno all’altro, cercando di decifrare che cosa i due si stessero silenziosamente comunicando.
    All’improvviso Andrew se ne andò correndo fra la folla di adolescenti, lasciando Buffy sbalordita. Lei sollevò gli occhi e trovò Spike intento a guardare lontano, in direzione di Andrew.
    “Tutto ciò a proposito di ...?” chiese.
    Questo sembrò strappare Spike ai suoi pensieri. Guardo Buffy scuotendo la testa e si strinse nelle spalle:
    “Non ne ho idea, amore”.
    Buffy si accigliò, non convinta dalla sua risposta. Era sul punto di dire qualcosa quando lui intrecciò le dita con le sue e, tenendola per mano, la trascinò lungo il corridoio.

    Xander lasciò cadere il suo vassoio sul tavolo e gemette, frustrato.
    “Polpettone! Gnam!” disse, con finto entusiasmo.
    “Dio! Quella cosa sembra marcita da settimane” disse Cordelia disgustata, coprendosi la bocca con una mano.
    “So che sembrerà molto strano ma lo dirò lo stesso” li avvertì Willow. “Sono d’accordo con Cordy”.
    “Bè, io ho fame, non posso mangiare soltanto una barretta di cioccolato come voi due” disse lui, indicando Willow e Cordelia con la forchetta prima di immergersi nel pasto.
    “Hey ragazzi!” salutò Buffy, mentre lei e Spike si sedevano al tavolo.
    “Ragazzi, voi correte il rischio di mangiarlo?” chiese Cordelia, indicando i piatti di Spike e Buffy.
    “Non ho scelta. Non ho fatto colazione”. Buffy si strinse nelle spalle ed inspirò a fondo prima di prendere la forchetta. Fece un salto quando qualcuno le diede un calcio sotto il tavolo.
    Si accigliò e guardò Spike, rendendosi conto che la gentilezza era stata sua. Lui si limitò a guardarla un po’ arrabbiato.
    “Che c’è?” chiese lei.
    “Sei troppo ossuta. Devi mangiare meglio” mormorò lui, prima di infilarsi in bocca un pezzo di polpettone.
    Buffy si accigliò, ma dentro di si sentì elettrizzata. “Si preoccupa delle mie abitudini alimentari?”.
    “Dov’è Oz?” chiese Spike, fra un morso e l’altro.
    “Sta provando per la festa di sabato” rispose allegramente Willow.
    “Festa?” chiese Buffy.
    “Homecoming?” cercò di ricordarle Xander.
    La biondina non si illuminò: “Homecoming, e allora?”.
    “La festa che Cordelia da ogni anno dopo il ballo di homecoming. Quest’anno potremo andarci, dato che io esco con la bella padrona di casa” spiegò Xander, chinandosi a dare un lieve bacio sulla guancia alla brunetta seduta al suo fianco.
    “E il gruppo di Oz suona” aggiunse subito Willow, entusiasta.
    “Ah ... giusto”.
    “Non me la sento proprio di andare al ballo. Voglio dire, chi ci pensa a quelle orribili decorazioni?”. Al pensiero Cordelia fece una smorfia. “Ma immagino che dovrò esserci per accettare la mia corona” sospirò.
    “Non preoccuparti, tesoro. Non è colpa tua se sei così dannatamente sexy” le fece l’occhiolino Xander.
    Buffy fissava il suo piatto senza vederlo, facendo smorfie alla vista della poltiglia immonda.
    “Smettila di giocherellare con il cibo e mangia” disse Spike, notando che non aveva mangiato praticamente niente.
    “Improvvisamente, non sono poi così affamata” brontolò lei, spingendo via il vassoio.
    “Devi ...” cominciò l’inglese, ma Buffy lo interruppe rapida.
    “Spike! Dimenticatelo, non mangerò *quello*” disse lei, indicando sdegnata il proprio piatto.
    “Buffy ...”. Spike si fermò a metà della frase, sentendo qualcuno passargli un dito lungo lo zigomo affilato.
    Tutti rimasero praticamente a bocca aperta quando, voltatisi, videro Dru appoggiarsi al tavolo a fianco a Spike.
    Dopo lo shock iniziale l’ossigenato chinò appena il capo e mormorò:
    “Dru…”.
    “Mi sei mancato al Bronze venerdì. Te ne sei andato così in fretta. Sciocchino cattivo che non sei altro. Sai che non dovresti scappare da una ragazza a quel modo”. Lei lo guardò ad occhi socchiusi e gli diede uno schiaffetto sull’avambraccio, indugiando con le dita.
    “Ehm ... Mi dispiace, io ...”. Spike lasciò perdere e si limitò a guardarla.
    “Bene, spero che non lo farai di nuovo al ballo di homecoming. Sarei veramente …”.
    “Hey! Sciacquetta! Volevi qualcosa?” la interruppe Buffy, in tono furente.
    “Oh ... Ciao, Buffy”. Dru praticamente sputò il nome della bionda, dandole un’occhiata assassina. “Non ti avevo vista”.
    “Si, bè ... Sono qui”. Buffy si incollò in viso un sorriso finto e piegò la testa in direzione della mora.
    Dru la squadrò dall’alto in basso e poi riportò la propria attenzione sul ragazzo al suo fianco, ignorandola.
    “Allora, Spike ... Quanto ad homecoming ...”.
    La mano di Buffy spuntò fuori dal nulla e Dru si trovò improvvisamente coperta di un purè marroncino che le colava lentamente lungo i capelli corvini.
    Spike saltò subito in piedi: “Buffy!”.
    “Oh mio Dio!” gridò Dru inorridita, cercando disperatamente di levarsi dai capelli la mistura densa e untuosa.
    “Buffy, che cosa stai facendo?” chiese Spike, cercando goffamente di aiutare Dru passandole tutti i fazzoletti disponibili.
    “Esattamente quello che stava cercando” ringhiò Buffy, facendo il gesto di afferrare di nuovo il suo vassoio.
    Spike notò il suo movimento con la coda dell’occhio e le bloccò il polso in una morsa ferrea.
    “Smettila!” le ordinò.
    Buffy lo guardò incredula.
    “Stai dalla *sua* parte?”.
    “Buffy, io ...”.
    Lei non gli diede la possibilità di rispondere. Con un violento strattone si liberò dalla sua presa e uscì dalla mensa a passo di carica.

    Tornando a casa Buffy sbatteva furiosamente i piedi a terra. Erano passate quattro ore dall’*incidente* della mensa, ma poteva ancora sentire il sangue che le ribolliva nelle vene. “Era dalla sua parte! Non posso credere che fosse dalla sua parte. Bastardo!” lo insultò mentalmente, mentre svoltava in Revello Drive. Stava infilando la mano nella tasca dello zaino per prendere le chiavi quando, alzando gli occhi, vide la *sua* auto parcheggiata nel vialetto d’ingresso. Si bloccò di colpo, mentre la rabbia le torceva lo stomaco. Fece un respiro profondo e continuò a camminare verso casa.
    Quando lo vide scendere dall’alto e andare verso di lei lo ignorò.
    “Buffy!” chiamò lui, quando lei lo superò e fece di corsa i gradini del portico.
    Lei ficcò rabbiosamente le chiavi nella serratura, entrò e gli chiuse subito la porta in faccia, bloccando le sue parole.
    “Ahi!”. Lo sentì ululare quando la porta lo colpì dritto sul naso. “Per l’inferno maledetto!” brontolò lui, aprendo la porta ed entrando in casa. “Summers!” la chiamò nuovamente.
    Ma lei fece finta di non accorgersene e salì nella sua stanza facendo le scale due alla volta, mentre lui la seguiva dappresso. Entrò nella sua stanza e si apprestò a fare la stessa cosa che a
    veva fatto con il portoncino, ma questa volta lui era preparato e usò un piede per evitare che la porta gli sbattesse in faccia.
    “Dobbiamo parlare” affermò.
    “Ti dispiace? Sto cercando di vestirmi!” brontolò lei, togliendosi le scarpe.
    “Ah, scusa” mormorò lui, uscendo rapidamente dalla stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
    Rimase fuori per quella che sembrava un’eternità.
    “Passerotto, hai finito?” chiese esasperato, ma non ebbe risposta. “Summers …?”.
    Ancora una volta ... silenzio. Deglutì a fatica e, muovendosi lentamente, aprì la porta infilandovi la testa. Si accigliò vedendola sdraiata sul letto, che sfogliava distrattamente una rivista, con addosso esattamente gli stessi vestiti che aveva portato a scuola, tranne le scarpe.
    “Credevo che ti stessi vestendo”.
    “Infatti”.
    “Allora perché hai addosso gli stessi vestiti?” chiese lui seccato.
    “Non sono gli stessi. Sembrano gli stessi” gettò lì lei, sfogliando la rivista, senza preoccuparsi di sollevare lo sguardo.
    “L’hai fatto di nuovo” si rese conto lui, ricordando che aveva usato lo stesso trucchetto del “mi sto spogliando” qualche giorno prima.
    “Non so di che cosa stai parlando” rispose lei, in apparenza completamente dimentica di lui.
    Spike sospirò forte, chiudendosi la porta alle spalle e spostandosi verso il letto.
    “Dobbiamo parlare” ripeté.
    “Non c’è niente di cui parlare” disse lei con un sorriso forzato e gli occhi ancora fissi sulla rivista.
    “No?”.
    “No”. Lei lasciò cadere la rivista sul pavimento e si alzò. “Sei un idiota” continuò falsamente di buon umore, aggirandolo ed uscendo dalla stanza.
    “Sono un idiota?” chiese lui, sollevando un sopracciglio e seguendola.
    Lei non rispose, limitandosi a scendere le scale e ad andare in cucina.
    “E per cortesia, come mai sarei un idiota?” chiese lui, appoggiandosi allo stipite della porta.
    Buffy ridacchiò sarcastica, mentre prendeva un bicchiere e lo riempiva di succo d’arancia.
    “Non avresti dovuto farlo” cercò di razionalizzare Spike.
    Lei bevve un sorso di succo di frutta e continuò ad ignorarlo, spostandosi dalla cucina al soggiorno.
    Lui gemette e alzò gli occhi al cielo cercando di controllarsi, mentre le andava dietro, per trovarla seduta sul divano che saltava da un canale all’altro.
    “Summers, perché ti stai comportando così?”.
    Era l’ultima goccia. La rabbia che si era accumulata in lei alla fine si riversò in parole:
    “Eri dalla *sua* parte!” gridò, lanciandogli un’occhiata assassina prima di rimettersi a guardare la TV.
    “Che cosa avrei dovuto fare? Lasciare che tu gettassi tutto il tuo pranzo sulla camicia di Dru?” esclamò lui.
    “Era un’idea” mormorò lei a denti stretti, schiacciando rabbiosamente i pulsanti del telecomando e guardando la televisione con gli occhi socchiusi.
    “Buffy mi vuoi guardare? Sto cercando di parlarti” sbottò lui.
    “Io non *voglio* parlare” rispose lei, senza degnarlo di un’occhiata.
    All’improvviso Spike le strappò di mano il telecomando e spense la televisione.
    “Bè, io si” ringhiò.
    “Dammelo!” ordinò lei, tendendo la mano.
    “Dopo che avremo discusso di questa cosa potrai guardare la televisione quanto maledettamente a lungo ti pare. Ma adesso *noi* parleremo di questa cosa” ringhiò lui.
    Lei lo fisso arrabbiata, poi si alzò.
    “Bè, puoi anche dimenticar-”. Spike la afferrò per l’avambraccio tirandola giù e costringendola a sedersi.
    “Buffy!” ringhiò.
    “Bene! Parla quanto vuoi. Non ti ascolto” replicò lei, incrociando le braccia.
    “Vuoi smetterla di comportarti da quella ragazzetta viziata che sei e dirmi che cosa sta succedendo?”.
    “Eri dalla sua parte. *Questo* sta succedendo! Perché diavolo sei qui poi? Pensavo che saresti stato con l’anoressica aspirante vampira a quest’ora” cominciò lei, alzandosi e cominciando a passeggiare per la stanza.
    “Di che cosa stai parlando? Ho solo fatto quella che credevo fosse la cosa giusta. Eri uscita dal seminato, Buffy” rincarò lui, alzandosi.
    “Davvero? Lei ti si stava gettando addosso e tu le stavi sbavando addosso”. Lui fece per dire qualcosa ma lei sollevò una mano per zittirlo e continuò rapidamente: “So che stai per dire che il punto è che sono gelosa. Bè, indovina un po’? Non è così! Il punto è che l’intera scuola ha visto che provi qualcosa per lei e-e …”. Si interruppe, dato che la rabbia sembrava aver cancellato tutte le parole dalla sua mente. “Dio, cosa diavolo ci vedi in lei? Tu parli di me ed Angel e del fatto che sono masochista a volerlo ancora, ma tu sei esattamente così! Sei anche peggio. Stavi sbavando. Stavi ... Stavi ... Dio! Odio questa cosa! Odio non riuscire a dire quello che voglio dire ... I-io ...”.
    Spike cominciò a camminare lentamente verso di lei, cosa che la fece indietreggiare. In pochi secondi era riuscita a riprendere il controllo di se e dei suoi pensieri. La sua voce era bassa e fredda ora.
    “La questione *non* è la gelosia. La *questione* è che tu e Dru in mensa mi avete trattato da imbecille davanti ai *miei* amici”. Si interruppe e lo guardò, respirando a fondo per evitare di esplodere.
    “Buffy io non ho fatto niente. Le stavo solo parlando. Che cosa avrei dovuto fare? Ignorarla e basta?”.
    Le parole di lui risvegliarono tutta la sua rabbia e, all’improvviso, lei gridò:
    “E io che cosa avrei dovuto fare? Rimanermene lì mentre una sciacquetta ossuta sbatte le ciglia e fa il suo gioco con il mio ragazzo?”.
    Entrambi si bloccarono. L’aveva detta. La parola attorno a cui entrambi aveva girato negli ultimi giorni – l’aveva detta.
    “Che cosa hai detto?” bisbigliò lui.
    “Ehm ... Il mio ra – Vo-voglio dire ... Sai, altre perone che-che pensano che tu e-e io siamo …” cercò di camuffare lei, sistemandosi una ciocca di capelli con mano tremante e indietreggiando lentamente, allontanandosi da lui.
    “Certo” annuì lui, ma continuò ad avvicinarsi con gli occhi socchiusi.
    “Bene. Quindi ...”. Lei trattenne il respiro e continuò a fissare il pavimento, sentendo il muro contro la schiena. “… ecco perché ho … fatto il …” sollevò lo sguardo su di lui, a corto di parole.
    “... lancio del polpettone su Dru” completò la frase lui, facendo un altro passo a chiudere la distanza fra loro.
    Quando lui si chinò il cuore di lei accelerò, come se volesse sfuggirle dal petto.
    Lei batté le mani all’improvviso, distraendolo il tempo necessario a scivolare lontano da lui. “Bene! Questo è tutto …”.
    Lanciò un gridolino quando Spike la afferrò con forza per un braccio, facendola voltare.
    “Perché continui a fuggire?” bisbigliò lui.
    “N-non sto fuggendo”. Lei tentò di ridere ma, quando lui l’attirò bruscamente a sé, ne venne fuori una risatina forzata; si trovò con il petto schiacciato da quello di lui che l’abbracciava stretta per la vita. “Lasciami andare …” chiese, in maniera poco convincente.
    “Sicura che sia quello che vuoi, Summers?” chiese lui con un mezzo sogghigno. La loro vicinanza fisica cominciava ad avere i suoi effetti, e non sapeva quanto a lungo sarebbe stato in grado di trattenersi.
    Lei aprì la bocca per rispondere ma non ne uscì alcun suono, perciò annuì appena. Il suo cuore ebbe un tonfo quando lui allentò la stretta e fece un passo indietro. Rimasero lì, a guardarsi l’un l’altra in silenzio.
    “Bè immagino che ...” cominciò lei, voltandosi lentamente dall’altra parte, quando lo sentì borbottare:
    “Per l’inferno maledetto”.
    “Che co-“.
    Spike le fu addosso all’improvviso, senza darle la possibilità di terminare la frase. La strinse tra le braccia, muovendo freneticamente le mani sulla sua schiena e sulle sue cosce in un tentativo disperato di attirarla ancora di più a se, mentre le chiudeva la bocca con la propria in un bacio esigente.
    Dopo la sorpresa iniziale lei riuscì a scostarlo da se quel tanto che bastava da chiedere:
    “Spike ...”. Deglutì a fatica quando le labbra di lui le si posarono sul collo, tracciando una scia di baci a bocca aperta sulla carne tenera. “Che cosa stai … facendo?” ansimò.
    Con il viso ancora sepolto nella sua gola lui le rispose senza giri di parole, con voce bassa e rauca:
    “Quello che avevo voglia di fare da sabato”.
    Poi le coprì la bocca con la propria, senza darle la possibilità di rispondere, facendole scivolare la lingua tra le labbra, a lottare con la sua. Spike le si premette addosso, spingendola verso il divano finché le sue gambe non ne urtarono il bordo; allora lei vi cadde sopra, trascinandosi addosso il ragazzo nerovestito.
    Buffy gli infilò le mani sotto i baveri dello spolverino e glielo sfilò mentre continuavano a baciarsi. Spike raggiunse l’orlo della sua gonna di jeans e gliela sollevò, passando le dita sulle sue cosce abbronzate.
    “Oh mio Dio! Che cosa sto facendo? Lo stiamo facendo di nuovo. Oh Dio! Oh Dio!” pensò ripetutamente lei, mentre il suo corpo apparentemente rifiutava di seguire la sua mente e tutti i suoi dubbi. Al contrario, ogni fibra del suo corpo sembrava sapere esattamente cosa fare, mentre le sue dita gli sbottonavano la camicia, lasciandolo a torso nudo alla mercé delle sue unghie.
    Spike ringhiò sentendola passargli le unghie sull’addome, verso l’allacciatura dei jeans. Mentre lei lottava con la sua fibbia, lui le infilò una mano sotto la maglia, sollevandogliela e sfilandogliela dalla testa per poi gettarla sul pavimento. Ansimò nel vederla sdraiata sotto di lui, con il volto arrossato e gli occhi appannati, fissi sui bottoni dei suoi jeans, i seni coperti solamente da un minuscolo reggiseno di pizzo. Solo allora si rese conto che non l’aveva mai vista nuda. L’altra notte … era riuscita a tenersi addosso la camicia da notte per tutto il tempo. Dio, è così … Per l’inferno maledetto! Imprecò mentalmente, rovesciando gli occhi all’indietro, quando lei glielo prese in mano. Le posò i gomiti ai lati della testa per sostenersi, mentre lei cominciava a muovere la mano su e giù, lentamente.
    Lei lo guardava affascinata, teneva gli occhi chiusi e stringeva i denti, cosa che serviva solo ad affilarne ancora di più i lineamenti, lasciandosi sfuggire dei piccoli gemiti di tanto in tanto. Lentamente, sembrò riprendersi dallo shock iniziale, e cominciò a muoversi a sua volta.
    Fu il turno di Buffy di ansimare, quando lui le sfiorò il collo con le labbra, scivolando con le dita tra le sue gambe. Le tracciò piccoli cerchi sensuali lungo l’interno della coscia, salendo fino a raggiungere l’orlo delle mutandine. Senza che lei se lo aspettasse, scostò di lato il tessuto sottile e le infilò dentro un dito.
    Buffy ansimò, chiudendo gli occhi e inarcando il collo contro la sua bocca.
    Si fermarono entrambi per un attimo, poi ripresero a muovere lentamente le mani. Si lasciarono sfuggire un misto di gemiti e grida soffocate, strofinandosi l’uno contro la mano dell’altra e viceversa, tirando e premendo in un ritmo lento, che offuscò loro la mente.
    Mentre il desiderio cresceva dentro di lei, Buffy usò la mano libera per scostare quella di lui dal centro del suo corpo, guidandolo pigramente alla sua apertura con l’altra.
    “Oh Dio ... Buffy ...” si lasciò sfuggire lui, sentendo le pieghe umide del suo sesso sfiorargli la punta dell’uccello. Le seppellì il viso nell’incavo del collo, chiedendosi come fare a dirle …
    Dato che lui rifiutava di muovere i fianchi e spingersi dentro di lei, Buffy gemette frustrata e gli si strofinò addosso. Spike le mise immediatamente le mani sulle cosce, spingendola verso il basso e allontanandola da se.
    Buffy si accigliò e tentò di guardarlo, ma lui teneva ancora il viso affondato nel suo collo. Aspettò con pazienza che lui riprendesse il controllo e rimase ferma a guardarlo, mentre respirava a fondo.
    “Non ne ho” brontolò lui, frustrato.
    “Di cosa?”.
    Spike si spostò a guardarla.
    “Preservativi, amore ... Non ho avuto la possibilità di comprarne” spiegò, sedendosi e cominciando a risistemarsi i pantaloni.
    “Ma ... Potremmo ...” iniziò Buffy, poi lasciò perdere.
    Rimasero seduti sul divano in silenzio, finché Spike disse imbarazzato:
    “P-potrei andare ... a comprarli?”. Più o meno si aspettava che lei gli gridasse contro una serie di imprecazioni o qualcos’altro ma, quando lei non disse nulla, osò guardarla.
    “Potresti ...” iniziò lei.
    In un lampo lui si alzò e raccolse lo spolverino.
    “Torno subito” ansimò, dandole un bacetto sulle labbra e correndo alla porta.


    Capitolo 24
    Buffy guardava fuori dalla finestra mordendosi ansiosamente le unghie. Perché ci stva mettendo tanto … Grrr! Sospirò, frustrata, e si lasciò cadere sul divano. Fece per prendere il telecomando e, nello stesso momento, sentì il rombo di un motore e il cuore le balzò in gola. Si alzò immediatamente, e corse alla porta, andando quasi a sbattere su un ragazzo senza fiato.
    “Spike!” esclamò, facendo un passo indietro e riprendendo il controllo di se.
    Lui sogghignò lascivo e le scivolò più vicino. Le rivolse un’occhiata stupita e, infilandosi una mano nella tasca dello spolverino, disse:
    “Ho i pre-“.
    “Ciao Spike!”.
    Sentendo la voce della sig.ra Summers dalla cucina, lui rimase immobile.
    “ –ventivi per le lenti a contatto*” improvvisò, rendendosi finalmente conto che l’ansia di Buffy era legata non al suo arrivo, ma all’arrivo della madre.
    “Lenti a contatto?” chiese la donna, mentre Spike si voltava verso di lei.
    Era in cucina, con un piatto in una mano e uno strofinaccio nell’altra, che gli sorrideva sinceramente.
    “Sei astigmatico o qualcosa di simile?” gli chiese.
    Spike rispose: “Si!”, proprio mentre Buffy se ne usciva: “No!”.
    La sig.ra Summers si accigliò.
    “Quale delle due?”.
    I due biondi si scambiarono un’occhiata disperata, e Buffy se ne uscì:
    “Bè ... ehm ... Sai come sono i ragazzi. Ha ... ha sempre voluto avere gli occhi marroni, per cui ha deciso di mettere le lenti a contatto ma ... ehm … non vuole ammetterlo! Quindi … ehm … per essere esatti … non è astigmatico, è solo vanitoso”.
    A questo suo blaterare appena comprensibile, Spike sollevò il sopracciglio sfregiato.
    “Ah …”. La sig.ra Summers si accigliò ma si dedicò nuovamente ai piatti.
    “Che cosa facciamo?” disse Spike, muovendo le labbra in silenzio, e raddrizzandosi immediatamente quando la donna si voltò nuovamente a guardarlo.
    “Sai Spike ... non devi cambiare solo per fare contente le persone. Dovresti accettarti per quello che sei e non lasciarti intimidire da quello che le altre persone possono pensare di te o delle tue … scelte” disse calma la sig.ra Summers, con un pizzico di pietà nello sguardo.
    “Non si preoccupi, sig.ra Summers. So quello che voglio” rispose lui, guardando Buffy e facendola arrossire furiosamente.
    “Bene ... buon per te Spike”. La sig.ra Summers gli sorrise e riprese a lavare i piatti.
    Dopo un attimo Buffy disse:
    “Io e Spike andiamo nella mia stanza per un po’”.
    “Va bene, tesoro”.
    I due ragazzi cominciarono a salire le scale, quando sentirono la voce della sig.ra Summers:
    “Spike? Rimani a cena?”.
    “No, sig.ra Summers. Mio padre vuole che torni a casa presto. Andremo a cena fuori, per rafforzare il legame padre-figlio” spiegò Spike.
    La sig.ra Summers si limitò ad annuire, e lui fece le scale di corsa e seguì Buffy nella sua stanza.
    Lei si lasciò cadere sul materasso con un tonfo.
    “Cos’era tutta quella storia?” chiese l’inglese, ancora un po’ scosso dalla situazione.
    “Mia madre che ti dava amichevoli consigli per gay” spiegò lei, sogghignando; vedendo l’aria non molto allegra di lui smise subito. “Che c’è?”.
    “Emano una sorta di ... vibrazione gay o qualcosa di simile?” chiese lui con un’espressione seria. Quando Buffy corrugò le sopracciglia, spiegò: “ È solo che anche mio padre sta iniziando a farmi gli stessi discorsetti che mi ha appena fatto tua madre”.
    “Tuo padre?”.
    Spike annuì, lasciandosi cadere sulla sedia a fianco alla scrivania.
    “Bè, non so. Forse è lo smalto nero che trasmette quella vibrazione” lo provocò Buffy.
    “Ah – ah Summers” sorrise forzatamente lui. “Non sto scherzando”.
    “Lo so ... Mi dispiace” si scusò subito lei.
    “Mio padre ieri mi ha tenuto due ore parlando dell’importanza di trovare il mio *vero* io, senza che la mia ricerca sia ostacolata dalle opinioni degli altri su chi dovrei essere” brontolò Spike, prendendosi la testa fra le mani e sospirando frustrato.
    “Ahia!” simpatizzò Buffy.
    Lui mormorò a fior di labbra qualcosa di incomprensibile, poi si alzò e guardò la sveglia di Buffy.
    “Bene … farò meglio ad andare. Non voglio che mio padre pensi che mi sono dimenticato di lui” disse, dirigendosi verso la porta.
    “Ma io credevo che ...”. Lei si interruppe, mentre un forte rossore le saliva dal collo alle guance poi, in un tentativo fallito di apparire noncurante, disse: “ … fosse una scusa … che non volessi cenare con mia madre e tutto il resto”.
    “Sfortunatamente non è una scusa. Me ne sono ricordato quando sono uscito per … ehm …”. Ora era il turno di Spike di arrossire leggermente.
    “Ah giusto” replicò Buffy, con una punta di risentimento, alzandosi e seguendolo.
    Quasi gli andò a sbattere addosso quando lui, sulla porta, si fermò di colpo e si voltò.
    “Non sembro gay vero? Forse dovrei lasciar perdere l’ossigenatura” gettò lì, indicandosi i capelli.
    “No!” rispose Buffy, con un po’ troppo entusiasmo. Vedendolo sogghignare come al solito e fare un passo verso di lei, arrossì.
    “No?” disse lui.
    “M-mi piacciono i ... capelli” balbettò lei imbarazzata. Dio, perché ogni volta che lui la guardava in quel modo le rendeva praticamente impossibile pronunciare un’intera frase senza balbettare come un’idiota.
    “Ah si?” continuò lui a bassa voce, mettendole una mano su un fianco e cominciando a tracciarle dei piccoli cerchi sulla pelle.
    Lei trattenne il respiro per qualche secondo, poi annuì.
    “E lo spolverino? Vuoi che me ne liberi?” chiese lui, piegando la testa di lato.
    “No” ansimò lei. “Mi piace anche quello”.
    “Cos’altro ti piace, passerotto?” mormorò lui, strofinandole il viso contro l’incavo del collo e mordicchiandola lungo la linea della mascella.
    “Questo” rispose lei, ansante.
    Sentendolo sorridere contro la propria pelle si rimproverò mentalmente, ma quando sentì la sua mano scivolarle sotto la gonna e risalirle l'interno coscia, i suoi pensieri si persero in una nebbia intossicante.
    “Non abbiamo mai finito ...” bisbigliò lui, prendendole in bocca il lobo dell’orecchio e mordicchiandoglielo mentre le sfiorava provocatoriamente la stoffa delle mutandine.
    Lei cominciò a negarsi come al solito: “Non possiamo ... Mia madre ...”.
    Lui si scostò e le tolse di dosso le mani e la bocca, facendole quasi perdere l’equilibrio.
    “Che c’è?” ansimò lei, aprendo gli occhi.
    “Hai ragione” disse lui con un sorriso arrogante. “Meglio non fare niente quando c’è tua madre. Comunque devo andare. Ciao, Summers”. E con questo se ne andò.
    “Che cosa?” ripeté lei, sconvolta per la facilità con cui si era staccato da lei. Era sbagliato. Era lei quella che doveva staccarsi da *lui*.

    Sedendosi al sedile del guidatore Spike fremette; i pantaloni cominciavano a stargli dolorosamente stretti. Si chiese dove avesse trovato la forza di allontanarsi da lei e alzò gli occhi al cielo, poi mise in moto.
    “Riprenditi. Non puoi lasciare che sappia che ti ha nel palmo della mano. È tempo che sia lei a fare una mossa” si disse ad alta voce, prima di partire.

    Buffy giocherellava con il cibo nel piatto, completamente ignara della conversazione che si stava svolgendo intorno a lei.
    “Cosa ne pensi, Buffy?” fu l’unica cosa che sentì, quando si riscosse dai suoi pensieri.
    “Eh?”. Scosse la testa per un attimo, poi sollevò lo sguardo sulla rossa seduta di fronte a lei.
    “Di andare a far spese oggi” ripeté Willow.
    “Ah ... certo” rispose senza entusiasmo Buffy.
    “Buffy, stai bene?” chiese lei, un pochino preoccupata per lo stato quasi catatonico dell’amica.
    “Sto bene” replicò Buffy, riportando la propria attenzione sul piatto.
    Si sentì la voce familiare di Xander, che stava posando il vassoio a fianco a quello di Willow: “Hey belle fanciulle!”.
    Buffy alzò lo sguardo senza interesse e si limitò ad annuire.
    “Che cosa le succede?” chiese lui a Willow, che si limitò a stringersi nelle spalle.
    “Niente, Xander. Sono solo un po’ ...”. Buffy sollevò lo sguardo e si accigliò vedendo, da sopra la spalla di Xander, Spike che parlava per qualche momento con Andrew; i due poi si divisero e l’ossigenato venne al loro tavolo.
    “Hey” salutò, sedendosi a fianco a Buffy e dandole un bacetto sulla guancia.
    “Hey Mr. Ossigeno. Non hai intenzione di fare da cavia per l’esperimento pranzo di oggi?” chiese Xander, portandosi alla bocca una forchettata di una sostanza irriconoscibile.
    “No grazie”. Spike fremette alla vista del piatto di fronte a lui. “Mi devo occupare di alcune cose. Sono passato solo per vedere come state”.
    Buffy guardò i due ragazzi battibeccare amichevolmente, con la mente ancora fissa su Spike ed Andrew che parlavano. Che cosa stava succedendo tra quei due?
    Quando Spike si chinò a darle un bacetto prima di alzarsi, sbatté le palpebre un paio di volte, sorpresa.
    “Ci vediamo domani, ragazzi”.
    “Domani?” si accigliò Buffy. “Salti la scuola questo pomeriggio?”.
    “Te l’ho detto, ho delle cose da fare” spiegò lui.
    “Quali cose?” insisté lei, non lasciandolo andare via.
    “Delle cose, passerotto”. Lui si chinò a baciarla sulla fronte e se ne andò.
    “Di che cosa diavolo stava parlando?” si chiese Buffy a voce alta, corrugando la fronte.
    Xander stava per fare qualche commento spiritoso ma Willow lo prevenne, dandogli un calcio sotto il tavolo. Conosceva Buffy abbastanza bene da sapere che non era il momento di scherzare.

    Buffy e Willow percorrevano pigramente gli ampi corridoi del centro commerciale, gettando di tanto in tanto un’occhiata ai negozi.
    “Allora ...” iniziò Willow, un po’ esitante.
    Buffy si limitò a guardare la sua migliore amica e ad aspettare che le chiedesse quello che stava cercando di chiederle fin da quando erano uscite da scuola, qualunque cosa fosse.
    “Tu e Spike ... N-non abbiamo mai avuto la possibilità di-di ... sai … parlarne” balbettò Willow, imbarazzata.
    La bionda inspirò a fondo, non sapendo esattamente che cosa dirle. Le mancava parlare con Willow. In qualche modo parlare con lei rendeva tutto molto più chiaro. Voleva dirle di tutto l’accordo ma … aveva fatto una promessa a Spike: non una parola.
    “Che cosa vuoi sapere?”.
    “N-non so. Voglio dire vi odiavate a vicenda fino ad un paio di settimane fa e ora, all’improvviso, siete una coppia?” disse Willow, in un'unica tirata. Era evidente che aveva provato le proprie domande un milione di volte prima di affrontare l’argomento con Buffy.
    “Lo so. Strano eh?”. Vi fu un momento di silenzio. Dio, aveva davvero bisogno di parlarne con qualcuno. “All’inizio … era più che altro per riavere Dru e Angel, sai?”.
    Willow annuì, e lei continuò:
    “Poi però ... Non so, è successo tutto così in fretta. All’improvviso il sogghigno infuriante non era più così infuriante, l’ossigenatura non era più così poco attraente, l’accento mi eccitava ... Non lo so e basta” blaterò Buffy ad alta voce.
    Willow sorrise guardando l’amica con la coda dell’occhio. Buffy si fermò per un attimo, sedendosi su una panchina lì vicino; la rossa la imitò, aspettando pazientemente che lei proseguisse.
    “Oh, all’inferno!” esclamò Buffy all’improvviso, guardando Willow negli occhi. “Non ce la faccio più. Tu sei la mia migliora amica e io dovrei poterti dire tutto, vero?”. Willow annuì. “Va bene, allora …”. Fece un respiro profondo e continuò: “Io e Spike abbiamo fatto un accordo. Un patto. Abbiamo deciso di far finta di stare insieme in maniera tale che Dru ed Angel si ingelosissero e decidessero di tornare da noi … Separatamente! Dru da Spike ed Angel da me, hai presente?” se ne uscì.
    Willow guardò la sua migliore amica ad occhi sgranati, aprendo e chiudendo la bocca un paio di volte, senza riuscire a parlare.
    Alla fine riuscì a chiedere: “Tu e Spike non state davvero insieme? Fa tutto parte di un piano?”.
    “No, vedi è questo il mio problema. Non lo so”.
    Willow corrugò le sopracciglia e si scusò: “Eh? Non ti sto seguendo, Buffy”.
    “Avevamo un piano, giusto. All’inizio avremmo dovuto semplicemente tenerci per mano e fare altre cose normali, senza toccamenti. Poi ci siamo accorti che non stava funzionando e che avremmo dovuto diventare un pochino più … carnali per ingannare tutti, e questo alla fine ha portato a toccarsi e baciarsi e darsi da fare e, apparentemente, in entrambi si è creata *un’enorme* tensione sessuale repressa nei confronti dell’altro”. Buffy si interruppe per un attimo, per dare a Willow il tempo di assimilare le informazioni.
    “Quindi tutto quel baciarsi e gemere e farsi sorprendere a *farlo* in un’aula era una finta?”.
    “Non *lo* stavamo facendo, Willow. Stavamo solo … cercando di vedere se riuscivo a superare il l’aspetto “bleah” del baciarlo, cosa che, sfortunatamente, sembra che io abbia superato abbastanza facilmente”. Buffy giocherellava nervosamente con lo zainetto che aveva sulle ginocchia.
    “Ah ...”. Willow all’improvviso capì: “E ora tu provi qualcosa per Spike e lui non ... ricambia?”.
    “Non esattamente”. Buffy esitò. “Veramente lui *ricambia* ... un po’ troppo”.
    Willow si accigliò: “Bene, adesso è proprio necessario che tu riempia gli spazi bianchi”.
    “Ricordi al Bronze? Venerdì scorso ... quando ha suonato Oz? Bè, ecco … io ero un po’ …”.
    “Ubriaca?” propose Willow.
    “Si ... Quindi Spike mi ha accompagnato a casa e ...”.
    “Oh mio Dio, Buffy! Non si è approfittato di te o qualcosa del genere, vero?” squittì Willow, un po’ preoccupata.
    “Non esattamente ... Si è preso cura di me anche se ... anche dopo che gli ho vomitato addosso”.
    “Bleah!”.
    “Si, non uno dei miei momenti migliori, lo ammetto. Comunque ... le cose hanno iniziato a ... evolversi e …”. Buffy esitò e gettò un’occhiata a Willow prima di ammettere: “IoeSpikeabbiamodormitoinsieme”.
    “Che cosa?!” esclamò Willow, facendo voltare un paio di persone a gurdarle. Arrossì furiosamente e si chinò a bisbigliare: “Che cosa?”.
    “L’abbiamo fatto, Willow” mormorò Buffy.
    “Oh…”.
    Ci fu un attimo di silenzio poi Willow osò chiedere:
    “Bè, e adesso?”.
    “Questa è la domanda da un milione di dollari, no?”.
    “T-ti … piace?”.
    Buffy rimase in silenzio per un secondo, poi si prese la testa fra le mani, infilandosi le dita fra i capelli.
    “Non lo so” rispose, esasperata.
    “Bè, a lui ... sai ... a lui piaci?”.
    “Anche qui c’è un enorme punto di domanda” brontolò Buffy, senza scostare le mani.
    “Bè, non ne avete parlato o qualcosa di simile? Voglio dire … Avrete pur detto qualcosa dopo il … ehm … fatto” insisté Willow.
    “No. Eravamo entrambi così stanchi che ci siamo addormentati”.
    “E il temutissimo mattino dopo?” indagò Willow.
    “Mamma è tornata a casa. Non crederai a come ne siamo usciti”. Buffy sollevò lo sguardo e continuò con un ghigno: “Mia madre pensa che lui sia il mio nuovo miglior amico – gay”.
    “Tua madre pensa che Spike sia gay?” chiese Willow ad occhi sgranati.
    “Si” annuì lei, raddrizzandosi e guardandosi intorno. “Comunque, è arrivato il lunedì e non abbiamo avuto la possibilità di parlarne, e poi c’è stato quell’incidente con Dru”. Al ricordo Buffy digrignò i denti.
    “Eri gelosa?” chiese Willow.
    Buffy le scoccò subito un’occhiataccia.
    “No!”.
    “Sei sicura?” insisté Willow. “E allora perché hai fatto a Dru la doccia con il pranzo?”.
    “Stavano flirtando davanti a tutti! Si stavano prendendo gioco di me!” esclamò Buffy.
    “Buffy ... Sono io ... Willow”.
    “Va bene, ero un po’ gelosa ...” brontolò Buffy, seppellendosi nuovamente il volto fra le mani. “Dio odio tutto questo! Lo odio! Lo odio! Lo odio!”.
    “Perché non lo chiedi a Spike e basta?”.
    “Chiedergli cosa?” si accigliò Buffy.
    “Se gli piaci”.
    “Eh no! Assolutamente no, mai! No, no, no!” insisté Buffy, alzandosi e torreggiando su Willow che era ancora seduta sulla panchina. “Perché dovrei chiederglielo?”.
    “Perché ti sta divorando, ecco perché” spiegò Willow.
    Buffy incrociò le braccia sul petto e mise il broncio: “Bè, non glielo chiederò”.
    “È una tua scelta, Buffy”.
    “Si, infatti! Grazie. Adesso andiamo a comprare quei dannati vestiti e andiamocene da qui” brontolò Buffy allontanandosi.

    Buffy percorse rapidamente il corridoio, esaminando la folla alla ricerca di una familiare testa ossigenata in mezzo alle dozzine di adolescenti che le passavano a fianco.
    “Hey Buffy!” salutò Willow, unendosi a lei.
    “Hey, Wills!”.
    “Allora, il vestito è piaciuto a tua madre?” chiese Willow, stringendosi i libri al petto, mentre percorrevano rapidamente il corridoio.
    “Lo adora. Ha detto che sto benissimo in nero e poi ha cominciato a piangere”.
    “Eh?”.
    “Sai se ne è uscita con il discorso “stai crescendo così in fretta e ben presto non sarai più la mia piccolina”. Se fa così per homecoming non riesco a immaginare cosa farà per il ballo di fine corso” sospirò Buffy, continuando a muoversi lungo il corridoio.
    “Ehm ... Buffy perché stiamo praticamente correndo in cerchio per tutta la scuola?” riuscì finalmente a chiederle Willow, che cominciava ad essere a corto di fiato. “Stiamo cercando qualcuno?”.
    “No” rispose subito Buffy, fermandosi vicino al proprio armadietto. “Ho solo bisogno di prendere un paio di cose dall’armadietto”.
    “Si, e in questi casi hai sempre bisogno di passarci davanti tre volte” notò Willow sarcastica, sollevando sospettosa un sopracciglio. “E dai Buffy, ammettilo. Lo stai cercando”.
    “Non sto ... Oh mio Dio! Che cosa ti è successo?”. Buffy chiuse con forza l’armadietto e si avvicinò a Spike, superando Willow.
    Alla vista dell’inglese Willow sgranò gli occhi. Aveva un taglio all’angolo della bocca e un livido purpureo sullo zigomo sinistro.
    “Sono caduto dalle scale”. Quando Buffy gli passò la mano sulla guancia ferita Spike fremette.
    “Ti fa male?” chiese Willow.
    “Tu cosa credi, rossa? Ahia!” gridò Spike, che aveva cercato di sollevare un sopracciglio, tendendo così il muscolo dolorante.
    “Sei caduto dalle scale? Questo è il meglio che ti è venuto in mente?” chiese Buffy, la cui paura stava diminuendo per essere sostituita dalla rabbia.
    “Che cosa?!” brontolò Spike.
    “Che cosa hai ...”. Con la coda dell’occhio vide Angel che, piuttosto malmesso, si appoggiava agli armadietti mentre Dru, estremamente preoccupata, gli passava le mani sul viso, esattamente come aveva fatto lei con Spike, e non ebbe bisogno di terminare la propria domanda. “Hai litigato con Angel?!” chiese incredula, vagando con lo sguardo dall’uno all’altro.
    Spike non rispose.
    “Spike, cosa *diavolo* sta succedendo?” chiese Buffy. “Perché hai litigato con Angel?”.
    L’ossigenato rimase in silenzio e lei continuò:
    “Per che cosa stavate litigando?”.
    Finalmente Spike parlò: “Amore, adesso non voglio parlarne”.
    “Allora, quando è successo?”.
    “Amore, non adesso”.
    “Ma ...”.
    “Buffy! lascia perdere e basta, va bene?”.
    Lei si bloccò. Era la prima volta che lui alzava la voce con lei, e l’espressione dei suoi occhi le fece venire i brividi. Era così sconvolta che non sentì neanche il suono della campanella. Il suo sguardo rimase fisso sul ragazzo di fronte a lei, anche quando gli altri ragazzi cominciarono a disperdersi e ad andare nelle proprie aule. Il tocco dolce di Willow la fece uscire dalla sua trance.
    “Buffy, faremo meglio ad andare o faremo tardi” le disse la rossa.
    Lei guardò Spike con gli occhi socchiusi e annuì:
    “Andiamo”.
    Si voltò e, seguendo Willow, percorse il corridoio ed entrò in una delle aule.
    “Per l’inferno maledetto!” ringhiò Spike, dando un calcio all’armadietto a cui stava appoggiato, prima di andarsene.

    Buffy se ne stava appoggiata alla portiera dell’auto, aspettando pazientemente l’arrivo del proprietario. Quando lo vide sentì il cuore balzarle in gola.
    Alzando lo sguardo Spike la vide e si bloccò. Continuò ad avvicinarsi respirando profondamente.
    “Hey ...” disse Buffy, con voce debole, staccandosi dalla portiera.
    Lui restituì il saluto. “Hey”.
    Vi fu un attimo di silenzio fra i due, poi Buffy lo ruppe.
    “Mi dispiace di aver perso il controllo a causa del tuo viso malridotto” disse, indicandogli il viso.
    “Mi dispiace di aver gridato”.
    “Considerato che io l’ho fatto più o meno un milione di volte immagino che per una volta ti sia permesso gridare. Ma una volta sola!” aggiunse subito, sollevando l’indice.
    “Cercherò di ricordarmelo, amore”. Spike cercò di sorridere ma se ne pentì subito, sentendo che la ferita al labbro gli si stava riaprendo.
    “Stai bene?” chiese lei preoccupata, avvicinandosi e posandogli una mano sotto l’orecchio per farlo voltare.
    “Sto bene” rispose lui, cercando di evitare di fremere quando lei gli passò un dito sul taglio.
    “L’hai disinfettato almeno?” chiese lei, guardandolo con disapprovazione.
    “Si”.
    “Bugiardo”.
    “L’ho lavato” si difese lui.
    “Non è la stessa cosa” replicò lei, girando intorno all’auto.
    “Dove stai andando?”.
    “Adesso mi accompagnerai a casa, così potrò sistemartelo” lo informò, aprendo la portiera ed entrando nell’auto.

    * La storia dei preventivi me la sono dovuta inventare di sana pianta per mantenere il giochino di parolo inglese fra "condoms" e "contacts". Se vi viene in mente qualcosa di meglio ditemelo pure ...


    CAPITOLO 25
    Entrarono in cucina in silenzio. Buffy indicò lo sgabello vicino all’isola e Spike vi si sedette, mentre lei apriva uno dei pensili e ne estraeva un kit di pronto soccorso. Lo posò sulla superficie bianca (dell’isola) e lo aprì; dentro c’erano bende, cotone, un paio di forbici e tre bottigliette: una bianca, una marrone e una rossa. Buffy prese per prima quella bianca e ne versò un po’ su un pezzo di cotone, lasciandola poi sul bancone.
    “Brucerà un po’” lo avvertì, strofinando il cotone sul labbro ferito di lui.
    Lui fremette per un attimo al contatto ma non disse niente. Mentre gli sistemava la ferita Buffy si chiedeva quale ne fosse la causa. Avrebbe voluto che lui glielo dicesse, ma aveva paura di chiedere, soprattutto dopo che a scuola era stato così riluttante a parlarne.
    “Ecco. Non so se funzionerà, dal momento che si è già infettato ...” mormorò Buffy mentre, senza distogliere lo sguardo dal piccolo taglio all’angolo della bocca, prendeva la bottiglia marrone e ne versava il contenuto su un altro pezzo di cotone, macchiandolo di rosso.
    Ripeté ancora una volta i movimenti che aveva fatto poco prima, passandolo lentamente sulla ferita.
    “Smettila di fare il bambino” lo rimproverò, quando lui fremette di nuovo.
    “Hey! Fa male” protestò lui, accigliandosi.
    “Questo è ciò che si ottiene quando ci si fa coinvolgere in stupidi litigi” brontolò lei, buttando nella pattumiera i due pezzi di cotone e mettendo via il kit per il pronto soccorso.
    Quando ebbe finito di sistemare si voltò verso di lui, appoggiandosi al bancone con le braccia incrociate, mentre lui rimaneva seduto sullo sgabello vicino all’isola.
    “È tutto là il danno?” chiese alla fine, nel tentativo disperato di rompere l’imbarazzante silenzio che si era creato fra loro. Come mai tra loro c’erano così tanti silenzi sconfortanti?
    “Cosa?”.
    “La tua faccia. Era tutto lì il danno?” chiese lei.
    “Perchè? Hai intenzione di prenderti cura delle mie ferite nascoste?” cominciò lui, a voce bassa e socchiudendo gli occhi mentre si faceva scivolare la lingua sulle labbra.
    “Sei disgustoso” mormorò lei, guardando il pavimento.
    “È quello che continui a dire”.
    Si guardarono per un secondo, poi lui parlò con voce bassa e seria:
    “Mi dispiace di aver gridato con te” si scusò.
    Lei cercò di apparire noncurante, voltandosi a guardare il lavandino: “Va bene. Te l’ho detto, è tutto a posto”.
    In un lampo lui si mise al suo fianco e la prese per le braccia, costringendola a guardarlo.
    “Mi dispiace” ripeté, guardandola negli occhi.
    Lei deglutì a fatica e annuì. Le sue ginocchia minacciarono di cedere, quando lui spostò la mano dal suo braccio al suo collo e alla sua guancia, posandola là mentre con il pollice le sfiorava appena la pelle arrossata.
    “Dio, sei così ...”.
    Sentendo lo squillo del telefono entrambi fecero un salto. Buffy corse goffamente in soggiorno, sollevando la cornetta.
    “Pronto? Oh ciao, mamma. No, non stavo facendo niente” mentì, guardando con la coda dell’occhio Spike che entrava nella stanza.
    Lui si sedette sul divano e la osservò mentre torceva il cavo del telefono fra le dita.
    “Ah, va bene ... No, va ... va bene. Divertiti. Ciao”. Rimise a posto la cornetta, sospirando forte.
    “Perché quel sorriso triste?”.
    “Era mia madre”.
    “Ci ero arrivato. Ha un appuntamento, vero?”.
    “Si” sospirò lei, lasciandosi cadere sul divano a fianco a lui.
    “Non ti sei ancora rassegnata agli appuntamenti?” chiese Spike.
    “Non abbastanza”.
    Spike stava per dire qualcosa quando lei lo interruppe:
    “Se dici che mi ci abituerò giuro che ti taglio qualcosa” brontolò.
    Spike sgranò gli occhi.
    “Mi dispiace” si scusò lei, senza entusiasmo. “ È solo che so che non mi ci abituerò”.
    “Ne vuoi parlare?”.
    “No” rispose subito lei, poi lo guardò. “È così strano, sai? Mia madre che esce con un qualunque sconosciuto. Voglio dire, potrebbe essere uno psicopatico per quello che ne sa lei … O-oppure un gigolò!” gettò là. Spike sollevò un sopracciglio. “Va bene, un gigolo no ma uno psicopatico ... po-potrebbe essere uno psicopatico. Sai che razza di gente c’è là fuori? Persone molto, molto cattive. Oh mio Dio, mia madre esce con uno psicopatico” disse lei, scioccata.
    “Buffy, calmati. Tua madre *non* sta uscendo con uno psicopatico” la rassicurò Spike.
    Lei lo guardò con fare accusatorio: “Come lo sai?”.
    “Non lo so, ma ...”.
    “A-ha!” se ne uscì lei, trionfante.
    Lui piegò la testa di lato e la guardò con disapprovazione: “Buffy ...”.
    “Non voglio che mia madre abbia un ragazzo. Che schifo!” si imbronciò lei.
    Spike la guardò, inumidendosi le labbra con la lingua senza accorgersene. Lei non aveva idea di quanto appariva irresistibile quando faceva così.
    “Che c’è?” chiese lei, quando il suo fissarla divenne fastidioso. “Oh mio Dio! Mi sta uscendo qualcosa dal naso?”. Si coprì immediatamente il viso con la mano destra.
    “No! Sei a posto” la calmò lui. “Stavo solo …”.
    “Fissando?” propose lei, lasciandosi cadere la mano in grembo.
    Lui continuò a guardarla, sorridendo dolcemente.
    Buffy si sentiva le farfalle svolazzare nello stomaco sotto lo sguardo di lui. All’improvviso lui si alzò.
    “Sarà meglio che vada” disse, all’improvviso.
    “Vai? Perchè?” chiese lei, confusa.
    “Ho ... da fare” mentì lui, sapendo che se fosse rimasto in quella casa un altro minuto non sarebbe stato capace di evitare di baciarla, mentre aveva deciso che toccava a *lei* venirgli dietro.
    “Da fare? Di nuovo? Di cosa si tratta questa volta?”. La voce di lei era leggermente seccata.
    “Di cose”.
    “Bene!” brontolò lei, facendo per andarsene.
    “Cosa vuol dire bene?” le gridò dietro lui.
    “Com’è che all’improvviso hai tutti questi segreti? E non dirmi che non ne hai. Te ne vai in giro per la scuola parlando con Andrew e poi salti le lezioni dicendo che hai da fare e il giorno dopo ti presenti con la faccia viola” disse lei, indicando il suo zigomo.
    “Buffy…”.
    “Cosa sta succedendo?” insisté lei.
    “Non posso dirtelo” rispose sincero lui.
    “Perché no?”. Lei tentava di suonare il più dura possibile ma apparve infantile e lamentosa.
    “Non posso e basta”.
    Buffy lo fissò incredula.
    “Sarà meglio che vada” disse lui andando alla porta principale e uscendo, lasciando Buffy sola e immobile.

    “E mi ha semplicemente lasciato lì a chiedermi “Come diavolo è successo tutto questo?”. Un minuto stiamo parlando e il minuto dopo se n’è andato” brontolò Buffy al telefono. “Non so cosa sta succedendo. All’improvviso è diventato Mr Mistero e-e ...”.
    “Respira, Buffy, respira” la convinse Willow.
    “Mi sento così arrabbiata” ringhiò lei.
    “Vuoi che venga lì?”.
    “No grazie Will. Mi dispiace che tu debba sorbirti continuamente i miei gemiti”.
    “Mi piacciono i tuoi gemiti”. Rendendosi conto dei possibili significati di quello che aveva detto Willow si affrettò ad aggiungere: “In senso totalmente non-gay, ovviamente”.
    “Certo. Bè, sarà meglio che me ne vada a letto”.
    “Sono le dieci”.
    “Lo so, ma non c’è nient’altro da fare”. Buffy sbadigliò rumorosamente e salutò nuovamente: “Ci vediamo domani, Willow”.
    “Ciao, Buffy”.

    Buffy si voltò su un fianco e sbatté una mano sulla sveglia. Si sedette sul letto brontolando qualcosa di incomprensibile, scostando goffamente le ciocche di capelli che le coprivano il viso. Rendendosi conto che qualcuno era seduto sul materasso a fianco a lei, saltò praticamente fuori dal letto.
    “Dio mamma! Mi hai spaventato a morte!” gridò mettendosi una mano sul cuore, che le batteva furiosamente.
    “M-mi dispiace, tesoro!”.
    “Da quant’è che stai seduta lì?” chiese la ragazza, premendosi le dita sulle palpebre e sbattendole un paio di volte prima di riportare lo sguardo sulla madre.
    “Non troppo ...” disse la sig.ra Summers.
    Le due donne rimasero in silenzio per un attimo, guardandosi l’un l’altra. Vedendo la madre che giocherellava nervosamente con l’orlo della sua maglia Buffy si accigliò.
    “Mamma ...? Cosa vuoi dirmi?” cominciò, piegando la testa di lato.
    “Buffy, dobbiamo parlare di una cosa”.
    “Oh mio Dio! Sei incinta!” esclamò Buffy ad occhi sgranati.
    “Che cosa?!”.
    “Sei incinta! Lo sapevo!” continuò la ragazza, senza cercare di nascondere il proprio attacco d’ansia.
    “Buffy, calmati. Non sono incinta” la rassicurò la sig.ra Summers.
    Buffy espirò profondamente: “Oh grazie a Dio!”.
    “È qualcos’altro ... Riguarda ... il mio ... ehm ragazzo ...”. La sig.ra Summers si interruppe, sentendo la figlia gemere. “ Sì Buffy, sei abbastanza grande per sapere che ho un *ragazzo*”.
    “Per favore, non dire quella parola ...” si lamentò lei, facendo una smorfia.
    “Bè, è questo ciò che è”.
    “Va bene ... Come ti pare ...” brontolò Buffy, incrociando le braccia sul petto e aspettando che la madre continuasse.
    “Comunque ... ormai ci vediamo da due mesi e ...”.
    “Due mesi? E da quando in qua stai uscendo da due mesi?” se ne uscì Buffy, sorpresa.
    “Avrei voluto dirtelo prima, ma avevo paura di come avresti reagito”.
    Si guardarono per un po’, prima che Joyce continuasse:
    “Ci vediamo da più di due mesi e-e g-gli voglio molto bene …”.
    “Gli vuoi bene?”. Buffy inarcò un sopracciglio ma, vedendo l’occhiataccia che le gettò la madre, decise che era nel suo interesse starsene zitta.
    “Lui mi piace Buffy ... e penso che sia ora ... penso che sia ora che voi due vi incontriate” ammise lei all’improvviso.
    “Cosa?!”.
    “Ho organizzato una cenetta tranquilla per stasera, così voi due potrete ... parlare e conoscervi a vicenda” continuò la sig.ra Summers in tono più fermo.
    “Ma mamma ... io non voglio incontra...”.
    “Buffy, per me è molto importante” insisté Joyce. “E apprezzerei che tu mi facessi questo favore”.
    Buffy ascoltò la madre imbronciata ma, vedendo la paura negli occhi della donna, il suo cuore si sciolse e, alla fine, annuì e sospirò:
    “Va bene ... Sarò una brava bambina. Lo incontrerò”.
    “Oh, ti ringrazio tanto Buffy. Sono così orgogliosa di te, tesoro!”. La sig.ra Summers batté le mani, poi si chinò e diede a Buffy un bacio sulla guancia. “Ci vediamo dopo la scuola” salutò, alzandosi e lasciando la stanza.
    “Grandioso ... proprio grandioso” mormorò Buffy uscendo dal letto.

    “Quindi incontrerai il ragazzo di tua madre?” chiese Willow, sedendosi a fianco a Buffy sulle tribune.
    “Non chiamarlo così Will” brontolò Buffy, guardando di traverso il campo da football. Era sicura che a quell’ora Spike avesse lezione di ginnastica.
    “Cosa? È quello che è, giusto?”.
    “Sì. Ma suona ... *sbagliato*! Molto sbagliato!”.
    “Bene, come vorresti chiamarlo?”.
    “Cosa ne dici di l’uomo cattivo che vuole portarmi via mia madre?” propose Buffy con un sogghigno forzato.
    Willow si unì allo scherzo: “Suona bene. Ma è un po’ lungo”.
    “Sì, ma sempre meglio di *ragazzo*”. Buffy praticamente si mangiò l’ultima parola, continuando a scrutare il campo.
    Quando vide un’orda di adolescenti uscire dagli spogliatoi e riempire il campo il cuore le balzò in gola.
    “Oh, c’è Xander!” saltò su Willow, mentre il ragazzo seguiva svogliatamente il resto del gruppo. “Non è appetitoso con quei pantaloncini grigi?” scherzò, mentre entrambe facevano delle smorfie.
    Xander guardò le tribune e un enorme sorriso gli illuminò il viso, le salutò con la mano e loro ricambiarono il saluto.
    Willow guardava con la coda dell’occhio Buffy che esaminava la piccola folla sul campo.
    “Non c’è” disse a bassa voce.
    “Eh? Cosa?”. Buffy scosse la testa e si voltò a guardare la sua migliore amica.
    “Spike ... ho parlato con Xander ... oggi ha saltato la scuola”.
    “Ah ...”. Buffy si sforzò di apparire noncurante.
    “Sei preoccupata per lui?” chiese Willow dopo una breve pausa.
    “No” rispose immediatamente la bionda; vedendo il sorriso di Willow però brontolò: “Si, sono un po’ preoccupata”.
    “Sono sicura che ha un buon motivo per non averti detto certe cose”.
    “Sarà meglio!” disse Buffy in tono minaccioso.
    Le due rimasero in silenzio a guardare Xander, che riuscì a malapena a fare quattro esercizi per gli addominali di fila.
    “È solo che ...” cominciò all’improvviso Buffy. “Si sta comportando in modo così strano e …”. Si interruppe, sentendosi un po’ sciocca. “È … ehm … distante …”.
    Willow non disse niente. Sapeva che l’amica aveva bisogno di parlare, perciò rimase in silenzio, abbracciandosi le ginocchia.
    “Sin da ... sai *quella* notte ... lui non ci ha provato”.
    Willow dovette chiedere: “Si è tirato indietro?”.
    “No ... solo che non è stato molto ... hai presente …”.
    Capì dall’espressione vuota di Willow che avrebbe dovuto sviluppare l’argomento.
    “Non ci ha provato ...” brontolò. “Bè, lui inizia … ma non riusciamo mai a concludere” disse frustrata. “O mia madre torna a casa, o squilla il telefono, o siamo sul punto di litigare …”.
    “Tu vorresti riuscire a ... concludere?” chiese Willow.
    “I-io ... Ah, ma chi sto cercando di ingannare ... Dio, sì!” esclamò Buffy, arrossendo e seppellendosi il volto tra le mani.
    Willow non poté evitare di ridacchiare.
    “È stato meraviglioso!” sospirò Buffy con aria sognante. “Hai presente che dicevo sempre che il sesso non è quella gran cosa che ti spacciano nei film …”. Willow annuì. “Bè mentivo! *È* quella gran cosa!”.
    “Quindi ... è stato bello?” chiese la rossa.
    Buffy si morse il labbro e annuì entusiasta. Le due ragazze ridacchiarono selvaggiamente, poi ripresero la conversazione.
    Dopo aver ripreso il controllo di sé, Buffy riuscì finalmente a chiedere: “E tu e Oz?”.
    “Stiamo ancora aspettando il momento giusto” rispose Willow a bassa voce, sogghignando.
    “Sono sicura che sarà meraviglioso anche per te” le assicurò Buffy appoggiandosi all’amica e dandole una spintarella con la spalla.

    Sospirando forte Buffy trascinò i piedi oltre la soglia, lasciando cadere lo zaino a terra mentre si avvicinava al divano.
    “Ciao tesoro!”.
    Buffy si raddrizzò e vide la madre in corridoio.
    “Mamma, sei rientrata presto” notò la ragazza.
    “Sì, volevo essere sicura che ogni cosa sia perfetta per stanotte” spiegò la sig.ra Summers, senza riuscire a nascondere l’ansia nella voce.
    Buffy si alzò e si avvicinò alla madre”.
    “*Sarà* tutto perfetto. Non ti preoccupare” la rassicurò, prima di abbracciarla.
    “Sono contenta che tu la stia prendendo così bene”.
    “Bè, non ho scelta, se lui ti piace ...”. Buffy si strinse nelle spalle e superò la madre. “Vado a fare una doccia”.
    “Va bene, tesoro”.

    Lei posò la fronte contro il muro e inspirò a fondo, lasciando che l’acqua tiepida le ruscellasse lungo la schiena. Afferrò il rubinetto di malavoglia e lo chiuse, interrompendo improvvisamente il flusso dell’acqua. Si passò una mano tra i capelli fradici, afferrando con l'altra un asciugamano bianco.
    Quando aprì la porta del bagno per incamminarsi verso la sua stanza una nuvola di vapore riempì il corridoio. Si lasciò cadere sul materasso e si mise a fissare il soffitto, mentre il suo stomaco faceva le capriole al pensiero di incontrare … la cosa. Fece una smorfia, immaginandosi un quarantenne calvo e disgustoso, con una miriade di catene d’oro al collo e una massa di peli neri sul petto che uscivano da una camicia di seta semiaperta.
    Buffy cercò di convincere se stessa: “No ... mamma non sarà mai così disperata”.
    Lo squillo acuto del telefono sul suo comodino la strappò ai suoi pensieri. Si rotolò sul letto per raggiungerlo.
    “Pronto? Hey, Wills” salutò.
    “Allora, è già lì?” chiese Willow ansiosa.
    “No, ma sarà qui da un momento all’altro” brontolò Buffy, guardando la sveglia.
    “Bene, sarò qui ad aspettare che tu mi chiami e mi racconti che razza di persona assolutamente sgradevole è *la cosa*”.
    Buffy non poté evitare di ridacchiare per il nome che, alla fine, avevano scelto per lo sconosciuto che usciva con la madre.
    “Non preoccuparti! Ti terrò informata. Sono sicura che dopo stanotte avrò davvero bisogno di sfogarmi un po’” la rassicurò la bionda.
    “Rimarrò in attesa” rispose Willow in tono vivace.
    Ci fu un attimo di silenzio, poi la rossa chiese:
    “Novità sul fronte inglese?”.
    “No” rispose Buffy a bassa voce. “Penso che oggi abbia saltato tutte le lezioni”.
    “Lo chiamerai?”.
    “No!” rispose immediatamente lei.
    “Sei sicura?”.
    “Sono sicura, Willow” brontolò Buffy.
    “Va bene ... Allora ci sentiamo dopo”.
    “A dopo”.
    “Ciao”.
    Sospirando forte Buffy rimise a posto la cornetta e si alzò per esaminare il proprio guardaroba.
    “Cosa mi metto ...” si chiese a voce alta, sfiorando con le dita maglie e maglioni.
    Alla fine decise per un look casual. Se doveva passare la notte a vedere la madre che faceva gli occhi dolci alla *cosa*, tanto valeva che almeno stesse comoda.
    Lasciò cadere a terra l’asciugamano e si infilò le mutandine e un paio di jeans vecchi e vissuti. Barcollò fino alla cassettiera, e frugò nei vari cassetti fino a trovare quello che stava cercando.
    Con l’asciugacapelli in una mano si mise a testa in giù e cominciò ad asciugarsi i capelli. Dopo qualche minuto si raddrizzò, guardando nello specchio il modo in cui i capelli le ricadevano sulla schiena. Soddisfatta del risultato, mise via l’asciugacapelli e prese una maglia a collo alto. Sentì bussare lievemente alla porta.
    “Si?” disse, con voce soffocata dalla stoffa rossa che si stava infilando dalla testa.
    “Buffy? Sbrigati, saranno qui da un momento all’altro!”.
    “Sì, mamma!” brontolò, prima che gli occhi le si accendessero; allora si accigliò: “saranno?” si chiese a voce alta infilandosi una scarpa.
    Mormorò qualcosa di incomprensibile quando, guardando in giro per la stanza, non riuscì a trovare l’altra. Sentendo il campanello che suonava si immobilizzò.
    “Oh Dio! È qui!”. Si fece forza, poi si lasciò cadere in ginocchio.
    Guardò sotto il letto, sotto la cassettiera e, alla fine, sotto l’armadio:
    “Eccoti qui” disse trionfante, acchiappando la scarpa mancante e infilandosela.
    Respirando a fondo si diresse alla porta e scese di sotto. Quasi inciampò sull’ultimo scalino vedendo chi c’era in piedi nel corridoio, che si passava nervosamente le mani fra i capelli.
    “Spike? Che cosa ci fai qui?” chiese quando lui si voltò, con in viso un’espressione disperata. “Che cosa è successo?”.
    Sentì che la madre la chiamava dal soggiorno: “Buffy, sei tu?”.
    Lei lo tirò goffamente per la manica dello spolverino, trascinandolo vicino alle scale e allontanandolo dal soggiorno.
    “Ehm ... Spike questo non è un buon momento. Mia madre aspetta compagnia e ...”.
    Fu interrotta dalla vista della madre che entrava nel corridoio.
    “Mamma!” saltò su. “Spike se ne stava appunto andando ...”. Nel vedere un uomo entrare dietro alla madre si interruppe. “Sig. Giles?” si accigliò, riconoscendolo. Poi si voltò verso il biondo ancora in piedi davanti a lei e chiese a bassa voce: “Spike? Che cosa ci fa tuo padre qui?”.
    Non ottenendo risposta guardò nuovamente la madre. Vide la donna arrossire furiosamente, con lo sguardo fisso sul pavimento di legno. Vedendo il sig. Giles posare una mano sulla spalla della madre e stringergliela leggermente con fare rassicurante si sentì come se non avesse più aria nei polmoni.
    “Mamma?” riuscì ad esalare, quando capì.
    “Buffy ... V-vorrei che incontrassi Rupert Giles ...”. Joyce deglutì a fatica e, con voce tremante, aggiunse: “ ... il mio ragazzo”.
     
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  4. TerenceSpike
     
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    Capitolo 26
    Buffy fissava intensamente il proprio piatto, incapace di sollevare lo sguardo ed affrontare l’atmosfera imbarazzata che circondava il tavolo e che sembrava risucchiare tutta l’aria dalla stanza.
    “Allora …”. La voce di Giles ruppe lo scomodo silenzio che li avvolgeva tutti e quattro, riecheggiando sui muri. “Ho sentito che domani notte ci sarà il ballo di homecoming …”.
    Quando Spike non rispose, Buffy si sentì obbligata a rispondere al suo posto, per cui mormorò debolmente:
    “Sì ...”.
    “Voi due sarete molto eccitati, o no?” continuò ad indagare l’uomo, sistemandosi nervosamente gli occhiali per la milionesima volta nella serata.
    Prima di potersi trattenere le scappò di bocca: “Veramente no. Solitamente il ballo di homecoming fa schifo, decisamente”.
    Lei stessa fremette al suono della sua voce. Non aveva intenzione di apparire così … arrogante e blasé.
    “Ah ... ca-capisco” balbettò lui, riportando la propria attenzione sul piatto che aveva di fronte.
    Scese nuovamente un silenzio insopportabile e Buffy, sentendosi ancora in colpa per la propria rispostaccia, cercò di fare ammenda aggiungendo:
    “Ma dopo andremo da Cordelia. Lei organizza una festa tutti gli anni … per compensare il ballo un po’ fiacco”. Per la prima volta nella serata la biondina guardò direttamene nella direzione di Giles.
    “Spike ti accompagnerà anche alla festa?”. La domanda era abbastanza naturale, ma il cervello di Buffy si bloccò sulla parolina centrale: *anche*.
    La verità era che loro non avevano parlato del ballo di homecoming. Era stata una settimana frenetica e, fra Spike che scappava Dio-sa-dove e tutti quei litigi, non avevano avuto occasione di discuterne. Sarebbero andati al ballo insieme? Sarebbero andati come una coppia o come parte del piano “far incavolare Dru e Angel”? Non lo sapeva ma, apparentemente, il padre di Spike sì. “Grandioso! Il *ragazzo* di mia madre ne sa più di me sui miei dilemmi privati” protestò fra sé.
    “Non lo so” rispose lei. “Non abbiamo avuto tempo di parlarne” disse, guardando Giles e cercando di ignorare ciò che vedeva con la coda dell’occhio.
    Spike era seduto accanto a lei e, praticamente, aveva badato solo a sé stesso ed al suo piatto per tutta la sera ma, a questa risposta, aveva improvvisamente alzato lo sguardo e, apparentemente, la stava fissando.
    “Buffy ...” intervenne la sig.ra Summers, con preoccupazione materna. “Non so se voglio che tu vada a queste feste da sola. So che queste cose sono … sono selvagge e-e pericolose …”.
    “Ci saranno Willow e Xander a proteggermi dal pericolo e dalla … ehm … selvaggeria”. A quest’ultima parola Buffy si accigliò. Era una parola realmente esistente?
    “Anche così ... i-io non ...”.
    “Non si preoccupi, sig.ra Summers, la terrò d’occhio io” disse finalmente Spike, facendo voltare tre paia d’occhi nella sua direzione.
    “Bene ... i-immagino che sia tutto stabilito, allora” disse Giles con un sogghigno soddisfatto, finendo di mangiare e appoggiando la forchetta ed il coltello ai lati del piatto prima di voltarsi verso Joyce. “La cena era meravigliosa, tes-”. Sentendo i due ragazzi gemere simultaneamente si bloccò e si corresse: “ … Joyce”.
    “Grazie” replicò lei a bassa voce, mentre le guance le diventavano rosso pomodoro. Alzandosi e voltandosi verso Spike chiese: “Spike, potresti aiutarmi a sparecchiare per favore?”.
    Buffy sgranò gli occhi. Aveva intenzione di lasciarla da sola nella stanza con il sig. Giles? Eh no, non l’avrebbe fatto!
    “Lo farò io!”. La bionda spinse immediatamente indietro la sedia, preparandosi ad alzarsi, quando sentì che Joyce la spingeva verso il basso con mano ferma.
    “Mi può aiutare Spike, non è vero?” insisté lei, sorridendo dolcemente al ragazzo.
    “Ehm ... Certo” replicò goffamente Spike, alzandosi e raccogliendo gli altri piatti.
    Buffy sentì che il suo cuore accelerava, all’idea di rimanere da sola con ... *la cosa* … che si era rivelato il padre di Spike. “Oh Dio! L’orribile silenzio!” pensò, guardando Spike e la madre che uscivano dalla stanza.
    “Allora ...” iniziò Giles, in un debole tentativo di chiacchierare. “C-come va la scuola?”.
    “Va bene” rispose lei, senza staccare gli occhi dalla tovaglia a strisce.
    “Bene. E-e la tua amica ... ehm ... come si chiama … Willow?”.
    “Sta bene anche lei”.
    “Bene”.
    Dio, uccidimi adesso e metti fine alle mie sofferenze.
    Nel frattempo, in cucina ...
    “Come vanno le cose a scuola?”.
    “Bene” mormorò Spike, passando alla donna i piatti sporchi che aveva tolto dal tavolo.
    “Sei sicuro? E ...?” disse Joyce, indicando il suo labbro spaccato.
    “Sono caduto” rispose lui, asciutto.
    “Bella caduta. Ti ha lasciato un livido sullo zigomo destro e un taglio sul lato destro della bocca, ma neanche un graffietto sul naso” si meravigliò a voce alta lei. Nella sua voce non c’era né una minaccia né un dubbio, era una semplice affermazione, senza alcun biasimo.
    “Sa come vanno le cose ...” rispose Spike, appoggiandosi al bancone.
    “Immagino di sì. Potresti prendere il gelato dal freezer per favore?”.
    Lui annuì e fece quello che gli aveva chiesto.
    “Grazie”.
    Joyce prese un cucchiaio e distribuì il gelato in parti uguali in quattro tazze poi, quando ebbe finito, gli restituì la scatola e lui la rimise nel freezer. Lei prese due delle tazze e gli fece segno di prendere le altre due poi si fermò per un attimo, prima di rientrare nel soggiorno:
    “Spero che tu non faccia altre brutte cadute”.
    Spike non riuscì ad evitare di sorridere e rispose:
    “Tenterò”.

    “E quell’altro ragazzo ... quello basso con i capelli tinti ... ehm? Osborne?”.
    “Oz?” chiese Buffy, tamburellando nervosamente con il cucchiaio sul piatto.
    “S-sì! Quello”.
    “Sta bene anche lui. Fa parte di un gruppo”.
    “Ah!” rispose Giles.
    Buffy praticamente si sciolse sulla sedia per il sollievo, vedendo la madre e Spike che rientravano in soggiorno.
    Signore Grazie! Stavo finendo gli amici di cui poter parlare.
    “Oh, dolce al cioccolato” saltò su Giles, a sua volta chiaramente sollevato. “Se volete ce n’è altro in cucina” spiegò Joyce, sedendosi accanto a Giles.
    Tutti e quattro si immersero nel gelato, tentando di ignorare l’orribile silenzio che si sparse intorno a loro. Alla fine Joyce tentò di porre fine al loro tormento:
    “Buffy…”.
    La ragazza sollevò la testa di scatto per guardare la madre:
    “Sì?”.
    “La festa da Cordelia ... A che ora è?”.
    “Probabilmente intorno alle undici. Cercheremo di andarcene presto dal ballo” rispose Buffy in tono incerto, gettando alla madre uno sguardo supplichevole. “Per favore. Non mettermi in imbarazzo davanti a loro … per favore!” la pregò telepaticamente.
    “È-è un po’ tardi, vero? A che ora pensi di tornare?”. La sig.ra Summers cercava di non far trasparire la propria preoccupazione dal tono della voce.
    “N-non so. Ehm ... le quattro?” propose Buffy, accigliandosi disperata.
    “Le quattro del mattino?!” praticamente strillò la donna, meravigliata.
    “Bè, p-potrei tornare ... ehm ... i-io”.
    Con grande sorpresa di tutti, Spike interruppe il mormorio incoerente di Buffy: “Baderò io a lei. E l’accompagnerò a casa, e prometto che non berrò”.
    Ci fu un momento di silenzio, e i due ragazzi aspettarono la risposta di Joyce:
    “Non so ...”.
    Fu il turno di Giles di intromettersi: “È homecoming e sono all’ultimo anno ...”.
    La sig.ra Summers lo guardò per qualche secondo poi si raddrizzò.
    “Va bene, allora. Ma alle quattro ti voglio nella tua camera, signorina!” la rassicurò Joyce.
    “Oh grazie, grazie!” esclamò Buffy, girando intorno al tavolo per abbracciare la madre prima di tornare a sedersi.
    Osò dare un’occhiata a Spike per mezzo secondo e, rendendosi conto che lui la stava fissando, sentì il suo stomaco fare le capriole. “Grazie” mimò senza parlare, arrossendo furiosamente e seppellendo nuovamente lo sguardo nella tazza davanti a lei.
    “Chi vuole il caffè?” chiese la sig.ra Summers alzandosi.
    Questa volta Buffy fu più veloce di quanto non si aspettasse e, prima che la madre potesse dire qualcosa, era già in piedi con le quattro tazze in mano e si stava dirigendo in cucina.

    “Il sig. Giles è *la cosa*?!” squittì Willow nella cornetta, provocando una smorfia da parte di Buffy che, per un attimo, si allontanò il telefono dall’orecchio.
    “Per la millesima volta Willow: sì!”.
    “È solo che non riesco a crederci! Il sig. Giles e tua madre che fanno …”.
    “Willow, se ti auguri che io mantenga una qualche stabilità emotiva in futuro, per favore evita di finire quel pensiero” brontolò Buffy.
    “Ah! Scusa!” saltò su Willow. “È semplicemente ...”.
    “Malato? Nauseante? Orrendo? Ehm ...? Apocalittico?” suggerì lei.
    “E dai Buffy. Non è apocalittico. Nauseante e malato si, ma apocalittico no” ribatté Willow.
    “Ah, indovina un po’? Vuole che lo chiami Giles. Voglio dire è il padre di Spike e io dovrei chiamarlo Giles? Va agli incontri PTA*, per amor del cielo”.
    “Mi dispiace, Buffy” simpatizzò Willow.
    “Non quanto dispiace a me”.
    “È un po’ strano eh?”.
    “Un po’? Se mia madre e *Giles* stanno insieme allora io e Spike cosa siamo? Possibili fratellastri! Ecco cosa! Il che significa ... Oh Dio! Ho fatto sesso con il mio potenziale fratellastro! Andrò dritta all’inferno!” sospirò Buffy.
    “Bè ... se la metti così ...” dovette acconsentire Willow.
    “Mi sto innamorando del mio fratellastro ...” si commiserò Buffy, spalancando gli occhi all’improvviso per la rivelazione.
    “Che cosa?!” chiese Willow, altrettanto sconvolta.
    “Niente!” rispose subito Buffy.
    “No ... hai detto ..”.
    “Non ho detto niente!” insisté Buffy, accigliandosi pericolosamente, e rilassandosi subito dopo, rendendosi conto che Willow non era in grado di vedere i suoi sguardi minacciosi.
    “E dai Buffy! Sappiamo entrambe che provi per lui sentimenti del tipo “devastami subito” ...”.
    “Willow!” esclamò Buffy offesa.
    “Che c’è? È vero!”.
    “B-bè, anche se fosse vero ... stiamo parlando del mio potenziale fratellastro. Stiamo parlando di roba da scomunica”.
    “E allora? Tanto non sei mai stata molto religiosa” mormorò Willow, aggiungendo in tono vivace: “Allora, quand’è che tornerete nella fase del sesso selvaggio?”.
    “Willow!!!”.
    “Scusa ...” disse Willow in tono colpevole. “È troppo tempo che sto senza Oz, con le prove del gruppo e tutto il resto. In più ho passato troppo tempo con Xander”.
    “Direi” rispose Buffy, alzando gli occhi al cielo.
    “Mi dispiace ...” si imbronciò Willow.
    Buffy non riuscì ad evitare di sorridere: “Sei perdonata”.
    “Allora, Spike ti accompagnerà al ballo?” riprese Willow con tono ansioso.
    “Sì. Viene a prendermi alle otto”.
    “Ah!”.
    “Willow…” la avvertì Buffy.
    “Non ho detto una parola. Sono entrata in modalità “brava ragazza”, il doppio dal linguaggio sporcaccione se n’è andato” la rassicurò Willow.
    “Lo spero” ridacchiò Buffy.

    Seduta davanti alla cassettiera lei si spazzolò nervosamente i capelli, guardandosi nello specchio. Posò la spazzola sul piano di legno e si passò le mani sulle lunghe ciocche bionde.
    “Su” mormorò fra sé, tirandosi su i capelli e raccogliendoseli in cima alla testa, scoprendo in tal modo il collo. “Giù” continuò, lasciando cadere la massa dorata. “Su … Giù … Su …”.
    “Buffy?”. La voce della madre veniva dal corridoio insieme al suono di passi che si avvicinavano, seguiti da un lieve bussare alla porta.
    “Entra”.
    La porta si aprì lentamente, con un leggero scricchiolio.
    “Ah! Sei meravigliosa” ansimò la sig.ra Summers, guardando la figlia alzarsi e girare su se stessa.
    Il vestito nero senza maniche le fasciava strettamente il petto e la vita, allargandosi leggermente all’altezza dei fianchi. Le spalle abbronzate e le clavicole apparvero fragili ed esposte, quando lei si mosse lentamente per prendere la stola grigia e per avvolgersela intorno al collo sottile.
    “Però devi fare qualcosa con i capelli” commentò la sig.ra Summers, entrando nella stanza e posando le mani sulle ciocche bionde di Buffy. “Dovresti tirarli su”.
    “Tu credi?” chiese lei, guardandosi allo specchio.
    “Decisamente! Mette in mostra il tuo bel collo”.
    Sentendo l’esitazione nella voce della madre, Buffy si accigliò.
    “Oh mamma! Non ti rimetterai a piangere, vero?” la supplicò.
    “Non riesco a farne a meno. Sembri così … cresciuta. La mia piccolina, cresciuta” disse Joyce coprendosi il naso e la bocca con entrambe le mani, mentre guardava la figlia che si sistemava diligentemente i capelli. “Tutti ti guarderanno, per tutta la sera. Spike avrà un attacco di gelosia. Bè … magari non gelosia dal momento che …”.
    “Mamma, devo dirti una cosa”.
    Buffy fu interrotta dal suono del campanello.
    “Oh! Ecco Spike! Vado ad aprire la porta!”.
    La donna uscì dalla stanza e si avviò per le scale prima che Buffy potesse dire qualcosa.

    “Scenderà da un momento all’altro” lo rassicurò Joyce, per la terza volta nella serata.
    Era passata mezz’ora da quando era arrivato, e ancora non c’era alcun segno di Buffy. Sospirando forte prese la tazza di cioccolata tiepida e ne bevve un sorso. Quasi morì soffocato quando, alzando gli occhi, *la* trovò, in piedi, sulla soglia della cucina.
    “Come sto?” chiese lei, arrossendo sotto lo sguardo fisso di lui.
    Dopo essere finalmente riuscito a rimettere sotto controllo il suo attacco di tosse lui si alzò e, a bassa voce, disse:
    “Sei splendida”.
    “Grazie. Anche tu non sei male” ricambiò lei, ammirandolo in smoking. Dio se è appetitoso. Scosse la testa, tentando di scacciare le immagini spinte che le avevano subito riempito la mente. “Cattiva Buffy!” si rimproverò.
    “Oh tesoro, sei meravigliosa”.
    “L’hai già detto, mamma. Oh mamma, per favore non … mamma … E dai, non piangere” la pregò, andando a posare una mano sulla schiena della madre.
    “Non riesco a farne a meno”.
    “Mamma ...”.
    “Mi dispiace. Andate ragazzi, e divertitevi. Io starò bene”.
    “Sicura?” chiese Buffy.
    “Sicura. Divertiti, tesoro”. La sig.ra Summers annuì e passò una mano sulla guancia della figlia, poi rimase a guardarla uscire dalla cucina. Mentre si chiudeva la porta alle spalle, Buffy sentì la madre che gridava: “A casa per le quattro!”.
    “Mi dispiace per questo. Mia madre è ... diciamo sensibile al fatto che, a quanto pare, sto crescendo” disse Buffy imbarazzata, tenendo gli occhi incollati al pavimento mentre si avvicinava all’auto di Spike.
    “Non preoccuparti. Mio padre è più o meno nelle stesse condizioni. Naturalmente, in chiave più virile. Era tutto un “vieni qui, figliolo” seguito dall’inevitabile ed imbarazzante scena dell’abbraccio” spiegò lui, aprendole la portiera dell’auto.
    Quando si fu seduto al posto del guidatore si immobilizzò, rimanendo in silenzio per un po’.
    “Ehm ... So che non dovrei dire niente, dato che non ho la patente e così via ma ... credo che funzionerebbe meglio se tu mettessi la chiave in quella piccola fessura lì” scherzò Buffy, sentendosi però come se nell’abitacolo della piccola auto non vi fosse più aria quando lui si voltò a guardarla, facendo scorrere lo sguardo sul suo corpo.
    “Sei splendida stanotte” disse lui a bassa voce, prima di inserire la chiave dell’accensione e partire in direzione della scuola.

