Un Tocco di Gelosia

Tradotta da PrincesMonica

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  1. TerenceSpike
     
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    Capitolo 16
    Buffy giaceva tranquilla nel suo letto, ad occhi chiusi, immersa in una sorta di dormiveglia. Si mise supina, con le braccia fuori dalle coperte tiepide, appoggiate sul petto; attraverso la sonnolenza che le avvolgeva la mente sentì un debole rumore. Tentò di aprire gli occhi, ma sembrava che sulle sue palpebre gravasse tutto il peso del mondo, perciò li tenne chiusi, aprendoli di scatto solo quando sentì il materasso spostarsi. Aveva la vista annebbiata, e le ci volle un bel po’ per mettere a fuoco una figura che, avvicinatasi e salita sul letto, si faceva strada come un gatto su di lei. Non aveva bisogno di vederlo per sapere chi era; l’odore di alcool e sigarette che lo circondava lo rendeva fin troppo chiaro. Immobile, trattenne il respiro mentre lui finiva di salirle sopra, gravando il proprio peso sugli avambracci , che aveva poggiato ai lati della sua testa.
    “Spike, che fai qui?”. Tentò di sembrare arrabbiata ed offesa, ma inutilmente, perché la voce le venne fuori in un fragile sussurro.
    “Shh…” lo sentì dire; poi le seppellì il viso alla base del collo, dandole dei baci leggeri lungo la mascella, fino al lobo dell’orecchio.
    Ansimò quando lui le si appoggiò addosso con tutto il suo peso, tenendo una gamba fra le sue ed infilando la mano sinistra sotto le coperte, togliendogliele di dosso prima di afferarle la camicia da notte.
    “Spi...”. Tentò di parlare ma le parole le morirono in gola quando sentì le dita di lui affondarle nelle cosce e sollevarle la camicia da notte.
    Lo sentì gemere e spingere il bacino contro il suo; istintivamente gli avvolse le gambe intorno ai fianchi. Gli afferrò la camicia rossa, tirando nel tentativo di sfilargliela dalla testa, ma lui non la lasciò andare. La tenne tra le braccia, posandole una mano sulla coscia e l’altra sulla nuca, mente la attirava a sé per un bacio infuocato. Lo sentì strofinarsi contro di lei, e si lasciò sfuggire un grido, soffocato dalla sua bocca, mentre gli faceva scorrere le unghie sulla schiena.
    Lui si tirò indietro di colpo per guardarla, mentre entrambi respiravano a fatica.
    “Sei bella, Summers” bisbigliò, prima di seppellirle nuovamente il volto nel collo.
    Lei si inarcò e gemette, mentre la mano di lui, prima posata sulla sua coscia, si spostava fra le sue gambe per tirarle le mutandine.
    “Oh Dio … Buffy”. Lo sentì ansimare mentre con le dita le spingeva di lato l’elastico degli slip.
    “Buffy ... Buffy svegliati!”
    Aprì gli occhi di scatto e vide la madre, in piedi di fronte al letto, che la scuoteva leggermente facendola così uscire dal suo sogno.
    “Mamma?!” chiese, confusa, corrugndo le sopracciglia.
    “Sei in ritardo per la scuola, signorina” la avvertì la signora Summers. “Adesso esci dal letto. Prima di uscire verrò a controllare che tu ti sia alzata” disse, uscendo dalla stanza.
    Buffy si sollevò sui gomiti esaminando, con uno sguardo offuscato, la stanza vuota. Sgranò gli occhi, mentre il ricordo del sogno le assaliva la mente.
    “Oh ... mio Dio” bisbigliò tra se poi, mentre un altro paio di immagini le passavano davanti agli occhi, ripeté in tono più acuto: “OH MIO DIO!”.

    Stava percorrendo rapidamente il corridoio, passando in mezzo alla folla di adolescenti con la testa bassa ed i libri stretti al petto, sforzandosi il più possibile di evitare i luoghi in cui avrebbe potuto trovarsi lui.
    “Hey, Buffy!”. Sentì la voce familiare di Willow e, voltatasi, vide la rossa che, in piedi vicino al suo armadietto insieme a Oz, la salutava con la mano.
    La biondina sorrise, era sul punto di andarle incontro quando colse un baluginio di capelli bianchi e cuoio nero che voltava l’angolo e si dirigeva verso Willow. Buffy spalancò gli occhi e si affrettò a gridare:
    “Non posso. Sono in ritardo.” Detto questo si voltò e proseguì lungo il corridoio.
    Willow si accigliò per l’affermazione della sua migliore amica.
    “In ritardo? La campanella non ha neanche suonato. E da quando Buffy ha la fissa di arrivare puntuale … a letteratura inglese, niente meno?”
    Oz si limitò a stringersi nelle spalle.
    “Hey.”
    Willow fece un salto, sentendo una profonda voce maschile alle sue spalle.
    “Hey Spike” replicò rapida, mentre Oz salutava con un cenno del capo.
    “Ragazzi, avete visto Buffy?” chiese lui.
    “L’abbiamo appena vista. Stava andando in classe” spiegò Willow.
    “Di già?” si accigliò Spike.
    I due rossi si strinsero nelle spalle.
    “Bè, ci vediamo dopo allora” disse l’ossigenato, poi si mise a correre lungo il corridoio per andare in classe.

    Buffy percorse rapidamente il corridoio, frugando fra i propri libri alla ricerca del suo orario. Era talmente immersa in questo compito che non notò affatto le occhiate curiose rivolte nella sua direzione, né il bisbigliare continuo a cui ogni studente si dedicava al suo passaggio. Sospirò soddisfatta, una volta trovato ciò che stava cercando.
    “Mercoledì ... mercoledì ...” borbottò, facendo scorrere l’indice sulla tabella. Perché mai non si ricordava che lezione aveva? “Stupido sogno!” mormorò, riprendendo a cercare. “Letteratura inglese” disse, poi alzò gli occhi per controllare dove si trovava. “Da quella parte”.
    Quando raggiunse l’aula, guardò da entrabe le parti prima di girare la maniglia ed entrare. Si chiuse la porta alle spalle e, chiudendo gli occhi, emise un profondo sospiro di sollievo.
    “Al sicuro. Cara vecchia letteratura inglese. Ah”.
    All’improvviso aprì gli occhi di scatto.
    “Letteratura inglese? Ma è con ...”
    Non riuscì a finire la frase, dato che qualcuno aprì la porta a cui si era appoggiata, mandandola a terra a gambe all’aria. Gemette per lo scontro con la superficie dura, mentre i capelli le ricadevano sul viso, ma si rimise velocemente in piedi. Respirando forte, si allontanò le ciocche bionde dal viso. Quando vide chi le stava di fronte, tenendo la porta aperta, dovette sopprimere uno squittio.
    “Spike” gemette alzando gli occhi al cielo, poi si voltò ed andò al suo banco, vicino alla finestra.
    “Hey amore! Anche a me fa piacere vederti” mormorò lui sarcastico, chiudendosi la porta alle spalle.
    “Che cosa fai qui?” chiese lei seccata, tentando di scacciare i ricordi del suo sogno, che continuavano a scorrerle davanti agli occhi.
    “La domanda dovrebbe essere: perchè sei qui amore? La lezione non è ancora iniziata” precisò Spike, andando ad appoggiarsi al banco a fianco al suo.
    Buffy si passò le dita sugli occhi, gemendo e respingendo le immagini piccanti del suo sogno.
    “Stai bene? È per ieri? Credevo ...”
    “No, sto bene” brontolò lei.
    “Si, sei al massimo, amore”
    “Per favore la vuoi smettere di chiamarmi così?”. Lo stava praticametne supplicando.
    Spike si sistemò sulla sua sedia e la fissò.
    “È per tua madre? Perchè ...”
    “Spike, smettila di cercare di psicanalizzarmi. Te l’ho detto: sto bene. Sono solo stanca. Ho fatto un brutto sogno, *veramente* brutto” gemette lei, prendendosi la testa fra le mani.
    “Sicura che è tutto qui?” chiese lui, senza riuscire ad evitare di mettere nel suo tono un filo di preoccupazione.
    “Spike, perchè mi fai tutte queste domande?” gemette lei, guardandolo finalmente in viso.
    Lui era sul punto di rispondere, quando la porta dell’aula si aprì.
    “Come avete fatto ad entrare, ragazzi?”. Sentirono la voce della sig.ra Kennedy e si voltarono rapidamente verso di lei.
    “Sig.ra Kennedy” salutò Buffy imbarazzata.
    “Sig.na Summers”. La donna annuì, poggiando le sue cose sulla cattedra. “Non avevo mai pensato che lei fosse il tipo che viene in classe in anticipo. Credevo che odiasse la letteratura inglese”.
    “I-io ... no ... io ...” balbettò Buffy.
    “Non c’è bisogno di balbettare, Buffy. Sono contenta che si sia appassionata alla mia materia”. La signora Kennedy sorrise ammiccando alla biondina da sotto le lenti degli occhiali.
    Buffy sospirò di sollievo quando Spike si alzò e si allontanò per parlare con l’insegnante. Accigliata, assistette al breve scambio di parole tra i due; alla fine la sig.ra Kennedy annuì ed il ragazzo tornò sui propri passi e si sedette accanto a Buffy.
    “Perchè stai sorridendo? Non mi piace quando lo fai. Significa che sono in arrivo cose spiacevoli” brontolò Buffy, sollevando i sopraccigli.
    La campanella suonò e la sig.ra Kennedy aprì la porta dell’aula, lasciando entrare un gruppo di adolescenti sovraeccitati. Man mano che questi vedevano la coppia di biondi seduti vicini, la stanza si riempiva di bisbigli e pettegolezzi.
    “Non vai a sederti al tuo posto?” chiese Buffy.
    Prima che Spike potesse rispondere la sig.ra Kennedy disse:
    “Sig.na Kendal”. Non ebbe alcuna risposta, perchè la bionda stava chiaccherando entusiasticamente con un altro studente e, nel frattempo, gettava occhiate alla famigerata coppia. “Harmony Kendal!” la chiamò nuovamente la sig.ra Kennedy, e stavolta la ragazza se ne rese conto. “Se non le dispiace vorrei che scambiasse il suo posto con Spike”.
    Buffy spalancò gli occhi, fissando Spike che sogghignava e ammicava.
    “Che cosa?! Perchè?” si lamentò la ragazza.
    “Perchè da ora in poi Spike farà da tutor a Buffy nello studio della letteratura inglese. E a lei farà bene non essere così vicina alle altre cheerleader. Sembra che lei abbia grosse difficoltà di concentrazione quando si trova con loro” rispose la sig.ra Kennedy, voltandosi per scrivere qualcosa alla lavagna.
    “Ma ...”
    “Non un’altra parola, Harmony” la avvertì la sig.ra Kennedy, senza neanche voltarsi.
    La bionda prese di malavoglia le sue cose e, trascinando i piedi, andò al suo nuovo banco mormorando:
    “Il tutor un corno ...”
    “L’ho sentita, sig.na Kendal” la avvertì la sig.ra Kennedy prima di cominciare la lezione.
    Un’ora più tardi la campanella suonò di nuovo, gli studenti respirarono tutti insieme di sollievo e cominciarono immediatamente a raccogliere i loro libri per lasciare l’aula.
    Spike si appoggiò al suo nuovo banco, guardando Buffy che, imbarazzata, infilava le sue cose nello zainetto.
    “Sei nervosa, amore?” le chiese alla fine, curioso, sollevando un sopracciglio.
    Lei aveva passato tutta la lezione ad evitarlo, scrivendo freneticamente sul blocco per gli appunti. Se non l’avesse conosciuta avrebbe pensato che stesse davvero cercando di imparare qualcosa. Ogni volta che la guardava o la chiamava, lei diventava rossa come un peperone e continuava a fissare i suoi libri.
    “Sto bene” esalò lei, mettendosi lo zaino sulle spalla.
    “Bè, a me sembri un po’ agitata” insistè lui mentre uscivano insieme dall’aula.
    “Ho da fare. De –devo andare”.
    E con ciò si mise a correre lungo il corridoio, lasciandolo solo e stravolto.

    Passarono due giorni e Buffy continuò ad evitarlo con attenzione, ed anche con un certo successo. L’aveva visto solo una volta, giovedì, ed era riuscita a nascondersi prima che lui la vedesse.
    Sospirando contenta entrò in casa e si trascinò su per le scale. Si lasciò cadere sul letto e rimase sdraiata sulla schiena a fissare il soffitto; suonò il telefono. Con un grugnito si allungò di malavoglia sul letto, fino a raggiungere il comodino ed a sollevare la cornetta.
    “Pronto?”
    “Hey Buffy”. Dall’altro capo del filo c’era Willow, d’umore decisamente vivace.
    “Hey Wills” mormorò la bionda, sdraiandosi sulla schiena e chiudendo gli occhi.
    “A che ora facciamo stasera?”
    “Stasera?”. Buffy si accigliò mentre nella sua testa si formava un punto interrogativo. “Che succede stasera?”
    “Il Bronze … te lo ricordi?”
    “Ah ... giusto” disse Buffy non particolarmente entusiasta.
    “Non dirmi che non vieni” la pregò Willow, che conosceva anche troppo bene la sua migliore amica.
    “Bè ... Sono un po’ stanca e mia mamma ...”
    “E dai Buffy! Avevi detto che saresti venuta, l’avevi promesso” si lamentò Willow.
    “Perché vuoi che venga?” si meravigliò Buffy.
    “Bè, i-io ... sei la mia migliore amica e-e … non mi divertirei affatto se tu non venissi” balbettò la rossa.
    “Bene ... Riprovaci, stavolta senza il patetico tentativo di menzogna” mormorò Buffy, premendosi le dita sulle palpebre serrate.
    “I-io non sto mentendo”
    “E dai Wills. Non saresti capace di mentire neanche se ne andasse della tua vita. Adesso sputa il rospo!” ordinò Buffy con tono leggero.
    “E va bene!”. All’improvviso il tono di Willow si riempì di eccitazione infantile. “Non dovrei dirtelo ma …”. Ci fu un momento di silenzio, poi la rossa urlò isterica nella cornetta: “Il gruppo di Oz suona stanotte!”
    Buffy fece un salto e lasciò andare il telefono, mettendosi una mano sull’orecchio. A denti stretti disse una serie di parolacce, poi riprese la cornetta.
    “Buffy ci sei?”
    “Si, ci sono. Sto sanguinando da un orecchio ma ci sono”
    “Mi dispiace tanto! È solo che ... OZ SUONA STANOTTE!” gridò di nuovo Willow, facendole fare un altro salto.
    “Willow, quale parte della frase “Sto sanguinando da un orecchio” non hai capito? L’orecchio? O il sanguinare?”
    “Mi dispiace” disse Willow con una vocetta piccola piccola “È solo che sono così eccitata”
    “Ed il ronzio nel mio orecchio ne è decisamente la prova”
    “Mi dispiace” supplicò la rossa.
    “Va bene, Wills. Nessun problema” disse Buffy, facendo una smorfia ed infilandosi un dito nell’orecchio.
    “Quindi verrai?”
    Non vi fu risposta.
    “E dai! Devi venire. Porterò la videocamera e tutto il resto!!!”. L’eccitazione di Willow traspariva chiaramente dal tono acuto della sua voce.
    “Io …”
    “Per favoreeeeeeee”
    “Non posso prometterti niente. Ma cercherò di esserci, va bene?”
    “Va bene. Adeso devo andare. Devo scegliere il mio abbigliamento non sexy” ridacchiò Willow.
    “Ciao Wills”
    “Ciao”
    Buffy rimase per qualche secondo sdraiata sulla schiena, con il segnale di libero che le riecheggiava nelle orecchie, prima di rimettere a posto la cornetta. Chiuse gli occhi; si stava addormentando quando sentì la porta della sua camera che si apriva.
    La voce della madre si spanse per la stanza: “Tesoro?”.
    “Mamma? Che fai a casa?” chiese Buffy, sollevandosi lentamente sui gomiti. Si accigliò vedendo che la madre era vestita di tutto punto e … “Ti sei truccata!”.
    “Si” annui la sig.ra Summers, stringendo più forte la stola color pesca che portava drappeggiata sulle spalle.
    “Tu non ti trucchi mai. Non ti sei truccata neanche ai tuoi ultimi appuntamenti” notò Buffy sospettosa, sollevandosi a sedere.
    “È vero”. Di nuovo annuì, in maniera fastidiosamente tranquilla.
    “Perché sei truccata?”
    “Sto andando ad un appuntamento”
    “Di nuovo?! Hai avuto appuntamenti tutte le sere questa settimana” notò Buffy, leggermente offesa per il comportamento della madre.
    “Buffy, sono una donna adulta e ho il diritto di uscire quanto mi pare”
    Buffy si alzò, sospirando frustrata.
    “Lo so mamma, ma ...”. Si interruppe scegliendo le parole attentamente. “È una cosa seria?”
    “Che cosa, tesoro?”
    “La persona con cui stai uscendo ... È una cosa seria? Voglio dire, se vale la pena di truccarsi, probabilmente è una cosa seria” affermò Buffy.
    La sig.ra Summers chiuse la bocca. Non aveva intenzione di parlarne in quel momento.
    “Tesoro ... Non lo so”
    “Dovrò incontrarlo?” chiese Buffy con una punta di disperazione della voce.
    La donna sorrise dolcemente e scosse la testa.
    “Per il momento no”
    “Bene”. Buffy sospirò di sollievo e se ne tornò a letto, mentre la madre rimaneva sulla soglia.
    “Hai ancora intenzione di uscire stanotte?” chiese la sig.ra Summers.
    “Non lo so. Forse” mormorò Buffy lasciandosi cadere sul letto.
    “Bè, divertiti”. La madre fece per andarsene, poi si voltò ed arrossì leggermente. “I-io potrei fare tardi stanotte”
    Buffy piegò la testa di lato e sollevò sospettosa un sopracciglio, poi chiese:
    “Tardi quanto?”
    “Tardi”. La sig.ra Summers stava chiaramente cercando di evitare l’argomento.
    “Quanto tardi, mamma?” insisté Buffy.
    “Potrei non rientrare stanotte”. Alla fine la sig.ra Summers aveva trovato il coraggio di dirlo. Prima che la figlia potesse dire qualcosa, chiuse la porta e, scese di corsa le scale, uscì lasciando Buffy seduta sul letto che tentava di chiudere la bocca.