    Quando entrarono nella sala piena di adolescenti, il suono di una chitarra riecheggiava sui muri della vecchia palestra. Mentre si facevano strada tra la folla, e tutti sembravano puntare gli occhi sui due biondi, Buffy inconsciamente strinse più forte il braccio di Spike.
    “Te lo saresti dovuto aspettare. Nessuno riuscirà a distogliere lo sguardo da te neanche per un secondo, stanotte” le bisbigliò all’orecchio Spike, trasformando le sue ginocchia in gelatina.
    Per fortuna Willow, estremamente vivace ed energica, venne in suo soccorso.
    “Buffy! Stai benissimo” gridò, per superare la forte musica di sottofondo.
    “Anche tu stai benissimo” replicò Buffy. Vedendo la familiare testa rossa a fianco della sua migliore amica, aggiunse: “Oz!”.
    Il ragazzo salutò la coppia appena arrivata: “Hey!”.
    “Quando andate in scena, ragazzi?” chiese Spike.
    “Fra quindici minuti circa. Stavo appunto aspettando che voi arrivaste. Non volevo lasciare Willow da sola” spiegò, attirando la propria compagna a sé per un breve bacio sulle labbra, prima di voltarsi per andarsene: “Ci vediamo”.
    “Buona fortuna!” gli gridò dietro Buffy; il chitarrista annuì e sparì nella folla.
    “Dio! Sono cosìììì eccitata! È anche peggio che al Bronze! Ah!!!” gridò Willow, applaudendo istericamente.
    “Vado a prendere qualcosa da bere. Voi volete qualcosa, ragazze?” chiese Spike.
    “Punch” risposero le due all’unisono, e l’ossigenato si voltò per accontentare la loro richiesta.
    “E la futura reginetta di homecoming, dov’è?” chiese Buffy.
    “Conosci Cordy, starà probabilmente aspettando l’ultimo momento per fare la sua entrata grandiosa”.
    “Già, ci scommetterei”.
    “Ah! Parli della diavolessa!” saltò su Willow, indicando la bruna vestita di rosso che era appena entrata nella stanza, facendo voltare tutti a fissarla.
    “Adora tutto questo!” sorrise Buffy, contemplando la scena.
    “Xander invece non sembra troppo a suo agio” scherzò Willow.
    “Ecco a voi” disse la voce di Spike alle loro spalle, mentre porgeva loro le bibite.
    “Grazie” mimò Buffy con la bocca, mentre la musica saliva di intensità.
    Vedendo la coppia avvicinarsi Spike sospirò di sollievo: “C’è l’idiota. Grazie a Dio! Un po’ di compagnia al testosterone”.
    Riportò lo sguardo sulla ragazza al suo fianco, e la vide imbronciata. Chinandosi le bisbigliò all’orecchio:
    “Non è niente in confronto a te, amore” la rassicurò.
    Era quello che ci voleva! Sentendo l’alito caldo di lui sul collo, stare in piedi ben diritta divenne un problema.
    “Hey ragazzi!” salutò Cordelia, senza molto entusiasmo.
    Loro ricambiarono il saluto: “Hey!”.
    “Odio tutto questo” brontolò Xander, tirandosi il colletto.
    “Anch’io” disse Spike, unendosi a lui nel danneggiamento dello smoking.
    “Ah, è solo per un paio d’ore. Saremo fuori di qui non appena avrò avuto quella dannata corona” esalò aspra Cordelia, esaminando la folla con gli occhi. “Non posso credere che dovrò ballare con quel testa d’animale del football”.
    “Hey! È la tradizione. Il re e la regina di homecoming devono ballare almeno una volta” ribadì l’ovvio Willow.
    Cordelia ringhiò qualcosa di incomprensibile, prima che dalle casse rimbombasse la voce stridula di Jonathan.
    “1, 2, 3 prova ...”.
    Tutti gli occhi si puntarono su di lui.
    “Ehm ... Ciao!”.
    “Povero ragazzo, finirà per disidratarsi se continua a sudare in quel modo” notò Xander, mentre dalle casse venne un suono acuto che provocò smorfie da parte di tutti.
    Sentirono Jonathan rimproverare Andrew che, nervosamente, lavorava alla consolle: “Il ritorno! Attento al ritorno!”. Alla fine lo stridio cessò, e il ragazzo riuscì a balbettare:
    “Ehm ... B-benvenuti al ballo di homecoming, tutti quanti!”.
    Prima che potesse continuare si sentì un misto di “alè” e “bù”.
    “Ora, date per favore il benvenuto alla splendida band ... “Dingoes ate my baby”.
    Si sentirono i primi accordi e, un allegro cicaleccio rimbombò per la stanza. Ben presto il palcoscenico si illuminò completamente, mostrando tutti i membri del gruppo, compreso Oz.
    “È così figo! Ho un ragazzo figo! Ahhh!” gridò Willow.
    “Oh no, sta ricominciando” brontolò Cordelia a denti stretti, prima che Xander le mettesse le braccia intorno alla vita e la trascinasse sulla pista da ballo.
    “Vuoi ballare, passerotto?” chiese Spike.
    Quando lei scosse la testa, lui si accigliò ma poi comprese, quando lei indicò la rossa che saltava solitaria al loro fianco. Spike annuì, abbracciandola e attirandola a sé mentre ascoltavano la musica.

    Passarono tre o quattro canzoni prima che Cordy e Xander raggiungessero il trio che sedeva intorno ad un tavolo. Bè, Willow non era esattamente seduta, dal momento che si contorceva continuamente sulla sedia, alzandosi e battendo le mani di tanto in tanto.
    “Dio! Sono sfatto. E io che credevo di odiare lo smoking ... Era niente in confronto a quello che provo adesso per queste stupide scarpe. Ahia!” brontolò Xander, sedendosi accanto a Spike, dato che Buffy aveva abbandonato la propria sedia preferendovi il grembo dell’inglese.
    “Che cosa stai facendo?” chiese offesa Cordelia, guardando il proprio ragazzo chinarsi e infilarsi l’indice nella scarpa.
    “Me le sto togliendo?” suggerì Xander.
    “Eh no che non te le togli!” scosse la testa lei, sgranando gli occhi e inarcando le sopracciglia.
    “E dai!”.
    “No!” insisté lei, incrociando le braccia sul petto.
    “Dannazione” imprecò Xander sottovoce, voltandosi verso la coppia seduta al loro fianco. “Voi ballate, ragazzi?”.
    “Voi tenete compagnia alla rossa?".
    Xander annuì:
    “Adesso non credo che riuscirei a muovermi, neanche se volessi”.
    Sia Spike che Buffy sorrisero, poi l’ossigenato alzò lo sguardo sulla bionda che gli sedeva in grembo e indicò con la testa la pista da ballo. In un lampo lei si alzò e lo condusse in mezzo alla folla.
    “Ah! Che gioia sedersi!” esalò Xander, usando le sedie di Buffy e Spike per sollevare le gambe.
    “Xander!” gridò Cordelia con un’espressione disgustata.
    “Che c’è?!”.

    *Da quello che ho potuto capire navigando in rete PTA sta per Parents Teachers Association = Associazione Genitori Insegnanti.


    Capitolo 27
    Il rimbombo veloce della batteria cessò improvvisamente, per essere sostituito, dopo alcuni istanti di silenzio, da un nuovo ritmo, più dolce. I due biondi si guardarono, a disagio, non sapendo che cosa fare, mentre tutto intorno a loro si creavano varie coppie, per ballare al ritmo lento della musica.
    Quando lui le si avvicinò e le mise le mani sui fianchi, attirandola a sé, lo stomaco di Buffy si contorse un paio di volte. Istintivamente, gli si aggrappò alle spalle e gli accoccolò la testa contro il petto. Si muovevano a tempo con la musica malinconica, trascinando pigramente i piedi sulla pista da ballo. Sentendola ridacchiare contro il suo smoking, Spike si accigliò.
    “Che c’è di divertente, amore?”.
    Lei alzò lo sguardo su di lui, indicando con la testa il tavolo che avevano appena lasciato. Ben presto l’inglese sorrise, alla vista di Cordelia che sbuffava contro Xander, fallendo miseramente nello sforzo di contenere la sua rabbia.
    “Cos’ha che non va, la regina dei ghiacci?”.
    “Immagino abbia notato che Xander sta facendo Michael Jackson”. Buffy ridacchiò contro il petto di Spike, facendogli rovesciare gli occhi nelle orbite per un attimo. Dio, tenerla così vicino gli era mancato, e il suo profumo stava diventando intossicante.
    “Come?” riuscì a chiedere.
    Buffy sorrise e indicò Xander.
    “Nota i calzini, incredibilmente bianchi”.
    “Ah ...”, si rese finalmente conto lui.
    Ballarono in silenzio per un altro po’, finché Buffy non alzò lo sguardo su di lui.
    “Tutto ciò è carino” esalò.
    “Molto”.
    “È … comodo” iniziò lei, aggiungendo con un sospiro: “Peccato che tu sia gay”.
    “Hey!” protestò lui, vedendola ridacchiare.
    “Scherzavo. È solo che mia madre deve essere veramente convinta che tu sia gay, altrimenti non mi avrebbe mai permesso di uscire così tardi e di farmi riaccompagnare a casa da un ragazzo nel bel mezzo della notte” spiegò lei.
    “Già, è probabilmente è lei che sta riempiendo anche la testa di mio padre di quella merda” brontolò lui.
    “Hey!”, fu il turno di Buffy di obiettare, schiaffeggiandolo leggermente sulla spalla.
    Si scrutarono a vicenda per un po’. Non avevano avuto occasione di … parlarne.
    “Allora ... Quando l’hai scoperto?” chiese Buffy.
    “Quando mio padre ha parcheggiato l’auto nel vialetto di casa tua e ha detto: “Ci siamo. È qui” rispose subito lui.
    “Ahia! Comunque sempre meglio che scendere le scale e imbattersi in tuo padre. Avresti potuto dirmelo” si accigliò lei, facendo il broncio.
    “Quando te l’avrei dovuto dire? Nei quindici secondi che mio padre ha impiegato a seguirmi?” si difese lui.
    “Si! Avresti potuto semplicemente dire: “Mio padre è il nuovo ragazzo di tua madre” insisté lei.
    Lui le rivolse un’occhiata seccata, piegando la testa di lato e storcendo la bocca.
    “Che c’è?” esclamò lei. “E va bene! Non potevi farci niente. Ho solo bisogno di qualcuno da incolpare” brontolò.
    “Anch’io, passerotto”.
    “È un po’ strano ... vero?” tentò lei, dopo qualche secondo di silenzio. “Mia madre, tuo padre, insieme. Suona semplicemente SBAGLIATO” disse, sgranando gli occhi per enfatizzare l’ultima parola.
    “È imbarazzante. Durante la cena mi sentivo morire” ammise lui.
    “Anch’io. Dio, tuo padre è stato così strano quando mia madre ci ha lasciati soli. Era tutto: “Come stai? Come sta Willow? Come sta Xander?”. Siete ritornati giusto in tempo. Stava diventando troppo doloroso”.
    “Papà è solo nervoso all’idea di non piacerti. Sembra che tua madre gli piaccia veramente” spiegò Spike.
    “Immagino. Ma è comunque strano” disse lei, posandogli la testa sulla spalla.
    Sentendola immobilizzarsi ed irrigidirsi completamente lui si accigliò. Era sul punto di chiederle il perché del cambiamento improvviso quando, seguendo il suo sguardo, vide Dru e Angel che entravano nella palestra. Senza una parola rafforzò la stretta intorno alla vita di lei e la attirò più vicina, mettendole una mano sulla schiena e tracciando dei piccoli cerchi rilassanti sulla sua pelle nuda, appena sotto il collo. Dopo qualche secondo lei si rilassò e gli strofinò il viso contro lo smoking, aspirando il suo profumo.
    Lui abbassò pigramente la testa, seppellendo il viso nei capelli di lei. Nel sentirlo mormorare qualcosa di incomprensibile contro i suoi capelli, lei sorrise.
    “Cosa hai detto?” chiese, alzando lo sguardo su di lui.
    Quando il suo sguardo incontrò quello di lui, le si mozzò il fiato in gola. Sembrava così …
    Intorno a loro tutti cominciarono a battere le mani e a chiacchierare all’improvviso, strappandola violentemente ai suoi pensieri. Batté furiosamente le palpebre e si guardò intorno, rendendosi conto che il gruppo di Oz aveva terminato la propria esibizione e che tutti stavano applaudendo. Fece vagare lo sguardo per la stanza e, nonostante la mente ancora un po’ annebbiata, riuscì ad individuare una Willow estremamente isterica che saltava su e giù e applaudiva incessantemente, mentre Oz saltava giù dal palcoscenico.
    Ben presto vi salì Jonathan che, ancora sudato e nervoso, raccolse uno dei microfoni e vi tamburellò leggermente.
    “E-e adesso, il momento che tutti state aspettando: l’incoronazione del re e della regina di homecoming”.
    Per qualche secondo la palestra si riempì di un chiacchiericcio rombante, poi il ragazzo continuò:
    “Per favore date il benvenuto al nostro preside … il preside Snyder!”.
    Tutti ammutolirono mentre l’uomo, basso e calvo, saliva sul palcoscenico. All’improvviso un solitario “bu” riecheggiò fra le pareti. Il preside Snyder strappò subito il microfono dalle mani di Jonathan e scattò:
    “Dammelo!”. Voltandosi verso la folla, ringhiò: “Chi è stato?”.
    Nessuna risposta.
    L’ometto sbuffò un paio di volte, poi decise di ignorare l’insulto e rivolse la propria attenzione ad una delle due buste che teneva tra le mani.
    “Va bene, facciamola finita con questo patetico spettacolo” brontolò, strappando una delle buste. “E la regina di homecoming è … Sorpresa sorpresa …” mormorò con finto entusiasmo: “La sig.na Cordelia Chase”.
    Tutti applaudirono mentre la capo – cheerleader saliva sul palcoscenico, sollevandosi la lunga gonna per salire sugli scalini stretti.
    “Grazie” disse lei con un sorriso di plastica, accettando la corona d’oro ed il fragile mazzo di fiori. “Vorrei …”.
    “Va bene, va bene! Niente discorsi” la interruppe Snyder, facendo sì che Cordelia gli rivolgesse un’occhiata violenta. “E il re di homecoming è …”. Strappò la carta ed estrasse il cartoncino. Gli cadde praticamente la mascella al suolo mentre, a voce alta, leggeva: “William Giles?”.
    In tutta la palestra calò un silenzio perfetto. Gli sguardi di tutti vagavano da un Angel decisamente incavolato ad uno Spike incredibilmente sorpreso.
    “Eh? Cosa?” riuscì a chiedere lui, guardando una Buffy altrettanto sorpresa.
    Dopo la sorpresa iniziale il preside tornò al suo solito umore spiacevole e brontolò:
    “Sig. Giles, non ci faccia aspettare”.
    Con gli occhi ancora sgranati il ragazzo raggiunse il palcoscenico, accettando di malavoglia la corona, dorata e terribilmente elaborata, in testa.
    “Ok. È fatta. Me ne vado da questa specie di scuola superiore infestata di adolescenti” ringhiò Snyder, scendendo dal palcoscenico.
    Jonathan afferrò nervosamente il microfono più vicino:
    “E ora, come da tradizione, il re e la reggina di homecoming balleranno insieme”.
    Ancora un tantino incerti sia Cordy che Spike rimasero sul palcoscenico, a guardarsi l’un l’altra.
    “Ehm ... Ragazzi!” sibilò loro Jonathan. “Muovetevi”.
    “Oh ...”. Spike scosse la testa e prese Cordelia per mano, conducendola sulla pista da ballo. In sottofondo cominciò a suonare una musica lenta e scipita e l’ossigenato mise le braccia intorno a Cordelia attirandola a sé.
    A quella vista Buffy sentì lo stomaco che si contorceva, e la strana sensazione la portò, istintivamente, a fare una smorfia.
    “Hey!”.
    Sentendo una voce si raddrizzò.
    “Hey Wills” salutò goffamente, riportando lo sguardo sulla coppia solitaria sulla pista da ballo.
    “Stai bene?” chiese la rossa.
    “Bene” rispose lei, senza guardarla.
    “Stessa risposta di Xander”.
    “Sto bene, Willow” la rassicurò Buffy, voltandosi finalmente a guardare la sua migliore amica. “È solo un ballo. Ed è solo Cordelia”.
    In silenzio, le due osservarono la coppia “reale”, che scivolava sulla pista da ballo.
    Buffy tamburellava nervosamente con una scarpa. Non si era mai resa conto che quella canzone fosse così lunga.
    Sentì Willow che le diceva: “Rilassati, Buffy”.
    “Sono rilassata. Non potrei essere più rilassata. Sono la rilassatezza personificata!”.
    A questa risposta Willow sollevò un sopracciglio.
    “*Sono* rilassata” ripeté lei, aggiungendo dopo una piccola pausa: “E lo sarò anche di più quando Spike le avrà levato le mani * di dosso*”.
    Lentamente la canzone sfumò nel silenzio e la coppia danzante si separò rapidamente.
    “È stato carino ballare con te” disse imbarazzato Spike, indietreggiando.
    “Si” annuì Cordelia altrettanto imbarazzata, dirigendosi verso Xander.
    “Hey. È stato strano, eh?” disse nervoso Spike, avvicinandosi a Buffy e levandosi rapidamente la corona metallica.
    La biondina si limitò ad annuire e si sedette intorno al tavolo insieme a Willow, Oz, Cordelia e Xander. Mentre la musica saliva di tono, riempiendo la stanza, i sei ragazzi rimasero avvolti in un silenzio snervante.
    “Questa sì che è una sorpresa. Spike, re di homecoming” saltò su Willow, nel tentativo impossibile di alleggerire l’atmosfera.
    “Una vera sorpresa” intervenne Oz, in un tentativo senza speranza di aiutare la sua ragazza.
    “Angel deve essere scocciato, eh?” continuò la rossa, senza alcuna reazione da parte delle due coppie.
    All’improvviso Cordelia parlò:
    “Ho avuto la mia corona. Che ne dite di andare a casa mia, ragazzi?”.
    “Buona idea” squittì immediatametne Willow.

    Viaggiarono in silenzio per i primi cinque minuti.
    Spike cercò di chiacchierare del più e del meno: “Il ballo è stato carino”.
    Buffy si limitò ad annuire, e guardò fuori dal finestrino.
    “Il gruppo di Oz era sorprendente”.
    Un altro cenno del capo, seguito da un sospiro.
    “Qualcosa non va, amore?”.
    “No” rispose Buffy, guardando attraverso il vetro.
    “E allora perché il metodo del silenzio?”.
    “Quale metodo del silenzio? Sono solo stanca” replicò lei. “Ah!”.
    L’auto si fermò di colpo, facendola scattare in avanti, mentre solamente la cintura di sicurezza le evitava di essere sbalzata fuori dal parabrezza; e lei gridò per la sorpresa.
    “Sei pazzo!?” urlò, voltandosi a guardarlo. “Perchè *diavolo* l’hai fatto?”. Si interruppe, in attesa di una risposta. “Cos’hai da sogghignare? Smettila di sogghignare! Non mi piace quando sogghigni!”. Lui piegò la testa e socchiuse gli occhi, con il suo solito ghigno ancora visibile agli angoli della bocca ferita. “Che c’è?!”.
    “Sei gelosa” affermò lui, in tono piatto.
    “Cosa?!” gridò lei.
    “Eri geloso di me e della reginetta dei pom pom” chiarì lui.
    “Egocentrismo eh?” chiese lei, sollevando i sopraccigli.
    “No. Sto solo precisando l’ovvio, passerotto”.
    “Ha!”.
    “E dai. Ammettilo: Tu. Eri. Gelosa”.
    “Non. In questa. Vita” replicò lei, nello stesso modo.
    Vedendola arrossire furiosamente il sorriso di lui si allargò: “Eri gelosa”.
    “No che non lo ero”.
    “Sì che lo eri”.
    “No che non lo ero”.
    “Si che lo eri”.
    “No che ... Oh, vuoi stare zitto e metterti a guidare?” brontolò lei, incrociando le braccia sul petto e voltandosi verso la strada.
    “Finché non avrai ammesso che eri gelosa, no” affermò lui.
    Girò la chiave dell’accensione e il mormorio costante del motore si interruppe; poi tirò il freno a mano.
    “Siamo in mezzo alla strada, Spike!” notò lei, guardando avanti e indietro.
    “Finché non l’avrai ammesso, no” ripeté lui, rilassandosi sul sedile.
    “Spike! Smettila di giocare, ci verrà addosso qualcuno”. Nella voce di lei si era insinuato un pizzico di paura.
    “Ammettilo”.
    “No!” urlò lei, voltandosi nuovamente e vedendo un’auto che si avvicinava loro pericolosamente. “Spike! Attento!”.
    All’ultimo momento però l’automobilista scorse l’auto parcheggiata nel bel mezzo della strada e riuscì ad evitarla, superandoli.
    “Ci farai uccidere!” gridò lei. “Non è divertente”.
    “Ammettilo”.
    “La vuoi smettere di ripeterlo?!”.
    Lui la accontentò e, mentre un’altra auto li superava di corsa, non disse niente e si limitò a fissarla.
    “Spike per favore, levati” lo supplicò. Lui scosse la testa. “Va bene. Lo farò io”.
    Senza preavviso si spostò di lato, facendo scivolare la gamba sinistra fra quelle di lui e mettendo le mani sul volante. Mentre gli si dimenava in grembo sentiva le farfalle nello stomaco; poi lo sentì gemere. Cercando di ignorarlo girò la chiave dell’accensione; il motore ruggì ma rifiutò di muoversi.
    “Bene ... Ora, quale pedale fa muovere l’auto ...” si chiese.
    Tentò con uno, senza alcun risultato. Sospirando ne scelse un altro e lo premette; all’improvviso l’auto ruggì più forte, facendola saltare in grembo a Spike; l’inglese non poté fare a meno di gemere mentre lei gli premeva il fondoschiena contro il bacino.
    “Ohdioohdioohdio!” pensò lei, cercando di riprendere il controllo del proprio respiro. Premette di nuovo il pedale e, ancora una volta, il motore ululò ma il veicolo rifiutò di partire. Guardò a destra e a sinistra, in alto ed in basso, cercando di ricordare cosa aveva fatto Spike l’ultima volta che aveva messo in moto. Quando lo sguardo le cadde sulla leva alla sua destra gli occhi le si illuminarono.
    Nel frattempo Spike stava rovesciando gli occhi all’indietro, stringendo i denti e chiudendo e aprendo i pugni, per evitare di afferrare il corpicino caldo che gli si dimenava in grembo. “Mm … Odora di buono! No! Concentrati, concentrati, Spike! Non puoi lasciarla vincere!” pensò, guardandola.
    Elettrizzata, lei afferrò il freno a mano e cercò di abbassarlo. Quando quello rifiutò di muoversi, si accigliò. Notando il bottone sulla leva lo premette, e provò di nuovo. Questa volta funzionò e, non appena ebbe abbassato il freno, l’auto cominciò a muoversi. Sorrise rendendosi conto che, anche se non stava premendo alcun pedale, l’auto stava scivolando lungo la strada.
    Con un sorriso sciocco, e il cuore che le batteva a mille, afferrò il volante e lo girò completamente verso destra, puntando l’auto dritta sul marciapiede.
    Quando l’auto salì sul marciapiede gridò isterica: “Ah!”; girò il volante a sinistra, rendendosi conto di essere sul punto di andar a sbattere su un bidone della spazzatura.
    Riuscì ad evitare l’oggetto, e l'auto continuò a muoversi lungo il marciapiede, con due ruote sull’asfalto e due sul cemento. “Ora … per farla fermare …”.
    Senza pensarci due volte tirò il freno a mano, e l’auto si fermò di colpo. Il motore continuava a ronzare leggermente, perciò girò la chiave dell’accensione e quello si zittì.
    “Ah!!!!!” gridò. “Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta! Ah!! Ho guidato un’auto!” gridò isterica, battendo le mani e dimenandosi in grembo a Spike. “Hai visto? Ho guidato un’auto” continuò ad urlare, senza rendersi minimamente conto dei gemiti soffocati dietro di lei.
    Mentre lei gli strofinava il fondoschiena contro l’inguine, Spike mantenne una pressa ferrea sul sedile. Strinse le labbra, nel tentativo di ricacciare indietro i grugniti che gli si stavano formando in gola, ma non gli fu possibile. Dio! Il modo in cui si muoveva, chi avrebbe potuto resistere?
    “Hai visto? Ho ...”, sentendosi afferrare saldamente per le cosce all’improvviso, lei si interruppe a metà della frase.
    Lui se la premette addosso, attirandola a sé con le mani e spingendo i fianchi in avanti, e lei trattenne il respiro. Sentendo qualcosa di duro che le premeva addosso Buffy spalancò gli occhi. Dopo la sorpresa iniziale si rilassò, e cominciò a fare piccoli movimenti circolari con i fianchi.
    Lo sentì ansimare nel suo orecchio: “ ... Buffy …”.
    Le passò lentamente le labbra sulla nuca, facendo scorrere i denti contro la carne tenera. Buffy dondolò la testa all’indietro e strinse il volante, continuando a muovere i fianchi.
    “Ah…”.
    I gemiti di lui nell’orecchio le fecero venire i brividi lungo la schiena; poi lui, alla cieca, spostò una mano lungo il fianco di lei, fino ad afferrarle il seno. Ora era Buffy a gemere, mentre lui la accarezzava rudemente attraverso il tessuto nero del vestito.
    Lei tolse una mano dal volante e gliela mise sul collo, attirandogli il viso più vicino al proprio. Le labbra di lui le sfiorarono la mascella e la guancia prima di trovarle, finalmente, la bocca.
    Buffy gemette, schiudendo le labbra e permettendogli di entrare.
    Le loro lingue si muovevano frenetiche, nel tentativo disperato di approfondire il bacio, come se volessero divorarsi a vicenda.
    Spike gemette, mentre lei gli si dimenava in grembo nel tentativo di mettersi comoda, dato che aveva il busto girato all’indietro rispetto al resto del corpo. Si sforzava di spostarsi nel piccolo spazio, ma il vestito stretto che indossava serviva solo a impedirne ulteriormente i movimenti.
    Resosene conto Spike spostò le mani verso il basso e, senza smettere di baciarla, le sollevò il vestito, arrotolandoglielo all’altezza della vita. Aproffittando della nuova libertà di movimento lei si voltò e dopo pochi secondi, era faccia a faccia con lui, con le gambe ai lati di quelle di lui. Uno dei suoi tacchi affondò nello stinco di Spike ma, mentre lei spingeva i fianchi contro i suoi facendo ondeggiare i seni per il movimento brusco, lui non se ne accorse.
    I loro sguardi si incontrarono, ed entrambi si immobilizzarono per un attimo. Lei era arrossita, e alcune ciocche di capelli le erano sfuggite dalla crocchia alla base della testa e ora le ricadevano intorno al viso, incorniciandoglielo.
    Lui non poté evitare di esalare: “Dio Buffy ... sei bella!”, prima di catturarle la bocca con la propria.
    Il bacio era affrettato e famelico. Lui le mise una mano alla base del collo, attirandola più vicina, nel tentativo disperato di rendere il bacio più profondo, mentre lei premeva ancora una volta i fianchi contro i suoi. Lui spostò le labbra sulla sua mascella, sul collo e, alla fine, sul bordo del vestito. Buffy inarcò la schiena e spostò la testa di lato, lasciandogli pieno accesso al proprio petto; lui le tirò il vestito con dita tremanti, scoprendole un seno perfetto.
    Si fermò un momento, guardandola per chiederle il permesso, ma lei teneva gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta e sembrava completamente andata. Le sfiorò il capezzolo indurito con le labbra, facendola ansimare, poi tirò fuori la lingua ad avvolgerlo.
    “U-au!”.
    Un’auto piena di adolescenti passò al loro fianco, richiamando la loro attenzione. Buffy arrossì furiosamente e si diede da fare per rivestirsi rapidamente, levandosi contemporaneamente dal grembo di Spike e ricadendo sul suo sedile.
    “Oh Dio! Sono della nostra scuola!” strillò, sistemandosi il vestito. “Ohdioohdio!”.
    “Shh ... Calmati, amore”.
    “Calmarmi?! Un’auto piena di adolescenti che ragionano con gli ormoni mi ha appena visto il … il …” disse lei, indicando goffamente il suo seno, ora coperto.
    “Calmati. Non hanno visto niente. A meno che non abbiano la vista a raggi X, che avrebbe permesso loro di vedere attraverso la mia testa” spiegò Spike, ammiccando allusivo.
    “Maiale ...” mormorò lei, sforzandosi di non sorridere.
    Per un attimo rimasero a guardarsi in silenzio. All’improvviso Spike distolse lo sguardo da lei e guardò il volante:
    “Ehm ... faremo meglio ad andare” disse, girando la chiave dell’accensione.
    “Cosa? Stiamo andando? E il ... sesso?” si chiese lei, accigliandosi. Che cosa diavolo aveva lui che non andava? Perché faceva così? A causa dei loro genitori? Lo ripugnava ora che ... Bè, sicuro come *l’inferno* non lo ripugnava un momento fa. In più è la seconda volta che lo fa.
    Buffy incrociò le braccia sul petto e rimase imbronciata per tutto il tragitto.
    “Respira, respira” si ordinò mentalmente Spike. “Non puoi lasciarla vincere. Se ne ha voglia dovrà essere lei a fare una mossa. Speriamo solo che la faccia in fretta o perderò la testa”.


    CAPITOLO 28
    “Eccovi qua, ragazzi. Pensavo che vi foste persi, o qualcosa di simile” gridò Xander, andando incontro alla coppia di biondi che aveva appena varcato la soglia.
    “Siamo rimasti bloccati nel traffico ... più o meno” inventò Spike sul momento.
    “Alle 11 di sera? Traffico?” chiese Xander, sollevando un sopracciglio. “Va bene, bambini, divertitevi e non fate troppi danni, oppure Cordelia vi prenderà a calci nel culo. Io ho finito”.
    E si allontanò con un sorriso sciocco, per venire ben presto inghiottito dalla folla di adolescenti saltellanti.
    Buffy si limitò ad accasciarsi dietro Spike. All’idea di incontrare il gruppetto di ubriachi che, appena dieci minuti prima, li aveva sorpresi in un posizione estremamente compromettente le si rivoltava lo stomaco.
    “Oh Dio! Sono qui!” squittì, scorgendo il ragazzo basso e dai capelli castani che aveva urlato. “Sto per morire. Uccidimi adesso e basta” mormorò.
    “Calmati amore. Forse non ci hanno riconosciuto” suggerì Spike.
    Nel momento stesso in cui si immersero nella festa tutte le teste si voltarono ad osservarli. La marea di bisbigli incomprensibili che seguì era appena coperta dalla musica ad alto volume.
    “Oh certo ... non ci hanno affatto riconosciuto” scattò Buffy, sarcastica.
    “Mi dispiace, passerotto” si scusò l’inglese.
    Lei socchiuse gli occhi: “Sarà meglio”.
    “Bè, è stata tua la brillante idea di sedermi in grembo”.
    “E allora?”.
    “E allora?” ripetè lui. “Sono un ragazzo! Non ci si agita in grembo ad un ragazzo; specialmente non in grembo ad un ragazzo di 18 anni che ragiona con gli ormoni!”.
    Buffy si limitò ad alzare gli occhi al cielo, e si appoggiò ad una parete, sperando che i pettegolezzi cessassero. Sfortunatamente, dopo dieci minuti erano ancora avvolti dal ronzio delle chiacchiere.
    “Dio! Dov’è Willow quando ho bisogno di lei?” mormorò imbronciata.
    “Se sono venuti con il furgoncino di Oz, probabilmente ci metteranno un po’” esalò Spike, esaminando la folla e gettando occhiate omicide a vari pettegoli, ma senza nessun risultato. Ce ne erano troppi, semplicemente. Si voltò verso Buffy: “Vuoi zittirli?”.
    “Sì, grazie” supplicò Buffy. “Qual è la tua ...”.
    Non riuscì a terminare la frase e, all’improvviso, se lo trovò addosso, con la bocca incollata alla sua in un bacio bruciante ed esigente, mentre, con il corpo, la inchiodava alla parete a cui si era appoggiata. Le spinse la lingua fra le labbra, esplorandole avidamente la bocca, mentre con le mani le afferrava le cosce, per poi salire ai lati del torace. Buffy sgranò gli occhi per la sorpresa ma, ben presto, si rilassò fra le sue braccia e, mentre le sue palpebre si abbassavano pesanti, lo ricambiò con pari fervore.
    Con la mente in fermento lo afferrò per i baveri della giacca, tentando disperatamente di portarlo più vicino, ma lui si tirò indietro e, voltandosi a fronteggiare la massa di ragazzi che li fissavano stupefatti, gridò:
    “Piaciuto lo spettacolo?”.
    Tutti arrossirono, dimenandosi imbarazzati e facendo scivolare lo sguardo sulle pareti, nel patetico tentativo di apparire dimentichi dei due biondi. Voltandosi verso Buffy, che ansimava, sogghignò:
    “Ha funzionato”.
    Lei tentò di rispondere ma, ancora leggermente stordita dall’intensità del bacio, decise di annuire e basta.
    “Vuoi qualcosa da bere, amore?” chiese lui, deglutendo a fatica, nel tentativo di nascondere il battito galoppante del suo cuore e la sua mancanza di fiato.
    Per tutta risposta la ragazza annuì nuovamente, con gli occhi spalancati.
    “Torno subito” disse lui, prima di voltarsi e dirigersi al bar che era dall’altro lato della stanza.
    Buffy rimase lì, ancora appoggiata alla parete e, quando sentì qualcuno toccarle la spalla, fece praticamente un salto.
    “Buffy!”.
    Sentì la voce vivace di Willow.
    Respirando a fondo si voltò verso Willow e Oz: “Ah, siete voi, ragazzi”.
    “Buffy, stasi bene? Sei un po’ tesa” si preoccupò la rossa.
    “Sto bene, Will” le assicurò Buffy, guardando Spike che tornava con in mano due bottiglie di soda.
    “Hey” salutò lui.
    Oz fece un cenno col capo e strinse le labbra.
    “Dove sono Cordelia e Xander?” chiese Willow.
    “Probabilmente di sopra, a fare cosacce” suggerì Buffy.
    Spike confermò i suoi sospetti: “Già, l’idiota aveva stampata in faccia una ridicola espressione del tipo “Stanotte-mi-tocca”.
    Willow fece una smorfia: “Bene, non era proprio il tipo di immagine di cui avevo bisogno”.
    “Pure io” fu d’accordo Buffy.

    La canzone finì e le coppie iniziarono a separarsi ma, mentre partiva un ritmo più veloce e vitale, la coppia di biondi rimase abbracciata. Si muovevano lentamente, mentre la folla intorno a loro saltava su e giù, in una danza strana, quasi tribale.
    “Non credo che ‘It Smells like Teen Spirit’ si balli in questo modo” disse alla fine Buffy con un ghigno, sollevando lo sguardo su di lui.
    “Chi lo dice?” chiese Spike, inarcando il sopracciglio sfregiato.
    “In questa stanza, tutti” replicò subito lei.
    “Uff. Cosa ne sanno loro?”.
    Rimasero legati in un intimo abbraccio, ondeggiando ad un ritmo tutto loro, dimentichi del mondo che li circondava.
    Dopo quella che sembrava un’eternità si separarono e si mossero per raggiungere Willow e Oz sul divano.
    “Voi non ballate, ragazzi?” chiese Buffy, con un sorriso che le arrivava da un orecchio all’altro.
    “Non sono dell’umore per balli spaccatesta” disse Willow, arricciando il naso.
    “Puoi sempre ignorare la musica e fare un ballo lento” ribatté la bionda.
    “Non ho molta fantasia stasera. E in più …” si indicò i piedi nudi: “Fanno male”.
    “Oh! Te l’ho detto, dovresti portare più spesso le scarpe con il tacco”.
    “Non posso” disse semplicemente Willow.
    “Perché no?” si accigliò Buffy.
    “Problemi d’altezza” bisbigliò Willow, accertandosi con la coda dell’occhio che Oz fosse completamente preso dalla conversazione con Spike.
    “Ah ...”. Buffy capì e annuì.
    “Allora, perché prima eri così tesa?”.
    “Le voci non ti sono ancora arrivate?”.
    “No, niente voci. Sai com’è, sono sempre fuori dal giro dei pettegolezzi. Non ho giri” si accigliò dolorosamente Willow.
    “Bè, adesso non sarai più senza giri” le assicurò Buffy, facendola sorridere. “Venendo qui io e Spike abbiamo avuto una specie di litigio”.
    “Di nuovo?”.
    “Non preoccuparti, l’abbiamo superato. Comunque, abbiamo litigato e una cosa ha portato ad un’altra e, per farla breve, abbiamo finito per darci parecchio da fare”.
    “Ah!” se ne uscì Willow, con un ghigno.
    “Si, è quello che hanno detto anche i ragazzi che ci sono passati vicino. Bè, più o meno. Era più una cosa del tipo “UAU”.
    “Ahia” fremette Willow.
    “La cosa peggiora. Salta fuori che quelli sono della nostra scuola e, mentre noi parliamo, sono qui. Da qui le voci e le costanti occhiatine a me ed a Spike”.
    Willow sorrise e Buffy andò avanti, raccontandole della strategia dell’inglese per sconfiggere le occhiate malevole.
    “Cosa avete da ridacchiare voi due?” gridò Spike, avvicinandosi a Buffy e abbracciandola possessivamente.
    “Niente” mentì Buffy. “Cose da ragazze”.
    Spike socchiuse gli occhi e piegò la testa di lato, chiaramente incredulo.
    “Che c’è?”. Buffy gli rivolse un’occhiata innocente, chinandosi per un bacetto prima di alzarsi.
    “Dove stai andando?” chiese lui, tenendole la mano.
    “Al bagno delle ragazze” rispose lei, spostandosi.
    “Vuoi che ti accompagni?” chiese lui, esaminando la folla. C’erano già troppi ragazzi incavolati alla festa, non aveva intenzione di mettersi nei guai.
    “Credo di farcela ad andare al bagno da sola. Ci riesco da quando avevo due anni. Sono abbastanza sicura di avere la situazione sotto controllo” scherzò Buffy.
    “Stai attenta” disse lui, lasciandole andare la mano e guardandola allontanarsi nella folla.
    “Starà bene” disse Oz, che conosceva bene i timori che passavano per la testa dell’inglese, dal momento che si sentiva allo stesso modo all’idea di Willow che vagava per la festa da sola. Soprattutto al piano di sopra.

    Buffy si arrampicò su per le scale, tentando di evitare le varie coppie seminude di cui sembrava coperta ogni superficie disponibile. Aveva provato con i due bagni al piano di sotto ma ne aveva trovato uno occupato e l’altro … bè, non era nelle condizioni più igieniche. Raggiunse il corridoio, dove l’attendeva uno spettacolo anche più degradante.
    “Trovatevi una stanza” bisbigliò accigliata, mentre tentava di ricordare le indicazioni che le aveva dato la ragazza ubriaca.
    “Cosa ha detto? La seconda porta a sinistra o a destra? O la terza? Dannata musica ad alto volume” brontolò mentalmente, facendo un primo tentativo. Non ebbe bisogno di avvicinarsi troppo alla porta per sentire una serie di “Oh mio Dio” provenire dall’interno. Va bene, allora scartiamo la prima possibilità. Decise di andare dall’altro lato del corridoio, ma ancora una volta dalla porta filtrarono gemiti e grida assurse. Immagino che questo lasci la terza e la quarta porta. Ora, a destra o a sinistra.
    Sentì qualcuno dire: “Credo che sceglierei la destra”.
    Voltandosi vide Angel appoggiato al muro, con in mano una bottiglia di birra.
    “Stai cercando il bagno, vero?”.
    Buffy si limitò ad annuire, incrociando le braccia sul petto nel debole tentativo di coprirsi. Dannazione! Perché aveva lasciato la sciarpa di sotto? Non le piacevano per niente le occhiate lascive che lui le gettava sul seno.
    “È la terza porta a destra”.
    “Grazie” disse lei, facendo il gesto di girare la maniglia.
    Era chiusa a chiave. “Dannazione!” imprecò mentalmente. Sorrise nervosa e bussò leggermente alla porta.
    “Hey? C’è qualcuno?” chiese, rendendosi conto che Angel la stava ancora fissando.
    “È ...”.
    Chiunque stesse cercando di rispondere non ci riuscì, e si sentì un conato seguito dall’inconfondibile rumore di una persona che vomita.
    “Bleah” fremette Buffy, stringendo le gambe. Aveva davvero bisogno di andarci.
    “C’è un altro bagno vicino alla piscina” suggerì Angel.
    “Ah ...” disse Buffy, che non aveva idea di come raggiungerlo.
    “Se vuoi ti ci posso accompagnare”.
    “Credevo che Cordelia avesse detto che la piscina era terreno vietato. Ha chiuso a chiave tutte le porte” spiegò Buffy.
    “Dimentichi che sono venuto a questa festa negli ultimi tre anni. Conosco questa casa dentro e fuori” ghignò Angel.
    Non le piaceva. E non nel senso “non-mi-piace-lo-splendido-sorriso-di-Spike”; ma nel senso “è-davvero-impressionante-stammi-dannatamente-lontano”. In più lui aveva un’aria da ubriaco. Ma che cosa avrebbe dovuto fare? Trattenersi?
    “Va bene” acconsentì alla fine, seguendolo al piano di sotto.
    Anziché andare a sinistra, nella direzione in cui si svolgeva la festa, andarono a destra, in cucina, dove un paio di ragazzi ubriachi se ne stavano spaparanzati sul pavimento, mentre altri raccontavano storielle seduti sul bancone. Attraversarono la stanza ed entrarono in un piccolo corridoio con una porta su ogni lato, una delle quale conduceva ad uno dei bagni che aveva tentato prima. Alla fine del corridoio c’era una finestra. Angel l’aprì.
    “Devi passarci attraverso” spiegò.
    Buffy aspettò qualche secondo, chiedendosi come avrebbe fatto ad arrampicarsi. Tirandosi il vestito lo sollevò il minimo indispensabile a permetterle di scavalcare con una gamba, poi saltò. Atterrando sull’erba barcollò un po’, ma riuscì a mantenere l’equilibrio. Rimase a guardare Angel che usciva agevolmente dalla finestra.
    “Da questa parte” indicò lui, mentre giravano l’angolo e si trovavano davanti una piscina gigante nel bel mezzo del giardino.
    Buffy non poté evitare di dire: “Uau”.
    “Lo so. Grandiosa, vero? Ho avuto più o meno la stessa reazione la prima volta che l’ho vista” disse Angel infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
    Buffy lo guardò, aspettando che le indicasse il bagno.
    Lui indicò la casetta vicino alla piscina: “Ah scusa! È là”.
    Lei sorrise e si incamminò verso l’edificio bianco: “Grazie”.

    “Dov’è? Perché ci sta mettendo tanto?” chiese Spike per la quarta volta, esaminando nervoso la festa.
    “Probabilmente c’è la fila. Scenderà da un momento all’altro” tentò di calmarlo Willow.
    “Non mi piace. Vado a controllare” mormorò alzandosi e allontanandosi.

    Buffy si passò le mani sullo stomaco, stirando la stoffa nera e guardandosi per l’ultima volta allo specchio prima di aprire la porta ed uscire dal bagno. Si guardò intorno e, non riuscendo a trovare il quarterback, si accigliò.
    “Angel?” chiamò, strabuzzando gli occhi mentre lo cercava nel folto giardino che circondava la piscina.
    “Presa!” esclamò lui afferrandola per la vita e facendola gridare.
    La mise subito giù.
    “Scusa! Non volevo spaventarti” si scusò.
    “S-sto bene” balbettò lei.
    “Allora ... ti stai godendo la festa?” cercò di chiacchierare lui.
    “È carina. Lasciamo che Cordelia organizzi una festa in grado di compensare il ballo fiacco” disse lei, sorridendo dolcemente mentre fissava l’acqua cristallina in cui si specchiava il cielo.
    “Già! È lei che ogni anno da le feste migliori” fu d’accordo lui.
    Rimasero in silenzio per qualche secondo.
    “Bè, faremmo meglio ...”. Lei indicò la casa: “ ... ad andare”.
    “Giusto” disse lui, annuendo e seguendola.

    Mentre tornavano verso la finestra Buffy vacillò sull’erba e, all’improvviso, piegò la caviglia sotto di sé, barcollando. Angel l’afferrò istintivamente, ed il suo braccio forte intorno alla vita fu sufficiente ad evitarle di cadere.
    “Ah … grazie!” ansimò lei, sollevando lo sguardo su di lui.
    Sgranò gli occhi, trovandosi improvvisamente con le labbra di Angel sulle proprie. Inizialmente rimase scioccata, poi gli premette immediatamente le mani sulle spalle, spingendolo via.
    “Che cosa *diavolo* stai facendo?” scattò arrabbiata, pulendosi la bocca con il dorso della mano, senza preoccuparsi di macchiarsi di rossetto.
    “E dai Buffy. Sai che lo vuoi”. Lui le si avvicinò, a braccia tese.
    Lei lo avvertì: “Stai lontano da me!” e lui si fermò di botto.
    “È per lui?”.
    Lei si accigliò.
    “Mr Ossigeno?” spiegò Angel, facendo un cenno con la testa in direzione della casa.
    “Questo ...” iniziò lei, ma fu interrotta dalla risata grottesca del ragazzo.
    “Sei tutta preoccupata di quello che penserà, vero? Cara vecchia Buffy! Non penseresti mai di tradire il tuo ragazzo” la prese in giro lui, con un filo di rabbia dietro il suo tono arrogante. “Bè, indovina un po’? Dovresti controllare se il tuo *ragazzo* è della stessa idea, tesoro, perché non sono affatto sicuro che lui sia d’accordo con te sul fatto che la vostra è una relazione monogama”.
    Quando lui si fermò e respirò a fondo Buffy lo guardò.
    “Sei ubriaco” scattò, sollevandosi l’orlo del vestito e preparandosi ad andarsene. Allora lo sentì gridare:
    “Non te l’ha detto, vero? Perché ci siamo battuti?”.
    Lei si bloccò.
    “Lo immaginavo. Voglio dire, dato il modo in cui eri completamente presa da lui ho immaginato che non l’avesse fatto”.
    Lei si voltò lentamente a fronteggiarlo.
    “Questa sarebbe la scena da film in cui tu ti inventi una qualche enorme bugia per tentare di farmi rompere con Spike? Perché sai, è veramente un cliché” sospirò lei, apparentemente annoiata, anche se il cuore le galoppava nel petto.
    “Tu limitati a dire al tuo ragazzo di stare ben lontano da lei. Adesso è mia!” ringhiò lui.
    “Dru?”.
    “Già, Dru. L’ho beccato che cercava di riprendersela” spiegò lui.
    “Stai mentendo”.
    Lui si raddrizzò. “Perché dovrei mentire? Per cos’altro ci saremmo battuti? Per te?” Ridacchiò. “E dai tesoro. Credi davvero che io ti voglia ancora? Credi davvero che io sia patetico quanto te?” chiese retorico. “No davvero. Tu sei …” prese tempo, passandosi la lingua sul labbro inferiore. “ … usata”.
    Buffy lo schiaffeggiò in pieno viso, ed il rumore riecheggiò nel giardino vuoto.
    La sua reazione fu di sogghignare inquietante e ridacchiare, mentre si toccava la guancia dolorante.
    “Ahia Buffy. Mi ha fatto davvero male” disse sarcastico. All’improvviso il suo sorriso si sgretolò e lui la guardò. “Vai. Chiediglielo. Vediamo che cosa ti dice”.
    E con questo andò alla finestra e scivolò dentro casa.

    “È sparita. Non sono riuscito a trovarla da nessuna parte” disse preoccupato Spike, riscendendo le scale e trovando Willow e Oz ancora sul divano.
    “Sei sicuro? V-voglio dire hai controllato dappertutto?” balbettò Willow.
    “Ho controllato, credimi” brontolò lui, esaminando la folla. Vedendo la biondina che entrava nel soggiorno il suo cuore si calmò immediatamente.
    “Grazie a Dio, Buffy! Dove sei stata? Ti ho cercata dappertutto” sospirò sollevato, prendendola tra le braccia.
    Lei non si mosse, e rimase perfettamente immobile nel suo abbraccio.
    “Stai bene?” si accigliò lui.
    “S-sto bene. Sono solo un po’ stanca” rispose calma lei, ma lui capì che qualcosa non andava.
    “Cosa è successo?”. Spalancò gli occhi all’idea che … “È successo qualcosa? Buffy, stai bene?”.
    “Sto bene” ripeté lei. “Voglio semplicemente andare a casa, per favore”.
    “Ma è soltanto l’una” notò Willow.
    “Voglio andare a casa” replicò Buffy.
    La rossa era sul punto di protestare, poi sentì che Oz le stringeva leggermente l’avambraccio, comunicandole di lasciar perdere.
    “Va bene, ti accompagno a casa” acconsentì Spike, mettendole un braccio intorno alle spalle e conducendola alla porta.

    Viaggiarono in silenzio fino a casa. Nonostante i miseri tentativi di Spike di fare conversazione, Buffy gli aveva risposto o con un cenno del capo o a monosillabi. Lui aspettò che l’auto si fermasse completamente davanti alla casa di lei, prima di tirare il freno a mano. Nel momento stesso in cui il veicolo si fermò Buffy aprì la portiera e si diresse verso casa.
    “Aspetta” gridò lui, correndole dietro senza preoccuparsi di chiudere a chiave l’auto.
    Quando lei non rispose, lui l’afferrò per il braccio e la costrinse a voltarsi ed a guardarlo in faccia.
    “Cosa c’è che non va?” chiese in tono serio.
    “Perché tu ed Angel vi siete battuti?” chiese semplicemente lei.
    “Cosa? E questa da dove salta fuori?” si accigliò lui.
    “È una semplice domanda Spike. Perché vi siete battuti?”.
    Lui rimase zitto per un secondo, lasciandole andare il braccio e sospirando.
    “Buffy … io … non posso dirtelo” riuscì a dire, alla fine.
    Lei strinse le labbra e annuì, poi si voltò e salì i gradini del portico.
    “Buffy?”.
    Lui la seguì e, mentre lei trafficava con le chiavi, si appoggiò al portone.
    “Perché ti stai comportando così?”.
    Lei continuò a cercare di infilare la chiave nella serratura. Lui le afferrò rabbiosamente la mano, allontanandola dalla porta.
    “Buffy, cosa sta succedendo?”.
    “Èstato per me?” chiese lei, con un filo di speranza nello sguardo.
    Lui rimase in silenzio per un attimo.
    “No.”
    “Allora perché vi siete battuti?”. Stavolta lei sollevò la voce, non riuscendo a controllare i sentimenti contrastanti che provava.
    “Non posso dirtelo!” insisté lui.
    “Perché no?” urlò lei.
    “Shh … Sveglierai tua madre” la avvertì Spike.
    Lei respirò a fondo e si voltò verso di lui.
    “Spike … o mi dici perché tu ed Angel vi siete battuti o è tutto finito”.
    “Che cosa?!” esclamò lui, con una punta di disperazione.
    Lei si mantenne fermamente sulle sue posizioni, in attesa della sua risposta. “Mi hai sentito”.
    Lui socchiuse gli occhi, corrugando contemporaneamente le sopracciglia.
    “Perché questa storia? Con chi hai parlato?”.
    Lei ignorò le sue domande.
    “Scegli” pretese.
    “N-non posso dirtelo”.
    Lei deglutì a fatica, girando la chiave nella serratura e spalancando la porta.
    “Addio Spike” fu l’ultima cosa che disse, prima di chiudergli la porta in faccia.

    Buffy corse su per le scale ed entrò come una furia nella sua camera, sbattendosi la porta alle spalle prima di gettarsi sul letto. Dopo qualche secondo sentì bussare leggermente.
    La voce della sig.ra Summers filtrò attraverso il legno: “Buffy …”.
    Buffy si mise rapidamente seduta, ricacciando indietro le lacrime, mentre la porta si apriva leggermente e la testa della madre faceva capolino.
    “Stai bene? Sei tornata presto” notò lei, entrando nella stanza.
    “Sto bene, mamma” rispose la ragazza con un sorriso forzato, socchiudendo gli occhi quando la madre accese la luce.
    “Sei sicura?” insisté Joyce non convinta.
    “Si. Sto bene. Solo che la festa era un po’ fiacca e mi sono stancata”.
    “Va bene, allora buonanotte tesoro” bisbigliò la sig.ra Summers, baciandola sulla fronte prima di lasciare la stanza.


    Capitolo 29
    Buffy abbracciò il cuscino e, finalmente, le lacrime le fluirono dagli occhi, mentre giaceva sul letto con ancora indosso l’abito nero. Quando squillò il telefono allungò un braccio.
    “Pronto?”.
    Non ci fu risposta.
    “Pronto?”.
    Sentì una voce familiare: “Buffy?”.
    Senza pensarci due volte sbatté giù la cornetta e riportò la propria attenzione sulla federa.
    DRIN! DRIN!
    Sospirò e sollevò la cornetta.
    “Buffy abbiamo bisogno di par…”.
    Lui sentì il segnale di occupato prima di poter finire la frase. Brontolando qualcosa di incomprensibile digitò nuovamente il numero che aveva in memoria.
    “Buffy, smettila di chiudere il tel…”.
    Tuu – tuu.
    “Dio! La ucciderò quella ragazza” ringhiò, per poi ricomporre immediatamente il numero. Ricevendo il segnale di occupato si accigliò. Tentò altre tre volte, poi capì che probabilmente lei aveva staccato il telefono.

    “Quindi siamo tornati all’odio viscerale per Spike?” chiese Willow a bassa voce.
    Buffy, che stava giocherellando con il proprio cibo, si limitò ad annuire.
    “Allora sarà meglio che ti prepari ad entrare in modalità odiosa” la avvertì la rossa, vedendo il ragazzo avvicinarsi.
    Quando il ragazzo posò il vassoio sul tavolo, esattamente davanti a lei, Buffy alzò lo sguardo. Quando lui fece il gesto di sedersi lei si alzò e uscì dalla stanza senza dire una parola.
    “Per l’inferno maledetto!” brontolò lui, correndole dietro. “Buffy!” gridò.
    Ma lei continuò a percorrere velocemente il corridoio. Lui le corse dietro e, alla fine, le si affiancò.
    “Buffy, dobbiamo parlare” disse, guardandola fermarsi presso il proprio armadietto ed aprirlo.
    Lei non rispose, limitandosi ad aprire lo zainetto e ad estrarne alcuni libri.
    “Buffy…”.
    “Non c’è niente di cui parlare, Spike” disse lei, senza guardarlo.
    “Cosa vuoi dire?”.
    Lei si voltò a guardarlo con un sorriso finto, che si sgretolò subito.
    “Voglio dire che non c’è niente di cui parlare. È finita”.
    “Cosa? Perché non ti dico il motivo per cui io ed Angel ci siamo battuti?” chiese incredulo lui.
    “No” mentì lei. “Perché … questa cosa … tra noi …”. Dicendolo indicò con l’indice lui e poi se stessa.”Qualunque cosa sia, è semplicemente … sbagliata”.
    “Che cosa?!”.
    “Noi non ci piacciamo veramente. Voglio dire, dai Spike. Sii serio. Ci siamo sempre odiati e ci odieremo sempre” tentò di razionalizzare. Voleva soltanto fargli male. Tanto quanto lui ne aveva fatto a lei.
    “Di che cosa stai parlando, Summers?”.
    Sentendo il suo cognome lei fremette tra sé.
    “Quello che c’è stato erano solo … troppi ormoni da sfogare, immagino”.
    Spike si limitò a fissarla ad occhi sgranati. Stava riducendo quello che c’era stato fra loro ad una cosa di ormoni?
    “A te mancava Dru, a me mancava Angel e una cosa ha portato all’altra e …”. Lei parlava con noncuranza, stringendosi nelle spalle, ma sentì come una stilettata alla vista dell’incredulità sul viso di lui. “Addio, Spike”.
    Fece per allontanarsi, ma lui sembrò riscuotersi all’improvviso dallo shock iniziale e, afferratala per un braccio, la spinse contro gli armadietti, poggiando entrambe le mani ai lati della sua testa.
    “Perché ti stai comportando così?” chiese a bassa voce.
    Lei alzò lo sguardo su di lui: “Non mi sto comportando così, sono solo stanca di giocare a “fingiamo di” con te”.
    “Giocare a “fingiamo di”?”.
    “Sì, Spike. È quello che abbiamo sempre fatto. Fingere. Perché la verità è che …”. Si interruppe, deglutì, e aggiunse: “Io non provo niente per te”. Riuscì a dirlo, poi scivolò sotto il braccio proteso di lui e si allontanò.

    “Allora … come è andata?” chiese Willow, mentre lei e Buffy camminavano fianco a fianco.
    “Gliel’ho detto”.
    “Detto cosa?”.
    “Che non voglio avere niente a che fare con lui. Che quello che c’era fra noi non era reale” spiegò Buffy, dando un calcio ad un sassolino.
    “Sei sicura che è quello che vuoi?”.
    “Che cosa avrei dovuto fare? Urlare e comportarmi da ragazza gelosa? No! Non sarò così patetica. Se non ha ancora superato la storia con Dru è un problema suo, ma non mi utilizzerà per riprendersela” disse in tono risoluto lei.
    “Non ha alcun senso” cominciò Willow. “Quel giorno in mensa lei gli stava addosso. Sai, il giorno della doccia di cibo?”.
    Ricordando la scena Buffy si accigliò.
    “Era abbastanza chiaro che poteva avere Dru, se la voleva. Non c’era più bisogno di fingere che tu e lui foste una coppia. Sarebbe potuto semplicemente tornare da lei” razionalizzò Willow.
    Il vento soffiò più forte e Buffy continuò a camminare in silenzio, stringendosi addosso il cappotto.
    “Non lo so, Willow. E non mi importa niente. Questa cosa è semplicemente troppo … difficile. Non ho voglia di affrontarla adesso. Tutto quello che voglio fare è andare al centro commerciale, fare un po’ di spese in vista del Natale e dimenticare tutto quello che lo riguarda”.
    “Ma forse stai gonfiando sproporzionatamente la cosa” insisté Willow.
    “E allora perché non me l’ha detto, Will? Che cos’altro hanno in comune Angel e Spike a parte me e Dru?”.
    La rossa si strinse nelle spalle. Proprio non aveva una risposta. Fecero in silenzio tutta la strada per arrivare al centro commerciale, finché Willow disse:
    “Credo di preferire la Buffy arrabbiata”.
    La bionda si accigliò.
    “Hai presente il modo in cui ti comporti con lui? Come se non fosse successo niente e tu non fossi arrabbiata … come se non ti importasse”.
    “Non mi importa, Willow. Non più”.

    Entrando nella sua stanza Buffy lasciò cadere le buste sul pavimento, poi si lasciò cadere sul letto. Dio, quanto era stanca!
    “Hey Buffy!” la salutò la madre. “Come è andato lo shopping?”.
    “Mamma? Sei rientrata presto” notò Buffy, sollevandosi sui gomiti.
    “Vengono a cena Giles e Spike” annunciò la madre.
    Buffy deglutì a fatica.
    “Io ho già un impegno” inventò sul momento.
    “Un impegno?”.
    “Già. Con Willow. Usciamo a prendere una pizza”.
    “Bè, non mi avevi detto niente”.
    “Perché l’abbiamo deciso questo pomeriggio”.
    “Farai meglio a rimandare, allora” disse Joyce.
    “Non posso!” se ne uscì subito Buffy.
    “Perché no?”.
    “Perché … ehm … Willow! È un po’ giù. Ha problemi con Oz e ha davvero bisogno di qualcuno con cui parlare. Non posso proprio lasciarla sola” mentì la ragazza.
    “Bene … allora perché non la inviti a cenare con noi?”.
    “Mamma. Ha problemi con i ragazzi. Vuole parlare, cosa che non potrebbe fare con voi intorno” si giustificò subito Buffy.
    La sig.ra Summers stette zitta per un attimo, cercando di pensare ad un’alternativa.
    “Allora va bene” acconsentì alla fine. “Ma non fate tardi” la avvertì, prima di chiudere la porta.
    Buffy prese immediatamente il telefono.
    “Pronto? Willow? Sei libera stasera a cena? Già, è successo qualcosa. Va bene, vengo a casa tua fra mezz’ora”.

    “Non puoi continuare ad evitarlo per sempre” notò Willow, dando un morso enorme alla sua fetta di pizza.
    “Non intendo farlo per sempre. Solo fino alla fine dell’ultimo anno. Ancora sei mesi e mezzo e sarò libera”. Buffy sorrise forzatamente. “E ora potremmo cambiare argomento, per favore?”.
    “Certo”.
    “Dove passerete il Nat…, scusa Hannukah?” si corresse Buffy.
    “A casa, come al solito. E tu?”.
    “Probabilmente a casa con mia madre. Solo noi due”.
    “Almeno sarai libera da Spike per le vacanze di Natale” le ricordò Willow.
    “Fortunatamente!” sospirò lei. “Ancora due settimane di situazioni estremamente imbarazzanti e sarò libera” disse lei, con finta vivacità.
    “Penso ancora che dovresti …”. Willow colse l’occhiata dell’amica e si affrettò ad aggiungere: “Giusto! Cambiare argomento. Scusa!”.

    La porta scricchiolò quando lei la spinse per entrare. L’unica luce proveniva dalla cucina.
    “Hey, mamma” salutò Buffy, lasciando cadere le chiavi sul bancone ed aprendo il frigorifero per esaminarne il contenuto.
    “Hey. Com’è andata la cena?”.
    “Bene” rispose lei, prendendo il succo d’arancia e versandosene un po’.
    “Willow sta bene?” indagò Joyce.
    “Adesso sì”. Buffy rimase in silenzio per un attimo, chiedendosi se chiedere o no alla madre come era andata la serata. “E la tua cena com’è andata?”.
    “È stata molto carina. Ho fatto il brasato”.
    “Alè” esclamò Buffy, senza troppo entusiasmo, bevendo un sorso dal suo bicchiere.
    “Sta attenta, signorina” la avvertì Joyce.
    “Scusa” disse lei con un piccolo sorriso.
    “Però Spike sembrava un po’ giù”.
    Sentendolo nominare lei sentì un dolore al petto, ma la sua risposta non ne mostrava segno:
    “Ah, davvero?”.
    “Già. È stato molto tranquillo e non ha mangiato molto. Ha dei problemi a scuola?” chiese la sig.ra Summers.
    “Che io sappia no”.
    “Bè, ha chiesto di te”.
    Buffy si limitò ad annuire, per mostrare di aver sentito.
    “Non sapeva che Willow e Oz avessero litigato”.
    “Bè, è successo dopo la scuola” mentì subito Buffy.
    “Buffy …” iniziò Joyce in tono più serio. “Sono molto preoccupata per lui. Penso che a scuola stia attraversando davvero un brutto periodo. Voglio dire, avresti dovuto vedere la sua faccia. Non credo di aver mai visto qualcuno tanto depresso. Voi due mi sembrate davvero buoni amici, non è vero?”.
    “Ehm …”. Buffy si chiese che cosa dire. “Bè … più o meno … sì”.
    “Bene, potresti parlargli tu? Suo padre è davvero preoccupato, ma sai come sono gli inglesi per queste cose. Davvero non sa come parlare a Spike. Ha paura di dire la cosa sbagliata”.
    “Io … ehm … non credo di poter …”. Vedendo l’espressione supplichevole della madre Buffy sospirò e mentì: “Vedrò cosa posso fare”.
    “Grazie, tesoro”.

    I giorni passavano, diventando via via più corti e più freddi. Buffy era seduta vicino alle tribune, e guardava un gruppo di ragazzi a lezione di ginnastica mentre aspettava Willow. Erano rimaste d’accordo di incontrarsi là all’ora di pranzo. Come mai ci starà mettendo tanto?
    Il rumore di qualcuno che fischiettava nelle vicinanze quasi le perforò un timpano, facendole fare un salto. Rimase a guardare l’insegnante che radunava i ragazzi e indicava loro gli spogliatoi. Alzò gli occhi al cielo. Forse aveva ragione lui; forse stava per piovere.
    Posò il mento sulle ginocchia, abbracciandosi le gambe e rimase a fissare il campo da gioco, ora vuoto.
    Sentì una voce familiare chiamarla: “Hey”.
    Quando la riconobbe il suo cuore perse un colpo. Senza voltarsi a guardarlo esalò un: “Hey”, mentre lui le si sedeva accanto.
    Rimasero in silenzio a lungo, poi lui parlò di nuovo:
    “Alla fine dovremo parlarci. È inutile che tu cerchi di evitarmi”.
    “Non ti sto evitando” gettò là lei.
    “No? Hai chiesto alla sig.ra Kennedy di cambiare banco; esci dalla mensa ogni volta che io ci entro; non mi permetti di darti un passaggio fino a casa anche se piove tutti i giorni, e dici che non mi stai evitando?”.
    “Che cosa vuoi, Spike?” chiese lei, leggermente seccata.
    “Solo parlare”.
    “Di cosa?”.
    “Di noi”.
    Lei sospirò e, immediatamente, si alzò e si allontanò.
    “Buffy!” la chiamò lui, mentre le prime gocce di pioggia cominciavano a cadere.
    Lei continuò a camminare, e saltò giù dalle tribune senza badargli minimamente.
    “Buffy!”. Questa volta aveva praticamente urlato.
    “Che c’è?” gridò lei di rimando, voltandosi per fronteggiarlo e indietreggiando leggermente quando si accorse che era proprio dietro di lei.
    “Smentila di sfuggirmi”.
    “Non ti sto sfuggendo, Spike. Solo che non voglio starti vicino” ribatté lei, voltandosi per correre all’edificio principale, mentre la pioggia cominciava a scrosciare.
    “E allora cosa farai per Natale? Mi ignorerai e basta?” gridò lui.
    Lei si bloccò di colpo.
    “Di che cosa stai parlando?”.
    “Di Natale” ripeté lui, affiancandola nuovamente.
    “Cosa succede a Natale?”.
    Rendendosi conto che lei non lo sapeva, lui si accigliò. Piegò la testa di lato e, per un po’, la fissò con gli occhi socchiusi, mentre le gocce di pioggia gli rigavano il volto.
    “Spike! Cosa succede a Natale?” insisté lei.
    “Niente” mentì lui. Iniziò a correre verso la scuola, sogghignando malefico.
    “Spike!” lo chiamò lei, correndogli dietro.
    Entrando nell’edificio Buffy si passò le mani sui capelli fradici e vide Spike al suo fianco. Fradicio quanto lei.“Cosa succede a Natale?”.
    “Dovrebbe dirtelo tua madre, davvero” continuò lui, con finta preoccupazione.
    “Spike!” lo rimbrottò lei, schiaffeggiandolo sul braccio.
    “Allora, dato che Natale e tempo di felicità e amore e tutta quella merda …”.
    “Sì!”.
    “I nostri genitori …”.
    “Spike, falla finita e dillo”.
    “Hanno deciso che dovremo passare le vacanze tutti insieme” rispose finalmente lui.
    “Cosa? Noi? *Noi* chi?” si accigliò lei ad occhi sgranati, poi finalmente capì. “Noi noi?!” disse, indicando entrambi.
    “Tu, io, tua madre e mio padre. Un’unica grande e felice famiglia”. Alla vista della rabbia crescente della biondina, Spike ghignò selvaggiamente. “C’è di meglio, passerotto”.
    “Che c’è?” chiese lei, temendo la risposta.
    “Indovina dove passeremo le vacanze”.
    Lei non rispose, e si limitò a fissarlo con aria spaventata.
    “Su al lago, alla capanna di mio padre” rispose lui. “Un’intera settimana. Noi quattro, tutti insieme. Sarà meraviglioso” la sfotté, sarcastico.
    Lei rimase immobile, scioccata, mentre l’ossigenato si allontanava ghignando.

    “MAMMA!” gridò lei, nel momento stesso in cui entrò in casa. “MAMMA!”.
    Non ci fu risposta. Non era ancora a casa. Buffy marciò di sopra, si cambiò rapidamente i vestiti fradici e tornò di sotto a sedersi sul divano. Passarono due ore prima che sentisse un tintinnio di chiavi alla porta. In un lampo saltò giù dal divano e si piazzò in corridoio.
    “Mamma!”.
    “Hey Buffy” riuscì ad esalare Joyce, da sotto un mucchio di buste di carta. “Tesoro, potresti aiutarmi con queste per favore?”. Prima di poter rispondere Buffy si ritrovò a tenere due mucchi di roba in entrambe le mani ed a guardare sua madre che pian piano si dirigeva in cucina.
    “Mamma!” le gridò dietro, entrando di corsa nella stanza e lasciando cadere le buste sul bancone.
    “Grazie, tesoro”.
    “Mamma, quando avevi intenzione di parlarmi dei tuoi progetti per Natale?” chiese Buffy, fumante di rabbia.
    Joyce si fermò, voltandosi a fronteggiare la figlia.
    “Come l’hai saputo?”.
    “Me l’ha detto Spike”.
    “Ah! Volevo farti una sorpresa ieri notte, ma quando sono tornata a casa eri già a letto. Allora, non sei eccitata?” chiese la sig.ra Summers, con un enorme sorriso e gli occhi scintillanti.
    “Eccitata non è la parola giusta. Credo che incavolata al massimo ci si avvicini di più”.
    Joyce si accigliò.
    “Mamma, come hai potuto farlo? Noi passiamo sempre il Natale insieme. Solo noi due”.
    “Sì, e tu ti lamenti sempre del fatto che non andiamo da nessuna parte e di come sia noioso. Credevo che saresti stata eccitata di passare il Natale con Spike. Almeno avrai qualcuno della tua età con cui parlare”.
    “Non voglio passare il Natale con nessun altro. Voglio passare il Natale come lo passiamo sempre. Solo noi due” obiettò Buffy battendo un piede ed alzando la voce.
    “Bè, mi dispiace Buffy. Passeremo le vacanze al lago da Giles, e questo è quanto”.
    Buffy fissò la madre ad occhi sgranati, prima di scattare:
    “Io non vado da nessuna parte”. Salì di sopra come una furia e sbatté la porta della sua camera.
    “Signorina, torna qui immediatamente” ordinò Joyce, ma era già troppo tardi.
    Buffy stava rovistando furiosamente nel suo armadio, prendendo alcuni vestiti e preparandosi a fare una doccia, quando la porta della sua stanza si spalancò:
    “Non allontanarti così, mai più! Mi hai sentito?” la rimproverò Joyce, con l'indice pericolosamente puntato in direzione della figlia.
    Buffy si tenne sulle sue posizioni, con le braccia incrociate sul petto e il mento sollevato.
    “Non guardarmi in quel modo! Verrai, punto e basta” scattò Joyce prima di voltarsi, lasciandosi alle spalle una Buffy fumante di rabbia.

    “Non posso credere che mia madre mi stia obbligando ad andare!” ringhiò Buffy battendo i piedi, mentre infilava un paio di maglie nella valigia.
    “F-forse non sarà tanto male” balbettò Willow, appoggiandosi alla scrivania.
    “Non tanto male!” ripeté la bionda. “Dovrò passare un’intera settimana in una capanna sperduta in mezzo al niente, con *Spike*!”.
    Willow corrugò le sopracciglia in segno di solidarietà, piegando l’angolo sinistro della bocca.
    “Passerò un Natale misero e tutto perché mia madre ha avuto *l’eccellente* idea di passarlo con … loro”. L’ultima parola fu praticamente sputata mentre lei si lasciava cadere sul letto.
    Willow tentò di mostrarle l’aspetto positivo della questione: “Almeno avrai più regali”.
    “Oh grandioso! Regali. Non ho preso niente per loro. Avrei dovuto prendere qualcosa?” si meravigliò lei.
    “Probabilmente ci ha pensato tua madre” suggerì la rossa, che conosceva abbastanza bene la sig.ra Summers.
    “Lo spero, perché non ho tempo di preoccuparmene. Partiamo fra mezz’ora”.
    “Il sig. Giles e Spike vengono a prendervi?”.
    “Già. Mia madre non vuole prendere la jeep” disse Buffy, alzandosi e rimettendosi a preparare i bagagli.
    “Bene, farò meglio ad andare. Oz mi sta aspettando”.
    “Va bene, Willow. Ci vediamo tra una settimana” brontolò Buffy, guardando la sua migliore amica andare alla porta.
    “Mi chiami quando arrivi?”.
    “Non so neanche se c’è un telefono”. Lei si raddrizzò rendendosi conto di una cosa. “Oh Dio! Probabilmente non avranno neanche la televisione. Morirò!” brontolò, infilando i jeans nella valigia.
    Willow le gettò un’altra occhiata compassionevole e fece per rientrare nella stanza, quando Buffy sollevò un braccio:
    “No, vai! Vai a divertirti con Oz!”.
    “Sei sicura?”.
    “Vai. Esci da qui” insisté Buffy.
    “Va bene, ciao” acconsentì riluttante Willow.
    “Ciao” mormorò Buffy, chiudendo la valigia e lasciandosi cadere sul letto.

    “Buffy, puoi pensarci tu?” chiese la sig.ra Summers dal piano di sopra.
    “Certo. Perché no?” chiese sarcastica Buffy, alzandosi dal divano e trascinandosi fino alla porta.
    “Salve!” la salutò Giles, eccessivamente entusiasta.
    “Hey”. Buffy si sforzò di sorridere, poi si voltò e tornò a prendere posto sul divano mentre i due uomini la seguivano goffamente nel soggiorno.
    “Dov’è tua madre?” chiese Giles, un po’ nervoso.
    “Di sopra” ribatté Buffy, senza distogliere gli occhi dallo schermo del televisore.
    “Torno subito” disse l'uomo, salendo di sopra e lasciando soli i due ragazzi.
    I due rimasero in silenzio e Spike si sedette sul divano accanto a lei. Lei si spostò a sinistra, allontanandosi da lui.
    “Non mordo, amore”.
    Lei non rispose.
    “Mi ignorerai per tutta la settimana?”.
    “Il piano è questo” mormorò Buffy, a denti stretti.
    “Apparentemente non sei troppo felice di passare il Natale su al lago”.
    “Cos’è che ti ha dato quest’idea?” chiese sarcastica lei.
    Si sentirono dei passi scendere le scale e, subito dopo, la sig.ra Summers comparve in soggiorno.
    “Siete pronti, ragazzi?” chiese, con un enorme sogghigno.
    “Buon Dio, cosa vi state portando voi due?” ansimò Giles, posando a terra tre grosse valigie.
    Joyce sorrise: “Regali”.
    “Sei sicuro che entreranno in macchina?” chiese Spike, alzandosi ed andando ad aiutare il padre.
    “Dobbiamo semplicemente provare a farcele entrare”.
    “Se non c’è abbastanza spazio potete usare il mio. Non mi importa di stare qui” suggerì Buffy con un pizzico di speranza.
    “Non te la caverai così facilmente. Ora alzati e andiamo” pretese Joyce.
    “Mamma …” gemette Buffy.
    “Buffy!”.
    La bionda si alzò, trascinandosi verso la porta di casa e brontolando qualcosa di incomprensibile tra sé.
    “Ti ho sentito!” gridò la sig.ra Summers, chiudendo a chiave la porta principale.
     
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    CAPITOLO 30
    “È l’ultima?” chiese speranzoso Giles, ficcando la grossa valigia sul sedile posteriore dell’auto.
    “Sì, credo di sì” rispose Joyce.
    Il veicolo era completamente riempito, con il cofano semiaperto, legato da una grossa fune che doveva servire a tenerlo chiuso, e la parte sinistra del sedile posteriore anch’essa affollata di grosse valigie.
    “Ehm ...”. Spike guardò l’auto, grattandosi la testa. “Come faremo a starci?”.
    I quattro si guardarono l’un l’altro per qualche momento, riflettendo sulla questione.
    “Bè ...” iniziò Giles, accigliandosi e socchiudendo gli occhi. “Voi due non potreste stringervi là? Siete entrambi molto magri, dovrebbe andare”.
    “Stringerci?” ripeté incredula Buffy. “Io non mi stringerò da nessuna parte con lui” disse, indicando il ragazzo ossigenato che le stava a fianco.
    “Immagino che potremmo prendere la jeep ...” cominciò Joyce, leggermente contrariata.
    “Schiocchezze. Loro possono stare là” obiettò Giles. Poi, voltandosi verso i due ragazzi, aggiunse: “Non è vero?”.
    Buffy alzò gli occhi al cielo e non disse niente, poi marciò verso la portiera posteriore dell’auto e vi entrò. Spike la seguì subito, cercando di stringersi, ma lo trovò impossibile.
    “Ahia!” protestò Buffy, mentre lui la spingeva involontariamente contro il bagaglio.
    “Scusa” saltò su lui, infilando l’altra gamba.
    Dopo un bel po’ di contorcimenti e giravolte riuscirono a sistemarsi, seduti fianco a fianco, con le gambe premute nell’esiguo spazio. Spike fremette quando Buffy si mosse, costringendolo a chiudere le cosce in maniera decisamente dolorosa.
    “Ti dispiace?” brontolò, spingendo la gamba di lei lontano dalla sua e concedendosi così lo spazio di cui aveva bisogno.
    “Che c’è? Hai le gambe spalancate!” protestò Buffy.
    “Perché ho bisogno di tenerle *spalancate* da un punto di vista anatomico!” scattò di rimando Spike, mentre Giles e Joyce entravano in macchina.
    “Ragazzi, tutto bene là dietro?”.
    I due ringhiarono contemporaneamente: “Stiamo bene!”.

    Nonostante di solito ci volesse solo una trentina di minuti il viaggio fino al lago sembrò durare un’eternità. Spike fremeva ogni volta che lei si muoveva al suo fianco, costringendolo a chiudere le gambe, ma si rifiutò di dire qualcosa. Si strinse le ginocchia fino a far sbiancare le nocche, ma non disse una parola.
    Buffy dal canto suo stava seduta con le braccia incrociate sul petto, facendo del suo meglio per apparire completamente inconsapevole delle sofferenze del ragazzo.
    Mentre salivano sulla montagna Giles fu costretto ad una stretta inversione ad U che fece scivolare sia Buffy che il bagaglio al suo fianco lungo il sedile, schiacciando Spike contro la portiera dell’auto. Fu l’ultima goccia! Il ragazzo passò dal rosso al porpora al blu e, alla fine, ad una terrificante sfumatura di bianco che fece fremere empaticamente persino Buffy.
    “Proviamo così” disse lei, sollevando le gambe e passandole sulla coscia di lui, in maniera tale da dargli lo spazio per spostarsi.
    Ci fu un miglioramento immediato delle sue sofferenze, dimostrato dal leggero colore che gli fece brillare le guance pallide.
    “Grazie” esalò lui sorridendole; lei però si voltò dall’altra parte, trovando improvvisamente molto interessante il motivo decorativo delle proprie valigie.
    Lui alzò gli occhi al cielo e guardò fuori dal finestrino. Stava pensando fra sé: “Cosa ho fatto per meritarmi questo?” quando sentì le gambe di lei scivolare inavvertitamente lungo la sua coscia, spostandosi verso il basso. Si bloccò e la guardò con la coda dell’occhio. Lo stava facendo di proposito? Sembrava proprio di no, dato che aveva ancora la stessa espressione tra l’annoiato ed il seccato appiccicata in viso.
    Strinse i denti quando Giles premette sull’acceleratore, spingendoli contro lo schienale, con la gamba di lei che, ora, gli premeva sull’inguine. Deglutì a fatica, cercando di concentrarsi su qualunque cosa che non fosse il fatto che lei lo stava sfiorando. Il profumo di lei sembrò prendere vita all’improvviso, circondandolo, con il solo risultato di accentuare le sue emozioni. Non sapeva cosa fosse peggio: avere le gambe pressate fra loro o avere lei che gli si premeva addosso in quel modo. Buffy si mosse appena, cercando di mettersi comoda, apparentemente inconsapevole del modo in cui il suo ginocchio si strofinava contro di lui, e lui non poté evitare di gemere. “Per l’inferno maledetto” imprecò fra sé, chiudendo gli occhi e rovesciandoli verso l’alto, mentre stringeva e rilassava i denti. Non sapeva quanto avrebbe potuto sopportare prima che … Gettò un’occhiata ai propri calzoni e, vedendo un evidente rigonfiamento, pensò: “Bene, giusto perché non sapevo quanto avrei potuto sopportare”.
    La voce vivace di Joyce si fece strada nella sua mente offuscata: “Ci siamo!”.
    “Grazie a Dio!” esalò lui, aprendo subito la portiera e scendendo prima che la macchina si fosse fermata del tutto.
    “William! Stai attento!” lo avvertì Giles, vedendo il proprio figlio scendere barcollando dall’auto. “Sei pazzo?” chiese, dopo aver tirato il freno a mano.
    “Scusa. Avevo le gambe praticamente insensibili. Avevo bisogno di uscire da lì” si scusò lui, stringendosi addosso lo spolverino di pelle per nascondere gli effetti che aveva su di lui una tale vicinanza con Buffy.
    “La prossima volta stai attento” lo avvertì Giles, scendendo dall’auto contemporaneamente a Joyce e Buffy.
    “Oh Rupert, questo posto è bellissimo!” esclamò Joyce, vagando con lo sguardo fra la piccola capanna ed il lago che si stendeva davanti a loro.
    “Sono contento che ti piaccia” disse l’uomo con una punta di orgoglio, cominciando a slegare la corda che teneva il cofano.