    Stava camminando in cerchio nella sua stanza, aprendo e chiudendo i pugni, ficcandosi le unghie nei palmi sudaticci delle mani.
    “Mia madre che fa sesso con un estraneo?” mormorò incredula per la centesima volta. “Mia madre. Che fa sesso. Con un estraneo”. Le si rivoltò dolorosamente lo stomaco. Riuscì a dire: “Oh Dio ... credo di essere sul punto di sentirmi male”, poi corse per il corridoio fino in bagno, si inginocchiò davanti al water e vomitò.
    Dopo aver finito si lasciò cadere sulle pianelle bianche e si appoggiò alla parete fredda, serrando forte gli occhi. Il campanello suonò; brontolando fra sé si chiese se limitarsi a lasciarlo suonare. Non se la sentiva di alzarsi. Alla fine il suono cominciò a rimbombarle nel cervello, facendole venire un gran mal di testa; allora si costrinse ad alzarsi e, mentre il suono continuava incessante, si trascinò lungo le scale.
    “Arrivo. Arrivo. Per l’amor di Dio aspetta un attimo?” gridò mentre apriva la porta. Alla vista dell’ormai familiare biondo platino sollevò gli occhi al cielo.
    “Non ti sei ancora vestita” notò lui, vedendo lo spesso accappatoio bianco e le babbucce a forma di coniglio che indossava.
    “No? Davvero? Hai delle capacità di osservazione così sviluppate. Mi meravigli!” disse lei con finto entusiasmo, mentre si trascinava in soggiorno.
    Spike entrò accigliandosi, si chiuse la porta alle spalle e seguì la biondina.
    “Vedo che stasera sei del tuo solito umore vivace” disse, guardandola mentre si lasciava cadere sul divano passando sovrapensiero da un canale all’altro.
    “Non provocarmi Spike, non sono di buon umore” brontolò lei, senza distogliere gli occhi dal televisore.
    “Oh ... che novità” ribatté lui.
    Alzando nuovamente gli occhi al cielo lei si voltò a guardare il ragazzo nerovestito, e si rese conto che teneva le mani nascoste dietro la schiena.
    “Cosa stai nascondendo?” chiese, tentando di apparire disinteressata.
    “Niente” rispose lui sogghignando.
    “Che cos’è?” insisté lei, tirandosi su a sedere.
    “Niente”
    Senza una parola lei si alzò e andò verso di lui. Lui fece immediatamente un passo indietro.
    “E dai. Cosa stai nascondendo?” ripeté lei.
    Il sogghigno di lui si allargò mentre lei cercava di girargli intorno; continuava a girarsi senza darle la possibilità di vedere che cosa stava nascondendo. Per un po’ giocarono al gatto con il topo, alla fine Buffy lo stava tirando e spingendo, cercando di non ridacchiare mentre tentava di raggiungergli la schiena. All’improvviso lei gli tirò con forza l’avambraccio, facendogli perdere l’equilibrio; istintivamente lui mise entrambe le mani davanti a sé nel tentativo di puntellarsi al divano mostrando così la rosa rossa che teneva nella mano sinistra. Buffy si accigliò.
    “Una rosa? Per me?” chiese, leggermente confusa.
    “No. È per tua mamma” rispose velocemente lui, guardando lo scintillio degli occhi di lei che si spegneva.
    “Ah ...” mormorò lei imbarazzata.
    Lui sentì una puntura al cuore e si affrettò a dire la verità:
    “Sto scherzando, amore. È per te.”
    Lei non disse niente, limitandosi a guardarlo con aria perplessa.
    “Perchè?”
    “È il nostro anniversario. Una settimana. Volevo portarti un bouquet ma ho pensato che tua madre si sarebbe insospettita.” spiegò lui.
    Buffy socchiuse gli occhi. Era arrossito?
    “L’anniversario di una settimana?”
    “Si. Ci siamo messi d’accordo sulla nostra finta coppia una settimana fa, te lo ricordi? “Ci terremo la mano?”
    “Ah ... giusto”. Ora era lei ad arrossire mentre gli prendeva la rosa dalle mani.
    “L-lo so, è stupido. N-non avrei dovuto …” cominciò Spike imbarazzato.
    “N-no. M-mi piace” balbettò Buffy, poi andò in cucina a prendere un bicchiere d’acqua per mettervi la rosa.
    “Se non ti piace buttala via. Non mi importa. Era solo …” cominciò a blaterare Spike.
    “No, mi piace” ripeté Buffy meno esitante.
    Rimasero in cucina, e fra loro si creò un silenzio incredibilmente imbarazzante. Fu Buffy a romperlo.
    “Vuoi mangiare qualcosa?”
    “No grazie. Ho già mangiato. E comunque siamo in ritardo dato che ti devi ancora vestire e tutto il resto.”
    “Non credo che verrò” replicò lei.
    “Cosa vuoi dire? Non verrai all’esibizione del bassotto?” chiese Spike accigliandosi.
    “Il bassotto?”. Buffy sollevò un sopracciglio.
    “Oz. Il ragazzo della rossa”
    “Il bassotto ... giusto. Senti chi parla” ghignò Buffy, squadrandolo dalla testa ai piedi.
    “Hey!” protestò lui.
    Buffy sorrise trionfante ma il suo sorriso crollò ben presto quando si rese conto di una cosa.
    “Aspetta un attimo. Willow te l’ha detto? Pensavo che dovesse essere un segreto” disse imbronciata.
    “Non è stata lei. È stato Oz. Me l’ha detto mentre giocavamo a calcio.”
    “Tu giochi a calcio con Oz?”
    “E con l’idiota”
    “Anche con Xander?”
    Spike annuì.
    “E Oz ti ha detto del concerto”. Lui annuì di nuovo. “Da quando sei amico di Oz?”
    “Cosa vuoi che ti dica? Le persone sono attratte da me” disse lui stringendosi nelle spalle. “Allora vai a vestirti o no?”
    Buffy emise un sospiro forzato, poi annuì e corse su per le scale.
    “Dammi 5 minuti” gridò.


    Capitolo 17
    Mezz’ora dopo era spaparanzato sul divano e girovagare da un canale all’altro. Ogni tanto gettava un’occhiata in direzione delle scale nella vaga speranza di trovarla lì. Sospirando forte si alzò e corse su per le scale. Raggiunta la sua camera sollevò il braccio e bussò.
    “Sei pronta?”
    Sentì che gridava: “Altri due minuti”.
    “E dai, amore, arriveremo in ritardo allo spettacolo del bassotto” brontolò Spike.
    Ci furono alcuni momenti di silenzio.
    “Amore ...” Si bloccò a metà della frase quando la porta si aprì, rivelando la figura zoppicante di lei.
    Buffy stava saltellando goffamente su un piede mentre tentava di infilare l’altro in uno stivale a tacco alto e, contemporaneamente, cercava di agganciarsi un orecchino a pendente. Lui la fissò apertamente mentre lei raggiungeva zoppicando il tavolo da toeletta. Indossava una minigonna nera ed un top luccicante color argento allacciato intorno al collo, che le lasciava scoperta la schiena. Il tutto completato da un paio di stivali neri al ginocchio con il tacco alto.
    Si stava guardando allo specchio, accigliata perché l’orecchino non voleva saperne di entrare nel foro dell’orecchio.
    “Stupido orecchino” brontolò, continuando a spingere il piede dentro lo stivale. Dopo qualche momento riuscì a fare entrambe le cose e si raddrizzò davanti allo specchio, tirandosi giù la gonna e voltandosi per controllarsi la schiena. “Come ti sembro?” chiese, senza neanche guardare il ragazzo.
    Spike aprì e chiuse la bocca un paio di volte, come un pesce fuor d’acqua, ma le parole non gli vennero fuori e si limitò a fissare la ragazza di fronte a lui. Trattenne un gemito quando lei si chinò verso lo specchio per mettersi il rossetto.
    Dopo qualche minuto lei si raddrizzò di nuovo, tirandosi giù la gonna e lisciandosi il top, poi si mise di fianco per guardarsi allo specchio.
    “Come va la pittura di guerra?” chiese, decidendosi a guardarlo.
    Spike fece un salto per la sorpresa, riscuotendosi dal proprio torpore per guardarla in faccia.
    “Cosa?” riuscì a dire.
    “Il trucco. Va bene?” chiese lei, voltando lo specchio e schioccando le labbra.
    “Va bene” mormorò lui, riportando lo sguardo sulle sue gambe nude mentre lei si chinava sul tavolino.
    A questa affermazione lei si raddrizzò immediatamente.
    “Solo bene?” si accigliò.
    “Sei splendida, amore” si corresse lui.
    “Sarà meglio” disse lei imbronciandosi leggermente. “Voglio vedere Dru con la bava alla bocca ed Angel che si prende a calci fino a svenire per avermi mollato” precisò diabolica, prendendo il cappotto e uscendo dalla stanza, seguita rapidamente da Spike.
    Chiuse la porta a chiave e si voltò, accigliandosi alla vista di Spike che si dirigeva verso una macchina parcheggiata davanti alla casa.
    “Cos’è quello?”
    “Il mio tesoro” rispose lui orgoglioso, aprendole la portiera.
    “Il tuo tesoro?” chiese lei, sollevando un sopracciglio perfetto.
    “Si”
    “Da quando hai un’auto?” chiese lei salendovi.
    Dovette aspettare che lui salisse in macchina.
    “Ce l’ho da una vita”
    “Allora perché non la usi per andare a scuola?” chiese lei; sollevando una mano continuò: “Non rispondere. Domanda stupida. Ti vergogni di farti vedere su questo trabiccolo”.
    “Hey!” protestò lui. “Questo trabiccolo è un classico”
    “Vero. È per questo che sta cadendo a pezzi. Sei sicuro di non voler andare a piedi?”
    Lui le rivolse un sorriso forzato che sparì non appena ebbe messo in moto.
    “Amo questa macchina. Non prenderla in giro. Considerati avvertita passerotto” brontolò mentre partiva.