    Lui girò la chiave ed aprì la porta, permettendo a Joyce ed alla figlia di entrare nella capanna di legno.
    “Vi piace?” chiese Giles, posando le chiavi su una mensola vicino alla porta.
    “È meravigliosa, Rupert” esalò Joyce coprendosi la bocca con le mani, mentre entrava nel piccolo soggiorno alla sua destra. “Vero, Buffy?”.
    La ragazza si limitò a stringersi nelle spalle, anche se lo sguardo le cadde subito sul caminetto nell’angolo più lontano della stanza. Forse quello funzionava. Era stufa di non poter usare quello che avevano a casa perché il loro stupido fumaiolo insisteva nell’otturarsi.
    Si guardò intorno, e vide un piccolo cucinino sulla sinistra, a fianco di una rampa di scale che si trovava dritta di fronte alla porta e che conduceva al piano superiore. L’area della cucina era separata dal soggiorno solamente da un bancone di legno e da tre o quattro sgabelli.
    “Volete vedere il resto della casa?” chiese Giles, salendo le scale.
    “Oh sì! Certo!” rispose entusiasta Joyce.
    Buffy salì di malavoglia dietro ai due, seguita da Spike. L’ossigenato deglutì a fatica, guardandola salire le scale ondeggiando provocatoriamente il sedere fasciato dai jeans.
    Quando raggiunsero la cima si trovarono in uno stretto corridoio con quattro porte, due da ciascun lato, ed una piccola finestra in fondo. Giles aprì la prima porta a destra, entrando nella stanza.
    Gli altri lo seguirono subito, trovandosi in una piccola stanza da letto, con un letto matrimoniale addossato alla parete di destra e due comodini sui lati. Sulla parete di sinistra c’era un armadio, e sulla parete di fronte alla porta su cui erano fermi loro c’era una finestra.
    “Questa è una delle camere da letto”.
    “È molto carina” esclamò Joyce, entrandoci ed esaminandola.
    Buffy rimase a guardare, con aria disgustata, Giles che si avvicinava alla madre e le sussurrava qualcosa all’orecchio, facendo ridacchiare un poco la donna; poi lei uscì dalla stanza e si ritrovarono nuovamente in corridoio.
    Giles aprì la prima porta a destra, rivelando una stanza più piccola sistemata in maniera simile alla precedente, tranne per il fatto che in questa vi era un letto singolo posto contro la parete di destra, di fronte a questo vi era l’armadio, contro la parete di sinistra, ed a fianco di quest’ultimo c’era una porta.
    “Questa è una delle stanze gemelle”.
    “Stanze gemelle?” chiese Joyce, accigliandosi.
    “Le chiamiamo così perché ...”. Giles andò alla porta a fianco all’armadio e la aprì, rivelando una stanza esattamente uguale a quella in cui si trovavano. “ … è esattamente uguale a questa” terminò con un ghigno saputo, levandosi gli occhiali e cominciando a ripulirli con un fazzoletto.
    Buffy guardò a destra e a sinistra e si rese conto che le due stanze erano decisamente stanze *gemelle*. Tutto era identico, comprese le coperte sui letti.
    “P-penso che i ragazzi possano stare in queste stanze” suggerì Giles, rimettendosi gli occhiali e tornando in corridoio dove aprì l’ultima porta. “E questo è il bagno. Soltanto uno, mi dispiace”.
    Buffy si accigliò. “Tre stanze. Una per me. Una per *lui*” razionalizzò fra sé, socchiudendo gli occhi a Spike, disgustata. “Una per … DIVIDERANNO UNA SOLA CAMERA DA LETTO? UNA CAMERA DA LETTO CON UN SOLO LETTO?!” si rese conto, scioccata, spalancando gli occhi e la bocca. Avrebbe dovuto immaginarlo. I piccoli segreti sussurrati, i ridicoli sogghigni … “Dio! Credo di stare per sentirmi male ...” pensò deglutendo a fatica, mentre seguiva gli altri tre giù per le scale.

    Buffy sistemò rabbiosamente le sue cose nei vari cassetti dell’armadio. Era finita nella seconda delle stanze gemelle.
    “Questa dev’essere la vacanza di Natale che viene dall’*inferno*!” mormorò a denti stretti. “Sono bloccata in una stupida capanna, con lo stupido Mr. Ossigeno che dorme nella stanza a fianco, e mia madre che si accampa con lo stupido Mr. Ossigeno senior. E *non* c’è il televisore!” completò agitando le mani per aria.
    Sentì una porta che si apriva e, raddrizzandosi, vide Spike appoggiato sulla soglia della porta che conduceva alla sua camera.
    “Hai chiamato?” chiese lui.
    “No!” scattò lei, sistemandosi i capelli e avvicinandosi a lui con una mano protesa. “E voglio le chiavi di questa porta. Rimarrà sempre *chiusa a chiave*, almeno finché dormirò qui”.
    Rimase ad aspettare una risposta ma lui si limitò a infilarsi le mani nelle tasche anteriori dei jeans neri e a stringersi nelle spalle.
    “Mai avuta una. Quando mio padre ha comprato questo posto il proprietario non ce l’ha data” rispose alla fine.
    “Stai mentendo” lo accusò lei, socchiudendo gli occhi.
    Lui si strinse nuovamente nelle spalle: “Chiedi a papà, se vuoi”; poi rimase a guardarla marciare rabbiosamente verso le valigie e l’armadio e continuare a disfare i bagagli.
    “Allora ... Cosa ne pensi del posto?” disse lui, cominciando ad entrare nella stanza ma fermandosi immediatamente quando lei, sollevato lo sguardo, stese un braccio nella sua direzione.
    “Fermo lì, signorino. Non entrerai in questa stanza” lo avvertì, avvicinandoglisi come un predatore e costringendolo ad indietreggiare. “Stai lontano da me finché sono qui, punto e basta. Hai afferrato? Posso anche essere costretta a vivere con te in una casa minuscola per una settimana, ma questo non significa che io e te dobbiamo interagire in qualche modo o maniera”.
    “E dai Buff ...”.
    “Addio, *William*” ringhiò lei a denti stretti, chiudendogli la porta in faccia e riprendendo a disfare i bagagli.
    Sentendo la maniglia che girava e la porta che si spalancava sospirò di frustrazione.
    “Che c’è?!”.
    “Mi piace la porta aperta” rispose lui con un sogghigno forzato, ritornando nella sua stanza e sdraiandosi sul letto.
    Dopo qualche secondo la porta venne sbattuta, e lui la sentì gridare da dietro la porta:
    “Io la preferisco chiusa!”.
    “Aperta!” ringhiò lui di rimando, spalancandola; stavolta rimase sulla soglia ad aspettare che lei si precipitasse da lui ma lei non lo fece.
    “Bene! Gioca pure al tuo stupido giochetto infantile” mormorò lei, finendo di disfare i bagagli e calciando la valigia in un angolo della stanza, vicino alla finestra. “Devo sopportarti per una settimana, una sola settimana. Ti ignorerò e basta” decise, incrociando le braccia sul petto.
    “Sei una ragazzina testarda, lo sai?” disse lui, avvicinandosi senza curarsi della politica del “non entrare nella mia stanza”, mentre lei indietreggiava fino a trovarsi ai piedi del letto. “Perché ti stai comportando così? Io non ho *fatto* niente. Io ...”.
    Attraverso il corridoio si sentì la voce della sig.ra Summers: “Spike! Buffy! La cena è pronta”.
    Non era mai stata così sollevata nel sentire la voce della madre. Tenendo gli occhi fissi al pavimento, superò il ragazzo incavolato che torreggiava su di lei e uscì dalla stanza.

    Dopo cena i quattro si sedettero intorno al caminetto; Giles si sistemò sul divano mentre Spike si sdraiò sul tappeto bianco steso di fronte al camino. Buffy dal canto suo si sedette di malavoglia su una vicina poltrona, imbronciata, e si mise a fissare il fuoco.
    “Si sta bene” cominciò Giles, bevendo un sorso di brandy.
    Joyce annuì, e si sedette sul divano a fianco dell’uomo.
    “Quando sistemeremo l’albero?” chiese Joyce, guardando con la coda dell’occhio la bionda che se ne stava incavolata sulla poltrona.
    “Domani mattina, per prima cosa” rispose Giles.
    Ancora una volta sui quattro scese il silenzio. Era ancora imbarazzante, ma non tanto disperato quanto lo era stato durante la loro prima cena.
    Giles decise di rompere il silenzio: “La cena era deliziosa”; Buffy alzò gli occhi al cielo.
    Joyce annuì ancora una volta, arrossendo e sorridendo: “Grazie Rupert”.
    “Bleah!” ringhiò Buffy disgustata, guadagnandosi un’occhiata di rimprovero dalla madre.
    La ragazza si raddrizzò immediatamente, guardando il pavimento. Non le piacevano per niente le occhiate della madre.
    Passarono altri dieci minuti di tortura, con qualche commento occasionale da parte di Joyce e Giles, mentre entrambi i ragazzi rimasero completamente tranquilli per tutto il tempo. Buffy guardò l’orologio per la decima volta nella serata e, rendendosi conto che erano solo le nove, brontolò fra sé. Ad ogni modo decise di portare avanti il proprio piano. Si portò una mano alla bocca e sbadigliò forzatamente, stirando le braccia in un patetico tentativo di apparire assonnata.
    “Dio! Che ore sono?” iniziò, guardando di nuovo l’orologio. “Solo le nove? Sembra mezzanotte. Devo essere veramente sfinita per ... il viaggio e tutto il resto. Bè, io vado a letto. Buonanotte”.
    “Ma ...”.
    Prima che la sig.ra Summers potesse finire la propria frase Buffy stava già sfrecciando su per le scale. Joyce sospirò forte, guardando Rupert in cerca di sostegno, poi Spike si alzò.
    “Anch’io sono un po’ fuori combattimento. Vado”.
    E, in un lampo, lasciò il soggiorno.
    “Non preoccuparti. Si abitueranno” la rassicurò Rupert, abbracciandola mentre lei gli poggiava la testa sulla spalla. “Alla fine”.

    “Sfinita per il viaggio? Da cosa? Dagli interi trenta minuti di durata?”.
    Buffy alzò gli occhi al cielo e si voltò a guardare il ragazzo che stava in piedi sulla soglia.
    “Che cosa vuoi?” ringhiò.
    “Niente” disse con noncuranza lui, entrando nella stanza.
    “Che cosa non hai capito del fatto che io non ti voglia nella mia stanza?” brontolò lei, appoggiandosi all’armadio.
    “Cosa ne pensi?” chiese lui, ignorando la sua domanda.
    “Cosa ne penso di cosa?”.
    “Delle due colombelle al piano di sotto” spiegò Spike.
    “Mi sto sforzando al massimo di non pensarci, grazie” ribatté lei spostandosi sul letto, scostando le coperte e sedendosi contro la testiera di metallo. “Ora, se non ti dispiace, me ne vado a letto” disse, incrociando le braccia sul petto ed aspettando che lui se ne andasse.
    “Non mi dispiace” rispose lui, piegando la testa di lato e rimanendo a guardarla appoggiato al muro di fianco al letto.
    “A me sì! Vattene. Adesso!” gli ordinò lei, indicando la porta.
    “Sei così carina quando ti arrabbi, lo sai?”.
    Buffy si accigliò.
    “Vattene. Adesso” ripeté, a denti stretti.
    “Non lo vuoi davvero, passerotto” sorrise lui.
    “Invece sì” ribatté lei, sollevando i sopraccigli.
    “Sicura?” chiese lui, staccandosi dal muro e andando a sedersi sul letto.
    “Sicurissima” insisté lei.
    “Bene, se è quello che vuoi” acconsentì lui, ma non si mosse.
    “È quello che voglio” gli assicurò lei.
    I due rimasero a guardarsi, immobili. Spike la fissava ciecamente, come in trance.
    “Questo è il momento in cui te ne vai?” se ne uscì Buffy.
    “Buffy ... Non ho fatto niente” disse lui a bassa voce, facendole ribollire lo stomaco.
    “Non ho mai detto che tu abbia fatto qualcosa”.
    “E allora perché fai così?” chiese lui, con un pizzico di dolore nella voce.
    Lei lo guardò con un misto di rabbia e dolore, poi deglutì a fatica e disse:
    “Buonanotte, Spike”.
    Scivolò sotto le coperte, poi spense la lampada che si trovava sul comodino e, dopo essersi sistemata tra le lenzuola, gli voltò le spalle. Sentendo il materasso spostarsi ebbe un tuffo al cuore, poi lui se ne andò. Le sue orecchie si riempirono del suono di passi che si allontanavano lentamente, poi la porta venne chiusa con cautela.
    Si girò e si rigirò nel letto, poi decise di accendere la luce e controllare l’ora. Gemette rendendosi conto che erano solo le undici. Non era affatto stanca. Era troppo presto, e poi la consapevolezza che *lui* stava dormendo dall’altro lato *della* porta faceva fare le capriole al suo stomaco. Si sedette sul materasso, chiedendosi se lui era già addormentato o se, invece, era sveglio a pensare …
    Dopo averci riflettuto tirò fuori le gambe dalle coperte e si alzò. Camminando a piedi nudi sul freddo pavimento di legno si avvicinò alla porta che separava le due stanze, e ci posò l’orecchio sforzandosi di sentire qualcosa.
    C’era silenzio totale. “Figuriamoci, starà dormendo come un bambino” brontolò mentalmente.
    Sibilò a denti stretti: “Maiale” e fece per allontanarsi, poi cambiò idea.
    Si lasciò cadere in ginocchio, con il viso all’altezza del buco della serratura, cercando di vedere cosa succedeva dall’altro lato della porta. Quando si rese conto che le luci erano accese il suo cuore perse un colpo. “Non dorme …” pensò, tentando di distinguere qualcosa, ma tutto ciò che riusciva a vedere era un insieme surrealistico di luci ed ombre. Si lasciò scivolare sul pavimento e, nel tentativo di vedere qualcosa da sotto la porta, vi incollò l’orecchio.
    “Sì” bisbigliò, trionfante, vedendo un paio di piedi che passeggiavano in cerchio. Ridacchiò un poco mentre li guardava ma, vedendolo immobilizzarsi, si coprì rapidamente la bocca. Per un attimo rimase perfettamente immobile, aspettando di vedere cosa avrebbe fatto lui, poi lui si mosse. Sparì dal suo campo visivo e, all’improvviso, riapparve proprio di fronte a lei ma, quando se ne rese conto, era troppo tardi. L’ultima cosa che sentì fu lo scricchiolio della porta che veniva spalancata, poi il legno cozzò contro la sua faccia e lei cadde all’indietro sul pavimento.
    “Buffy, stai bene?” gridò Spike, rendendosi conto di cosa aveva fatto ed entrando nella stanza.
    “S-sto bene” balbettò coraggiosamente lei, sforzandosi di rialzarsi, barcollando.
    “Sei sicura?” chiese lui, vedendola vacillare all’indietro, verso il letto.
    “Sì. Solo che ho dei problemi a mettere a fuoco gli oggetti” spiegò lei, continuando ad aprire e chiudere gli occhi. Chiese: “Ehm … Spike? Perché le cose non smettono di muoversi?” e, all’improvviso, perse l’equilibrio e cadde. Per fortuna era arrivata fino al letto, e vi si sdraiò scompostamente.
    “Oh Dio! Mi dispiace!” si scusò Spike, sdraiandosi accanto a lei. “Sta giù”.
    “Credevo di essere sdraiata” si accigliò Buffy, mentre un dolore lancinante le esplodeva in testa, a partire dal bernoccolo sulla fronte fino alla nuca.
    “Lo sei, passerotto. Stai buona. Io torno subito”.
    Uscì dalla stanza ma, dopo un minuto, era di nuovo seduto accanto a lei sul letto, a premerle un impacco di ghiaccio sulla ferita.
    “Stai meglio?” chiese, chiaramente preoccupato per lei.
    Lei annuì, imbronciata, mentre la testa le pulsava furiosamente. Alla fine aprì gli occhi e si costrinse a tirarsi su.
    “Che cosa stavi facendo?” riuscì a chiedere lui.
    “Cercavo ... ehm ... i miei orecchini” mentì malamente lei, dato che la vista del petto nudo di lui sembrava interferire con la sua capacità di inventarsi delle scuse.
    “Sono sul comodino, passerotto” iniziò Spike, piegando la testa di lato e aggrottando le sopracciglia.
    “Ecco perché non riuscivo a trovarli”. Buffy gli sorrise debolmente, poi lasciò cadere lo sguardo sul pavimento.
    Lui rimase in silenzio per un attimo, poi sogghignò.
    “Mi stavi spiando?”.
    “NO!” rispose subito lei, sgranando gli occhi ed alzandosi per camminare poi nervosamente su e giù per la stanza.
    “Invece sì” insisté lui, quando la reazione di lei diede conferma ai suoi sospetti.
    “Sei così presuntuoso” ringhiò Buffy, vacillando goffamente, ancora un po’ instabile.
    “Stavi cercando di dare un’occhiata al vecchio ...”.
    “Per favore Spike. Ti ho già visto ...”. Lottò con le parole e, alla fine, balbettò: “*il coso*. Non è più una novità, ricordalo”.
    “Non c’è bisogno che sia una novità perché tu abbia voglia di darci un’occhiata” replicò lui, con un ghigno insolente che le fece ribollire il sangue.
    “Non stavo cercando di dare un’occhiata ad un bel niente, va bene?” scattò lei sollevando la voce e, fermatasi, si voltò a guardarlo.
    “Non c’è bisogno di prendersela, passerotto” iniziò lui, alzandosi dal letto ed avvicinandosi a lei. “Se vuoi …”. Ora le stava esattamente davanti, invadendo il suo spazio personale, ma lei rifiutò di spostarsi. “Tutto quello che devi fare è chiedere, passerotto”.
    “Sei un maiale” rispose lei, spingendolo via in maniera tale da mettere tra loro uno spazio indispensabile.
    “Non ti stanchi mai di dirlo, vero?” chiese lui, voltandosi e guardandola mentre si metteva a letto.
    “Spike, vai a letto” ringhiò lei, spegnendo le luci e lasciandosi ricadere addosso le coperte. “Ah!” urlò, sentendo il materasso spostarsi sotto di lei e le lenzuola che venivano scostate mentre qualcuno si sistemava nel letto con lei. Si divincolò, allontanando le braccia di lui e, dopo aver armeggiato per un po’ con l’interruttore della luce, riuscì ad accenderla. “Che cosa stai facendo?! Sei fuori …”. Lui le chiuse la bocca con la mano, impedendole di continuare a gridare e la fissò con i suoi occhi azzurri.
    “Vuoi svegliarli?” chiese.
    Il battito cardiaco di Buffy accelerò man mano che lei prendeva coscienza del torace nudo premuto contro di lei, della mano posata sulla sua bocca ormai inaridita e delle gambe fasciate dai jeans che premevano contro le sue.
    “In più mi hai detto di andare a letto, non ricordi?” cominciò lui sogghignando, per poi smettere di colpo non appena si rese conto del battito accelerato del cuore di lei.
    I due rimasero immobili per alcuni istanti. Pian piano ripresero a pensare compiutamente e Spike spostò la mano dalla bocca all’incavo del collo di lei, sfiorandole la mascella con il pollice in una dolce carezza. La sua testa si mosse come animata da volontà propria e avvicinò le labbra a quelle di lei, fino a sfiorarle. Nel momento in cui si toccarono Buffy sentì una scarica di elettricità percorrerle il corpo e aprì vogliosa la bocca, invitandolo ad entrare.
    Lui si spostò a coprirle il busto con il proprio e le infilò la lingua in bocca lottando con quella di lei, esplorandola. Buffy gemette, mentre lui infilava una gamba fra le sue e si strofinava lentamente fra le sue cosce.
    Lei perse ogni capacità di pensiero. Le sue mani vagavano frenetiche sulla schiena di lui, lasciando lievi tracce rosse al loro passaggio. Si inarcò sul letto, approfondendo il bacio e premendoglisi addosso; aveva bisogno di stargli il più vicino possibile.
    Le labbra di lui abbandonarono le sue e le scivolarono sul collo, mentre le tirava la camicia da notte nel vano tentativo di scoprirla. Rendendosi conto che era impossibile farlo senza lacerare il tessuto, le afferrò il seno e lo baciò attraverso la stoffa, inzuppandola di saliva. Mentre lui la provocava senza pietà con le labbra, lei gemette e gli affondò le unghie nella schiena.
    Sentendolo pronunciare il suo nome attraverso la stoffa ebbe un attimo di lucidità, all’improvviso e senza un motivo apparente.
    In un lampo lo spinse via dal letto e si coprì con le lenzuola.
    Spike rimase sul pavimento per qualche secondo, cercando di capire cosa fosse successo.
    “Vattene. Via” disse lei a denti stretti.
    “Buf...”.
    Lei lo guardò male: “Se entro tre secondi non sarai uscito comincerò a gridare”.
    “Buffy abbiamo bisogno di ...”.
    “Uno”.
    “... parlare. Non puoi semplicemente ...”.
    “Due”.
    “Buffy per favore ...”.
    Lei cominciò a gridare con tutto il fiato che aveva in gola: “Aaaaaah!!!”.
    Spike vacillò nervoso, indeciso fra lei e la porta. Rendendosi conto che le sue grida si facevano più forti ogni volta che lui le si avvicinava scelse la porta, chiudendola nel momento esatto in cui l’altra veniva aperta da una Joyce decisamente preoccupata.
    “Tesoro! Tutto bene?” chiese, andando a sedersi a fianco alla figlia, che si era zittita non appena Spike aveva chiuso la porta. “Cosa è successo? Stai bene?”.
    Buffy rimase a guardare mentre il sig. Giles entrava assonnato nella stanza, con un grosso libro tenuto a mo’ di arma in una mano, mentre con l’altra cercava goffamente di sistemarsi gli occhiali.
    “Che c’è? Cosa è successo?” chiese lui esaminando la stanza.
    “S-sto bene” disse Buffy a bassa voce. “È stato solo un brutto sogno”.
    “Sicura tesoro?” chiese Joyce, accarezzandole una guancia arrossata. In quel momento si aprì la porta fra le due stanze, e apparve uno Spike altrettanto arrossato.
    “Sì. Sono sicura. Solo un sogno” rispose Buffy, fissando il ragazzo ossigenato. “Non succederà più”.


    Capitolo 31
    Uscì dal letto barcollando e, quando i suoi piedi nudi entrarono in contatto con il pavimento gelido, inspirò a fondo. Con gli occhi ancora impastati di sonno si mise a cercare le sue amate babbucce e, una volta trovatele, sorrise.
    Percorse il corridoio strascinando i piedi e grattandosi la testa, fermandosi per un attimo davanti alla *sua* porta. Al ricordo di ciò che era successo la notte prima sentì una fitta al cuore … La sua espressione quando era tornato nella stanza, mentre la guardava mentire a sua madre … Scacciò quei pensieri e continuò a scendere le scale, trovando la madre nel cucinino, dietro il bancone.
    “C’è qualcosa che profuma di buono” disse Buffy con voce aspra.
    “Hey, ti sei alzata presto” notò Joyce sorridendo dolcemente alla figlia, prima di riportare la propria attenzione su quello che stava cucinando.
    La ragazza si appoggiò al bancone e allungò una mano verso un piatto pieno di delizie appena fritte: “Frittelle eh?”.
    La madre le colpì la mano con un cucchiaio di legno, facendole fare un salto indietro.
    “Dovrai aspettare per fare colazione. Giles e Spike dovrebbero tornare da un minuto all’altro”.
    “Tornare?”.
    “Sì. Sono andati a prendere l’albero di Natale” spiegò allegramente Joyce. “Adesso va a vestirti signorina, lo sai che non mi piace che tu vada in giro in pigiama”.
    Buffy saltò giù dallo sgabello; era sul punto di andarsene quando la porta sotto le scale si spalancò, ed apparve Giles. La bionda si accigliò, dato che non si era mai resa conto che lì ci fosse una porta.
    “Ecco l’albero” annunciò lui gioviale, mettendosi trionfante le mani sui fianchi.
    “Papà! Ti dispiace?” brontolò qualcuno alle spalle di Giles, sospingendo verso l’uomo una grossa scatola.
    “Ah! Scusa tanto!” si scusò goffamente Giles, riportando la sua attenzione sul proprio compito.
    “Un albero in scatola?” si meravigliò Buffy ad alta voce mentre i due uomini spingevano la scatola nel soggiorno.
    Alla fine apparve Spike che, con un’espressione seccata in viso, si raddrizzò e si passò una mano fra i riccioli disordinati che non volevano saperne di stare a posto.
    “È finto” spiegò Giles.
    “Avremo un albero finto in una capanna? Nel bel mezzo di un bosco?” si accigliò Buffy.
    “N-non sono mai riuscito a tagliare un albero” balbettò Giles, togliendosi gli occhiali e passandosi il fazzoletto sulla fronte sudata. “E poi se abbiamo nostalgia del profumo basta prendere un paio di rami e portarli in casa”.
    “Come fate per la legna da ardere?”.
    Giles abbassò lo sguardo e cominciò ad aprire la scatola: “La compriamo ...”.
    Buffy si limitò a scuotere la testa e a gettare un’occhiata all’ossigenato che, fino a quel momento, non le aveva rivolto la parola e anzi non l’aveva neanche guardata. Lo vide avvicinarsi al padre e, sospirando forte, offrirsi di aprire la scatola per lui.
    “Bene ... Vado a fare una doccia” annunciò con gli occhi fissi su Spike, poi cominciò a salire le scale.

    Lasciando i capelli appena asciugati liberi di ricaderle lungo la schiena posò la spazzola sul comodino e si avvicinò alla finestra. Vedendolo là fuori, in piedi sul piccolo molo, con le mani infilate nelle tasche anteriori dei jeans, a fissare il lago nebbioso, il suo cuore perse un colpo. Rimise a posto le tende e scese di sotto.
    “Hey!” salutò. “Uau!”.
    Alla vista del soggiorno appena decorato sgranò gli occhi. Quattro calze rosse erano appese sopra il caminetto acceso, che riempiva la capanna di calore e dell’aroma familiare del legno bruciato. L’albero era a sinistra, fra il camino e il cucinino, decorato a metà con varie sfumature di bianco e rosso. La stanza sembrava completamente trasformata e Buffy sentì il proprio corpo che si rilassava e, per la prima volta, pensò che forse, tutto sommato, il Natale non sarebbe stato così brutto.
    “Bello, vero?” chiese Joyce, finendo di sistemare le frittelle sul tavolo vicino alla finestra.
    Buffy annuì e, a braccia conserte, entrò nel soggiorno, sorridendo dolcemente alla vista di Giles che tentava goffamente di sistemare un angioletto su uno dei rami. Scosse la testa e, afferratolo, lo sistemò correttamente.
    Giles sorrise alla ragazza: “Grazie”.
    “Prego”.
    “La colazione è pronta” annunciò Joyce guardando fuori dalla finestra. “Buffy potresti andare a chiamare Spike?”.
    “Certo” annuì Buffy, dirigendosi verso la porta.

    Percorse lentamente il molo. Lui rimase immobile, immerso nei propri pensieri ed apparentemente inconsapevole della sua presenza. Quando arrivò ad un metro da lui Buffy si schiarì la gola. Lui girò su se stesso per guardarla, ma non disse niente e riportò lo sguardo sull’acqua cristallina che li circondava. A questa reazione gelida Buffy deglutì a vuoto e disse:
    “La colazione e pronta”.
    Lui annuì e si voltò, dirigendosi verso la capanna e lasciandola sola sul molo gelido.

    Nel momento stesso in cui terminarono di fare colazione lui saltò giù dalla sedia e, senza dire una parola, si diresse su per le scale. A Buffy si strinse il cuore, ma continuò a piluccare le proprie frittelle.
    “Tutto bene, tesoro?” chiese Joyce, iniziando a sistemare il tavolo.
    “Sto bene”. Lei si riscosse dal proprio torpore e si alzò, prendendo un paio di piatti e dirigendosi al cucinino.
    “Mi sembri un po’ giù” notò la madre.
    “Sono solo un po’ assonnata, credo” tentò di spiegare lei, cominciando a lavare i piatti.

    Buffy tamburellò con le unghie sul bancone, annoiata a morte. Dopo aver lavato ed asciugato i piatti si era seduta sullo sgabello e vi era rimasta per dieci minuti, senza avere assolutamente niente da fare. Joyce e Giles erano comodamente seduti sul divano a guardare il giornale ed un paio di riviste. “Un paio di riviste davvero noiose” si corresse, scivolando giù dallo sgabello e cominciando a camminare avanti e indietro.
    I due adulti seduti sul sofà non alzarono lo sguardo, troppo immersi nelle proprie letture per notare la sua noia. Lei sospirò e salì le scale.
    Entrò nella sua stanza e riprese a camminare avanti e indietro. La sua mente andò agli eventi della giornata. Spike non le aveva detto una parola in tutto il giorno, l’aveva a malapena guardata e, per qualche strana ragione, questo le faceva rivoltare lo stomaco e le provocava uno spiacevole groppo in gola. Si lasciò cadere sul letto, ma si rialzò subito sentendo sotto di sé qualcosa di freddo e bagnato. Sospirando raccolse l’asciugamano bagnato e tastò le coperte, rendendosi conto che erano fradice.
    “Grandioso” mormorò tra i denti, uscendo dalla stanza ed entrando in bagno.
    Si sentì gelare. Solo dopo essere entrata nella stanza aveva sentito il suono familiare dell’acqua che scorreva. Sapeva che la cosa giusta da fare sarebbe stata voltarsi ed andarsene, ma si sorprese a guardare la doccia. Per un attimo maledisse la spessa tenda che la circondava, poi i suoi occhi si abituarono alla visione sfocata e riuscì a distinguere i contorni di un’ampia schiena maschile. Lui aveva una mano posata contro il muro e l’altra … Vedendo i movimenti veloci e frenetici del suo braccio si accigliò. Dopo qualche secondo lievi gemiti le arrivarono alle orecchie, facendole sgranare gli occhi. Oh Dio, non si stava mica ... Sforzandosi di sentire colse il respiro affrettato e dei gemiti soffocati di tanto in tanto. Sì che si stava …! Buffy arrossì come un pomodoro. Una parte di lei le gridava di uscire dalla stanza una buona volta, ma un’altra la obbligava a rimanere a guardare. Quest’ultima era evidentemente più forte e lei rimase perfettamente immobile, guardando intimorita mentre lui continuava a muovere velocemente una mano tra le cosce finché, all’improvviso, si fermò, il corpo scosso da brevi spasmi che lo fecero appoggiare alla parete.
    “Oh ... Buffy”.
    Sentendo il proprio nome pronunciato con voce aspra, mentre lui si accasciava contro il muro lasciandosi scorrere addosso l’acqua tiepida, le diede le farfalle nello stomaco. Mentre il suo cervello elaborava lentamente quanto era appena successo indietreggiò appena, sfiorando qualcosa con il gomito. Voltandosi vide una bottiglia di plastica vacillare appena e, prima che potesse afferrarla, cadere sul pavimento con un tonfo. Si sentì gelare e tenne gli occhi fissi sulla bottiglia di shampoo sul pavimento, rifiutandosi di alzarli a guardarlo.
    Il rumore ridestò immediatamente l’attenzione di Spike, che si voltò e scostò le tende. Sgranò gli occhi vedendola china in avanti, che afferrava la bottiglia sul pavimento.
    Buffy deglutì a fatica, mentre il cuore le batteva spaventosamente veloce, e la sua pelle diveniva più rossa un secondo dopo l’altro. Alla fine raccolse abbastanza coraggio da guardarlo.
    Distolse subito lo sguardo dal ragazzo che, fradicio e completamente nudo, era nella doccia con l’acqua ancora aperta: “Stavo …”.
    Spike si guardò nervosamente attorno, alla ricerca di un asciugamano. Gli occhi gli caddero sull’asciugamano bianco posato sul water, alla destra di Buffy. Stava per uscire dalla doccia quando lei si mosse e gli passò il proprio asciugamano.
    “S-stavo giusto ... ehm ... giusto ... ehm …” balbettò lei, presa dal panico. “Stupide parole …” brontolò fra sé, vedendo che lui aveva chiuso l’acqua e si era coperto con l’asciugamano che lei gli aveva passato.
    “Buffy, io ...”.
    Guardandolo se ne uscì: “Stavo giusto andandomene”.
    E con questo, uscì dalla stanza ed andò nella sua camera a tempo di record.
    “Per l’inferno maledetto!” ringhiò lui, uscendo dalla doccia e quasi inciampando sulla bottiglia di shampoo che era sul pavimento.

    “Per favore non venirmi dietro, per favore non venirmi dietro, per favore non venirmi ...”. Buffy interruppe il proprio mantra mentale quando la porta della sua stanza fu spalancata ed entrò Spike, fradicio. Sospirò frustrata e si voltò per affrontare la questione.
    “N-non ho visto niente” annunciò subito, poi si corresse: “Voglio dire ho visto, ma solo quando hai scostato la tenda ed eri … bè, nudo. M-ma a parte quello … niente! Neanche una cosa. Ero lì da circa un secondo quando la bottiglia è caduta. E-e anche se fossi stata là da prima della storia della bottiglia … e non c’ero! … non ci sarebbe stato niente da vedere”. Lui si accigliò e lei riformulò la frase: “N-non che tu non abbia niente da vedere, voglio dire ce l’hai, ma la tenda è spessa e-e comunque non importa perché io non ero là e non ho visto niente né sentito …”. Rendendosi conto che stava parlando a vanvera si interruppe. “Scusa. Parlo a vanvera”.
    “Ho notato”. L’inglese si sforzò di sorridere e, chiudendosi la porta alle spalle, entrò nella stanza.
    “M-mi dispiace, la prossima volta busserò” lo rassicurò Buffy, mentre con lo sguardo saltava dai muri a qualunque cosa che non fosse il suo torace nudo.
    “Bussare è una buona cosa” fu d’accordo lui, e fece un passo verso di lei.
    Lei congiunse le mani: “Bene. Immagino che siamo d’accordo. Busserò. Si metta a verbale che la proposta di bussare è stata approvata” scherzò, con un sorriso forzato, torcendosi le dita.
    Lui piegò la testa di lato, e rimase a guardarla mentre si premeva nervosamente i palmi delle mani l’uno contro l’altro.
    “Buffy, per prima ...”.
    “Non so di cosa stai parlando” scattò subito lei, arrossendo ancora di più.
    “Di ieri. Della scorsa notte” spiegò Spike.
    “Ah, quello” si rese conto lei. Non un bell’argomento ma sempre meglio di *perché stava gemendo il tuo nome mentre mi masturbavo*.Spike si accigliò leggermente: “Già, quello. Di che cosa pensavi stessi parlando?”.
    “Di niente!” rispose lei un po’ troppo impaziente; cosa che sembrò confermare i sospetti di Spike.
    “Per l’inferno maledetto!” mormorò lui.
    “Che c’è?” chiese lei, temendo un poco la risposta.
    “Niente” rispose lui, voltandosi per andarsene ma fermandosi a metà del movimento e voltandosi nuovamente, con un’espressione risoluta incollata in viso. “Vuoi sapere una cosa? Lo faccio”.
    “Fai cosa?” chiese lei indietreggiando, mentre lui le si avvicinava invadendo il suo spazio personale.
    “Penso a te quando mi tocco” affermò lui, senza traccia di vergogna.
    Buffy si bloccò, con gli occhi sgranati e le guance rosse come un peperone.
    “I-io” balbettò, trovandosi infine contro il muro con Spike che torreggiava su di lei.
    “Sei l’unica maledetta cosa a cui penso. Non riesco a levarti dalla testa. Non importa quanto tu sia stata stronza ultimamente”.
    Lei cercò di sembrare offesa, ma se ne uscì con un debole tentativo di protesta: “S-scusa?”.
    “Mi hai sentito, Summers” ribatté lui, posando una mano sul muro, esattamente sopra la sua spalla destra.
    “N-non sono tenuta a stare qui a sentire ...” cominciò lei, e fece per spostarsi ma fu bloccata da una presa ferma sul braccio, che la spinse nuovamente contro il muro.
    “*Ascolterai*. Per una volta in vita tua” ringhiò lui. “Per la millesima volta: Non. Ho. Fatto. Niente. Di. Maledettamente. Sbagliato”. Stava tirando fuori le parole una ad una, fissandola. Si fermò in attesa di una sua reazione. Quando si rese conto che lei non avrebbe fatto resistenza, si allontanò dal muro e cominciò a camminare avanti e indietro davanti a lei. “Vuoi davvero sapere perché mi sono battuto con Angel?”. Senza darle la possibilità di rispondere blaterò: “Non sono affari tuoi ma te lo dirò lo stesso. Non aveva assolutamente *niente* a che fare con te o con Dru. È stato per lo stesso motivo per cui ho smesso di frequentare Angel. Te lo ricordi? Quando mi sono trasferito qui io ed Angel ci frequentavamo parecchio. Non che ne fossi entusiasta. Sapevo fin dall’inizio che non era nient’altro che un idiota ma decisi: “Che diavolo, diamogli una possibilità”. Alla fine il mio istinto iniziale si rivelò quello giusto. È un completo idiota, e anche un segaiolo!”. Buffy rimase immobile contro il muro, guardandolo camminare furiosamente in cerchio finché non si fermò a guardarla. “È stato per Andrew”.
    Buffy si accigliò: “Andrew? Che cosa c’entra Andrew?”.
    “Bè, un giorno sono entrato negli spogliatoi e ho trovato Angel che picchiava quel magrolino fino a ridurlo ad una poltiglia sanguinolenta. Il poveretto è stato in ospedale per due intere settimane. Non ha detto a nessuno chi l’aveva ridotto così, terrorizzato dal fatto che la checca potesse fare qualcosa”. Vedendo l’espressione confusa di lei piegò la testa di lato. “Non ti eri neanche accorta che non c’era, vero? Certo, tu non sai neanche che Andrew esiste, figuriamoci se sai che è mancato per due settimane”.
    Buffy deglutì a vuoto, rendendosi conto che era la verità.
    “Comunque, gli ho levato Angel di dosso e l’ho picchiato, dicendogli che se mai avesse rimesso un dito addosso ad Andrew ... Bè lo sai, gli ho detto qualcosa di estremamente cattivo e scontato per chiarirgli le idee” disse, guardando Buffy che assorbiva le informazioni. “Dopo è andato tutto bene. Nessun problema. Fino all’altro giorno, quando Andrew ci è venuto addosso in corridoio. La sua espressione. Sapevo che Angel stava macchinando qualcosa. Ho parlato con Andrew, che all’inizio ha negato ma alla fine l’ha ammesso. Allora ho fatto quello che avevo promesso e ho pestato Angel per bene. Ecco tutto. Non aveva niente a che fare con te o con Dru o con cose di questo tipo. Contenta?” chiese alla fine della sua tirata.
    Buffy si limitò a fissarlo con la bocca semiaperta. Tutte quelle informazioni. Erano un po’ troppe da elaborare, soprattutto con Spike che le stava davanti nudo.
    “Perché?” riuscì a chiedere alla fine. “Perché Angel avrebbe dovuto picchiare Andrew?”.
    Spike si interruppe. Questa era la domanda a cui non avrebbe voluto rispondere, poi sospirò e disse di malavoglia:
    “Amore, Andrew sta dall’altra parte”.
    Buffy si accigliò: “Eh?”.
    “È gay, passerotto”.
    “E allora?”.
    “Lo sapevi?” chiese incredulo Spike.
    Buffy alzò gli occhi al cielo: “Non lo sapevo veramente. Ma immagino di averlo capito da sempre …”.
    “Ah bene” disse lui, preso alla sprovvista dalla reazione di lei. “Ecco il grande segreto. Andrew è gay e Angel ha scoperto che aveva una cotta segreta per lui, ed essendo estremamente insicuro della propria virilità il segaiolo l’ha preso a pugni” disse Spike, a mo’ di riassunto.
    Buffy rimase a fissare Spike.
    “Perché non me l’hai detto prima?” chiese alla fine, leggermente offesa.
    “Perché non era una cosa che potevo dirti. Non era un mio segreto. Non ho intenzione di andare in giro a sputtanare quel poveretto solo perché la mia ragazza non ha alcuna fiducia in me. E poi mi stavi facendo veramente incavolare. Come hai potuto pensare che avessi picchiato Angel a causa di Dru?” chiese a sua volta Spike.
    “Bè ... io ... ehm ... mi sono imbattuta in Angel. E lui ha insinuato che …”.
    “E tu gli hai creduto?” chiese incredulo Spike.
    “All’inizio no!” si difese Buffy. “Ma poi te l’ho chiesto e tu hai evitato l’argomento e io ho pensato: alla malora!”.
    Per un po’ si fissarono l’un l’altra in silenzio, finché Buffy non fece un passo avanti, guardandolo da sotto le palpebre pesanti e allungando una mano verso di lui. Lui fece immediatamente un passo indietro, alzando le mani come se qualcuno gli stesse puntando addosso un’arma. Buffy si fermò di colpo, mentre il cuore le batteva furiosamente nel petto man mano che si rendeva conto di quello che stava succedendo.
    “Spike, io ...”.
    “Avresti dovuto avere fiducia in me. Avresti dovuto credermi” disse lui a bassa voce. “Non posso stare con te in questo modo”.
    Buffy abbassò lo sguardo mentre lui andava verso la porta che conduceva all’altra stanza. All’improvviso si voltò e tornò da lei a passi da gigante.
    “Dio, chi voglio prendere in giro?” ansimò, prima di schiacciarle la bocca con la propria mentre la prendeva tra le braccia per attirarla più vicina.
    Per tutta risposta Buffy gli portò immediatamente le mani alle spalle, frenetica. Scivolò rapida con le dita sulla pelle morbida della nuca poi le infilò tra i suoi riccioli bagnati, mentre rispondeva al suo bacio con lo stesso fervore e la stessa voracità.
    Lui le percorse selvaggiamente il corpo con le mani, scendendo lungo la schiena per afferrarle il sedere e stringerla contro di sé. Si mosse istintivamente verso il letto facendo cadere Buffy contro il materasso quando lo raggiunsero, e seguendola senza interrompere il bacio famelico.
    Lottò con l’orlo della maglia di lei, sollevandogliela dalla testa e scoprendo il semplice reggiseno bianco che le copriva i seni. Lo strizzò leggermente fra le dita, mentre le schiacciava ancora una volta la bocca con la propria.
    Quando la mano di lei si insinuò fra i loro corpi e all’interno dell’asciugamano bianco per afferrargli l’uccello, Spike ansimò.
    “Mi sei mancata” le sussurrò all’orecchio, tracciando una scia di baci famelici lungo il collo di lei, fino a raggiungerle il seno.
    Quando lui scostò la stoffa bianca che la copriva e le sfiorò con le labbra il capezzolo eretto, fu Buffy a sospirare forte. Si inarcò verso di lui, cominciando a muovere la mano su e giù con un ritmo lento e costante. Mentre lo guardava e lo ascoltava gemere impotente il suo nome, sentì un’ondata di orgoglio femminile.
    All’improvviso lui sembrò riprendersi parzialmente dal suo torpore e cominciò a lavorare sui bottoni dei jeans di lei. Buffy si rilassò, sprofondando in una sorta di trance, finché non le arrivò alle orecchie il suono di una risatina. Inizialmente si accigliò, poi all’improvviso capì: “Mia madre è di sotto. Oh Dio, oh Dio, oh Dio!”.
    “No” disse saltando su e, dopo averlo spinto via a malincuore, si allontanò da lui.
    “Cosa? Che c’è adesso?” chiese lui, cercando disperatamente di tornarle addosso; lei però scese dal letto e lo lasciò solo sul materasso.
    “Tuo padre e mia madre di sotto. Ecco cosa c’è” spiegò lei, allungando una mano in direzione della propria maglia; prima di poterla raggiungere però si trovò fra le sue braccia, con la sua bocca sul collo.
    “Sarò tranquillo. Te lo prometto” disse lui con voce soffocata, baciandole la clavicola.
    “Ci scommetto ...” ansimò lei. “Ma non posso promettere che io sarò ... tranquilla”. Riuscì nuovamente a spingerlo via: “Adesso vestiti”.
    “Sarò velocissimo. Non sentirai niente, così non dovrai preoccuparti di fare rumore” scherzò lui, avvicinandosi.
    Buffy socchiuse gli occhi e lui, sconfitto, abbassò le spalle.
    “Buffy non credo che potrò andar avanti un’intera settimana senza toccarti né ...” fece un gesto con la testa in direzione del letto.
    “Dovrai” insisté lei mentre lui le si avvicinava e le sfiorava i fianchi con la mano, per poi portarla tra le sue cosce e premerle lentamente sul clitoride. “Spike …”. Cercava di sembrare seria e decisa ma con il modo in cui la stava toccando … era impossibile!
    “Buffy per favore” la supplicò lui, strofinandole il naso fra i capelli e continuando a muovere la mano.
    “Va bene” acconsentì alla fine lei. Lui le cercò subito il collo. Lei lo scostò nuovamente e si mise la maglia: “No! Non adesso! Stanotte. Mentre loro dormono”.
    “Ma ...”.
    “Stanotte” ripeté lei, gettandogli l’asciugamano che lui afferrò a malincuore, sistemandoselo intorno alla vita.


    Capitolo 32
    Mentre ascoltava pazientemente la madre che blaterava incessantemente Buffy sbadigliò forte, per la decima volta nella serata.
    “Ah! E potremmo anche fare quel pasticcio di carne con le mele che ti piace tanto” saltò su allegramente Joyce, completamente ignara della noia della figlia.
    “Grandioso, mamma” rispose Buffy senza molto entusiasmo, tamburellando con le unghie sul bancone sul quale la madre stava scribacchiando frettolosamente su un blocchetto per appunti.
    “Bene, per quello dovrò comprare delle noci brasiliane e della farina d’avena. E poi?”. La donna sollevò lo sguardo dal foglio giallo che teneva in mano e fissò la figlia con gli occhi accesi da uno scintillio infantile, in attesa di suggerimenti.
    “Mamma credo che tu abbia segnato cibo sufficiente a nutrire l’intero corpo del Marines” brontolò Buffy, guardando nervosamente l’orologio. Due ore. Erano passate due intere ore da quando Spike era “andato a letto”. Cavolo, quando finalmente sarebbe riuscita a raggiungere la propria camera l’avrebbe trovato incavolato. Incavolato o addormentato.
    “E dai. Non è così tanto” commentò Joyce esaminando l’enorme lista della spesa, che riempiva ben dieci pagine. “Cosa ne dici di una teglia di broccoli al formaggio?”.
    Buffy si riscosse immediatamente dal proprio torpore e, di fronte all’incombente minaccia di dover mangiare verdure alla vigilia di Natale, sollevò una mano in segno di difesa: “No! Niente broccoli, mamma. È la vigilia di Natale!”.
    “Ehm ... Immagino che tu abbia ragione” fu d’accordo la sig.ra Summers che, dopo aver rimesso il tappo alla penna, si alzò per andare nel cucinino.
    A Buffy brillarono gli occhi all’idea di andarsene a letto, ma nascose la propria eccitazione sbadigliando nuovamente.
    “Sono stanca. Credo che andrò a letto” disse, saltando giù dallo sgabello e sollevandosi per baciare la madre su una guancia. “Buonanotte, mamma”.
    “Buonanotte, tesoro. Penso che salirò anch’io” rispose Joyce, guardando la figlia che praticamente volò su per le scale. “Sveglierà Spike e Giles” mormorò fra sé, sentendola marciare verso la propria stanza.

    Buffy si fermò davanti alla porta della sua stanza e, sentendo che il suo stomaco faceva quelle buffe capriole che faceva sempre quando sapeva che stava per vederlo, respirò profondamente. Si passò le mani fra i capelli, lisciando i boccoli selvaggi che le ricadevano sulla schiena. Dopo essersi assicurata di essere al meglio, assunse l’espressione più assonnata possibile, e girò la maniglia.
    Quando entrò la stanza era immersa nel buio completo.
    “Spike?” bisbigliò a bassa voce, socchiudendo gli occhi nel tentativo di vedere qualcosa, mentre con la mano sinistra tastava alla cieca il muro alla ricerca dell’interruttore della luce. “Sei qui?”.
    Le si strinse il cuore per la delusione poi, all’improvviso, si trovò bloccata contro la superficie fredda del muro e la porta sbatté alle sue spalle, mentre un corpo snello e sodo si premeva contro il suo. Prima che potesse emettere un suono labbra fameliche si incollarono alle sue in un bacio esigente, mentre due mani forti le scorrevano addosso, nel tentativo di coprire ogni centimetro di lei.
    “Spike ...” riuscì ad esalare, una volta che le labbra di lui ebbero abbandonato le sue per baciarle il lobo dell’orecchio, mentre lui seppelliva il viso tra i suoi morbidi riccioli.
    “Perché ci hai messo tanto?” chiese lui con voce roca, continuando a leccarle e succhiarle la carne morbida del collo, mentre premeva il torace contro il suo e, con i fianchi, la inchiodava alla superficie lignea.
    Sentendo qualcosa di lungo e duro premerle contro lo stomaco lei ansimò e, all’improvviso, si trovò incapace di parlare.
    “Io ... ehm ...”.
    “Stavo morendo, Summers” ansimò lui, afferrandole il seno con la mano sinistra attraverso il cotone della maglia.
    “Mia madre ...”. Lei cercò di formulare una frase coerente ma, mentre lo guardava allontanarsi da lei il tempo necessario a togliersi la camicia e la maglietta da sopra la testa, le sembrò impossibile. Lui lasciò cadere a terra gli indumenti e, mentre con la bocca le assaliva la clavicola, le infilò le mani sotto la maglia, passandogliele avidamente sulla pelle e sollevandogliela.
    Sentì che le diceva: “Toglila ...”, mentre le tracciava una scia di baci alla base del collo.
    “Io ... mia madre ...” tentò di parlare lei cercando debolmente di scostarselo di dosso con le mani, in maniera tale da riuscire a pensare coerentemente; il suo corpo però la tradì e le sue dita indugiarono sulla schiena di lui.
    Lui afferrò l’orlo della sua maglia e la sollevò maggiormente. In un attimo finì sul pavimento, insieme ai suoi vestiti, e Spike iniziò a lavorare sul suo reggiseno di pizzo bianco, baciandole contemporaneamente la curva del seno.
    “Spike ...” esalò lei, accigliandosi un poco nel duro tentativo di concentrarsi. “Mia madre è …”.
    Le labbra di Spike trovarono ancora una volta le sue, interrompendola. Lui colse l’occasione di infilarle la lingua nella bocca semiaperta, esplorandola, mentre alla cieca lavorava sul gancio del suo reggiseno.
    Quando finalmente riuscì ad aprirlo sospirò nella sua bocca. Le passò le dita sulle spalle, trascinando le bretelline lungo le braccia. Si tirò indietro ad osservare il piccolo pezzo di tessuto che cadeva a terra, esponendo due globi piccoli e rotondi.
    Li fissò per un secondo e, vedendo per la prima volta il suo seno nudo, per un attimo gli mancò il respiro.
    L’attimo di pausa diede a Buffy il tempo sufficiente a ricollegare il proprio cervello, quindi riuscì a dire quello che cercava di dire dal momento in cui lui aveva iniziato a baciarla. Si chinò velocemente e raccolse frettolosamente tutti i vestiti gettati a terra, porgendogli i suoi e sussurrando:
    “Mia madre non è ancora a letto”.
    Spike si riscosse dai suoi pensieri e, vedendo che lei si copriva e lo spingeva via, mise il broncio.
    “Cosa?” chiese, ancora un po’ frastornato.
    “Mia madre! È ancora alzata. Potrebbe entrare in ogni ...”.
    Il rumore di una porta che veniva chiusa lungo il corridoio la interruppe.
    “Immagino che tua madre sia andata a letto” riuscì a dire Spike, afferrando i vestiti e gettandoli sul pavimento, per stringerla fra le braccia e schiacciarle la bocca con la propria.
    Buffy gemette mentre lui la baciava e, barcollando all’indietro, andarono a letto. Ansimò quando i loro corpi toccarono il materasso morbido, mentre la bocca di lui abbandonava la sua per scenderle lungo il collo, e le sue mani si insinuavano espertamente fra i loro corpi per dedicarsi ai bottoni dei suoi jeans.
    Stava per protestare ma, sentendo le labbra di lui circondarle un capezzolo indurito mentre con la mano le afferrava il seno in maniera tale da avvicinarlo alla bocca, ne perse ogni intenzione.
    Si perse nella sensazione, per riemergerne solo quando lo sentì tirarle giù i jeans. Si tolse rapida le scarpe, permettendogli così di toglierle tutti gli altri indumenti.
    Lui si sollevò sulle mani, sistemandosi sopra di lei in maniera tale da scrutare il suo corpo nudo. Lei si sentì arrossire sotto quello sguardo intenso e ringraziò gli dei, qualunque essi fossero, di non essere riuscita ad accendere la luce, e del fatto che l’unica illuminazione nella stanza era data dai lievi raggi di luna che filtravano dalla finestra.
    Lui le posò una mano forte sulla guancia, costringendola a guardarlo.
    “Dio ... sei così bella” sospirò, chinandosi a baciarla.
    I suoi fianchi si mossero contro quelli di lei, facendola gemere, mentre la stoffa ruvida dei suoi jeans sfregava contro il punto in cui le sue gambe si congiungevano.
    Lei gli passò le mani sul petto, alla cieca, fino a raggiungere la cerniera dei pantaloni, che tirò giù rapidamente slacciando poi il bottone. Rendendosi conto che non indossava biancheria … di nuovo, sorrise contro le sue labbra. Infilò le dita nei passanti dei suoi jeans e glieli fece scendere lungo i fianchi, fino alle ginocchia, aiutandosi poi con i piedi e spingendo la stoffa più in basso, fino ad arrotolarglieli intorno alle caviglie.
    Spike lottò per un po’ con i suoi scarponi. “Stupidi anfibi. Perché li indossava?” brontolò fra sé, trovandosi costretto a staccarsi da lei per sedersi sul bordo del letto e sistemare i lacci degli scarponi. Se li tolse a tempo di record e tornò al sicuro, fra le sue braccia, facendole scorrere la bocca lungo il collo per reclamarne ancora una volta il seno.
    Lei gli affondò le dita fra i riccioli ossigenati, mentre lui si dava da fare con la bocca su uno dei suoi seni e, con le mani, le massaggiava l’altro. Con dita esperte le toccò il capezzolo indurito, fino a renderla frenetica poi, lentamente, spostò la mano lungo il suo stomaco per affondargliela poi tra le gambe.
    Sentendo che lui le sfiorava i contorni del sesso, senza osare andare più in là, Buffy lasciò cadere indietro la testa. Gemette quasi disperata, mentre lui continuava a giocare con le sue labbra, muovendosi su e giù, evitando attentamente sia il suo nucleo che il fascio di terminazioni nervose posto più in alto [C’è scritto proprio così, giuro! ^__^]
    “Vuoi qualcosa, passerotto?” chiese lui, sogghignando contro la carne morbida del suo seno.
    “Spike ...” esalò lei, guardandolo con occhi famelici.
    “Sì ...?” continuò lui, avvolgendole la lingua intorno al capezzolo.
    “Per favore ...” gemette lei, mentre lui le avvicinava un dito al clitoride, per poi spostarlo rapidamente.
    Lui sorrise ancora: “Sei sicura?”.
    “Spike!” protestò lei, dandoli uno schiaffetto sulla spalla. Perché doveva sempre provocarla in quel modo? “Io …”.
    Si interruppe a metà della frase, quando lui le sfiorò il clitoride.
    “Ah…”.
    “Così?” chiese lui, facendolo di nuovo.
    Buffy annuì furiosamente e gli affondò le unghie nella schiena.
    Lui premette più forte e lei gemette. Lui spostò le dita all’ingresso umido del suo sesso, tracciandone i contorni un paio di volte, facendole digrignare i denti per l’aspettativa. Spinse un dito dentro di lei, guardandola riverente mentre inarcava il collo e faceva ricadere la testa sul materasso.
    Si mosse lentamente, dentro e fuori, cercando il punto giusto all’interno del suo corpo con ogni carezza. Seppe di averlo trovato quando il fiato le si mozzò in gola e lei si lasciò sfuggire un grido soffocato dalla bocca semiaperta.
    Continuò a massaggiarla espertamente, entrando ed uscendo da lei, aumentando il ritmo ancora e ancora; fissandola intensamente nel frattempo.
    Alla vista del suo viso che si contorceva per il piacere deglutì a fatica, mentre mugolii famelici gli arrivavano alle orecchie. Chiuse gli occhi per un secondo, sforzandosi al massimo di trovare l’autocontrollo necessario per evitare di aprirle le gambe ed affondare in lei. Tentò di concentrarsi su qualcosa, qualunque cosa, ma i rumori affascinanti che lei stava emettendo impedivano qualunque concentrazione.
    “Spike ...”. Lei mugolò il suo nome e lui aprì gli occhi e la vide inarcarsi sul materasso, lasciandosi sfuggire un grido disperato, mentre le sue pareti si contraevano furiosamente intorno al suo dito e le sue unghie gli lasciavano segni lungo il braccio.
    Lei si lasciò ricadere sul letto con gli occhi chiusi, il petto che si alzava e si abbassava freneticamente mentre respirava a fatica. Sentendo le labbra di lui sfiorarle il collo aprì gli occhi.
    Infilò le mani tremanti fra i loro corpi e gli prese in mano l’uccello. Sentendolo ansimare con la testa posata sul materasso appena sopra la sua spalla, si morse il labbro inferiore.
    Cominciò lentamente a muovere la mano su e giù e, sentendolo mugolare: “Buffy ... mi sei mancata così tanto” un brivido le corse lungo la schiena.
    Mentre lei si dava da fare, avvicinandolo al punto di non ritorno con ogni carezza, lui le passò le dita fra i lunghi capelli biondi.
    Lei gli sfiorò con un dito la punta, dove si erano formate alcune gocce di liquido, e lui le strinse più forte i capelli.
    “Aspetta!” la avvertì, immobilizzandosi.
    “Ti ho fatto male?” chiese lei, un po’ insicura. Non aveva molta esperienza nel fare certe cose e si sentiva ancora molto insicura al riguardo.
    “No ...” scosse la testa lui, deglutendo a vuoto. “È solo che … se lo fai un’altra volta vengo”.
    Alle sue parole gli occhi di Buffy si illuminarono d’orgoglio.
    “Non è quello il punto?” chiese sorridendo sul punto di muovere nuovamente le dita, quando una presa salda sul polso glielo impedì.
    “Sarebbe incasinato” spiegò lui.
    “Ah ...” si rese conto lei.
    “E poi ... preferirei ...” E fece un cenno con la testa verso il basso.
    “Ah ...” ripeté lei, sogghignando lasciva e aprendo leggermente le gambe per invitarlo ad entrare.
    Lui chiuse gli occhi, per trovare la forza di scendere dal letto.
    Vedendolo frugare fra l’ammasso di vestiti sul pavimento Buffy si accigliò un poco; il suo comportamento ricordava da vicino quello della loro prima notte ma, stavolta, quando tolse la mano dalle tasche dei jeans teneva almeno 5 bustine di plastica. Lui si sedette sul letto, dandosi da fare rapidamente per sistemare il preservativo. Nel frattempo Buffy rimase sdraiata sul letto chiedendosi se dirgli o no …
    “Spike, non abbiamo bisogno ...”.
    Lui la bloccò con una mano, mentre con l’altra continuava a lottare con il profilattico: “Solo un secondo”. “Ecco!” disse trionfante e, muovendosi come un gatto, si sistemò fra le sue gambe.
    Mentre lui si sistemava all’ingresso del suo sesso Buffy lo fissò ad occhi spalancati; qualunque cosa avesse cercato di dirgli svanì dalla sua mente quando lui abbassò i fianchi e lei lo sentì premere fra le sue labbra umide.
    Sentendo le pareti del suo sesso stringersi intorno a lui Spike chiuse gli occhi e inspirò a fondo. Non era uno shock così grande come lo era stato la prima volta, ma il fatto che lei fosse così stretta bastava a levargli il fiato. Si fermò per un attimo, lasciando che lei si abituasse a lui. Aprì gli occhi ad incontrare quelli di lei, e la trovò con un sorriso sulle labbra. Nel momento stesso in lui iniziò a muoversi dentro e fuori dal suo corpo il sorriso svanì, per essere sostituito da un’espressione di riverenza ed assoluto piacere.
    Cominciò con un ritmo lento, che crebbe lentamente, diventando più veloce e più forte con ogni spinta, finché i suoi fianchi si ritrovarono praticamente a cozzare contro quelli di lei.
    Man mano che la tensione cresceva lei aprì la bocca, e ne lasciò sfuggire un grido silenzioso. Anche in quel momento di totale abbandono, una piccola parte della sua mente ancora ricordava che sua madre stava dormendo lungo lo stesso corridoio. Si morse il labbro inferiore e, quando il piacere divenne incontenibile, gli affondò le unghie negli avambracci, facendolo fremere di dolore.
    “Scusa ...” gemette, lasciando ricadere le mani lungo i fianchi ed afferrando le lenzuola. Seppellì le dita nel tessuto, quasi strappandolo, nel tentativo di trattenersi dal gridare di piacere.
    Sentendola sempre più stretta e sempre più bagnata ad ogni spinta, Spike rovesciò gli occhi all’indietro.
    “Cazzo ... Buffy” le mormorò contro il collo, afferrandole il seno sinistro con la mano.
    “Spike” cominciò lei, rendendosi conto di essere prossima al limite. “Non posso … Sto per … Oh Dio!” gemette, mentre lui si muoveva più velocemente dentro e fuori di lei. “S-sto per gridare” riuscì finalmente a dire, respirando affannosamente e inarcandosi sul materasso, continuando ad affondare le unghie nelle lenzuola, pronta a gridare.
    “Shh...” le sussurrò lui all’orecchio, staccando la mano dal seno per chiuderle la bocca, soffocando così il suo grido. Continuò a muoversi dentro e fuori di lei ed a tenerle le dita sulle labbra, mentre la guardava lottare con se stessa.
    Aveva le sopracciglia aggrottate e gli occhi chiusi e dalle labbra le sfuggivano dei gemiti leggeri.
    Quando la ritenne in grado di controllarsi allentò la presa e lasciò ricadere la mano sul letto.
    “Ah!” mugolò lei, mentre lui spingeva più forte. “Oh Dio … Spike. Sto per … Ah…”.
    Il suo grido fu interrotto da lui che le schiacciava la bocca con la propria, assorbendo le sue urla di piacere. Dietro le palpebre chiuse Spike rovesciò gli occhi al cielo mentre lei, scossa dall’orgasmo, si agitò appena sotto di lui, stringendolo fino a strizzarlo.
    Lui la seguì poco dopo, staccando la bocca da quella di lei e chiudendo gli occhi, mentre stringeva più forte le lenzuola vicino alla sua spalla, prima di ricaderle addosso.
    Rimase immobile finché non la sentì esalare:
    “Ho bisogno ... di ossigeno ... Mi stai ... schiacciando ... a morte”.
    “Oh Dio. Mi dispiace” disse lui, rotolando via immediatamente.
    Sospirò di sollievo vedendo che lei sorrideva.
    “Beccato” bisbigliò lei.
    “Ah, ah. Molto divertente” disse lui, cercando di sembrare seccato, mentre si sedeva sul letto e si levava rapidamente il preservativo, prima di sdraiarsi nuovamente accanto a lei.
    “Non potresti mai schiacciarmi. Sei troppo magro” lo prese in giro lei.
    “Senti chi parla” ribatté lui.
    “Hey!” si accigliò lei.
    Lui sorrise e, prendendola tra le braccia, la attirò contro il torace. Rimasero sdraiati per qualche secondo a fissare il soffitto, finché Buffy non interruppe il silenzio.
    “Ehm ... Spike ...” cominciò, un po’ incerta.
    “Si, passerotto?”.
    “C’è ... un po’ freddo. Possiamo andare sotto le coperte?”.
    “Oh Dio, sì!” sospirò di sollievo lui, ed entrambi si alzarono e si sistemarono sotto le lenzuola.
    “Oh Dio sì?” si accigliò lei, sdraiandosi sul letto con la testa sul suo torace e la gamba sinistra sopra la sua.
    “C’era freddo. Ma se *io* avessi detto qualcosa, sarei stato un insensibile che tentava di sottrarsi all’obbligatoria sessione di coccole dopo il sesso” spiegò Spike.
    “Non avrei pensato che sei un insensibile” si difese lei.
    “Certo, Buffy. Con la nostra storia sono meravigliato che tu non abbia già trovato una scusa per scacciarmi dal tuo letto”.
    “Hey!” protestò lei, puntando il mento sul suo torace per poterlo guardare.
    “È vero”.
    “Non lo è”.
    “Sì che lo è”.
    “Non lo è”.
    “Visto, stiamo già bisticciando” puntualizzò lui.
    “Invece no. Sei così ...”.
    Lui la interruppe con la bocca, afferrandole la nuca e costringendola a baciarlo. Ben presto lei lo ricambiò di buon grado, infilandogli la lingua in bocca per approfondire il bacio. Quando lui si tirò indietro lei mugolò in segno di protesta.
    “Immagino che l’unico modo per evitare di litigare sia baciarti” disse lui, sogghignando maligno.
    “Credo che questa tecnica mi piaccia”. Lei gli sorrise di rimando e gli diede un bacetto sulle labbra, prima di appoggiarsi nuovamente al suo petto.
    Rimasero a letto, abbracciati, finché Buffy non sospirò.
    “Che c’è?” chiese Spike.
    “Mi piace questo” sorrise lei, baciandogli il petto.
    “Anche a me. E avremmo potuto farlo anche ieri notte se tu avessi avuto fiducia in me” rispose Spike. Cercò di farla sembrare un risposta infantile ma lei gli scorse un lampo di dolore negli occhi.
    “Mi dispiace” si scusò, alzando gli occhi a guardarlo.
    “Va bene”.
    “No invece. Avrei dovuto avere fiducia in te. Solo che … sei stato così misterioso su tutta la questione, cosa avrei dovuto fare?”.
    “Eh non so? Avere fiducia in me” la schernì lui, guadagnandosi uno schiaffetto sul braccio destro.
    “Ho detto che mi dispiace”.
    Lui si chinò e le diede un bacio in fronte: “Lo so, passerotto”.
    “Voglio dire, come facevo a sapere che eri un “difensore degli oppressi”?”.
    Spike sorrise per il titolo.
    “Povero Andrew. Avere una cotta per quella checca. Che gusti maledettamente pessimi”.
    Alle sue parole Buffy non poté evitare di ridacchiare.
    “Che c’è?” chiese lui accigliato. Non avendo risposta insisté: “Che c’è?”.
    “Ah niente”.
    “Buffy…”.
    “Credo che Andrew abbia migliorato i suoi gusti in fatto di uomini. Un po’ come ho fatto io”.
    “Ripeti?”.
    Buffy sollevò lo sguardo su di lui, posando il mento sulla mano che gli aveva posato sul petto; i suoi occhi scintillavano maliziosamente.
    “Non credo che ad Andrew piaccia ancora Angel”.
    “Davvero?”.
    Buffy ridacchiò di nuovo, sfiorandogli i pettorali con le dita. “Davvero. Sopratutto adesso che ha il suo cavaliere dall’armatura scintillante”.
    “Eh?”.
    Buffy scosse la testa. Era affascinante quanto Spike potesse essere cieco a volte.
    “Andrew ha una cotta per te” annunciò.
    “Che cosa?!”.
    “Andrew. Ha. Una. Cotta. Per. Te.” ripeté, pronunciando le parole il più attentamente possibile.
    “Cosa? No. A lui piace il finocchio” rispose Spike.
    “Spike. A scuola lo sanno tutti. Proprio come tutti sapevano che era gay; a parte te, a quanto pare. Voglio dire, il modo in cui ti fissa in mensa è un indizio chiarissimo. E perché credi di essere diventato re di homecoming? Non è che tu sia Mr. Popolarità”. All’espressione confusa di Spike continuò: “Ha truccato i voti”. Spike continuava a fissarla inebetito e lei gli batté una mano sul petto e disse in tono materno: “Credimi. Ha una cotta per te”.
    “No che non ce l’ha” insisté Spike.
    “Va bene. Non ce l’ha. Come ti pare”. Buffy alzò gli occhi al cielo e si voltò su un fianco, dandogli le spalle.
    Ci fu un attimo di silenzio, poi Spike chiese imbarazzato:
    “Andrew ha una cotta per me?”.


    Capitolo 33
    Si rigirò sulla schiena espirando a fondo, assaporando la sensazione delle lenzuola che le carezzavano la pelle nuda mentre si muoveva. Quando delle dita ruvide le sfiorarono la clavicola, aprì pigramente gli occhi e li strizzò leggermente, tentando di mettere a fuoco la vista. Lentamente i suoi occhi si puntarono sul corpo di lui, illuminato dalla luna. Sorrise dolcemente mentre lo guardava; lui aveva la testa appena piegata di lato, poggiata sulla mano sinistra e le teneva la mano destra posata sul collo.
    “Hey ...” lo salutò, con voce rauca.
    “Hey ...” rispose lui.
    I loro sguardi rimasero allacciati per un paio di secondi.
    “Che ore sono?” chiese lei, girandosi bruscamente di lato e prendendo la sveglia dal comodino. Accese la luce e strizzò gli occhi. “Sono le sei passate. È meglio che tu vada” disse, voltandosi nuovamente verso di lui e rimettendo a posto la sveglia.
    “È ancora presto” protestò lui, spegnendo la luce ed assalendole il collo con la bocca.
    “Presto? Tuo padre si alzerà entro un’ora” precisò lei, allungando di malavoglia la mano verso l’interruttore e trovandosi improvvisamente troppo debole per accenderlo.
    “C’è ancora tempo” mormorò lui, posandole una scia di baci lungo il collo e la clavicola, mentre spostava il proprio peso su di lei.
    “Spike ...” riuscì a mormorare lei, mentre la bocca di lui le raggiungeva il seno.
    Lasciò ricadere la testa all’indietro sul cuscino, mentre lui le circondava il capezzolo con la lingua e, di tanto in tanto, le sfiorava la carne morbida con i denti, facendola tendere e poi rilassare dopo qualche secondo. Lui le afferrò il seno, stringendoglielo leggermente ed avvicinandoselo alla bocca.
    Quando lui le lasciò andare il seno per spostarsi sul suo stomaco tonico, infilandole la lingua nell’ombelico perfetto, lei mise inconsciamente il broncio. Era completamente assorbita dalle sensazioni e soltanto la sottile pressione di lui contro la sua gamba sinistra la scosse dal suo torpore. Il movimento la portò ad aprire le gambe e, quando vide la testa di lui scivolarle fra le gambe, si rese conto delle sue intenzioni.
    Gli afferrò immediatamente i riccioli scompigliati e lo costrinse a sollevarsi e ad allontanarsi da lei. Lui la guardò accigliato:
    “Qual è il problema?” chiese, leggermente seccato. Era ansioso di farlo da quando si erano riappacificati. Ci aveva pensato a lungo, mentre l’aspettava nella sua [di lei, non di Spike – mi dispiace ma in italiano non si capisce] stanza per più di due ore.
    “Non voglio che tu lo faccia” rispose timidamente lei.
    “Cosa? Perché no?” chiese lui, poggiandole il mento sullo stomaco.
    “N-non mi piace, tutto qui. Lo sai. Te l’ho detto” si imbronciò appena lei.
    Spike si limitò a piegare la testa di lato e ad aggrottare le sopracciglia, facendole capire che doveva spiegarsi meglio.
    Lei sospirò forte e alzò gli occhi al cielo, poi iniziò:
    “Quando io ed Angel ...”. Sentendo che lui le stringeva più forte le cosce, mentre i muscoli del suo viso pulsavano a sentir menzionare il quarterback, lei si fermò un attimo. “Quando stavamo insieme ...”. Lui contrasse la mascella ma rimase in attesa, in silenzio. “L’ha fatto” disse lei, agitando imbarazzata l’indice verso il basso e tentando di evitare lo sguardo fisso di lui. “E non è stato poi così speciale” terminò, guardandolo finalmente negli occhi.
    “Bè ...” fece le fusa lui, sfiorandole lo stomaco con il mento mentre si sistemava fra le sue gambe. “Forse la checca non sapeva che cosa stava facendo”. Sogghignando appena abbassò la bocca e le mordicchiò l’interno della coscia, tenendo gli occhi fissi sui suoi.
    “O forse a me non piace” insisté lei, scostando di colpo la gamba nel tentativo di spingerlo via; lui però le afferrò le cosce e gliele tenne contro il materasso.
    “C’e solo un modo per scoprirlo, passerotto ...” mormorò, tracciando una scia di baci sulle sue cosce, avvicinandosi al punto in cui le sue gambe si univano.
    “Spike per favore non ...” lo supplicò lei poco convinta, tentando si scostargli la mano con la propria. “Non voglio … Ah!”.
    Quando la lingua di lui le sfiorò le labbra, lei si lasciò sfuggire un grido soffocato.
    “Passerotto, ti prometto ...” le bisbigliò, aprendole maggiormente le gambe. “Che ti piacerà” esalò prima di chiudere la bocca sulle pieghe del suo sesso, mozzandole il respiro e facendole afferrare le lenzuola ai lati del suo corpo.
    Dopo aver succhiato per qualche secondo la sua carne morbida la lasciò andare, e sollevò lo sguardo su di lei. Vedendo il suo bel viso arrossato e contorto dal piacere sogghignò, orgoglioso ed arrogante. Continuando a tenere gli occhi fissi su di lei, sporse la lingua e le leccò le pieghe del sesso, tracciandone i contorni su e giù, evitando accuratamente il punto sensibile in cui si congiungevano.
    La torturò lentamente per quella che sembrava un’eternità, leccando i fluidi che ora la ricoprivano abbondantemente. Il corpo di lei si contorceva nell’attesa ansiosa di una sua mossa e, alla fine, lui la fece. Alla fine le circondò il clitoride con le labbra, mentre lei rafforzava la presa sulle lenzuola e si mordeva il labbro inferiore nel tentativo di evitare di gridare. Sentendo i gemiti ed i mugolii soffocati di lei, quasi impossibili da sopportare, lui le affondò le dita nelle cosce. Seppellì la bocca tra le pieghe del suo sesso, sforzandosi di chiudere gli occhi e di concentrarsi su di lei. Aprì le labbra e le prese avidamente in bocca il clitoride, portandola ad ansimare ed a passargli le dita fra i riccioli ossigenati. Mentre si dava da fare di buon grado con la lingua, spostò una mano dalla sua coscia per affondare nel calore umido del suo corpo. Ancora una volta sollevò lo sguardo: la vista di lei, con il capo reclinato all’indietro e la bocca semiaperta, che annaspava in cerca d’aria, era senza dubbio l’immagine più erotica che avesse mai visto.
    Lei deglutì a fatica, mentre lui le sfiorava i contorni del sesso, avvicinandosi ogni tanto alla sua apertura, provocandola. Lui continuò ad avvolgerle la lingua intorno al clitoride e a provocarla dolorosamente con le dita, mentre lei agitava la testa a destra e a sinistra.
    “Per favore, Spike, per favore ...” lo supplicò alla fine, senza pudore.
    Non ebbe bisogno di chiedere due volte: lui le spinse dentro un dito, facendola inarcare sul materasso.
    “Oh Dio!” mugolò lei, afferrando con più forza i suoi capelli.
    “Shh ... Buffy, ti sentiranno” la avvertì Spike, interrompendosi con il dito ancora dentro di lei.
    “Non fermati. Per favore, non fermarti” lo supplicò lei, disperata.
    “Sii silenziosa” bisbigliò lui.
    “Sarò silenziosa, te lo prometto. Non … Io non …” mormorò, interrompendosi quando lui mosse il dito dentro di lei, alla ricerca di un punto preciso.
    Lui le riportò le labbra al clitoride, premendo e tirando e, contemporaneamente, avendo trovato ciò che cercava con il dito, lo mosse dentro e fuori di lei, accarezzando quel punto ogni volta che affondava in lei. Da sotto le palpebre pesanti la guardò contorcersi, con il volto arrossato e girato di lato, e mordere il cuscino nel tentativo disperato di evitare di gridare. Cosa che si rivelò impossibile quando Spike, improvvisamente, spinse in lei un altro dito, aprendola e facendo esplodere, a riempirle il corpo,la sensazione squisita che era cresciuta dentro di lei.
    Spike sgranò gli occhi, mentre lei si inarcava sul materasso e le pareti del suo sesso si stringevano intorno alle sue dita con forza brutale. Istintivamente Spike si tirò su, lungo il suo corpo, ma prima che riuscisse a coprirle la bocca un urlo forte, quasi inumano, riempì l’intera capanna.
    Buffy non si era ancora ripresa dall’orgasmo che sentì un rumore di vetri rotti.
    “Si sono alzati” annunciò Spike.
    “Cosa?” chiese Buffy intorpidita, guardando l’ossigenato saltare giù dal letto e rovistare nel mucchio di vestiti sul pavimento.
    “Per l’inferno maledetto!” sibilò lui, arrendendosi e limitandosi a spingerli tutti sotto il letto per poi correre alla porta che portava alla sua stanza.
    Ancora un attimo e Giles, nello spalancare la porta ed accendere le luci, avrebbe potuto intravedere Spike che si gettava nel suo letto. Invece trovò il proprio figlio adolescente seduto e coperto dalle lenzuola, che si ripuliva la bocca con il dorso della mano.
    “Cosa è successo?” chiese l’uomo, sistemandosi gli occhiali e sedendosi sul bordo del letto. “Stai bene?”.
    “S-sto bene. Cosa è stato?” mentì a denti stretti Spike, deglutendo a fatica nel tentativo di nascondere la propria mancanza di fiato.
    “Buffy ...” si rese conto Giles, e si diresse alla porta di comunicazione fra le due stanze.
    Nel momento stesso in cui la porta si chiuse, l’altra venne aperta da una donna avvolta in un accappatoio. Joyce tastò il muro alla ricerca dell’interruttore della luce e chiese:
    “Buffy? Stai bene?”.
    Quando riuscì ad accendere le luci trovò Buffy sdraiata sul letto, arrossata e senza fiato, che si stringeva addosso le coperte.
    “Hai avuto un altro incubo?” chiese la donna andando a sedersi sul letto, a fianco della figlia, mentre la porta che portava alla camera di Spike veniva aperta da Giles.
    “Sta bene?”.
    “I-io ...” si sforzò di rispondere Buffy. Il suo balbettio peggiorò quando, dopo pochi istanti, nella stanza entrò Spike con addosso una maglietta e un paio di boxer. Deglutì a fatica, cercando di ignorare il sogghigno arrogante del ragazzo e di concentrarsi su quello che stava dicendo sua madre.
    “Cosa? Ehm ... Già, h-ho avuto un altro incubo. N-non era niente. Sto bene. Davvero” insisté, senza distogliere gli occhi da Spike, mentre una piacevole sensazione post-orgasmo le si diffondeva in corpo.
    “Sicura di stare bene? Voglio dire, di solito dormi così bene ... È successo qualcosa?” chiese Joyce, senza accorgersi delle occhiate che i due ragazzi si stavano scambiando.
    “Sto bene, mamma. Probabilmente è solo il fatto che sto dormendo in un letto diverso. Ecco tutto” cercò di giustificarsi lei.
    “Sei sicura? Io non ...”.
    “Mamma! Sto bene” le assicurò lei.
    “Forse è stato a causa di quegli orribili rumori di prima” suggerì Giles.
    “Orribili rumori?” chiese Buffy, corrugando le sopracciglia.
    “Si, non gli hai sentiti? Era tutto uno sbattere e squittire. Dio, quei rumoracci mi hanno tenuto sveglio fino alle due del mattino” spiegò Giles.
    Buffy sentì il proprio cuore balzarle in gola e le guance che le si imporporavano, e fissò Spike ad occhi sgranati: “Ah! Quei rumori!”.
    “Procioni probabilmente” suggerì calmo l’ossigenato, anche se il suo cuore aveva perduto un colpo. “Che frugavano nella spazzatura, ecco tutto”.
    “Forse” concordò Giles.
    “Ma ora stai bene, vero amore?” insisté Joyce.
    Buffy si limitò ad annuire e strinse le labbra. La donna sorrise e passò una mano sul viso della figlia, poi guardò il proprio orologio da polso.
    “Bene, sono già le sette. Non ha senso tornarsene a letto adesso, non è vero? E poi dobbiamo andare in città a comprare le cose che servono per la cena di stanotte” disse, leggermente eccitata, e si alzò. “Farai meglio ad alzarti”.
    Buffy mise il broncio e sollevò lo sguardo sulla madre:
    “Mamma, ti dispiace se salto le compere? Anch’io non ho dormito molto stanotte. Colpa di quei … fastidiosi procioni” aggiunse, gettando un’occhiataccia a Spike nel pronunciare l’ultima parte della frase.
    “Va bene. Se sei stanca. Ma non stare a letto troppo a lungo” acconsentì Joyce.
    “Ehm ... Papà, posso saltarle anch’io?” azzardò Spike.
    “Comunque non mi aspettavo che tu venissi” rispose Giles con un mezzo sogghigno, e uscì dalla stanza subito seguito da Joyce, lasciando soli i due ragazzi.
    Nel momento stesso in cui la porta si chiuse Buffy saltò fuori dal letto e mise le braccia al collo di Spike, schiacciandogli la bocca con la propria, facendogli quasi perdere l’equilibrio.
    “È stato fantastico!” mormorò contro il suo petto, dopo aver finalmente interrotto il bacio.
    “Eccome” rispose lui, ancora un po’ scosso dal fatto che Buffy, nuda, gli si stese premendo addosso.
    Lei stava per dire qualcosa, quando si sentì il rumore di una porta che veniva aperta lungo il corridoio. In un lampo si seppellì nuovamente fra le lenzuola.
    “Meglio aspettare finché non escono” bisbigliò.