    Buffy scese dall’auto e aspettò che Spike la chiudesse a chiave prima di dirigersi all’affollatissimo locale. Quando arrivò alla porta si fermò di colpo.
    “Qual il problema, passerotto?” chiese lui, sollevando il sopracciglio sfregiato.
    Lei non rispose, limitandosi ad inspirare a fondo, lasciando che il proprio petto si alzasse e si abbassasse un paio di volte prima di riscuotersi.
    “Devi proprio farlo tutte le volte?” chiese lui, ricordando che aveva fatto esattamente lo stesso esercizio prima di pomiciare con lui, tre giorni prima.
    “Mi sto preparando per la battaglia” replicò lei, aprendo gli occhi ed entrando al Bronze.
    Spike scosse la testa e la seguì.
    Non ci volle molto perché scorgessero una Willow sovraeccitata che stava praticamente saltando sulla sedia mentre li salutava con la mano. Xander e Cordelia erano seduti intorno al tavolo, quest’ultima cercando disperatamente di non farsi notare.
    “Hey Buffy! Ce l’hai fatta!” disse Willow, decisamente vivace, gettandole le braccia al collo.
    “Ehi Will ... Ho bisogno di respirare” riuscì a dire Buffy.
    “Ah scusa!” saltò su Willow, lasciandola andare.
    “È così da un’ora” brontolò Cordelia.
    Buffy sorrise e fece per prendere uno sgabello, ma Spike fu più veloce e lo allontanò dal tavolo perché potesse sedersi. Lei si accigliò leggermente ma non disse nulla, fece un cenno del capo e si sedette. Fece il gesto di togliersi il cappotto e, con sua grande sorpresa, di nuovo trovò Spike pronto ad aiutarla. Deglutì rumorosamente e gli rivolse un debole sorriso, poi si voltò verso il gruppo:
    “Allora ... Quando comincia?” chiese, esaminando la stanza e accorgendosi che la coppia della morte non era ancora arrivata.
    “Fra mezz’ora” rispose subito Willow, battendo le mani.
    “Mezz’ora? Avevi detto che eravamo in ritardo” protestò Buffy, guardando fisso il ragazzo seduto al suo fianco.
    “Era l’unico modo per farti arrivare in tempo, passerotto”. Buffy lo colpì con forza sul braccio e lui fremette: “Hey!”.
    “Così impari a mentire” brontolò lei.
    “Te la cavi con poco amico” intervenne Xander. “Dovresti vedere cosa mi succede quando … Ahio!”. Non riuscì a finire la frase perché qualcuno gli aveva mollato un calcione sotto il tavolo. “Vedi cosa intendo” mormorò.
    Spike gli rivolse un sogghigno di simpatia e si voltò verso Buffy.
    “Vuoi qualcosa da bere, amore?”
    “Soda” rispose lei, continuando a scrutare la folla.
    “Qualcun altro?”
    “Io sono a posto” rispose Xander.
    “Io voglio andarmene” brontolò Cordelia.
    Spike si voltò a guardare Willow che sembrava del tutto fuori dal mondo. Senza una parola si diresse al bar.
    “Cavoli, è proprio affollato, vero?” notò Buffy.
    “Si, non è meraviglioso?” squittì Willow unendo le mani per poter nuovamente applaudire istericamente ma senza riuscirci, dato che Cordelia la teneva saldamente per i polsi.
    “Batti le mani ancora una volta e ti giuro che te le strappo a morsi” la minacciò la bruna con un’occhiata assassina.
    Willow sgranò gli occhi per un secondo, poi allontanò le mani dalla presa ferrea della cheerleader.
    “Come mai sei di umore anche peggiore del solito, Cordy?” chiese Buffy.
    “Perché Miss “sono un’isterica” ha passato l’ultima ora a battere le mani come un coniglietto giocattolo a velocità massima”
    “Ecco” disse Spike poggiando la soda sul tavolo.
    Buffy corrugò le sopracciglia alla vista della bottiglia che teneva in mano.
    “*Non* hai intenzione di bere quella roba, vero?”
    “Perché no?” si accigliò lui, scrutando l’etichetta.
    “Ti verrà l’alito alla birra” rispose lei.
    “E allora?” chiese lui confuso.
    “Se lo bevi non avvicinarti a me stanotte” affermò lei.
    “Ma ...”
    Lei si limitò a scuotere la testa.
    “Per l’inferno maledetto” brontolò lui, mettendo giù la birra e ficcandosi le mani in tasca.
    “A cuccia” tossì Xander, attirandosi un’occhiata dell’ossigenato che stava armeggiando con un pacchetto bianco e rosso.
    “E non fumare” disse Buffy, notando il pacchetto di sigarette.
    “Ma passerotto ...”
    “No”
    “Affanculo tutto” scattò lui rimettendosi il pacchetto in tasca. Prima che Xander potesse dire qualcosa ringhiò: “Accidenti”.
    Xander sogghignò maligno ma si trattenne dal fare commenti, sopratutto in considerazione del fatto che anche lui non era esattamente un uomo libero.
    “Dov’è Oz?” chiese Buffy.
    “Dietro le quinte. Si sta preparando”. Willow tentò di evitare di far trasparire la propria agitazione dalla voce, ma non ci riuscì. “Sono così eccitata!”. Fece il gesto di unire le mani ma, vedendo che Cordy le lanciava un’altra delle sue occhiate taglienti, riuscì a trattenersi.
    Buffy sorrise, portando alle labbra la sua bibita, mentre la conversazione andava avanti.
    “Allora, da quando tu, Oz e Mr Ossigeno giocate insieme a calcio?” chiese, indicando Spike con la testa.
    “Da mercoledì” rispose semplicemente Xander. “Ci ha chiesto se volevamo giocare dopo la scuola. Il calcio non è poi così male”.
    Buffy ghignò, gettando un’occhiata al ragazzo seduto al suo fianco con un braccio sullo schienale della sua sedia.
    “Lentamente vi sto esorcizzando tutti da quel male chiamato football americano” ghignò lui, sollevando le sopracciglia allusivo.
    “Io continuo a sostenere che il football americano è il massimo” saltò su Xander.
    “Dai tempo al tempo. Cambierai idea” disse Spike, cominciando a giocherellare con il bordo del top di Buffy.
    “Da parte mia io sono a favore del calcio” si inserì Cordelia.
    “Un altro che ha visto la luce! Alleluia fratelli!” gridò Spike sollevando le braccia in aria e attirandosi una serie di sguardi dai tavoli vicini.
    “Non. Cercare. Mai. Di imitare l’accento americano Spike” mormorò Buffy con una smorfia. “È così triste e … sbagliato. Talmente sbagliato!” lo prese in giro.
    “Ah, ah. Molto divertente amore” disse Spike con finto entusiasmo, lasciandole andare il top e cominciando a massaggiarle la schiena nuda.
    Lei si irrigidì per un secondo, contraendo i muscoli alla sensazione delle dita ruvide di lui che le scorrevano pigramente lungo la spina dorsale, poi si rilassò man mano che si abituava al suo tocco, ora persino piacevole.
    La conversazione andò avanti per qualche minuto, poi la musica di sottofondo venne spenta e le luci vennero abbassate e puntate sul piccolo palco al lato del locale.
    “Oh mio Dio! Sono loro!” strillò Willow, applaudendo isterica.
    “*Per favore* qualcuno le dia un Valium. Per amor mio” supplicò Cordelia, mentre dalle casse una profonda voce maschile annunciava:
    “Signore e signori, un applauso per i “Dingoes Ate my Baby”!”
    Per alcuni attimi un rombo riempì il locale poi vi fu silenzio totale e si sentirono i primi accordi della canzone. Un riflettore si accese sulla band e finalmente videro Oz.
    “Oh mio Dio, mio Dio, mio Dio! Oz!” fu tutto quello che Willow riuscì a dire prima di portarsi la mano alla bocca e fissare il suo ragazzo sul palco.
    Il gruppo rimase seduto intorno al tavolo mentre la musica continuava. Spike passava noncurante la mano sulla schiena di Buffy e, sentendo che lei gli si appoggiava, trattenne il respiro. Si bloccò per un attimo poi la circondò con le braccia attirandola a se mentre lei gli posava la testa sul petto. Chiuse gli occhi per una frazione di secondo, inspirando profondamente il suo profumo alla vaniglia. Aveva un profumo meraviglioso! Quando la canzone finì lei si raddrizzò e applaudì rumorosamente, insieme ad una Willow entusiasta ed a una Cordelia di cattivo umore. Xander da parte sua si infilò le dita in bocca e fischiò tanto da perforare i timpani di tutti quelli che gli stavano vicino … compresa Cordelia; cosa che gli procurò un altro calcione nello stinco.
    “Ahi!” protestò, massaggiandosi la gamba dolorante.
    Spike era indifferente a ciò che gli succedeva intorno, dato che non appena la musica era ripartita Buffy gli si era nuovamente appoggiata addosso, nella stessa posizione di prima. Non sapeva perché ma gli sembrava così … giusto. Sospirò circondandola nuovamente con le braccia e riprendendo a giocherellare con i bordi del suo top.
    La canzone successiva era un lento e, quando alcune coppie si alzarono per andare a ballare, Buffy si voltò a chiedere a Spike:
    “Vuoi ballare?”
    “Certo, passerotto” rispose subito lui, poi si alzò e, dopo averle sistemato il cappotto sulla sedia, la condusse sulla pista da ballo.
    Quando la raggiunsero si creò un’impasse mentre, imbarazzati, cercavano di sistemarsi. Alla fine fu Spike a prendere in mano la situazione, cingendola con le braccia e attirandola verso di sé, mentre lei gli poggiava la testa sulla spalla destra.
    Passò qualche secondo poi la sentì bisbigliare:
    “Ci hanno visto?”
    “Cosa?” chiese lui, accigliandosi.
    “Dru e Angel” insisté lei mentre lui, di colpo, si rendeva conto che lei stava guardando qualcuno dall’altra parte della stanza.
    Diede anche lui un’occhiata in quella direzione e trovò la famigerata coppia impegnata a pomiciare pesantemente.
    “Ah” mormorò, sentendo una punta al petto. Non riuscì a capire se la causa fosse il patetico spettacolo a cui stava assistendo, oppure il fatto che la ragazza fra le sue braccia aveva ricambiato il suo tenero comportamento solo per finta. Aveva paura che il motivo fosse quest’ultimo.
    “Allora, stanno guardando?” chiese ansiosamente lei.
    “Ehm … non credo. Angel è troppo occupato a ficcare la lingua in gola alla mia ex per notarci” rispose lui, sentendo che la nausea gli faceva ribollire lo stomaco.
    “Dannazione” brontolò lei, muovendosi di malavoglia al ritmo lento della canzone. “Bè, allora dobbiamo *farci* notare” mormorò voltandosi lentamente, in maniera tale da poggiare la schiena contro il petto di lui.
    Pigramente passò le mani su quelle di lui, facendole scorrere dai propri fianchi alle spalle ed al collo di lui, prima di agitarle in aria sopra la sua testa. Fece oscillare i fianchi in lenti movimenti circolari, seguendo il ritmo tranquillizzante della canzone, mentre si strofinava su e giù contro il suo corpo.
    Spike chiuse gli occhi e strinse i denti, mettendo ancora più in evidenza i suoi zigomi affilati, cercando di controllarsi quel tanto che bastava ad evitare di prenderla e inchiodarla contro la superficie dura più vicina.
    Lei continuò a ballare senza rendersi conto delle sue reazioni, posandogli ad occhi chiusi la testa sul petto, in maniera tale che i capelli biondi ricaddero contro il suo spolverino. Si voltò lentamente verso Spike, gettando un’occhiata alla coppia nell’ombra. Un sorriso di trionfo le incurvò le labbra, quando scorse l’espressione scioccata di entrambi. Seppellì il viso nella camicia rossa di Spike, inspirando profondamente. Scosse la testa, cercando di riscuotersi dal torpore che improvvisamente l’aveva avvolta. Il suo stomaco cominciò a fare le capriole, come le accadeva sempre quando gli si avvicinava. “Che succede? Non dovresti sentirti così. Stai solo ... facendo finta” ricordò a se stessa, prima di sollevare lo sguardo e strofinare il naso contro la gola pallida di lui per poi passargli le labbra sulla pelle morbida.
    Spike ansimò sentendo che lei gli sfiorava il collo con i denti, puntando al lobo dell’orecchio destro. Mentre glielo mordicchiava e glielo succhiava la sentì bisbigliare:
    “Immagino ...” – bacio – “che abbiamo attirato” – leccatina – “la loro attenzione”.
    La sentì sorridere contro il suo orecchio e gli ci volle qualche secondo per riuscire ad articolare una risposta coerente, più o meno.
    “Ehm ...”. Deglutì a fatica un paio di volte. “Si ... Immagino di si”.
    “Stanno ancora guardando?” bisbigliò lei, cercando di ignorare il fatto che il cuore le battesse all’impazzata.
    Si sentiva intossicata dal profumo di lui, mentre gli depositava baci leggeri sulla gola, strofinandogli il naso nell’incavo del collo. Le sue mani, come agendo di vita propria, scesero alla vita di lui e gli si infilarono sotto la camicia per accarezzargli lo stomaco.
    Lui si raddrizzò istintivamente, afferrandole il polso con la mano.
    “Amore ... che cosa stai ... facendo?” riuscì a chiederle tra un ansito e l’altro.
    “Li faccio ...”. Gli baciò il collo. “ingelosire?”. Mentì a se stessa: “Fa tutto parte del piano. È solo un piano”.
    Spike deglutì nuovamente a fatica e rovesciò gli occhi all’indietro, sentendo la lingua di lei che gli scorreva sul collo, mentre lei gli stava incollata addosso.
    “Sta ... funzionando?”
    Era troppo assorto nelle sue sensazioni per sentire quello che gli stava dicendo. Dopo un po’ la sentì bisbigliare contro la pelle:
    “Spike ... ci stanno guardando?”
    Si riscosse dal suo torpore e, gettando un’occhiata alla coppia, vide che stavano … litigando? Per quanto possibile li guardò da sotto le palpebre socchiuse, e vide la ragazza bruna agitare le mani in aria mentre, a giudicare dalle vene in evidenza sulla gola, urlava a pieni polmoni.
    “Stanno ... litigando”.
    Si distrasse quando Buffy premette il proprio corpo contro il suo, passandogli le mani sul petto e, un po’ per istinto un po’ per desiderio, chiuse gli occhi per un paio di secondi. Quando gli riaprì Dru se n’era andata e Angel era da solo, appoggiato ad un muro, con le braccia conserte ed un’aria estremamente scocciata.
    “Che cosa ...”. Buffy si schiarì la gola dato che, ansante com’era, le riusciva difficile parlare. “ … stanno facendo adesso?”
    Per qualche secondo si chiese se dirle o no la verità, mentre la sua mente si sforzava di capire per quale motivo l’idea che lei la smettesse gli faceva rivoltare lo stomaco.
    Nel frattempo Buffy si stava prendendo a calci mentalmente, dato che si era resa conto di augurarsi che Dru ed Angel fossero ancora lì a guardarli.
    “Spike ... stanno ancora guardando?” insisté, continuando a mordicchiargli il lobo dell’orecchio. “Oh Dio! Ha un sapore così … Argh! Smettila” gridò mentalmente.
    Gli ci volle una frazione di secondo per arrivare ad una decisione, poi annuì leggermente e lei continuò a baciarlo. La abbracciò e, bruscamente, l’attirò più vicina, catturandole le labbra con le proprie. Lei si lasciò sfuggire un gemito leggero, mentre lui le insinuava voracemente la lingua in bocca.
    La sua mente sembrò scivolare in uno stato sognante, là dove ci si sente più leggeri dell’aria, come se si potesse fluttuare. La sensazione delle mani di lui che le scorrevano lungo la schiena, attirandola contro il suo torace …
    Buffy si staccò di colpo da lui, nel momento in cui un applauso scrosciante rimbombò nell’intera stanza. Ai due biondi ci volle qualche secondo per rendersi conto che non c’era più musica e che Oz e il suo gruppo avevano terminato il loro spettacolo e stavano scendendo dal palco. I due si guardarono l’un l’altra imbarazzati ed ansimanti, mentre la realtà cadeva loro addosso. Lei sentì il cuore che le batteva violentemente nel petto, perdendo colpi a causa di un misto di lussuria, paura e nervosismo; lasciò cadere lo sguardo sul pavimento.
    Quando l’imbarazzo tra loro divenne insopportabile saltò fuori con un: “Devo andare in bagno”.
    Prima che lui potesse dire qualcosa si era già voltata e si stava precipitando nel bagno delle ragazze.