    Tenne l’orecchio incollato al legno, torcendosi nervosamente i bordi delle maniche e sforzandosi di sentire quello che succedeva in corridoio. Attese pazientemente che il suono di passi si indebolisse sempre più, poi aprì la porta e sporse la testa in corridoio. Sentendo la porta principale che veniva chiusa sospirò forte e corse alla finestra, giusto in tempo per vedere Giles che saliva in macchina e chiudeva la portiera. Nel momento stesso in cui il motore si avviò, se ne staccò e corse alla porta di comunicazione, spalancandola e andando addosso a Spike.
    “Ahia!” gridarono entrambi, contemporaneamente.
    “Stai bene?” chiese Buffy. Spike non ebbe neanche il tempo di annuire che lei gli fu addosso. “Bene!” esalò lei fra un bacio e l’altro, spingendolo verso il letto.
    Quando la sua schiena toccò il materasso Spike sollevò un sopracciglio. Si ritrovò a fissare Buffy, ancora in piedi di fronte a lui, con un’espressione lussuriosa in volto.
    “Da quando in qua sei assetata di sesso?” chiese con un sogghigno arrogante, che si sbriciolò per essere sostituito da un’espressione a bocca aperta non appena lei si sollevò la camicia da notte sopra la testa, mostrandosi completamente nuda.
    Lei si sistemò su di lui in silenzio, con le ginocchia ai lati del suo corpo e il petto che premeva contro il suo torace. Gli posò la bocca sul lobo dell’orecchio, prendendolo in bocca e avvolgendovi attorno la lingua. Sentendolo ansimare sorrise. Dio, quanto amava sentirlo ansimare in quel modo!
    Quando lei lo morse lui gemette: “Buffy ...”.
    Lei si staccò dal suo orecchio, tracciandogli una scia di baci famelici sulla mascella, finché non trovò la sua bocca e la invase con la lingua.
    “Tu” – bacio –“sei stato” bacetto – “fantastico” terminò, indugiando con la lingua sulle sue labbra per qualche secondo.
    “Così mi hanno detto” sogghignò lui.
    Buffy si immobilizzò e Spike si prese mentalmente a calci per quello che aveva appena detto. “Stupido! Stupido! Stupido!” gridò mentalmente, vedendo che lei si raddrizzava e gli rivolgeva un’occhiata assassina.
    “Ah davvero? E posso chiedere chi?”.
    “Nessuno” rispose subito lui.
    All’improvviso lei si staccò da lui, raccolse la sua camicia da notte e se ne andò nella sua stanza sbattendo la porta.
    “Che c’è?” chiese lui, rimanendo spaparanzato sul letto.
    Non ebbe risposta.
    “Buffy che c’è che non va?” chiese, alzandosi e seguendola.
    Lei non gli rispose e, ancora in camicia da notte, marciò nella sua stanza, guardò sotto il letto, raccolse i suoi vestiti e glieli gettò addosso.
    “Fuori!” scattò.
    Lui fece finta di non aver capito: “Cosa è successo?”.
    “Niente” disse lei a denti stretti, tirando e strattonando le lenzuola furiosa, nel tentativo di rifare il letto. “Così mi hanno detto” mormorò fra sé, in maniera quasi incomprensibile.
    “E dai, Buffy. Stavo scherzando”.
    “Invece no” ribatté lei, guardandolo storto.
    “Va bene! Non stavo mentendo!” ammise. “Buffy, devi capire che *ho avuto* una vita prima che ci mettessimo insieme, e che coinvolgeva altre ragazze”.
    “*Io* pure!” ribatté lei, lasciando andare per un attimo le lenzuola prima di riprendere a fare il letto. “Ma io non vado in giro a sventolartelo sotto il naso”.
    “Non stavo ...” tentò di difendersi lui, ma fu subito interrotto.
    “Ah già, certo” sbuffò lei. “Non stavi” brontolò.
    “E dai, Buffy”. Quando lui fece un passo verso di lei, lei si raddrizzò e lo fissò.
    “Io non vado in giro a gloriarmi di tutte le cose che io ed Angel abbiamo fatto. E credimi, ne abbiamo fatte *parecchie*” mentì.
    Spike deglutì a fatica, nel tentativo di controllare la rabbia che stava iniziando a ribollire.
    “Veramente abbiamo fatto di tutto!” gli rivelò lei, con uno sguardo lascivo.
    “Buon per te” riuscì a dire lui a denti stretti.
    “Ci puoi scommettere” ribatté immediatamente lei. “È stato fantastico! È-è stato *davvero* fantastico!” insisté, tornando al proprio compito e rimettendosi a tirare le coperte, senza accorgersi del muscolo che gli pulsava in viso.
    Non riuscì a finire la frase e, all’improvviso, si ritrovò sdraiata sul letto, senza fiato e con Spike sistemato fra le sue gambe. Stava per protestare quando sentì la mano di lui farsi strada rapidamente sotto la sua camicia da notte, fino a trovare l’ammasso di riccioli all’apice delle sue cosce.
    Quando lui cominciò a provocarla, sfiorandone la carne ancora sensibile, lei espirò a fondo, cercando di tenere gli occhi aperti. “Era davvero così grandioso?” chiese lui contro la sua bocca.
    Lei dischiuse le labbra e cercò di baciarlo ma lui, con la mano libera, la teneva saldamente per i capelli, tenendola la sua bocca a pochi centimetri dalla propria.
    “Lo era?” ripeté.
    Lei non ripose e continuò a lottare contro la presa di lui sui suoi capelli.
    “Era ...”. Lui si interruppe un attimo, infilandole dentro un dito e massaggiandola lentamente.
    “Ah!” gridò lei.
    “ ... così grandioso?”.
    Lei cominciò a scuotere la testa furiosamente, facendo segno di no, e lui sogghignò.
    Entrò e uscì da lei un paio di volte prima di tirarsi indietro del tutto e di staccarsi da lei, che fu presa di sorpresa dall’improvvisa perdita del piacevole contatto.
    “Che c’è?” chiese, leggermente frastornata, sollevandosi sui gomiti.
    “Volevo solo esserne sicuro” sogghignò lui, tornandosene nella sua stanza.
    “Piccolo ...” cominciò lei, correndogli dietro.
     
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  6. TerenceSpike
     
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    Capitolo 34
    Entrò nella stanza di lui giusto in tempo per vedere Spike che usciva dall’altra porta. Buffy gli trottò dietro, imbronciata ed accigliata.
    Dopo essere corsa giù per le scale ed essersi appoggiata alla balaustra, lo guardò dirigersi verso il cucinino e, cercando di sembrare noncurante, chiese: “Dove stai andando?”.
    “A colazione. Ho fame” rispose lui, aprendo il frigorifero.
    Lei non disse niente e, sceso anche l’ultimo gradino, si mise a girellare per il soggiorno. Si lasciò cadere sul divano, facendo finta di non notare i rumori metallici che venivano dal cucinino, e si portò la mano alla bocca, mordicchiandosi le pellicine delle unghie. Dopo pochi secondi le arrivò un profumo delizioso di uova fritte, e non poté evitare di gettare uno sguardo nella direzione di Spike. Lui era in piedi davanti ai fornelli, e le dava le spalle.
    Alla fine lei si arrese e, alzatasi, si diresse al bancone e, dopo essersi seduta su uno degli sgabelli, chiese: “Che cosa stai facendo?”.
    “Colazione” rispose lui, facendo un passo di lato e mostrandole un piatto con una semplice omelette. “Ne vuoi?”.
    Vedendola e sentendone l’odore le venne l’acquolina in bocca, ma il suo orgoglio le impedì di darlo a vedere. La sua mente si soffermò sul modo in cui, appena un minuto prima, lui si era staccato da lei lasciandola nella sua stanza da sola. Al ricordo mise nuovamente il broncio.
    “No, grazie. Non ho fame” rispose, sollevando il mento ed arricciando il naso a mo’ di provocazione.
    “Accomodati” si strinse nelle spalle lui, e se ne andò in soggiorno a spaparanzarsi sul divano.
    Rimasero in silenzio per quella che sembrava un’eternità, con Spike che sbocconcellava la sua colazione in apparenza completamente dimentico della bionda che, seccata, tamburellava le unghie sul bancone. All’improvviso lei si alzò ed annunciò:
    “Vado a fare una doccia”.
    Spike sogghignò tra sé, e rimase a guardarla mentre marciava arrabbiata su per le scale.

    Buffy camminava in cerchio nella propria stanza, con i capelli bagnati che le ricadevano sulla schiena, giocherellando con le maniche della maglia rossa a collo alto.
    Combattè l’urgenza di entrare nella stanza di lui a controllare se c’era ancora. Era sicura di aver sentito una porta che si apriva quando, dopo aver terminato con la doccia, si stava pettinando davanti allo specchio coperto di vapore. Era andata nella sua stanza, con il cuore che le batteva velocemente nel petto, sicura che lo avrebbe trovato là, magari nudo sul letto, pronto a supplicarla di perdonarlo. Aveva girato la maniglia con un migliaio di fantasie che si rincorrevano nella sua mente. Si erano infrante tutte quando aveva trovato la stanza vuota.
    Uno strano miscuglio di rabbia e disappunto le opprimeva il petto e le stringeva la gola. Odiava questa terribile sensazione di sicurezza che provava con lui. Non sapeva mai cosa aspettarsi da lui. Era talmente volubile: dolcissimo e disperato un momento, arrogante e presuntuoso il momento dopo.
    Sospirò a fondo e uscì dalla stanza. Scese le scale strascicando i piedi. Vedendo l’incredibile colazione sistemata sul tavolo le si mozzò il fiato e si portò una mano alla bocca. C’era un ampio piatto, sul quale erano sistemate in cerchio cucchiaiate di cinque o sei varietà diverse di gelatina e marmellata. A fianco c’era una montagnetta di frittelle, con sopra quello che sembrava sciroppo d’acero. Con un dito sulle labbra esaminò il tavolo, e vide una ciotola piena di frutta fresca di vario tipo, nascosta dietro un bicchiere di succo d’arancia appena spremuto. Infine, sistemata al centro di un piatto bianco, c’era una rosa rossa.
    “Oh mio Dio” sospirò.
    “Mi stavo chiedendo quando saresti scesa”.
    Lei fece un salto, leggermente spaventata dalla voce proveniente dalle sue spalle. Si voltò e lo vide appoggiato alla ringhiera delle scale, con le braccia conserte e il suo solito sogghigno stampato sulle labbra. Si era messo la camicia rossa sulla maglietta e, a completare il tutto, un paio di scoloriti jeans neri e gli anfibi.
    “Affamata?” chiese, facendo un passo verso di lei.
    “Oh mio Dio” mimò con le labbra lei, saltando con lo sguardo da Spike al tavolo e viceversa.
    Il sorriso di lui si allargò: “L’hai già detto”.
    “Grazie”.
    Lui sollevò il sopracciglio sfregiato: “Per cosa?”.
    “Bè ...”. E fece un cenno in direzione del tavolo.
    “Ah quello non è per te” disse freddo lui.
    Buffy corrugò immediatamente le sopracciglia e spalancò la bocca ma, prima che potesse dire qualcosa, lui la prese tra le braccia e la baciò. Lei non si preoccupò neanche di divincolarsi e lasciò che la lingua di lui si avvolgesse alla propria, mentre le posava una mano sulla guancia. Quando lui si tirò indietro, Buffy gli diede uno schiaffetto sul petto, facendogli fare un salto.
    “Ahia! E quello per che cos’era?” chiese lui ridacchiando.
    “Cattivo” scattò lei, mettendo subito il broncio.
    “Molto” concordò lui con un sogghigno lascivo, poi le diede un bacetto sulle labbra e la fece voltare verso il tavolo. “Adesso mangia! Sei troppo ossuta” le ordinò, scostando una sedia dal tavolo per lei.
    “Hey!” protestò debolmente lei, lasciando cadere lo sguardo sul banchetto che giaceva davanti a lei. Stava morendo di fame ma riuscì comunque a prendere la rosa e ad annusarla velocemente, prima di metterla via per prendere in mano coltello e forchetta. “Dove hai preso quella rosa?”.
    “Non sei stata sul retro, vero?”. Spike arricciò le labbra, guardandola scuotere la testa e ficcarsi in bocca, famelica, un bel pezzo di frittella.
    “C’è un piccolo cespuglio di rose. Non è in gran forma, dato che non siamo qui per innaffiarlo e cose simili ma, sorprendentemente, è sopravvissuto”.
    Ci fu un attimo di silenzio, e Spike continuò a fissarla sogghignando.
    “Che c’è?” chiese lei, in maniera quasi incomprensibile a causa della gran quantità di cibo che le riempiva la bocca.
    “Niente” rispose lui, posando la testa sulla mano e fissandola.
    Lei masticò velocemente e deglutì un boccone enorme, poi chiese colpevolmente:
    “Sembro un maiale, vero?”.
    “No” rispose sincero lui, mentre lei continuava a mangiare.
    “È buonissimo” riuscì a dire lei tra un morso e l’altro. “Dove hai imparato a farle?” chiese, indicando con la forchetta le frittelle.
    “Me l’ha insegnato mio padre” rispose lui, fissandola ciecamente.
    “Sono deliziose”.
    Divorò rapidamente tre frittelle, usando tutte le marmellate. Alla fine terminò di bere il succo d’arancia e si appoggiò alla sedia, carezzandosi lo stomaco.
    “Soddisfatta?”. La domanda, per quanto semplice, grondava insinuazioni.
    Lei curvò le labbra in un sorriso maligno che gli fece venire l’acquolina in bocca: “Forse”.
    Lui sogghignò di rimando ma non disse niente e, cominciando a sistemare il tavolo, si diresse nel cucinino. Lei lo seguì subito e rimase a guardarlo sollevarsi le maniche e mettersi a lavare i piatti.
    “Allora ...” cominciò lui, senza distogliere lo sguardo dall’acqua insaponata che aveva davanti. “Siamo … a posto?”.
    “Siamo a posto” rispose lei, sedendosi su uno sgabello.
    “Bene” disse lui a bassa voce.
    Ci fu ancora un attimo di silenzio poi lui disse:
    “Mi dispiace. Ho la tendenza a non pensare prima di parlare”.
    “Ho notato” sorrise lei, prendendo un acino d’uva e mettendoselo in bocca.
    “Come fai a mangiare ancora?” chiese lui, stupefatto. “Ti sei appena mangiata tre frittelle enormi e adesso ti metti a mangiare frutta?”.
    Lei si imbronciò e lui sentì il proprio cuore balzargli in gola. Dio, quanto amava quando sporgeva il labbro inferiore in quel modo. Gli faceva venire voglia di … Scosse la testa e tornò al proprio compito, cosa che gli riuscì quasi impossibile quando lei gli mise le braccia intorno alla vita e, premendogli il petto contro la schiena, gli stampò un bacio leggero sulla scapola. Espirò a fondo mentre lei si scostava e gli si metteva a fianco, cominciando ad asciugare i piatti con uno strofinaccio preso là vicino.
    “Allora ...” cominciò lei, un po’ esitante, con il cuore che perse un colpo quando lui si voltò a guardarla. “Te l’hanno detto molte volte?”.
    Lui si accigliò e la guardò, trovandola con lo sguardo fisso sul piatto che stava asciugando.
    “Mi hanno detto molte volte cosa, amore?”.
    “Che ... sai ... sei bravo a ...”. Lei lo guardò con la coda dell’occhio e lo trovò con un mezzo sogghigno in volto. “E dai. Non me lo farai dire, vero?”.
    Lui sospirò forte. Sapeva che alla fine avrebbero avuto l’inevitabile “conversazione sugli ex”.
    “Qualche volta”. Lui cercò di evitare di dare numeri precisi ma non poté quando lei saltò su:
    “Quante?”.
    “Buffy…”.
    “Che c’è?” chiese innocentemente lei.
    “Vuoi davvero andare avanti con questa storia?”.
    “È solo una domanda, Spike” precisò lei.
    “Due” rispose lui.
    Lei si sentì invadere dal sollievo e sorrise lievemente.
    “Solo Dru?”.
    Lui si accigliò per un attimo, poi rendendosi conto del suo ragionamento, si corresse.
    “Tre con te”.
    “Ah...”. Il disappunto nella voce di lei era evidente.
    Ci fu un momento di silenzio, nel quale lui potè sentire la domanda non fatta aleggiare su di lui e gridare nel suo orecchio. Alla fine sospirò e mormorò:
    “C’era una ragazza a casa”. Fece una pausa e aggiunse: “Cecile”.
    Lei non disse niente e mantenne lo sguardo sullo straccio con cui stava trafficando, in attesa che lui le passasse qualcosa da asciugare.
    “E tu?” chiese lui, ansioso di spostare altrove l’attenzione.
    “Angel … e te” rispose lei, con la testa china.
    A questa risposta Spike strinse istintivamente i denti.
    Tra loro ci fu un silenzio tutt’altro che confortevole, finché Buffy non si gettò lo straccio su una spalla sospirando:
    “Tutto questo è ridicolo. Entrambi abbiamo avuto qualcuno in passato. Uno di noi più dell’altro, ma... è ridicolo” disse con noncuranza.
    “Sei sicura?”.
    “Sto bene” insisté lei, anche se dentro di sé le si torceva lo stomaco all’idea di lui con qualcun’altra.
    “Non importa quante ce ne sono state prima, purché tu sappia che tutto ciò che voglio adesso sei tu”. Lui si asciugò rapidamente le mani sulla maglietta e le si avvicinò. “Questo lo sai, vero?”.
    Lei annuì e sorrise, mentre lui si chinava e le prendeva in bocca il labbro inferiore. L’abbracciò e le posò le mani sul fondoschiena, attirandola a sé. Sentendo il suono metallico di una chiave che veniva infilata nella serratura si separarono immediatamente.
    Lei sentì la madre chiamarla: “Buffy!”.
    “Sono qui” gridò, dicendo con gli occhi “mi dispiace” ad uno Spike imbronciato, e gettando lo straccio sui piatti asciutti prima di aggirarlo e andare incontro alla madre. “Mamma, cosa hai fatto? Hai comprato tutto il cibo del supermercato?” chiese, vedendo la madre che stava sulla porta con quattro buste di plastica in ogni mano.
    “Voi due potreste per favore andare fuori ad aiutare Giles?” chiese lei, entrando nel cucinino.
    I due ragazzi uscirono e trovarono Giles in piedi vicino alla macchina, il cui cofano aperto era completamente riempito di buste della spesa.
    “Sta bene? Le avevo detto di non prenderne così tante” disse lui, un po’ preoccupato.
    “Sta bene” sorrise Buffy, esaminando le provviste.

    “Quando pensi che dovremmo dirglielo?” chiese Spike mentre, seduto al tavolo con Buffy, guardava la coppia più anziana muoversi goffamente nel cucinino durante la preparazione della cena per la vigilia di Natale.
    “Dirglielo?” chiese lei, raddrizzandosi.
    Spike la indicò con la testa: “Di noi”.
    “Oh ...” disse lei, spalancando la bocca in un cerchio perfetto ed appoggiandosi sul tavolo, tracciando strani disegni sul legno con le dita. “Potremmo, come dire, aspettare fino alla fine delle feste?”.
    “Perchè?” chiese Spike accigliato.
    “Non so. Per tuo padre potrebbe essere una specie di trauma scoprire che non sei gay” ridacchiò lei, vedendo la sua espressione offesa. Sforzandosi al massimo di non ridere deglutì e continuò, posando discretamente una mano sulla sua: “Mi dispiace”. Strinse le labbra in un tentativo fallito di non sorridere: “È solo che mi sembra un po’ strano che tu … te ne torni nello sgabuzzino alla vigilia di Natale”.
    “Strano? Sarebbe un sollievo. Mi sto veramente stancando di tutti questi discorsi da gay” insisté lui a denti stretti, stando attento da non farsi sentire dalla coppia ancora impegnata in cucina. “Credo di averlo dimostrato la notte scorsa” aggiunse, appoggiandosi a lei e passandosi allusivamente la lingua sulle labbra.
    “Presuntuoso, eh?” chiese lei alzando un sopracciglio.
    “Voi due, la volete smettere di abbaiare e venire ad aiutarci?” disse Joyce, che stava rimestando una grossa teglia sui fornelli.
    I due ragazzi sospirarono e si alzarono, avvicinandosi al bancone.
    “Non credo che riusciremmo a stare là in quattro” notò Spike con un pizzico di soddisfazione.
    “Puoi toglierti quel ghigno dalla faccia e cominciare ad affettare l’aglio” annunciò Giles con un sorriso forzato, sistemando con un tonfo coltello e tagliere sul bancone.
    “Papà. Io odio l’aglio” mise il broncio Spike.
    “Povero Spikey” lo prese in giro Buffy, sogghignando.
    “E tu signorina puoi tritare le cipolle” le ordino Joyce passandole un coltello e un’insalatiera piena di cipolle.
    “Mamma!” protestò Buffy.
    “Tritale finemente” la interruppe la madre, riportando la propria attenzione sui fornelli.
    “Non osare dire una parola” disse la bionda in tono minaccioso, agitando il coltello in direzione di Spike che cercava di reprimere una risatina.

    I quattro si mossero goffamente nel piccolo spazio, inciampando l’uno nell’altro nel tentativo di portare a termine i rispettivi compiti.
    “Voi tre, potreste star fermi per un secondo?” scattò alla fine Joyce, sospirando forte. “Sapevo che preparare insieme questa cena era un errore”.
    “Che c’è? Stiamo dando una mano. Non è colpa nostra se il cucinino è minuscolo” si imbronciò Buffy, cercando di infilarsi fra la madre e Spike per prendere il latte condensato all’altro capo della stanza.
    Sentendo che lei gli premeva il petto contro la schiena, l’ossigenato rovesciò gli occhi all’indietro. Dio, lo stava certamente facendo di proposito! Durante l’ora che avevano passato in quello spazio ristretto gli si era strofinata addosso almeno cinque volte, e tenere le mani lontane da lei stava diventando quasi impossibile. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era di afferrarla e baciarla fino a toglierle il fiato, di fronte ai loro genitori. Al diavolo le apparenze! Sospirò e, gettando un’occhiata a Joyce e a suo padre, si sistemò velocemente nei jeans prima di rimettersi a sbattere le chiare d’uovo.
    “Quando ho comprato questa capanna non è che stessi pensando di tenervi dei cenoni” si scusò Giles, riuscendo finalmente ad uscire dal cucinino. “Vado a prendere dell’altra legna per il fuoco nel seminterrato” annunciò prima di andarsene.
    “Vanno bene, Joyce?” chiese Spike, deglutendo a fatica mentre Buffy lo sfiorava ancora una volta tornando indietro. “Piccola provocatrice! Stanotte vedrai”.
    La donna diede un’occhiata alla ciotola che Spike teneva in mano e annuì:
    “Grandioso Spike. Mettile là” disse, indicando la superficie libera più vicina.
    Il ragazzo si asciugò le mani con la camicia e chiese:
    “Posso fare qualcosa d’altro?”.
    “Potresti apparecchiare?”.
    “Certo” acconsentì lui, prendendo una tovaglia e andando nel soggiorno.
    Un’ora più tardi nel caminetto ardeva un bel fuoco caldo e i quattro si erano finalmente seduti a tavola, a divorare la montagna di cibo che stava loro davanti.
    “È delizioso, tesoro”. Quando l’ultima parola gli sfuggì di bocca Giles si bloccò. Si guardo attorno, aspettandosi espressioni disgustate dai due ragazzi e rimase sorpreso dalla loro assoluta mancanza di reazioni. Si accigliò un poco per la stranezza della cosa. Forse si stavano abituando all’idea che i loro genitori fossero una coppia. Continuò ad osservarli, mentre entrambi si ficcavano in bocca assurde quantità di cibo. “O forse sono semplicemente troppo affamati per sentire qualcosa”.
    “Grazie” rispose con un sorriso Joyce, seguendo lo sguardo di Rupert e guardando i ragazzi che, tra un morso e l’altro, a malapena respiravano.
    Giles cercò di avviare una conversazione: “Allora ... quando apriamo i regali?”.
    “Io e Buffy di solito li apriamo la mattina di Natale. È una tradizione” rispose Joyce, accorgendosi che la figlia era troppo occupata a mangiare per rispondere.
    “La mattina di Natale, va bene”.
    “Hey, posso dire la mia?” protestò Spike sollevando gli occhi dal suo piatto per la prima volta da quando si era seduto. “Noi li apriamo sempre a mezzanotte”.
    Giles si accigliò e rivolse al figlio uno sguardo di disapprovazione.
    “Che c’è?” chiese Spike, completamente inconsapevole delle occhiate assassine del padre.
    Giles si limitò a scuotere la testa e a sospirare.
    “Va bene. Li apriremo la mattina di Natale” si rassegnò Spike, riportando la propria attenzione sul piatto.

    I quattro si spostarono dal tavolo al divano, per sedersi vicino al tepore del caminetto, ed il resto della serata passò senza che succedesse niente di particolare. All’inizio ci fu un po’ di disagio e una certa mancanza di argomenti ma pian piano la conversazione si avviò, e ben presto i quattro si ritrovarono a discutere su quale cucina fosse migliore fra quella inglese e quella americana, gridando a pieni polmoni.
    “Non so perché stiate facendo un tale trambusto. Il punto è che gli americani semplicemente non *hanno* tradizioni gastronomiche” argomentò Giles, appoggiandosi al divano con le gambe accavallate e sorseggiando il suo brandy.
    “Certo che abbiamo delle tradizioni gastronomiche” disse fiduciosa Buffy, per poi guardare la madre e chiedere subito: “Vero?”.
    “Sì” rispose sorridendo la madre, passando una mano fra i capelli della figlia che era seduta per terra ai suoi piedi. “E la torta di mele?”.
    “Non è neanche americana. O pensi davvero che il resto del mondo non avesse la torta di mele finché non ci avete pensato voi americani?” ribatté Giles.
    “Già” disse Spike, che se ne stava sdraiato sul tappeto, sostenendosi con i gomiti. “Tutto quello che avete sono le polpette che comunque sono un maledetto derivato tedesco”.
    “E allora quel vostro “angis”?” chiese Buffy, arricciando il naso e facendo una smorfia di disgusto. “Voi mangiate interiora infilate nello stomaco di una pecora! Bleah!”.
    “Si dice haggis! E quello è scozzese, amore!” la corresse ridacchiando Spike, cosa che gli procurò uno schiaffetto sul braccio da parte della biondina. “Hey!”.
    “Non mi interessa cosa dici; un hotdog è dieci volte meglio di pesce e patatine fritte avvolte in un vecchio giornale” ribatté Buffy, incrociando le braccia sul petto.
    “Chi disprezza compra, passerotto” disse Spike in tono canzonatorio.
    “Bè, qualunque siano le vostre preferenze credo che sia ora di andare a letto” disse la sig.ra Summers sbadigliando.
    “Una dritta, mamma. Davvero una dritta” ridacchiò Buffy voltandosi verso Joyce.
    “Sono le quattro del mattino” rispose la madre. “Su, di sopra”.
    Spike e Buffy si alzarono controvoglia e, dopo aver salutato, salirono le scale. Nel momento stesso in cui raggiunsero la cima e si trovarono fuori vista Buffy si ritrovò bloccata contro la parete, con il corpo di Spike premuto contro il proprio. Si lasciò sfuggire un gridolino, subito soffocato dalla bocca di lui che si incollò alla sua in un bacio feroce ed esigente. Lei sgranò gli occhi, mentre lui muoveva freneticamente le mani su di lei, infilandogliene una sotto la maglia a massaggiarle il seno e afferrandole bruscamente il sedere con l’altra per premerle il bacino contro il proprio.
    Buffy ansimò e, quando lui si staccò da lei, lo guardò senza fiato.
    “Quello per che cos’era?” chiese, quando finalmente ne fu in grado.
    “Che cosa credevi? Che avrei lasciato che tu mi provocassi come hai fatto per tutto il pomeriggio senza che ci fosse alcuna conseguenza?” disse lui, fissandola pericolosamente, con le mani sul muro ai lati della sua testa.
    “Non so di cosa tu stia parlando” sogghignò lei, senza neanche provare ad apparire convincente.
    “Piccola viziosa che non sei altra! Ti stavi volutamente strusciando addosso a me ogni volta che ne avevi la possibilità”.
    “Cosa vuoi che ti dica? Amo quella tua espressione” lo prese in giro lei.
    “Quale espressione?”.“Lo sai. Quella ...”. Rovesciò gli occhi all’indietro, poi li chiuse con forza, stringendo e rilassando i denti e trattenendo il respiro nel tentativo riuscito di imitare la sua reazione, poi si rilassò e aggiunse: “ … espressione”.
    “Non la faccio” negò violentemente lui.
    Lei gli gettò uno sguardo provocante, poi si scostò dal muro e cominciò a camminare verso la sua stanza: “Certo che la fai. Quando siamo venuti qui in macchina, l’hai fatta per tutto il tragitto”.
    “Lo stavi facendo apposta?!” chiese offeso lui, andandole dietro e bloccandole il passo.
    “Lo so ...”. Lei fece un passo verso di lui e gli passò un dito lungo il petto. “ … sono stata una ragazza davvero cattiva” disse, con un tono quasi infantile.
    “Una ragazza davvero, davvero cattiva” ripeté lui, sogghignando.
    “E adesso devo essere punita” continuò lei, guardandolo da sotto le palpebre pesanti e sorridendo maligna.
    “Eccome” acconsentì lui, eliminando la distanza tra loro e chinandosi su di lei.
    “Allora, quale sarà la punizione?” esalò lei, mentre la sua vicinanza cominciava a compromettere la sua abilità di parola.
    Lui cominciò a bassa voce: “Dovrai dormire ...” poi, all’improvviso, si allontanò da lei e aggiunse: “ … da sola. Buonanotte Buffy”.
    Prima che lei potesse dire qualcosa lui la superò si diresse alla porta della sua camera da letto e sparì.


    Capitolo 35
    Lui scostò le coperte e posò i piedi sul pavimento freddo, spostando lo sguardo sulla porta di comunicazione fra le due stanze. "Perché ci starà mettendo tanto?" si chiese, passandosi le dita fra i riccioli scompigliati. Erano passate due ore dalla sua disinvolta uscita dal corridoio. L'aveva preso davvero sul serio?
    Lei era seduta sul letto a fissare la porta, tenendosi le gambe abbracciate contro il petto ed il mento sulle ginocchia. "Non mi muovo, non mi muovo, non mi muovo" ripeteva mentalmente, dondolandosi appena avanti e indietro. Non era sul punto di arrendersi. No. Non mi arrendo.
    Lui sospirò forte, poi si alzò e si trascinò nel corridoio.
    Il rumore metallico di una serratura che si apriva catturò l'attenzione di Buffy che, guardando la porta di comunicazione e trovandola ancora chiusa, corrugò le sopracciglia. Si alzò in un lampo, sibilando quando i suoi piedi nudi entrarono in contatto con il pavimento gelido. Saltellò fino alla porta che dava sul corridoio e vi posò l'orecchio, sforzandosi di sentire qualcosa. "Dove sta andando nel bel mezzo della notte?" si chiese silenziosamente. Un rumore soffocato d'acqua che scorreva le diede la risposta.
    Lui uscì dal bagno con le dita premute all'apice del naso, e si fermò nel bel mezzo del corridoio a guardare la porta che portava ... da lei. Si dibatté fra le possibili scelte, facendo scivolare lo sguardo da una porta all'altra. Alla fine scelse la propria stanza. Strascicando i piedi se ne tornò a letto e, brontolando fra sé qualcosa di incomprensibile, si infilò fra le coperte e si voltò su un fianco nel debole tentativo di farsi venire sonno.
    Chiuse gli occhi, cercando di cancellare le immagini che vagavano nella sua mente. Dio, lei trovava il modo di infilarsi nei suoi pensieri a tutte le ore del giorno e della notte! Si mise un braccio sulla testa, come a proteggersi dalla miriade di immagini che gli apparivano dietro le palpebre chiuse.
    Sentendo le coperte muoversi dietro di lui, mentre una figura morbida e minuta si accomodava contro la sua schiena, si bloccò e aprì gli occhi di scatto. All'improvviso colse il profumo di lei, mentre un braccio sottile gli si avvolgeva intorno alla vita per posarsi sul suo stomaco.
    Avrebbe voluto dire qualcosa di spiritoso e arrogante ma la sensazione del corpo di lei premuto strettamente contro il suo ed il modo in cui lei gli strofinava il viso fra le spalle, aspirando il suo odore, mandò il suo cervello in corto circuito. Lei gli infilò la mano sotto la maglietta, accarezzandogli lo stomaco nudo e passandogliela sul petto, tracciandogli contemporaneamente una scia di baci sulla schiena, fino a raggiungere la base del collo.
    Lui trattenne il respiro e, quando lei gli percorse pigramente con la lingua i contorni dell'orecchio, sentì le proprie palpebre diventare all'improvviso estremamente pesanti.
    "Che cosa ...". La mano di lei si mosse verso il basso, e lui chiuse gli occhi e deglutì a fatica. " ... stai facendo?".
    "A te cosa sembra?".
    Le dita di lei scivolarono sotto il bordo dei suoi pantaloncini e lui ansimò.
    "Buffy io ...". Si bloccò a metà della frase, mentre lei glielo prendeva in mano.
    "Non mi andava proprio di dormire da sola stanotte" bisbigliò lei, mordicchiandogli il lobo dell'orecchio. "Ti dispiace?".
    Lui ci mise un po' ad assimilare la sua domanda, dato che lei aveva cominciato a passargli le dita su e giù per l'uccello, ma alla fine riuscì a scuotere debolmente la testa.
    "Lo immaginavo" mormorò lei, premendosi contro di lui.
    Si lasciò sfuggire un gridolino, trovandosi all'improvviso sdraiata sulla schiena, con il corpo di lui steso sul proprio che la intrappolava, e le mani di lui che le bloccavano i polsi sopra la testa.
    "Perché ci hai messo tanto?" chiese aspro lui.
    Cercando di ignorare il fatto che lei era nuda sotto di lui, si concentrò sul suo collo, e lei dovette reprimere un gemito mentre le assaliva la pelle sensibile del collo con la lingua.
    "Credevo che non ti andasse di avere compagnia stanotte" riuscì a mormorare, mentre lui si spostava fra le sue gambe e premeva il bacino contro il suo.
    "Ho cambiato idea" bisbigliò lui, raggiungendole il lobo dell'orecchio, mentre con una mano, dopo averle lasciato andare il polso, le massaggiava la coscia.
    "Allora ... vuol dire che sono perdonata?" chiese lei, passando le dita fra i suoi capelli ed inarcando il collo contro la sua bocca.
    All'improvviso lui si tirò indietro e la fissò.
    "Non sono sicuro. Sei stata una ragazza molto molto cattiva" la prese in giro lui, scostandosi.
    "E dai!" si imbronciò lei, avvolgendosi le lenzuola intorno al corpo e sdraiandosi su un fianco per guardarlo.
    "Avresti dovuto pensare alle conseguenze, passerotto" continuò a provocarla lui. Il sogghigno arrogante di lui le fece ribollire il sangue: si affrettò a sedersi e mise le gambe fuori dal letto.
    "Va bene, allora buonanotte" brontolò. Stava per saltare giù dal materasso quando lui le mise un braccio intorno alla vita e la tirò a letto.
    Ricadendo fra le morbide coperte ridacchiò; poi si ritrovò ancora una volta con il corpo di lui sul proprio.
    "Chiudi gli occhi" chiese lui.
    Lei si accigliò ma fece come le aveva detto. Sentì che lui si muoveva, perché il peso sul materasso cambiò, per essere di ritorno dopo pochi secondi.
    "Aprili".
    Lo fece e lo trovò seduto, che le porgeva una scatoletta.
    "Che cos'é?" chiese, sollevandosi su un gomito e afferrandola.
    "Buon Natale!".
    Si coprì la bocca con la mano e strillò:
    "Oh mio Dio! Io non ti ho preso niente. Voglio dire, con il fatto che ti odiavo non credevo che ci sarebbe stato uno scambio di regali. Mi dispiace. Non pensavo che ...".
    Lui la interruppe: "Buffy? Rilassati. Aprilo e basta".
    Lei si imbronciò di nuovo: "Ma io non ti ho preso niente".
    "Apri quella maledetta cosa e basta" disse lui sorridendo, ansioso di vedere la sua reazione.
    Lei sospirò e cominciò a scartare il regalo. Sgranò gli occhi quando, dopo aver aperto la scatoletta, vi trovò dentro una catenina. Il metallo era intervallato qua e là da un motivo a petali di fiore, con una piccola pietra d'ambra al centro di ciascuno. Il risultato finale era quello di una sottile striscia d'argento con sei o sette fiori.
    "È bellissimo" bisbigliò, fissando la catenina.
    "Voltati e lascia che te lo metta" la sollecitò lui.
    Con un sorriso enorme lei gli porse la catenina e, dopo essersi seduta, gli voltò la schiena. Mentre lui lottava con la chiusura lei sfiorò la striscia delicata.
    "Ecco".
    Si voltò lentamente verso di lui.
    "Cosa ne pensi?" chiese.
    "È splendida" esalò lui, fissando le dita di lei che indugiavano sulla catenina.
    "Grazie mille" ripeté lei, chinandosi a baciarlo dolcemente sulle labbra.
    "Prego" sorrise lui di rimando, mentre entrambi si sdraiavano sulla schiena.
    "Perché l'hai comprato visto che avevamo rotto?" chiese lei, dopo un attimo di silenzio, voltandosi a guardarlo in faccia.
    "Sapevo che ti avrei riconquistata" rispose lui arrogante, guadagnandosi uno schiaffetto sul petto. "Scherzavo" ridacchiò, vedendola sporgere il labbro inferiore. "La verità è che l'ho comprato prima che rompessimo".
    "Ah ..." disse lei, accomodandosi contro il suo petto. Poi si rese conto di quello che aveva detto e si accigliò: "Aspetta un attimo. Abbiamo litigato per homecoming".
    "Già, e allora?".
    "È stato un mese e mezzo fa" affermò.
    Spike la fissò senza capire e ripeté: "E allora?".
    "Allora, mi hai comprato il regalo di Natale con un mese e mezzo di anticipo?" chiese lei.
    "Sì" rispose lui, stringendosi nelle spalle.
    Lei si sollevò su un gomito e lo fissò con gli occhi sgranati.
    "Ho fatto qualcosa di sbagliato? Perché davvero non riesco a capire che cosa" chiese lui nervoso.
    Si rilassò quando lei sorrise.
    "Sei il ragazzo più dolce che io abbia mai avuto" disse lei.
    All'uso della parola "ragazzo" il suo cuore perse un colpo ma, nascondendo la propria sorpresa, lui sogghignò arrogante e borbottò:
    "Allora è ufficiale, eh?". Lei si accigliò, e lui aggiunse: "Tu ed io. Ragazzo e ragazza?".
    Rendendosi conto del proprio lapsus freudiano lei deglutì a fatica.
    "N-non lo so. Forse" balbettò, aspettando ansiosamente la sua reazione.
    Il sogghigno di lui si sbriciolò e sollevando una mano a tracciarle i contorni del viso lui ripeté aspro:
    "Forse?".
    Il nervosismo nella voce di lui sembrò avere un effetto calmante su di lei.
    "Decisamente forse" disse, e, senza preavviso, incollò la bocca a quella di lui.
    Lui inizialmente fu preso alla sprovvista, ma ben presto le rispose con altrettanto fervore. Le rotolò addosso mentre, man mano che il loro desiderio cresceva, il bacio si faceva più profondo e più frenetico. Entrambi si muovevano freneticamente, lottando per il predominio, tirandosi e mordendosi le labbra a vicenda. Durante questa battaglia lei gli infilò le dita nei pantaloncini, tirandoglieli giù fino alle ginocchia. Poi spostò le mani verso l'alto, tirandogli la maglietta, e contemporaneamente continuò a spingere i pantaloncini verso il basso con i piedi, fino a gettarli nel groviglio formato dalle lenzuola. Quando finalmente riuscì a togliergli la maglietta ed il suo corpo toccò quello nudo di lui, sorrise soddisfatta. Si fissarono a vicenda per qualche secondo poi, all'improvviso, Spike si trovò senza fiato perchè lei, con un movimento fluido dei fianchi, era riuscita a capovolgere i loro corpi. Lui si ritrovò sdraiato sulla schiena, con il corpo dorato di lei sopra il proprio, le gambe divaricate per sistemarsi sui suoi fianchi e la bocca incollata al suo petto.
    La disperazione e il desiderio che contrassegnavano ogni movimento di lei lo fecero ansimare. Chiuse gli occhi e si inarcò verso di lei, che gli stava passando la lingua da un capezzolo all'altro. Era talmente preso dalle sensazioni che la bocca di lei gli provocava che non notò la mano che scivolava lungo il suo corpo per afferrargli l'uccello.
    Quando lei glielo prese in mano e cominciò a muoverla lentamente su e giù, aprì gli occhi di scatto e la fissò. Le infilò una mano fra le ciocche bionde, costringendola a lasciargli il petto ed a guardarlo. Nel momento stesso in cui lei lo fece si incollò alle sue labbra, quasi a volerla divorare. Lei continuò a muovere la mano e lui si lasciò sfuggire un gemito soffocato, afferrandole con più forza i capelli e spingendo istintivamente i fianchi contro la sua mano.
    Fra le nebbie che gli avvolgevano la mente, sentì qualcosa di morbido e scivoloso sfiorargli la punta dell'uccello.
    Rendendosi conto di che cos'era esalò: "Cazzo!".
    Si staccò dalla sua bocca e aprì gli occhi; la vide sistemare i fianchi contro i suoi, il sesso umido e caldo che gli sfiorava il pene rigonfio, ad invitarlo dentro di sé. Ansimò quando lei abbassò il bacino ed il suo uccello penetrò fra le pieghe del suo sesso. In un instante di momentanea lucidità le afferrò i fianchi, tenendola ferma e tentando di parlare:
    "Aspetta ... il preservativo ...". Non riusciva a credere che la stava fermando davvero...
    "Non ce n'è bisogno" esalò lei, premendo verso il basso mentre lui la tratteneva.
    "C-cosa vuoi ...". Lei continuò a muoversi, sfiorandolo, e lui deglutì a fatica e chiuse gli occhi. Alla fine chiese: "Cosa vuoi dire?".
    Lei si chinò a baciarlo, intrecciando le dita con le sue: "Voglio dire che non ce n'è bisogno".
    "Buffy ... non possiamo ... il preser-" blaterò lui.
    "Shh. Abbi fiducia in me" lo calmò lei, che era finalmente riuscita a liberarsi.
    "Ma ... Oh cazzo!" ansimò, mentre lei si raddrizzava e, all'improvviso, lasciava ricadere il proprio peso verso il basso. Aprì gli occhi di scatto, trovandosi affondato in lei. "Cristo, Buffy sei così ...".
    Non riusciva a spiegarlo a parole. La morbidezza delle pareti del suo sesso che lo stringevano, il calore, la strettezza ... sentiva che se lei avesse osato muoversi sarebbe venuto da un momento all'altro.
    Sentendolo davvero dentro di sé per la prima volta Buffy trattenne il respiro. Niente preservativo, niente barriere, niente che li separasse ... era meraviglioso. Rimase immobile per un attimo per abituarsi alle sue dimensioni, guardando il viso di lui contorto dal piacere; poi iniziò a muoversi. Gli posò le mani sul torace per avere un punto d'appoggio e, lentamente, si sollevò; lui gemette e le afferrò immediatamente i fianchi, costringendola a fermarsi.
    "Aspetta, aspetta" supplicò, chiudendo gli occhi per un attimo nel tentativo di controllarsi.
    "Stai bene?" chiese lei, tra un ansito e l'altro.
    Lui si limitò ad annuire e la lasciò andare. Un attimo dopo lei si mosse di nuovo, e lui strinse i denti cercando di ignorare la sensazione che le dava scivolare dentro e fuori dal suo corpo; quando però aprì gli occhi e la vide tutto sembro crollargli intorno. Lei si sollevava su di lui, con il seno nudo illuminato dalla luna, la testa rovesciata all'indietro con la catenina posata sul collo, i capelli che le ricadevano ai lati del corpo, incorniciandola.
    "Dio Buffy, sei bellissima" sibilò lui, sentendola stringersi sempre di più intorno a lui.
    Lei gli afferrò le mani che le aveva posato sui fianchi e le spostò verso l'alto, sui suoi seni.
    "No, aspetta ..." mugolò lui, dato che il tutto era troppo per lui. Ma la sua reazione fu completamente opposta a quella richiesta. Aumentò il ritmo, contraendo i muscoli interni e stringendolo di più. "Buffy, per favore aspetta ... Non ... Oh Dio!". Si fermò a metà della frase, mentre lei rotava i fianchi e gemeva appena. "Non ... per favore fermati!" la supplicò. "Dio Buffy ... V-verrò se non ...".
    Lei gli strinse più forte le mani, costringendolo ad afferrarle i seni con più forza, e questo gli fece perdere l'ultima briciola di controllo rimasta: si agitò sotto di lei e venne. Le ondate di piacere lo investirono, facendogli inarcare appena la schiena e impedendogli di mettere a fuoco la vista per qualche secondo. Dopo qualche secondo giacque intorpidito sul letto, ogni centimetro del suo corpo invaso da un piacevole torpore, mentre tutto, comprese le sue stesse palpebre, gli appariva troppo pesante da sopportare.
    Quando alla fine aprì gli occhi la guardò: era sdraiata su di lui, con la testa poggiata sulla sua spalla ed un'unica goccia di sudore sulla guancia.
    "Dio, è stato ..." iniziò, ma era ancora troppo presto per parlare.
    "Buon Natale" disse lei, sollevandosi a sedere stordita.
    "È stato un diavolo di regalo, amore" mormorò, fermandosi un attimo a contemplarla.
    "Prego" sorrise lei di rimando.
    Lentamente, lui si sentì invadere da una sensazione fastidiosa.
    "Sei ..." cercò di suggerire. "È stato ... ehm ... bello per te?". Dio, non poteva credere di averglielo appena chiesto! Suonava così ... maledettamente stupido.
    "Sì". Lei continuava a sorridere, ma lui si rese conto che non era stata completamente onesta.
    "Non mi è sembrato" brontolò.
    "È stato carino" insisté lei.
    "Grandioso! In due secondi siamo passati da bello a carino. Questo sì che è un miglioramento!" mormorò lui sarcastico.
    "È stato molto carino" sogghignò lei chinandosi a baciarlo, ma prima che potesse riuscirci lui la prevenne e la costrinse a sedersi.
    "Immagino che dovremmo rimediare adesso, non è vero?" disse arrogante.
    "Davvero?" rispose lei, inarcando un sopracciglio.
    Lui si limitò ad annuire e si chinò a prenderle in bocca in labbro inferiore, abbracciandola.
    Sentendolo diventare duro dentro di sé, lei mugolò nella sua bocca. Dopo qualche secondo lui la afferrò per i fianchi, guidandola su e giù, in maniera tale da scivolare dentro e fuori da lei. Rimasero seduti sul letto a scambiarsi baci teneri e prolungati, con le gambe di lei strette intorno alla vita di lui, muovendosi contemporaneamente con un ritmo lento e tortuoso, costruendo il piacere con ogni spinta. Spike spostò le dita dai suoi fianchi per sfiorarle la schiena e poi la testa, ed infilarle fra le lunghe ciocche bionde dei suoi capelli. Glieli tirò appena, costringendola ad inarcare il collo e a scoprire la gola. Quando la sensazione della lingua di lui che le sfiorava la pelle e di lui che scivolava dentro e fuori dal suo corpo la sopraffece, lei ansimò.
    Lui spostò la bocca oziosamente, tracciando un sentiero sconosciuto dal collo al capezzolo sinistro di lei. Mosse pigramente la lingua in cerchio, fermandosi ogni tanto per succhiarlo o mordicchiarlo.
    "Ah Spike ..." gemette Buffy, affondandogli le unghie nella nuca, mentre lui le sfiorava la carne sensibile con i denti.
    La sensazione che cresceva dentro di lei la sopraffaceva completamente. Non aveva mai provato niente di simile. Tutte le altre volte era stato frenetico, veloce; il loro desiderio era stato troppo forte per poterlo controllare o trattenere, o per prendersi il tempo per farlo durare. Sgranò gli occhi quando lui infilò una mano fra i loro corpi, a cercarle il clitoride.
    "Oh Dio!" mugolò, mentre lui glielo sfiorava con la pelle ruvida del pollice.
    All'improvviso ogni singola sensazione sembrò acutizzarsi, mentre i suoi sensi si concentravano sul punto in cui in cui i loro corpi si univano. Si morse inconsciamente il labbro inferiore, mentre la sensazione dentro di lei arrivava a vette che non aveva mai creduto possibili.
    "Oh Dio Spike, sto ..." riuscì a esalare, ansimando forte.
    Lui sorrise. Amava il modo in cui lei annunciava sempre i suoi orgasmi. All'improvviso spinse con forza verso l'alto, penetrandola a fondo con un'unica brusca spinta, e tutto sembrò crollare intorno a lei. Spalancò la bocca mentre l'energia che si era accumulata in lei le scorreva per tutto il corpo ed ogni centimetro vibrava per la forza dell'orgasmo. Spike si rese conto che stava per gridare e la attirò a sé per un bacio famelico, infilandole la lingua in bocca e soffocandone le grida.
    Lei gli avvolse le braccia intorno, tremante, continuando ad assaporare il proprio piacere. I muscoli del suo sesso si contrassero selvaggiamente, facendo sì che lui la seguisse ben presto nell'abisso.
    Dopo qualche secondo rimasero seduti in un intrico di arti, ansanti, appoggiati l'uno all'altra in cerca di supporto, con i corpo completamente svuotati. Ci volle un bel po' perché fossero in grado di parlare ma, alla fine, Buffy mormorò qualcosa.
    "Cos'hai detto amore?" chiese lui.
    "Freddo" mormorò lei.
    Lui sorrise e si sdraiò nuovamente sul letto, trascinandola con sé ed avvolgendo le lenzuola intorno ai loro corpi.

    Il rumore di una porta che veniva chiusa di colpo lo strappò al suo torpore. Spike brontolò fra sé, mentre il suo sguardo cadeva su una figura addormentata raggomitolata al suo fianco. Lei teneva la testa posata sul suo braccio e la gamba di sbieco sul suo stomaco. Rendendosi conto di quanto fossero perfetti insieme lui sorrise. Il suo sguardo scivolò sulla sveglia sul comodino. Le lucine rosse dicevano: "7:30".
    "Oh per l'inferno maledetto" imprecò, rendendosi conto che si erano appisolati. "Amore?".
    La figura sdraiata accanto a lui si mosse, ma non si svegliò.
    "Amore, devi svegliarti. Mio padre si è alzato".
    "Mm .." mormorò lei.
    "Buffy, ti devi svegliare" insisté lui, passandole le dita fra i capelli.
    "Cosa?" chiese alla fine lei, con gli occhi ancora chiusi.
    "Sono le sette e mezza, mio padre entrerà qui da un momento all'altro".
    "È troppo presto" protestò lei, sistemandosi più vicina.
    "Buffy ..." continuò a chiamarla lui, baciandola dolcemente sulla fronte. "Svegliati".
    "Solo cinque minuti" cercò di contrattare lei, ma lui non cedette.
    "Svegliati" disse, scuotendola un poco; lei aprì finalmente gli occhi.
    "Sei cattivo" brontolò imbronciata.
    "Lo so, ma devi alzarti".
    Lei si sdraiò controvoglia sulla schiena, stirando le braccia e sbadigliando forte. Lentamente riuscì a mettersi seduta. Voltandosi lo vide sdraiato sul letto e si chinò a posargli un casto bacio sulle labbra. Sfiorò con le dita la catenina che aveva intorno al collo e bisbigliò:
    "Grazie per il regalo".
    "No, grazie a te" rispose lui, guardandola mentre si preparava ad uscire dal letto. Rendendosi improvvisamente conto di una cosa la fermò: "Aspetta Buffy ... La scorsa notte ..."
    Lei si accigliò appena: "Sì?".
    "Sai ... il preservativo. Sei sicura che è tutto ... ehm ... sicuro?" chiese, leggermente imbarazzato.
    "Assolutamente. È quasi un anno che prendo la pillola" lo rassicurò lei.
    "Eh?".
    "Da quando stavo con Angel" spiegò lei.
    Lui si limitò a d annuire, mentre il pensiero di *lui* che la toccava gli faceva torcere lo stomaco. Lei era sul punto di andarsene quando lui la fermò di nuovo, con un'altra domanda.
    "Perché non me lo hai detto prima?".
    "Bè, la prima volta che ... È stato un po' imprevisto e io non sapevo se tu avessi ... sai ...". Si interruppe, sperando di non dover spiegare oltre, ma lui si accigliò costringendola continuare: "I preservativi non ti proteggono solo dalle gravidanze indesiderate".
    Lentamente lui comprese.
    "Hai pensato che avessi una qualche malattia sessuale?" chiese, un po' offeso.
    "No!" risopse immediatamente lei. "Voglio dire, non lo sapevo. Come facevo? Tu eri stato con Dru e, apparentemente, Dru non è troppo entusiasta dell'aspetto monogamico delle relazioni ...".
    "Neanche Angel a quanto mi ricordo" ribatté lui.
    "Dobbiamo litigare per questo?" sospirò lei. "È stato solo una volta e non ti conoscevo poi così bene".
    "E ieri?".
    "Ho cercato di dirtelo, ricordi? Non è che tu mi abbia prestato molta attenzione" replicò lei.
    Ci fu un momento di silenzio, mentre lui rifletteva su cosa fare.
    "Quando avrai deciso fammelo sapere" borbottò lei, uscendo dal letto.
    All'improvviso una mano forte la afferrò per la vita, tirandola e facendola ricadere sul letto. Alzando gli occhi si trovò Spike addosso e ansimò.
    Lui le sorrise: "Sei perdonata".
    "Lo sono?"."Ma solo per l'incredibile regalo di Natale" aggiunse lui prima di chinarsi a baciarla.


    Capitolo 36
    Lui le aveva appena posato la testa sull’incavo del collo, mordicchiandola lungo la linea della scollatura, quando un rumore di passi subito fuori dalla porta riportò di colpo alla realtà i due adolescenti. Sentirono il rumore della maniglia che veniva abbassata, e il panico li invase.
    “Oh mio ...”. Buffy non riuscì a finire la frase, perché Spike l’afferrò per un braccio e la spinse a terra e, alzatosi, rimase a guardare la porta che si apriva.
    “Spike, hai visto ...”. La sig.ra Summers si interruppe alla vista di Spike che, completamente nudo, era in piedi dietro il letto. Sfortunatamente quest’ultimo non era molto alto, gli arrivava appena alle ginocchia e, pertanto, non serviva a nascondere nessuna delle parti del suo corpo che lui avrebbe preferito tenere nascoste alla ragazza di suo padre.
    I due gridarono contemporaneamente:
    “Oh Dio!”.
    “Per l’inferno maledetto!”.
    Joyce si coprì immediatamente il viso con una mano, tastando goffamente la porta con l’altra alla ricerca della maniglia, mentre il ragazzo, altrettanto sorpreso, trafficava con le lenzuola, tirandosele sull’addome nel frenetico tentativo di coprirsi. Dopo alcuni secondi decisamente fastidiosi e imbarazzanti, la donna riuscì a chiudere la porta.
    “Per l’inferno maledetto, tua madre mi ha appena visto nudo” sibilò Spike, alla ragazza sdraiata ai suoi piedi.
    Lei stava per rispondere quando, attraverso la porta, si sentì una voce esitante.
    “Ehm ... Spike ... ehm ... m-mi dispiace. N-non ho …”.
    “Va tutto bene, sig.ra Summers” disse lui, accigliandosi quando si rese conto di aver ricominciato a chiamarla sig.ra Summers.
    “Bè ... H-hai visto Buffy?”.
    Lui e Buffy si scambiarono uno sguardo e lui si accigliò ancora di più.
    “Ehm ... In effetti no. Non è nella sua stanza?”. Questo gli procurò uno schiaffetto alla caviglia. “Che c’è?” bisbigliò alla ragazza seduta ai suoi piedi.
    “Adesso andrà a controllare” spiegò lei.
    “O forse ha ...”.
    “Sono già andata nella sua stanza. Non c’è”.
    “ ... già controllato” terminò lui, gridando con lo sguardo “ah!”. Poi si voltò verso la porta chiusa e continuò: “Forse è andata a fare una passeggiata”. Altro schiaffetto. “Per l’inferno maledetto, vuoi smetterla!” sibilò a Buffy.
    “Cosa dovrei fare adesso?” chiese lei, con gli occhi sgranati e ricolmi di disperazione.
    “Vai nella tua stanza e vestiti”.
    “Ma sono tutta appiccicosa! Ho bisogno di fare una doccia!” protestò lei in tono infantile.
    In risposta al suo atteggiamento lui le ordinò: “Adesso!”.
    Lei aprì la porta di comunicazione fra le due stanze e cominciò a cercare i propri vestiti il più silenziosamente possibile.
    “ ... uscire?”.
    La vista di Buffy che, nuda, si dirigeva contorcendosi nella sua stanza mandò in corto circuito il cervello di Spike che, dopo essersi ripreso, riuscì a sentire solo la parte finale della frase.
    “Mi dispiace sig.ra Summers, non ho sentito cosa ha detto” disse, cercando di controllare il tono roco della voce, mentre guardava Buffy aggirarsi freneticamente nella sua stanza, alla disperata ricerca di qualcosa da mettersi. Dio, era bellissima!
    “Ho chiesto se ti aveva parlato di uscire” ripeté Joyce, ancora evidentemente imbarazzata per quello che era accaduto pochi momenti prima.
    “Ehm ... io ... ehm ...”. “Buffy nuda! Buffy nuda! Buffy nuda!” insisté il suo cervello, mentre lui la guardava infilarsi i jeans. “Credo che abbia detto qualcosa … ehm …”. Alla fine lei si infilò una spessa felpa e lui riuscì a terminare la frase: “ … qualcosa sul fare una passeggiata. Ehm … sul godersi l’aria pura e la natura”.
    Buffy entrò nella stanza accigliata e mimò con la labbra: “Aria pura e natura?”.
    Spike si limitò a stringersi nelle spalle, sollevando entrambe le sopracciglia in segno di scusa.
    “Buffy si è svegliata presto? Per fare una passeggiata?” si meravigliò ad alta voce Joyce.
    “Già, chi l’avrebbe detto, eh?”.
    “Bè, ti ha detto quando sarebbe tornata?” continuò a chiedere Joyce, dall’altro lato della porta.
    “Più o meno intorno alle otto” se ne uscì Spike.
    “Ah, bene. Io e Rupert siamo di sotto. La colazione è quasi pronta e, non appena torna Buffy, cominceremo ad aprire i regali, va bene?”.
    “Certo, sig.ra Summers” gridò Spike, di rimando. Stava per dire qualcosa a Buffy quando sentirono di nuovo la voce di Joyce:
    “Ah Spike?”.
    “Sì?”.
    “B-buon Natale!”.
    “Buon Natale, sig.ra Summers!”.
    I due ragazzi aspettarono un paio di secondi in silenzio. All’improvviso Buffy alzò una mano, colpendo Spike sul braccio.
    “Per l’inferno maledetto, Summers. La vuoi finire di colpirmi?” sibilò Spike, strofinandosi il braccio.
    “Mi dispiace, è una cosa che faccio quando sono nervosa” disse lei a mo’ di scusa.
    “Colpisci le persone?” chiese lui, inarcando il sopracciglio sfregiato.
    Lei si strinse nelle spalle e chiese:
    “E adesso, Einstein? I nostri genitori sono di sotto, come faccio ad uscire di casa senza che mi vedano?”.
    “Passando dalla finestra” rispose lui in tono piatto.
    “Dalla finestra? Sei pazzo? Siamo al secondo piano!" puntualizzò lei.
    “Veramente siamo al primo piano” la corresse Spike.
    “Al primo piano? Di che cosa stai parlando? Siamo al secondo piano. O pensi che la cucina e il soggiorno siano sottoterra?” gettò là Buffy, alzando gli occhi al cielo.
    “Dipende dai punti di vista; io sono inglese, quindi *io* sono al primo piano” rispose altezzoso Spike, mentre lei lo fissava ad occhi sgranati. Lui sospirò a fondo e spiegò: “Il piano di sotto è il piano terra; il piano in cui siamo noi è il primo piano, quello ancora sopra il secondo e ancora e ancora …”.
    “Eh?”.
    “Lascia perdere” si arrese lui. “Americani, fate come volete. È il secondo piano”.
    “Eh ...?” ripeté lei; poi scosse la testa e aggiunse: “Comunque sia ... non hai ancora chiarito come intendi farmi uscire di casa senza che i nostri genitori se ne accorgano”.
    “Ti calerò di sotto” spiegò lui.
    “Va bene, ora te lo ripeto. Sono le sette e mezza del mattino, probabilmente il tuo cervello a quest’ora del mattino non riesce a cogliere certe sottigliezze ma … siamo al *secondo* piano” disse lei, come se stesse parlando ad un bambino di otto anni.
    Per tutta risposta lui sfoderò un sorriso forzato che si sbriciolò quasi subito: “Hai altre idee? A parte il sarcasmo?”.
    Lei socchiuse gli occhi e si avvicinò alla finestra, mentre Spike la seguiva.
    “Vedi, ci sono dei cespugli che attutiranno la tua caduta” le indicò Spike.
    Lei lo fissò: “Già, cespugli di rose”.
    “Che c’è? Ti farò oscillare”.
    “Ah, non solo devo saltare giù dal secondo piano ma mentre lo faccio devo anche essere lanciata oltre un cespuglio di rose?” chiese incredula lei.
    “E dai Buffy!”.
    Lei socchiuse di nuovo gli occhi e passò una gamba oltre il davanzale della finestra.
    “È tutta colpa tua” brontolò.
    “Colpa mia? Sei tu che sei venuta nel mio letto nel bel mezzo della notte” rispose Spike. Vedendo il modo assassino in cui lei lo stava guardando, decise di cambiare strategia: “Pronta?” chiese, afferrandole i polsi.
    “Sì!”.
    Stava per spingerla fuori quando lei gli afferrò le braccia.
    “Aspetta!”.
    “Che c’è?”.
    “E i nostri genitori? Sono di sotto, se guardano fuori dalla finestra mi vedranno cadere” precisò lei.
    Lui ci pensò un attimo e disse:
    “Ti farò oscillare in diagonale, così riuscirai a saltare il cespuglio e a cadere dove non ci sono finestre”.
    “Sei sicuro?” chiese lei dubbiosa.
    “Sembra abbastanza facile”.
    “Sì, perché non sei tu quello che deve saltare” brontolò lei.
    “Rilassati. Respira profondamente”.
    Lei chiuse gli occhi e inspirò.
    “Così. Inspira, espira, inspira, espira, inspi-“.
    “Bene, mi sto intorpidendo. Non credo che funzioni” mormorò lei.
    “Mi dispiace”.
    Lei strinse le labbra e inspirò un'ultima volta: “Sarà meglio”.
    “Pronta?”.
    Lei annuì e si sporse altre il davanzale, mentre lui la teneva per le braccia.
    “Bene, adesso ti faccio oscillare” annunciò lui, cominciando a muovere le braccia. Dopo un paio di movimenti la lasciò andare e lei, dopo essere volata oltre il cespuglio, cadde sull’erba con un tonfo.
    “Ahia!” brontolò, girandosi e rimettendosi goffamente in piedi.
    “Tutto bene?”.
    Buffy non riuscì a rispondere, perché Giles svoltò l’angolo di corsa.
    “Buffy?”.
    “Hey Giles!” lo salutò debolmente lei. “Buon Natale!”.
    “Ehm ... Buon Natale! S-stai bene? Cos’è successo?” chiese lui, aiutandola mentre lei saltellava verso la porta.
    “Diciamo che ho inciampato” mentì lei, gettando un’occhiataccia a Spike. Il ragazzo rimase alla finestra, a guardare Buffy e suo padre che voltavano l’angolo, sforzandosi il più possibile di non ridere.

    Il resto della giornata passò senza che succedesse niente di particolare e fu dedicato più che altro allo scambio dei regali. Si sedettero intorno al caminetto, ognuno intento a scartare i rispettivi regali.
    “Oh! Sono bellissimi!” esclamò Joyce, guardando gli orecchini di zaffiro. “Grazie mille!” esalò, sopraffatta, chinandosi a baciare rapidamente Giles quando pensò che i “ragazzi” non li stessero guardando.
    Buffy e Spike decisero di ignorarli concentrandosi sui propri regali.
    “Il Diario di Bridget Jones?” chiese Buffy, esaminando la copertina del libro che aveva in mano.
    “Secondo un mio amico di Londra è di gran moda” spiegò Giles.
    La biondina sorrise e lo baciò velocemente su una guancia.
    “Grazie Giles!”.
    “Veramente è stata un’idea di William” la corresse l’uomo, sistemandosi gli occhiali.
    Sentendo menzionare il vero nome di Spike Buffy cercò di soffocare una risatina e, senza dire nulla, annuì e rispose: “Grazie William”. Questo le procurò un’occhiataccia dell’ossigenato, che svanì quando lui sbirciò il regalo che aveva finalmente scartato.
    “Figo!” se ne uscì, voltando il CD per vedere la copertina. “I Sex Pistols greatest hits!”.
    “Tuo padre mi ha detto che ti piacciono. Non è che io sappia molto sul movimento punk. È buono?” chiese Joyce un po’ preoccupata. “Se vuoi puoi cambiarlo con qualcos’altro” aggiunse subito.
    “No, no! È perfetto! Grazie, sig.ra Summers!”.
    “Spike, ne abbiamo già parlato. Chiamami Joyce”.
    “Giusto ... Joyce. Scusa” si scusò. Dopo l’incidente della mattina, in qualche modo chiamarla per nome gli sembrava ... sbagliato.
    “Oh mio Dio! Una daga del Qatar. Dove l'hai trovata?” chiese Giles, fissando la lama d’acciaio ricurvo che teneva in mano.
    “Ho smosso un po’ le acque” rispose Joyce sorridendo.
    “E-è incredibile. L-la cercavo da ... sempre” balbettò lui, toccandosi di tanto in tanto gli occhiali nel tentativo nervoso di aggiustarli, senza distogliere lo sguardo dalla daga.
    “Lo so”.
    “Grazie, grazie mille” disse lui, mettendole un braccio intorno alla vita ed attirandola più vicina per un lungo bacio.
    “Bleah! Ragazzi perché non vi cercate una stanza o qualcosa di simile? Ci sono dei minorenni, vi ricordate?” protestò Buffy guardandoli disgustata, subito seguita da Spike:
    “Già! Per favore non rovinateci per sempre”.
    A queste parole la coppia si staccò, alzando gli occhi al cielo.
    “Bene, immagino che dovremmo metterci a lavorare sul pranzo di Natale, eh?” suggerì Joyce, battendo le mani.
    “Cucineremo? Tutti insieme? Di nuovo? Non credo che questa sia una grande idea, mamma” disse Buffy, corrugando dubbiosa le sopracciglia.
    “No, noi cucineremo” la corresse la madre indicando se stessa e Buffy.
    “Cosa? E loro cosa faranno? Se ne staranno sdraiati a pancia all’aria a stuzzicarsi i denti?” chiese offesa Buffy, mentre Giles e Spike si spaparanzavano sul divano.
    “No. Loro andranno a spaccare la legna” spiegò Joyce.
    “Che cosa? Abbiamo già la legna” disse Giles, raddrizzandosi.
    “I ceppi che sono nel seminterrato sono troppo grandi. Abbiamo finito quelli piccoli e quelli rimasti non entrano nel caminetto. Li dovrete tagliare in due”.
    “In ogni caso oggi ce ne andiamo. Perché spaccare tutta la legna?” chiese Spike.
    “Fa talmente freddo” si imbronciò Buffy, sbattendo le ciglia in direzione di Spike.
    “Già, non vorrete che noi piccole donne indifese ci prendiamo un raffreddore, non è vero?” aggiunse Joyce, guardando Giles e imitando la figlia.
    “Ma ...” cercò di protestare Spike, guardando le due donne alzarsi e andare nel cucinino.
    “Niente ma. Andate. Siate uomini!” li zittì Joyce.

    Buffy mugolò e si lasciò cadere sul letto con un tonfo.
    “Non mi sento molto bene” brontolò, tenendosi lo stomaco e fissando il soffitto.
    “Sai che strano. Con tutto il cibo che ti sei ingurgitata” disse la sig.ra Summers, scuotendo la testa in segno di disapprovazione. “Ti avevo detto di non mangiare una terza fetta di torta”.
    “Bleah! Non parlare di cibo! Per favooore!" la supplicò la ragazza, voltandosi su un fianco, con le mani ancora protettivamente posate sullo stomaco rigonfio.
    “Questo è quello che succede agli ingordi” continuò Joyce.
    “È Natale. Non esiste l’ingordigia” ribatté Buffy, che era appena in grado di parlare.
    “Vieni, alzati dal letto e aiutami a fare le valige” replicò la sig.ra Summers, ignorando le “sofferenze” della figlia.
    “Non riesco ancora a capire perché dobbiamo tornare a casa così presto. Voglio dire, è il giorno di Natale!” notò Buffy, chiudendo gli occhi presa da uno spasmo.
    “Te l’ho detto; devo tornare alla galleria d’arte e Rupert domani deve aprire il negozio”.
    “Chi è che compra opere d’arte o libri il giorno dopo Natale?” indagò Buffy, sollevando le mani accigliata.
    “Considerato che non volevi neanche venire non sei troppo entusiasta di andartene, non è vero?”.
    “Oh mio Dio! Hai detto “entusiasta”. Forse abbiamo passato troppo tempo con la famiglia Giles” brontolò Buffy, costringendosi a sedersi.
    Joyce sospirò a fondo e aprì l’armadio della figlia: “Vediamo un po’”.
    “Non possiamo aspettare un paio d’ore?” chiese Buffy, strascinando i piedi fino al punto in cui si trovava la madre.
    “Sono le quattro. Da qui a che tu abbia preparato le valigie saranno le sei. Non voglio scendere giù dalla montagna di notte. La strada è davvero pericolosa, soprattutto se piove” spiegò Joyce cominciando ad estrarre vestiti dall’armadio e ad infilarli nelle valigie.

    Nel giro di un'ora tutti avevano preparato le valigie, il cofano dell’auto era stato riempito e i quattro erano pronti per partire.
    “Sei sicura di non esserti dimenticata niente?” chiese per la quarta volta Joyce.
    “Sono sicura, mamma” mormorò Buffy entrando nell’auto.
    “Stavo solo controllando” disse la sig.ra Summers, allacciandosi la cintura di sicurezza.
    “Anche se avete dimenticato qualcosa è solo una mezz’ora di macchina. Possiamo sempre tornare a prenderla” spiegò Giles, girando la chiave dell’accensione e facendo ruggire il motore.
    La piccola auto si sistemò lentamente sulla strada, prendendo i tornanti uno alla volta. Nel sedile posteriore Buffy sistemò le gambe sopra quelle di Spike, tenendogli di nascosto una mano.
    Joyce fece scorrere lo sguardo sul paesaggio, per poi posarlo per qualche secondo sull’uomo al volante. Quando, lanciato uno sguardo alle proprie spalle vide Buffy che, pian piano, si stava addormentando con la testa poggiata sulla spalla di Spike che guardava fuori dal finestrino, sorrise inconsciamente. Riportò lo sguardo sulla strada e sospirò tranquilla, lasciando che la propria mente tornasse agli eventi di quei pochi giorni passati nella capanna.

    “Bene, mi sa che noi siamo arrivate” annunciò Joyce, mentre l’auto infilava il vialetto. Si voltò verso Giles e sorrise: “Grazie ancora per la meravigliosa vacanza. È stato uno dei Natali migliori da molto tempo a questa parte”.
    “Sono felice che ti sia piaciuto. Dovremmo andarci durante l’estate. È abbastanza caldo da nuotare nel lago” disse Giles, aprendo la portiera dell’auto per Joyce.
    “Ci penseremo”.
    Nel frattempo i due ragazzi rimasero in piedi dall’altro lato dell’auto, fissandosi l’un l’altra in un saluto silenzioso.
    “Buffy, stai venendo?”.
    La voce della madre la strappò dal suo torpore.
    “Arrivo” gridò di rimando; poi si voltò verso Spike e disse: “Ci vediamo dopo”. Era sul punto di andarsene quando lui le afferrò la mano.
    “Ti chiamerò stanotte” le sussurrò
    “Sarò in attesa”. Gli sorrise velocemente, poi corse verso la casa e, guardando l’auto che si allontanava, agitò una mano e gridò: “Grazie ancora, Giles”.

    “Bè Willow, sarà meglio che chiuda. Ha detto che stanotte mi avrebbe chiamato” annunciò, avvolgendosi il cavo intorno alle dita. “Va bene, allora ciao” disse, prima di abbassare la cornetta.
    Sospirò a fondo, fissando il soffitto e, per un attimo, chiuse gli occhi. Aveva appena terminato una conversazione telefonica di un’ora con Willow, raccontando nei dettagli tutto quello che era successo alla capanna. Veramente era stato più che altro un monologo, con interruzioni occasionali tipo “oh” e “ah” provenienti dall’altro lato del filo.
    Gli arti le si intorpidirono, le palpebre le si appesantirono e il suo respiro rallentò; si stava addormentando. All’improvviso lo squillo acuto di un telefono la strappò ai suoi pensieri. Stava per brontolare qualcosa finchè non capì chi era. Si voltò rapidamente di lato e afferrò la cornetta.
    “Hey! Credevo che non avresti chi- Giles? È lei? Oh scusi, credevo fosse ... qualcun altro” disse, senza riuscire a nascondere il proprio disappunto. “Sì, chiamo mamma. Mamma!” gridò, senza aver alcuna risposta. Si alzò di malavoglia e, dopo aver attraversato il corridoio, scese le scale: “Mamma?”.
    “Sì, tesoro?”.
    “Telefono. È per te. È Giles” brontolò Buffy, marciando di sopra e rimettendo a posto la cornetta prima di scendere nuovamente le scale. Dato che si era alzata, tanto valeva che si prendesse qualcosa da bere. Da bere, non da mangiare. Mangiare era decisamente fuori discussione per i prossimi due giorni.
    Era in cucina a prendersi un bicchiere e a versarsi del succo d’arancia, quando entrò la madre.
    “Era Rupert”.
    “Lo so mamma, ho risposto io, te lo ricordi?” mormorò Buffy bevendo un sorso della sua bibita.
    “Sei di buon umore” notò Joyce.
    “Sono solo stanca” si giustificò lei, sedendosi su uno sgabello là vicino.
    “Bè, voleva sapere se quest’anno andremo dai Chase per Capodanno”.
    “Non è quello che facciamo sempre?”
    “Sì; stavo cercando di convincerlo a venire” disse Joyce, appoggiandosi al bancone e bevendo a sua volta. “Non va mai. Pensa che sia troppo formale”.
    “Puoi dargli torto?”.
    “Immagino di no”.
    “È talmente piatto e noioso. C’è tutta Sunnydale. E in più bisogna andare in abito da sera”.
    “Appunto!”. Quando la figlia si accigliò la sig.ra Summers spiegò: “Abito da sera significa Rupert in smoking”.
    “Il che significa Spike in smoking” si rese conto Buffy. All’improvviso l’idea di andare alla festa di Capodanno dei Chase era veramente *molto* allettante.
     
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  7. piccola06
     
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    Ho letto la fic tutta d'un fiato, traduzione perfetta e mi raccomando fai i complimenti alla scrittrice.
    Non vedo l'ora di leggere il resto, aggiorna presto!!!!
     
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  8. Redan
     
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    Bellissima fanfic! E traduzione fantastica! Grazie mille!
    Aspetto il seguito
     
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  9. TerenceSpike
     
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    Capitolo 37
    Buffy sospirò di frustrazione e si torse nervosamente i capelli di fronte allo specchio. Guardò l’orologio per la quinta volta nell’ultima mezz’ora.
    “Buffy, farai meglio a sbrigarti! Saranno qui da un momento all’altro” gridò la madre dal corridoio.
    “Arrivo tra un attimo” gridò lei di rimando, voltandosi su se stessa davanti allo specchio. “Oh mi arrendo” sibilò ai muri, fermandosi a controllare il suo aspetto per l’ultima volta prima di uscire.
    Andò quasi a sbattere sulla madre, che stava uscendo dal bagno.
    “Uau! Sei meravigliosa!” esalò Buffy.
    “Non credi che il rossetto rosso sia un po’ troppo?” chiese la sig.ra Summers, un po’ dubbiosa.
    “Stai benissimo mamma. Giles dovrà raccogliere il mento da terra” la rassicurò sorridendo.
    Il campanello suonò e Joyce disse: “Parli del diavolo ...”.
    Le due donne scesero rapidamente le scale e la sig.ra Summers, dopo aver inspirato a fondo, aprì la porta a Giles e Spike, entrambi in smoking.
    “Buon Capodan-”. Vedendo la donna che gli teneva la porta aperta Giles si interruppe a metà della frase e rimase a fissarla, aprendo e chiudendo la bocca come un pesce fuor d’acqua.
    “Uau!” disse alla fine Spike, sollevando un sopracciglio e dando una spintarella al padre.
    “Ah, s-scusa! È solo che sei ... ehm ... bellissima!” riuscì finalmente a dire lui.
    Lei indossava un lungo abito da sera nero, che si incrociava sulla spalla sinistra e le lasciava scoperta la destra.
    “Grazie” rispose Joyce, arrossendo furiosamente. “Anche voi state piuttosto bene. Entrate”.
    I due uomini entrarono e Spike si strofinò le mani per il freddo.
    “Dov’è Buffy?” chiese, cercando di nascondere l’ansia nella sua voce.
    Non l’aveva più vista da quando erano rientrati dalla capanna. L’ultima settimana era stata frenetica, con lui che aiutava il padre alla libreria e Buffy alla galleria d’arte, e non avevano avuto modo di passare del tempo insieme.
    “Era proprio dietro di me”. Joyce si guardò intorno accigliata, ed entrò in cucina. “Strano” precisò, non trovandola là.
    “Forse ...”.
    “Hey ragazzi”.
    I tre si voltarono, e videro Buffy che scendeva le scale. Indossava un semplice vestito azzurro, che le aderiva al busto per poi ricaderle morbido intorno al corpo, tenuto su da doppie bretelline. Intorno al collo aveva una lunga sciarpa, che ne completava l’abbigliamento. I boccoli biondi le sfioravano le spalle nude, ondeggiando leggermente mentre scendeva le scale.
    Fu il turno di Spike di rimanere sbalordito: rimase a guardarla dalla base delle scale, con la bocca semiaperta.
    “Buffy, sei bellissima” si complimentò Giles, sorridendo e aggiustandosi ancora una volta gli occhiali.
    “Grazie” rispose lei, arrossendo appena nel rendersi conto di quanto intensamente Spike la stesse fissando.
    “Dov’eri?” chiese Joyce, quando la ragazza arrivò in corridoio.
    “Avevo dimenticato la borsa” rispose lei agitando il piccolo oggetto che teneva fra le mani, senza distogliere gli occhi dall’ossigenato che le stava a fianco.
    “Andiamo, allora?” chiese Giles, offrendo il braccio destro a Joyce, che accettò con piacere.
    Gli ci volle un po’ ma, alla fine, mentre la coppia più anziana usciva, Spike si riscosse dal proprio torpore.
    “Dio, sei così bella” riuscì ad ansimarle all’orecchio, mentre lei chiudeva a chiave la porta.
    La sensazione dell’alito di lui sul collo le fece venire i brividi lungo la schiena e, per un attimo, dovette serrare gli occhi prima di voltarsi sorridendo verso di lui:
    “Grazie”. Cercando di apparire il più noncurante possibile, e di non sembrare una ragazzina sciocca con una cotta, continuò: “Questo smoking ti sta veramente bene”.
    “È lo stesso di homecoming” rispose lui, tenendo gli occhi fissi su di lei.
    “Che c’è?” chiese lei, mentre si avviavano alla macchina.
    Lui lottò con le parole: “Sei ... Dio, mi sei mancata così tanto”. All’improvviso, senza pensare, le si avvicinò per prenderla tra le braccia, con la bocca pericolosamente vicino alla sua.
    “Che cosa stai facendo?” sibilò lei, premendogli una mano contro il petto.
    Lui scosse appena la testa e, dopo aver aperto e chiuso la bocca un paio di volte, disse:
    “Che c’è?”.
    “I nostri genitori” bisbigliò lei, mentre si avvicinavano alle auto.
    “Ah giusto” brontolò lui, aprendole la portiera dell’auto.

    Giles scese dall’auto e diede le chiavi ad uno dei ragazzi in uniforme nera che stavano davanti alla casa. Per essere siceri, era più che altro una magione.
    “Pronta?” chiese con un sorriso finto, offrendo il braccio a Joyce e tenendole aperta la portiera.
    “Odi tutto questo, non è vero?” chiese lei, cercando di non ridacchiare.
    “Con tutto me stesso” rispose lui, mentre entravano nel maestoso atrio nel quale alcune altre coppie si erano raccolte per salutare la padrona di casa.
    “E dai. Sii carino” bisbigliò lei, mentre una donna con indosso un abito rosso fuoco si avvicinava.
    “Oh Joyce, ce l’hai fatta!” gridò gioiosa la sig.ra Chase, attraversando l’atrio per avvicinarsi a loro, con un enorme ghigno e le braccia aperte per abbracciare Joyce.
    “Joanne, che bello vederti. Buon Capodanno!” salutò Joyce, abbracciando la bruna.
    “Buon Capodanno!” rispose GINGERLY lei. “Oh sig. Giles, finalmente è venuto! Sono anni ormai che cerco di convincerla a venire alla nostra festa” continuò, rivolgendo la propria attenzione al libraio.
    “Mi fa piacere essere venuto. E per favore, mi chiami solo Giles” rispose Rupert sorridendo il più cordialmente possibile, per poi prendere la mano della padrona di casa e sfiorarla con le labbra.
    “Oh voi inglesi siete dei *tali* gentiluomini!” trillò la sig.ra Chase, coprendosi la bocca con l’altra mano.
    Nel frattempo la coppia più giovane stava dietro di loro, a scambiarsi sguardi struggenti, quando all’improvviso:
    “Oh William! Ci sei anche tu” gridò Joanne, andando ad abbracciarlo. “Ma guardati! Sei così bello” continuò.
    “Hey sig.ra Chase” mormorò Spike, abbassando la testa leggermente imbarazzato.
    “E Buffyyy!”.
    Allo strillo acuto della donna la bionda ebbe un fremito.
    “Siete una coppia? Siete così carini! Così dooolci!”.
    I due ragazzi sgranarono gli occhi alla ricerca di una risposta, mentre i loro cuori cessavano di battere per un attimo.
    “Bè noi ...” iniziò Buffy.
    “Noi ... ehm ...” tentò Spike.
    Per fortuna la sig.ra Summers li soccorse:
    “Dov’è Michael?” li interruppe Joyce, un po’ bruscamente ma con un enorme sorriso.
    “Probabilmente nella zona della piscina” rispose la sig.ra Chase, riportando lo sguardo sul libraio che le stava davanti. “È così bello averla qui, Giles” disse facendo scorrere lo sguardo sull’inglese.
    Per tutta risposta, Giles si mise a trafficare nervosamente con i suoi occhiali, sistemandoseli per la milionesima volta.
    Era sul punto di dire qualcosa quando la sig.ra Summers si intromise: “Bene, allora andiamo a salutare”; prese Giles per il braccio e, praticamente, lo trascinò via.
    Non appena furono abbastanza lontani da non essere sentiti lo tirò per la manica:
    “Non c’era bisogno di essere *così* carino” mormorò accigliata.
    “Oh, c’è Willow” notò Buffy, e i due ragazzi si allontanarono dalla fin troppo vivace padrona di casa, prima che potesse fare altre domande imbarazzanti. “Mamma!” gridò alla madre. “Andiamo a parlare con Willow, va bene?”.
    La sig.ra Summers annuì e si diresse verso la piscina.
    “Hey Wills!” salutò Buffy, muovendosi in mezzo alla folla con Spike che la seguiva da presso.
    “Buffy! Hey!” rispose Willow quando la coppia la raggiunse. “Spike”.
    “Rossa” disse lui, con un cenno del capo. “Dove sono l’idiota e Oz?”.
    Prima che Willow potesse rispondere qualcuno gli toccò la spalla.
    “Spike, quanto tempo” disse Oz, passando a Willow un bicchiere di soda e bevendo un sorso dal proprio.
    “Non ho ancora visto Xander. Probabilmente è occupato a darsi da fare con Cordy” rispose Willow.
    “Non credo” ridacchiò Buffy, scorgendo Xander dall’altro lato della stanza.
    Il ragazzo era accanto al sig. Chase e aveva un’aria terrorizzata e un sogghigno forzato incollato sul viso, mentre faceva finta di ascoltare l’uomo che, apparentemente, stava blaterando qualcosa di molto noioso.
    “Credo che l’abbia bloccato il sig. Chase” continuò Buffy mentre tutti e quattro si appoggiavano alla parete a guardare il triste spettacolo.
    “Oh poveretto! Il sig. Chase gli sta probabilmente facendo il famoso discorso “uccidi o vieni ucciso” si lamentò Willow.
    “Uccidi o vieni ucciso?” chiese Buffy accigliata, guardandosi intorno e sentendosi decisamente fuori dal giro alla vista di Spike scuoteva la testa e rivolgeva uno sguardo impietosito in direzione di Xander.
    “Sì. La teoria del sig. Chase secondo la quale il mondo di oggi è governato dalla regola per cui uccidi o vieni ucciso. È una battaglia per la sopravvivenza, e tutti noi dobbiamo scegliere se essere cacciatori o … pranzo” riassunse Willow.
    Ancora una volta ci fu silenzio, e i quattro osservarono il bruno tormentato senza pietà dalla macabra visione della vita dell’uomo. Xander muoveva nervosamente le dita, sogghignando maggiormente e annuendo entusiasta ogni volta che il sig. Chase lo guardava.
    “È fregato” se ne uscì Spike. “Quel discorso può durare delle ore”.
    Buffy lo guardò: “E tu come lo sai?”.
    “Ehm ... io ... io ...” balbettò il ragazzo, dibattendosi alla ricerca di una risposta.
    “Lo sanno tutti” si intromise Oz.
    “E allora perché io non so la storia del discorso?” chiese lei, alzando gli occhi su Spike.
    “Perché tu non sei tutti, amore” le bisbigliò all’orecchio l’inglese.
    La sensazione del corpo di lui premuto contro il proprio le annebbiò la mente e, ben presto, si dimenticò dell’argomento e si rimise a fissare Xander.

    Negli occhi del ragazzo si accese un guizzo di speranza, quando scorse il gruppetto riunito dall’altro lato della stanza.
    “Aiutatemi” mimò con la bocca, mentre il sig. Chase non lo guardava.
    “Dunque, come vedi, nel mondo corporativo in cui viviamo oggi i giovani come te devono provvedere a sé stessi. Là fuori è una giungla”. L’uomo si interruppe per qualche secondo per portarsi il sigaro alle labbra, poi ricominciò: “Ti dico che o uccidi o …”; e si voltò verso il ragazzo che gli stava a fianco, che si raddrizzò immediatamente.
    “O vieni ucciso” completò Xander con finto entusiasmo.
    Il sig. Chase praticamente gridò: “Esattamente!” e diede una pacca sulla spalla al ragazzo, che quasi si soffocò con la sua stessa saliva. “Sei un giovane brillante! Sapevo che la mia Cordy sa scegliere”.
    Xander ghignò debolmente all’indirizzo dell’uomo, pregando gli dei che lo salvassero, e il sig. Chase continuò:
    “Ti ho raccontato di quella volta che la mia impresa ha rilevato ...”.
    “Oh Dio, non di nuovo! Per favore! Non di nuovo!” supplicò mentalmente lui.
    Dal nulla si sentì una vocetta acuta: “Oh tesoro! Eccoti qui! Ti ho cercato dappertutto. Ciao, Xander!”.
    Xander salutò con una punta di speranza: “Salve sig.ra Chase”.
    “Non ti dispiace se ti rubo mio marito, vero?”.
    “Per niente!” rispose lui, un po’ troppo entusiasta.
    “Joanne, proprio adesso? Stavo per raccontargli del rilevamento McKinley” protestò l’uomo.
    “Bè, dovrai risparmiartelo per dopo. Mi servi adesso. È appena arrivato il Sindaco” spiegò la sig.ra Chase, spingendo il marito tra la folla.
    Xander sospirò di sollievo e si affrettò ad attraversare la stanza per incontrare il resto del gruppo.
    “Hey!” disse remissivo.
    “Hey. Com’è andata la tortura?” chiese Oz.
    “Una tortura” buttò là Xander.
    “Le mie condoglianze” disse Willow, dandogli una pacca amichevole sulla spalla.
    “Dov’è Cordy?” chiese Buffy.
    “Probabilmente è ancora di sopra a vestirsi” rispose Xander stringendosi nelle spalle. “Vuole fare un’entrata alla grande, come sempre”.
    “Come mai il capriccio del jazz?” chiese Spike, puntando l’indice in alto mentre iniziava un’altra canzone di Billy Holiday.
    “È la mania della sig.ra Chase” spiegò Buffy, appoggiandosi casualmente a Spike dopo aver esaminato invano la stanza alla ricerca dei loro genitori. “Ogni anno sceglie un decennio e poi fa suonare solo la musica di quel periodo. Quest’anno sono gli anni trenta”.
    “Niente canzoni di Capodanno?” si acciglio Spike.
    “No” rispose Willow.
    “È strano”.
    “Meglio strano che spiacevole” intervenne Xander.
    Willow si intromise in risposta allo sguardo confuso di Spike:
    “Il decennio dell’anno scorso erano gli anni settanta”.
    “Il meglio degli anni settanta” aggiunse Buffy.
    Willow fece una smorfia al ricordo: “Puoi ascoltare “Staying alive” solo per un certo numero di volte, poi ti prende inevitabilmente il desiderio irrefrenabile di uccidere il DJ”.
    “Hey, negli anni settanta non c’era solo la musica da discoteca, sapete? Avete presente il punk?”.
    “Credimi, per la sig.ra Chase c’era solamente musica da discoteca” ribatté Xander.
    “Non posso credere di aver sospirato di sollievo ogni volta che mettevano Elvis” precisò Willow, mentre Oz la prendeva fra le braccia.
    Buffy guardò la coppia e sentì un groppo allo stomaco. Voleva poterlo fare con il proprio ragazzo, senza doversi preoccupare che sua madre li sorprendesse. Deglutì a fatica quando Spike le accarezzò la schiena di nascosto, mentre i loro corpi si toccavano “per caso”, ed entrambi afferravano avidamente ogni occasione che avevano per toccarsi. Buffy scosse leggermente la testa, cercando di concentrarsi sulla conversazione. Qual’era l’argomento? Ah giusto: la diabolica musica da discoteca. “Dio, dobbiamo davvero dire la verità ai nostri genitori!” pensò, mentre Spike spostava la mano più in basso, sfiorandole i glutei.
    “Voglio dire, i Bee Gees erano ...”. Xander si interrupe, rendendosi conto che all’improvviso nella stanza era calato il silenzio.
    Si voltò e vide Cordelia che entrava mentre tutti i presenti si zittivano e fissavano la bruna vestita di rosso. Lei attraversò l’atrio estremamente elegante e posata, apparentemente inconsapevole dell’effetto che aveva sulla folla, e si diresse verso il solito gruppo. Pian piano il mormorio di sottofondo tornò ai livelli normali e lei raggiunse la banda.
    “Hey!” salutò.
    “Cordelia, sei splendida1” si complimentò Willow.
    “Lo so” rispose semplicemente lei, guardando il suo ragazzo che era intento a raccogliere la mascella dal pavimento.
    Buffy sogghignò per il suo atteggiamento arrogante. Era così tipico di Cordelia. Il suo sorriso sparì subito: guardandosi oltre la spalla vide Spike che fissava la bruna con gli occhi sgranati. Qualcosa nel suo stomaco si torse dolorosamente ma non disse niente, limitandosi a continuare ad ascoltare la conversazione.
    Sentendola allontanarsi da lui Spike si accigliò. Le si avvicinò di nuovo e, ancora una volta, lei si scostò.
    Si chinò a bisbigliarle all’orecchio: “C’è qualcosa che non va, amore?”
    “I genitori” rispose calma lei.
    “Sono fuori” si accigliò lui, cercando di abbracciarla mentre lei si scostava con discrezione.
    “Non voglio rischiare” disse lei, alzando gli occhi ma senza guardarlo in faccia.
    “Un attimo fa ti andava bene” insisté lui.
    “Bè ho cambiato idea” continuò lei, noncurante.
    Sorrise e si voltò a dire qualcosa a Willow ma, all’improvviso, lui la prese per un braccio.
    “Scusateci” disse al gruppo, sorridendo forzatamente. Prima che potesse rendersene conto Buffy fu trascinata in mezzo alla folla e si ritrovò in un corridoio abbastanza isolato.
    “Cosa c’è che non va?” chiese lui, lasciandola andare dopo averla fatta voltare in maniera da guardarla in faccia.
    “Niente” insisté lei, sospirando e appoggiandosi al muro con le braccia incrociate sul petto.
    Lui piegò la testa di lato, in attesa di una spiegazione: “Buffy ...”.
    “Non è niente”.
    Lui la guardò accigliato, chiaramente non convinto.
    Buffy si imbronciò, rendendosi conto di quanto fosse ridicola.
    “È solo che ... il modo in cui hai guardato Cordy ...”.
    “Cosa?”.
    “Eri tutto ...”. Sgranò gli occhi, cercando di imitare l’espressione di lui. “ … sbavante”.
    “Sbavante?” si accigliò lui.
    “Già. Sbavavi un sacco ... sbavante” spiegò lei, imbarazzata.
    “Non credo che sia una parola esistente, passerotto” sogghignò lui, mentre lei giocherellava nervosamente con i cordoni della borsetta.
    “Va bene. Non esiste” mormorò lei. “Possiamo andare adesso? Non voglio farmi beccare qui”.
    Lui non disse niente, si limitò a sorridere e a chinarsi su di lei. Lei fece un passo indietro e sentì il freddo del muro contro la schiena.
    “Cosa stai facendo? Potrebbe passare qualcuno” bisbigliò, mentre lui continuava ad avvicinarsi.
    “Hai idea di quanto sei carina quando sei gelosa?” chiese lui ignorando le sue domande e sfiorandole le labbra con le proprie mentre le posava le mani sui fianchi.
    “Non ero gelosa!” saltò su lei, a voce un po’ troppo alta. Sgranò gli occhi e si guardò intorno. “Non ero gelosa” ripeté, bisbigliando. “Ero solo …”.
    Lui la interruppe incollandosi alla sua bocca, afferrandole il collo sotto l’orecchio per attirarla più vicina.
    Buffy gemette nella sua bocca e rispose di buon grado al bacio, insinuando le mani fra i loro corpi per afferrargli i baveri dello smoking.
    Lottarono furiosamente, premendo le labbra contro quelle dell’altro in un tentativo disperato di averlo più vicino, e passandosi freneticamente le mani addosso, nel tentativo di toccare tutto il corpo dell’altro in una volta.
    “Dio mi sei mancata ...” riuscì a dire lui tra un bacio e l’altro.
    “Mi sei mancato ...”. Lui le coprì la bocca, impedendole di terminare la frase.
    Spike le premette il corpo con il proprio, spingendola contro il muro, mentre i loro baci diventavano via via più famelici e disperati.
    “Sei sicura di averlo lasciato nella tua stanza, Maria?”.
    La voce acuta della sig.ra Chase li strappò alla loro foga.
    “Oh mio Dio” bisbigliò senza fiato Buffy, sentendo un rumore di passi che si avvicinavano.
    Senza dire una parola Spike le afferrò la mano e, ancora una volta, si misero a correre per i corridoi.
    “Qui” sibilò Buffy, indicando una porta.
    “No, quella è la stanza della governante. Qui è meglio” disse lui, aprendo un’imposta che portava ad un piccolo magazzino.
    Nel momento stesso in cui si chiusero la porta alle spalle la sig.ra Chase e Maria voltarono l’angolo, e trovarono il corridoio vuoto.
    I due ragazzi rimasero tranquilli nello sgabuzzino, e trattennero il respiro finché non furono sicuri che le due donne se ne erano andate.
    “Ci siamo andati vicino” esalò Spike, facendo un passo verso Buffy e prendendola tra le braccia. “Allora, dov’eravamo rimasti?”.
    Si accigliò quando lei si scostò.
    “Come facevi a saperlo?” chiese.
    “Cosa?” indagò lui.
    “Come facevi a sapere che quella era la stanza della governante?” ripeté lei.
    “Bè, ehm ...”. Lui si interrupe un attimo poi se ne uscì: “La sig.ra Chase ha chiesto se qualcosa era nella stanza di Maria. Io ho dedotto che Maria fosse la governante e-e che stessero andando nella sua stanza”.
    “Ci sono almeno altre tre porte in questo corridoio. Come facevi a sapere che la stanza era *quella*?”.
    “Ehm ... ad homecoming, quando ti stavo cercando e ...”.
    “Spike, eri già stato qui, non è vero? Prima di homecoming?” chiese Buffy.
    “No ... Solo che ...”.
    Nella penombra della stanza lei strinse gli occhi: “Non mentirmi”.
    Lui sospirò, sconfitto.
    “Va bene! Sì, ero già stato qui. Un sacco di volte” mormorò lui, mentre lei lo fissava ad occhi sgranati.


    Capitolo 38
    “Come …? Qu-quando?”. Buffy esitò, mentre la sua mente elaborava velocemente una serie di risposte, nessuna delle quali le piaceva particolarmente. “Tu e Cordelia …”.
    “Cosa?! Dio, no!” negò immediatamente lui, scuotendo enfaticamente la testa.
    “Allora ...”.
    “Ecco ... ehm ...”. Lui la guardò, poi sospirò forte e se ne uscì: “DavoripetizioniaCordelia”.
    “Eh?”. Decisamente non era la spiegazione che si era aspettata lei.
    “Davo ripetizioni a Cordelia” ripeté lui. “Di inglese. Lo scorso anno” brontolò, abbassando la testa.
    “Davi ripetizioni a Cordelia?”.
    Lui sospirò pesantemente: “Sì”.
    “Davi ripetizioni a qualcuno?” continuò lei, incredula.
    “Sorpresa, amore?”.
    “Molto” annuì lei.
    “Bè, lei stava rimanendo indietro e la sig.ra Kennedy mi ha chiesto di aiutarla. Quindi ho finito per venire qui tutti i venerdì pomeriggio. Ecco perché conosco così bene la casa” spiegò lui.
    “Uau”.
    Lui alzò gli occhi al cielo e si premette le dita all’apice del naso.
    “Perché non l’hai detto a nessuno?” chiese lei, ancora un po’ confusa dalla scoperta.
    “Che cosa?! E farmi bollare da tutti come un secchione? Mai. Mi ci è voluto troppo tempo per costruirmi la mia reputazione di cattivo ragazzo. Non avevo intenzione di perderla” scosse la testa lui, camminando in cerchio. “E poi Cordelia non era troppo entusiasta di far sapere a tutti che aveva bisogno di ripetizioni”.
    Ci fu un momento di silenzio, con Buffy che sembrava un’imitazione alla moviola di un pesce fuor d’acqua, aprendo e chiudendo più volte la bocca.
    “Per la verità Oz e la rossa lo sanno” disse lui, cercando di rompere il silenzio imbarazzante.
    A queste parole Buffy sollevò lo sguardo e corrugò le sopracciglia.
    “Mi è praticamente scappato a homecoming, mentre tu eri ...”. Lui deglutì a fatica, poi decise di evitare l’argomento: “ … sparita”.
    “L’hai detto a loro e non a me?!” chiese lei, con un filo di disappunto nella voce.
    “Te l’ho detto. Non avevo intenzione di dirlo a nessuno. Mi è scappato” mormorò lui, appoggiandosi al muro di fronte a lei.
    “Ecco perché tutti sapevano del “discorso” tranne me, vero?”.
    “Mi dispiace” disse debolmente lui, piegando la testa di lato.
    Buffy incrociò le braccia sul petto in silenzio, poi disse:
    “C-come? Non stai mai attento a lezione di inglese. Stai sempre scribacchiando nel tuo blocco per appunti”.
    “Questo perché so già la maggior parte delle cose che l’insegnante spiega” rispose arrogante lui.
    “E allora cos’è che scrivi di continuo?” chiese lei con un mezzo sorriso, socchiudendo gli occhi.
    A questo punto ci fu nuovamente silenzio. Spike tirò la cravatta a farfalla che portava al collo allentandola un poco, e fissò il pavimento nel tentativo di nascondere il proprio volto, con la luce che filtrava dalla persiana che vanificava i suoi sforzi.
    “Spike…?”.
    “Sono poesie, va bene?” replicò brusco lui, lasciando ricadere le braccia ai lati del corpo in segno di sconfitta.
    “Poesie?!”.
    “Sì” sibilò lui, mentre lei gli si avvicinava. “Scrivo poesie e la sig.ra Kennedy mi da una mano. Quindi, ecco qua, sono un secchione. Contenta adesso?” brontolò, alzando gli occhi a guardarla per la prima volta da quando avevano iniziato quella conversazione.
    Il fiato gli si mozzò in gola quando, all’improvviso, se la trovò premuta addosso, con le labbra schiacciate alle sue in un bacio esigente. Gli ci vollero alcuni secondi per ricambiarla ma, alla fine, lo fece. La prese rapidamente tra le braccia, seppellendo una mano fra i suoi capelli, e aprì la bocca accogliendola nella propria. Entrambi barcollarono all’indietro e, ben presto, Buffy si trovò premuta contro un muro, con Spike che si chinava su di lei.
    Lui ansimò quando lei gli afferrò la camicia e, frettolosamente, gliela tirò fuori dai pantaloni per insinuarvi le dita sotto e passargliele sull’addome. Lei non ci mise molto a spostare le dita più in basso, strappandogli praticamente di dosso la fascia nera dello smoking nella ricerca dell’allacciatura dei pantaloni.
    “Che cosa stai ... Ah!” mugolò lui, mentre lei lo afferrava rudemente attraverso la stoffa.
    Lei fece scorrere il palmo della mano dall’alto in basso, mordicchiandogli il lobo dell’orecchio.
    “Dio, Buffy ... che co-”. Lui deglutì a fatica, mentre lei gli infilava la mano nei pantaloni e gli sfiorava i riccioli del pube. “Che cosa stai facendo?” riuscì a chiederle, con la fronte poggiata contro il muro oltre la spalla di lei e le palpebre serrate, stringendo e rilassando i denti nel tentativo di controllarsi.
    Lei non gli rispose e gli tracciò una scia di baci aspri lungo il collo, fino a raggiungergli le labbra. Gli mise le mani sulle spalle e, prima che lui avesse tempo di reagire, gli avvolse le gambe intorno alla vita, sollevandosi l’abito azzurro oltre le cosce.
    Istintivamente lui le posò la bocca sulla carne morbida del collo e la mordicchiò leggermente, mentre lei spingeva il bacino contro il suo strappandogli un grido soffocato.
    “Buffy ...” ansimò lui.
    “Ti voglio” esalò lei, infilandogli le dita nei riccioli scomposti e costringendolo a guardarla.
    Senza preavviso incollò la bocca a quella di lui, in un altro bacio esigente e bruciante, e affondò la mano tra i loro corpi, facendogliela scivolare nei pantaloni e prendendogli nuovamente in mano l’uccello.
    “Dio ...” gemette Spike, mentre lei glielo prendeva in mano e cominciava a muovere la mano su e giù.
    “Mi sei mancato” disse lei, ansante.
    “Mi sei mancata moltissimo” rispose lui, ricominciando poi a piazzarle una serie di baci lungo il collo.
    Quando lui raggiunse il punto sensibile sotto il lobo dell’orecchio lei gemette: “Ho cercato di ... ah!”. Poi, continuando a muovere la mano, ansimò: “ … allontanarmi dalla … g-galleria … ma era sempre sommersa … e-e …”. Quando lui le afferrò il polso e le scostò la mano, lei si fermò a metà della frase, si accigliò e lo guardò.
    “Se continui in quel modo non durerò” rispose lui, respirando affrettatamente. La fissò per qualche secondo poi chiese: “Sei sicura che vuoi …” e fece un gesto con la testa verso il basso “ … qui? Qualcuno potrebbe …”.
    Lei corrugò di nuovo le sopracciglia perfette.
    “N-non mi vuoi?” chiese strozzata.
    “Che cosa?” chiese lui, incredulo.
    “È solo che ...”.
    Lui sfregò i fianchi contro quelli di lei e, socchiudendo allusivamente gli occhi, ringhiò: “Ti sembra che non ti voglia?”.
    Lei arrossì e scosse la testa.
    “Volevo solo assicurarmi che tu volessi ...” le bisbigliò all’orecchio. “Non voglio che tu mi faccia andare su di giri per poi cambiare idea, tutto qui”.
    “E da quando lo faccio?” lo prese in giro lei, con finta indignazione.
    “Da sempre” rispose semplicemente lui, continuando a leccarle il collo e rendendole difficile concentrarsi sull’argomento.
    “Io ...” – ansimò – “ ... non ho mai fatto ...” – deglutì – “così”.
    Lui smise immediatamente di fare quello che stava facendo e la guardò.
    “E il giorno alla capanna?”. Lei si accigliò e lui continuò: “La volta che ti ho detto la verità su Andrew e Angel. Ti ricordi?”. Continuò in falsetto, cercando di imitare il suo tono di voce: “No! Non ora! Stanotte. Mentre dormono”.
    “Avrebbero potuto sentirci” si difese lei, mettendo il broncio.
    “Potrebbero sentirci maledettamente bene anche adesso” ribatté lui.
    “E dai. C’è una festa là fuori. Non ci sentirà nessuno” argomentò lei.
    “Se gridi ci sentiranno”.
    “Non griderò”.
    Lui allontanò il torace dal petto di lei e le afferrò il sedere: “Stai insinuando che non riuscirò a farti gridare?”.
    “No. Solo che non griderò” spiegò lei, strofinandoglisi addosso e facendogli rovesciare gli occhi.
    “Non è che sia proprio una scelta, vero?” chiese lui, con voce rauca e profonda, chinandosi verso di lei. “Alle volte hai *bisogno* di gridare” disse allusivo, passandosi la lingua sulle labbra.
    “Un po’ troppo egocentrico?” chiese lei, alzando un sopracciglio perfetto, e abbandonando la sua espressione non appena lui spinse il bacino contro il suo. “La musica è alta e …”.
    “Stupidi ragazzini! Continuando a correre in giro e ad andare a sbattere sulle persone”.
    Sentendo la voce familiare di Snyder provenire dal corridoio Buffy e Spike si immobilizzarono.
    “M-mi dispiace veramente Sindaco Wilkins. Non intendevo gettarle addosso il mio drink” continuò a balbettare l’uomo. “È solo che quell’idiota di Harris mi è venuto addosso e …”.
    Dallo sgabuzzino i ragazzi sentirono la voce stranamente vivace del sindaco Wilkins: “È tutto a posto Snyder. Ora, qual era la porta? La seconda a destra o a sinistra?”.
    “C-credo che la sig.ra Chase abbia detto che il bagno è la seconda porta a sinistra”.
    Buffy fissò ad occhi sgranati i due uomini che si erano fermati davanti alle imposte. Quando Spike spostò una mano fra i loro corpi quasi le caddero gli occhi dalle orbite. Spaventata, passò con lo sguardo dal viso di Spike alla sua mano. Deglutì a fatica, sentendo l’inconfondibile rumore metallico di una cerniera che viene aperta.
    “Che cosa stai facendo?” chiese, senza emettere alcun suono.
    Quando lui le scostò le mutandine con un dito si immobilizzò.
    “No!” mimò con la bocca, cercando di scostargli la mano senza fare alcun rumore.
    Si sentì un rumore di acqua che scorreva e, voltatasi a guardare attraverso le imposte, vide che solo uno dei due uomini era rimasto in corridoio: il sig. Snyder. Alle sue spalle, proprio di fronte alle imposte dello stanzino, c’era una porta aperta da cui si intravedeva un bagno. Mentre il preside camminava in cerchio nel corridoio, Buffy riuscì a scorgere il Sindaco nell’altra stanza che, chinato sul lavandino, si sforzava di ripulirsi i pantaloni.
    Sentendo qualcosa di duro premere contro di sé riportò la propria attenzione su Spike.
    “No!” esalò, mentre un misto di paura ed eccitazione le inondava il sangue.
    “Non ci sentirà nessuno” bisbigliò lui, chinandosi sul suo viso ad occhi chiusi e passandole la lingua sull’orecchio.
    “Aspetta Spike ...” bisbigliò lei.
    “E tu non griderai, ricordi?” chiese rauco lui, prima di spingere lentamente i fianchi in avanti, penetrandola.
    Buffy sgranò gli occhi, sentendolo scivolare pigramente fra le pieghe del suo sesso, aprendola. Trattenne il respiro e si morse il labbro inferiore con forza per evitare di gemere il suo nome, affondandogli le unghie nelle spalle.
    Lui non la penetrava completamente, ma solo con la punta dell’uccello, con movimenti terribilmente lenti.
    “Spike ci ...”. Lui le mordicchiò leggermente il lobo dell’orecchio e lei si interruppe per un attimo. Dio, quello lo adorava! “Ci ... ah ... sentiranno”.
    Lui le fece scivolare il viso sul collo strofinando il naso contro la pelle morbida. Nel frattempo continuava a muovere i fianchi, spingendoli leggermente in avanti e tirandoli indietro, tormentandola impietosamente.
    “Spike …” esalò lei, con voce praticamente inudibile.
    “Ti voglio così tanto …” le ringhiò silenziosamente all’orecchio lui, affondando in lei all’improvviso.
    Lei ansimò, sgranando gli occhi e la bocca.
    Nel corridoio il sig. Snyder si fermò.
    Lo sentirono chiedere: “Cos’era quello?”.
    “Cos’era cosa?” chiese il Sindaco, continuando a fissare la macchia che aveva sui pantaloni, senza fare davvero attenzione.
    Il cuore di Buffy perse un colpo e, dentro di lei, Spike si immobilizzò, con il viso ancora affondato nell’incavo del suo collo.
    “Credo di aver sentito qualcosa”.
    “Probabilmente era solo la musica” suggerì il Sindaco, strofinando un pezzo di carta igienica bagnata sul tessuto.
    “No, era …”.
    “Dannazione!” sibilò all’improvviso il Sindaco Wilkins, gettando la carta nel cestino là vicino. “Questa piccola fastidiosa macchia non viene via!”.
    “Bè, la sig.ra Chase arriverà da un momento all’altro con lo smacchiatore. Sono sicuro che andrà via. Verranno come nuovi” disse velocemente Snyder strofinandosi e mani, mentre l’altro prendeva un altro pezzo di carta igienica e si dedicava nuovamente al proprio compito.
    Buffy aveva ancora gli occhi fissi sui due uomini in corridoio, quando Spike si mosse dentro di lei. Senza preavviso uscì da lei e si spinse nuovamente dentro, mentre lei tratteneva il respiro e soffocava un gemito.
    Lui le afferrò il sedere, sostenendola contro il muro e iniziando a muoversi con un ritmo lento e calmo. Con la bocca si dedicava al suo collo, leccando famelico ogni centimetro di pelle scoperta, mentre si muoveva dentro e fuori di lei.
    “Dobbiamo … smettere … Do- Oh! Dio! Dobbiamo …”.
    La voce squillante della sig.ra Chase irruppe dolorosamente nella nebbia che avvolgeva Buffy: “Sig. Sindaco. Sig. Sindaco? Oh, siete qui! Credevo di avervi detto di usare il bagno dell’ufficio. Era il più vicino. Vi ho cercato per tutta la casa. Ora, fatemi vedere questa macchia”.
    Buffy si voltò verso sinistra e, con lo sguardo annebbiato, vide attraverso le imposte la sig.ra Chase che spruzzava qualcosa sui pantaloni del Sindaco per poi strofinare.
    “Visto Sindaco Wilkins? Le avevo detto che …”.
    La voce lamentosa del sig. Snyder si affievolì in sottofondo, insieme alla voce soul di Etta James, mentre Spike spostava una delle mani dal suo sedere per insinuarla tra i loro corpi alla ricerca del suo clitoride. Vi premette contro il pollice, continuando a spingere con il bacino con un ritmo crescente.
    “Spike … non … Cristo!” sibilò, inarcando il collo ed esponendosi di più a lui.
    Ma lui si era già concentrato su qualcosa d’altro. Nel bel mezzo del loro strofinarsi le spalline del suo vestito da un lato le erano scivolate dalla spalla e la stoffa si era spostata sul petto, scoprendo in parte il seno bianco. Lui spostò di buon grado la bocca verso il basso, scostandole ulteriormente il vestito con il mento, finché non ne spuntò un capezzolo eretto. Dischiuse le labbra per prenderlo in bocca, avvolgendolo con la lingua prima di premervela sopra.
    Buffy non riusciva più a sopportarlo: lui che le baciava e le mordeva il capezzolo, massaggiandole il clitoride rigonfio con il pollice mentre la penetrava a fondo era troppo.
    “Ecco amore! Vieni per me … Vieni per me …” la incoraggiò segretamente lui, sollevando lo sguardo sul suo viso contorto dal piacere, senza staccarsi dal suo seno.
    Lei aveva gli occhi serrati e le sopracciglia corrugate, e teneva la bocca chiusa e le labbra semiaperte, che ne lasciavano intravedere i denti serrati mentre lottava con l’orgasmo incombente.
    “Bene, credo che la macchia se ne sia andata”.
    “Bè sig.ra Chase, avete fatto un lavoro davvero miracoloso” disse il Sindaco Wilkins con un sogghigno forzato, uscendo dal bagno. “Faremmo meglio a sbrigarci, mancano solo cinque minuti a mezzanotte”.
    “Oh Dio Spike” sibilò lei, ansimando e deglutendo a fatica, annaspando nel sentirsi pronta ad esplodere.
    “Per favore Buffy … Vieni per me. Non lottare” supplicò lui bisbigliando dolcemente e staccandosi dal suo seno per concentrarsi sulla sua bocca. “Cazzo! Sono così vicino” mormorò tra un bacio e l’altro, togliendole la mano dal clitoride e afferrandole nuovamente il sedere.
    “Bene, faremo meglio a tornare alla festa allora” suggerì Snyder mentre camminavano lungo il corridoio.
    Nel magazzino Spike uscì da Buffy e, all’improvviso, affondò in lei con tutte le sue forze. Lei gli afferrò i capelli, cercando qualcosa a cui aggrapparsi, e gridò nella sua bocca mentre l’orgasmo lo investiva con forza.
    I gemiti di Spike si mischiarono con i suoi, mentre il sesso di lei si contraeva intorno al suo cazzo stringendolo; e venne a sua volta.
    Il sig. Snyder si bloccò di colpo: “Che cos’era quello?”.
    “Cosa?” chiesero all’unisono la sig.ra Chase e il Sindaco.
    “Quel rumore” insisté l’uomo.
    “Io non ho sentito niente”.
    “No, poco fa. C’è stato u-un … rumore soffocato … qualcosa” insisté lui.
    “Snyder, credo che lei abbia bisogno di passare un po’ più di tempo lontano dai ragazzi. Sta iniziando a sentire delle cose” disse il Sindaco Wilkins, continuando a dirigersi verso la festa.
    “M-ma …” balbettò Snyder, seguendolo.
    Nel magazzino Buffy e Spike scivolarono insieme lungo il muro, collassando sul pavimento in un intreccio di arti.
    Buffy fu la prima a parlare, tra un ansito e l’altro: “Dio! È stato … Dio!”.
    “Cristo, mi sei mancata così tanto Summers” le mormorò contro i capelli Spike, inspirando il suo odore ad occhi chiusi.
    “Summers? Dopo quello che abbiamo appena fatto hai ripreso a chiamarmi per cognome?” lo provocò lei.
    “Sei meravigliosa. Sei …”. Lui si dibatté alla ricerca delle parole giuste, ma tutte quelle che gli venivano in mente gli sembravano povere e meschine in confronto a ciò che provava in quel momento.
    Lei sorrise orgogliosa, infilando giocosamente le dita nei riccioli biondi di lui, mentre rivoli di sudore le scorrevano lungo il viso.
    “Mi sei mancata così tanto” disse alla fine lui, sollevando lo sguardo su di lei dopo un momento di silenzio. “Quando ti ho visto a casa tua, tutto quello che volevo fare era toccarti …”. Le passò un dito sulla spalla e lungo il braccio. “ … sentirti vicina a me, inspirare il tuo profumo …”. Inspirò a fondo presso la sua guancia. “ … baciarti” terminò, sfiorandole le labbra con le proprie. “Sei bellissima stanotte”.
    “Solo stanotte?” sorrise lei.
    L’espressione di lui le fece fermare il cuore per un attimo, mozzandole il fiato in gola e torcendole lo stomaco. Per un attimo il modo in cui la fissava ed il doloroso vorticare di emozione nei suoi occhi la spaventarono. Era talmente intenso.
    “Sempre” esalò lui. “Non c’è nessuna oltre te e se non lo sai a questo punto …”.
    Lei lo interruppe posandogli due dita sulla bocca.
    “Lo so” bisbigliò, poi si chinò e lo baciò sulle labbra.
    Si fissarono l’uno l’altra abbagliati ancora per qualche attimo, tracciando pigramente con le dita strani disegno sul corpo dell’altro.
    Buffy interruppe il silenzio: “Faremmo meglio ad andare. Mia madre mi starà cercando”.
    Lui annuì di malavoglia, ed era sul punto di muoversi quando lei esclamò:
    “Ah, aspetta! Ho qualcosa per te”.
    Senza spostarsi dal grembo di lui afferrò la borsetta e l’aprì; poi ne estrasse un regalo incartato goffamente e glielo porse.
    “Perché, passerotto?” chiese accigliato lui, prendendo il regalo.
    “Buon Natale!”.
    “Credevo che mi avessi già dato un regalo di Natale” disse lui allusivo, iniziando a scartarlo.
    “Questo è in più”.
    Lui lo aprì, scoprendo un paio di boxer blu scuro, con dei cuori rossi; sorrise.
    “Ti piace?” chiese lei.
    “Lo adoro” rispose lui, attirandola a sé per un altro bacio.
    All’improvviso la musica di sottofondo si interruppe, per essere sostituita da un coro chiassoso:
    “Dieci, nove, otto, sette, sei, cinque …”.
    I due ragazzi rimasero seduti sul pavimento, a guardarsi l’un l’altra nel magazzino buio, la cui unica luce proveniva dalle imposte.
    “Quattro, tre, due, uno! Buon anno!”.
    “Buon anno, passerotto!”.
    “Buon anno!” rispose Buffy, mentre lui le metteva una mano sulla guancia e la attirava a sé per un lungo bacio.

    Capitolo 39
    La voce acuta della sig.ra Finch riecheggiò sulle pareti dell’aula: “Sig.na Summers!”.
    Buffy si scusò debolmente, tenendo la testa china: “Scusi”.
    “Non avvertirò di nuovo lei e la sig.na Rosemberg” la minacciò per la terza volta nella giornata l’insegnante di storia.
    Le due ragazze riuscirono a stare tranquille per i successivi dieci minuti ma, ben presto, Willow diede una gomitata alla bionda seduta vicino a lei.
    “Allora, che cosa è successo dopo?” chiese con gli occhi scintillanti, ansiosa di sentire il resto della storia.
    “Bè la sig.ra Chase è entrata nel corridoio ...” continuò Buffy, raccontando gli eventi dell’ultimo dell’anno chinata verso Willow, gettando di tanto in tanto un’occhiata veloce all’insegnante. “E poi …”.
    “Sig.na Summers!”.
    Entrambe le ragazze fecero un salto sulla sedia, raddrizzandosi e fissando terrorizzate la donna dai capelli grigi.
    “Sono fregata” pensò Buffy, guardando l’insegnante sistemarsi gli occhiali e cominciare a leggere il foglio di carta che teneva in mano.
    “Bene, sig.na Summers, immagino che dopo tutto riuscirà a saltare la mia noiosa lezione. Il nuovo consulente per l’orientamento vuole vederla” spiegò lei, sollevando lo sguardo dal foglio di carta e fissandola.
    Buffy si accigliò e guardò Willow in cerca di una spiegazione, senza trovarne nessuna: “Il nuovo consigliere per l’orientamento?”.
    “Avanti sig.na Summers! Non ho tutto il giorno” esclamò la sig.ra Finch, voltandosi verso la lavagna.
    Buffy raccolse goffamente le sue cose e le infilò rapidamente nel suo zainetto, poi lasciò l’aula.

    Ancora accigliata, sospirò profondamente e bussò alla porta.
    Qulcuno ripose: “Entra”.
    “Voleva vedermi?” chiese Buffy, entrando nella stanza.
    Dietro la scrivania sedeva una donna pallida con i capelli scuri, con un sorriso finto stampato sulle labbra rosse.
    “Tu devi essere Buffy” disse, alzandosi e stringendo la mano alla ragazza attraverso la scrivania. “Io sono Halfrek Addams, nuovo consulente per l’orientamento”. Buffy si accigliò e lei aggiunse con un sospiro: “Lo so, Halfrek … è brutto, eh? Diciamo solo che i miei genitori avevano delle idee molto … *originali*. Chiamami semplicemente Hallie!”.
    “Hey!” salutò imbarazzata Buffy, sedendosi come aveva fatto la donna che le stava davanti. “S-sono nei guai?” chiese, dopo alcuni attimi di snervante silenzio.
    L’unica risposta che ottenne fu una risatina della bruna.
    “No, non sei nei guai. Sto solo cercando di incontrarvi tutti, dato che sono nuova. Per conoscervi meglio sai, in maniera tale da potervi aiutare” spiegò dopo un po’.
    “Ah!” rispose Buffy annuendo appena, e rilassandosi nella sedia.
    “Allora ...” iniziò Hallie, guardando il fascicolo che teneva in mano. “Buffy Anne Summers” lesse, poi lo mise giù e guardò la ragazza seduta di fronte a lei. “Che cosa vuoi dalla vita?”.
    “S-scusi?” chiese Buffy, un po’ sorpresa.
    “Che cosa vuoi fare? Quali sono i tuoi scopi? Le tue passioni? Che cosa ti spinge?” continuò a indagare la donna, muovendo entusiasta le mani per aria.
    Buffy sgranò gli occhi al fuoco di fila delle domande che le erano state rivolte.
    “B-bè, n-non lo so ancora” balbettò.
    “Sei all’ultimo anno, giusto?” chiese Hallie riprendendo il fascicolo e scrutandolo nuovamente.
    “Sì”.
    “Bè dovresti avere un’idea di quello che vuoi, giusto?”.
    “Non esattamente” ripose Buffy, un po’ nervosa.
    Ci fu un momento di silenzio, in cui Hallie sospirò forte prima di chiudere il fascicolo e metterlo via.
    “Vedo che non sei coinvolta in nessuna attività non obbligatoria” iniziò. “Niente sport, niente clubs, niente gruppi”.
    “Non mi interessano molto queste cose” cercò di spiegare Buffy sollevando un angolo della bocca e stringendosi nelle spalle, lasciandosi andare nella sedia.
    “Che cosa ti interessa, Buffy?” chiese Hallie con un sorriso di pseudo compassione.
    “Non lo so”.
    “Ti sei mai chiesta se il motivo per cui non sai cosa ti piace possa essere il fatto che non sei mai stata davvero coinvolta in qualcosa? Non hai mai provato nessuno sport né nessun altro tipo di attività. Forse se ci provassi scopriresti che alcune di queste cose ti piacciono” argomentò Hallie.
    “Ha senso” disse debolmente Buffy.
    “Lo ha, vero?”. Hallie le sorrise di nuovo, poi si alzò e prese un grosso fascicolo dallo scaffale a fianco alla scrivania cominciando ad esaminarlo. “Cosa ne pensi del … club degli scacchi?”.
    “No!”. Buffy si raddrizzò immediatamente sulla sedia, scuotendo la testa. “V-voglio dire, non so giocare”.
    “Ah! Bè, allora ... cosa ne dici di ... fare la cheerleader?”.
    Buffy si bloccò, mentre l’immagine di se stessa con addosso uno dei succinti completini da cheerleader di Cordelia le invadeva la mente.
    “Nooo grazie” rispose.
    “Perché no?”.
    “È solo che non sono un amante del football. Non credo di avere quello che ci vuole” spiegò Buffy, pregando silenziosamente che la consulente cambiasse idea.
    Lei continuò a sfogliare le pagine, suggerendo una serie di attività che a Buffy facevano venire voglia di vomitare. “Va bene, allora ... immagino che l’unica cosa rimasta sia il teatro”:
    “Teatro?”.
    “Sì! Lezioni di recitazione, hai presente?”.
    “N-non so recitare”.
    “Sciochezze. Certo che ci riesci!” disse Hallie, con un movimento noncurante della mano, alzandosi e inchinandosi sulla scrivania.
    “M-ma ...”.
    “Ah, sarebbe il modo perfetto per elaborare tutta quella frustrazione adolescenziale accumulata ... riversare il tuo cuore e la tua anima nel tuo ruolo” continuò Hallie, battendo le mani entusiasta.
    “Non ho frustrazioni accumulate” saltò su Buffy.
    La bruna però non la bevve: “Certo che ne hai! Sei un’adolescente!”.
    “No, io ...”.
    “Allora siamo d’accordo! Farai un provino per la prossima recita. Fra l’altro sei giusto in tempo. I provini iniziano oggi, dopo la scuola. Non è grandioso?”.
    “Alè!” mormorò tra sé Buffy, facendosi piccola piccola.


    “Hey, Wills, Xander” salutò Buffy, trascinandosi al tavolo e lasciandovi cadere sopra il vassoio. “Ecco il modo per affrontare il nuovo anno: fronte aggrottata e sospiri profondi” se ne uscì Xander, sarcastico.
    “Cosa è sucesso? Sei nei guai?” chiese Willow, chiaramente preoccupata.
    “No” rispose Buffy, spargendo il cibo per tutto il piatto.
    “Ho sentito che oggi hai vinto un viaggio gratis dal consulente per l’orientamento” disse Xander, guardando oltre la spalla di Buffy e vedendo Spike che arrivava. “Hey Mr. Ossigeno!” lo salutò mentre lui si sedeva edava un bacetto veloce a Buffy, per poi rispondere:
    “Hey idiota”.
    Poi si voltò verso Willow e, con un cenno del capo, aggiunse: “Rossa”. Poi riportò la propria attenzione sulla ragazza seduta a fianco a lui: “Cosa c’è che non va, amore?” chiese, passandole una mano sulla schiena.
    “L’ha chiamata il consulente per l’orientamento” rispose Willow a bassa voce.
    “Anche a te tocca la recita, eh?”.
    Tutti si voltarono e videro Oz che posava il proprio vassoio a fianco a quello di Willow, e Cordelia che arrivava subito dopo di lui.
    “Sei stato classificato anche tu?” chiese Buffy, un po’ più vivacemente, sollevando lo sguardo dal proprio piatto per la prima volta da quando si era seduta.
    “Sì. Non sono abbastanza coinvolto nella vita scolastica” continuò Oz, dopo aver dato un bacio a Willow.
    A questo punto Buffy sospirò forte e riportò la propria attenzione sul pranzo.
    “Sarebbe carino se qualcuno spiegasse che cosa sta succedendo” esclamò Xander, ghignando goffamente.
    “Oz e Buffy sono tra i pochi prescelti per la nuova recita scolastica” spiegò Cordelia, con voce grondante sarcasmo.
    “Parteciperai ad una recita?” chiese Spike accigliato.
    “La nuova consulente per l’orientamento ha detto che non sono abbastanza coinvolta nelle attività non obbligatorie e che dovrei aprire la mente a nuove esperienze, in maniera tale da poter scoprire la vera me stessa e ciò di cui *ho bisogno* per essere felice nella vita” mormorò Buffy, lasciando cadere la forchetta ed appoggiandosi allo schienale della sedia.
    “Lo stesso discorso che ha fatto a me” disse Oz.
    “Ti piace il teatro?” chiese Spike, ancora un po’ sorpreso.
    “No. Ma la scelta era tra quello e fare la cheerleader” sospirò Buffy, incrociando le braccia sul petto e mettendo il broncio.
    “E tu hai scelto il teatro?”.
    La bionda annuì, facendo una smorfia di disgusto.
    “Non so. Magari mi sarebbe piaciuto vederti con addosso quei completini aderenti, minuscoli e perversi” disse sogghignando Spike, piegando la testa verso di lei e passandosi allusivamente la lingua sui denti.
    “Già! Io con addosso completini aderenti, minuscoli e perversi che faccio il tifo per *Angel*” rispose Buffy con un sorriso forzato.
    A questo punto il sogghigno di Spike si sgretolò, per essere sostituito da un’espressione accigliata.
    “Immagino che tu abbia ragione. Ho sempre pensato che saresti stata grandiosa in … che recita è?”.
    “Romeo e Giulietta” scattò Buffy.
    “Sì, saresti una Giulietta grandiosa” sorrise, strofinando il naso contro il collo di lei.
    “Non faccio il provino per Giulietta. Faccio il provino per la nutrice” spiegò Buffy.
    “Anche meglio”.
    “Questo capita a chi non ha spirito scolastico” disse Cordelia arrogante. “Non vedo l’ora di vedere Oz con quei patetici costumi. Grazie a Dio io ho una vita sociale qui. Non sono tenuta a sottopormi a questo tipo di umiliazioni pubbliche”. Sentendo una mano sulla spalla, smise di ridacchiare.
    “Sei tu Cordelia Chase?”.
    La cheerleader si voltò e vide una donna dai capelli scuri in piedi al suo fianco.
    “Sì”.
    “Ciao. Io sono Hallie Addams, la vostra nuova consulente per l’orientamento”.
    Cordelia rimase in silenzio, in attesa che la donna continuasse.
    “Potresti venire nel mio ufficio dopo pranzo, per favore? Ho veramente bisogno di parlarti” disse lei, poi lasciò la stanza sorridendo.
    Cordelia si voltò verso la banda, orripilata e li trovò che la fissavano, con Buffy che sogghignava vendicativa.

    “I santi, pur se accolgono i voti di chi prega, non si muovono” mormorò senza entusiasmo Cordelia, alzando gli occhi al cielo.
    “Ehi, sei riuscita a suonare più monotonica di Oz!” notò Xander.
    “Odio tutto questo” se ne uscì Buffy, lasciandosi cadere seduta sul palcoscenico con le gambe penzoloni.
    “E dai ragazze, ci sono io a sostenervi” esclamò il bruno con un sogghigno enorme. “Vi aiuterò con la parte e tutto il resto”.
    “So già la parte a memoria” mormorò Buffy, lasciando cadere a terra i fogli.
    “Già, ma non tutti avevano una cotta da strambi per Leonardo Di Caprio quando è uscito “Romeo + Juliet” brontolò Cordy, continuando a leggere il copione. “Ma allora sulle mie resta il peccato
    di cui si son purgate quelle tue! Dio! Può diventare più complicato di così?”. Alla fine sospirò in segno di sconfitta e raggiunse Buffy sul palcoscenico. “E comunque dov’è l’insegnante di teatro?”.
    Si sentì una voce senza fiato, subito prima che una donna entrasse nella stanza: “Oh! Scusate il ritardo!”.
    “Sig.na Addams?” esclamò Cordy.
    “Avrei dovuto immaginarlo” brontolò Buffy.
    “Mi sono trattenuta a parlare con uno dei vostri compagni e, indovinate un po’? Sembra che abbia una passione segreta per il teatro, proprio come tutti voi” blaterò lei con un sogghigno enorme, sistemandosi i capelli. “Ecco a voi l’ultimo membro del cast!” annunciò voltandosi, sorpresa di non trovare nessuno dietro di sé. Si voltò nuovamente verso il gruppo di studenti sul palcoscenico e lanciò loro un sorriso veloce prima di andarsene: “Solo un attimo!”.
    “Probabilmente un altro che è stato convenientemente etichettato come asociale” disse alla fine Oz.
    “Come mai ho la sensazione che tutto il problema per cui non siamo coinvolti nelle attività scolastiche sia direttamente collegato al fatto che la sig.na Addams dirige una recita in una scuola in cui tutti odiano il teatro?” chiese retorica Buffy, socchiudendo gli occhi.
    “Non so perché *io* debba stare qui. Io non sono socialmente menomata come voi altri!” precisò Cordelia; poi vendendo gli sguardi degli altri aggiunse: “Che c’è?”.
    “Bisogna amare la sua totale mancanza di comprensione!” disse sorridendo Xander, mentre Buffy alzava gli occhi al cielo.
    “Probabilmente sei stata presa per attirare la folla. Altrimenti dubito che qualcuno verrebbe di sua volontà a vedere il disastro incombente che sarà questa recita” spiegò la bionda.
    “Eccoti qui! Non c’è bisogno di essere timido!” disse la sig.na Addams tornando nella stanza e trascinando qualcuno con se.
    “Angel?” esclamò Buffy, vedendo il quarterback che veniva trascinato sul palcoscenico.
    “Immagino che ci servissero più stelle per attirare la folla” disse fra sé Xander.

    Hallie Addams si premette le dita all’apice del naso, mentre ascoltava il patetico dialogo che veniva recitato davanti a lei.
    “Io ti prendo in parola!D'ora in avanti tu chiamami "Amore", ed io sarò per te non più Romeo, perché m'avrai così ribattezzato” disse drammaticamente Angel, agitando le mani in aria.
    “Oh, qual uomo sei tu, che pr… pr…” balbettò Cordy, combattendo con le parole.
    “Protetto” bisbigliò Oz dietro il sipario.
    “ … protetto dal buio della notte” riuscì a dire Cordelia, sollevando gli occhi sul quarterback e continuando: “vieni a inciampar così sui miei pensieri?”.
    “Dirtelo con un nome, non saprei; il mio nome, cara santa, è odioso a me perché è nemico a te. Lo straccerei, se lo portassi scritto” recitò enfaticamente Angel.
    “L'orecchio mio non ha bevuto ancora cento parole dalla voce tua, che ne conosco il suono: ehm …”. Cordy fu presa dal panico, nel tentativo di ricordare la battuta successiva; gettando un’occhiata al foglio che teneva in mano cercò di leggere di sbieco e, ricordando, disse trionfante “Ah”, e poi: “Non sei Romeo tu, ed un Montecchi?”.
    “Dio, Shakespeare si starà rivoltando nella tomba” mormorò la sig.na Addams prima di respirare a fondo. “Grandioso, ragazzi! Penso che possa bastare” disse, sorridendo debolmente.
    “È sicura? Perché posso …”.
    Il blaterare di Angel fu subito interrotto: “No, no! Non c’è bisogno di continuare. Ho capito! Ottimo lavoro!”.
    I due ragazzi si affrettarono a saltar giù dal palcoscenico.
    “Non è stato così male” disse Cordelia, con un enorme sorriso.
    “No, non è stato male” concordò apparentemente Xander. “Era più una forma di raffinata tortura”.
    “Hey!” protestò Cordelia, dandogli uno schiaffetto sul petto.
    “Ahia! Tesoro, devi ammettere che non sei Laurence Olivier” insisté Xander.
    “Non sono un uomo!” protestò Cordelia, incrociando le braccia sul petto.
    Dopo qualche secondo la cheerleader mormorò:
    “Era *tanto* orribile?”.
    “Doloroso, *molto* doloroso!”.
    Cordy spostò lo sguardo dal suo ragazzo al ragazzo più basso che gli stava seduto a fianco, aspettando la sua opinione.
    “È stato ... ehm ... unico?” suggerì Oz.
    “Va bene, faceva schifo” brontolò la bruna, lasciandosi cadere su una sedia e incrociando le braccia sul petto.
    “Oh! Adesso tocca a Buffy!” saltò su Xander, dando un’occhiata al palcoscenico.
    La biondina sembrava anche più minuta così, in piedi da sola sull’ampio palcoscenico in legno. Lei si schiarì la voce e, quando la luce le colpì gli occhi, gli strizzò.
    “Ehm ... P-proverò la parte della nutrice”.
    “Va bene!” acconsentì la sig.na Addams, con voce priva di qualunque speranza, continuando a massaggiarsi le tempie. “Sarà un disastro! Perché ho scelto di fare l’insegnante? Perchè? Perchè!?” si chiese tra sè. “Che scena proverai?”.
    “Atto prima, scena terza” se ne uscì Buffy.
    “Va bene ...”. Lei si guardò intorno e, dopo aver scrutato il pubblico, indicò: “Tu e ... tu!”.
    “Io?” chiesero contemporaneamente Xander e Oz”.
    “Sì. Tu farai Giulietta e tu Lady Capuleti”.
    “M-ma io non sto facendo il provino” precisò nervoso Xander.
    “Voglio solo che tu legga, in maniera tale che lei possa dire le sue battute” spiegò Hallie.
    “Ah, va bene!”.
    La sig.na Addams sospirò, mentre Xander cominciava a leggere la parte di Lady Capuleti e Buffy rispondeva. Dopo un minuto aprì di scatto gli occhi stanchi.
    “Uau, qualcuno che *conosce* le battute” pensò.
    “Sia più sia meno, quando il primo agosto verrà sul calendario, quella notte Giulietta compirà quattordici anni. Susanna mia e lei - conceda Iddio la pace a tutte l'anime cristiane - erano d'una età. Susanna mia ora è con Dio (per me era troppo buona), ma la notte davanti al primo agosto Giulietta compirà quattordici anni” disse Buffy, con voce alta e chiara, mentre le scorrevano davanti algi occhi le scene del film che, da ragazzina, aveva guardato un centinaio di volte. “Me lo ricordo bene, per la Vergine! Sono undici anni dal gran terremoto …”.
    La voce della sig.na Addams strappò Buffy alla sua trance: “Basta così. Come mai conosci tutte le battute?” chiese, curiosa.
    “Immagino di aver guardato il film una volta di troppo” suggerì Buffy.
    La sig.na Addams non disse nulla; si limitò ad annuire, indicando a Buffy che poteva scendere dal palcoscenico.
    “Uau! È stato fantastico!” esclamò Xander, mentre uscivano dal teatro.
    “Davvero?” chiese Buffy, con un goffo sogghigno stampato in viso.
    “Assolutamente!” insisté Xander, attirandosi un’occhiata assassina da parte della sua ragazza.
    “Molto Shakespeariano” precisò Oz.
    “Grazie ragazzi. Non so cosa mi sia preso. Sono salita là sopra e tutto ha semplicemente … combaciato, sapete?” disse Buffy arrossendo.
    “Immagino che tu abbia un talento naturale” sbuffò Cordy, sconfitta.
    “Grazie Cordy. Ragazzi, sapete quando verrà reso noto il cast?”.
    “Non so. Probabilmente domani” suggerì Xander stringendosi nelle spalle.

    La giornata sembrò trascinarsi all’infinito, così come la notte; quando, finalmente, suonò la sveglia Buffy praticamente saltò giù dal letto.
    “Tesoro farai meglio ... sei alzata!” notò un po’ sorpresa la sig.ra Summers, trovando la figlia completamente vestita e pronta per uscire.
    Lei gettò un bacio alla madre, dicendo: “Buongiorno mamma! Devo andare!”, poi uscì in un lampo.

    “Hey!” salutò Buffy con un enorme sogghigno, gettando le braccia intorno a Spike e dandogli un bacio veloce sulle labbra.
    “Hey a te!” rispose lui, sorpreso. “Come mai tanta vivacità?”.
    “Hey Willow, Xander!” continuò lei, spargendo il proprio incontenibile buon umore.
    “Va bene, chi sei e che cosa ne hai fatto della mia ragazza?” chiese Spike, accigliandosi sospettoso.
    “Che c’è? Una persona non può essere di buon umore?” chiese lei sorridendogli e incamminandosi lungo il corridoio.
    Svoltato l’angolo si fermò, e vide una piccola folla assiepata davanti ad un’ampia bacheca.
    “Il cast della recita è stato reso noto oggi” spiegò Willlow.
    “Credevo che odiassi dover partecipare alla recita” continuò Spike, sorpreso.
    “Già, ma apparentemente la nostra piccola Buffy ha un talento naturale segreto!” rispose Xander, riuscendo a confondere ulteriormente l’ossigenato.
    Mentre la conversazione continuava Buffy rimase immobile a fissare la bacheca, mentre il cuore le esplodeva in petto.
    “Allora passerotto? Non controlli l’elenco?” chiese alla fine Spike, passandole una mano sulla schiena. “Sono sicura che hai avuto la parte”.
    “V-vado” balbettò lei, facendo un passo avanti. Gettò uno sguardo a Willow, poi a Xander e, alla fine, posò gli occhi su Spike che, rassicurante, le fece l’occhiolino. Trattenendo il respiro si avvicinò alla bachea.
    Esaminò l’elenco per qualche secondo. Vedendo la sua espressione turbata Spike sentì un tuffo al cuore.
    “Senti amore, è solo una recita ...” iniziò.
    “L-lo so” mormorò Buffy, tornando dalla banda.
    “Allora, chi ha avuto la parte?” osò chiedere Willow.
    “Cordelia” borbottò Buffy, senza alzare gli occhi dal suolo.
    “Farà la parte della nutrice? E allora chi farà Giulietta?” chiese Willow accigliata.
    Ma Buffy non se ne preoccupò, mentre la sua migliore amica si voltava a controllare il foglio con l’elenco. L’urlo assordante della rossa la strappò ai suoi tristi pensieri.
    “Ahhh! Tu ... L’hai avuta tu!” gridava, indicando isterica Buffy.
    “Willow?” bisbigliò Xander, leggermente preoccupato.
    “L’hai avuta tu! T-tu, tu sei Giulietta!” riuscì finalmente a spiegare lei.
    “Cosa?” esclamò Buffy.
    “Hai avuto la parte di Giulietta!” ripeté Willow.
    “Stai scherzando!”. Buffy si rifiutò di crederle e si fece strada tra la folla per raggiungere nuovamente la bacheca. Quando lesse il suo nome sgranò gli occhi e fu il suo turno di gridare: “Ahhh!”. Poi corse a gettare le braccia attorno a Spike, in un abbraccio soffocante. “H-ho avuto il ruolo principale! Ohmiodio, ohmiodio!”.
    Un altro urlo di Willow separò i due innamorati.
    “Willow dovresti davvero considerare l’idea di una terapia per i tuoi attacchi d’isteria” mormorò Xander, sfregandosi un orecchio.
    “Sei nella recita!” gridò lei.
    “Eh? Io non ho fatto il provino” spiegò Xander.
    “Bè, tu sarai Lady Capuleti” insisté Willow, tamburellando sul vetro della bacheca, mentre il bruno si avvicinava”.
    “Cosa? No! Io non ... Io non so recitare!” balbettò lui. “E faccio la parte di una *donna*?”.
    Buffy e Willow ridacchiarono all’espressione disperata dell’adolescente. Spike dal canto suo non si unì ai festeggiamenti e continuò ad esaminare l’elenco; e quando lesse: Romeo -> Angel O’Neill, gli si torse dolorosamente lo stomaco.


    Capitolo 40
    “Oh mio Dio! Non avrei mai pensato che mi sarei eccitata tanto per una stupida recita scolastica ma …”. Buffy inspirò a fondo mentre camminava lungo il marciapiede, stringendo di tanto in tanto la mano di Spike. “ … quando ho visto il mio nome su quella lista è semplicemente … andato tutto a posto, hai presente?”.
    Aveva gli occhi più brillanti che mai, con uno sfavillio che dava nuova vita al loro colore verde mentre sollevava lo sguardo sul ragazzo che le camminava a fianco.
    “Immagino che … in qualche modo la sig.na Addams avesse ragione. Non sapevo che cosa volevo dalla vita. Voglio dire che tutti hanno esaminato i cataloghi dei college e io ho solo fatto finta, sai? Mi iscriverò all’Università di Sunnydale e poi deciderò quale sarà il mio corso di studi … più o meno ci avevo pensato a questo livello … ma ora … non lo so! È così eccitante! Aver trovato qualcosa che mi piace davvero e davvero voglio fare e …”. Il suo sguardo vagò sul paesaggio che li circondava, per poi cadere su Spike giusto in tempo per vederlo nascondere uno sbadiglio. “Sto blaterando, vero?” chiese, un po’ accigliata.
    “No, assolutamente no” negò con veemenza Spike.
    “Ti ho mai detto che sei il peggior bugiardo del mondo?”.
    “Scusa amore. Ma sono felice che tu abbia trovato qualcosa che ti interessa” rispose lui, chinandosi a baciarla sulla fronte.
    Lei sorrise e, arrivata davanti all’ingresso di casa si fermò. Lo abbracciò e lo attirò a sé, poi sollevò sorridendo lo sguardo su di lui e, seppellendo il viso nel suo petto, mormorò:
    “Grazie”.
    “Per cosa?” chiese lui, accigliato.
    “Per non essertela presa per la recita” spiegò lei, prima di guardarlo di nuovo.
    Lui fece finta di non capire: “Perché avrei dovuto prendermela?”.
    Lei piegò la testa di lato e gli lanciò un’occhiata di rimprovero:
    “So che hai visto il resto del cast”.
    Lui lasciò cadere la testa in segno di sconfitta, senza alcun commento pungente.
    “V-va davvero tutto bene?” chiese lei, nervosa.
    “Bè …” iniziò lui, senza riuscire a guardarla. Lei lo costrinse a farlo, sollevandogli il mento fino ad incontrarne lo sguardo. Inspirò a fondo e, per un attimo, rimase in silenzio.
    “S-se vuoi che abbandoni la recita … lo farò” disse poi, senza molta convinzione. Lui capì che dentro di sé lei lo stava supplicando di non costringerla a prendere una tale decisione. E come avrebbe potuto? Aveva visto la sua eccitazione nel leggere il suo nome sull’elenco e il modo in cui non smetteva di sorridere e di ridacchiare per gli scherzi più sciocchi. Dio, aveva persino riso alla patetica imitazione di Sean Connery fatta da Xander! Non l’aveva mai vista così felice. No, non poteva farle una cosa del genere. Non ne aveva il diritto.
    Cercando di apparire noncurante disse: “Non essere sciocca. Ovviamente non dovrai abbandonarla”. Si fermò per un attimo, poi aggiunse in tono più serio: “Voglio che tu sia felice, e se questo ti rende felice sono con te al 100%”.
    “Sei sicuro?”.
    Eccola … la scintilla … era tornata nel suo sguardo.
    “Sto bene, Buffy” la rassicurò.
    In un attimo lei gli avvolse le braccia al collo, cercandogli la bocca con la propria per un lungo bacio. Quando finalmente le loro labbra si separarono, posò la testa contro quella di lui sorridendo lasciva.
    “Mia madre non tornerà per altre due ore” annunciò allusiva, indugiando con le dita sul bavero del suo spolverino e camminando all’indietro dentro casa.
    “Davvero?” chiese lui, sollevando il sopracciglio sfregiato e salendo i gradini del portico.

    Con una mano sottile seguiva le battute sulla pagina, mentre con l’altra giocherellava con le lunghe ciocche bionde.
    “Hey…”.
    Una voce familiare strappò Buffy al suo torpore. Alzò lo sguardo sorridendo e lo trovò in piedi al suo fianco.
    “Hey Spike” rispose, scostandosi e indicandogli lo spazio sulla panchina al suo fianco, per poi riportare lo sguardo sulle pagine che teneva in mano.
    “Cosa stai facendo?”.
    “Ripassando alcune battute” spiegò lei, senza alzare lo sguardo.
    “Credevo che le sapessi a memoria”.
    “L-le so. Voglio solo esserne sicura prima dell’inizio delle prove” continuò lei, fissando la pagina con le sopracciglia corrugate.
    Lui si limitò ad annuire e spostò lo sguardo sul campo da football che si trovava sotto di loro.
    “È oggi vero? Dopo la scuola?” chiese.
    “Ah-ah” mormorò lei. Per un attimo si chiese se invitarlo o meno a venire alle prove. L’aveva fatto ogni volta e, ogni volta, lui aveva rifiutato con una debole scusa. Scosse la testa e riportò la propria attenzione sulla pagina.
    Rimasero seduti in silenzio finché lui non si alzò.
    “Bene, allora io vado” disse, in piedi di fianco a lei, guardandola in attesa che lei alzasse lo sguardo; cosa che lei non fece.
    “Va bene …” replicò lei, profondamente assorta nella lettura.
    “Ciao”.
    Lui aspettò per un attimo, finché lei non si rese conto che era ancora lì.
    Le passò le dita fra i capelli scomposti, riportandola alla realtà. Lei scosse la testa e sollevò lo sguardo.
    “Non mi dai un bacio?” chiese lui con un mezzo sorriso.
    Lei ricambiò il sogghigno, poi lui si chinò e la baciò velocemente sulle labbra.
    “Ciao” ripeté.
    “Ciao” rispose lei, riportando velocemente la propria attenzione alle pagine che teneva in mano.

    “Idiota!” gridò Spike, facendosi strada in mezzo alla folla di adolescenti che riempiva il corridoio.
    “Mr Ossigeno!” lo salutò di rimando Xander, mentre l’ossigenato lo raggiungeva.
    “Che cosa stai facendo?”.
    “Mi preparo per la tortura” rispose Xander senza entusiasmo.
    “Puoi ripetere?”.
    “Per le prove” spiegò lui.
    “Ah … Allora immagino che tu non sia disponibile per giocare a calcio dopo la scuola”.
    “Mi dispiace” sospirò Xander, alzando gli occhi al cielo.
    Notando la strana espressione dell’amico, aggiunse:
    “Mi sembra di capire che neanche tu sia troppo contento di questa storia della recita, eh?”.
    “Certo che lo sono” mentì lui a denti stretti. “Rende felice Buffy, rende felice me”.
    “Giusto …” disse Xander con una punta di sarcasmo. “Perché vedere la tua ragazza che se la fa sulla scena con il suo ex è veramente divertente”.
    “Non provocarmi, idiota” brontolò Spike, cercando di eliminare l’immagine che all’improvviso gli si era formata nella mente.
    “Senti, mi dispiace. Penso solo che ne dovresti parlare con Buffy. Sono passate due settimane e voi due non avete detto una parola al riguardo” notò Xander.
    “Ne abbiamo parlato” ribatté Spike.
    “Davvero?” chiese Xander, alzando di nuovo gli occhi al cielo.
    “Lei mi ha chiesto se mi andava bene e io…”.
    “Hai mentito” lo interruppe Xander.
    “Hey!”.
    “Sto solo dicendo … che sono contento che Cordy sia la peggiore attrice del mondo, perché non so se potrei sopportare di vederla baciare Angel” spiegò Xander.
    “A me sta bene” insisté Spike, mentre la rabbia in lui cresceva lentamente.
    “Sei sicuro?”.
    “Sto bene, perciò vaffanculo!” ringhiò Spike, allontanandosi.

    “Hey Spike!” lo salutò con un sorriso Willow, sollevando la testa dal piatto e vedendo l'ossigenato che si accomodava di fronte a lei.
    “Hey rossa” rispose lui, prendendo coltello e forchetta. “Dov’è Buffy?” chiese.
    “Sta provando la recita” spiegò Willow, frugando nel piatto alla ricerca di qualcosa di lontanamente commestibile e facendo una smorfia di disgusto.
    “Credevo che provassero solo i lunedì, i mercoledì e i venerdì” disse Spike accigliato.
    “La sig.na Addams ha detto che la prima si avvicina e che hanno molto lavoro da fare”.
    “Ah …” disse lui, interrompendosi e poi aggiungendo: “Allora come mai non sei là? Sai, per stare vicino al tuo uomo”.
    “Ho pensato di prendermi una pausa dall’esperienza Shakespeariana”. Vedendo che Spike socchiudeva gli occhi ammise: “È solo che vedere Cordelia recitare è straziante”.
    “Già! Ho sentito che è pessima” ridacchiò lui, vedendo la smorfia di Willow al ricordo.
    “È pessima. *Davvero* pessima!” confermò lei. Ci fu un attimo di silenzio in cui lei si chiese se affrontare o meno l’argomento. Alla fine decise di sì. “Perché non vai a controllare di persona? V-voglio dire che potresti andare ad una prova. La sig.na Addams probabilmente ti costringerà a dare una mano, ma a parte questo a lei sta bene” spiegò nervosa Willow.
    “No, non ho davvero voglia di vedere voi americani che assassinate una delle migliori opere della letteratura inglese di tutti i tempi. Per quello ci sono i film di Holliwood” scherzò lui, ma dalla sua voce traspariva un chiaro disagio.
    Willow gli sorrise debolmente, poi posò la propria forchetta e sollevò lo sguardo sul ragazzo che le sedeva di fronte.
    “Lei vorrebbe davvero che tu ci andassi, sai?”.
    Lui non disse una parola e non distolse lo sguardo dall’ammasso irriconoscibile che aveva nel piatto.
    “L’ha detto lei. Dovresti andare a vederla. Forse ti renderai conto che non è così male”.
    “Giusto …” mormorò lui sarcastico, per poi sollevare finalmente lo sguardo sulla rossa.
    “Se ti sbrighi farai in tempo per gli ultimi minuti” insisté lei.
    Lui si alzò senza una parola ed iniziò ad allontanarsi ma, fermatosi, si guardò indietro e bisbigliò:
    “Grazie, rossa”.
    “Prego” disse lei, rivolgendosi alla figura che si allontanava.

    “Si ride delle cicatrici altrui chi non ebbe a soffrir giammai ferita... Oh, quale luce vedo sprigionarsi
    lassù, dal vano di quella finestra? È l'oriente, lassù, e …”.
    Quando la vide entrare in scena la voce fastidiosa e istrionica di Angel sembrò sparire. Aveva i capelli raccolti in una crocchia alta e disordinata, da cui sfuggivano un paio di ciocche che le incorniciavano il viso. Si chinò sulla balconata, lo sguardo fisso sull’orizzonte, mentre sotto di lei il quarterback continuava a pronunciare le sue battute.
    “Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo? Ah, rinnega tuo padre!... Ricusa il tuo casato!... O, se proprio non vuoi, giurami amore, ed io non sarò più una Capuleti!”.
    Spike la fissò, riverente. Era davvero brava. Ignorò le risposte esagerate del bruno e tenne lo sguardo fisso su di lei che continuava a parlare. Le parole fluivano liberamente, come se lei le stesse pensando in quel momento, e i suoi occhi erano pieni di un desiderio sincero che dava loro un aspetto opaco. Dio, era bellissima!
    Lui rimase in ombra, a guardarla muoversi per il palcoscenico, con il grosso quarterback che la seguiva dappresso. Sentì che lo stomaco gli si rivoltava ma lo ignorò, e fisso la propria attenzione sulla figura minuta, che ora stava ridacchiando sulla scena. Forse Willow aveva ragione. Forse non era così male come se l’era immaginato lui. Mentre i pensieri si rincorrevano nella sua mente si rilassò e si appoggiò al muro. Forse aveva avuto una reazione esagerata …
    All’improvviso il momento che più temeva prese vita davanti a lui e tutto il suo corpo si bloccò. Guardò in silenzio le mani di Angel che si posavano intorno alla vita di lei; lui assunse un’espressione idiota e Buffy un’espressione appassionata, poi lui si chinò e catturò le labbra di Buffy con le proprie.
    Poi vide rosso. La rabbia gli ribolliva nelle vene, facendogli battere il cuore con violenza; il sudore gli scorreva ai lati del viso; la bocca gli si asciugò e gli si offuscò la vista. Qualcuno gli posò una mano sulla spalla, strappandolo al suo furore.
    Gli arrivò alle orecchie la voce monotona di Oz: “Hey, uomo”.
    Spike scosse la testa e guardò il ragazzo più basso senza dire una parola.
    “Tutto a posto?”.
    La voce acuta della sig.na Addams che applaudiva entusiasta interruppe la conversazione:
    “Meraviglioso! Siete stati splendidi! Bravi!”.
    I due ragazzi si voltarono verso il palcoscenico, dove Buffy ed Angel erano arrossiti per l'elogio. Spike riportò lo sguardo su Oz e, prima di andarsene furioso, praticamente ringhiò tra i denti:
    “Sto bene!”.

    “Pronto? Giles? Salve, c’è Spike?” chiese Buffy, avvolgendosi il cavo di plastica del telefono intorno all'indice.
    “No, non è ancora rientrato” rispose lui dall’altra parte. “Vuoi lasciare un messaggio?”.
    “Gli dica solo che ho chiamato, va bene? Grazie. Arrivederci, Giles”.
    Rimise a posto la cornetta del telefono e si sdraiò sul letto. Oz le aveva raccontato che Spike era presente alle prove. Lei aveva corso per i corridoi nella speranza di trovarlo ma lui se n’era andato. L’aveva cercato per tutto il giorno ma non ne aveva trovato traccia. Tornata a casa per prima cosa aveva chiamato Giles ma, apparentemente, lui era ancora introvabile.
    Sentì il suono del campanello e si alzò immediatamente. Fece le scale di corsa, con il cuore che le batteva all’impazzata, poi spalancò la porta.
    “Dio, pensavo che fossi … Mamma!”.
    “Sorpresa di vedermi?” chiese la sig.ra Summers, passando alla figlia alcune delle buste della spesa che teneva in mano.
    “No … È che … Ehm … Perché hai suonato il campanello?” chiese Buffy cercando di nascondere il proprio disappunto, mentre seguiva la madre in cucina.
    “Ho dimenticato le chiavi” spiegò lei, posando le buste sul bancone. “Come sono andate le prove?”.
    “Bene” rispose Buffy senza molto entusiasmo, aiutando Joyce a sistemare le provviste.
    “Solo bene?” si accigliò la sig.ra Summers. “Di solito la cosa ti fa impazzire e adesso sono andate semplicemente bene? Cosa è successo?”.
    Buffy si strinse nelle spalle: “Niente”.
    La sig.ra Summers sospirò a fondo e rimase per un attimo a guardare la figlia in silenzio.
    “Buffy … Cosa c’è che non va?”.
    La bionda fissò il bancone. Dio, come avrebbe voluto poterne parlare con la madre!
    “Niente. Sono solo stanca, credo” mentì.
    “Sei sicura?” insisté Joyce, ancora non convinta.
    “È solo che è un sacco di tempo che proviamo. Sono solo stanca” insisté Buffy.
    La sig.ra Summers decise di lasciar cadere l’argomento: “Se lo dici tu”. Conosceva la figlia abbastanza bene da sapere quando insistere su un argomento. Stavolta non era il caso.
    “Vado a fare la doccia, va bene?”.
    “Sì, tesoro”.
    Senza aggiungere altro Buffy salì le scale.

    Il cuore le batteva all’impazzata mentre percorreva il corridoio, esaminando i volti familiari che incontrava man mano, alla ricerca di lui. Lo vide in piedi vicino al suo armadietto, con la testa posata contro lo sportello, e sentì una fitta al cuore.
    “Hey” lo salutò timidamente, tenendo stretti i libri contro il petto.
    “Hey” rispose debolmente lui, voltandosi a guardarla.
    Per un attimo rimasero a guardarsi in silenzio, poi Buffy lo ruppe.
    “Ehm … Oz mi ha detto che ieri sei venuto alle prove” iniziò, lasciando cadere improvvisamente lo sguardo sul pavimento.
    “Te l’ha detto, eh?”.
    Lei annuì, poi sollevò lo sguardo su di lui.
    “Senti io …”.
    “Mi dispiace”.
    Buffy si accigliò. Decisamente non era quello che si era aspettata.
    “Per non averti richiamato ieri. Mio padre mi ha detto che hai chiamato”.
    Lei rimase in silenzio, leggermente scioccata. Lui si appoggiò agli armadietti e piegò la testa, guardandola.
    “È solo che … vederti … con …”. Deglutì a fatica, nel tentativo di ricacciare indietro la rabbia che minacciava di sommergerlo nuovamente. “ … lui e … Tutto è diventato rosso, hai presente?”.
    Lei annuì nuovamente.
    “Sapevo che se ti avessi parlato ieri notte avrei finito per dire qualcosa di stupido” spiegò lui.
    Per un attimo rimasero nuovamente in silenzio.
    “S-sei ancora arrabbiato?” riuscì a chiedere lei.
    “Un po’” ammise lui. “Ma la maggior parte della rabbia è sparita”.
    Un trillo acuto risuonò e, immediatamente, i ragazzi cominciarono a spostarsi a branchi per il corridoio.
    “Ne vuoi parlare?” chiese lei.
    “Dopo la scuola? Ci vediamo alle tribune?” propose lui.
    “Va bene” rispose lei con un debole sorriso, prima di voltarsi ed andarsene.

    Buffy tamburellava ansiosamente sul banco con la matita, tenendo lo sguardo incollato all’orologio sopra la lavagna. Quando finalmente la campanella suonò, sospirò forte per il sollievo. In un lampo uscì dall’aula e si trovò in corridoio. Percorse rapidamente il labirinto dei corridoi fino a trovare la porta che portava al campo da football.
    Premendosi le palme delle mani sui jeans si sedette e attese pazientemente che lui arrivasse. Diede un’occhiata all’orologio, giocherellando nervosamente con la matita che teneva in mano. Quando finalmente lo vide avvicinarsi, sentì la tensione accumularsi a livello delle spalle.
    “Hey!” .
    “Hey”.
    “Allora …” iniziò lui.
    “Allora …” ripeté lei.
    “C’è un bacio nella recita” se ne uscì lui all’improvviso, quando ormai il silenzio tra loro minacciava di diventare definitivo.
    Lei deglutì a fatica. Non si era aspettata che lui fosse così esplicito al riguardo.
    Ribadì l’ovvio: “È Romeo e Giulietta. È praticamente obbligatorio”.
    “Già … immagino di sì” mormorò lui. Aveva i gomiti poggiati sulle ginocchia e giocherellava con una sigaretta spenta che teneva fra le dita; il suo sguardo era fisso sui suoi anfibi. “È solo che è stato una specie di shock, il fatto che le vostre labbra si incollassero” spiegò lui.
    “Vuoi che abbandoni?” osò chiedere lei, dopo un po’.
    Lui rimase in silenzio, prendendosi il tempo necessario a riordinare i suoi pensieri.
    “Mentirei se dicessi che non odio l’idea di te e la checca che vi baciate … ma … non voglio che tu abbandoni” ammise alla fine.
    Sentendola rilassarsi al suo fianco, gli si torse lo stomaco.
    “Adori questa cosa e sarei un vero stronzo se cercassi di portartela via” continuò, voltandosi finalmente a guardarla con un’ombra di sorriso sulle labbra.
    Lei gli sorrise di rimando e sporse una mano ad accarezzargli i riccioli selvaggi. Lui si strofinò contro la sua mano sfiorandole il palmo con le labbra. Le afferrò il polso e l’attirò più vicina, baciandola dolcemente.
    “Immagino di dovermi semplicemente abituare all’idea, eh?” mormorò.
    “Mi dispiace” disse lei, sincera.
    “Non c’è niente di cui devi dispiacerti” rispose lui, prendendola tra le braccia e facendole posare la testa sul suo torace. Rimase abbracciati per qualche secondo, mentre lui giocherellava inconsciamente con i capelli di lei.
    “Senti, quanto manca alla fine della cosa?” chiese alla fine.
    “Quattro settimane”.
    Lui ringhiò appena.
    “Parlerò con la sig.na Addams per vedere su può diminuire un po’ i baci” propose Buffy, sollevando lo sguardo su di lui.
    “Se non lo fai Romeo si ritroverà alla prima con un occhio nero appena fatto” la avvertì Spike.
    Buffy ridacchiò.
    “Sono serio!” insisté lui, cupo.
    “Lo so. Mi sorprende che tu non sia balzato sul palcoscenico a prendere a pugni Angel sul momento”.
    “Era quello che avrei voluto fare” ammise lui.
    “Grazie. Per non essertela presa con me”.
    “Prego”.
    Lei si chinò e gli posò nuovamente la testa sul torace, poi ricordò una cosa.
    “Comunque, cosa hai fatto dopo?”.
    Lo sentì irrigidirsi e, accigliata, sollevò lo sguardo su di lui.
    “Spike?”.
    “Ehm … d-devo dirti una cosa” balbettò lui, imbarazzato.
    “Spike … che cosa hai fatto?” chiese lei sollevando il sopracciglio sinistro, con una punta di preoccupazione nella voce.

    Capitolo 41
    “COSA HAI FATTO?” gridò Buffy, alzandosi e cominciando a camminare avanti e indietro.
    “Senti, mi dispiace! Ero furente e volevo fartela pagare. Mi dispiace” cercò di scusarsi lui.
    “Volevi farmela pagare? Per cosa?”.
    “Ero arrabbiato” mormorò lui, guardando il pavimento.
    “E quindi hai chiesto a Drusilla di farti da partner per l’esperimento di biologia?!” chiese Buffy, fermandosi di colpo.
    Spike piegò la testa di lato in segno di scusa e mise il broncio, mentre lei ricominciava a camminare in cerchio.
    “Non è questa gran cosa. Lavoreremo insieme a qualche stupido esperimento …” cercò di ragionare lui; poi aggiunse a bassa voce: “ Non è che le nostre labbra si incolleranno o cose simili”.
    “Che cosa?” chiese lei, fermandosi di fronte a lui con le mani sui fianchi.
    “Niente”.
    “No! Non hai ancora superato questa storia del bacio, non è vero?” chiese lei.
    “Bè che cosa dovrei fare? Andarmene in giro a canticchiare “tra-la-la la mia ragazza si sbaciucchia con quella checca del suo ex?” chiese lui, alzando la voce.
    “Credi che io ne sia felice? Credi che voglia baciare Angel?” lo interrogò lei.
    Spike non rispose e si rimise a guardare il pavimento, mormorando qualcosa sottovoce, nuovamente imbronciato.
    “Allora?” insisté lei.
    La voce di lui era poco più che un bisbiglio: “No …”.
    Buffy sospirò forte e lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi prima di sedersi di nuovo accanto a lui. Rimasero in silenzio per un po’, finché Spike disse:
    “Credi che la sig.na Addams sarebbe disposta a cambiare Romeo?”.
    A questo punto Buffy corrugò le sopracciglia:
    “Ti stai offrendo di partecipare alla recita?”.
    “Forse”.
    Buffy sorrise dolcemente.
    “È una cosa dolce”.
    “Più che altro terrificante. Odio recitare. Ho sempre avuto una terribile paura del palcoscenico”. Buffy lo guardò con espressione interrogativa e lui aggiunse: “In terza elementare ho fatto la parte dell’uva passa in una recita scolastica”.
    “L’uva passa?”.
    “Era una specie di recita sulla frutta. Non chiedere nulla” sospirò lui, poi continuò: “Comunque tutto era andato bene. Le prove e tutto il resto. Ero stato maledettamente brillante. Bè, almeno fino al *giorno* della recita, quando sono entrato in palcoscenico e mi sono bloccato completamente”. Al ricordo rabbrividì appena.
    “Hai fatto la parte dell’uva passa?”.
    “Sì, quella parte l’abbiamo già superata. La recita sulla frutta, ricordi?” brontolò lui.
    “Sto solo cercando di immaginarti in costume da uva passa. Dovevi essere adorabile” sorrise lei.
    “Non ricordamelo” mormorò lui. “Comunque, credi che la sig.na Addams mi lascerà fare un provino per la parte?”.
    “Ne dubito” rispose lei, fissandolo con un’espressione sognante.
    “Perché?”.
    “Ha bisogno dell’attrazione Angel”.
    “L’attrazione?”.
    “Sai, il ragazzo popolare che trascina la folla alla recita. Perché credi che Cordy sia nella recita? Hai un’idea di quanto reciti male?” spiegò Buffy.
    “L’ho sentito. Anche se, da quello che ho visto, direi che la checca non è meglio. Recita Shakespeare come l’attore di una telenovela messicana” rabbrividì ancora Spike.
    “Lo so. Alle volte è davvero difficile concentrarsi sulle battute. Con i tentativi di evitare i movimenti esagerati delle braccia e tutto il resto … è dura” disse Buffy, muovendo freneticamente le braccia per aria e facendo ridacchiare Spike.
    Dopo qualche secondo smisero di ridere e, tra loro, tornò il silenzio. Un silenzio pacifico, con Spike che mise un braccio intorno alla vita di Buffy, attirandola più vicina. Rimasero così per un bel po’, finché non sentirono il suono della campanella riecheggiare attraverso il campo da football.
    Buffy fu la prima a parlare: “Faremmo meglio ad andare”; ma nessuno dei due si mosse.
    Spike si limitò ad annuire, e fra loro tornò il silenzio.
    “È tutto a posto fra noi?” chiese alla fine Spike, mentre Buffy si alzava.
    “Non sei ancora perdonato per la storia della partner nell’esperimento” brontolò lei, dirigendosi verso la scuola, con Spike che la seguiva dappresso. “Mi devi un sacco di scuse per quello” lo avvertì, punzecchiandogli il petto con un dito mentre lui le teneva aperta la porta.
    “Scuse?” chiese Spike, sollevando il sopracciglio sfregiato.
    “Un sacco di scuse” gli assicurò lei.
    “Mi chiedo come potrò fare” mormorò lui, abbracciandola e fermandosi con lei.
    “Un paio di idee le avrei” mormorò allusiva lei, passandogli un dito sui baveri dello spolverino.
    “Sig. Giles? Le dispiace raggiungerci?” disse a bassa voce il sig. Grey, riscuotendo i due. Buffy si sistemò nervosamente i capelli, mentre Spike entrò barcollando nell’aula. “Sig.na Summers, immagino che lei debba essere da qualche altra parte”.
    “S-sì, naturalmente!” balbettò lei, voltandosi goffamente e andando a sbattere su qualcuno. “M-mi d-dispiace” balbettò, prima di sollevare lo sguardo e trovarsi faccia a faccia con Dru.
    “Sig.na Garden, è in ritardo” notò il sig. Grey guardando l’orologio.
    Le due ragazze si fissarono ancora per qualche secondo, poi la bruna si voltò ed entrò in classe.