    Stava fissando ad occhi sgranati il proprio riflesso nello specchio, mentre un paio di ragazzine spettegolavano e ridacchiavano in un angolo. Le conosceva: due seguaci senza cervello di Harmony. Sapeva che stavano parlando dello spettacolo pressoché vietato ai minori che lei e Spike avevano mostrato loro pochi minuti prima, ma non le importava. Per il momento era più preoccupata del fatto che il suo cuore non la smetteva di galoppare, aveva i palmi delle mani sudati e non riusciva e smettere di pensare al fastidioso ossigenato che si trovava dall’altro lato della porta. Come mai tutto ciò? Non avrebbe dovuto fare dei sogni erotici su di lui e non avrebbe dovuto comportarsi come una quattordicenne con una cotta ogni volta che lui la toccava.
    Scosse la testa e si passò la mano sulla fronte come per cancellare le immagini che continuavano a scorrerle davanti agli occhi. Dopo aver fatto un respiro profondo ed essersi sistemata il top si voltò per andarsene.
    Quando rientrò nel locale fu immediatamente avvolta da una nuvola di fumo, che la fece tossire. Quando riuscì a smettere riprese a camminare, esaminando la stanza alla ricerca del biondo. Il suo cuore perse un battito e tutto il suo corpo si contrasse quando lo vide che parlava con … Dru?


    Capitolo 18
    La rabbia cominciò a ribollirle nelle vene, mentre guardava la ragazza nerovestita che, platealmente, faceva il suo gioco con il *suo* Spike. Avrebbe voluto andare lì e torcerle il collo fino a spezzarglielo in due, gridandole con tutto il fiato che aveva: STAI LONTANA DAL MIO RAGAZZO! Così avrebbe imparato.
    Poi, all’improvviso, si rese conto; “Non è il mio ragazzo. È tutto un trucco per farli tornare assieme” ricordò a se stessa, mentre guardava Dru che con l’indice sfiorava allusivamente il bavero dello spolverino di Spike. Buffy dovette inspirare a fondo per calmarsi. “E apparentemente sta funzionando. Buon per lui”. Chiuse gli occhi e si riscosse, poi riprese a camminare in direzione del tavolo a cui stavano seduti Willow, Xander e Oz.
    “Hey Oz!” disse con falso entusiasmo.
    Il rosso le fece un cenno col capo e le rivolse la sua versione di un sorriso, piuttosto simile al non-sorriso di chiunque altro.
    “Lo spettacolo mi è piaciuto molto! Siete stati grandi!” continuò lei.
    “Mi sorprende che tu abbia visto qualcosa, considerato che stavi pomiciando alla grande con Spike sulla pista da ballo” mormorò Cordelia. Senza dare la possibilità a Buffy di rispondere si voltò verso Xander e si lamentò: “Ho sete”.
    Sfortunatamente il suo ragazzo sembrava non conoscere l’arte della sottigliezza perciò, con un gemito, disse:
    “Xander, portami una soda”
    “Eh ...? Ah, va bene” disse lui, alzandosi goffamente dallo sgabello. “Voi volete qualcosa?”
    Tutti scossero la testa tranne Buffy, che disse:
    “Un Daiquiri”
    Xander si irrigidì e tutti gli altri si voltarono a guardarla.
    “Sei sicura?” chiese Willow.
    “Buffy, lo sai come diventi quando bevi alcolici” borbottò Xander.
    “E in più è illegale” saltò su nervosamente Willow, agitando in aria il dito indice con gli occhi sgranati.
    “Tutte buone ragioni per farlo” disse Buffy con un sorriso. “E dai Xander, lo so che conosci il barista. Per favore, fallo per me …” lo supplicò, facendo il broncio e sbattendo le ciglia.
    Lui non riuscì a resistere. Chissà come, nonostante la conoscesse da anni e avesse passato anni a superare la sua cotta per lei, non riusciva a dire di no quando lei gli chiedeva qualcosa. Quindi si voltò e si diresse al bar per fare le ordinazioni. Poco dopo era di ritorno, con in mano una soda ed un bicchiere colorato da cui sporgeva un ombrellino.
    “Che ne è stato della tua politica del “niente alcool”?” sbuffò Cordelia, vedendo che Buffy beveva il liquido a grandi sorsate.
    “All’inferno” rispose lei, con un sorriso vivace, prima di lasciarsi sfuggire un singhiozzo. “Ops” ridacchiò, mettendosi una mano sulla bocca e arrossendo rapidamente.
    “In tutta la mia vita non ho mai visto qualcuno su cui l’alcool faccia effetto più velocemente. Dovresti essere nel Guinness dei primati” precisò Xander, rimettendosi a sedere.

    Spike si passò la mano fra i capelli, sforzandosi il più possibile di concentrarsi su quello che stava dicendo la ragazza che gli stava di fronte. Non sapeva perché ma, all’improvviso, la conversazione con Dru gli sembrava piatta e sciocca. Il suo modo di comportarsi da mezza pazza, che aveva sempre trovato attraente ed intrigante, ora gli sembrava solamente pazzo e noioso. Ben presto la voce di lei gli apparve sempre più lontana, finché fu completamente assorbita dal brusio di sottofondo e lui non la sentì più. Tutto ciò che vedeva era una ragazza che lo fissava con uno sguardo pseudo-seducente, muovendo la bocca in maniera fastidiosamente lenta.
    “Eh?”. Quando notò che aveva smesso di parlare sbatté le palpebre un paio di volte.
    “Ti ho chiesto se andrai al ballo” ripeté lei, avvicinandosi a lui e mettendogli le braccia intorno al collo.
    Lui fece istintivamente un passo indietro, ma lei mantenne la presa.
    “N-non so, Dru” rispose, esaminando la stanza alla ricerca di una certa bionda. Continuava a chiedersi: “Dov’è? Perché ci mette così tanto?”.

    “Credevo che odiassi quel tipo di cose. Dicevi che è noioso e …”. Gli portò le labbra all’orecchio e bisbigliò: “Sono sicura che troveremo cose più interessanti da fare, non è vero paparino?”. Terminò la frase con un ringhio e gli passò la lingua sul lobo dell’orecchio.
    “Ehm ... Dru ... Che cosa stai facendo?” chiese Spike senza muoversi, non facendo niente per incoraggiarla né per scoraggiarla.
    “Tu che cosa credi? Sei stato un bambino molto cattivo, ad andartene in giro con quella ragazzina. A mammina non piace” disse lei con tono infantile, sporgendo imbronciata il labbro inferiore.

    Alla vista di Dru che avvolgeva le braccia intorno a Spike leccandogli l’orecchio Buffy sgranò gli occhi, mentre ogni singolo muscolo nel suo corpo si contraeva. Senza una parola sollevò nuovamente il bicchiere e bevve.
    “Buffy, non dovresti farlo” la avvertì Willow, un po’ preoccupata.
    “Perchè no?”. Per qualche strana ragione le parole le vennero fuori un po’ biscicate. Buffy schioccò le labbra, cercando di sciogliersi la lingua.
    “Perché fra poco non riuscirai più a parlare coerentemente e non puoi tornare da tua madre in quelle condizioni” cercò di ragionare Willow.
    “Mia madre non rientrerà a casa. Starà fuori tutta la notte, saltando addosso a qualche estraneo” disse, serrando le labbra e annuendo vigorosamente, gettandosi i capelli in faccia.
    “Oh Buffy”. Willow corrugò le sopracciglia vedendo il dolore negli occhi della sua migliore amica. Ecco perché si stava comportando in maniera così strana. “Non credi che sarebbe meglio se ti accompagnassimo a casa?”
    Buffy scosse violentemente la testa, facendo turbinare i capelli.
    “Mi piace qui” mormorò. “È bello qui”. Si illuminò al ricordo di qualcosa. “Mi danno tutto gratis” canticchiò, ridacchiando come una bambina mentre Willow si accigliava confusa.
    Le venne in aiuto Oz.
    “È una delle canzoni di K’s Choicès”
    “Ah”. Willow sollevò le sopracciglia, colpita da un’improvvisa consapevolezza.

    Spieke si sentiva soffocare. Non riusciva a respirare. Lei gli stava troppo vicina, gli stava addosso, facendolo sentire come se non avesse abbastanza spazio. Aveva bisogno di spazio. E di sapere dove ... Vedendola sgranò gli occhi e si lasciò sfuggire un piccolo sospiro di sollievo. Era seduta al tavolo con Oz ed il resto del gruppo. Bè più che altro era accasciata sul tavolo, e ogni tanto si tirava su e agitava in aria le braccia come una matta, ma almeno l’aveva trovata. Dru continuava a stargli appiccicata e a guaire, mentre lui era distratto dalla bionda che ridacchiava e gridava come una bambina. Che cosa aveva in mano? Che cosa ...
    “Per l’inferno maledetto ...” ansimò. “Ehm ... Dru?”. Cercò di sottrarsi alla presa mortale della ragazza, ma si rivelò una fatica erculea. “Dru … Amore … Lasciami andare”. Lei non lo lasciò andare. “Dru!” gridò, e lei fece un passo indietro con un’espressione meravigliata e addolorata. “Senti passerotto, mi dispiace ma devo andare”.
    E con questo se ne staccò ed attraversò la stanza a grandi passi fino a raggiungere la meta.
    “Spike! Grazie a Dio sei qui” sospirò di sollievo Willow.
    “Cosa sta succedendo?” chiese lui accigliato, guardando Buffy che ora pareva dormire con la testa appoggiata al tavolo e le braccia a penzoloni sul pavimento. Nel momento in cui fece per toccarla lei saltò su.
    “Ehm ... che c’è? Dove? Oh ... Spike” sorrise goffamente e biascicò le parole. “Il rappacificamento non è andato bene? Dobbiamo fingere un altro po’?”.
    Tutti si accigliarono tranne Spike a cui balzò subito il cuore in gola. Cercò di ignorare la domanda e si rivolse a Willow.
    “Quanti ne ha bevuto?”
    “Solo quello” disse la rossa, indicando il bicchiere vuoto.
    “Ed è ubriaca?” chiese incredulo Spike.
    “Il corpo di Buffy non è molto alcool-compatibile” intervenne Oz.
    “Lo vedo. Forza amore, ti porto a casa” disse Spike, prendendole il cappotto e poggiandoglielo sulle spalle.
    “Cosa? Così presto? Pensavo volessi stare e far funzionare il piano e ...”
    “Va bene, hai bisogno di tornare a casa ... Adesso!” precisò lui, circondandola con le braccia e facendola alzare.
    Nel momento stesso in cui la lasciò andare lei quasi cadde a terra, quindi l’acchiappò velocemente e la sollevò da terra.
    “Sicuro che riesci a portarla?” chiese Xander.
    “Sono a posto, amico. Ci vediamo dopo” rispose lui mentre si dirigeva all’uscita del locale affollato.