    Vedendo la rossa camminare verso di lei, posare il vassoio sul tavolo e sedersi di fronte a lei, sorrise.
    “Hey, Will” la salutò Buffy.
    “Hey. Gli hai parlato?” chiese Willow, prendendo in mano la forchetta.
    “Già”.
    “E?” chiese, con un filo di preoccupazione nella voce.
    Buffy rassicurò la sua migliore amica: “E tutto a posto Willow”.
    “Oh grazie a Dio!” sospirò di sollievo l’altra. “Allora, niente più attacchi di gelosia?”.
    “Credo di no” ripose lei, guardando oltre la spalla dell’amica per esaminare la mensa. “Almeno non da parte sua”.
    “Eh?”.
    “Indovina chi è la nuova partner di laboratorio di Spike?” chiese Buffy, facendo una smorfia di disgusto.
    Willow sollevò lo sguardo con aria perplessa.
    “Dru” chiarì la bionda.
    “Ahia!”.
    “Già, ahia. E indovina di chi è stata la bella idea?”. Dopo un attimo Buffy disse: “Di Spike. Lui le ha chiesto di fargli da partner”.
    “Ri -Ahia!” disse Willow, corrugando le sopracciglia in segno di simpatia.
    “Lo so”.
    “Sei arrabbiata?”.
    “Lo ero. Adesso mi sono più o meno abituata all’idea” sospirò Buffy, giocherellando con il proprio cibo. “Era un po’ incavolato e …”.
    “Non ne sei troppo felice, vero?” chiese Willow, riconoscendo l’espressione dell’amica.
    “No, non lo sono!” ammise subito Buffy, rilassandosi. Per un attimo digrignò i denti: “Odio questa cosa! Ma se gli chiedo di avere fiducia in me devo essere capace di avere fiducia in lui, giusto?”.
    “E poi le ricerche di scienze di solito non comportano toccamenti come recitare Romeo e Giulietta” non poté fare a meno di sottolineare Willow.
    “Hai ragione” sospirò ancora Buffy. “Ma le ricerche di scienze comportano un sacco di tempo passato con il tuo partner, senza supervisione” mormorò a voce bassa, ma non così bassa da non poter essere sentita da Willow.
    “E tu non ti fidi di Spike da solo con Dru?”.
    Buffy rifletté per un po’ sulla domanda e, alla fine, esalò riluttante:
    “Mi fido di lui”. Poi aggiunse in tono disgustato: “È della sciacquetta gotica che non mi fido. Se solo tenta di toccarlo io …”. Strinse con forza il manico del coltello che teneva stretto in mano. “Io …”. Lottò con le parole e, alla fine, se ne uscì con: “Io le taglierò le parti del corpo con cui l’ha toccato”.
    “È carino vedere che tieni completamente sotto controllo la tua rabbia” rispose sarcastica Willow, facendo sorridere Buffy che alla fine lasciò andare il coltello.
    “Non sono così psicopatica. S-sono solo …”.
    “Gelosa?” suggerì Willow.
    “Spaventata” la corresse Buffy, facendole corrugare le sopracciglia.
    “Spaventata da cosa?”.
    “N-non lo so”.
    Willow si accigliò ancora di più, mostrando chiaramente di non credere a quest’ultima frase.
    Buffy lasciò andare la forchetta e si premette le dita sulle tempie poi, all’improvviso, se ne uscì: “Dal fatto che Spike passi troppo tempo con lei e si renda improvvisamente conto che non gli è passata”.
    “Cosa?! Perché pensi che potrebbe succedere?”.
    “E dai Willow … Spike è stato completamente pazzo di quella … quella … *cosa* da sempre, a quanto mi ricordo. Era una cosa spaventosa”.
    “Già, ma adesso è finita. Lui sta con te. Voglio dire, ha avuto la possibilità di scegliere Dru quando lei gli stava addosso, prima di Natale, e non l’ha fatto. Ha scelto te” precisò Willow.
    Buffy smise per un attimo di massaggiarsi la testa e guardò l’amica.
    “Immagino che tu abbia ragione”. Si interruppe poi, più enfatica, riformulò la frase: “Hai ragione! Sono una stupida. Tutto ciò è stupido. Lui ha scelto me, gli piaccio io. Non imposta quello che fa quella stupida aspirante vampira”. Si interruppe ancora, inspirando a fondo e, quasi a convincere se stessa, ripeté: “Hai ragione!”.
    “Chi ha ragione?”.
    La voce di Spike la strappò ai suoi pensieri e, voltandosi, vide l’ossigenato che le si sedeva a fianco.
    “Hey!” lo salutò sorridendo, sporgendosi per baciarlo rapidamente sulle labbra.
    “Allora, chi è che ha ragione e su cosa?” chiese di nuovo lui.
    “Niente. Chiacchiere tra ragazze” rispose Buffy.
    Spike socchiuse gli occhi per un attimo ma, rendendosi conto che tanto lei non avrebbe risposto alla sua domanda, si strinse nelle spalle e si rassegnò all’arduo compito di pescare i pezzi di vero cibo dall’ammasso pastoso che aveva nel piatto.
    “Hey, ragazzi!” li raggiunse la voce vivace di Xander. “Come va?”.
    I tre ragazzi si accigliarono contemporaneamente.
    “Che c’è?” chiese il bruno, sulla difensiva.
    “Sei troppo allegro, amico. Ci spaventi” spiegò Spike.
    “Perché porto con me buone notizie, *amico*” disse Xander, sogghignando goffamente. L’inglese fece una smorfia per il patetico tentativo dell’amico di imitare l’accento inglese.
    “Quali buone notizie?” indagò Willow.
    “Non ci crederete mai”.
    “Hey ragazzi” salutò Oz, sedendosi a fianco della sua ragazza. “Avete sentito? La sig.na Addams è malata, per cui niente prove per il resto della settimana” si affrettò ad annunciare.
    “Ero io il portatore di buone notizie!” protestò Xander, lasciando cadere la forchetta in segno di protesta.
    Spike ignorò la sua espressione imbronciata e, chinandosi, bisbigliò all’orecchio di Buffy:
    “Ciò significa che oggi tornerai a casa prima, vero? Prima che rientri tua madre?”.
    Buffy non poté evitare di ridacchiare, mentre il ragazzo le strofinava il viso contro la nuca.
    “Hey, hey! La volete smettere? Le scene vietate ai minori mi stanno facendo venire la nausea e la mia giornata è già abbastanza pessima” brontolò Cordy, lasciandosi cadere sulla sua sedia.
    “Cordelia, mi fa piacere constatare che, come al solito, sei di buon umore” la salutò sarcastica Buffy.
    “Ci credete? Le prove sono state cancellate per il resto della settimana” continuò lei, senza notare il commento della bionda.
    “Già, Oz ce l’ha appena detto” la informò Willow.
    Xander intravide l’opportunità di protestare nuovamente e mormorò:
    “Ero io quello che doveva annunciare le buone notizie”.
    “Buone notizie?!” esclamò la cheerleader. “Mi ero appena fatta un’idea della cosa. Adesso, con questo ritardo imprevisto, dovrò ricominciare da capo” ringhiò, spingendo via il proprio vassoio senza aver nemmeno toccato il piatto. “E dire che stavo diventando così brava”.
    Tutti si strozzarono contemporaneamente.
    “Che c’è?” chiese lei, leggermente offesa.
    “Niente tesoro! Sei grandiosa” la rassicurò Xander, dandole un bacio veloce sulle labbra mentre gli altri trattenevano una risatina.

    “Finalmente! Ci hai messo un’eternità!” esalò Buffy, avvolgendo le braccia al collo di Spike non appena lui la raggiunse.
    “Scusa. Dovevo parlare con la sig.ra Kennedy”.
    “Altre poesie?” chiese Buffy, sorridendo lasciva.
    “Sì” rispose Spike, aprendole la portiera dell’auto.
    Lei aspettò che lui salisse sul veicolo, poi continuò:
    “C’è qualche possibilità che tu me le faccia vedere?”.
    “Buffy, te l’ho detto, te le farò vedere quando saranno pronte” spiegò Spike, accendendo l’auto. La guardò e la vide imbronciata: “Che c’è?”.
    “È passato quasi un mese e non mi hai fatto vedere niente” mormorò lei.
    “Te le farò vedere quando saranno pronte. Non adesso. Adesso sono terribili” insisté lui.
    “Non mi importa. Io lo trovo sexy” disse lei, sfiorandogli la coscia con le dita.
    Per un attimo le si illuminarono gli occhi vedendo che lui chiudeva i suoi per un attimo e respirava a fondo prima di riportare lo sguardo sulla strada. Lo stomaco le si contorse in maniera piacevole. Adorava vedere l’effetto che aveva su di lui un suo semplice tocco. Lui strinse i denti quando la mano di lei si avvicinò pericolosamente al suo grembo.
    “Buffy … d-devo guidare” disse a bassa voce, con uno sguardo opaco, contraendo la mascella ed enfatizzando in tal modo i propri lineamenti scolpiti.
    “Allora guida …” bisbigliò lei, mordendosi il labbro inferiore.
    “N-non riesco a concentrarmi con t …”. Lei gli affondò le dita tra le gambe e lui si mangiò le parole. “ … con te che fai così”.
    “Così come?” chiese lei, premendo il palmo contro il rigonfiamento crescente che aveva nei pantaloni.
    Affascinata, lo guardò stringere più forte il volante, e deglutire a fatica, facendo ondeggiare il pomo d’Adamo. Lui premette sull’acceleratore, facendola ricadere contro il sedile e strappandola al suo stato di trance.
    “Che cosa stai facendo?” chiese lei, cessando le proprie attenzioni mentre l’auto prendeva velocità.
    “Cerco di portarti a casa più in fretta” rispose lui, guardandola lascivo prima di riportare rapidamente lo sguardo sulla strada.

    Buffy chiuse la porta con un calcio, dato che aveva le mani occupate a tirare la camicia di Spike. Era intrappolata tra le sue braccia e le loro bocche erano praticamente fuse, mentre barcollavano alla cieca su per le scale. Inciamparono su un gradino e caddero sulle scale. Spike sibilò quando sbatté la schiena sulla dura superficie di legno, ma il dolore sparì non appena lei gli si mise a cavalcioni, strofinandosi contro il suo sesso.
    “Ah …” esalò, straccando per un secondo la bocca da quella di lei, per poi assalirla nuovamente.
    Le prese il labbro inferiore fra i denti, mordicchiandoglielo leggermente, mentre lei riusciva finalmente ad infilargli le mani sotto i vestiti, cominciando ad esplorarne il torace.
    Sentendosi sollevare all’improvviso lei si lasciò sfuggire un suono di sorpresa e, istintivamente, gli avvolse le gambe intorno alla vita mentre ricominciava a salire le scale. Alla fine, dopo qualche contorcimento, riuscirono ad arrivare alla sua stanza e si chiusero la porta alle spalle. Ricaddero sul letto e a Buffy si mozzò il respiro.
    “Mmm …” mormorò contro la bocca di lui, tirando freneticamente il tessuto della sua camicia.
    Quando gliela ebbe tolta sorrise contenta e iniziò ad occuparsi della stoffa nera che ancora gli copriva il petto. Quest’ultima operazione si rivelò più facile e, ben presto, la maglia finì sul pavimento insieme a quella di lei. “La mia maglia? Quando me la sono tolta?” si meravigliò Buffy, confusa; la domanda però svanì completamente dalla sua mente offuscata quando sentì le labbra di Spike intorno ad un capezzolo. “Immagino di essermi tolta anche il reggiseno” riuscì a razionalizzare.
    Si inarcò contro la sua bocca, cercando contemporaneamente i bottoni dei suoi jeans e sganciandoli. Spike fece lo stesso e, ben presto, due paia di jeans adornavano il pavimento della camera da letto.
    Quando Spike si tirò lentamente indietro Buffy lo seguì alla cieca, e i due si ritrovarono seduti sul letto, mentre lui continuava a tracciare con la lingua i contorni del suo capezzolo eretto. Lei era troppo presa dalla sensazione per rendersi conto di che cosa lui stesse facendo ma, ritrovatasi sotto le coperte con il corpo di Spike sopra il proprio, sospirò contenta.
    “Buona idea. C’era freddo” mormorò.
    Le parvi di sentire un “Non c’è di che” soffocato ma, quando lui le tracciò con la lingua un sentiero a spirale dall’ombelico al bordo delle mutandine non sentì più niente. Lui insinuò le dita sotto la stoffa sottile, e gliele fece scivolare lentamente lungo le gambe.
    Le sfiorò con la bocca la pelle sensibile dell’interno coscia, avvicinandosi al centro del suo corpo; lei allora gli infilò le dita tremanti tra i riccioli ossigenati. Lui percorse lentamente con la lingua i contorni del suo sesso, e Buffy ansimò e gli afferrò i capelli con le dita. Lo sentì sorridere contro la propria pelle, e si rimproverò per la sua incapacità di nascondere l’effetto che aveva su di lei.
    Lui la assaggiò, provocandola, fino a trovare il pezzetto di carne rigonfio che stava cercando, poi lo prese in bocca. Buffy si inarcò sul materasso, lasciando una mano seppellita fra i suoi riccioli e cercando qualcosa da afferrare con l’altra. Alla sensazione della lingua di lui che le si avvolgeva intorno al clitoride non poté evitare di mugolare. “Dio, come fa a farlo?” si chiese.
    “Come … Oh Dio!” si interruppe, mentre lui esplorava con un dito l’ingresso al suo corpo, prima di infilarvelo lentamente.
    Poi lo spostò verso l’alto, trovando il punto perfetto, e facendola ansimare. Lei si morse il labbro inferiore, sforzandosi di non urlare, mentre lui entrava e usciva pigramente dal suo corpo, dapprima lentamente e poi aumentando la velocità. Quando lui inserì un altro dito, aprendo il suo sesso, aprì gli occhi di scatto.
    “Spike! Ah …”. Stava pensando che la sensazione non poteva migliorare quando lui sfiorò con i denti il suo punto più sensibile, diffondendo una sensazione esplosiva per tutto il suo corpo. Era così vicina; lui sapeva che era sufficiente fare … Lei gli tirò i capelli all’improvviso, costringendolo a scostare la bocca e lui ansimò.
    Si immobilizzò, facendo subito scivolare le dita fuori dal suo sesso.
    “Ho fatto qualcosa di sbagliato? Stai bene? Io …”. Non riuscì a terminare la frase, perché lei se lo trascinò addosso, fino ad averlo sopra di sé.
    “Ti voglio” pretese, avvolgendogli le gambe intorno.
    “Buffy … Cristo!” imprecò lui, trovandosi affondato nel corpo di lei, che aveva spinto i fianchi verso l’alto.
    Lei non gli diede il tempo si sistemarsi e cominciò a ruotare i fianchi e a muoversi su e giù, facendolo entrare ed uscire dal suo corpo.
    “Cazzo, aspetta …” esalò lui, chiudendo gli occhi nel tentativo di controllarsi; ma lei apparentemente non lo stava ascoltando. “Buffy aspetta … io …” mormorò, incoerente. Dio, adorava quando lei prendeva il controllo; riusciva ad accenderlo ancora di più. Il che non era una buona cosa. Bè, era una buona cosa, ma non se aveva intenzione di far durare la cosa per più di trenta secondi.
    Lei gli assalì il lobo dell’orecchio, facendogli stringere i denti e rovesciare gli occhi. In un breve istante di chiarezza lui riuscì ad afferrarla per i fianchi premendoglieli contro il materasso, bloccandola e scivolando fuori dal suo sesso.
    “Aspetta …” bisbigliò.
    La sentì imbronciarsi contro il suo orecchio e si voltò a guardarla.
    ”Cosa ne dici di prendercela con calma?” chiese con un sogghigno arrogante, prima di chinarsi a mordicchiarle il labbro inferiore.
    “Anche con calma va bene …” mormorò lei, sorridendo.
    Trattenne istintivamente il respiro, mentre lui scivolava nuovamente nel suo corpo. Lui si mosse lentamente, con spinte lunghe, avanti ed indietro. Si prese il suo tempo, ripetendo lo stesso, torturante, ritmo con le labbra, esplorando ogni angolo della sua bocca con movimenti languidi della lingua.
    Sentendo una crescente sensazione di calore, lei gemette. Tentò di ricacciare indietro l’orgasmo, perché la sensazione era così bella, così perfetta che non voleva che finisse.
    “Ah …” mugolò, quando la mano di lui si insinuò tra i loro corpi fino a trovare un seno perfetto. Lui passò il pollice sulla punta indurita e questo sembrò far presa su di lei che gemette forte contro la sua bocca, mentre l’orgasmo la sovrastava, ripercuotendosi su tutto il suo corpo, che si contorceva per il piacere.
    Spike continuò ad entrare ed uscire da lei, prolungandone il piacere, finchè non la seguì.
    Quando tutto finì staccò finalmente la bocca da quella di lei e posò la fronte sul cuscino, a fianco della sua testa.
    “Buffy, ti a…”.
    Sentirono una voce allegra: “Non so! Forse Buffy ne ha nella sua stanza”, poi la maniglia si abbassò e la porta si aprì, rivelando la sig.ra Summers che ridacchiava. Vedendo la giovane coppia a letto si fermò di colpo, mentre la testa di Giles faceva capolino da dietro la sua nuca. “Buffy?”.
    “Mamma!”.
    “William?”.
    “Papà!”.


    Capitolo 42
    “B-Buffy?” ripeté la sig.ra Summers, sgranando gli occhi per la sorpresa.
    I quattro rimasero immobili, come bloccati, a fissarsi l’un l’altro.
    “M-mamma posso spiegare ...” balbettò Buffy, stringendosi al seno le coperte.
    Joyce rimase in silenzio mentre Giles, sentendo improvvisamente il bisogno impellente di ripulire a fondo i suoi occhiali, se li tolse e li strofinò con l’orlo del maglione.
    “P-papà io ...” tentò Spike. Fu però interrotto dalla sig.ra Summers:
    “Vestitevi. Adesso”.
    Senza dire altro si voltò e uscì dalla stanza, con Giles che la seguiva decisamente confuso.
    “O mio Dio!” esalò Buffy con lo sguardo velato, mentre le tornava in mente la scena appena svoltasi.
    “Andrà tutto bene, passerotto” cercò di rassicurarla Spike, passandole una mano sulla schiena.
    “OmioDio, omioDio, omioDio!” ripeté incessantemente lei, per poi iniziare a muoversi all’improvviso.
    Con movimenti goffi e scoordinati si sforzò di trovare i propri vestiti nel mucchio sotto il letto. Spike la imitò, in maniera più precisa e meno tremante.
    “Buffy, rilassati ...”.
    “Rilassarmi?! Mia madre e tuo padre ci hanno appena sorpreso a letto assieme!” gridò, per poi aggiungere: “Nudi!”.
    “Sì, ma ...”.
    “E comunque, che cosa ci fanno qui?” continuò Buffy, senza aver neanche sentito quello che le aveva detto l’ossigenato al suo fianco. “Lei dovrebbe essere al lavoro. Sarebbe dovuta rientrare a casa fra due o tre ore” protestò. All’improvviso la sua mente partorì un’altra domanda: “Che cosa ci fa *tuo* padre qui? Non dovrebbe essere al negozio?”.
    Spike aveva capito il motivo per i cui i loro genitori erano rientrati presto ma, considerato lo stato d’ansia di Buffy, aveva deciso che era meglio che lo capisse da sola; per cui si limitò a stringersi nelle spalle.
    Mentre si infilava i jeans e si sistemava la maglia lei ricominciò con il ritornello di prima: “OmioDio, omioDio, omioDio!”.
    Gettò un’occhiata a Spike che, completamente vestito, stava seduto sul letto.
    “Che cosa gli diremo?” si domandò a voce alta.
    “Non credo che un discorso della serie “Non è come pensate” funzionerebbe in questo caso, perciò suggerirei di dire la verità” suggerì Spike, alzandosi.
    “Tutta?”.
    “Bè sarebbe una buona idea non parlare delle notti alla capanna. E della festa di Capodanno dei Chase. Ho come l’impressione che tua madre non sarebbe in grado di gestire queste notizie, adesso come adesso” chiarì Spike.
    Buffy sospirò.
    “Faremmo meglio ad andare” mormorò, abbassando la maniglia della porta e avviandosi lungo il corridoio e giù per le scale.
    I due ragazzi andarono in soggiorno e vi trovarono Joyce e Giles, in piedi in mezzo alla stanza.
    “Sedetevi” ordinò la sig.ra Summers e i due obbedirono, sistemandosi sul divano. “Spiegatevi”.
    “Bè ...” iniziò Buffy, con il cuore che le batteva talmente veloce che aveva paura potesse saltarle fuori dal petto. “Io e Spike … usciamo insieme”.
    “Uscite insieme?” indagò Joyce.
    “Spike era il mio ragazzo da prima del ballo di homecoming” se ne uscì nervosamente Buffy, strofinandosi i palmi sudaticci delle mani.
    “Come?” continuò a chiedere la donna.
    I due ragazzi si scambiarono un’occhiata, poi Buffy continuò:
    “Abbiamo iniziato a frequentarci parecchio e una cosa tira l’altra e ...”.
    “Siete finiti a letto insieme?” suggerì Joyce, sarcastica.
    “No! Non è andata così”. “Bè, a pensarci è andata esattamente così” si ricordò Buffy ma, in qualche modo, non le sembrava che dirlo alla madre fosse un’idea sensata, perciò mormorò: “C-ci piacciamo molto e siamo usciti insieme per un po’ … e sì, abbiamo fatto del sesso” confessò alla fine Buffy.
    “E allora perché mi hai mentito dicendomi che era gay?” chiese offesa la sig.ra Summers.
    “Non l’ho fatto!” si difese Buffy puntandole contro l’indice. “N-non ho mai detto che è gay. Sei tu che l’hai dedotto perché ti ho detto che non ero decisamente il suo tipo”.
    A questo punto Joyce sembrava aver esaurito le idee. Indicò con l’indice Buffy, Spike e poi di nuovo Buffy:
    “Allora voi due ...”.
    Spike parlò per la prima volta: “Sì, stiamo insieme”.
    La sig.ra Summers che, fino a quel momento, aveva condotto da sola l’interrogatorio si interruppe e si voltò verso Giles per una sua opinione: “Bè, non so come la pensa Rupert ma ...”.
    “Ehm ... io ... ehm ...” mormorò lui, preso alla sprovvista dal fatto di essere messo improvvisamente al centro dell’attenzione. La verità era che aveva in mente un’unica domanda. “Questo significa che non sei gay?” se ne uscì, aggrottando confuso le sopracciglia.
    “No papà, non sono gay” sospirò Spike, passandosi una mano fra i riccioli folti.
    “O grazie a Dio!” esalò Giles, rilassando visibilmente le spalle in un chiaro segno di sollievo. Si irrigidì nuovamente sentendo Joyce che gli dava uno schiaffetto sul braccio: “N-non che ci sia niente di male ad esserlo, beninteso”.
    “Rupert è tutto qui quello che hai da dire?” chiese lei, un po’ sorpresa.
    “B-bè n-no, naturalmente no, m-ma ...” balbettò il libraio, togliendosi gli occhiali e pulendoli nuovamente con il maglione. “C-ciò che avete fatto è … ehm … sbagliato. Voglio dire, ingannarci in quel modo è-è semplicemente sconsiderato e … ehm … sbagliato e … Per l’inferno maledetto … Sono semplicemente felice che mio figlio non sia gay” ammise alla fine.
    “Rupert?!” lo rimproverò Joyce. “Credo che dovremo continuare questa conversazione da sole” annunciò. “Buffy vieni con me. Spike, stai qui e parla con tuo padre”.
    Buffy gettò uno sguardo a Spike in cerca di conforto e lui le sfiorò la spalla con la mano, dandole una pacca leggera mentre si alzava per seguire la madre in cucina.
    La ragazza si sedette su uno degli sgabelli, mentre la madre rimaneva in piedi davanti a lei. Per un po’ ci fu un silenzio intollerabile, poi Buffy non lo sopportò più e disse:
    “Senti mamma. Mi dispiace davvero. Mi rendo conto che quello che abbiamo fatto non era giusto, il fatto di uscire alle tue spalle, ma è successo tutto così in fretta, e non stavamo ancora davvero insieme quando tu, all’improvviso, hai portato a cena Giles e hai annunciato che era il tuo ragazzo”. Le parole sembravano sfuggirle di bocca così in fretta da non darle il tempo di respirare correttamente. “E-e poi abbiamo iniziato ad uscire e poi abbiamo litigato e abbiamo rotto e-e poi abbiamo fatto pace e abbiamo cercato di dirvelo ma era tutto talmente confuso”. Si interruppe per respirare a fondo.
    “Hai finito?” fu la semplice risposta della sig.ra Summers.
    “Per favore non arrabbiarti” la supplicò lei, accigliandosi.
    Joyce sospirò e andò a prendere un brick di succo d’arancia dal frigorifero. Ne riempì due bicchieri e ne passò uno a Buffy.
    “Non sono arrabbiasta” la rassicurò. La ragazza si rilassò. “Sono solo ferita”.
    Buffy ebbe un fremito. Odiava la madre quando faceva così. Il più delle volte avrebbe preferito che lei urlasse, che le gridasse contro, tutto sarebbe stato meglio che vedere l’espressione che aveva in quel momento sua madre.

    “Allora …” iniziò Giles, sedendosi sul divano.
    “Allora ...” rispose Spike, seduto a fianco dell’uomo con i gomiti sulle ginocchia e le mani intrecciate.
    “T-tu e Buffy ...”.
    “Buffy ed io ...” ripeté il ragazzo.
    Giles agitò gli occhiali: “Voi ... voi state ...”.
    “Insieme?”.
    Il libraio annuì.
    “Sì. Stiamo insieme”.
    Rimasero in silenzio; un silenzio totale, rotto solo dal rumore del tacco che Spike stava tamburellando nervosamente sul pavimento.
    “D-da quando?” indagò Giles, piegando la testa di lato.
    “Da prima del ballo”.
    “Ah, così tanto ...”.
    Silenzio ...

    “Credevo che io e te avessimo un rapporto speciale, Buffy. Credevo che tu potessi dirmi qualunque cosa. Qualunque cosa” disse Joyce, poi aggiunse: “Immagino di essermi sbagliata”.
    “Mamma ...” iniziò Buffy.
    C’era un silenzio spettrale fra loro, e Buffy avrebbe potuto giurare di riuscire a sentire il battito del proprio cuore.
    “Non è che tu mi dica tutto” bisbigliò alla fine. “Non mi hai detto di Giles se non dopo che erano passati due mesi da quando avevi iniziato ad uscirci”.
    “È diverso”.
    “Come mai?”.
    “Prima di tutto perché io sono la madre e tu la figlia. E non il contrario”.
    “Ah, quindi io devo *dirti* tutto ma tu non mi dici niente?” chiese Buffy. “Non è giusto!”.
    “Peccato! Le cose vanno così. Sei ancora minorenne e ...”.
    “Compirò 18 anni il mese prossimo” ribatté la ragazza, alzando un po’ la voce.
    “Appunto! Fino a quel momento sei ancora minorenne”.
    “Ma ...”.
    “Niente ma, signorina” la avvertì la sig.ra Summers.
    “E quindi? Mi proibirai di vedere Spike? È così? Perché ti dico subito che non smetterò di vederlo” finì Buffy, incrociando le braccia.
    “Credi davvero che lo farei?” chiese Joyce, un po’ sorpresa.
    “Sì” rispose debolmente Buffy.
    “Oh, Buffy. Quando mai ti ho detto con chi potevi o non potevi uscire?” sospirò Joyce esasperata.
    “Non eri troppo felice quando ho iniziato ad uscire con Angel” precisò Buffy.
    “Ma non ti ho mai detto che non potevi vederlo”.
    “Già, ma avevi una certa espressione tutte le volte che passava di qua”.
    Dopo un attimo Joyce mormorò:
    “Non mi è mai piaciuto ...”.
    A questo punto Buffy ridacchiò. Ci fu nuovamente silenzio, ma entrambe percepirono una diminuzione della tensione, ed il silenzio fu meno spiacevole.
    “Allora ...” iniziò Buffy. “Non mi impedirai di vedere Spike?”.
    “Certo che no. Perché voi adolescenti dovete trasformare tutto in una versione moderna e iperdrammatica di Romeo e Giulietta?” si chiese Joyce, prendendo i due bicchieri e mettendoli nel lavandino.
    Buffy saltò giù dallo sgabello e strinse la madre in un abbraccio da orso: “Oh grazie, grazie, grazie”.
    “Calmati. Non sei ancora perdonata” le assicurò Joyce non appena riuscì a districarsi dall’abbraccio.

    Il silenzio fra i due inglesi era insopportabile. Spike era seduto al suo posto e si stringeva le mani, tamburellando con un piede, mentre Giles si risistemava nervosamente gli occhiali.
    “Spike ...” disse alla fine. “S-sai che avresti dovuto dirmelo”.
    “Ci ho provato. Ma a quanto mi ricordo eri troppo impegnato a cercare di farmi abbracciare il mio “vero io” spiegò Spike, socchiudendo gli occhi.
    “Ah sì ... mi dispiace. S-solo che pensavo che ... ehm ... tu fossi …”.
    “Gay” suggerì il ragazzo, dato che l’uomo sembrava essersi bloccato sulla parola.
    “Sì. ... cosa che apparentemente non sei” precisò Giles, guardando il figlio in cerca di una conferma.
    “Papà, per la millesima volta: Non. Sono. Gay”.
    “G-giusto, scusa” balbettò Giles, senza riuscire a trattenersi dal sorridere.
    Tornò il silenzio ed il tamburellio risultò ancora più forte.
    “Ti dispiace smetterla?” chiese Giles.
    Spike si guardò il piede, poi guardò il padre, poi smise.
    “Grazie”.
    Dopo un attimo parlò di nuovo:
    “Ti ... piace?”.
    “Buffy? Certo. Sono pazzo di lei!” esclamò Spike.
    “Bene, perché non voglio davvero che soffra. E non solo perché è la figlia di Joyce, ma perché è una brava ragazza. È una ragazza molto speciale e non voglio vederla soffrire”.
    “Papà rilassati, sono pazzo di lei, non farei mai qualcosa che possa farla soffrire. Mai” lo rassicurò.
    “Bene”.
    Silenzio.
    “Chi avrebbe pensato ...”.
    Spike si accigliò e guardò l’uomo seduto accanto a lui.
    “Padre e figlio che escono con madre e figlia”.
    “Già, Freud ci si sarebbe tuffato a pesce” sogghignò Spike, facendo ridere il padre.

    Buffy fissava la madre, tentando di nascondere il sogghigno che le si affacciava alle labbra. Era semplicemente grandioso! Basta nascondersi e basta mentire a sua madre. Odiava farlo. Anche se tutta la storia del nascondersi aveva i suoi lati positivi.
    “Tu e Spike ...”.
    “Sì ...?”.
    “A-avete ... ehm ...”. Joyce arrossì e si sforzò di trovare il modo per affrontare l’argomento. “Avete avuto ... rapporti”.
    Buffy annuì.
    “A-avete ... preso precauzioni?” disse alla fine ad alta voce.
    “Sì, mamma. Prendo la pillola da quando stavo con Angel, ti ricordi? Me l’hai fatta prendere tu” le ricordò Buffy.
    “Ah sì ... Solo che non avevo mai pensato ... capisci? Ho sempre pensato che fosse più un’assicurazione che altro …”.
    “Mi dispiace di non avertelo detto” mormorò Buffy, tenendo lo sguardo sul pavimento.
    “Va bene ...” rispose Joyce, passandole una mano sulla guancia. “Spero solo che la prossima volta riuscirai a parlarmi di queste cose”.
    “Ci riuscirò” promise lei sorridendo, mentre la madre si apprestava a lasciare la cucina. “Mamma?”.
    Joyce si fermò e si voltò verso la figlia: “Sì?”.
    “Che cosa fate a casa così presto tu e Giles?”.
    A questa domanda il viso della sig.ra Summers si imporporò.
    “Oh ... Lui ... ehm ... era venuto ad aiutarmi con ... ehm … le tubature” balbettò Joyce a mo’ di risposta.
    “Ah ...” disse Buffy, iniziando ad andare in soggiorno per poi fermarsi ancora una volta. “Perché siete andati nella mia stanza?”.
    “Ehm ... io ... ehm ... ci serviva ... ehm …”.
    Buffy si accigliò per il balbettio incoerente della madre, mentre il suo cervello cercava pian piano di capire il motivo di tanto imbarazzo.
    “Mamma?”.
    “Faremmo meglio ad andare dai ragazzi” se ne uscì Joyce con un sorriso forzato, continuando a camminare e lasciando Buffy da sola.
    All’improvviso le si accese una lampadina nel cervello, ed immediatamente contorse il viso con aria nauseata.
    “Mamma!” gemette, seguendola.
    Entrando nel soggiorno trovarono i due uomini che, seduti sul divano, ridacchiavano per qualcosa che aveva appena detto Spike.
    “Perchè state ridendo?”.
    “Per niente” si affrettò a rispondere Giles, alzandosi. “V-va tutto bene?” chiese, vedendo l’espressione disgustata di Buffy.
    “Va tutto bene” rispose Joyce.
    “Quindi io e Buffy possiamo uscire insieme?” chiese Spike con un tono chiaramente ansioso.
    “Per me va bene” iniziò lei, poi aggiunse: “Finché vi comportate come si deve. Rupert?”.
    “Ah, per me va bene”.
    A questo punto Buffy e Spike fecero dei gran sorrisi.
    “Ehm, Spike? Posso dirti due parole?” indagò Joyce.
    “Certo”.
    Il ragazzo si alzò e si avvicinò alla donna che, sorridendo, si chinò a bisbigliargli nell’orecchio:
    “Se fai qualcosa che possa ferire mia figlia non mi preoccuperò del fatto che *sei* il figlio di Rupert; ti darò la caccia e ti taglierò via qualcosa”. Disse il tutto sogghignando, cosa che terrorizzò ancora di più Spike.
    “Gesù, tale madre tale figlia”.

    “I vostri genitori vi hanno sorpreso? A letto assieme?” gridò Xander, spaparanzandosi sulla sedia mentre Buffy e Spike arrossivano furiosamente.
    “Grazie Xander, non credo che lo sapesse tutta la scuola” disse Buffy, esaminando nervosa la stanza.
    “Scusa! È solo che … uau! A proposito di cose imbarazzanti”.
    “Che cosa è imbarazzante?” chiese Oz, mentre lui e Willow si avvicinavano al tavolo e si sedevano.
    “La madre di Buffy e il padre di Spike li hanno sorpresi a fare le cosacce” rispose noncurante Xander.
    A questo punto Buffy e Spike arrossirono ancora di più.
    “Ahia” esclamò monocorde Oz, guardando la sua ragazza in attesa di una reazione isterica che, però, non ci fu. “Lo sapevi già, vero?”.
    “Buffy mi ha chiamata ieri notte per dirmelo” spiegò lei.
    “Perché non me l’hai detto?” chiese Oz, senza alcuna sfumatura di accusa nella voce.
    “Perché so che non sei ossessionato dalla vita amorosa di Spike e Buffy, al contrario di Xander”.
    “Come potrei non esserlo? La loro vita è una telenovela. Da dipendenza” si difese il bruno. “E quindi finalmente io vostri genitori lo sanno, eh?”.
    “Già” rispose sorridendo Buffy.
    “Come, nessun dramma?” chiese un po’ confuso Xander.
    “No. niente dramma. Sono una conversazione molto imbarazzante sui profilattici”.
    “Così non è divertente” mormorò Xander, cosa che gli procurò una schiaffetto da parte di Buffy. “Stavo solo scherzando. Sono contento che siate usciti allo scoperto. A proposito di uscire allo scoperto …”. Spostò lo sguardo sull’inglese e ridacchiò: “Tuo padre deve aver fatto i fuochi d’artificio scoprendo che non sei gay”.
    “Sono solo contento di non dover più ascoltare discorsi ridicoli del tipo “non dovresti aver paura di essere come sei”. Mi stavano facendo impazzire” sospirò di sollievo Spike, prendendosi la testa fra le mani.
    “Povero Spikey!” lo prese in giro Buffy, passandogli una mano fra i capelli.
    “Allora adesso voi e i vostri genitori avrete degli appuntamenti a quattro o cose del genere?”.
    “Argghh! No!” dissero contemporaneamente Buffy e Spike.
    “Lo devo riconoscere ragazzi, io avrò una famiglia contorta ma voi …”.
    “Hey!” protestò Buffy.
    “Che c’è?!” si difese Xander. “Vi rendete conto che se i vostri genitori decideranno di convolare voi due diventerete fratelli?”.
    “Fratellastri” lo corressero Spike e Buffy.
    “Come volete. Contiene comunque la parola -fratell-“.
    Willow venne in aiuto di Buffy e Spike: “E dai Xander, smettila di fare il cattivo!”.
    “Sto solo scherzando. Non preoccupatevi! Anche se non vedo l’ora di dirlo a Cordy!” disse Xander, strofinandosi le mani.
     
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  10. TerenceSpike
     
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    Capitolo 43
    “Mamma, starai via soltanto per un giorno” gridò Buffy, guardando la madre che risaliva le scale per la quarta volta.
    “Voglio solo essere sicura di aver preso tutto” le gridò di rimando la sig.ra Summers dal piano superiore.
    “C’è il taxi” le annunciò Buffy, dopo aver dato un’occhiata fuori dalla finestra ed essersi appoggiata al muro con le braccia conserte.
    Vedendo la madre che scendeva le scale di corsa con una borsa per braccio, sospirò forte.
    “Perché ti stai portando tanti bagagli?” chiese.
    “Non si sa mai di che cosa si può aver bisogno” spiegò Joyce, riesaminando mentalmente la propria lista.
    “Stai andando a Los Angeles. Sono sicura che c’è tutto quello che c’è qui, ed anche di più. Se ti dimentichi qualcosa puoi sempre comprarla là” puntualizzò Buffy.
    “Bè, non mi piace scordare qualcosa” spiegò la sig.ra Summers, sistemandosi la gonna sulle cosce. “Allora, conosci le regole”.
    Buffy sospirò di nuovo: “Sì, mamma”.
    “Bene. Niente feste selvagge, non stare alzata fino a tardi, non aprire la porta agli sconosciuti, non ...”.
    “Mamma! Lo so” insisté Buffy, interrompendo il blaterare della madre.
    “Va bene, mi fido di te” ammise la sig.ra Summers, inspirando a fondo e passando una mano sul viso della figlia prima di darle un bacio veloce sulla fronte. “Comportati bene”.
    “Sempre” disse Buffy alando gli occhi al cielo, poi raccolse una delle borse della madre e aprì la porta.
    “Ricordati, se ci sono problemi chiamami. Il numero dell’albergo è vicino al telefono” disse la sig.ra Summers prima di salire in taxi.
    “Lo so” risopse Buffy. “Adesso vai. Non preoccuparti”.
    “Sarò di ritorno domani sera” disse Joyce, chiudendosi la portiera alle spalle. “Cerca di stare fuori dai guai fino ad allora”.
    “Fai buon viaggio”.
    “Ciao tesoro”.
    Buffy salutò con la mano il taxi che si allontanava: “Ciao”.

    Buffy si strofinò contro la manica di cuoio di Spike, mormorando qualcosa di incomprensibile.
    “Puoi ripetere?” chiese l’inglese, sogghignando.
    “Non voglio andare a lezione” ripeté lei, raddrizzandosi e massaggiandosi le tempie con i gomiti appoggiati sul tavolo.
    “Non sei la sola” disse a mo’ di sostegno Xander, che aveva appena finito il suo pranzo.
    “Ho chimica” protestò Buffy.
    “Matematica” ribatté semplicemente il bruno.
    Buffy sospirò forte, appoggiandosi allo schienale della sedia: “Vinci tu”.
    “Che cos’hai oggi?” chiese Willow.
    “Sono solo stufa della scuola” gemette la bionda, incrociando le braccia sul petto.
    “Poverina” disse a bassa voce Spike, strofinandole il naso contro il collo.
    Suonò la campanella e Buffy sprofondò ancora di più nella sedia, gemendo e facendo una smorfia.
    “Faremo meglio ad andare, o la sig.na Thacker ci ucciderà” disse Willow a Xander, alzandosi.
    Il ragazzo brontolò qualcosa, poi la seguì.
    Willow salutò con la mano la coppia che era rimasta seduta: “Ci vediamo dopo, ragazzi”.
    “Ciao rossa”.
    Spike si voltò nuovamente verso Buffy, massaggiandole una spalla: “Farai meglio ad andare anche tu”.
    “Io? E tu non hai lezione adesso?” chiese Buffy alzandosi ed uscendo dalla mensa con Spike che la seguiva dappresso.
    “No”.
    Lei capì che le stava nascondendo qualcosa dallo strano tono della sua voce e, piegando la testa di lato, sollevò un sopracciglio perfetto con aria interrogativa.
    “Io e Dru lavoreremo all’esperimento di biologia durante l’ora libera che abbiamo” mormorò lui.
    A questo punto Buffy sorrise appena.
    “Non devi evitare di parlarne, sai?” disse, alzando gli occhi al cielo.
    “Io ...”.
    “A me sta bene” lo interruppe Buffy, fermandosi davanti alla propria aula e posandogli le dita sulle labbra. “Ora, per quanto riguarda … argomenti più interessanti …” fece le fusa, sfiorandogli la nuca con le dita.
    “Sì ...?” rispose Spike con lo stesso tono, avvicinandosi e prendendola tra le braccia.
    “Mia madre è fuori città stanotte” disse lei, con gli occhi sgranati che le brillavano.
    “Ah, davvero ...?”.
    Buffy si accigliò. Non era esattamente la reazione che si era aspettata. La sua sorpresa era forzata ed innaturale. Dopo qualche secondo sotto lo scrutinio accusatore di Buffy Spike si arrese:
    “Lo sapevo già”:
    “Come?”.
    “Tua madre ha chiamato ieri mio padre per dirglielo. Gli ha parlato di un problema con le consegne che sono rimaste bloccate alla dogana di Los Angeles” spiegò Spike.
    “Non è divertente, volevo farti una sorpresa!” si imbronciò appena lei, tamburellando sul pavimento con un piede.
    “Continui a dimenticarti che i nostri genitori escono insieme” ridacchiò lui.
    “Non è divertente!” ripeté Buffy e fece per andarsene; lui la afferrò per un braccio.
    “Prima stavi per dire qualcosa ... sul fatto che tua madre è fuori città e che questo è un … argomento interessante …” disse Spike guardandola maliziosamente e inarcando il sopracciglio sfregiato.
    Buffy si limitò a scuotere la testa.
    “E dai Buffy” insisté lui, prendendola di nuovo fra le braccia.
    “Stavo per chiederti se ... volevi ... non so” disse lei, passandogli un dito sul bavero dello spolverino e sollevando gli occhi su di lui. “Forse … venire a cena e … rimanere?”.
    Spike socchiuse gli occhi e si morse un labbro. La sua proposta era estremamente tentatrice e gli appariva anche più interessante per la maniera timida e nervosa con cui lei l’aveva fatta.
    “Stai dicendo che cucinerai per me, Summers?” chiese, allusivo.
    “V-veramente no” rispose Buffy, un po’ imbarazzata. “Non so cucinare. Ma sono espertissima nell’ordinare al ristorante cinese. Che ne dici?” chiese, guardandogli il torace.
    Lui la costrinse a guardarlo, sollevandole il mento con l’indice.
    “Mi piacerebbe” acconsentì, baciandola.
    Furono costretti a separarsi da qualcuno che si raschiava rumorosamente la gola.
    “Sig.na Summers ci piacerebbe molto se lei ci raggiungesse, non appena riuscirà a salutare il suo ragazzo”.
    “Mi dispiace!” mormorò Buffy, allontanandosi goffamente da Spike.
    “Ci vedia...”. Spike si interruppe quando qualcuno lo prese per un braccio. Voltandosi vide Dru che gli si aggrappava, posandogli la testa sulla spalla.
    “Eccoti qui, mio dolce principe. Ti ho cercato dappertutto. Avevo paura che ti stessi nascondendo, cattivo che non sei altro” disse la ragazza nero vestita in tono infantile, dandogli uno schiaffetto sul petto.
    Buffy rimase a fissare i due, mentre lo stomaco le si contorceva violentemente.
    La sua espressione fece fremere Spike.
    “Ci vediamo dopo, va bene?” chiese.
    Lei si limitò ad annuire.
    “Hai le prove della recita, oggi?”.
    Lei annuì nuovamente.
    “verrò a casa tua alle sette, va bene?”.
    “Sig.na Summers, sta venendo?”.
    Buffy fece un salto per il tono severo dell’insegnante, poi si voltò ed entrò in classe.

    Stava sistemando le lenzuola appena stirate sul letto, canticchiando stonata; le tirò da un lato e dall’altro, stendendole sul materasso in maniera tale che non vi fosse nessuna piega a rovinarne la superficie. Poi, lasciando cadere le braccia ai lati del corpo, esaminò la propria camera da letto. Sorrise vedendo le candele piazzate strategicamente intorno al letto, sul comodino e sul davanzale della finestra. Ne prese una e, portandosela al naso, inspirò a fondo.
    “Cannella e vaniglia! Una combinazione perfetta!” pensò, ridacchiando appena; poi guardò la sveglia. “Le sette e dieci. Mi chiedo come mai sia in ritardo. Forse si sta solo rinfrescando, in maniera tale da essere più appetibile” si chiese.
    In quel momento suonò il campanello, e lei fece le scale saltellando. Il suo ampio sorriso si sbriciolò quando vide Chen, il ragazzo del ristorante cinese. Lo pagò velocemente e prese le varie scatole che lui le porgeva, sforzandosi di sorridere.
    Con tutta calma tolse il cibo dalle scatole e lo mise in vari piatti e ciotole, poi mise tutto sul tavolo. Quando ebbe finito erano le sette e mezza. Squillò il telefono e lei andò a rispondere di corsa.
    “Pronto?”.
    Dall’altro capo del filo sentì la voce di Spike: “Hey Buffy, sono io”.
    “Sei in ritardo” lo rimproverò lei.
    “Lo so. Mi dispiace”.
    Il tono di lei da aspro divenne morbido: “Bè, ti ci vorrà *un bel po’* per farti perdonare”.
    Spike esitò appena: “Ah ... per quello ...”.
    Lei si accigliò subito: “C’è qualcosa che non va?”.
    “È solo che ...”.
    “Il cagnolino della mamma ci metterà ancora molto? Mamma non è contenta …”.
    Buffy praticamente si soffocò, disgustata, nel sentire la voce non del tutto normale in sottofondo. “È … è Dru?”.
    “Sì, abbiamo dovuto ...”.
    “Che cosa ci fa a casa tua alle sette e mezza di sera?” chiese lei, cercando di calmarsi.
    “È quello che stavo cercando di spiegarti” brontolò lui. “Dru non ce l’ha fatta questo pomeriggio e quindi non abbiamo potuto lavorare sul progetto e adesso ci stiamo rimettendo in pari” spiegò velocemente.
    “Cosa vuol dire che non ce l’ha fatta? Era con te quando mi hai lasciato a lezione di chimica?” continuò ad interrogarlo Buffy, alzando via via la voce al ricordo dell’immagine di Dru aggrappata al braccio di Spike.
    “Già. Bè, conosci Dru”.
    “No, non la conosco. Spiegamelo” disse lei, con voce grondante sarcasmo, mentre Dru ridacchiava come una pazza in sottofondo.
    “Bè, si è ricordata all’improvviso che aveva qualcosa da fare e ...”.
    Eccola di nuovo! Una risatina! Che cosa aveva da ridacchiare quella sciacquetta incolore? Che cosa stava facendo? Dio, odiava tutto questo; veramente. Per quanto cercasse di ficcarsi in testa che le andava bene, non le andava affatto bene, soprattutto ora.
    La prima cosa che sentì quando finalmente si risintonizzò sulla voce di Spike fu: “Va bene?”.
    “Scusa, non ho sentito cosa hai detto” si scusò, premendosi le dita all’apice del naso.
    “Ti ho chiesto se ti va bene che venga più tardi … Dru, la vuoi smettere?”.
    Quella era l’ultima goccia! Buffy si sentì esplodere la testa.
    “Non disturbarti” disse aspra. “La cena si è già sfreddata per cui è meglio che tu non venga affatto”.
    “Ma amore, possiamo ancora ...”.
    “Lascia perdere Spike. Ci vediamo domani, va bene?”.
    “Ma ...”.
    “Spike, ho detto lascia perdere, va bene?”.
    Ci fu un momento di silenzio seguito da un sospiro di frustrazione, poi Spike chiese con voce abbattuta:
    “Sei sicura che non vuoi che venga?”.
    “Sono sicura” rispose lei, in tono deciso.
    “Va bene, allora ci vediamo domani”.
    “Come ti pare” brontolò Buffy, prima di sbattere giù la cornetta.
    Sentendo il segnale di occupato Spike sospirò ancora, poi rimise a posto la cornetta. Si passò le mani fra i folti riccioli, poi gettò un’occhiata al soggiorno. Lo scrutò da cima a fondo un paio di volte, ma non trovò Dru. Si alzò dalla sedia su cui stava seduto, brontolando qualcosa di incomprensibile.
    Gridò: “Dru?” ma non vi fu risposta. “Dru?” ripeté, e sentì una risatina dal piano di sopra.
    Aggrottò la fronte, seccato, e salì su per le scale rendendosi conto che il suono proveniva dalla sua camera da letto. Inspirò a fondo, poi aprì la porta ed entrò. Lei era seduta sul davanzale, che fissava senza espressione il buio della notte.
    La chiamò di nuovo: “Dru?”.
    “Il mio dolce principe oscuro è venuto ...” fece le fusa lei, saltando giù dal davanzale e avvicinandosi con passo ondeggiante. Gli passò le unghie sul petto, come un felino a caccia.
    “Dru ... Che cosa stai facendo?” chiese lui, chiudendo gli occhi per un attimo.
    Senza rispondere lei gli posò la testa nell’incavo del collo, strofinandovi il naso.
    Il profumo di lei lo avvolse, mentre la sua pelle morbida lo sfiorava. Era difficile ammetterlo ma, in quel momento, in qualche modo, aveva nostalgia di lei. Strinse le mani a pugno e chiese:
    “Che cosa vuoi, Dru?”.
    “Non ti mancano i nostri giochi ... Mammina vuole giocare …” mormorò lei, facendo scorrere lentamente un dito lungo il suo stomaco, fino alla cintura dei jeans.
    Era troppo! In un lampo le afferrò i polsi e la spinse lontano.
    “Vai a casa, Dru” disse a bassa voce, in tono aspro. “Non voglio giocare”.
    “Ma ... le voci che mi sussurrano all’orecchio mi dicono ...”.
    “Me ne frego maledettamente di ciò che quelle dannate voci ti sussurrano all’orecchio” ringhiò lui, spingendola fuori dalla stanza e trascinandola giù per le scale. Quando arrivarono alla porta principale disse: “Fuori!”.
    “È quella strega!” sibilò lei, socchiudendo gli occhi. “Ha lanciato dei piccoli incantesimi maligni sulla tua bella testolina. Cercando di spingerti lontano da me, cercando di farti smettere di amarmi”. Si avvinghiò a lui, agitando una mano intorno alla sua testa e disse in tono infantile: “Ma io so che mi ami ancora … Mammina lo sa”. Si staccò da lui con un sorriso da pazza ed andò alla porta dicendo: “Lo capirai … So che lo capirai”.
    Lui riuscì appena a dire: “È finita Dru”. C’era qualcosa in lei che ancora aveva effetto su di lui. Era difficile scordare il primo amore, soprattutto dato che era durato così a lungo.
    L’ultima cosa che disse lei, prima di chiudere la porta, fu: “Ci vediamo dall’altro lato della tempesta, principe”.
    Spike si limitò a sospirare e si appoggiò alla porta per qualche minuto, finché questa non venne aperta. Si spostò velocemente e vide il padre che entrava.
    “Hey papà” salutò, senza molto entusiasmo.
    “Ciao William” rispose automaticamente Giles. Vedendo la strana espressione del figlio si fermò per un attimo e chiese: “Va tutto bene?”.
    “Sto bene” mormorò lui, trascinandosi su per le scale.
    “Dato che sono rientrato un po’ tardi pensavo di ordinare da mangiare!” gli gridò dietro Giles.
    “Come ti pare. Non ho fame” brontolò Spike, andando in camera sua.
    L’uomo più anziano si accigliò. In suo figlio c’era decisamente qualcosa che non andava, dato che non era sollevato all’idea di non dover mangiare il cibo cucinato dal padre. E che cosa ci faceva in casa? Joyce non era fuori città? Si era immaginato che i due ragazzi avrebbero fatto salti di gioia per la possibilità di avere la casa tutta per loro. “Decisamente c’è qualcosa che non va” pensò Giles, iniziando a consultare l’elenco del telefono.

    Spike mise giù il telefono per la quinta volta. Perché non rispondeva? Rotolò su un fianco, trovandosi di fronte un vecchio poster dei Sex Pistols. Per un attimo chiuse gli occhi ma il suo tentativo di dormire fu interrotto da un lieve bussare alla porta.
    “Sì?” brontolò.
    “La cena è in tavola” annunciò Giles, aprendo la porta.
    “Non ho fame” replicò succinto Spike.
    “Certo che ne hai” insisté Rupert entrando nella stanza ed avvicinandosi al letto.
    “Va via papà” mormorò Spike, girandosi bocconi e affondando la testa nel cuscino.
    “Smettila subito con queste sciocchezze e vieni giù” disse Giles, in tono più autoritario.
    “Non ...”.
    “William, hai litigato con Buffy e non vuoi parlarne. Va bene! Ma non ho intenzione di far andare mio figlio a letto affamato per un qualche stupido litigio con la sua ragazza. Adesso vai a lavarti e scendi entro due minuti” insisté Giles, prima di uscire dalla stanza per andare in soggiorno.
    Nel giro di cinque minuti il ragazzo entrò nella stanza e si accasciò su una sedia. Neanche la vista della pizza sul tavolo ne migliorò l’umore ma ne prese un pezzo e la morse svogliatamente. Durante la cena due rimasero in silenzio, finchè Giles non lo ruppe, chiedendo:
    “Ti va di parlarne?”.
    “No” si limitò a replicare Spike senza preoccuparsi di guardare il padre.
    Giles annuì e continuò a mangiare. Non appena terminato il ragazzo si alzò e fece per andare di sopra ma fu bloccato dalla voce del padre:
    “William, tocca a te fare i piatti”.
    Senza aggiungere altro Rupert si alzò e andò nel suo studio.
    Brontolando e imprecando sottovoce Spike iniziò a prendere i piatti e a portarli in cucina.

    Salì le scale lentamente, strofinandosi le mani sugli occhi. Era stanco e non voleva far altro che dormire. Sapeva che non ci sarebbe riuscito. Odiava litigare con lei. Ancora peggio, non sapeva neanche se la loro conversazione telefonica poteva essere classificato come litigio. Il fatto che lei non stesse rispondendo al telefono gli diceva di sì.
    Aprì la porta della propria camera da letto sospirando forte. Non si preoccupò nemmeno di accendere le luci; la fievole lice lunare che entrava dalla finestra aperta gli bastava per muoversi nella stanza. Si tolse la maglia e la gettò sulla cassettiera, poi si slacciò la cintura e si sbottonò i jeans. Si spogliò completamente poi, si trascinò a letto e vi si lasciò cadere sopra. Rimase seduto per qualche secondo, pensando a quello che era successo nel corso della giornata e chiedendosi che cosa aveva fatto di sbagliato. All’idea che in quel momento avrebbe potuto essere nel letto di lei, fra le sue braccia, il rimpianto lo colpì allo stomaco. Era tutta colpa di Dru, decisa alla fine sdraiandosi sul letto e raggomitolandosi sotto le coperte.

    Si rese conto che il materasso si stava spostando lentamente sotto di lui. Il cuore cominciò a battergli furiosamente nel petto e nella sua testa, in parte ottenebrata dal sonno, cominciarono a formarsi una serie di scenari, tutti grotteschi e terrificanti. C’era qualcuno in casa, nella sua stanza, che ora si stava facendo strada lentamente nel suo letto. Sentendo un corpo femminile che gli si premeva contro la schiena, i palmi delle mani gli si inumidirono di sudore. Era un corpo decisamente nudo e decisamente familiare, con un profumo altrettanto familiare. Era il profumo di *lei*. Dita leggere si muovevano sul suo stomaco, tracciando segni irriconoscibili sulla pelle morbida, ed il suo cuore accelerò, ma stavolta per un motivo completamente diverso.
    Labbra calde si avventarono sul suo collo, e una lingua umida gli si insinuò nell’orecchio; non poté fare a meno di ringhiare. Quando la mano che fino a quel momento gli aveva danzato sull’addome scivolò ulteriormente sul suo corpo, per poi chiudersi intorno all’uccello che gli si stava indurendo, si lasciò sfuggire un gemito dalle labbra semiaperte e chiuse gli occhi. Strinse i denti in risposta alla duplice sensazione: la lingua calda che giocava con il suo orecchio e la mano che si muoveva su e giù, con un ritmo lento e tormentoso. Cercò di resistere al bisogno intenso di voltarsi e di rispondere a quelle attenzioni, serrando le mani a pugno sulle lenzuola bianche che lo avvolgevano e quasi le strappò nel tentativo di evitare di spingere i fianchi contro la mano che si muoveva su e giù lungo il suo sesso.
    Sentì un gemito lieve nell’orecchio ed i seni di lei premuti contro la schiena e non ce la fece più: si voltò di colpo sulla schiena e incollò le labbra a quelle semiaperte di lei. Non attese alcun segnale e colse l’opportunità di insinuarle la lingua in bocca spingendo famelico, posandole una mano sulla nuca per attirarla a sé.
    Ben presto respirare divenne problematico e la donna, che ora gli stava sopra, si tirò indietro ansante, mentre lui le tracciava una scia di baci sul collo.
    Spike le sfiorò la gola con i denti, inspirando a fondo il profumo che lo circondava. Il profumo che amava … il profumo di lei …
    Poi mormorò contro la sua pelle: “Dru ...”.


    CAPITOLO 44
    Nel momento stesso in cui le parole gli uscirono di bocca Spike sentì il corpo sopra il suo irrigidirsi e scostarsi bruscamente.
    Il silenzio fu interrotto da una voce offesa: “Come?!”, mentre una figura minuta si staccava da lui, portandosi via le lenzuola.
    Senza dire niente Spike allungò un braccio verso il comodino e accese l’abatjour. La stanza, prima immersa in una luce azzurra, si riempì di sfumature gialle e arancio. Si spostò e vide Buffy che, inginocchiata sul materasso, si stringeva le lenzuola bianche contro il petto e lo fissava con occhi sgranati.

    Buffy sentì il cuore che le si fermava improvvisamente, per la parola che gli era sfuggita dalle labbra. Per un attimo non seppe come comportarsi o cosa fare. La sua mente si svuotò completamente, mentre cercava di rendersi conto delle conseguenze di quello che lui aveva appena detto. Non si rese nemmeno conto di aver risposto, con un’unica parola rabbiosa.
    Dopo un po’ riuscì a muoversi, e si affrettò a scostarsi da lui. Lo guardò mentre, alla luce della luna, si voltava con calma verso il comodino e accendeva la luce. Non si preoccupò nemmeno di socchiudere gli occhi, quando l’improvviso lampo di luce proveniente dalla lampada la investì. Rimase perfettamente immobile, poi lui si voltò verso di lei. Sul suo viso vide l’ultima cosa che si era aspettata … un sorriso. Meglio ancora, un sogghigno; un sogghigno arrogante e infuriante. Che cosa aveva da sogghignare?
    Si fissarono l'un l’altra, finché Spike non poté fare a meno di ridacchiare. Buffy continuò a fissarlo, decisamente confusa.
    “Che cos’hai da sorridere?” ringhiò.
    “La tua reazione” rispose semplicemente lui, avvicinandosi a lei che, per tutta risposta, saltò giù dal letto e rimase in piedi là accanto, con le lenzuola strette al petto. “E dai, passerotto …” fece le fusa lui, avvicinandosi all’orlo del letto.
    Con gli occhi che sembravano volergli trapassare il petto, Buffy affermò l’ovvio: “Hai detto il suo nome!”.
    Lui ridacchiò di nuovo e lei sgranò ancora di più gli occhi.
    “Pensi che sia divertente? Hai pensato che fossi lei” disse, offesa.
    “Credi davvero che io abbia pensato che tu fossi lei?” chiese lui, sdraiandosi nuovamente.
    “Sì!” rispose subito lei.
    “E dai Buffy, sapevo che eri tu dal momento in cui mi hai toccato” sospirò lui, sorridendo ancora.
    “Ceerto” rispose lei, con voce grondante sarcasmo. “È per questo che hai detto il *suo* nome”.
    “L’ho fatto apposta” spiegò lui, allungandosi ancora una volta a toccarla, mentre lei si allontanava dal letto e da lui.
    “Invece no! Era buio, non puoi avermi riconosciuto ...”.
    Si interruppe di colpo, perché lui all’improvviso era saltato giù dal letto e le si era parato di fronte, prendendola fra le braccia.
    “Primo: fa piano o sveglierai mio padre. Secondo: ti riconoscerei anche se fossi sordo, scemo *e* cieco” mormorò lui, chinandosi a strofinarle il naso nell’incavo ella spalla. “Dio, quanto mi piace il tuo odore, Summers”.
    La rabbia di lei sfumò, mentre il corpo nudo di lui premeva contro il suo e le sue labbra calde le tracciavano una scia di baci sul collo. Mentre la spingeva verso il letto le tornò il ricordo di lui che mormorava il nome di Dru, allora lo colpì al braccio, per poi staccarsi da lui,
    Si mosse rapida per la stanza finché non riuscì a mettere il letto tra loro, simile ad un pinguino drogato nella sua lotta con le lunghe lenzuola che la avvolgevano. Così andava meglio! Da quella distanza riusciva a pensare logicamente. Respirò forte per lo sforzo, poi parlò sarcastica:
    “Quindi dovrei credere che per tutto il tempo tu sapevi che ero io, e che hai detto il suo nome solo per farmi incazzare seriamente, praticamente annullando ogni possibilità di fare del sesso stanotte?”.
    “Se la metti così ... non molto furbo, vero?” chiese lui, grattandosi la testa. “A pensarci bene ho la tendenza a dire le cose più stupide nei momenti meno opportuni”.
    “Eccome” confermò lei, la bocca atteggiata ad una linea dura.
    Rimasero in silenzio per un po’, poi Spike piegò la testa di lato e mise il broncio come un bambino.
    “Mi dispiace! È stato un pessimo scherzo” si scusò, superando il letto per raggiungerla.
    “E no! Dire che ti dispiace non basta, signorino. Che …” annunciò lei, camminando all’indietro.
    Spike si portò immediatamente l’indice alle labbra, facendole segno di tenere bassa la voce.
    “Che cosa faresti se io mormorassi il nome di Angel mentre ... lo facciamo” sibilò lei a voce più bassa, indicando il letto.
    Spike esaminò la questione per qualche secondo. La sola idea di quello scenario era sufficiente a torcergli lo stomaco e a fargli scorrere il sangue più velocemente. Si accigliò e fece una smorfia.
    “Mi dispiace, io non ...”.
    Il ragazzo si interruppe al rumore di una porta che si apriva, seguito da quello di passi lungo il corridoio. I due si immobilizzarono in attesa mentre il rumore aumentava e poi si allontanava. Dopo qualche attimo di silenzio, si sentì il rumore familiare di uno sciacquone, seguito da passi e dallo scricchiolio di una porta che si chiudeva.
    Buffy rimase incollata al punto in cui si trovava, sforzandosi di sentire qualcosa. Spike colse l’attimo e, in un lampo, la intrappolò di nuovo fra le sue braccia, passandole la bocca sul collo e facendola ansimare.
    “È stata una stupidaggine ... Mi dispiace ... Non lo farò mai più ... promesso” mormorò fra un bacio e l’altro, prima di arrivare al lobo dell’orecchio.
    Senza preavviso insinuò una mano fra le lenzuola, a cercare la pelle morbida della coscia destra di lei, mentre con l’altra mano continuava a tenerla per la vita, sostenendola mentre le ginocchia le cedevano all’improvviso.
    “Non ho ...”. Lei tentò di parlare ma il fiato corto e la sensazione delle sua dita che le percorrevano lentamente l’interno coscia, salendo verso l’alto, le annebbiavano la mente e le rendevano difficile pensare, figuriamoci dire qualcosa di coerente. “Non ho smesso di essere arrabbiata …”. Sentì l’orlo del letto contro le ginocchia e ansimò prima di cadere sul materasso, subito seguita dal corpo nudo di Spike. “ … con te”.
    “Mi dispiace ...” ripeté lui, concentrandosi sul punto che si trovava esattamente dietro il lobo dell’orecchio di lei e tirando fuori la lingua per leccarlo. “Ero solo incavolato perché tu …” – bacio – “non rispondevi al maledetto …” – leccatina – “telefono”.
    La risposta di lei, che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere intelligente ed arguta, risultò debole e senza fiato: “Ero impegnata a venire qui … a farti una sorpresa. Ma tu dovevi rovinarla e …”. La sua rabbia, appena ritrovata, si dissolse quando la bocca di lui assalì la sua in un bacio famelico, infilandole la lingua tra le labbra ad esplorargliela.
    Quando finalmente la mano di lui raggiunse il suo obiettivo e prese a tastarle il sesso, umido e gonfio, staccò la bocca dalla sua e inspirò a fondo.
    Lui la guardava, affascinato, mentre gli spingeva smaniosa i fianchi contro la mano, tenendo gli occhi chiusi e le sopracciglia aggrottate. Giocherellò con le dita, percorrendo i contorni del suo sesso, provocandola senza pietà, senza darle ciò di cui aveva bisogno, fino a farla gemere e supplicare.
    “Per favore ...” bisbigliò lei, fra un ansito e l’altro, inarcandosi contro la sua mano.
    “Per favore cosa?” chiese lui, provocatorio, anche se dentro di se aveva dovuto ricorrere a tutta la forza che era riuscito a racimolare per evitare di rispondere alla sua silenziosa richiesta.
    Lei non rispose, limitandosi a continuare ad ansimare ed a mugolare. Trattenne il respiro, mentre lui si chinava a bisbigliarle qualcosa all’orecchio.
    “Come hai potuto anche solo pensare che io volessi qualcun’altra?” chiese lui con voce rauca e tesa, continuando a giocherellare con lei con le dita. “Non sai che sei tutto ciò a cui penso, Summers?” continuò, avvicinandosi sempre di più all’apertura del suo sesso ed insinuando l’altra mano fra i loro corpi, per tirar via le lenzuola e scoprirla completamente. “Sei tutto ciò che vedo …”. Ora incombeva su di lei e le infilò una mano tra i capelli, costringendola a guardarlo. “Tutto ciò che gusto …”. La sua voce si incrinò appena mentre le faceva finalmente scivolare dentro un dito; lei chiuse gli occhi e gemette, inarcando la schiena e spingendo in alto i seni nudi, fino a sfiorargli il torace. “Tutto ciò che sento” riuscì a terminare lui, chinandosi a baciarla.
    Mentre le loro lingue lottavano per il predominio, Spike muoveva il dito dentro di lei, esplorandola fino a trovare il punto giusto, facendola gemere contro la sua bocca.
    Sentendo il dito di lui scivolare fuori dal suo corpo lei mugolò di protesta ma, mentre lui si sistemava fra le sue gambe, fu invasa da un misto di sollievo e aspettativa. Trattenne ancora una volta il respiro, quando lui la sfiorò con la punta dell’uccello. Lui la guardò per qualche secondo, poi mosse i fianchi in avanti e si spinse dentro di lei. Entrambi ansimarono per la combinazione perfetta. Non ci volle molto poi perché lui iniziasse a muoversi dentro e fuori dal suo corpo, con un ritmo lento che toglieva il fiato.
    Spingeva i fianchi contro i suoi tenendo i gomiti sul materasso, ai lati della testa di lei, mentre la testa gli ciondolava in avanti e gli occhi gli si rovesciavano all’indietro per l’intensità del contatto. Dopo un po’ riuscì a trovare il controllo di cui aveva bisogno, si abituò al calore di lei e riuscì a controllare il proprio respiro irregolare. Istintivamente cercò con la bocca quella di lei, per un bacio bruciante, aumentando il ritmo dei suoi movimenti.
    Dopo un po’ il bisogno d’aria si fece intollerabile, e lei fu costretta a staccarsi dalle sue labbra. Deglutì a fatica, con gli occhi sgranati, e continuò ad inspirare a fondo in un vano tentativo di controllare il proprio respiro. La vista di lui che, sopra di lei, teneva la testa china e gli occhi chiusi, contraendo e rilasciando la mascella, era quasi troppo, e la fece ansimare.
    Quando una delle sue spinte arrivò più a fondo, gemette e sentì il proprio sesso stringersi intorno a lui.
    Gli portò immediatamente le mani alla schiena, graffiandolo, mentre le sensazioni dentro di lei diventavano intollerabili. Sollevò la schiena e, per evitare di gridare, gli morse una spalla. Sgranò gli occhi, mentre lui le ansimava all’orecchio, con voce aspra e rauca per l’emozione:
    “Non sai che non potrei mai volere qualcun’altra? Come puoi anche solo pensare che …”. Si interruppe, perché gli era impossibile pensare con chiarezza mentre il sesso di lei lo stringeva. “Come hai potuto …? Dio, Buffy … sei tu tutto ciò che voglio … tutto il tempo … in ogni momento. Sempre tu!”. Spinse più forte e lei gli affondò nella carne le unghie e i denti.
    Alla fine lei venne con un grido soffocato, contraendosi violentemente intorno al sesso di lui, che la seguì ben presto. Si aggrapparono l’uno l’altra con tutta la forza che avevano, mentre l’orgasmo si abbatteva sui loro corpi tremanti. Buffy si staccò completamente dalla realtà, come se tutto fosse svanito e fossero rimasti soltanto lei e l’uomo che, ansante, giaceva sopra di lei. Una calma dolce li invase, mentre tutta la loro forza spariva, lasciandoli esausti e piacevolmente deboli.
    Per qualche attimo rimasero completamente immobili. Il primo a muoversi fu Spike che, di malavoglia, scivolò fuori dal suo corpo e rotolò di lato, sulla schiena. Sentendola stirarsi al suo fianco sorrise dolcemente, mentre lei gli metteva le braccia intorno alla vita e, nuda e sudata, gli si rannicchiava contro un fianco. Gli posò la testa sulla spalla, strofinandogli di tanto in tanto il naso contro l’incavo del collo, poi esalò:
    “Angel…”.
    Spike si irrigidì all’istante. Era sul punto di protestare, poi la sentì sorridere.
    “Chi di spada ferisce ...” disse lei, sollevando lo sguardo su di lui e posandogli il mento sul torace, incapace di reggere il peso della propria testa.
    “Non è divertente, passerotto” brontolò lui, accigliandosi e mettendosi un braccio sotto la testa per potersi sollevare a guardarla.
    “Hai cominciato tu” precisò lei.
    “Ho detto che mi dispiace” mormorò lui, mettendo il broncio per gioco.
    Lei sospirò e lasciò cadere la testa sul suo torace, con gli occhi al livello dell’addome perfetto e i capelli sudati che aderivano alla sua pelle umida. Con un dito gli percorse i contorni dell’ombelico pensando ad alta voce:
    “Avrei dovuto farti soffrire più a lungo, con quello che hai fatto”.
    “Non ha senso resistermi. Semplicemente sono troppo dannatamente sexy”.
    A questo punto lei ridacchiò sarcastica e sollevò il mento per poterlo di nuovo guardare in faccia.
    “Egocentrico!”.
    “Non posso farci niente se è vero” rispose lui, sogghignando arrogante.
    “Non sei irresistibile” ribatté lei.
    “*Sai* che lo sono”.
    “Uff ...” mormorò lei. “Non *così* irresistibile”.
    Lui ridacchiò, poi tornò il silenzio. Lei teneva lo sguardo fisso sul suo torace, giocherellando con un dito con le sue clavicole.
    Alla fine chiese: “Che cosa stava facendo?”.
    “Chi?” chiese lui, aggrottando le sopracciglia.
    “Dru”. Vedendo che lui appariva ancora confuso, lei chiarì: “Quando eravamo al telefono ... stava ridacchiando, e tu le hai detto di smettere”. A questo punto osò sollevare lo sguardo su di lui.
    “Niente” rispose lui, senza ricambiare lo sguardo.
    Senza preavviso Buffy si alzò e scese dal letto, poi cominciò a radunare i propri abiti senza sollevare lo sguardo da terra.
    “Che cosa stai facendo?” chiese lui, nuovamente perplesso.
    “Cerco i miei vestiti” rispose asciutta lei, che aveva appena trovato la biancheria e se la stava infilando.
    Quando Spike riuscì a scendere dal letto si era già infilata i jeans e si stava sistemando il reggiseno.
    “Buffy, dove stai andando?” chiese lui, seguendola su e giù per la stanza mentre lei cercava la propria maglia.
    Dove diavolo l’aveva messa? Era abbastanza sicura di aver lasciato i vestiti appallottolati in un unico posto prima di commettere l’*enorme* errore di infilarsi nel suo letto. A-ha! Ecco dov’era. letto!
    Si era appena chinata a raccoglierla che una stretta al polso la costrinse a voltarsi a guardarlo.
    “Cosa ho fatto adesso?” chiese lui.
    “Stai mentendo. Ecco cosa stai facendo” scattò lei.
    “Mentendo? Non sto mentendo. Perché credi che stia mentendo?”.
    “E allora perché non mi dici che cosa stava facendo?” chiese lei trionfante, sollevando il mento.
    Lui sospirò forte, poi la lasciò andare lasciando cadere le braccia ai lati del corpo in segno di sconfitta: “Vuoi sapere che cosa stava facendo? Va bene, si stava aggrappando al mio braccio”.
    Lei si limitò a guardarlo malissimo poi, infilatasi la felpa, marciò verso la porta della camera e la spalancò.
    “Buffy, dove stai andando?” chiese di nuovo lui esasperato, affrettandosi a trovare un paio di jeans, infilarseli e mettersi uno scarpone slacciato prima di andarle dietro.
    Evidentemente la loro piccola discussione era riuscita a svegliare Giles che, facendo capolino in corridoio, vide Buffy che, davvero incavolata, veniva verso di lui mentre suo figlio le saltellava dietro a petto nudo tentando, a quanto sembrava, di infilarsi uno scarpone.
    “Buffy ...?” disse con voce assonnata, strofinandosi gli occhi.
    “Salve Giles. Buonanotte Giles” salutò Buffy, continuando a scendere le scale.
    Vedendo l’espressione perplessa del padre Spike si limitò a sollevare una mano, bloccando sul nascere qualunque possibile domanda dell’uomo.
    “Ti spiegherò più tardi” gli assicurò, seguendo la ragazza giù per le scale e fuori dal portone, dopo essere finalmente riuscito a mettersi lo scarpone
    “Buffy ...” sospirò, vedendola correre lungo la strada.
    Inspirò a fondo, poi le corse dietro. Sfortunatamente si rese ben presto conto che correre dietro alla propria ragazza incazzata è più facile se lo si fa con le stringhe alacciate, dato che in caso contrario hanno la tendenza a farti inciampare. Brontolando imprecazioni si chinò e si allacciò le stringhe, poi si alzò per seguirla. Quando ebbe finito lei non si vedeva più. Non ci voleva un genio per capire dove stava andando per cui, dopo un po’, la raggiunse vicino a casa sua.
    “Buffy!” la chiamò, respirando affannosamente e rallentando per camminarle a fianco. “Nota bene: smetti di fumare o a trent’anni non riuscirai a fare il giro dell’isolato senza tossire fino a sputare un polmone”. “Buffy mi vuoi … *colpo di tosse* ... ascoltare?”.
    “Vai a casa Spike” disse lei, continuando a camminare.
    “No” disse lui, sollevando leggermente la voce ed afferrandola per un braccio per farla fermare.
    “Lasciami andare” lo avvertì lei a denti stretti.
    “Finché non avremo parlato no” rispose lui, stringendo più forte mentre lei si divincolava.
    Lei urlò: “Lasciami andare!”
    “No!”.
    Dall’altro lato della strada qualcuno gridò dalla finestra: “Volete abbassare la voce? C’è gente che cerca di dormire qui”.
    “Sta zitto” replicarono contemporaneamente i due.
    Buffy si liberò dalla sua stretta e riprese a camminare, mentre Spike la seguiva dappresso.
    Quando lei ebbe raggiunto i gradini del portico di casa la chiamò di nuovo: “Buffy ...”. Poi le gridò: “È stupefacente come tu possa passare dall'essere calda all’essere gelida, sai?”. Lei, ora in cima agli scalini, si voltò e lo vide fermo con le braccia allargate, in segno di sconfitta. “Dru ha provato a darmi una toccatina, e allora? Sai che problema! Non è che la checca non lo faccia *ogni* giorno” le ringhiò.
    “È per la recita” scattò lei di rimando.
    “Ah giusto. L’avevo dimenticato. Voi fate una recita e questo da ad Angel il diritto di darsi da fare con la *mia* ragazza” sibilò lui, socchiudendo gli occhi e piegando la testa di lato.
    Lei gli puntò pericolosamente contro un indice: “Te l’ho chiesto. Ti ho chiesto se ti andava bene e tu hai detto di sì!”.
    “Ti ho detto quello che volevi sentire. Volevi che mi andasse bene e io ti ho dato quello che volevi” gridò lui, facendo un passo verso di lei. “Ma tu … *Tu* ti incazzi tanto per il fatto che devo passare del tempo con Dru per uno stupido compito, ed è l’unica cosa che facciamo. Passiamo il tempo a lavorare su una stupida ricerca. Nient’altro! Niente a che vedere con la fiera degli sbacciuchiamenti che si svolge sul palcoscenico quasi tutti i pomeriggi”. Quando ebbe finito teneva le braccia larghe, puntate verso la notte.
    “Nient’altro? Hai appena detto che ha cercato di darti una toccatina” scattò lei.
    “Una toccatina! Appunto! Non ha cercato di controllarmi le tonsille con la lingua, maledizione” scattò di rimando Spike.
    “Quante volte te lo devo dire? È per quella stupida recita! Ci saremmo baciati … tre volte, davanti a *venti* persone. Non passiamo il pomeriggio insieme da soli, in una casa incustodita” ribatté Buffy.
    “Dunque devo passare del tempo da solo con lei. Non ti fidi di me?”.
    Lei lasciò ricadere le braccia ai lati del corpo in segno di sconfitta: “No. E sai perché? Perché io ed Angel abbiamo avuto una storia di tre mesi. Tre miseri mesi, non tre anni come te e Dru, e quando si hanno 17 anni tre anni sono tipo … un quinto della tua vita!”.
    “Due e mezzo" la corresse Spike. “Ed è più che altro un sesto”.
    “Ecco, probabilmente sai anche quanti giorni e quante ore siete stati insieme. Cosa c’è stato fra voi? Non potrò *mai* competere con quello. Eri pazzo di lei. Per amor del cielo, eri ai suoi piedi”.
    “Non voglio che tu competa con niente. E non ero ai piedi di nessuno”.
    “Invece sì. Ricordo di aver visto il modo in cui la guardavi e di aver odiato Angel perché non mi guardava allo stesso modo” insisté lei. “E adesso, tutto ad un tratto, dovrei credere che tu non la voglia più? Che tu non provi niente per lei?” chiese, mentre la voce le si spezzava appena per la tempesta di emozioni che la pervadeva.
    “Io voglio te” disse lui, in tono più calmo.
    “Dimmi che non provi niente per lei” chiese lei.
    Ci fu un lungo silenzio.
    “Non ... Non posso”.
    A questo punto Buffy contrasse le spalle, sconfitta.
    “Dru ... significherà sempre qualcosa per me ... È stata il mio primo amore” disse lui, paziente.
    “Continuo a pensare che se passerai abbastanza tempo con lei ti renderai conto ...”. Buffy deglutì a fatica, poi si sforzò di continuare: “Ti renderai conto che è ancora lei quella che vuoi. Lei … non io”.
    “Mai” esalò subito Spike.
    “Vai a casa Spike ...” mormorò lei, voltandosi per entrare in casa.
    Lui salì i gradini in un lampo e la strinse tra le braccia.
    “Lasciami andare, Spike” disse lei, con voce debole e stanca.
    “Non posso” la interruppe lui. “Sono innamorato di te, Summers”.

    CAPITOLO 45
    Buffy rimase immobile, a fissarlo con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta, mentre le sue parole le rimbombavano ancora nelle orecchie. Era ancora bloccata in una sorta di fumoso stupore quando lui parlò:
    “Buffy ...?”.
    Il cuore gli batteva freneticamente nel petto, come se volesse balzarne fuori, ed il sudore gli gocciolava lungo la schiena nuda. Quando una lieve folata di brezza lo fece rabbrividire, si rese conto che avrebbe dovuto afferrare una maglia prima di correrle dietro. Stava stringendo e rilasciando i pugni, nervoso ed irrequieto, in attesa di una sua reazione; ma lei rimaneva immobile di fronte a lui, rigida come un tronco, a fissarlo ad occhi sgranati. “Bene! Forse non era il momento giusto per dirglielo” pensò, nervoso. La sua mente andava a mille, pensando a tutte le possibili reazioni di lei. Quella che lei effettivamente aveva avuto, uno stato catatonico, non faceva che intensificare la sua disperazione.
    La chiamò di nuovo, con voce incerta: “Buffy …?”.
    Questa volta riuscì a sortire un qualche effetto: lei scosse la testa e sbatté le palpebre un paio di volte.
    “Sì?” chiese, cercando di non suonare troppo tesa, passandosi le mani tremanti sulla fronte e sforzandosi di sorridere nervosamente, mentre faceva saltellare lo sguardo su tutte superfici possibili, pur di evitare di incontrare quello di lui.
    “H-hai ...”. Lui deglutì a fatica, poi piegò la testa di lato e riprese: “Hai sentito quello che ho appena detto?”.
    Lei era completamente andata: “Ehm ... sì ... ehm ...”. In qualche modo aveva perso qualunque capacità di parlare, o forse era il nodo che le si stava formando alla base della gola che le stava rendendo impossibile respirare, figuriamoci parlare. “Ehm … è tardi!” se ne uscì all’improvviso, incontrando finalmente lo sguardo di lui. “Devo andare. Buonanotte”.
    Un attimo dopo se n’era andata sbattendogli in faccia la porta e lasciandolo là in piedi sul portico ... a petto nudo, nel bel mezzo della notte.
    Lui impiegò alcuni secondi a riprendersi, poi si mosse praticamente in automatico, allungando l’indice a premere il piccolo pulsante sullo stipite della porta.
    Buffy si appoggiò alla porta, respirando affannosamente mentre il cuore le batteva ad un ritmo innaturale. Decisamente non era una cosa che poteva affrontare in quel momento. Non in quel momento. Lui la amava? Come? Scosse la testa, respingendo la miriade di domande che le affollava la mente. Quando il campanello suonò di nuovo fece un salto, poi sentì che lui la chiamava.
    Stava gridando: “Buffy, hai davvero intenzione di lasciarmi qui fuori, mezzo nudo, per tutta la notte?”.
    Non ci fu risposta.
    “Buffy!”.
    Dalla porta fece capolino una testolina bionda.
    “Vuoi abbassare la voce?” sibilò lei, facendolo entrare. “Sveglierai tutto il vicinato. Non c’è bisogno che gridi”. Si sforzò di respirare a fondo, nel vano tentativo di apparire calma, poi alzò gli occhi al cielo, evitando ancora una volta di incontrare lo sguardo di lui.
    “Ti ho appena detto che sono innamorato di te e tu mi hai sbattuto in faccia questa maledetta porta. Come dovrei reagire?” chiese lui, chiaramente esasperato.
    “Bè, che cosa ti aspettavi? Non sono cose che si dicono ad una ragazza nel bel mezzo di un litigio” spiegò lei, cominciando a balbettare. “Tu-tu non puoi dire una cosa come *quella* come se niente fosse”. Muovendo freneticamente le braccia, agitandole in aria, continuò a blaterare: “Non è qualcosa che … si dice e basta, sai? V-voglio dire un momento stiamo litigando alla grande e il momento dopo stai dicendo …”. Lottò con le parole: “*Lo* … stai dicendo. Tu … io non me l’aspettavo. I-io ...”. Scosse la testa e, accigliandosi, ripeté convinta: “Non puoi dirlo e basta”.
    “Buffy io ti a...”.
    “Invece no!” lo bloccò a metà frase lei. Lui la stava fissando ad occhi sgranati.
    “Che cosa?” chiese, con voce debole.
    “Invece no”.
    “Eh?”. Adesso era confuso.
    “Tu non ...”. Le parole le si bloccarono in gola e non riuscì a finire la frase.
    Spike continuava a fissarla come se avesse avuto due teste.
    “Di che cosa stai parlando? Certo che …”.
    “Invece no!” insisté lei, sospirando ed andando in cucina.
    Spike era ancora un po’ scioccato. Con tutti gli scenari che si era immaginato, questo non gli era mai venuto in mente. Gli ci vollero un paio di secondi per rendersi conto che lei lo aveva lasciato da solo in corridoio. Scosse leggermente la testa e sbatté le palpebre un paio di volte, poi la seguì in cucina. La trovò che camminava in cerchio, con una bottiglia d’acqua stretta fra le mani sudate.
    “Buffy, mi devi credere. Io ti a...”.
    Lei si bloccò di colpo e, interrompendolo, disse:
    “Quattro mesi fa eri ancora in preda alla malinconia per il fatto che Dru ti avesse tradito. Stavi facendo progetti per riprendertela, dato che era la tua … principessa oscura o qualunque altro strano nomignolo tu le avessi dato. E ora, all’improvviso, dici che tu … tu … lo sai”. Ancora una volta non riuscì a dire la parola e agitò una mano in aria.
    Alla fine lui riuscì a dire una frase completa: “Perché sei così ossessionata da me e Dru?”.
    Lei si passò una mano sulla fronte e respirò a fondo: “Perché eravate decisamente fatti l’uno per l'altra! Voglio dire, siete entrambi inglesi, entrambi dei punk gotici … e siete entrambi *pazzi*, poco ma sicuro!”.
    “Solo perché io e Dru abbiamo alcune cose in comune ...”.
    “Alcune cosa?!” chiese lei, quasi offesa. “Siete praticamente la stessa persona, solo che siete di sesso diverso e che lei è un po’ più pazza di te” affermò, fissandolo ad occhi sgranati.
    “Solo perché abbiamo delle cose in comune non significa che fossimo perfetti insieme” ribatté lui. Quando si rese conto di non aver avuto l’effetto desiderato, aggiunse: “Pomiciava con Angel!”.
    “Sì, e anche così tu la volevi comunque!” precisò Buffy, alzando la voce.
    Rimasero in silenzio finché lei, sospirando, posò la bottiglia sul bancone della cucina.
    “Sei stato pazzo di lei così a lungo. Chiunque se ne sarebbe reso conto” disse, in tono sconfitto.
    Dopo un momento di silenzio lui disse: “Hai ragione. Ero completamente ossessionato da lei”.
    Mentre lui continuava a parlare Buffy sentì che lo stomaco le si rivoltava.
    “Era tutto ciò a cui pensavo, tutto ciò che sognavo ed è vero ...”. A questo punto si interruppe un attimo, poi: “L’amavo. Non lo negherò. Ma adesso è finita”.
    “Sarà meglio che tu vada a casa …” esalò Buffy, andando nuovamente in corridoio con la testa china. “Ti prenderai un raffreddore se continui …”.
    Lui si spostò a bloccarle il passaggio, facendole correre un brivido lungo la schiena. Rimasero a fissarsi l’un l’altra vicinissimi
    “Sono innamorato di te” bisbigliò lui, facendo il gesto di scostarle dal viso una ciocca ribelle; lei però si scostò prima che lui potesse toccarla.
    “Invece no” insisté.
    Le sue parole lo infiammarono di rabbia; inspirò a fondo e chiuse le mani a pugno, nel tentativo di controllarla.
    “È veramente arrogante da parte tua, Summers, te ne rendi conto? Presumere di conoscere i miei sentimenti meglio di me!”.
    “Bè, forse è così” lo sfidò lei, sollevando il mento.
    Lui socchiuse gli occhi: “Ah, davvero?”.
    Lei annuì.
    “Bene, sapevi che la prima volta che ti ho vista mi sono sentito come se nella stanza non ci fosse più aria ed io non riuscissi a respirare?”.
    Lei rimase leggermente sorpresa ma immediatamente trovò modo di ribattere:
    “Tutto ciò è molto romantico ma eravamo nel bel mezzo del cortile e tu mi tiravi la coda di cavallo, e dal modo in cui gridavi “Pericolo, pericolo, finta bionda in arrivo!” dubito che tu avessi alcun problema di respirazione” scattò, sarcastica.
    “Non te ne ricordi, vero?” chiese lui, piegando la testa di lato e socchiudendo nuovamente gli occhi.
    “Non ricordo cosa?”.
    “Di quando sei entrata per la prima volta nella libreria di mio padre” rispose lui; lei aggrottò le sopracciglia. “Tu non mi hai visto, mentre tu parlavi con papà io stavo sistemando dei libri sul retro”. Lui si interruppe, fissandola intensamente, poi continuò: “Ma io ti ho visto” esalò; “Avevi i capelli più lunghi e meno ondulati”. Continuò a parlare, agitandole le mani intorno alla testa: “Li tenevi raccolti in una crocchia disordinata. Indossavi un abito estivo, azzurro. Quello che l’idiota ti ha rovinato l’anno scorso, rovesciandoci sopra il suo pranzo”.
    Buffy si limitò a fissarlo, ascoltandolo con la bocca semiaperta.
    “Non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso. Ricordo che avevi ridacchiato per qualcosa che aveva detto papà. Non ricordo per che cosa, ricordo solo di essermi sentito come se qualcuno mi avesse dato un pugno nello stomaco. Tu hai detto qualcosa e poi te ne sei andata”. Parlava con calma, allontanandosi da lei. “Mi chiesi se ti avrei mai rivisto e, poco ma sicuro, il giorno dopo eri là, con la rossa, nel bel mezzo del cortile …”. Ridacchiò appena, ricordandosene. “Mi ricordo che mi ci è voluto praticamente tutto l’intervallo per raccogliere abbastanza coraggio da venire a parlarti. Quando finalmente ci sono riuscito, all’improvviso è entrata in ballo la checca. Tu lo stavi fissando come se fosse un dono di Dio al genere femminile”. Sentiva lo stomaco che gli si contorceva al ricordo. “Potete essere stati insieme soltanto per tre mesi ma già allora tu gli avevi messo gli occhi addosso. Credo di aver odiato la checca anche prima della storia con Andrew” sogghignò, scuotendo la testa. “Allora ho fatto quello che qualunque quindicenne avrebbe fatto per richiamare l’attenzione di una ragazza. Ti ho messo in imbarazzo davanti a tutta la scuola. Creando un ricordo duraturo”.
    Respirò a fondo e cominciò a camminare in cerchio intorno all’isola della cucina, passandoci sopra le dita:
    “Poi ho incontrato Dru. Era diversa da chiunque altro. Era oscura e selvaggia ma allo stesso tempo fragile e debole. Era piacevole sentirsi desiderati … necessari”.
    Si fermò e sollevò lo sguardo su di lei, ridacchiando appena. Continuò a ricordare il passato, con gli occhi fissi nel nulla.
    “Ora che ci penso ... lei lo sapeva. Dru … sapeva che tu mi facevi effetto prima ancora che io lo sapessi. Tutte le volte che dicevo qualcosa su di te lei cadeva in uno dei suoi episodi di follia. Cominciava a balbettare ed a blaterare, e i suoi discorsi avevano ancora meno senso del solito. Diceva che mi avresti portato via da lei. Che eri un ladro e che mi avresti rubato a lei”. Sorrise e guardò Buffy. “Pensavo che fosse semplicemente pazza. Ero *così* sicuro di odiarti. Tutto in te faceva gridare il mio corpo. Pensavo che fosse per rabbia e odio. È saltato fuori che si trattava di lussuria e desiderio”. Si interruppe e la guardò negli occhi: “Ti hi desiderato fin dalla prima volta che ti ho vista … ma mi sono innamorato di te solo quando mi hai baciato. Quel bacio in biblioteca mi ha fatto girare la testa per giorni”.
    Buffy sembrava immobilizzata e lui cominciò a camminare verso di lei, diminuendo la distanza fra loro fino ad incomberle di nuovo addosso.
    “Potrai non crederci ... ma io ti amo” bisbigliò, sfiorandole la guancia pallida con il pollice, mentre lei lo fissava con gli occhi sgranati. Le sorrise e lasciò ricadere la mano lungo il fianco: “Bè, sarà meglio che io vada, passerotto”.
    Alla vista di lui che le girava intorno lei sembrò riscuotersi dal suo torpore. Scosse la testa e si voltò:
    “Dove stai andando?”.
    “A casa. Mio padre non saprà più che cosa fare” rispose lui, riprendendo a camminare.
    Accadde in un lampo; sentì una mano sul braccio che lo induceva a voltarsi e, prima di rendersene conto, si ritrovò sbattuto contro il frigo, con le labbra di Buffy incollate alle sue in un bacio esigente. Gli ci volle qualche secondo per reagire al contatto di quel corpo caldo contro il suo torace nudo, ma ben presto la prese tra le braccia e aprì la bocca, permettendole di approfondire il bacio. La sollevò da terra, e Buffy gemette ritrovandosi premuta contro il frigo. Lottarono per il predominio, con Buffy che gli posava le mani dappertutto finché non gliele portò al collo.
    All’improvviso gli avvolse le gambe intorno alla vita con un salto, facendolo ansimare, poi staccò la bocca dalla sua ed ansimò:
    “Rimani”. Lo disse tra un ansito e l’altro, poi rimase a fissarlo, continuando ad ansimare. Aveva le pupille completamente dilatate e, per un attimo, i suoi occhi apparvero completamente neri.
    “Ma mio padre ...”.
    Lei gli infilò una mano fra i riccioli ribelli, passandogli l’altra sulla schiena.
    “Per favore, rimani” esalò, stringendolo più forte con le gambe e strofinandoglisi addosso.
    Lui rovesciò gli occhi e deglutì a fatica, poi rispose:
    “Va bene”.
    Lei sospirò di sollievo e si chinò vogliosa a baciarlo, lui però si tirò indietro. Lei aggrottò le sopracciglia e lui spiegò:
    “Comunque sarà meglio che prima lo chiami” riuscì a dire.
    Lei mise istintivamente il broncio, sporgendo il labbro inferiore ed aggrottando le sopracciglia.
    “Ci vorrà solo un secondo, te lo prometto” le garantì lui.
    Di malavoglia lei rimise i piedi a terra e si staccò da lui, rimanendo in piedi nel bel mezzo della cucina mentre lui andava a telefonare. Lui sollevò il ricevitore distogliendo per un attimo lo sguardo da lei, per digitare il numero. Mentre aspettava riprese a guardarla e la vide che giocherellava nervosamente con il bordo della maglia. Era così carina quando faceva così.
    Qualcuno sollevò la cornetta dall’altro capo del filo, strappandolo ai suoi pensieri.
    “Papà? Già ... sono io. L-lo so, mi dispiace”. Per un attimo rimase in silenzio, ad ascoltare la tirata del padre. “Lo so. Ho detto che mi dispiace ... Ehm ... no, stavo ... ehm ...”. Ancora silenzio. “No, va tutto bene. Sono da Buffy. Sì, sta bene anche lei”. Si portò istintivamente una mano tra i riccioli ribelli, senza smettere di parlare. “No … ehm ... veramente stavo pensando di rimanere qui. Sì, a dormire. Va bene?”.
    Buffy si strinse più forte la maglia, in attesa della reazione di Spike. Per un po’ lui rimase in silenzio.
    “Ah ... ehm ... lo so, sono uscito di corsa e ho dimenticato di prendere una maglia ...”. Stava vagando con gli occhi per la stanza in cerca di una soluzione, quando lo sguardo gli cadde su Buffy.
    “Puoi prendere in prestito le vecchie cose di mio padre” gli bisbigliò lei dalla cucina.
    “Buffy dice che posso prendere in prestito una delle vecchie magliette del padre”. Ancora una volta ci fu una pausa. “Bè … papà, non lo so perché hanno ancora vestiti del padre di Buffy in giro per casa” disse, stringendosi nelle spalle e rivolgendo un’espressione accigliata a Buffy. Suo padre che faceva il geloso? Strano. “Va bene ... non preoccuparti. Non mi metterò nei guai. Va bene, papà. Ci vediamo domani”. Si interruppe e alzò gli occhi al cielo, mentre il padre gli dava i soliti avvertimenti. “Va bene, buonanotte papà. Ciao. Va bene! Ho capito! Notte!”. Alla fine riuscì a rimettere a posto la cornetta.
    “Allora puoi rimanere?” chiese nervosa Buffy, appoggiandosi all’isola.
    “Sì ... ma solo perché domani non abbiamo scuola” rispose Spike, affondando le mani nelle tasche posteriori dei jeans.
    Per qualche strano motivo si sentiva nervoso. Molto nervoso. Bè, forse non era strano, considerato che aveva appena detto un paio di volte a Buffy che l’amava e lei non aveva detto nulla. Deglutì a fatica e cercò di accantonare il pensiero.
    “Allora ...” cominciò.
    “Allora ...” ripeté lei, con le farfalle allo stomaco ed un nodo alla gola che le rendeva praticamente impossibile parlare.
    Rimasero in silenzio finché, alla fine, Spike disse:
    “Quando torna tua madre?”.
    “Domani pomeriggio” rispose subito Buffy, sorridendo ansiosa. “Ha chiamato per salutare prima che io andassi a … casa tua …e …”. Si interruppe, mentre il suo patetico tentativo di rompere il silenzio le si rivoltava contro.
    “Già ...” mormorò lui.
    Silenzio.
    “Tuo padre ... era tutto a posto? Voglio dire, m-mi dispiace che l’abbiamo svegliato e …”.
    “Sta bene. Era un po’ preoccupato per il fatto che sto andando in giro mezzo nudo” la soccorse Spike, allungando le braccia e mettendo in evidenza il fatto di essere svestito.
    “Già ...”.
    “Già ...”.
    Il silenzio divenne insopportabile, allora Buffy si staccò dall’isola e si incamminò verso il corridoio.
    “Faremmo meglio ad andare …” disse, indicando il piano di sopra.
    Spike annuì e la seguì di sopra. Raggiunsero la camera di lei avvolti in un imbarazzante silenzio; Buffy cominciò a muoversi per la stanza, mentre Spike rimaneva indietro, in attesa di istruzioni.
    Alla fine lei, stringendo un asciugamano ed indicando la porta, disse: “Credo che andrò ... a farmi una doccia”.
    “Ah, va bene” annuì Spike.
    Sul punto di andarsene lei si fermò.
    “Vuoi qualcosa con cui dormire ...? Sai, una maglia o dei pantaloncini? P-posso andare nel seminterrato a prenderli” disse, balbettando appena.
    “No, sono a posto”.
    Buffy annuì.
    “Torno subito” esalò, prima di uscire dalla stanza.
    Spike inspirò a fondo e si lasciò cadere stancamente sul letto. Che cosa stava facendo? Perché l’aveva detto? Stupido, stupido, stupido! Era ovvio che lei non era pronta a fare questo passo. Le stava facendo pressioni. Stupido!
    “Io e la mia boccaccia ...” mormorò fissando il soffitto e rimpiangendo di aver sollevato l’argomento.

    Buffy era in piedi davanti al muro, con la fronte appoggiata alle fredde piastrelle e le mani posate sui rubinetti, e lasciava che l’acqua tiepida le scivolasse lungo la schiena.
    Il cuore le batteva all’impazzata e la sua mente continuava a vorticare intorno agli eventi della serata. Al ricordo di quello che lui le aveva detto in cucina le veniva la pelle d’oca. L’idea che lui l’avesse desiderata per tutto quel tempo la riempiva di orgoglio femminile, e la faceva arrossire come un pomodoro.
    Scuotendo la testa chiuse il rubinetto e raccolse i capelli fra le mani, per strizzarli. Si avvolse in un asciugamano e andò allo specchio. Passò una mano tremante sulla superficie fredda, cancellando le goccioline di condensa per poter guardare il proprio riflesso. Fissò la propria immagine, mentre i ricordi assalivano la sua mente. Dalla prima volta in cui l’aveva visto al giorno del loro famigerato accordo. Sorrise, ricordando la propria riluttanza a baciarlo. Ridacchiò, ricordando come si era nascosto fra le sue lenzuola quando sua madre era entrata nella stanza. Il suo cuore accelerò al ricordo di quel giorno a scuola, quando erano stati beccati a darsi da fare sulla cattedra. Rimase là per alcuni secondi, ricordando tutte le singole cose che erano accadute da allora. Sembrava una cosa talmente lontana, una cosa di un altro mondo. Non riusciva ad immaginare la propria vita di ogni giorno senza lui al suo fianco. Le sembrava quasi assurdo.
    Sospirò a fondo poi, sorridendo sicura di sé, si voltò e uscì dal bagno.
     
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    Capitolo 46
    Camminava lentamente, stringendosi al petto l’asciugamano bagnato e tenendo i vestiti appallottolati sotto un braccio, il rumore dei suoi piedi bagnati dentro gli zoccoli di plastica che la seguiva per il corridoio deserto. Arrivata davanti alla porta si fermò, inspirando a fondo e serrando le labbra prima di girare la maniglia. Sorrise vedendolo sdraiato sul letto, con la lieve luce lunare che, filtrando dalla finestra, ne dipingeva di blu il torace nudo. Era sdraiato sul materasso ma teneva i piedi ben piantati per terra; teneva il braccio destro lungo il fianco e quello sinistro ripiegato a coprirgli parzialmente il viso, lasciando visibili solo le labbra ed il mento.
    Lei aprì la porta senza fare rumore, togliendosi gli zoccoli e mettendoli da parte prima di entrare nella stanza in punta di piedi. Per alcuni momenti rimase immobile a guardarlo, a fianco alla scrivania, con i vestiti ancora appallottolati sotto il braccio. Lui si mosse, mormorando fra sé qualcosa di incomprensibile, e per un attimo afferrò il copriletto con la mano sinistra; poi si rilassò. Buffy si accigliò appena e ricacciò indietro una risatina che le risaliva la gola. In silenzio si avvicinò alla scrivania e lasciò cadere i vestiti su una sedia, poi passò le dita sul piano di legno cercando alla cieca la scatoletta che teneva in fondo, contro il muro. Quando finalmente riuscì a trovarla, la prese in mano e fece scattare il coperchio. Si lasciò sfuggire un sibilo quando, con la coda dell’occhio, lo vide muoversi di colpo.
    Lui mormorò con voce rauca: “Buffy?” e sbatté le palpebre un paio di volte, con gli occhi che faticavano a mettere a fuoco la figura minuta ad un metro e mezzo da lui.
    Si premette le dita sulle palpebre per qualche secondo, poi la guardò di nuovo e la trovò che si sistemava qualcosa intorno al collo.
    “Buffy?” chiese di nuovo.
    “Hey” bisbigliò lei, leggermente a corto di fiato, sforzandosi di portare a termine il suo compito.
    “Che cosa stai facendo?” chiese lui, ancora un po’ confuso. Era ad un qualche punto a metà fra il sonno e la veglia. La sua mente aveva ripercorso gli eventi della serata, e aveva deciso che dirglielo era stato decisamente uno sbaglio. Forse era troppo presto. Avrebbe dovuto semplicemente tenere la bocca chiusa. “Decisamente, avrei dovuto tener chiusa quella stupida boccaccia” si rimproverò mentalmente.
    “Niente” rispose lei, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi, e passando i palmi delle mani sull’asciugamano bianco che le copriva le cosce.
    Ci fu un momento di silenzio, e Buffy richiuse la scatola, mettendola via.
    “Ehm ...” cominciò Spike, mentre lei si spostava. “Forse rimanere qui non è stata un’idea così …”. Si interruppe quando lei accese la lampada da tavolo. “ ... buona” terminò, fissandola.
    Un lieve chiarore riempì la stanza. Era molto debole, ma era abbastanza da delinearne la figura fradicia. Era in piedi davanti a lui, con le mani sul petto; le dita che stringevano con forza l’estremità arrotolata dell’asciugamano. La stoffa bianca le arrivava fino alle ginocchia, lasciando scoperta la parte bassa delle gambe. Sorrideva appena, e aveva i capelli bagnati che le ricadevano a ciocche ai lati del viso; con alcuni ciuffi incollati alla pelle umida. Le guardò il collo nudo e capì con che cosa stava combattendo prima: avvolta intorno al collo portava la sottile catenina che lui le aveva dato per Natale. Non potè fare a meno di sorridere.
    “Cominciavo a pensare che l’avessi perso. Era un bel po’ che non lo mettevi” mormorò a bassa voce.
    “Ho deciso di conservarlo per le occasioni speciali” rispose lei, prendendo i jeans e ripiegandoli prima di sistemarli nell’armadio.
    Spike la seguì con lo sguardo mentre si muoveva per la stanza. Scosse la testa e si passò la mano sinistra fra i capelli scomposti, poi parlò.
    “Senti Buffy forse non dovrei stare qui” iniziò, mentre lei stava in piedi vicino alla scrivania. “Mio padre potrebbe essere preoccupato e io dovrei davvero an…”. Si interruppe vedendo l’asciugamano cadere sul pavimento: lei era nuda davanti a lui, con addosso solo la catenina d’ambra intorno al collo. Scosse appena la testa e sbatté le palpebre un paio di volte, poi si schiarì la voce e terminò la propria frase: “ … d-dovrei andare”. Lei fece un paio di passi verso di lui, e si fermò a circa trenta centimetri di distanza.
    “O forse no?” suggerì birichina.
    “O-o forse no” ripeté con qualche sforzo Spike, divorandola con gli occhi.
    La seguì con lo sguardo, mentre gli si inginocchiava davanti. Lei gli posò le mani sulle ginocchia, tracciando dei cerchi prima di spostarle verso l’alto e passargliele sul petto nudo. Quando lui non si mosse e lei spinse appena, facendolo sdraiare sul materasso. Gli passò sinuosa le mani sul torace, sull’addome e sulle cosce, fino a tornare al punto di partenza, le ginocchia, mentre lui non le staccava gli occhi di dosso. Lei gli aprì le ginocchia con le mani, in maniera tale da potersi sistemare fra le sue cosce.
    Rapida, si dedicò alle stringhe dei suoi scarponi e ben presto glieli tolse. Poi portò la propria attenzione sull’allacciatura dei suoi jeans. Infilò l’indice sotto la stoffa ruvida, aprendo di scatto il primo bottone, poi si spinse più a fondo èper fare lo stesso con il bottone successivo.
    Il respiro gli si mozzò in gola, mentre lui si sforzava disperatamente di controllarlo. Mosse i fianchi senza volere, seguendo senza rendersene conto le mani di lei, alla ricerca di un contatto che tanto desiderava; lei però evitò espertamente di toccarlo. Dopo avergli slacciato tutti i bottoni, spostò le dita e gli afferrò i jeans per le estremità. Poi sollevò lo sguardo su di lui, in attesa. Per qualche secondo lui apparve leggermente confuso, probabilmente dalla perdita del contatto con lei, ma alla fine capì che cosa voleva e sollevò i fianchi. Lei gli levò lentamente i jeans, gettandoli poi sul pavimento a fianco degli scarponi.
    A questo punto il respiro di lui era rapido ed ansante. Aveva smesso di cercare di controllare la propria respirazione, rendendosi conto che era una battaglia persa, alla vista delle dita di lei che vagavano sulle sue gambe nude, tracciando strani sentieri mentre percorrevano il suo corpo. Vedendola sollevarsi sulle ginocchia e scivolare lungo il suo corpo, deglutì a fatica. Lei gli posò le mani ai lati del corpo, e sistemò un ginocchio fra le sue cosce, poi si premette sul materasso e chinò la testa, percorrendolo con la lingua dall’ombelico alla clavicola.
    Istintivamente fece il gesto di afferrarle i fianchi ma, prima che potesse toccarla, lei gli afferrò i polsi e, scuotendo appena la testa e guardandolo con aria di rimprovero, glieli portò sopra la testa e glieli premette contro il copriletto. Chinò la testa vicino alla sua spalla e gli bisbigliò:
    “Non toccare”.
    Gli sfiorò con la lingua il lobo dell’orecchio, poi gliela passò sul collo. Lui si inarcò all’indietro, offrendole la gola, e chiuse gli occhi in un inutile tentativo di reprimere la voglia di afferrarla e rigirarla sulla schiena. Gemette quando lei gli passò la lingua sul pomo d’Adamo, giocherellandoci un po’ prima di affondargliela tra le clavicole.
    Completamente preso dalla situazione, la sentì esalare:
    “Spost ...”.
    “Eh ...?” mormorò, con voce rauca ed un’aria confusa.
    “Spostati” ripeté lei, indicando la testiera del letto.
    “Ah …” annuì lui, sollevandosi sui gomiti e scivolando all’indietro fino a ritrovarsi completamente sdraiato sul letto.
    Lei lo seguì, posandogli nuovamente la bocca sul torace. Gli tracciò una scia di baci lungo il petto, di tanto in tanto graffiandolo appena con i denti e leccando subito la carne morbida. Sentiva il proprio desiderio crescere, mentre lui si contorceva e gemeva per le sue azioni, afferrando con forza il copriletto.
    Sollevando lo sguardo vide che aveva gli occhi chiusi e i denti serrati, ad evidenziare i lineamenti marcati del viso. Gli disegnò un cerchio con la lingua intorno all’ombelico, prima di affondarvela, e lui gemette.
    Dio! Era in paradiso! Era straordinario quanto desiderasse questa ragazza. Nemmeno un’ora prima avevano fatto sesso nel suo letto, e ora si sentiva come se lei non lo toccasse da anni. La sua mente si stava ancora dedicando alla strana intensità dell’attrazione che provava per lei quando, all’improvviso, tutto sparì. Aprì gli occhi di scatto e guardò verso il basso; lei aveva la testa fra le sue gambe e gli tracciava piccoli cerchi con la lingua sull’interno coscia. Oh Dio, sta per … Oh …
    Trattenne il respiro, in attesa, e il fiato gli si mozzò in gola. Si sollevò sui gomiti, in maniera tale da poterla vedere. Che cosa stava …?
    Aprì la bocca per parlare ma i suoni rifiutarono di uscirne. Provò ancora e fallì ancora una volta, mentre la lingua di lei gli si avvicinava pericolosamente all’inguine. Si inumidì le labbra e fece un ultimo tentativo: “Cos…”. Ansimò e chiuse gli occhi per un attimo, cercando di controllarsi. “Che cosa stai …”. Ansimò nuovamente quando lei gli passò la lingua sull’uccello. Era sul punto di parlare ma gli fu impossibile, perché lei lo leccò ancora e questa volta premendo più forte con la lingua.
    Rovesciò gli occhi all’indietro e affondò le dita nella coperta.
    Vedendo il suo viso contorcersi per il piacere lei si fece più audace ed iniziò ad usare le labbra, sfiorandogli la pelle morbida e tracciando pigramente dei cerchi con la lingua. Gli coprì l’uccello di baci, evitando la punta rigonfia, accarezzandogli i fianchi con le mani.
    Sollevò lo sguardo e vide che teneva la testa di lato e la bocca semiaperta. Quando i loro sguardi si incontrarono distolse nervosamente il suo e si dedicò nuovamente al proprio compito. Era troppo per riuscire a gestirlo.
    Lo sentì mugolare: “Oh Dio Buffy ... per favore …”.
    Il tono gutturale, bisognoso, della sua voce le provocò un brivido, esattamente nel punto in cui le sue gambe si univano. Senza pensarci, gli fece scorrere i denti sulla pelle morbida della punta dell’uccello.
    “Cristo!” sibilò Spike, spingendo i fianchi.
    Buffy seguì il movimento con la testa, spostandola all’indietro, e scrutandogli subito il viso in cerca di qualche segno di dolore.
    “Ti ho fatto ma...” chiese, un po’ preoccupata.
    “No, no” negò subito lui, scuotendo con forza la testa. “Sei semplicemente perfetta. Maledettamente perfetta. P-per favore, non fermarti” la supplico, con le palpebre semichiuse.
    Ancora un po’ incerta, lei riprese il proprio compito. Gli sfiorò la fessura sulla punta dell’uccello e lui scattò di nuovo. Lei sollevò lo sguardo per accertarsi che sul suo viso ci fosse soltanto piacere e lo vide stringere i denti e chiudere strettamente gli occhi nel tentativo di evitare di muoversi.
    Spike attendeva ansiosamente ma, comunque, non era preparato a quello che provò quando lei gli prese la punta dell’uccello fra le labbra, per poi lasciarselo scivolare vogliosa in bocca. Aprì gli occhi di scatto e dischiuse le labbra, lasciandosi sfuggire un ansito represso mentre lei cominciava a muoversi su e giù, incavando appena le guance ogni volta che si spostava verso l’alto.
    “Cazzo!” ringhiò, guardando la testa di lei muoversi su e giù. “Cazzo, cazzo, cazzo” ripeté ancora e ancora, posandole con attenzione una mano sulla nuca.
    Sapeva che se lei non avesse smesso non sarebbe durato più di venti secondi. Non voleva che la cosa finisse così in fretta. Non ancora, non ancora.
    Le infilò le dita tra le ciocche fradice, dicendo: “Buffy, per favore … devi …”. Lei succhiò più forte e lui grugnì: “Cristo! Cazzo … Buffy per favore … basta”.
    Nel momento stesso in cui lo disse lei staccò la bocca dal suo corpo, facendolo quasi gridare per la perdita del contatto.
    “N-non ti ... piace?”.
    La paura e l’incertezza nella sua voce gli fecero venire voglia di prendersi a calci.
    Si accigliò profondamente. “Cosa?! Certo che sì. P-perchè non dovrebbe?” chiese di rimando.
    “E-è solo che non l’h-ho mai ... fatto” disse lei, abbassando lo sguardo per un attimo.
    A Spike sembrò che il suo cuore si fosse fermato. Non ha mai … Angel non … Fu invaso dall’orgoglio. Lui era il primo che … I suoi pensieri si interruppero all’improvviso, perché lei si era improvvisamente alzata e chinata ad afferrare l’asciugamano.
    “Che cosa ...? Dove stai ...?”. Era completamente partito: la sua mente era ancora impegnata con il fatto che lei non avesse mai fatto sesso orale con qualcuno. E che lui era il primo.
    Prima che se ne rendesse conto lei era uscita dalla stanza.
    Saltò fuori dal letto e si affrettò a seguirla, raggiungendola quando era già a metà delle scale con l’asciugamano stretto intorno al corpo minuto.
    “Buffy, ti vuoi fermare per un maledetto secondo?” le chiese, seguendola mentre marciava in direzione della cucina. “Bene, questa sta decisamente diventando una nostra pessima abitudine”.
    Lei sollevò lo sguardo, interrogativa, e lui spiegò:
    “Mi sembra di esserti corso dietro per tutta la notte. E ne sono abbastanza stufo” ringhiò.
    “Bè, nessuno ti costringe a stare qui. Sarò più che contenta se te ne vai” scattò lei, indicando con un gesto la porta sul retro.
    Sentì una fitta al cuore vedendolo socchiudere gli occhi e stringere i denti, prima di voltarsi e correre su per le scale. Dopo neanche un minuto sentì un rumore di passi pesanti che scendevano le scale.
    Diede un’occhiata e lo vide entrare nella stanza con i jeans semi abbottonati e gli scarponi slacciati.
    “Hai ancora delle vecchie magliette di tuo padre?” le chiese, con voce fredda e distante.
    Buffy rimase talmente scioccata che non disse nulla. Se ne stava andando?
    “Summers?” la chiamò lui.
    Sentirsi chiamare per cognome le fece torcere dolorosamente lo stomaco. Se ne stava proprio andando.
    “T-te ne vai?” chiese, con voce debole.
    “È questo che vuoi, giusto?”.
    “No!” rispose subito Buffy.
    “Un attimo fa mi hai detto di andarmene. Ti vuoi decidere, maledizione?” gridò lui.
    Non ci fu risposta. I due rimasero in piedi in cucina, a guardarsi a vicenda.
    All’improvviso lui si mosse, avviandosi vivacemente verso la porta sul retro. Stava per girare la maniglia quando la sentì esalare:
    “Rimani”. Il tono di urgenza della sua voce lo fece fermare. Dal momento che lui non si voltava, lei aggiunse: “V-voglio che tu rimanga”.
    Lui si voltò lentamente, appoggiandosi alla porta.
    Lei lo fissò, battendosi nervosamente un dito su una clavicola.
    Lui sospirò, frustrato.
    “Sono stanco, Buffy” iniziò, staccandosi dalla porta. “Sono stanco di doverti dare la caccia tutto il tempo. Di doverti dimostrare tutto il tempo che quello che provo per te è sincero. Passo tutto il tempo a darti la caccia, cercando di mettere a tacere le tue paure ed i tuoi dubbi sui miei sentimenti, mentre tu …”. Scosse la testa e si passò una mano fra i capelli: “E i miei dubbi? Le mie paure?”.
    “Quali paure?”.
    “Cosa? Credi che io non mi preoccupi del fatto che tu possa ancora provare qualcosa per la checca?”.
    Lei cercò di negarlo ma lui la interruppe.
    “Tu dici di no, ma questo non …”. Si interruppe: “Gli facevi gli occhi *dolci* fin dal primo anno di superiori, cazzo”. Si fermò di nuovo ma, prima che lei potesse dire qualcosa, continuò: “Credi che io non abbia delle insicurezze riguardo a questa cosa? Specialmente con quelle scene in cui voi due vi date da fare in quella stupida recita. E, per inciso, non avrei mai pensato di poter odiare quella recita quanto la sto odiando adesso!”. La rabbia in lui stava lentamente aumentando, facendogli sollevare la voce: “Mi sento come si mi strappassero le viscere ogni volta che lui solo ti si *avvicina*, ma dico forse qualcosa? No! Non dico niente perché ho *fiducia* in te”. Le puntò contro un indice, con fare accusatorio: “Ho fiducia in *noi* anche se tu non passi a corrermi dietro neanche la metà del tempo che io passo a correre dietro a te!”.
    “Io sono una ragazza!” ribatté lei.
    “E allora?!”.
    “Io ragazza, tu ragazzo. È il ragazzo che corre dietro alla ragazza” disse lei, muovendo stupidamente un dito fra loro nell’illustrare la sua logica a dir poco semplicistica.
    “Ah bè, forse questo ragazzo è stufo di correre” replicò lui.
    Buffy rimase immobile e lui rimpianse immediatamente di averlo detto.
    “Va bene, allora va a correre dietro a qualcun’altra. Qualche aspirante vampira”.
    Stava per voltarsi quando lui disse:
    “Ecco, è di *questo* che sto parlando”. Lei si bloccò. “Quando ti entrerà in quella tua testa dura ed ossigenata che non voglio Dru? Voglio te”. Poi praticamente ringhiò: “Io amo *te*”.
    I battiti del suo cuore raddoppiarono. Per quanto le sembrasse strano era sicura che non si sarebbe mai stufata di sentirglielo dire.
    “Perché non mi credi? Perché ...”.
    Lui si interruppe perché all’improvviso si trovò fra le braccia di lei, che gli premeva la bocca con la propria in un bacio esigente. All’inizio rimase stravolto: la sensazione del corpo di lei premuto contro il suo gli rendeva impossibile pensare. Tutto quello che doveva fare era tirarle l’asciugamano e lei sarebbe rimasta nuda.
    “No!” si rimproverò. Non poteva farlo. Non di nuovo. Tutte le volte che litigavano andava a finire che facevano sesso. Stava per spingerla via quando, di colpo, lei gli saltò addosso avvolgendogli le gambe intorno alla vita e facendo sollevare l’asciugamano. “Va bene, così diventa un po’ più difficile” pensò lui, mentre lei gli si strofinava addosso e gli infilava la lingua in bocca.
    “Buffy” mormorò, staccando per un attimo la bocca dalla sua.
    “Shhh ...” lo zittì lei.
    “Dobbiamo ... mmm ... parlare. Non possiamo semplicemente ...” cercò di parlare lui, mentre lei gli si strofinava addosso cercandogli famelica la bocca con le labbra. “Buff …”.
    “Sta zitto, idiota”. Stava per protestare per l’insulto quando lei si tirò indietro e, guardandolo negli occhi, esalò: “Sto cercando di dirti che anch’io sono innamorata di te”.

    Capitolo 47
    Lei rimase perfettamente immobile, con un’ombra di sorriso sulle labbra, a guardare la miriade di emozioni che si susseguivano sul viso di lui. Quella dominante era una sorta di meraviglia. Lui la fissava ad occhi sgranati, con lo sguardo opaco e le pupille talmente dilatate da lasciare ben poco spazio all’azzurro luccicante dell’iride. A questa vista lei sentì il proprio cuore raddoppiare i battiti. Era incredibile quanto, in quel momento, lui apparisse innocente e vulnerabile. La spaventava un po’ pensare che quelle semplici parole potessero avere un tale effetto su di lui.
    Il sorriso di lei sparì, rimpiazzato da un’espressione accigliata, quando vide un cambiamento negli occhi di lui, appena prima che gli chiudesse con forza.
    Inspirò a fondo ed esalò:
    “Ti am...”.
    “Non dirlo”. La voce di lui era appena un bisbiglio, ma fu sufficiente a farla accigliare ancora di più. “Non devi dirlo, Buffy” continuò lui, aprendo gli occhi e guardandola.
    “Spike, che cosa stai ...”.
    “Non devi dirlo solo perchè l’ho detto io. Se ...”. Con la voce che gli tremava appena, lui deglutì a fatica, poi si costrinse a continuare: “Non dirlo se non è ciò che provi”.
    Buffy rimase immobile, ancora avvinghiata a lui con le braccia e con le gambe.
    Dopo qualche secondo di silenzio lui chinò la testa e fece il gesto di metterla giù, ma lei gli strinse più forte le gambe intorno alla vita:
    “Ti amo” disse, con voce debole ed una punta di paura nella voce.
    Questo attirò l’attenzione di lui, che sollevò lo sguardo su di lei. Era speranza quella in fondo ai suoi occhi?
    “Non lo sto dicendo perchè mi sento obbligata. L-lo sto dicendo perché è ciò che provo”. Lei si interruppe un attimo, poi lo guardò negli occhi: “Io. Ti. Amo” disse, sottolineando ogni parola e aggrappandosi più forte a lui.
    Apparentemente lui non ebbe alcuna reazione, e continuò a fissarla con lo sguardo opaco.
    “H-hai sentito che cosa ho ...”.
    Lei non riuscì a finire la frase perchè, all’improvviso, si ritrovò la bocca coperta da quella di lui, in un bacio disperato. Lui se la premette con il petto, nel tentativo frenetico di averla più vicina, stringendola fin quasi a farle male. Le infilò la lingua in bocca, esplorandogliela famelico. Buffy si ritrovò senza fiato per l’intensità del bacio, ma ricambiò l’ardore di lui, lasciando che le loro lingue duellassero appassionatamente.
    Lo sentì muoversi e inciampare, e si aggrappò più forte al suo collo.
    Spike inciampò nelle stringhe delle scarpe, gemendo. Fortunatamente riuscì a mantenere l’equilibrio abbastanza a lungo da arrivare alla vicina isola. La posò sulla superficie bianca, e immediatamente le tolse le mani dalla vita per tirare l’asciugamano che lei si era legata addosso, fino a farlo cadere ed a lasciarla nuda.
    Gemendo staccò la bocca da quella di lei e le piazzò una scia di baci sulla guancia e sul collo, passandole una mano sulla schiena e affondandola poi tra i suoi capelli fradici.
    La mente di lei andava a mille, ricordando il loro primo “incontro” in quella stessa stanza, su quella stessa isola. Sembrava fosse passato così tanto tempo, erano cambiate così tante cose da allora. Si erano avvicinati sempre più, era nata la fiducia, era nato … l’amore. Ma tante cose erano rimaste uguali: la passione, il calore che ancora bruciava fra loro, fino a consumarli.
    Buffy ansimò ed aprì gli occhi di scatto a fissare il soffitto, mentre la bocca di lui si faceva strada sul suo seno, prendendole bruscamente fra le labbra un capezzolo già eretto.
    Con l’altro braccio la circondò e le posò la mano alla base della schiena, poi la attirò bruscamente a sè, facendole inarcare la schiena; così facendo lei gli spinse il seno contro la bocca ed aprì maggiormente le gambe, permettendogli di piazzarsi tra le sue cosce. Buffy chiuse gli occhi e deglutì a fatica, sentendo la stoffa ruvida dei suoi jeans contro il clitoride rigonfio.
    Il suo cuore accelerò, ed il suo respiro si scompose in ansiti brucianti, mentre lui le lasciava andare il seno per avventarsi sull’altro. Non l’aveva mai visto così … così affamato, così ... disperato per lei.
    Gli passò una mano tremante sull’addome e poi la infilò tra i loro corpi, cercando alla cieca un po’ di spazio per poter lavorare sull’allacciatura dei suoi jeans. Fortunatamente non se li era abbottonati del tutto e, dopo un paio di secondi estenuanti, riuscì a slacciarglieli e poté utilizzare anche l’altra mano. Afferrò il tessuto e lo tirò verso il basso, fermandosi ogni tanto ansante, quando le attenzioni di Spike le rendevano impossibile continuare. Alla fine si arrese e, lasciandogli i jeans a mezza gamba, gli portò una mano all’inguine.
    Gli circondò l’uccello con le dita e lo sistemò in maniera tale che sfiorasse l’apertura umida del suo sesso, ed a lui si mozzò il fato contro il suo seno. Le posò la testa contro la clavicola e chiuse gli occhi, mentre lei continuava provocarlo, tenendolo fermo ogni volta che cercava di spingersi in lei. Gli si negò una, due, tre volte, poi lui le afferrò il polso e la costrinse a lasciarlo andare.
    Tenendole una mano sulla schiena e l’altra sul polso sollevò lo sguardo per guardarla in faccia, poi mosse i fianchi.
    Le sfiorò il clitoride con la punta dell’uccello e Buffy chiuse gli occhi e aprì la bocca. Lui continuò a muoversi, tracciando cerchi lenti intorno al suo punto più sensibile.
    “Spike ... per favore ...” lo supplicò lei, contraendo i muscoli del viso in una smorfia di dolore e cercando di liberare il polso dalla sua stretta, mentre il desiderio si faceva insopportabile. “Per …”.
    Lui scivolò verso il basso, posizionando l’uccello contro il suo sesso e lei trattenne il respiro. Aprì gli occhi, mentre lui le portava la bocca alla spalla e la baciava leggermente. Con la lingua le tracciò dei cerchi sulla pelle poi, all’improvviso, si spinse in avanti, entrando completamente in lei con un’unica agile spinta dei fianchi.
    “Ah!” gridò lei, lasciando ricadere indietro la testa, sentendo le pareti del proprio sesso dilatarsi.
    Lui le lasciò la mano e le afferrò i fianchi, e lei gli affondò le unghie nella schiena.
    Senza darle il tempo di riprendersi lui cominciò ad entrare ed uscire dal suo corpo, facendo crescere rapidamente il ritmo, rendendolo rapido ed esigente. Le cercò il collo con la bocca e, trovato il proprio obiettivo, le diede una serie di baci famelici, torcendole la pelle e facendola rapidamente arrossare.
    Buffy gli fece scorrere le unghie lungo la schiena, lasciando tracce scarlatte che sicuramente sarebbero durate fino al mattino dopo. Arrivata al suo sedere gli afferrò le natiche toniche, invitandolo ad affondare in lei più velocemente e con più forza.
    La stanza si riempì di gemiti famelici e mugolii di dolore, e del suono della loro carni che si scontravano, mentre Spike continuava ad affondare in lei.
    Sentendo che lui la spingeva all’indietro Buffy fu leggermente sorpresa. All’inizio fece resistenza, perché non voleva staccarsi da lui.
    “Sdraiati” le sussurrò lui all’orecchio, ansante, poi si fermò.
    Mugolando frustrata lei fece come le aveva chiesto, mentre Spike le teneva le mani sui fianchi. Lui riprese a muoversi nel momento stesso in cui lei posò la schiena sulla superficie fredda dell’isola.
    Buffy sgranò gli occhi per il modo in cui lo sentiva in questa nuova posizione. Il suo uccello era angolato in maniera tale da colpire un punto perfetto dentro di lei. Lui si tirò indietro lentamente, poi le scivolò di nuovo dentro, mentre lei chiudeva gli occhi e a priva la bocca per l’intensa sensazione che si stava sviluppando in lei. Lui scivolò fuori un’altra volta, poi si fermò. Buffy sollevò lo sguardo su di lui e, per un attimo, vide i suoi occhi pieni di lussuria poi, all’improvviso, lui affondò con forza in lei.
    “Oh Dio!” gridò lei, mentre lui ricominciava a muoversi velocemente dentro di lei, facendo crescere la sensazione di pressione nel suo corpo con ogni affondo. Lei mosse alla cieca le mani sulla superficie dell’isola, nel tentativo disperato di trovare qualcosa a cui afferrarsi.
    “Buffy ...” gemette lui.
    Spike si costrinse a chiudere gli occhi e serrò la mascella, mentre il suo pomo d’Adamo si sollevava e si abbassava rapidamente, cercando di cancellare dalla mente l’immagine di Buffy che, sdraiata sull’isola, gridava, con i seni che si muovevano freneticamente ad ogni spinta dei suoi fianchi.
    “Oh Dio Spike!” continuava a ripetere lei, man mano che il piacere si avvicinava. “Spike, i-io …”. Ansimò un’ultima volta, inarcando la schiena, mentre il suo corpo cominciava a tremare e le parole le scivolavano via dalle labbra: “Io ti amo”.
    Questa frase fu sufficiente a portarlo oltre il limite. Le strinse più forte i fianchi, mentre il fiotto di energia che lo attraversava gli rendeva quasi impossibile respirare.
    Quando i potenti effetti dell’orgasmo defluirono, per essere sostituiti da una debolezza perfetta, Buffy sollevò lo sguardo e, di sotto le palpebre pesanti, vide Spike contorcersi un’ultima volta, con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta. Raccolse tutte le sue forze, poi si sollevò su un gomito e si sedette. Gli avvolse le braccia tremanti intorno alla vita e gli posò la guancia arrossata contro il petto sudato, mentre lui le infilava istintivamente una mano fra i capelli scomposti.

    Un fastidioso raggio di sole le illuminava insistente il viso, e lei si lasciò sfuggire un gemito leggero e aggrottò le sopracciglia perfette. Mormorando qualcosa di incomprensibile si portò una mano a coprirsi gli occhi, ma senza risultati, dato che la consapevolezza le si avvicinava al galoppo; ben presto si ritrovò sveglia. La prima cosa di cui si rese conto fu un corpo solido incollato alla sua schiena, che teneva un braccio marmoreo intorno alla sua vita; un braccio decisamente maschile e decisamente ben noto.
    Si voltò lentamente fra le braccia di lui, con l’ombra di un sorriso sulle labbra. Quando si ritrovò di fronte a lui strizzò gli occhi, e alla fine gli aprì e vide la sua figura dormiente. Mentre lo guardava il suo sorriso divenne un sogghigno. Aveva il naso leggermente sollevato, come se l’avesse strofinato sul cuscino, la bocca parzialmente aperta e i riccioli ossigenati che, indomiti, gli incorniciavano il viso.
    Lasciò cadere lo sguardo sul suo torace nudo, e non poté fare a meno di strofinarvisi. Inspirò a fondo, aspirando il suo profumo. Era perfetto. Tutto ciò era perfetto.
    Rimase sdraiata a letto ancora per qualche minuto, chiedendosi se svegliarlo o meno. Diede un’occhiata alla sveglia che indicava che erano le 10.30 del mattino. Era ancora presto. Sua madre non sarebbe rientrata a casa prima dell’ora di pranzo. Era giusto lasciarlo dormire. Dio solo sapeva quanta energia aveva consumato la notte prima. L’indolenzimento che sentiva fra le gambe ne era la prova.
    Si staccò da lui di malavoglia e si alzò, dopo avergli piazzato un tenero bacio su un gomito. Diede un’ultima occhiata alla sua figura dormiente, poi andò in bagno.

    Posò la fronte contro le piastrelle fredde, mentre gocce d’acqua tiepida le scorrevano lungo la schiena. Dio, quanto era piacevole! Rimase immobile, mentre l’acqua impregnava il suo corpo stanco. Dopo qualche minuto chiuse l’acqua e prese la bottiglia di doccia schiuma, aprendola. Si versò un bel po’ di gel blu sul palmo della mano e rimise a posto la bottiglia. Strofinò le mani tra loro, creando un po’ di schiuma, poi se la passò sul petto. All’improvviso lo sentì premere contro la sua schiena, le venne immediatamente la pelle d’oca ed ansimò. Non lo aveva sentito entrare.
    Rimase immobile ed in silenzio, mentre lui le si avvicinava maggiormente, fino ad eliminare ogni distanza fra loro. Ma non riuscì a trattenere un ansito quando sentì qualcosa di duro premerle contro il culo. “Non ne ha avuto abbastanza ieri notte?” si chiese. “Apparentemente no!”.
    Mentre lei rimaneva in silenzio lui passò una mano sulle sue, prendendo un po’ di doccia schiuma, per poi posargliela sullo stomaco piatto. Le disegnò dei piccoli cerchi sulla pelle, massaggiandola con attenzione, poi aggiunse anche l’altra mano.
    Lei chiuse gli occhi, assaporando la sensazione e, quando lui spostò le mani in alto ad afferrarle i seni, deglutì a fatica. Un gemito riecheggiò nella stanza, mentre lui le sfiorava i capezzoli con i pollici, facendoglieli indurire ancora di più.
    Dopo un po’ lui le staccò la mano sinistra dal seno e la spostò verso il basso, gliela passò sull’ombelico, e poi gliela infilò tra i riccioli del pube. Lei fu costretta a premere una mano contro le piastrelle per mantenere l’equilibrio, mentre lui faceva scivolare il dito medio fra le pieghe del suo sesso, tracciando dei cerchi sul piccolo rigonfiamento al loro interno. Quando lui fece il gesto di inoltrarsi più a fondo lei strinse istintivamente le cosce.
    “E dai amore. Apri … Devo assicurarmi che sia tutto pulito” le sussurrò con voce roca all’orecchio, alitandole sulla pelle e pizzicandole un capezzolo.
    Lei aspettò qualche secondo, indecisa fra le varie possibilità, ma quando lui le premette nuovamente sul clitoride il suo corpo decise di nuovo per lei; allora aprì le cosce lasciandogli spazio.
    Lo sentì sogghignare, ora che la sua mano era libera di esplorarla. Ben presto lei posò anche l’altra mano contro il muro, mentre lui continuava a massaggiarle lentamente la carne indolenzita, evitando il più possibile la sua apertura. All’improvviso cessò ogni contatto e sparirono entrambe le mani, sia quella sul seno che quella tra le sue gambe.
    Aprì gli occhi e lo vide afferrare lo spray della doccia e staccarlo dal supporto prima di aprire l’acqua, premendosi contro la sua schiena mentre afferrava il rubinetto. Dopo qualche secondo il getto d’acqua tiepida le scorreva sul seno, mentre lui le portava una mano al petto per risciacquare la schiuma. Quando le ebbe completamente ripulito il petto le portò nuovamente le dita tra le gambe e si mise a ripulirla.
    Lei si morse il labbro e chiuse nuovamente gli occhi, mentre il getto d’acqua le investiva il clitoride e lui le separava le labbra con le dita, spostandole indietro, avanti e poi di nuovo indietro. Lei trattenne il respiro e aprì gli occhi di scatto, quando lui indugiò con le dita sull’altra sua apertura prima di riportargliele sul clitoride. Si muoveva espertamente, portandola alla frenesia, facendola indurire con ogni carezza finché non la sentì ansimare e non la vide reclinare il capo, e le gambe non le cedettero. Istintivamente lui rimise a posto lo spray della doccia e la prese fra le braccia, tenendola al sicuro contro il proprio corpo.
    “Tutto bene?” le chiese.
    Lei annuì debolmente e mormorò qualcosa di incomprensibile.
    “Sarà meglio asciugarti e scaldarti” mormorò lui, spostandosi per chiudere l’acqua; lei allora si voltò su se stessa e si incollò alla sua bocca.
    Gli afferrò improvvisamente l’uccello, ed ora era lui a cercare di mantenere l’equilibrio contro la parete, mentre lei lo accarezzava di buona lena. Lei si staccò dalle sue labbra per tracciargli una scia di baci lungo il collo, mentre lui si appoggiava con la schiena alla parete.
    “Ti voglio” esalò lei.
    Sollevò una gamba e gliela avvolse intorno ad un fianco, mentre l’acqua della doccia si riversava sui loro corpi.
    “Buffy …”. Lui abbassò lo sguardo per incontrare quello di lei, invece vide la sua mano che se lo lavorava con ardore; allora deglutì a fatica. “Tesoro, ti fa male …” riuscì a dire, dopo aver chiuso gli occhi.
    “Non mi importa” ansimò lei, lasciandolo andare e portandogli le braccia intorno al collo. “Ti voglio troppo” disse, prima di incollare la bocca alla sua in un bacio famelico.
    Lui la afferrò immediatamente per i fianchi, rivoltando la loro posizione con un movimento agile. In un lampo Buffy si ritrovò premuta fra il muro ed il torace bagnato di lui, con le gambe avvolte intorno alla sua vita, mentre lui premeva l’uccello all’apertura del suo sesso, facendola sibilare.
    Lui staccò immediatamente la bocca dalla sua.
    “Buffy, faremmo meglio …”.
    “Ne ho voglia. Per favore” lo supplicò lei.
    Lui la baciò di nuovo succhiandole il labbro inferiore, spingendo lentamente i fianchi in avanti, separandone le labbra con l’uccello. Buffy si tese, accigliandosi e contraendo i muscoli del viso, poi sibilò di nuovo sentendolo entrare lentamente in lei. Gli affondò le unghie nelle spalle, mentre lui si muoveva.
    “Ci sono quasi …” la consolò, staccandosi dalle sue labbra per bisbigliarle all’orecchio: “Cristo, sei così dannatamente stretta!”.
    Le sembrò che ci volesse un’eternità perché lui entrasse completamente in lei ma, finalmente, lui affondò completamente ed il dolore cessò.
    “Stai bene?” esalò.
    Lei annuì con forza e lo baciò. Mentre le loro lingue duellavano lui iniziò ad entrare ed uscire da lei, facendola gemere. Ben presto la sensazione di lui che toccava quel punto particolare all’interno del suo sesso fece quasi scomparire il dolore, mentre i suoi umori scorrevano, inondandolo, e rendendogli più semplice scivolare in lei.
    “Dio!” ringhiò lui, interrompendo il bacio. “Sei così …bagnata” ansimò. Inspirò di nuovo, poi: “Così stretta”. Strinse i denti e si spinse nuovamente in lei.
    Lei gli graffiò le spalle, inarcando la testa all’indietro, con i riccioli umidi incollati al muro. Gli offriva completamente la gola e lui, famelico, leccò le gocce d’acqua che le si accumulavano alla base del collo.
    Si muovevano con un ritmo lento ma urgente, con le natiche di lei che di tanto in tanto sbattevano contro la parete, quando lui si spingeva in lei con più forza.
    “Oh Dio Spike! È così bello … è così …”. Si interruppe, mentre lui chinava la testa e le prendeva fra le labbra un capezzolo indurito. “Ah!” ansimò, mentre lui glielo sfiorava con i denti.
    La bocca di lui sul suo seno ed il suo uccello dentro di lei, insieme, riuscirono a scatenare la pressione che era andata crescendo in lei. Venne, gridando forte.
    Non ci volle molto perché Spike la seguisse, staccando la bocca dal suo seno per mugolare: “Ti amo Buffy”, prima di affondare in lei un’ultima volta.
    “Ti amo anch’io” mormorò lei, guardando il suo viso contorcersi per il piacere.
    Dopo qualche secondo tutte le energie sembrarono abbandonarli, e si ritrovarono a scivolare sul pavimento. Buffy sollevò debolmente una mano, per chiudere l’acqua che ruscellava loro addosso.
    Per un po’ rimasero in silenzio, con gli occhi chiusi e le bocche semiaperte.
    Lentamente lei riprese forza ed aprì gli occhi per guardarlo. Era seduto, con la schiena poggiata alla vasca.
    “Già stanco?” chiese sorridendo, mentre lui la guardava accigliato.
    “Mai” rispose lui, sogghignando a sua volta.
    Si guardarono a vicenda per un attimo poi Spike parlò di nuovo:
    “Quando torna tua madre?”.
    “Dopo pranzo” rispose Buffy, giocherellando con le dita con il suo torace umido.
    “Farò meglio a prepararmi per andare, allora …” disse lui con voce debole. Non aveva proprio voglia di lasciarla.“Immagino di sì” disse lei, abbassando per un attimo lo sguardo prima di riprendere a guardarlo. “Ma abbiamo ancora un paio d’ore”.
    “Dio, sei insaziabile. Sapevo che se ti amo c’è un motivo” ringhiò lui, prima di catturarne le labbra in un altro bacio.


    Capitolo 48

    Xander sedeva a gambe incrociate sul palcoscenico, giocherellando con i lacci delle sue scarpe sportive, sospirando.
    “Dove sarà?” chiese Cordelia in tono seccato, camminando avanti e indietro di fronte al ragazzo.
    “Immagino che non si farà vedere … di nuovo” suggerì Angel.
    “Credete che le sia successo qualcosa?” chiese Buffy, senza muoversi dalla prima fila.
    Tutti si strinsero nelle spalle. Erano passate due intere settimane e non c’era stata neanche una prova. La sig.na Addams era riuscita a mancare a tutte. Ormai il gruppo si stava stancando. Soltanto a Sunnydale un’insegnante poteva sparire per due settimane e mezzo senza che nessuno lo notasse.
    “Immagino che faremmo meglio ad andare, allora” suggerì Xander, cercando di nascondere un sogghigno soddisfatto.
    “Non ancora. Abbiamo ancora dieci minuti” insisté la cheerleader, lasciandosi cadere sul sedile a fianco a quello di Buffy.
    “Non credo che verrà” disse Buffy, aggrottando tristemente le sopracciglia.
    “*Verrà*” ringhiò Cordelia, incrociando le braccia sul petto.
    “E dai Cordy, siamo venuti tutti i giorni da …”. Xander si interruppe, vedendo un ometto che si avvicinava camminando allegramente. “Preside Snyder?”.
    “Harris” praticamente sputò l’uomo.
    “Com’è gentile da parte sua unirsi a noi” iniziò Xander, con finto rispetto. “Siamo così felici che il nostro grande …”.
    “Non mi provochi, Harris” brontolò Snyder; poi si voltò verso il resto del gruppo ed annunciò: “Non ci sarà nessuna recita”. Non aggiunse altro e si voltò, sul punto di andarsene, quando un grido inumano lo costrinse a fermarsi. Si voltò nuovamente e vide Cordelia che, estremamente incavolata, si era alzata in piedi con le mani strette a pugno.
    “Che cosa vuol dire “non ci sarà nessuna recita”?” chiese, mentre Buffy si alzava a sua volta e si fermava dietro di lei.
    “La sig.na Addams non potrà rientrare a scuola fino alla prossima settimana, il che significa che non ci sarà abbastanza tempo per preparare la recita, da qui la conclusione logica: nessuna recita” spiegò Snyder, con un misto di arroganza e diabolica soddisfazione.
    “Bè, allora la rimanderemo” si affrettò a suggerire Cordelia.
    “Sì, possiamo rimandarla” acconsentì Buffy.
    “Sig.na Chase, sig.na Summers …”. Il modo in cui aveva pronunciato il suo nome rivoltò lo stomaco a Buffy. “ … per niente al mondo lascerò che questo succeda. Non c’è tempo, non c’è denaro e *personalmente* non ho assolutamente alcun desiderio di assistere alla nascita di questa farsa. Già così è abbastanza patetica. Non c’è bisogno di portarla in pubblico”. Sogghignando in maniera fastidiosa fece nuovamente per andarsene quando, in un lampo, la cheerleader lo raggiunse arrabbiata e, torreggiando su di lui, gli bloccò l’uscita.
    “Ascolta piccolo, seccante e pelato ometto che non sei altro, mio *padre* è praticamente il proprietario di tutta la scuola, compreso il *tuo* culo, perciò non parlarci di denaro perché tutto quello che devo fare è dire una parola a mio padre e lui taglierà i suoi generosi finanziamenti a questa specie di scuola in un batter d’occhio”. Si fermò, poi aggiunse: “Questa recita ci *sarà*” gli assicurò.
    Tutti rimasero immobili, compreso l’ometto. Dopo qualche secondo egli disse:
    “Bene … sig.na Chase … s-se la mette così … Ma c’è ancora il problema del tempo”.
    Xander si trovò a dire: “Possiamo fare la recita dopo le vacanze di primavera, subito prima del ballo di fine anno”.
    “Già” lo sostenne Angel, mentre Buffy annuiva.
    Snyder li fissò per un momento poi scattò:
    “Va bene. Metteremo la recita in calendario per la settimana prima del ballo. A lei va bene?” chiese, fissando la ragazza che gli stava di fronte.
    “Sarebbe gandioso” rispose lei altezzosa.

    Buffy si lasciò cadere stancamente sul sedile anteriore della vecchia auto e si chiuse la portiera alle spalle.
    “Hey” salutò, dando a Spike un bacio veloce mentre si sistemava la cintura di sicurezza.
    “Hey” rispose lui sorridendo, guardandola passarsi le mani tra i capelli e sospirare.
    “Nessuna prova, neanche oggi?” chiese.
    “No”.
    “Che cosa è successo alla sig.na Addams?” chiese, accendendo il motore ed uscendo dal parcheggio in retromarcia.
    “A quanto pare ha una grave forma di mononucleosi, o qualcosa del genere. Almeno queste sono le ultime voci che circolano” disse Buffy, guardando fuori dal finestrino mentre andavano a casa.
    “Mononucleosi, eh?”.
    “Già, ma adesso sta bene, credo. Tornerà martedì” spiegò lei.
    “Ah” mormorò Spike, cercando di nascondere il proprio disappunto.
    “Abbiamo aspettato per un’ora, poi è arrivato Snyder ad annunciare che non ci sarebbe stata nessuna recita”.
    “Niente recita? Davvero?”. L’eccitazione provocatagli dalla notizia trapelò dalla sua voce, senza che lui potesse farne a meno. Per nasconderlo aggiunse: “Che peccato. Perché?”.
    “Non far finta di non essere elettrizzato dalla novità” lo rimproverò lei, socchiudendo gli occhi e schiaffeggiandolo su un braccio.
    “È così ovvio, eh?” chiese lui, piegando la testa di lato e voltandosi a guardarla.
    “Platealmente” sospirò lei. “Ma puoi levarti quel ghigno dalla faccia. Lo spettacolo continuerà. Dato che Snyder voleva cancellare la recita Cordelia si è messa a fare il supereroe. Dio, avresti dovuto vederla. L’ha chiamato piccolo, seccante e pelato ometto che non sei altro” ridacchiò al ricordo.
    “La ragazza ha le palle, bisogna riconoscerglielo” ghignò Spike, girando il volante.
    “Comunque, ha minacciato di chiedere al padre di tagliare tutti i finanziamenti della scuola e, ovviamente, quell’infingardo ha fatto marcia indietro. La recita è stata rimandata alla settimana prima del ballo” spiegò lei.
    “Cosa? Vuoi dire che ti devi sbaciucchiare Angel fino alla fine dell’anno?”.
    “Non preoccuparti. Chiederò alla sig.na Addams di mantenere lo sbaciucchiamento al minimo indispensabile. E poi non credo che dovremo provare ancora quelle scene. Ce ne sono altre che dobbiamo sistemare. Ti ricordi che in Romeo e Giulietta c’è altro oltre agli sbaciucchiamenti, vero?” chiese lei.
    Lui si accigliò e mormorò qualcosa di incomprensibile.
    “Spike…”.
    “Lo so, lo so …” mormorò lui.
    Dopo qualche secondo aggiunse:
    “D’ora in poi verrò alle prove”.
    “Spike!”.
    “Solo per essere sicuro”.
    “Spike…”.
    “E va bene” si arrese lui, mentre entravano nel vialetto di casa di lei.
    Scesero dall’auto ed entrarono in casa.
    “Tua madre è a casa?” chiese lui, apparentemente poco interessato alla risposta.
    “No.”.
    Il sogghigno di lui raddoppiò di dimensioni e, guardandola lascivo, le si avvicinò. La prese tra le braccia ma lei, all’improvviso, gli scostò le mani.
    “Ma tornerà da un minuto all’altro” aggiunse subito, lasciando cadere lo zainetto a terra, vicino al divano.
    A queste parole l’occhiata maliziosa di Spike sparì e lui sospirò pietosamente, guardandola vagare per la stanza alla ricerca di qualcosa.
    Passarono alcuni secondi, e lei continuò ad esaminare la stanza cercando sotto riviste e vecchi abiti.
    “Dov’è il telecomando? È incredibile. Sembra che io abbia un talento naturale per perderlo” brontolò, sollevando uno dei cuscini del divano. “A-ha!” disse trionfante, lasciandosi cadere sul divano.
    Spike la raggiunse e i due rimasero a fissare la televisione per qualche minuto. Ben presto lui si ritrovò seduto al suo fianco, con un braccio sulla spalliera del divano, la mano a sfiorarle la spalla, e l’altra … Buffy distolse lo sguardo dallo schermo e vide la mano di lui posata sul suo ginocchio. Fece vagare lo sguardo sul suo viso e sulla sua mano, ma lui continuava a fissare la televisione come se non stesse succedendo niente.
    Lei sospirò e riportò la propria attenzione sul programma. Non durò a lungo; ben presto la famosa mano si mosse lungo il suo interno coscia, infilandosi sotto il tessuto leggero dell’abito estivo che indossava, e prima che lei potesse protestare le dita di lui le sfiorarono la biancheria.
    “Spike … che cosa st…”.Si bloccò a metà della frase, perché lui le aveva premuto un dito sul clitoride.
    Alla fine lui distolse lo sguardo dallo schermo per guardarla, infilandole più a fondo la mano tra le gambe e strofinando più forte.
    Respirando a fatica lei riuscì ad afferrargli il polso, in un patetico tentativo di farlo smettere.
    “Spike, mia madre tornerà a casa da un momento all’altro” esalò bruscamente, mentre lui le affondava la bocca nell’incavo del collo.
    Per tutta risposta lui le infilò un dito sotto l’orlo delle mutandine, scostandogliele di lato e facendola ansimare. Lei gli afferrò più forte il polso.
    “Spike, no” disse, senza molta convinzione, mentre lui percorreva i contorni del suo sesso.
    Deglutì a fatica mentre lui continuava a toccarla, sussurrandole a bassa voce all’orecchio:
    “Per favore, Buffy, solo un po’ …”.
    Ormai lei era sdraiata sul divano, con il corpo sodo di Spike premuto addosso, la sua bocca premuta sul collo, la sua mano …
    “Oh Dio!” mugolò quando lui le fece finalmente scivolare dentro un dito, cominciando a muoverlo lentamente, con un ritmo che le offuscava la mente. “V-va bene, s-solo per un po’ …”.
    Ormai lei gli teneva il polso non per cercare di fermare i suoi movimenti, ma per aiutarlo ad entrare ed uscire dal suo corpo.
    Inarcò il collo, lasciando cadere la testa fuori dal divano, mentre lui spostava la bocca verso il basso, sul suo petto. Con la mano libera le afferrò una spallina del vestito e gliela tirò giù dalla spalla, scoprendole il seno.
    Aggiunse un altro dito, e Buffy trattenne il respiro e spinse i fianchi contro i suoi. La pressione dentro di lei saliva rapidamente, mentre lui le sfiorava il capezzolo con i denti, tenendole il seno con la mano in maniera tale da portarselo in bocca. Cominciò a muoversi più rapidamente, passandole il pollice sul clitoride mentre le spingeva dentro le dita, e lei strinse i denti.
    Gli tolse la mano dal polso e gliela affondò fra i capelli, afferrandogli i riccioli e spingendogli il viso contro il proprio seno.
    “Spike sono quasi … Oh Dio, sto per …”. Suonò il campanello e lei aprì gli occhi di scatto.
    Spike si immobilizzò e lei ansimò subito.
    “No, per favore non fermarti, per favore!” lo supplicò, afferrandogli nuovamente il polso e invitandolo a continuare.
    “Ma Buffy, potrebbe essere tua madre …” tentò di avvisarla lui, ricominciando a muovere la mano.
    “Per favore!” bisbigliò lei, mentre il campanello continuava a suonare.
    Spike si fermò per un attimo, guardandole il volto arrossato. Assunse un’espressione maliziosa e cominciò a muovere la mano sempre più velocemente, continuando a toccare con le dita quel punto particolare all’interno del suo sesso. Le afferrò con più forza il seno, passandole nuovamente i denti sul capezzolo indurito ma, stavolta, senza distogliere lo sguardo dal suo.
    La guardò contorcere il viso per il piacere mentre le succhiava il capezzolo, mentre il suono del campanello in sottofondo continuava a ripetersi insistentemente e lei si avvicinava al piacere.
    Alla fine lo scampanellio cessò, per essere sostituito da un tintinnio di chiavi.
    Il fatto di sapere che sua madre era dall’altra parte della porta e che poteva sorprenderli da un momento all’altro le fece scorrere l’adrenalina nel sangue e, quando lui aggiunse un terzo dito, lei si perse. Aprì la bocca per un attimo, poi strinse la mascella in un grido silenzioso, stringendogli la mano tra le cosce mentre veniva.
    Dopo qualche secondo il suo corpo divenne insensibile; avrebbe voluto rimanere sdraiata lì per sempre, ma un suono metallico proveniente dalla porta le riportò alla mente la situazione.
    “Farai meglio ad andare di sopra. Se tua madre ti vede così le ci vorranno sì e no due secondi per capire cos’è successo” bisbigliò Spike, sorridendo dolcemente ed aiutandola a rimettersi in piedi e ad andare verso le scale.
    Buffy annuì:
    “Dì a mia madre che sono andata a fare una doccia”.
    Spike annuì, guardandola salire le scale malferma sulle gambe. Dio, quanto amava vederla venire.
    Si sistemò i pantaloni, chiaramente rigonfi, e si tolse la maglietta dai jeans per nascondere la cosa, poi andò alla porta e la aprì. Scostando il battente poté vedere la sig.ra Summers che, con espressione confusa, litigava con un mazzo di chiavi cercando contemporaneamente di mantenere in equilibrio sulle braccia tre enormi buste. Lei sollevò lo sguardo e vide Spike.
    “Spike? Siete a casa?” chiese, entrando in casa.
    “Scusi, Joyce. Ero nel seminterrato e Buffy è di sopra che fa la doccia” spiegò Spike.
    “Ah” disse la donna, annuendo appena mentre entrava in cucina. Poi si fermò: “Spike?”.
    “Sì?”.
    “Che cosa ci facevi nel seminterrato?”.
    “Ehm …”. Lui si sforzò di trovare una scusa. “Ehm … Buffy!” iniziò. “Credeva di aver sentito un topo. Mi ha chiesto di controllare”.
    “Topi?” chiese preoccupata Joyce.
    “Non si preoccupi. Non ho trovato nulla”.
    “Ah bene” rispose sollevata la sig.ra Summers, togliendo le provviste dalle buste. “Spike, rimani a cena?”.
    “Non so, mio padre …”.
    “Ho parlato con Rupert. Verrà più tardi. Gli ho detto di chiamarti per invitarti, ma dato che sei qui …”.
    “Va bene, allora rimango” sorrise lui, avvicinandosi all’isola. “La posso aiutare in qualche modo?”.
    “Potresti tagliare un paio di cipolle?”.
    “Certo”.

    “Allora …” iniziò Spike, gettando un’occhiata veloce alla cucina per controllare i loro genitori, prima di riportare la propria attenzione sui piatti che stava sistemando sul tavolo: “ … com’era la doccia, amore?”.
    Buffy sollevò lo sguardo su di lui, sorridendo contenta.
    “Meravigliosa” rispose, accoccolandosi contro il suo petto mentre lui terminava di sistemare i bicchieri.
    Gli mise le braccia intorno alla vita, posandogli le mani sulla schiena e strofinò il viso contro la sua maglietta.
    “Mi fa piacere che ti sia piaciuta” disse lui, affondando il naso tra i suoi capelli ed aspirandone il profumo. “Hai deciso cosa vuoi fare per il tuo compleanno, la prossima settimana?”.
    Lei gemette contro il suo petto.
    “Non me lo ricordare …”.
    Spike si accigliò e si staccò da lei per poterla guardare per un attimo.
    “I miei compleanni hanno la tendenza a … come posso dire … fare decisamente schifo?”.
    Lui si accigliò ancora di più. Buffy sospirò di nuovo e si allontanò per andare a sedersi sul divano.
    “Sembra una tradizione. C’è sempre qualcosa che va male. Per prima cosa ci fu il criceto …”.
    “Criceto?”.
    “Un regalo. Morto il giorno stesso”.
    “Mi dispiace” replicò Spike partecipe, sedendosi al suo fianco.
    “Poi c’è stato il fuoco”.
    “Fuoco?”.
    “Quando avevo tredici anni ho incendiato per errore i miei capelli, spegnendo le candeline”.
    “Ahia”.
    “Già, ahia” brontolò Buffy. “Poi il divorzio. Mio padre ha deciso che il giorno migliore per lasciare mia madre era quello del mio compleanno. Quindi, come vedi, non ci sono molti ricordi felici”.
    “Piccola, mi dispiace” disse Spike in tono di scusa, chinandosi a baciarla su una tempia.
    “Va bene, ci sono abituata”.
    “Bè, ti prometto che questo sarà il miglior compleanno che tu abbia mai avuto” la rassicurò Spike.
    “Bè, con la mia fortuna finiremo per litigare seriamente e lasciarci” si imbronciò Buffy, incrociando le braccia sul petto come una bambina viziata.
    “Te lo prometto, niente litigi. Per quanto tu ci possa provare”.
    “Io ci provo?” chiese lei, apparentemente offesa.
    “Devi ammettere che tutti i nostri litigi iniziano a causa tua”.
    “Che cosa?!” chiese lei, voltandosi a fissarlo arrabbiata.
    “Vedi, prova numero uno” precisò Spike.
    “Hai iniziato tu”.
    “Invece no”.
    “Invece sì” insisté lei.
    “Buffy” mormorò lui, piegando la testa di lato e guardandola con un’espressione da cucciolo spaurito.
    “Non guardarmi così” si imbronciò nuovamente lei.
    “Perché no?”.
    “Non posso rimanere arrabbiata con te se mi guardi così” rispose lei.
    “Il punto è questo” ghignò lui, mentre lei lo schiaffeggiava sul braccio.
    “È pronta la cena” annunciò Joyce, entrando nella stanza.

    La settimana volò via, e ben presto arrivò il suo compleanno. Buffy guardava nervosa il forno, tamburellando con le unghie sul bancone mentre aspettava.
    “È già pronto?” chiese, per la centesima volta.
    “No, ci vuole tempo, Buffy” rispose Joyce, affettando l’insalata.
    “Sei sicura? Credo che si stia bruciando. Avrò di nuovo una torta di compleanno carbonizzata” si imbronciò lei.
    “Non si brucerà, te lo prometto” la rassicurò Joyce mentre il campanello suonava. “Adesso vai ad aprire la porta ai tuoi ospiti”.
    “Tu bada al dolce, per favore” la supplicò Buffy, dando un’ultima occhiata al forno prima di uscire dalla cucina.
    “Hey Giles, Spike” salutò, aprendo la porta.
    “Buon compleanno” rispose Giles, porgendole una scatola perfettamente incartata prima di baciarla sulla fronte.
    “Grazie” disse lei, lasciando entrare i due uomini.
    I due ragazzi si scambiarono un bacio, mentre il libraio arrossiva e balbettava:
    “Bene, a-andrò a controllare tua madre”. E, detto questo, sparì rapidamente in cucina.
    “Hey” esalò Buffy, posando la fronte contro quella del ragazzo
    “Buon compleanno, amore” bisbigliò lui, prendendo una scatoletta dalla tasca dello spolverino e porgendogliela.
    “Grazie” sorrise apertamente lei, scostandosi da lui per guardare i suoi regali.
    Entrò in soggiorno e, dopo aver posato il regalo di Giles sul tavolino da caffè, si concentrò su quello di Spike. Lo scartò velocemente, scoprendo una scatolina bianca. Lo guardò per un secondo, poi lo aprì. Ci trovò dentro un bracciale sottile e, subito, si portò le dita alla catenina che portava intorno al collo.
    “Si abbinano” notò, prendendo il bracciale dalla scatola e sistemandoselo al polso.
    “Ti piace?” chiese lui.
    Lei avrebbe giurato di aver sentito un pizzico di nervosismo nella sua voce. Sollevò lo sguardo su di lui, con un largo sogghigno.
    “Lo adoro. È bellissimo” esalò, cercando di metterselo.
    “Lascia che ti aiuti” si offrì lui, prendendo il braccialetto.
    “Come hai fatto a trovarne uno identico?” indagò lei.
    “Li vendevano insieme. Li ho comprati nello stesso momento” rispose distrattamente lui.
    Lei sgranò gli occhi.
    “Mi hai comprato il regalo di compleanno in novembre?” chiese, un po’ sorpresa.
    “Sì” disse lui, dopo averle finalmente sistemato il braccialetto.
    “Mi hai comprato il regalo di compleanno in novembre?” ripeté lei.
    “Sì. Perché sei così scioccata?” chiese lui, corrugando le sopracciglia.
    “Mi hai comprato un regalo con cinque mesi di anticipo?”.
    “Sì, Buffy” sospirò lui.
    Lei si limitò a fissarlo ad occhi sgranati.
    Lui le sorrise dolcemente e le accarezzò una guancia.
    “Quando ti ficcherai in quella tua testa dura che non ti lascerò andare? Non andrò da nessuna parte” esalò, prima di attirarla a sé per un bacio dolce.
    Suonò nuovamente il campanello e i due furono costretti a separarsi.
    “Questa conversazione non è ancora finita” gli assicurò Buffy con un sorriso, alzandosi ed andando ad aprire la porta.
    “Buon compleanno!” gridarono contemporaneamente Willow e Xander, gettandosi su Buffy.
    “Ragazzi … ehm … ragazzi … sto soffocando” tossì Buffy.
    “Oh scusa, scusa” disse sovraeccitata Willow, mentre i due si staccavano da lei.
    Finalmente parlò Oz, entrando seguito subito da Cordelia: “Buon compleanno”.
    “Hey Buffy” salutò senza entusiasmo la cheerleader, allungando un regalo verso di lei. “Da parte mia e di Xander”.
    “Grazie Cordy” disse Buffy, chinandosi per darle un bacio su una guancia, mentre la bruna si allontanava velocemente.
    “Niente baci” brontolò con una smorfia.
    Buffy scosse la testa e salutò Oz.
    “Da parte mia e di Willow” disse il ragazzo, porgendole un regalo.
    “Grazie. Entrate ragazzi, Spike è in soggiorno” li invitò stordita Buffy, svolazzando dietro di loro. Forse questo compleanno non sarebbe stato così male.
     
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  12. piccola06
     
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    Perchè credo che queste siano le ultime parole famose? Brutto brutto presentimento anche perchè non riesco a togliermi dalla mente le parole di Drusilla "Ti aspetterò dall'altra parte della tempesta" ..... incrocio le dita va.
    Per curiosità ma quanti capitoli sono in totale?
     
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  13. TerenceSpike
     
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    I capitoli sono 51 :)

    Capitolo 49

    "Comunque …” sbuffò Cordelia. “Sono contenta di aver dovuto fare la parte della nutrice. Giulietta è *talmente* tonta e fastidiosa. È una mocciosa talmente viziata, così diversa da me. Non sarei davvero riuscita a rendere quel personaggio in maniera realistica” spiegò, prendendo un sorso dal proprio bicchiere.
    “Grazie, Cordy” rispose sarcastica Buffy, alzando gli occhi al cielo.
    “Che c’è?” chiese la cheerleader sollevando un sopracciglio, dato che tutti intorno al tavolo scuotevano la testa.
    Giles sempre diplomatico, cercò di cambiare argomento: “Allora …la recita è di nuovo in moto?”.
    “Già, la sig.na Addams è rientrata la settimana scorsa e le prove sono riprese da dove ci eravamo interrotti” spiegò Xander servendosi un altro pezzo di torta. All’improvviso qualcuno gli colpì il braccio teso. Lui sollevò lo sguardo accigliato su Cordelia, poi si affrettò a ritirare la mano.
    “Xander …” lo rimproverò lei a denti stretti. “Se continui a mangiare così non entrerai nel tuo smoking al momento del ballo di fine anno”.
    “E dai Cordelia. Lascialo mangiare. Sta morendo di fame” si intromise Joyce prendendo il piatto del ragazzo e servendogli un bel pezzo di dolce.
    La bruna non rispose, limitandosi a dare al suo ragazzo un’occhiata disgustata mentre lui si ficcava il cibo in bocca.
    “Sarà un po’ complicato, con le vacanze di primavera in mezzo, ma la sig.na Addams pensa che non sia un problema dato che torneremo freschi e pronti ad un bel po’ di prove” disse Buffy, rigirando un cucchiaio fra le mani.
    Era parzialmente appoggiata al petto di Spike e, quando lui le strinse più forte la spalla, sorrise fra sé. Era avvolta da una sensazione di pace. Le cose erano esattamente come le voleva: un compleanno perfetto, con i suoi amici e la sua famiglia e niente disastri incombenti. L’unica cosa che le dispiaceva era che stesse finendo.
    La stanza era immersa in un silenzio confortevole, rotto soltanto dalle note di blues provenienti dallo stereo, poi Joyce si alzò:
    “Farò meglio a portare questi piatti in cucina”.
    Si voltò verso Giles ed aggiunse: “Puoi aiutarmi?”.
    “Lo faremo noi” si offrì subito Willow; stava per alzarsi quando la sig.ra Summers le mise una mano sulla spalla, fermandola.
    “No, non essere sciocca. Voi state qui, ragazzi. Del lavaggio dei piatti si preoccuperanno i vecchietti” le assicurò la donna, uscendo dalla stanza con le mani piene di piatti e bicchieri.
    Giles si affrettò a seguirla, prendendo i piatti rimanenti.
    “Allora …” iniziò Willow. “Che cosa farete per le vacanze di primavera?” chiese sovraeccitata, con gli occhi che scintillavano.
    “E sta zitta! Lo sappiamo tutti che tu e il bassotto farete un viaggio fino a San Francisco” brontolò Cordelia, facendo un cenno con la testa in direzione di Oz. Era stanca di sentire la rossa continuare a parlare di quel viaggio.
    “Ancora non riesco a credere che tua madre ti lasci andare” disse Buffy, con una punta di invidia nella voce.
    “Già, solo voi due per un’intera settimana” aggiunse Spike in tono malinconico.
    “Argh!” esalò aspra Cordelia, facendo un gesto di frustrazione. “Stare separati un’intera settimana, che orrore” sfotté, poi aggiunse: “È solo una stupida settimana, sono sicura che non ne morirete”.
    Buffy ignorò la presa in giro della cheerleader e strofinò il viso contro il petto di Spike.
    “Tuo padre ha proprio deciso che dovete far visita alla famiglia a Londra, eh?” disse Oz.
    Spike annuì, con espressione addolorata.
    “Non so perché non possiate andarci durante l’estate” brontolò Buffy. “Mamma ha un periodo di vacanza, e potremmo venire con voi” terminò, mettendo il broncio.
    “Non è colpa mia se tua madre deve lavorare durante le vacanze di primavera. Tu potresti venire” suggerì lui.
    A questo punto Buffy si scostò rapidamente e scosse con forza la testa.
    “Eh no! Non affronterò *la famiglia* da sola”.
    “Ci fai sembrare come la mafia” si difese Spike.
    Willow ridacchiò. Sembrava che due biondi non avrebbero smesso di litigare … mai.
    “Bene, sarà meglio che andiamo” disse all’improvviso Cordelia, dopo un lungo finto sbadiglio.
    Xander scosse la testa per la mancanza di tatto della sua ragazza. “È decisamente la peggiore attrice del modo” pensò, guardando l’orologio e rendendosi conto che lei aveva ragione.
    “Già, sarà meglio che andiamo. È davvero tardi”.
    “Credo che andremo via anche noi. Sai, domani c’è scuola e tutto il resto” disse Willow, alzandosi.
    Buffy si imbronciò leggermente ma, guardando l’orologio, vide che segnava mezzanotte e mezzo.
    “Andiamo a salutare tua madre” suggerì Xander.
    I sei ragazzi andarono in cucina, con Spike e Buffy alla guida del gruppo.
    “Oh Dio! Mamma!”; “Papà!”; gridarono contemporaneamente i due biondi quando, entrati in cucina, trovarono la coppia più anziana piuttosto impegnata ad incollare le proprie labbra.
    “È disgustoso!” scattò Buffy, facendo una smorfia disgustata.
    “Dio, ho la scena impressa a fuoco nella retina. Grandioso, stanotte non riuscirò a dormire” brontolò Spike, mentre Joyce e Giles si separavano imbarazzati.
    “Ragazzi! Che cosa ci fate qui?” se ne uscì la sig.ra Summers, prima di potersi rendere conto di quanto fosse stupida la domanda.
    “Siamo venuti solo a dire arrivederci. Ce ne stiamo andando” disse coraggioso Xander.
    “Oh giusto, giusto” disse nervoso Giles, raddrizzandosi la camicia. “Dovremmo andare anche noi, William. Dopo tutto domani c’è scuola”.
    Il gruppo di amici ridacchiò sentendo il vero nome di Spike e Xander bisbigliò, sfottendolo:
    “William…”.
    L’inglese guardò l’amico con gli occhi socchiusi ma lo ignorò, mentre tutti si spostavano in corridoio.
    “Bene, è stato bello avervi tutti qui” li ringraziò Joyce, con le guance ancora rosse.
    “Grazie sig.ra Summers. La cena era meravigliosa. Poi Willow si voltò verso Buffy e continuò: “Buon compleanno, Buffy”.
    “Grazie, Wills”.
    “Ciao Buffy. Spero che il regalo ti sia piaciuto” disse Oz, in tono monocorde ma con un piccolo sorriso.
    “Era bellissimo, grazie Oz”.
    “Ciao. Ci vediamo domani, Buffster” disse Xander, abbracciandola con forza prima di oltrepassare la soglia.
    “Ciao” la salutò velocemente Cordelia agitando una mano, seguendo poi il ragazzo.
    Buffy guardò il gruppo che si separava e, con la coda dell’occhio, vide Giles che baciava velocemente sulle labbra Joyce, salutandola.
    La voce di Spike la riscosse dal suo torpore: “Allora passerotto, hai avuto tutto ciò che volevi?”.
    “Di più” sorrise lei, dandogli un bacio.
    “Ci vediamo domani” disse lui, poi si voltò verso Joyce: “Grazie per la cena”.
    “Prego” sorrise la sig.ra Summers.
    Madre e figlia rimasero sul portico a guardare gli ospiti che se ne andavano. Sentendo Buffy che sospirava Joyce si accigliò:
    “Stai bene, tesoro?”.
    “Sì …” bisbigliò lei, guardando i due che sparivano e abbracciandosi con un sorriso soddisfatto. “Alla grande”.

    Buffy tamburellava nervosamente con la forchetta sul vassoio, esaminando la stanza per la centesima volta. La mensa era strapiena, o almeno così sembrava. Una settimana di vacanze primaverili fa sembrare decisamente affollata una stanza piena di adolescenti.
    “Che cos’ha Buffster?” chiese Xander, rivolgendosi a Willow dato che non aveva avuto risposta dalla bionda.
    “Sta cercando Spike” rispose la rossa, stringendosi nelle spalle.
    Il nome di lui sembrò riscuoterla dalla sua ricerca, facendole riportare lo sguardo sui suoi amici.
    “Tu e Spike non avete inglese insieme, il lunedì?” chiese Xander, sollevando curioso un sopracciglio.
    “L’aereo di Spike è arrivato soltanto da due ore” rispose Buffy, guardando l’orologio.
    “Quindi l’inglese è di ritorno dalla madrepatria?”.
    Buffy stava per rispondere quando, in mezzo al mare di testa che bloccavano l’ingresso alla mensa, apparve un lampo di capelli color platino. La biondina praticamente saltò sulla sedia, nello sforzo di scorgerlo di nuovo. Una settimana, un’intera settimana, senza vederlo era troppo, punto e basta.
    Trattenne il respiro, vedendolo farsi strada tra la folla e dirigersi verso il solito tavolo.
    Quando finalmente la vide, seduta là, Spike inspirò a fondo. Era più bella che mai. Dio, quanto gli era mancata.
    “Hey!” esalò, un po’ a corto di fiato per la corsa, sedendosi a fianco a Buffy.
    Poi, senza darle il tempo di rispondere, le mise un braccio intorno alla vita e l’attirò a sé in un bacio esigente.
    Mentre si baciavano Buffy gli afferrò i baveri dello spolverino.
    Furono riportati alla realtà, e costretti a separarsi, dal rumore di persone che si schiarivano la gola.
    “Due secondi nella stessa stanza e si stanno già ripulendo le tonsille a vicenda” sospirò Cordelia, lasciando cader il vassoio a fianco di quello di Xander.
    “Hey ragazzi” esalò Spike, insinuando una mano sotto la maglia di Buffy ad accarezzarne lo stomaco, senza staccare lo sguardo da lei.
    “Spike. Ragazzi, che bello essere considerati” disse sarcastico Xander mentre i due biondi continuavano a fissarsi a vicenda.
    La tensione tra i due era evidente, ed il silenzio divenne imbarazzante.
    “Allora …” iniziò Xander. “Com’era la madrepatria? La famiglia reale? Il principe Carlo?”.
    “Sempre lì e sempre intento a pomiciare con Camilla Parker Bowles” rispose lui, senza interesse. “Vuoi …?” chiese a Buffy, facendo un cenno in direzione della porta.
    Lei annuì subito e i due si alzarono, affrettandosi ad uscire dalla mensa.
    Gli altri ragazzi al tavolo si limitarono a guardarsi a vicenda.

    Buffy ansimò in cerca d’aria quando lui la sbatté contro gli armadietti, incollando immediatamente le labbra alle sue, e passandole le mani sulla schiena fino ad afferrarle il sedere per costringerla a premere il bacino contro il suo.
    Gemendo Buffy tentò di parlare, afferrandogli contemporaneamente la nuca ed affondando frenetica le dita fra i suoi riccioli scomposti.
    “Mi sei mancata ...” gemette lui. “Così … maledettamente” ringhiò staccandosi dalle sue labbra per mordicchiarle la carne tenera del collo, passandole una mano sotto la coscia e portandosela contro un fianco nel tentativo frenetico di sentirla più da vicino.
    Buffy era sul punto di saltare ed aggrapparglisi alla vita con le gambe quando un rumore di tacchi alti li strappò al loro stato di torpore. Incredibilmente riuscirono a staccarsi giusto in tempo, mentre la sig.na Addams girava l’angolo del corridoio.
    “Ah, sig. Giles. Stavo cercando giusto lei” disse allegra la giovane, ignorando il rossore che imporporava le guance dei due adolescenti.
    Ancora sconvolto per il tocco di Buffy lui sbatté le palpebre un paio di volte e si schiarì la gola, poi disse:
    “Sì?”.
    “Vorrei vederla nel mio ufficio, prego” replicò lei, con il suo solito sogghigno di plastica.
    “Adesso?” chiese lui, chiaramente disperato, facendo vagare lo sguardo fra la sua ragazza e l’insegnante.
    “Sì, adesso” disse allegramente lei, prendendo Spike a braccetto e trascinandolo lontano a Buffy. “È da un po’ di tempo che avevo intenzione di parlarle”. Poi si bloccò e, voltandosi a guardare Buffy da sopra una spalla: “Sig.na Summers, la aspetta a teatro per le prove, dopo la scuola”.
    E detto questo se ne andò, portando con sé Spike e lasciando Buffy, sola ed accigliata, nel corridoio deserto.

    La porta si spalancò e Buffy entrò di volata, correndo poi su per le scale.
    “Buffy? Sei tu?” la chiamò dalla cucina la sig.ra Summers.
    “Sì mamma. Sono nella mia stanza” gridò di rimando Buffy, facendo i gradini due alla volta.
    Si lasciò cadere sul letto e afferrò subito il telefono; dopo aver composto il numero ormai familiare rimase in attesa.
    All’altro capo del filo rispose una voce bassa: “Pronto?” .
    “Hey, sono io” rispose subito lei.
    “Hey amore. Sei rientrata dalle prove?” chiese Spike.
    “Già”. Buffy si interruppe un attimo, riprese fiato, e chiese: “Di che cosa ti voleva parlare la sig.na Addams?”.
    “Ehm … di niente” mentì lui, in maniera poco convincente.
    “Spike …” lo avvertì Buffy.
    “Diciamo solo che sono l’ultima vittima della scusa della “troppa poca partecipazione alle attività extrascolastiche” usata per torturare adolescenti inconsapevoli” brontolò lui.
    Lei soffocò una risatina e lui si premette le dita alla base del naso.
    “Che cosa ti ha fatto fare?” indagò alla fine lei.
    “Non te lo dico”.
    “E dai. Non può essere tanto male. È qualcosa che ha a che vedere con la recita?” chiese volenterosa lei, immaginando le varie opportunità che, in quel caso, avrebbero avuto di passare del tempo insieme.
    “Magari. Ma no. È peggio. Molto peggio” brontolò lui.
    Era chiaro che non voleva parlarne, ma lei insistette.
    “E dai, dimmelo” lo supplicò, giocherellando con il filo del telefono.
    Dopo un attimo di silenzio lui se ne uscì:
    “Sono nel maledetto comitato per il ballo”.
    “Che cosa?!” chiese lei, ridacchiando.
    “Non ridere”.
    “Sei nel comitato per il ballo. Organizzerai il ballo?” chiese lei, sorpresa.
    “Già” gemette lui, in maniera quasi inaudibile.
    “Stai scherzando, vero?”.
    “Maledizione, ti sembra che io stia scherzando?” ringhiò lui.
    “Quindi dovrai lavorare sulle decorazioni e sul tema e su tutte quelle cose?”.
    “Già. Adesso possiamo cambiare argomento?” brontolò lui.
    Lei sorrise al telefono: “No. È troppo divertente”.
    “Divertente, eh? Sai cos’è divertente? Indovina in quali giorni della settimana si riunisce il comitato”.
    “Non lo so” si accigliò Buffy, senza capire dove lui volesse andare a parare.
    “I martedì ed i giovedì, ovvero gli unici giorni feriali in cui non hai quelle stupide prove”.
    “Ah!” sospirò Buffy. “Bè, abbiamo comunque i fine settimana”.
    “E qui arriva il bello. Ci riuniamo anche i sabati”.
    “Che cosa?!”.
    “E l’unico motivo per cui non ci riuniamo di domenica è che ho minacciato di ridurre Jonathan in una poltiglia sanguinolenta se l’avesse suggerito alla sig.na Addams” spiegò Spike.
    “Jonathan è di nuovo nel comitato?”.
    “Già, e indovina chi è il presidente?”. Senza darle tempo di rispondere aggiunse: “Andrew”.
    Lei ridacchiò ancora una volta e, dall’altro capo del filo, Spike gemette di nuovo.

    I giorni volavano e, al contrario di quanto ci si poteva aspettare dato l’avvicinarsi dell’estate, sembravano diventare più corti anziché più lunghi. C’era semplicemente troppo da fare e troppo poco tempo. Fra la scuola, le prove e gli incontri del comitato Buffy e Spike si vedevano a malapena, con l’unica eccezione dei giorni in cui la sig.ra Summers invitava Giles e Spike a cena; e anche allora potevano passare da soli poco tempo, o nulla.
    Seduta in prima fila, Buffy si premette le dita contro le tempie. Non si prese neanche la briga di sollevare lo sguardo, mentre Cordelia ripeteva dolorosamente i suoi versi a Xander, che si agitava tirando i propri vestiti di qua e di là.
    “Non posso farlo. Il vestito è troppo stretto” protestò all’improvviso Xander.
    “Perché mangi come un maiale” scattò Cordelia.
    “Invece no. Questi vestiti si restringono” protestò il ragazzo, tentando disperatamente di sistemarsi la stoffa intorno allo stomaco.
    “Mangi come un …”.
    Il suono acuto della voce di Cordelia scivolò nel nulla, e Buffy si assopì lentamente.
    “Sig.na Summers!”.
    Due dite le schioccarono davanti al viso, strappando Buffy al suo torpore.
    “Se non le dispiace, preferirei che non andasse nel mondo dei sogni durante le prove”.
    Buffy si raddrizzò rapidamente, sistemandosi i capelli dietro le orecchie: “Mi dispiace. Stavo solo …”.
    Non riuscì a finire la propria frase, perché fu interrotta dalla sig.na Addams che batteva le mani, dopo essere salita sul palcoscenico:
    “Gente. Di questo passo non saremo mai pronti in tempo. Voglio dire, che cosa devo fare per avere la vostra piena attenzione? Concentratevi, concentratevi”. Batte ancora una volta le mani, con forza. “Voglio energia, energia! Adesso!”. All’improvviso indicò il ragazzo che stava sistemando le luci: “E tu … le luci sono troppo forti. Vuoi che i miei attori svengano disidratati nel bel mezzo della loro parte?”. Il ragazzo scosse energicamente la testa. “Immaginavo di no. Abbassale un po’”. Aspettò che il ragazzo lo facesse, poi aggiunse: “Così va meglio. Bene. Ora, ricominciamo da capo”.
    Nella stanza ci fu un gemito collettivo.
    “Che c’è?” chiese rabbiosa la sig.na Addams.
    Nessuno ebbe il coraggio di parlare.
    “Bene. E Xander … molla il cioccolato. Se ingrassi ancora ti dovremmo far mettere il busto”.
    Il bruno sgranò gli occhi, terrorizzato.
    “Ora. Ricominciate. Sig.na Summers, tocca a lei”.
    Buffy si alzò dalla sedia gemendo, e saltò sul palcoscenico.

    Lui posò i gomiti sulle cosce e si prese la testa tra le mani. Era una tortura, dolorosa al massimo. Perché adesso dovevano incontrarsi anche il venerdì?
    Erano passate due ore e il gruppo di secchioni stava ancora discutendo su quale sarebbe stato il colore degli striscioni con cui avrebbero decorato i corridoi.
    “Il blu è molto meglio. Blu come il mare” suggerì una ragazza, timida e lentigginosa, sistemandosi gli occhiali.
    “No, il giallo è *molto* più figo” insisté Jonathan. “Giallo: sole, estate. È perfetto”.
    Accorgendosi che Spike era rimasto tranquillo tutto il pomeriggio, Andrew chiese nervoso:
    “Cosa ne pensi, Spike?”.
    L’ossigenato si premette le mani contro le palpebre chiuse, poi sospirò e sollevò lo sguardo.
    “Cosa?”.
    “Il colore degli striscioni”.
    “Non so. Nero?” disse, stringendosi nelle spalle.
    Al suo suggerimento, tutti scossero la testa.
    “Nero? Non è un funerale, è il ballo di fine anno” scattò arrogante Kathy.
    Spike guardò la ragazza. Era probabilmente il membro più fastidioso del comitato. Non gli era piaciuta da subito, dal momento in cui aveva fatto un commento su Buffy. Come se non bastasse, sembrava ossessionata dalla pulizia. Aveva la fissazione di organizzare ed etichettare tutto alla perfezione, che gli dava sui nervi. Si sforzava troppo di essere piacevole e carina. Era sconcertante. E, in più, era semplicemente *troppo* vivace.
    “Spike è così divertente” disse nervoso Andrew, cercando di appianare la tensione. “A-allora dobbiamo solo votare fra blu e giallo”.
    “Oh cazzo. Avete già votato. È finita alla pari, ricordate?” ringhiò Spike.
    Tutti i presenti si immobilizzarono.
    “Va bene. Quale era l’alternativa?” sospirò lui.
    Dopo un attimo di silenzio Jonathan se ne uscì:
    “G-giallo o blu”.
    Spike tentò di velocizzare la cosa: “Bene. Voto blu. Fatto, avanti”.
    “Blu” sorrise ansioso Andrew, scribacchiando qualcosa sul suo bloc-notes. “Prossimo punto … il colore della scritta sugli striscioni. Suggerimenti?”chiese il biondo, guardandosi in giro.
    Spike si limitò ad alzare gli occhi al cielo e lasciò cadere nuovamente la testa fra le mani. Questo sarebbe stato uno degli incontri più lunghi.

    Buffy arrivò a casa strascicando i piedi.
    “Ciao, tesoro” la salutò dalla cucina la sig.ra Summers. “Come sono andate le prove? Sembri stanca”.
    “Hey” mormorò lei di rimando, sedendosi vicino all’isola. “La sig.na Addams sta cercando di ucciderci. Ne sono sicura. Fa tutto parte di piano complicato”.
    “Bè, me ne sono andata tardi dalla galleria e non ho avuto la possibilità di comprare niente, per cui sarai felice di sapere che avremo pizza a cena” disse Joyce, sorridendo quando vide una piccola scintilla nello sguardo della figlia.
    “Grandioso, mamma” rispose debolmente Buffy. “Vado a fare una doccia”.
    “Bene, tesoro”.

    Buffy entrò zoppicando nella sua stanza poi, fradicia e avvolta in un asciugamano, si lasciò cadere sul materasso. Chiuse gli occhi e, sentendo il telefono squillare, sospirò forte. Rifiutandosi di spostarsi, si limitò ad allungare un braccio, sollevando la cornetta e portandosela all’orecchio.
    “Pronto?” mormorò.
    “Ciao, amore”.
    Al suono della sua voce, un sorriso stanco si fece strada sulle sue labbra. Dio, quanto le mancava. Le uniche volte in cui aveva la possibilità di vederlo erano le lezioni di inglese oppure incontri casuali in corridoio che lasciavano molto a desiderare.
    “Sei già a casa?” chiese Spike.
    “Sono appena tornata ed ho fatto una doccia” rispose lei.
    “Com’erano le prove?”.
    “Una tortura inumana” disse semplicemente lei. “Tu?”.
    “Lo stesso. Ma ci sono buone notizie. Abbiamo già deciso i colori degli striscioni. Blu per lo sfondo, giallo per le scritte. Abbiamo rimandato alla prossima riunione la scelta del carattere da utilizzare” brontolò lui, sarcastico.
    “Povero piccolo” disse empatica Buffy.
    “Sei stanca?”.
    “Da morire”.
    Ci fu un attimo di silenzio.
    “Mi manchi” esalò lui.
    Dio, che voce!“Mi manchi anche tu”.
    “Vorrei essere là. Vorrei poterti toccare”. Lui si interruppe, inspirando a fondo: “Mi manca il tuo odore, piccola”.
    Senza rendersene conto la sua mano era scivolata sotto l’asciugamano che teneva avvolto intorno al corpo, ad accarezzarsi lo stomaco.
    “È passato troppo tempo da quando ti ho toccata” continuò Spike, cominciando a respirare affannosamente.
    “Ti voglio così tanto” esalò Buffy, spostando lentamente le dita verso il basso, fino a farsele finalmente scivolare fra le gambe.


    CAPITOLO 50
    Buffy premette uno contro l’altro i palmi sudati delle mani. Come era finita là? I giorni le erano volati e ora era là, in piedi, a sbirciare da dietro le pesanti tende rosse appese al soffitto. Alla vista delle prime persone che entravano nella stanza e percorrevano lo stretto corridoio alla ricerca dei loro posti, le si rivoltò lo stomaco.
    “Oh Dio, Oh Dio. È stata una cattiva idea. non lo voglio fare. Non lo voglio fare” pensò tra sé, mentre il cuore le batteva in gola rendendole quasi impossibile respirare.
    Sentendo una mano forte che le si posava sulla spalla, fece un salto. Si raddrizzò di colpo e si voltò per trovarsi davanti un paio di occhi castani che la fissavano.
    “Nervosa?” chiese Angel, con un sorriso empatico.
    “Non penso di volerlo fare” mormorò lei, deglutendo a fatica, mettendo il broncio e corrugando le sopracciglia.
    “Andrà tutto bene. Sarai fantastica. Come sempre” la rassicurò lui mentre lei sospirava. “Rilassati e basta”.
    “Grazie” esalò lei, un po’ più calma.
    Si sentì la voce isterica della sig.na Addams e il suo cuore mancò nuovamente un battito.
    “Cosa fate qui voi due? Devi farti sistemare i capelli, Buffy. Adesso, adesso, adesso. Sbrigati” la incitò lei, facendo con entrambe le mani un gesto di congedo in direzione dei camerini; poi si voltò e gridò ad un biondino magro: “E tu! Fa’ funzionare le luci stanotte o mi assicurerò che tu non prenda mai il diploma. Sig. Harris perché sta ancora cincischiando con quel vestito? Se lo metta e basta …”. La voce si affievolì, mentre la folla di attori dilettanti che si trovava ai lati del palcoscenico la inglobava.
    “Sarà meglio che vada” disse Buffy, abbassando lo sguardo sul pavimento e iniziando ad andarsene.
    Angel la bloccò circondandole un braccio con le dita. Lei si voltò a guardarlo con aria interrogativa.
    “Mi dispiace” disse lui, a voce appena udibile.
    Buffy si accigliò, leggermente confusa.
    “Per cosa?”.
    “Per Dru”. Lui deglutì a fatica, poi continuò: “Sono stato un totale idiota. E non posso neanche dire che non intendevo ferirti perché …”. Si interruppe e sospirò, frustrato. “Non so neanche perché l’ho fatto, sai?”.
    Lei rimase in silenzio mentre lui continuava a parlare:
    “Sei una persona splendida, Buffy, e se c’è una cosa per cui mi odierò per il resto della mia vita è il fatto che ho rovinato quello che c’era fra noi”.
    “Angel …” tentò di dire lei, ma lui la interruppe.
    “Non so perché ho iniziato quella storia con Dru. Voglio dire … È completamente matta!”.
    Buffy cercò di reprimere un sorriso ma non ci riuscì e, ben presto, i due stavano ridacchiando.
    “Mi dispiace davvero” disse alla fine lui, dopo un attimo di pausa.
    “Va bene, Angel. Non ti odio più”.
    “Bene” le sorrise di rimando lui.
    Ci fu un attimo di imbarazzante silenzio poi Buffy si mosse per andare nei camerini.
    “Sarà meglio che vada adesso. Sai … i capelli e tutto il resto!” gli ricordò, voltandosi.
    “Va bene. Ci vediamo tra poco” rispose lui, lasciandola andare.
    Buffy corse in camerino. Ansante, finì addosso a Spike che se ne stava a fissare Angel che si allontanava.
    “Spike! Cosa ci fai qui?” chiese lei, seguendo il suo sguardo.
    “Sono solo venuto ad augurarti buona fortuna” borbottò lui, con fare distaccato.
    Vedendo la sua espressione lei fu invasa da un’ondata di preoccupazione.
    “Spike, non era quello che … Voglio dire, stavamo solo …”.
    “Rilassati, Buffy. Ho sentito cosa ha detto la checca” disse lui calmo, sorridendo dolcemente. “È solo che non riesco a credere che l’abbia fatto. Forse dopo tutto non è così male”.
    “Grazie a Dio!” sospirò di sollievo lei. “Credevo che avremmo litigato di nuovo”.
    Continuando a sorridere lui le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, indugiando con le dita sulla nuca e sfiorandole la guancia con il pollice.
    “Sei pronta?” le chiese con voce tenera, guardandola.
    “Adesso sì” esalò lei, appoggiandosi alla sua mano. Dio, quanto le mancava il suo tocco.
    Ben presto si ritrovò a sfiorargli il palmo della mano con le labbra, posandogli piccoli baci leggeri sulla pelle. Spike fu costretto a chiudere gli occhi per un secondo, in cerca di controllo. Era da troppo tempo … “Maledettamente troppo tempo!”.
    “Mi manchi” bisbigliò lei.
    Lui aprì gli occhi e la guardò.
    La voce stridula della sig.na Addams mise fine a quel momento di pace: “SIG.NA SUMMERS! Che cosa fa ancora qui? Deve farsi truccare e i suoi capelli …”. Sospirando frustrata la donna alzò gli occhi al cielo, disgustata dalla massa disordinata di riccioli biondi della ragazza. “E sig. Giles, i camerini non sono il suo posto. Vada a sistemarsi tra il pubblico, per favore” disse, prendendo Buffy per un braccio e, in pratica, trascinandola lontano da Spike.
    “Ci vediamo dopo la recita” gli gridò dietro lei.
    “Rompiti una gamba, amore” urlò lui, rimanendo a guardarla mentre la folla la inghiottiva.

    “Eccoti qua. Ci stavamo preoccupando” disse sorridendo la sig.ra Summers, vedendo il ragazzo che si avvicinava.
    “Ero dietro le quinte, a salutare Buffy” spiegò lui.
    “Bene, faremo meglio a prendere posto” suggerì Giles, facendo incamminare Joyce lungo lo stretto corridoio.
    Spike li seguì.
    “Sig.ra Summers!” chiamò Willow, salutando allegramente con la mano.
    I tre si affettarono a farsi strada fra le file, e si sedettero vicino alla rossa.
    “Come sta?” chiese subito Willow, quando Spike le si sedette a fianco.
    “È un po’ nervosa” rispose lui.
    “Ciao, Willow” salutò Joyce, sedendosi accanto a Spike, mentre Giles si sistemava alla sua sinistra.
    “Hey Joyce, Giles” salutò lei, sporgendosi per guardare la coppia; poi si voltò nuovamente verso Spike: “Hai visto Oz?”.
    “No, mi hanno cacciato prima che potessi andare a vedere gli altri. Ho visto solo l’idiota. Esploderai quando lo vedrai. Sai, non è male come donna” sfotté l’inglese.
    Willow ridacchiò; era sul punto di rispondere quando uno scampanellio avvisò che la recita stava per iniziare.
    I quattro si accomodarono e fissarono il palcoscenico, mentre il sipario si sollevava lentamente.

    Riconoscendo un passo familiare Willow sentì il proprio cuore accelerare appena.
    “Ho scavalcato il muro sovra l'ali leggere dell'amore; amor non teme ostacoli di pietra, e tutto quello che amore può fare trova sempre l'ardire di tentare. Perciò i parenti tuoi non rappresentano per me un ostacolo” recitò Angel, con una sorprendente mancanza di melodrammaticità. Era effettivamente migliorato.
    Lei gettò un’occhiata a Spike, di sbieco e con la coda dell’occhio: si stava stringendo le ginocchia con le mani, le nocche completamente esangui a dimostrare chiaramente quanta forza stesse usando. Spostando lo sguardo verso l’alto, vide che teneva la mascella serrata. I muscoli di lui guizzarono alla vista di Buffy ed Angel che, sulla scena, si scambiavano un bacio veloce e, inspirando a fondo, dilatò le narici.
    Notando Spike che socchiudeva gli occhi alla vista della scena che veniva recitata davanti a lui la sig.ra Summers si schiarì nervosamente la gola. Cercando di ignorare il disagio che, chiaramente, aleggiava su loro quattro, riportò lo sguardo sulla scena.
    “Inspira, espira, inspira, espira. È solo una recita, non è reale. È solo una recita, non è reale” continuava a ripetersi tra sé Spike ma, quando le loro labbra si incontrarono di nuovo, si sentì sul punto di esplodere. Chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi su qualcos’altro. “Solo una recita, solo una … Lo ucciderò. Maledizione, lo ucciderò” ringhiò tra sé, aprendo gli occhi e vedendo la coppia scambiarsi un ultimo bacio sulla scena.
    Quando, finalmente, la straziante scena terminò Willow, Joyce e Giles sospirarono di sollievo. Spike allentò la presa sulle ginocchia, strofinandole delicatamente con le mani, nel tentativo di asciugarsi i palmi sudati.
    “N-non è stato così male”. Le parole sfuggirono a Willow senza che lei sapesse dove aveva trovato il coraggio di dirlo.
    Spike la guardò di sbieco, socchiudendo gli occhi.
    “Scusa” bisbigliò debolmente lei, riportando la propria attenzione sulla scena.

    Mentre venivano recitate le ultime battute della recita Buffy rimase immobile sulla pietra, con gli occhi chiusi.
    “Una ben triste pace è quella che ci reca questo giorno. Quest'oggi il sole, in segno di dolore, non mostrerà il suo volto, sulla terra. Ed ora andiamo via da questo luogo, per ragionare ancora tra di noi di tutti questi tristi accadimenti. Per essi, alcuni avranno il mio perdono, altri la loro giusta punizione; ché mai vicenda fu più dolorosa di questa di Giulietta e di Romeo”.
    Per qualche secondo, mentre cadeva il sipario, la stanza fu invasa dal silenzio poi, attraverso il pesante tessuto, si sentì il rombo degli applausi. Buffy aprì gli occhi e vide Angel, in piedi accanto a lei.
    “Ce l’abbiamo fatta” disse lui, tendendole la mano sorridendo.
    Le la prese di buon grado e, saltata giù dal sarcofago, si mise in piedi al suo fianco. Poi sembrò che la velocità degli accadimenti raddoppiasse. All’improvviso si ritrovò nuovamente al centro del palcoscenico, davanti alla folla che li incitava. Angel da un lato e Xander dall’altro le sollevarono in alto le mani.
    Per la prima volta da quando la recita era iniziata esaminò con gli occhi il pubblico. Cercava alla cieca, dato che le luci l’accecavano appena. Quando finalmente lo trovò il suo sorriso divenne più ampio. Era in piedi, che fischiava e applaudiva selvaggiamente. Ben presto Willow, Joyce e Giles si unirono a lui e, alla fine, tutto il pubblico si alzò per una standing ovation, compreso un sia pur riluttante preside Snyder.
    Non si rese neanche conto che Xander e Angel l’avevano costretta ad avvicinarsi al bordo del palcoscenico e ad inchinarsi nuovamente. Quando si sollevò di nuovo incontrò lo sguardo di Spike e, vedendolo mimare le parole “Ti amo”, il suo cuore fece una capriola e gli occhi le si gonfiarono.
    Stava per bisbigliare di rimando “Ti amo anch’io”, quando il sipario si chiuse, costringendoli ad interrompere il contatto visivo.
    All’improvviso si scatenò un pandemonio. Tutti la circondarono, congratulandosi con lei, dandole fastidiosi baci sulla guancia, soffocandola di abbracci, mentre l’unica cosa che avrebbe voluto fare era saltar giù dal palcoscenico e correre da lui.
    “Sei stata meravigliosa!” le gridò isterica una ragazza, gettandosi fra le sue braccia e facendola quasi cadere.
    “È stato tutto perfetto”.
    “Oh mio Dio! Non posso credere che ce l’abbiamo fatta” gridò un altro.
    Non sapendo cosa fare Buffy si limitava ad annuire, cercando gentilmente di farsi strada fra la gente con un sorriso di circostanza incollato alle labbra.
    “Congratulazioni, sig.na Summers. Immagino che ce l’abbia fatta” disse la sig.na Addams, dopo essersi miracolosamente materializzata davanti a lei.
    “Grazie” esalò Buffy, leggermente a corto di fiato, mentre tutti la tiravano e la spingevano da tutte le parti.
    Dopo qualche minuto di tortura riuscì finalmente a farsi strada tra la folla, mentre l’attenzione di tutti si puntava su Angel. Si affrettò a scostarsi, sollevandosi il vestito che le era finito tra i piedi. Tirò e spinse alla cieca il sipario, cercando di trovarne il bordo, che sembrava non voler essere trovato. Alla fine, quando ormai ne aveva abbastanza e stava per chinarsi e passarci sotto, si sentì tirare. In un lampo si ritrovò in un angolino buio, dietro le quinte, in mezzo alle pesanti corde appese al soffitto. Si ritrovò con la schiena contro un muro, ed il chiacchiericcio della folla in sottofondo, mentre lui le stava davanti senza fiato.
    “Ti ho trovata” esclamò Spike, guardandola. “Pensavo ti fossi …”.
    Fu interrotto dal fatto che Buffy gli gettò le braccia al collo e incollò la bocca alla sua in un bacio esigente. Gli fece scivolare la lingua fra le labbra dischiuse, alla ricerca della sua. Gli infilò rapidamente le dita fra i capelli, afferrandogli l’ammasso di riccioli biondi nel tentativo disperato di approfondire il bacio; lui però si staccò e la guardò. Con una scintilla da predatore nello sguardo le mise una mano sulla guancia ed esalò:
    “Sei stata meravigliosa amore. Maledettamente meravigliosa”.
    Solo in quel momento lei si rese conto che lui aveva in mano qualcosa. Guardò in basso e, alla vista del mazzo di fiori completamente rovinato che lui aveva in mano, sorrise dolcemente. Era stata talmente contenta di vederlo che non li aveva neanche notati.
    Ancora senza fiato espirò a fondo e, con lo sguardo opaco, disse: “Ti amo”.
    “Ti amo anch’io” bisbigliò lui, porgendole i fiori per poi chinarsi a baciarla.
    Iniziò lentamente ma ben presto divenne frenetico, mentre le settimane di separazione fisica avevano la meglio su di loro. Ben presto si ritrovarono a baciarsi appassionatamente, con il pavimento ai loro piedi ricoperto di petali e steli accartocciati.
    Lei gli strinse le braccia intorno al collo, gemendo e mugolando a fior di labbra, poi sollevò la gamba destra aggrappandoglisi al bacino mentre lui, dopo averle infilato una mano sotto il vestito, le afferrava la coscia per attirarla di più a sé.
    “Mi sei mancata …” ansimò Spike, staccando la bocca dalla sua per tracciarle una scia di baci famelici lungo il collo. “ … così tanto” quasi ringhiò, la voce aspra e rauca per il desiderio. “Così maledettamente tanto” disse e, per enfatizzare l’ultima parola, spinse i fianchi contro i suoi strofinando il rigonfiamento indurito che aveva nei pantaloni contro il suo clitoride rigonfio.
    “Oh Dio” sospirò forte lei, aprendo la bocca e lasciando ricadere indietro la testa, mentre gli occhi le si rovesciavano, offrendo così il collo alla bocca famelica di lui.
    Lui tracciava piccoli cerchi con i fianchi, spostandole la mano lungo la coscia fino ad arrivare al bordo delle mutandine. Senza preavviso vi fece scivolare sotto due dita, sfiorandole le labbra gonfie e umide.
    “Spike, ti voglio” riuscì ad esalare lei, rafforzando la presa sui suoi capelli mentre lui la esplorava abilmente.
    “Ti voglio così tanto” grugnì lui in risposta, afferrandole il seno con l’altra mano.
    Lei era talmente assorbita dalla sensazione da essersi dimenticata dei festeggiamenti e del chiacchiericcio che si stava svolgendo a poco più di trenta metri da loro. In quell’angolo buio dietro le quinte sembravano esistere solo lei e Spike. Aprendo gli occhi, vide una folla di adolescenti che festeggiavano il proprio successo. Non le importava. In quel momento l’unica cosa che voleva era lui.
    “Spike …”. Lui la interruppe afferrando il bordo del suo vestito e tirandolo verso il basso, in maniera tale da scoprirle il seno sinistro. Lei cercò di concentrarsi su quello che voleva dire ma, mentre lui le toccava il clitoride e le torceva il capezzolo, non le sembrava possibile: “Dobbiamo …”. Deglutì a fatica e gli tirò i capelli, costringendolo a guardarla. “Lo sgabuzzino” fu tutto quello che riuscì a dire, indicando verso sinistra con un cenno del capo.
    Gli occhi annebbiati, Spike si voltò e vide una porticina a pochi metri da loro. Senza dire una parola le afferrò una coscia e la sollevò, finché lei non gli ebbe avvolto le gambe intorno alla vita. Fra grugniti e baci appassionati la trasportò fino alla porta. Per un po’ combatté con la maniglia, nel tentativo di mantenere l’equilibrio e di non lasciarla cadere. Dopo qualche secondo la porta si aprì e i due entrarono barcollando; poi Spike si chiuse la porta alle spalle con un calcio.
    I due si fecero strada nel poco spazio disponibile. Spike riportò subito la bocca su quella di lei, premendole il corpo con il proprio e facendola indietreggiare fino a farle urtare qualcosa con le caviglie: uno scatolone. Di colpo le mise nuovamente le mani sulle gambe, sollevandola e sistemandola sopra lo scatolone. Senza che le loro labbra si staccassero si sistemò fra le cosce aperte di lei, sollevandole il vestito e scoprendone le gambe perfette.
    Nel frattempo anche Buffy si dava da fare, tirandogli lo spolverino fino a farlo cadere sul pavimento. Poi spostò la propria attenzione sui bottoni della sua camicia e, dopo averci lottato un poco, mugolò frustrata per non essere riuscita nella propria opera. Rendendosi conto della cosa Spike si scostò da lei quel tanto che bastava a sfilarsi la camicia, scoprendosi il torace e offrendolo alle dita di lei.
    Famelico, incollò la bocca al collo di lei, scivolando verso il basso fino a trovare con le labbra il suo capezzolo scoperto. Buffy si inarcò contro la sua bocca, ansimando quando lui le mordicchiò la carne tenera per poi afferrarle rudemente l’altro seno. Come aveva fatto prima, strattonò la stoffa fino a scoprirglielo. Si scostò per un attimo e la guardò. Era assolutamente bellissima. Aveva le guance rosse, i lunghi capelli biondi che le incorniciavano disordinatamente il viso, la bocca semiaperta, il respiro affannoso che le sollevava i seni, ormai liberi dalle restrizioni imposte dal vestito. Non ce la faceva più. Doveva averla subito.
    Le insinuò una mano tremante fra le gambe, afferrandole le mutandine, poi tirò il tessuto delicato, mentre Buffy si dava da fare con l’allacciatura dei suoi jeans. Dopo qualche secondo di tortura riuscirono a liberarsi dalla fastidiosa barriera dei vestiti: la biancheria di lei gettata sul pavimento a fianco alla spolverino di lui, che aveva i jeans arrotolati intorno alle caviglie.
    “Ti voglio così tanto” ansimò lui, afferrandola per i fianchi e piazzandosi nuovamente fra le sue cosce.
    Le afferrò il sedere, sollevandola leggermente, quel tanto che bastava a porla nella giusta angolazione rispetto al suo uccello. I loro sguardi si incontrarono nuovamente, mentre lui le sfiorava il sesso umido con la punta. Lei deglutì a fatica, aspettando che lui si muovesse. Sembrò passare un eternità prima che lui spingesse finalmente i fianchi in avanti.
    Lei gemette, mentre lui rovesciava gli occhi all’indietro e stringeva la mascella.
    “Gesù, sei così maledettamente stretta” grugnì, azzardandosi a gettare uno sguardo al punto in cui i loro corpi si univano.
    Era riuscito a infilare soltanto la punta e già si sentiva avvolto dal calore del suo sesso che si contraeva intorno a lui. Le settimane di astinenza forzata avevano decisamente prodotto i loro effetti su di lei.
    Lei respirò a fondo, nuovamente in attesa che lui si muovesse. Lo vide chiudere gli occhi per un attimo e dilatare appena le narici, poi si spinse in lei, costringendo il suo sesso ad aprirsi per accoglierlo.
    “Cazzo” imprecò lei, mordendosi il labbro inferiore ed affondandoli le unghie nella carne morbida della spalla.
    Era troppo. Lei era talmente …
    “Talmente stretta …” bisbigliò lui, posandole la testa sul petto.
    “Spike, per favore …” lo supplicò lei, impaziente di sentirlo muoversi dentro di sé. “Oh Dio” ringhiò, quando lui iniziò a muoversi avanti e indietro con un ritmo lento e costante, senza staccarle le mani dal sedere.
    Spike aprì la bocca, facendole scorrere le labbra sui seni mentre si spingeva dentro e fuori da lei. Lei si sostenne alle sue spalle e ne ricambiò ogni spinta.
    Ben presto si stavano muovendo con un ritmo rapido e famelico, con lui che si spingeva in lei facendo cozzare i fianchi contro il suo interno coscia.
    “Non durerà”. Spike lo sapeva; non sarebbe durato. Era passato troppo tempo da quando era stato dentro di lei. “Cazzo”.
    Spostò rapidamente il pollice fra le sua gambe, cercando il piccolo ammasso di nervi all apice del suo sesso e strofinandolo con movimenti rapidi, strappandole un grido soffocato di piacere. Non pago di questo incollò la bocca al suo capezzolo sinistro, succhiandolo rudemente fra le labbra e passandovi sopra la lingua, mentre con l’altra mano le tirava quello destro.
    “Oh Dio Spike. Non smettere, non smettere. È così … Ah!” gridò lei, mentre lui affondava con più forza.
    “Buffy …” gemette lui, mordicchiandola.
    “Mi sei mancato così tanto. Avevo bisogno di te. Spike, sto …”. Si bloccò a metà della frase, quando l’orgasmo che si era sviluppato in lei esplose improvvisamente.
    Sentendo i muscoli del suo sesso iniziare a contrarsi intorno a lui, staccò la bocca dal suo seno e strinse i denti. Era l’ultima goccia. Si spinse in lei un ultima volta, poi venne con un ringhio.
    “Ti amo” mormorò, posandole la testa sul petto, mentre il suo orgasmo si calmava.
    “Ti amo” mormorò lei ansante, posandogli il mento sulla testa.
    Rimasero così per qualche momento, avvolti l’uno nelle braccia dell’altro, mentre i loro respiri irregolari si calmavano.
    Buffy aprì gli occhi, mentre lui le leccava via il sudore dal petto. Il movimento della sua lingua era quasi impercettibile all’inizio ma ben presto divenne chiaro che non era ancora soddisfatto.
    “Grazie a Dio!” pensò lei, tracciandogli pigramente dei segni sulla schiena con le dita.
    Trattenne il respiro, mentre lui ricominciava a muovere i fianchi. Ce l’aveva di nuovo duro.
    Lui le fece scorrere la bocca sulla curva elegante del collo, fino a trovarne la bocca. La sentì gemere, poi lei lo scostò appena. Accigliandosi si tirò subito indietro a guardarla:
    “Non vuoi …?”.
    Lei gli sorrise timidamente.
    “Non vorresti …” iniziò, sollevando lo sguardo su di lui e sorridendo maliziosa.
    Lui era confuso.
    “Non vorrei cosa?”.
    Lei non gli rispose, limitandosi a spingerlo indietro finché non uscì da lei, poi scivolò giù dallo scatolone, mentre lui reprimeva in parte un gemito. Gli passò un dito sulla mascella, poi gli prese la mano sinistra e gliela piazzò sulla propria coscia destra, sollevandosi il vestito finché lui non si trovò a toccarle la pelle nuda.
    Lui chiuse gli occhi, mentre lei gli spostava la mano verso l’alto, portandosela al sedere. Non poté evitare di afferrarle una natica soda. Sentendola spostarsi aprì gli occhi e vide che gli dava le spalle.
    “Gesù Buffy!” grugnì, mentre lei faceva un passo indietro per strofinarsi contro il suo uccello teso.
    Lei gli lasciò la mano e gli afferrò l’uccello, tirando un paio di volte e strappandogli un gemito gutturale. Lui rimase a guardarla mentre si chinava sullo scatolone, aprendosi per lui, facendolo avvicinare a sistemando la punta del suo uccello all’apertura del suo sesso.
    “Spike … per favore” mugolò, strofinandosi nuovamente contro di lui.
    Non aveva più bisogno di guidarlo. Lui le portò automaticamente le mani ai fianchi, afferrandoli e sollevandola in maniera tale da farle poggiare sullo scatolone la parte alta del corpo, mentre i suoi piedi dondolavano a pochi centimetri da terra.
    Le afferrò una natica perfetta con la mano sinistra, sfiorandole la carne tenera con il pollice, in attesa del suo consenso. Consenso che venne in forma di supplica disperata:
    “Spike, ti voglio dentro … adesso”.
    Lui fece scorrere la punta dell’uccello lungo il suo sesso, per assicurarsi che fosse completamente bagnata, poi entrò completamente in lei con un’unica spinta decisa.
    “Dio!” esalò Buffy.
    “Tutto bene?” chiese lui.
    “Sì, sì” rispose subito lei, annuendo con violenza.
    Così era talmente diverso, lo sentiva … più grande, più duro. Ci aveva fantasticato per tutte quelle settimane.
    “Per favore non fermarti” gli chiese, con voce debole.
    Lui annuì, anche se lei non poteva vederlo, e cominciò a muoversi lentamente dentro e fuori di lei.
    Lei gemette soddisfatta, mentre lui toccava quel punto perfetto dentro di lei. Ma voleva di più.
    “Più forte” lo supplicò.
    Sentendo la nota di urgenza nella sua voce Spike rovesciò gli occhi all’indietro, poi gli chiuse. Accontentandola si spinse in lei con più forza.
    “Più forte. Più veloce” lo incoraggiò lei e, ben presto, si ritrovò ad affondare in lei.
    Buffy spostò la mano lungo lo scatolone, in cerca di un sostegno, finché non ne trovò il bordo. Lo afferrò e usò l’appiglio come leva per ricambiare le sue spinte.
    Sentendola sempre più stretta e sempre più bagnata ad ogni spinta, Spike le affondò le dita nei fianchi.
    “Per l’inferno maledetto!” ringhiò.
    “Oh Dio Spike, oh dio, oh dio …” cantilenava lei tra un gemito e l’altro. “Spike, sto venendo …” gemette alla fine, mentre l’orgasmo la investiva per la seconda volta in un giorno.
    Non ci volle molto perché Spike la seguisse, affondando in lei un’ultima volta con un grugnito animalesco.
    Buffy ansimò, mentre lui le ricadeva addosso, strofinando il viso contro la nuca di lei.

    Capitolo 51
    Drin! Drin!
    “L’ho preso io” gridò Buffy alla madre che si trovava al piano di sotto, gettandosi sul materasso e afferrando il telefono. “Pronto? Hey Spike” salutò entusiasta, con un gran sogghigno sulle labbra. “No, non puoi venire prima. Non sarò ancora pronta”. Si interruppe e sospirò, poi: “Non ci impiego una vita a vestirmi”. Si guardò le unghie, in attesa della risposta all’altro capo del filo. “Bè, è il ballo dell’ultimo anno. Sono autorizzata a prendermi i miei tempi” mormorò. “Va bene, ci vediamo alle sei. Ciao”. Sogghignò, poi riappese la cornetta e saltò giù dal letto.
    Andò all’armadio e prese il vestito, sistemandolo sul materasso.
    Questa volta aveva osato, scegliendo un capo rosso fuoco. Sua madre non ne era stata troppo felice, ma non le importava. Era il suo ballo di fine corso, aveva il diritto di essere un po’ audace. Sfiorò la stoffa con dita tremanti, mentre la sua mente vagava per qualche istante.
    Qualcuno bussò alla porta, strappandola ai suoi pensieri.
    “Sì?”.
    Sua madre aprì la porta, stando in corridoio.
    “Hey mamma”.
    “Allora, pronta per vestirti?” chiese Joyce con voce debole.
    “Mamma, non ti metterai di nuovo a piangere, vero?” chiese Buffy, leggermente preoccupata.
    “No, no” la rassicurò subito la sig.ra Summers, asciugandosi gli occhi e inspirando a fondo.
    “È solo il ballo di fine anno”.
    “Lo so, solo che … Ora la mia bambina è cresciuta” disse Joyce, singhiozzando un poco mentre la figlia la abbracciava. Quando si separarono la donna passò un dito sulla mascella di Buffy: “Sei diventata una giovane donna, bella, intelligente e affascinante. E non potrei essere più fiera di te”. A questo punto non riuscì più a trattenersi e le lacrime cominciarono a scorrerle sulle guance.
    “Mamma …” si imbronciò Buffy, abbracciandola di nuovo e rendendosi conto che tra poco si sarebbe messa a piangere anche lei.
    “V-voglio che tu …”. Joyce si scostò, in maniera tale da poter guardare la figlia negli occhi mentre parlava e, tirando su con il naso e singhiozzando, disse: “ … sappia c-che ti voglio molto molto bene”.
    “Lo so, mamma. Anch’io te ne voglio” annuì Buffy, mentre gli occhi cominciavano a lacrimarle.
    Le due donne rimasero a guardarsi per qualche secondo, sorridendosi dolcemente. All’improvviso la sig.ra Summers si tirò indietro e si sistemò i vestiti con una mano mentre con l’altra si asciugava le lacrime.
    “Bene, sarà meglio che ti lasci a prepararti” sorrise. “Se hai bisogno di qualcosa fammelo sapere, va bene? Sono di sotto”.
    “Va bene”.
    Mentre guardava la madre allontanarsi e chiudere la porta Buffy avvertì una strana sensazione di completezza, di pienezza. Si stava preparando per il ballo di fine anno, aveva una madre meravigliosa che l’amava, degli amici grandiosi e …
    Drin! Drin!
    … un ragazzo molto dolce e molto nervoso che continuava a telefonare per controllare come stava.
    “Pronto? Spike … No, te l’ho detto. Non puoi venire prima. Anche tu mi manchi” – sospiro – “Lo so. Anch’io non vedo l’ora di vederti. Sei delizioso in smoking”. Sorrise, mentre lui le bisbigliava all’orecchio romanticherie senza senso. “Spike … Devo andare. Farò tardi. Va bene. Ci vediamo dopo. Alle sette, non alle sei” insisté. “Va bene, ciao”.
    Riappese la cornetta e, ancora una volta, riportò la propria attenzione sull’abito aperto sul letto.
    “Èora di diventare sexy” disse ad alta voce, afferrando il vestito.

    “Mamma?” chiamò, scendendo le scale ed andando in cucina.
    La sig.ra Summers si voltò e vide la figlia in piedi sulla soglia. Era splendida, con i lunghi boccoli biondi che le ricadevano sciolti sulle spalle nude ed il viso fresco e vivace, ed un sorriso sulle labbra. Fece una giravolta e l’abito lungo le vorticò intorno, mentre la stoffa leggerissima le sfiorava le gambe in movimento. Era un abito semplice, che le aderiva al petto per poi allargarsi subito sotto il seno. La gonna aveva l’orlo asimmetrico, più lungo dalla parte destra, e la parte superiore le copriva la spalla sinistra ma le lasciava scoperta quella destra.
    “Tesoro … Sei …”. Senza parole, Joyce si portò una mano tremante a coprire la bocca. “ … splendida” riuscì a dire, terminando la frase dopo qualche secondo in cui era rimasta a fissarla.
    “Non credi che sia eccessivo?”.
    “No, no. Sei bellissima, tesoro” la rassicurò subito, andandole vicino.
    Guardava la figlia con lo sguardo opaco. Era bella da togliere il fiato, in tutta sincerità. All’improvviso la sig.ra Summers si riscosse dai suoi pensieri e, scuotendo la testa e asciugandosi le lacrime che avevano ricominciato a scorrerle lungo le guance, corse in soggiorno.
    “Sarà meglio che ti faccia qualche foto”.
    Si mise frugare per la stanza e, dopo aver trovato la macchina fotografica, sospirò di sollievo. Cominciò a scattare senza preavviso, accecando temporaneamente Buffy con il potente flash. Proprio in quel momento suonò il campanello.
    “Deve essere Spike” disse Buffy, improvvisamente un po’ nervosa.
    “Vado io” rispose la sig.ra Summers.
    “No, aspetta. Ho bisogno di fare un’entrata come si deve” gridò la bionda, salendo le scale barcollando, ancora semiaccecata dal flash.
    La sig.ra Summers sorrise, alla vista della figlia che un po’ correva un po’ barcollava sulle scale.
    “Va bene, adesso puoi aprire” urlò Buffy dal piano superiore.
    Una volta aperta la porta Spike, in smoking, salutò: “Hey Joyce”.
    “Ciao, Spike. Entra per favore. Buffy è di sopra, scenderà fra un attimo” spiegò Joyce, lasciando entrare il giovane e cercando di nascondere un sorriso.
    “Grazie. Rimarrò ad …”. Si interruppe, alla vista di Buffy che, lentamente, era comparsa in cima alle scale. “ … aspettare” ansimò, fissando ad occhi sgranati la ragazza che gli si avvicinava.
    Guardando la coppia riunirsi Joyce sorrise tra sé. Rimasero tutti in silenzio, finché lei non arrivò alla base delle scale.
    “Hey” disse, con voce debole.
    Il cuore le batteva violentemente nel petto. Dio, come la guardava; come se lei fosse l’unica cosa importante al mondo.
    Lui cercò di parlare, ma le parole gli si incastrarono nel groppo che aveva alla base della gola. Tossì un poco e ci riprovò: “Hey” disse, a voce bassa e rauca. “Sei … Dio, Buffy!” ansimò alla fine.
    Lei non poté fare a meno di sorridere. Si sentiva così bella sotto il suo sguardo penetrante.
    La sig.ra Summers si trovò costretta ad intervenire, dato che i due ragazzi se ne rimanevano immobili a fissarsi: “Bene, ragazzi, sarà meglio che andiate. Altrimenti farete tardi”.
    “Ah, giusto”. Spike scosse la testa, ma riportò subito lo sguardo sulla ragazza che gli stava davanti. “Ti ho portato questo” disse, timido, porgendole il piccolo mazzo di fiori che aveva in mano.
    “È bellissimo” sorrise Buffy, togliendolo dalla scatola e restituendoglielo in maniera tale che glielo potesse appuntare sull’abito.
    Dopo qualche disperato minuto lui, con mani tremanti, riuscì nell’intento.
    “Facciamo un paio di foto prima che voi due andiate” propose allegra la sig.ra Summers.
    Dopo tutta una serie di pose i due adolescenti furono finalmente liberati, e fu loro possibile andare al ballo.
    “Divertitevi” gridò Joyce, rimanendo sulla soglia a guardare i due che andavano alla macchina.
    Spike entrò nell’auto, sbattendo ancora le palpebre.
    “Credo che tua madre mi abbia accecato, amore” mormorò, strofinandosi gli occhi con il dorso della mano.
    Poi si voltò a guardare la ragazza seduta al suo fianco, trattenendo il respiro e smettendo di sogghignare.
    “Sei splendida, amore” esalò, con lo sguardo nuovamente opaco.
    “Grazie” sorrise lei, mentre lui si chinava a baciarla.
    Indugiò per qualche secondo con le labbra su quelle di lei, poi si tirò indietro. Rilasciò il respiro che aveva trattenuto, aprì gli occhi e, dopo averla guardata ancora una volta, mise in moto.


    too alarming now to talk about [troppo allarmante parlarne ora]
    take your pictures down [metti via le tue immagini]
    and shake it out [e scuotitelo di dosso]
    truth or consequence, say it aloud [verità o risultato, dillo a voce alta]
    use that evidence race it around [usane la dimostrazione, falla circolare]

    Mentre la musica si librava nell’aria e riempiva la palestra stracolma di ragazzi Buffy, entrando stretta al braccio di Spike, si sentì le farfalle nello stomaco.
    “Nervosa, passerotto?” chiese lui, quando lei lo strinse più forte.
    “Un pochino” rispose lei, sorridendo ed esaminando la stanza prima di entrarvi.

    there goes my hero [ecco il mio eroe che va]
    watch him as he goes [guardalo che va]
    there goes my hero [ecco il mio eroe che va]
    hès ordinary [è un ordinario]

    “Ci sono Willow e Oz” disse, indicando la coppia. I due biondi attraversarono la stanza e andarono da loro.
    “Hey” salutò eccitata Willow. “Uau, Buffy sei grandiosa” esclamò, dopo aver visto il vestito che indossava la sua migliore amica.
    “Grazie. Anche tu”.
    “Te l’avevo detto che il rosso era il migliore. Ricordati che puoi andare al ballo dell’ultimo anno solo una volta. Bisogna essere audaci” spiegò Willow, torcendosi le mani.
    “Hey Oz”.
    “Spike.”
    Mentre i due si salutavano le ragazze cominciarono a parlare delle semplici decorazioni della palestra.
    “Non riesco a credere che in tutta la palestra non ci sia nessuna icona di Guerre stellari” suggerì Willow. “Ho controllato. Niente Guerre Stellari, niente Star Trek e niente Stargate. Niente stelle e basta. Avremo una serata senza stelle”.
    “In effetti hanno fatto un buon lavoro” concordò Buffy.
    “Questo grazie all’intervento dei nostri eroi” disse orgoglioso Spike. “Loro volevano decorare la palestra con enormi pupazzi gonfiabili degli eroi della Marvel”.
    Vedendo l’espressione confusa delle due adolescenti aggiunse: “Sapete, per fare pendant con il tema musicale”.
    Le due ragazze si scambiarono un’occhiata.
    “Tema musicale?”.
    Spike si limitò ad allungare un braccio, senza indicare nulla di specifico.

    I want to be your hero of love [Voglio essere il tuo eroe d’amore]
    is it getting better [sta migliorando]
    is it getting brighter [sta diventando più luminoso]
    I want to be your hero [voglio essere il tuo eroe]
    your hero of love [il tuo eroe d’amore]

    “Notate la presenza della parola “eroe” in tutte le canzoni che vengono suonate. Hanno deciso che il tema del ballo sarebbe stato quello degli eroi. Quindi tutte le canzoni che contengono la parola eroe nel testo sono entrate a far parte della colonna sonora della serata” spiegò sogghignando. “Per la verità è stata una decisione unanime”.
    “Eri d’accordo?” chiese perplessa Buffy. “Perché?”.
    Il sorriso di Spike si allargò mentre cominciava ad elencare:
    “Highest Trails Above dei Ramones, Up In Heaven (Not Only Here) dei Clash, Shooting Stars e Paradise West di Billy Idol e, naturalmente, non si può dimenticare New York dei grandi Sex Pistols”.
    “Oh Dio, avrò un ballo di fine anno punk” si lamentò Buffy.
    “Oh piccola” mugolò Spike, fintamente empatico, mettendole un braccio intorno alle spalle. “Il movimento punk finirà per piacerti, dopo un po’ è inevitabile”.
    Buffy si appoggiò a lui, arricciando il naso disgustata.
    “Bella pensata Spike. Devo dire che mi impressioni” disse Oz. “C’è solo un problema”.
    “Quale?” chiese accigliato Spike.
    “Hai dimenticato Holding out for a hero di Bonnie Tyler, Hero di Mariah Carey, quasi la metà della musica country e, naturalmente …”.
    Si sentirono le prime note della canzone, quasi che si fosse trattato di un segnale.

    Would you dance [Balleresti]
    if I asked you to dance? [se ti chiedessi di ballare?]

    “Un classico da non dimenticare” sottolineò Oz, piegando la testa di lato.
    “Per l’inferno maledetto” ringhiò Spike mentre le casse sparavano la voce di Enrique Iglesias e una serie di coppie si avviava sulla pista da ballo.

    Would you run [Scapperesti]
    and never look back? [senza mai guardarti indietro?]
    Would you cry [Piangeresti]
    if you saw me cry? [se mi vedessi piangere?]
    And would you save my soul, tonight? [Salveresti la mia anima stanotte?]

    “Sono all’inferno” brontolò, talmente deluso da non notare Xander e Cordelia che si avvicinavano.
    “Hey” salutò il bruno con un gran ghigno.
    “Ciao Xander. Cordy hai un vestito adorabile” le fece i complimenti Willow.
    “Hey ragazzi” mormorò Spike, mentre Buffy gli tirava una manica.
    “Andiamo acidone. Balliamo”.
    L’ossigenato la seguì di malavoglia. Quando arrivarono al centro della pista da ballo la prese tra le braccia attirandola a sé, mentre lei gli posava la testa su una spalla. Si mossero lentamente, ascoltando lo spiacevole testo.
    Lei sollevò lo sguardo e lo vide imbronciato.
    “E dai. Non è così male”.
    “No, non è male”. Lui fece una pausa. “È orribile. Sembra cantata da uno che vuole andare in bagno ed è costretto a tenersela”.
    “Che immagine carina, Spike”.
    “Va bene, non è così male” ammise lui.
    “Ti prometto che ballerò con te una di quelle tue orribili canzoni punk”.
    Lui sorrise, e lei gli posò nuovamente la guancia sul petto.

    Seduta ad un tavolo con Willow e Cordy, Buffy tamburellava il pavimento con un piede a ritmo di musica.
    “Non riesco a credere che siamo al ballo dell’ultimo anno” esclamò Willow, guardando Xander, Spike e Oz che chiacchieravano poco distante.
    “Non riesco a credere che prenderemo il diploma la prossima settimana” replicò Buffy.
    “Non riesco a credere che quella ragazza abbia i miei stessi fiori sul corpetto” se ne uscì Cordy. “Scusatemi, vado ad uccidere Xander”.
    Era già in piedi per metà quando Buffy la tirò nuovamente seduta.
    “Rilassati Cordy. È il ballo dell’ultimo anno”.
    “Appunto! Non è possibile che io e lei abbiamo gli stessi fiori sul corpetto” precisò Cordelia.
    “Se ti fa star meglio, stanno meglio a te. Credo che facciano a pugni con il suo vestito” suggerì Willow.
    “Certo che stanno meglio a me” replicò subito Cordy.
    Ci fu un attimo di silenzio, e le tre ragazze continuarono ad osservare la pista da ballo.
    “Xander è così carino quando ride in quel modo” disse Cordelia, guardando il suo ragazzo che, tenendosi lo stomaco, ridacchiava per qualcosa che aveva detto Spike.
    Willow e Buffy rimasero gelate. Era strano che Cordelia facesse un complimento a qualcuno, tanto più a Xander. Era sempre impegnata a sottolineare i suoi sbagli ma, in quel momento, stava fissando amorevole la sua metà.
    “Fa sembrare carini persino i vietatissimi calzini bianchi”.
    Le tre ragazze sorrisero alla vista dei calzini bianchi che spuntavano da sotto i pantaloni dello smoking di Xander.
    “Non imparerà mai” sottolineò Willow.
    Cordelia sospirò forte: “Ha fatto la stessa cosa per il ballo di homecoming”.
    “Dio, sembra che siano passate delle epoche!” disse Buffy continuando a guardare i tre ragazzi; proprio in quel momento Spike si voltò e i loro sguardi si incontrarono.
    I due si sorrisero, mentre le persone intorno a loro continuavano a parlare.
    “Vi ricordate che Spike è stato eletto re di homecoming?” chiese Willow, sogghignando. “Credete che succederà anche questa volta?”.
    “Oh Dio no!” esclamò Cordelia. “Se devo ballare con qualcuno che non sia Xander, che sia Angel. Almeno è più alto di me”.
    “Hey, Spike non è così basso!” protestò Buffy, distogliendo lo sguardo da quello di Spike.
    La rossa e la bruna le diedero un’occhiataccia.
    “Va bene, d’accordo. Non è alto. Ma compensa in altre zone” precisò lasciva Buffy, riportando lo sguardo su Spike.
    “Immagino” disse Cordy, alzando gli occhi al cielo. “Penso che orami lo sappiamo tutti”.
    In risposta all’occhiata interrogativa di Buffy continuò:
    “Bè tranne quei pochi che non sono venuti alla recita la settimana scorsa”.
    “O quelli che erano lì ma avevano grossi problemi di udito” aggiunse Willow.
    Un forte rossore invase il collo e le guance di Buffy.
    “Era veramente divertente vedere la faccia di Giles che cercava di fingere di essere diventato sordo” ridacchiò Willow.
    “Oh mio Dio. Sto per morire” mormorò imbarazzata Buffy, prendendosi il volto tra le mani.
    “Hey signore. Di che cosa state parlando?” chiese Xander, avvicinandosi al tavolo seguito da Oz e Spike.
    “Di niente!” saltò subito su Buffy, mentre Spike si sistemava al suo fianco.
    Xander si accigliò.

    I need a hero [Ho bisogno di un eroe]
    I'm holding out for a hero 'til the morning light [attenderò un eroe fino al mattino]
    Hès gotta be sure [dovrà essere sicuro]
    And it's gotta be soon [e dovrà accadere presto]
    And hès gotta be larger than life [e dovrà essere più forte della vita]

    “Vuoi ballare?” chiese velocemente Buffy, rendendosi conto che Xander non aveva intenzione di lasciar cadere l’argomento.
    “La canzone è a metà ma, certo” si strinse nelle spalle Spike, aiutandola ad alzarsi e conducendola sulla pista da ballo.

    Racing on the thunder [superando il tuono]
    And rising with the heat. [e sollevandosi con il calore]
    It’s gonna take a superman [ci vorrà un superuomo]
    To swing me off my feet. [per sollevarmi]

    Proprio a questo punto della canzone Buffy si sentì stringere più forte e fu sollevata, perdendosi nel suo abbraccio, mentre lui premeva la bocca sulla sua per un bacio appassionato.
    Ridacchiò allegra contro le sue labbra, poi si separarono e lei posò nuovamente i piedi a terra.
    “Allora …” iniziò Spike, leggermente a corto di fiato, mentre si muovevano lentamente per la pista da ballo, completamente fuori tempo rispetto alla canzone. Rimasero abbracciati, mentre le altre coppie intorno a loro si agitavano frenetiche al ritmo della musica. “ … che cos’è successo?”.
    Lei arrossì ancora di più e Spike sogghignò.
    “Hai un’idea di quanto sei carina quando arrossisci in quel modo? Mi fa venire voglia di …”. Anziché finire la frase la attirò a sé e premette i fianchi contro i suoi.
    Lei sgranò gli occhi e lo spinse subito via, tenendogli però le braccia intorno al collo.
    “No! È proprio quello che ci ha messo in questo casino” esalò lei, esaminando accigliata le coppie intorno a loro. Aveva la terribile sensazione che tutti stessero facendo commenti su di loro. “A quanto pare tutta la scuola ha sentito il nostro incontro nello sgabuzzino dei bidelli, la settimana scorsa” spiegò.
    “Ah”. Lui sollevò le sopracciglia quando capì ma, dopo qualche secondo, si strinse nelle spalle: “Accidenti”.
    “Cosa vuol dire accidenti?” chiese lei, accigliandosi ancora di più.
    “Ci hanno sentito, e allora?”.
    “Bè, è …” iniziò Buffy, interrompendosi dopo essersi resa conto di non avere argomentazioni.
    “Ci diplomeremo la settimana prossima, e probabilmente non vedremo mai più queste persone”.
    Buffy ci pensò sopra per qualche secondo, poi si strinse nelle spalle.
    “Immagino …” e si appoggiò nuovamente a lui.
    “Se penso che otto mesi fa sei impazzita perché ci hanno beccato a pomiciare sulla cattedra” ridacchiò lui.
    “Non ricordarmelo” brontolò lei.
    “E dai. Devi ammettere che a ripensarci è piuttosto divertente” continuò lui.
    “Spike!” lo rimproverò lei, sollevando lo sguardo su di lui.
    “Che c’è?” chiese lui, sulla difensiva.
    Il sogghigno di lui ebbe la meglio sul cipiglio di lei che, improvvisamente, si ritrovò a sorridere a sua volta.
    “Hai visto la faccia di Harmony?” chiese, ridacchiando.
    “Non aveva prezzo” rispose lui.
    I due si guardarono e, per un po’, risero forte.
    “Sembra che sia passata un'eternità …” disse alla fine lei, mentre il suo sguardo si faceva nuovamente sognante. “Come siamo finiti qui? Io e te … insieme al ballo dell’ultimo anno. Ci odiavamo così tanto!”.
    “Alla fine ti ho conquistata con il mio fascino incredibilmente sexy. Era solo questione di tempo” disse lui, superbo.
    Lei gli diede uno schiaffetto sul petto, continuando a sorridere: “Stai zitto!”.
    “Sono irresistibile, Summers, e tu lo sai” continuò lui.
    “Maiale” borbottò lei.
    “Un maiale decisamente sexy” aggiunse lui, sollevando il sopracciglio sfregiato.
    Lei si limitò a scuotere la testa, poi la posò nuovamente sulla sua spalla.
    Mentre erano sul punto di riprendere a ballare la musica si interruppe e, dagli altoparlanti, si sentì la voce nervosa di Jonathan.
    “S-scusate. P-posso avere la vostra attenzione, per favore?” balbettò, battendo due volte sul microfono e riempiendo la palestra di un fastidioso stridio di riverbero. “S-scusate” si scusò, mentre tutti presenti facevano una smorfia. Si schiarì la gola e continuò: “Bene, è il ballo dell’ultimo anno e, fra una settimana, ci saremo tutti diplomati”.
    “Era ora” gridò qualcuno tra la folla, e tutti risero.
    Jonathan fece una risatina forzata e continuò a leggere: “Comunque, siamo riuniti qui per celebrare il nostro viaggio nel …”.
    “E falla finita” urlò qualcuno.
    “Dovremo sopportare questa cosa durante la cerimonia dei diplomi” disse un altro.
    Riconobbero la voce di Larry: “Passa a Chase”.
    Tutti ridacchiarono per lo scherzo. Era semplicemente troppo ovvio che la regina del ballo sarebbe stata Cordelia Chase.
    “Divertente” sorrise appena Jonathan. “Va bene, allora. La regina del ballo quest’anno è …”. Aprì una busta e lesse a voce alta: “Cordelia Chase”.
    “Finalmente” brontolò a denti stretti Cordy, sorridendo e dirigendosi sul palco.
    Spike guardò di sottecchi Buffy e si accorse che si stava torcendo le mani.
    “Non preoccuparti, amore. Stavolta non vincerò” la rassicurò.
    Lei corrugò le sopracciglia e lui aggiunse:
    “Ho fatto una chiacchierata con Andrew sul fatto di alterare i voti”.
    “E il re del ballo è … Angel O’Neill” annunciò Jonathan.
    “Visto?” chiese Spike, prendendola tra le braccia e portandola a bordo pista in maniera tale che Angel e Cordy potessero avere il ballo del re e della regina.
    Raggiunsero il resto del gruppo mentre i due popolari bruni si univano. Spike diede un’occhiata a Xander, che si stava mordendo l’interno di una guancia mormorando qualcosa di incomprensibile.
    “Non preoccuparti, idiota, a lei piaci tu” cercò di rassicurare l’amico Spike, ma Xander non rimase fermo finché la canzone non terminò.
    “Finalmente” ansimò, quando Angel e Cordy si separarono. “Pensavo che quella canzone non sarebbe mai finita” brontolò, circondando protettivo con un braccio la sua ragazza e guardando male Angel attraverso la stanza. Il quarterback lo ignorò e mise un braccio intorno alle spalle della sua accompagnatrice, una bionda dagli occhi azzurri, a quanto pareva un’universitaria del primo anno di nome Darla.
    Buffy non poté fare a meno di sorriderne. Era troppo carino vedere come un solo ballo riusciva ad ingelosire Xander ma, del resto, lei aveva fatto un casino per molto meno in passato. Sollevò un angolo della bocca in un sogghigno soddisfatto e si appoggiò a Spike, lasciando che i ricordi dell’anno trascorso le invadessero la mente.


    EPILOGO
    Buffy agitò i piedi nudi ancora una volta, allungandosi sulla coperta comoda, con i talloni sull’erba e la testa posata su un torace muscoloso. Chiuse gli occhi, percorrendo con le dita la stoffa bianca contro cui teneva poggiata la guancia. Dopo gli affanni degli ultimi giorni era piacevole starsene tranquilli per un po’.
    “A che cosa pensi, amore?” chiese Spike con voce aspra e profonda, mentre il suo torace vibrava appena.
    “A niente … A tutto” rispose lei, accoccolandosi più vicina.
    “Ah, oggi sei in modalità “pensieri profondi” scherzò lui, guadagnandosi uno schiaffetto su un braccio.
    Lei sollevò lo sguardo a guardarlo negli occhi, posando il mento sul suo torace; lui teneva le braccia incrociate sotto la nuca.
    “Stavo solo pensando a quest’ultimo anno …” disse lei, sorridendo dolcemente. “Sembrava che tutto accadesse allo stesso tempo molto velocemente e molto lentamente”.
    Lui si accigliò e lei cercò di chiarire:
    “È solo che mi ricordo tutto molto chiaramente, ma mi sembra che sia accaduto molto tempo fa. Capisci cosa voglio dire?”.
    “Certo”.
    Lei si interruppe un attimo, tracciandogli sentieri segreti sulla maglia con l’indice.
    “Non riesco a credere che ci siamo diplomati. Sembrava che quest’anno non sarebbe mai finito”.
    “Non starai già diventando nostalgica, vero? Ci siamo diplomati solo due giorni fa” precisò lui.
    “Non so. È solo che ho la sensazione profonda che niente sarà più lo stesso. Cambierà tutto. E mi mancherà tutto così tanto”.
    “Il cambiamento è positivo. Un sacco di cose sono cambiate quest’anno, e la maggior parte erano positive” ribatté lui.
    “Forse ma …”. Lei si lasciò sfuggire un sospiro. “Il liceo è finito”.
    “Diciamo che è inevitabile, amore”.
    “Lo so. Solo che mi mancheranno tutti quanti”.
    “Cosa vuoi dire? Vedrai tutto l’anno prossimo. Tu, io, Willow, Oz e Cordy andremo al College di Sunnydale. Xander si è preso un anno per “trovare se stesso”, il che significa che se ne starà seduto nel seminterrato dei suoi genitori tutto l’anno, finché non deciderà di alzare il suo culo pigro ed andare al college” razionalizzò Spike.
    “Già, probabilmente hai ragione” sorrise di nuovo lei.
    “Certo che sì!” disse lui, arrogante. “Adesso smettila di lamentarti e divertiamoci prima che arrivino gli altri”.
    “Quando hanno detto che vengono?” chiese Buffy.
    “Alle sei. Vengono con il furgoncino di Oz, per cui devono aspettare che lui finisca con le prove della band. Il che significa …”. Si sollevò su un gomito e afferrò un polso di Buffy, voltandolo in maniera da poter controllare l’ora. “ … che abbiamo esattamente due ore e mezza per goderci questo splendido scenario” disse, allungando le braccia e indicando il lago davanti a loro.
    “Goderci lo scenario … Certo! Mi piace come eufemismo” scherzò Buffy, risalendo lungo il suo corpo e sfiorandogli le labbra con le proprie.
    “Cosa? Sono serio. Devi ammettere che la capanna di mio padre ha un panorama grandioso” cercò di apparire innocente Spike.
    “Non saprei. L’ultima volta che sono stata qui ero troppo … distratta da altre cose per notare il panorama” mormorò lasciva Buffy, passandogli una mano sul petto e sfiorandogli baldanzosa l’inguine.
    “Ah, davvero …?” chiese Spike con un’espressione lasciva, mettendole una mano dietro la nuca e attirandola giù per un bacio famelico.
    “Mmm …” cercò di replicare lei; ma non le fu possibile, perciò si limitò ad annuire mentre si rotolavano in maniera tale che si ritrovò sdraiata sulla schiena, con il corpo di Spike che incombeva su di lei.
    All’improvviso lui si staccò. Buffy impiegò qualche secondo a mettere a fuoco la vista ed a rendersi conto di cosa fosse successo. Quando sollevò lo sguardo se lo trovò seduto a fianco, con un ghigno sulle labbra.
    “Meglio non distrarti dal panorama” disse.
    “Piccolo …” lo rimproverò lei, sedendosi e agitando le mani mentre lui, in un lampo, si alzava in piedi.
    Lei si alzò barcollando e, per qualche minuto, gli corse dietro, poi si arrese.
    “Che c’è? Non ce la fai?” chiese Spike, un po’ a corto di fiato.
    “Non proprio” rispose lei, stringendosi nelle spalle.
    “Oh, la povera piccola Buffy è troppo stanca per corrermi dietro” la prese in giro lui, in tono infantile.
    “No. Non ho bisogno di correrti dietro” disse lei, togliendosi le scarpe.
    “È che sono semplicemente troppo veloce per te. Bambina” continuò lui, sfidandola a corrergli dietro e passandosi la lingua sui denti.
    “Te l’ho detto Spike” iniziò lei, portandosi le mani dietro la schiena. Dopo qualche secondo si sentì il rumore di una cerniera. “Non ho …”. Si fece scivolare dalle spalle le spalline dell’abito estivo e, quasi subito, il tessuto le cadde alle caviglie.
    Quando la vide in piedi, baciata dal sole, con addosso soltanto un perizoma inconsistente, Spike chiuse la bocca, deglutendo a fatica.
    “ … bisogno di correrti dietro”. Si tolse anche il perizoma. “ … se posso far sì che tu …”. Si allontanò mentre lui le si avvicinava. “ … mi corra dietro”.
    Si misero a correre, ridacchiando, Buffy correva il più velocemente possibile ma correre a piedi nudi, anche sull’erba, non era molto comodo e, ben presto, si rese conto che l’unico modo per evitare di essere presa era quello di correre nel lago. E fece proprio così.
    Vedendola tuffarsi nell’acqua fredda Spike brontolò, frustrato. Lei riemerse dopo qualche secondo, con i capelli bagnati tirati indietro. Senza pensare Spike si liberò rapidamente dei vestiti. Si tolse i jeans, la maglietta, gli scarponi e i calzini, lanciandoli in tutte le direzioni. Ben presto si tuffò nel lago, dietro di lei.
    “Presa!” disse lui, trionfante.
    “Dobbiamo proprio darci da fare con la tua abbronzatura, lo sai?” chiese lei, senza fiato.
    “Dopo. Forse” ansimò lui, prima di incollare le labbra a quelle di lei che, istintivamente, gli avvolse le gambe intorno alla vita.
    Sentendo qualcosa di lungo e duro premerle contro l’interno coscia Buffy mugolò contro la sua bocca. Spostò rapidamente i fianchi per sistemarlo, e sentì la voce di Cordelia:
    “Oh mio Dio! Ci stanno dando dentro di nuovo!”.
    I due biondi si bloccarono. Si voltarono e incontrarono quattro paia d’occhi scioccati. Bè, più che altro due paia d’occhi scioccati, perché quelli di Cordelia erano più sul genere frustrato/seccato e quelli di Oz erano semplicemente … quelli di Oz.
    “Ragazzi, siete dei conigli, lo sapete?” brontolò Cordy dalla riva.
    Gli altri tre ragazzi iniziarono ad arretrare nervosamente. Quando Cordelia non li seguì Xander l’afferrò per le braccia e, trascinandola via, balbettò:
    “L-le prove della band di Oz sono state cancellate”. Rendendosi conto di quanto suonasse ridicola la spiegazione in quel momento, aggiunse: “S-saremo alla capanna, a disfare i bagagli”.
    E, detto quello, sparirono. Senza perdere un secondo Spike riportò le labbra su quelle di Buffy, mentre lei non distoglieva lo sguardo dal punto in cui due secondi prima c’erano i loro amici.
    “Spike, che cosa stai facendo?”.
    “Cosa ti sembra?” gemette lui con voce rauca, passandole la lingua sul collo.
    “Non adesso. Ci sono gli altri” lo rimproverò lei, cercando di liberarsi.
    “Non ci sono più”. Lui continuò con le sue attenzioni ma, quando Buffy riuscì finalmente a spingerlo via, smise.
    “Ma Buffy …” mugolò lui, guardandola nuotare verso riva.
    “Niente ma, possiamo farlo dopo” disse lei, iniziando a raccogliere i propri vestiti.
    “Per l’inferno maledetto …” brontolò lui, uscendo di malavoglia dall’acqua ed iniziando a vestirsi. “Di chi è stata poi l’idea di invitarli a passare la settimana qui alla capanna con noi?”.
    “Tua” rispose pronta Buffy, lanciandogli la maglietta mentre lui si chiudeva i jeans.
    “Ah giusto”.
    “Non preoccuparti. Mi farò perdonare più tardi” disse lei sorridendo, ripiegando la coperta mentre lo aspettava.
    Quando lui la raggiunse, lei gli mise un braccio intorno alla vita, poi i due si avviarono alla capanna.


    FINE
     
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  14. Redan
     
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    Davvero molto bella, una delle AU migliori che abbia letto fino ad ora. Grazie di averla riportata quì!
     
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  15. kasumi
     
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    Ma dai, che coincidenza!! La stavo giusto leggendo in inglese questo mese! Sono contenta che l'avete tradotta in italiano, la storia è fantastica e scritta davvero bene *_* Però io mi sono fermata a metà... Avevo questo istinto prepotente di prendere Buffy a mazzate :assassin: :assassin:
    Magari quando mi passa l'istinto omicida la riprendo e la leggo fino alla fine XD
     
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15 replies since 2/6/2015, 21:26   2780 views
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