    Qundo raggiunsero l’auto sembrò che Buffy fosse di nuovo pienamente cosciente. Sentendosi trasportare le si rivoltò lo stomaco. Aprì gli occhi e vide cuoio nero. Sbattè le palpebre un paio di volte poi riuscì a mettere a fuoco il viso di Spike.
    “Ci siamo, amore” disse lui, posandola a terra.
    Lei barcollò un po’ ma, alla fine, riuscì a stare in piedi abbastanza a lungo da permettere a Spike di aprirle la portiera. Sospirando forte si lasciò cadere sul sedile davanti, con le gambe che spuntavano fuori dall’auto. Spike scosse la testa, poi le afferrò i piedi infilandoglieli nella macchina prima di chiudere la portiera.
    Rimasero in silenzio per quasi tutta la durata del viaggio, mentre Spike gettava di tanto in tanto uno sguardo preoccupato alla bionda che sonnecchiava accanto a lui. Sorrise nel sentire che, accigliandosi e facendo una serie di strane smorfie, mormorava qualcosa di incomprensibile. Era così strana.
    Dopo essersi fermato di fronte a casa sua si voltò e, gentilmente, le passò le dita sulla spalla nuda.
    “Passerotto ... siamo a casa”.
    “Mm ...” brontolò lei, aprendo gli occhi e guardandolo con occhi appannati. Deglutì a vuoto, poi si guardò intorno e corrugò le sopracciglia: “Dove siamo?”.
    “A casa. Ricordi?” rispose lui sorridendo dolcemente, prima di scendere dalla macchina ed aprirle la portiera.
    Le tese la mano, Buffy la fissò. Le immagini ancora vivide di ciò che era accaduto al Bronze le passarono davanti agli occhi: Dru … e lui … che si coccolavano. Sentì che le si torceva lo stomaco e qualcosa scattò dentro di lei. Si alzò bruscamente, ignorando la mano tesa di lui e tentando orgogliosamente di raggiungere il portico. La cosa sembrava abbastanza semplice, ma il suo cervello intriso d’alcool aveva qualcosa da ridire in proposito e ben presto si trovò sdraiata sul prato a faccia in giù.
    “Buffy!” la chiamò lui, sbattendo la portiera dell’auto e andando a soccorrerla; ma non appena fece il gesto di aiutarla ad alzarsi lei lo spinse via e si tirò in piedi.
    “Sto bene” ribatté.
    “Sei ubriaca, amore” disse lui, guardandola muoversi a zig zag verso la porta principale. Alla fine raggiunse la meta. Ora … infilare quella minuscola chiave in quella stupida serratura … quello sì che era difficile.
    Brontolando e imprecando graffiò il legno, ma non riuscì ad infilare la chiave nella serratura.
    “Stupida serratura” gemette, lasciando cadere a terra la chiave. “Continua a muoversi. Stai ferma, dannazione!” ordinò in tono serio, chinandosi a raccogliere la chiave.
    Così facendo la minigonna le si sollevò e Spike dovette reprimere un ringhio alla vista delle sue cosce.
    “Questa la prendo io, passerotto”. Si riscosse immediatamente, portandole via la chiave dalle mani ed aprendo la porta prima che lei potesse dire qualcosa. Entrò in casa, mentre lei rimase per qualche secondo sulla soglia.
    “Avrei potuto farlo io” mormorò, entrando in corridoio.
    Cercò goffamente di levarsi il cappotto, tirando e spingendo, ma senza risultati.
    “Lascia, faccio io”. Fece un passo verso di lei e lei saltò indietro.
    “No! Lo farò io” insisté scoccandogli un’occhiata tagliente.
    “Stai bene?” chiese lui, sollevando il sopracciglio sfregiato.
    “Io ...”. Stava lottando con il capo d’abbigliamento come se fosse stato una camicia di forza. “Stupido … Ah ah!” disse trionfante quando si fu liberata, lasciando cadere il cappotto sul pavimento. Si scostò nervosamente i capelli dal viso, poi lo guardò con una scintilla arrogante negli occhi, spingendo il mento in fuori: “Sto bene”.
    Arrivò zigzagando al soggiorno, e ringraziò gli dei del fatto che il divano fosse proprio lì.
    “Caro buon divano” sospirò, lasciandovisi cadere sopra ed accarezzandolo.
    “Buffy, devi andare a letto” le spiegò Spike, sedendosi accanto a lei.
    Lei si scostò istantaneamente, sedendosi al lato opposto del divano.
    “Non dirmi che cosa devo fare” ringhiò.
    “Sei arrabbiata con me?” chiese finalmente lui.
    “Arrabbiata? Non sono arrabbiata. Sono solo ...”. Non riuscì a trovare una spiegazione e si ridusse alla peggiore delle scuse. “Sei seccante e non mi piaci”.
    Spike le rivolse un debole sorriso, e per qualche istante ci fu un silenzio imbarazzato.
    “Allora ... Possiamo smettere con il piano?” saltò fuori Buffy all’improvviso.
    “Che cosa?”
    “Tu e Dru siete di nuovo insieme, vero? Possiamo smettere di fingere”. Tentava di sembrare indifferente all’argomento, riuscendoci abbastanza bene.
    La domanda lo colse di sorpresa. Era vero, Dru era tornata da lui, o quanto meno gli sbavava addosso, il che era un buon segno, ma non stavano insieme.
    “Io e Dru non stiamo insieme” spiegò.
    “Ah giusto, perché strofinarsi l’un l’altro sulla pista da ballo è perfettamente normale tra ex” scattò Buffy, alzandosi goffamente ed andando in cucina.
    “Non ci stavamo strofinando” protestò lui, seguendola.
    “Come ti pare ...” disse lei disinteressata, cominciando ad aprire gli sportelli della cucina.
    “Stavamo solo ...”. Si fermò alla ricerca della parola giusta.
    “Non mi interessa Spike. Hai avuto ciò che volevi: sei tra le grinfie di Dru. Adesso per favore possiamo smetterla con questa stupida farsa?” chiese sollevando le sopracciglia alla vista di ciò che stava cercando.
    Agguantò la bottiglia e tolse il tappo bevendo a gran sorsate.
    “Che cosa stai facendo?!” chiese lui, strappandole la bottiglia dalle mani. La voltò per leggere l’etichetta. “Cos’è questa storia di te che, all’improvviso, bevi alcolici? Credevo odiassi questa roba”.
    “Non più” brontolò lei, riprendendogli la bottiglia dalle mani e bevendo.
    Spike fece il gesto di riprenderla, ma lei se la strinse al petto come se ne andasse della sua vita.
    “È mia” brontolò, accigliandosi e facendo il broncio contemporaneamente.
    Dio, era così carina, tutta rossa e ... arrabbiata? Era arrabbiata. Perché era …
    “Sei gelosa, passerotto?” chiese con un sorriso arrogante, quando finalmente capì.
    Lei spalancò immediatamente gli occhi, come se avesse detto la peggiore delle bestemmie. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di riuscire a balbettare:
    “G-gelosa? Io? Gelosa? Di cosa?”
    “Di me e Dru” continuò lui, con un sogghigno irritante. Quanto lo odiava quello stupido sogghigno.
    “Tu sogni, inglesino” ringhiò lei, tracannando una sorsata.
    “Sei gelosa ...” canticchiò lui.
    “Hai perso la ragione, amico” sputò lei.
    Lui sorrise e, piegando la testa di lato, le si avvicinò.
    “Ammettilo, amore. Sei gelosa ... È del tutto normale. Voglio dire, il fatto di essermi stata così vicino in questi ultimi giorni ... toccando … baciando…”. Qui dovette fermarsi per prendere aria, dato che le sue stesse parole stavano iniziando a risvegliare in lui i ricordi della settimana trascorsa.
    Buffy indietreggiò, mentre lui continuava ad avvicinarsi, finché non sentì il bancone della cucina contro la schiena. Sollevò gli occhi su di lui e, vedendo che aveva poggiato le mani sul bancone in maniera tale da intrappolarla, sentì il proprio cuore accelerare i battiti.
    “Ammetti che ti sei ingelosita vedendo me e ... Dru …”
    Sentirla nominare bastò a farle accapponare la pelle ed a restituirle forza. Lo spinse via e, rapidamente, si allontanò dal bancone.
    “Sei pieno di te, lo sai? Non sarò mai e poi mai gelosa di te. Semplicemente non voglio che a scuola tutti pensino che il mio attuale ragazzo se la fa con quella sciaquetta indecente alle mie spalle. Di nuovo!” riuscì a dire, nonostante la stanza avesse iniziato a girarle intorno.
    “È questo il problema?”
    “Ci puoi scommettere. Tutti al Bronze vi hanno visto fare ... qualunque cosa steste facendo. Non me ne importa niente, a parte il fatto che tutti pensano che tu sia il mio ragazzo e che non alcun bisogno che l’intero corpo studentesco mi guardi impietosito. Mi è bastata l’ultima volta. Quindi sai una cosa Spike? L’accordo che stavamo portando avanti?”. Indicò se stessa e poi lui. “È finito”.
    “Ma ...”. Sentì una punta di disperazione farsi strada dentro di se.
    “Niente ma, volevi indietro Dru e l’hai avuta” ringhiò lei.
    “Non l’ho riavuta” rispose lui senza pensare. Buffy si sentì ribollire il sangue.
    “Non m’importa! Quello è un tuo problema. Non ho intenzione di fare la parte dell’idiota. Dimenticatelo” gridò; cercò di voltarsi ma, all’improvviso, perse l’equilibrio e barcollò.
    Avendo ottimi riflessi lui riuscì ad acchiapparla prima che cadesse a terra. La tenne saldamente per la vita, premendosela contro il petto mentre la bottiglia di vino che lei teneva in mano gli traboccava sulla camicia.
    “Stai bene?” chiese, in tono sinceramente preoccupato.
    Lei scosse appena la testa, chiuse gli occhi per un attimo e poi si allontanò da lui.
    “Sto bene” insisté, cercando di mantenere le distanze.
    “Senti Buffy ... Non volevo ... Dru era lì ....”
    “Non voglio sentire. Te l’ho detto, mi chiamo fuori” insisté lei, di nuovo infuriata al sentir nominare la ragazza.
    “Ma ...”
    “Vattene Spike!” gridò lei, sbattendo la bottiglia sulla superficie più vicina.
    “Io ...”
    “Non ho intenzione di portare avanti questa stupida farsa solo perché la tua ex gioca a fare la difficile. Trovati qualcun’altra perché io sono stufa”.
    “Non ho fatto niente” insisté lui, sollevando la voce.
    “Lo stavate praticamente facendo sulla pista da ballo!” urlò lei, agitando le mani in aria.
    “Stavamo solo ballando”
    “Va bene, la prossima volta ballerò così con Angel e vediamo come *ti* sentirai”.
    Senza capire come, Buffy si ritrovò sbattuta contro il frigorifero, con le mani bloccate all’altezza delle spalle, mentre Spike le si premeva addosso infuriato.
    “Non ti avvicinare a lui” sibilò.
    “Oppure?” disse lei, senza fiato ma con tono arrogante, anche se dentro di se il suo cuore perse qualche battito sentendo che lui premeva la gamba sinistra fra le sue. “Che cosa farai?”
    “Stai lontana da lui” la avvertì, con gli occhi luccicanti di rabbia.
    “Sai una cosa? Credo che tornerò lì. Sono ancora molto carina, dubito che Angel dirà di no”. Sogghignò e fece per allontanarsi ma lui le strinse più forte i polsi.
    “Non ...” ringhiò.
    Sollevando il mento e guardandolo negli occhi lei chiese:
    “Non cosa? Hai intenzione di fermarmi?”
    “Assolutamente”. La voce di lui era bassa e piena di rancore.
    “Non è piacevole stare dall’altra parte, non è vero ... William?” lo prese in giro lei, sollevando un sopracciglio e strofinando istintivamente il bacino contro quello di lui. Smise immediatamente di ghignare, mentre gli occhi le si spalancavano per un attimo, sentendo qualcosa di duro premerle contro il basso ventre; prima che potesse dire qualcosa lui le catturò le labbra in un bacio travolgente.
    Colta di sorpresa Buffy si lasciò sfuggire un grido, mentre lui le infilava la lingua in bocca, costringendola ad aprirla. Dovette sforzarsi per respirare, mentre lui, dopo averle lasciato andare i polsi aveva preso ad accarezzarla freneticamente tirandole e spingendole i vestiti, premendo contemporaneamente i fianchi contro i suoi. Alla fine le mise le dita sotto le cosce, afferrandola e sollevandola, mentre lei gli avvolse istintivamente le gambe intorno alla vita. Gli mise le braccia intorno al collo e piegò la testa di lato, per approfondire il bacio. Lottarono con le lingue per il dominio, mentre entrambi gemevano forte e si strattonavano a vicenda i vestiti.
    Sentì che lui si spostava, portandola in braccio senza nessuno sforzo. La mise sul bancone e, allungando un braccio dietro di lei, fece cadere a terra ciò che ci stava sopra. Buffy ignorò il rumore di qualcosa che si rompeva, mentre lui la faceva sdraiare sul bancone e si chinava su di lei senza smettere di baciarla.
    Con dita tremanti gli afferrò i baveri dello spolverino, tirando finché non riuscì a farlo cadere a terra. Gli passò le mani tra i capelli spettinati e gli avvolse le gambe intorno alla vita, attirandolo più vicino mentre continuava a baciarlo famelica. Ansimò, sentendo le dita di lui scivolarle sulle cosce e sollevarle la minigonna fino ad arrotolargliela in vita.
    Si premette contro di lei, obbligandola a stare sdraiata, con le gambe che penzolavano dal bancone. Smise di baciarla per farle scorrere le labbra sul collo, sullo sterno e tra i seni, dove nascose il viso inspirando profondamente.
    “Oh Dio ...” la sentì mormorare.
    Sollevò lo sguardo e vide che aveva la testa gettata indietro, il collo scoperto, le guance rosse ed il respiro ansante. Mentre la fissava uno squillo acuto penetrò la nebbia che avvolgeva entrambi. Lei sollevò immediatamente lo sguardo.
    “Che cosa ...?”. Il suo sguardo passava dal telefono al ragazzo senza fiato ancora bloccato tra le sue gambe.
    Rendendosi conto di ciò che era successo il suo cuore accelerò. Senza una parola lo spinse via, saltò giù dal bancone e corse a rispondere al telefono.


    Capitolo 19
    Si sistemò nervosamente la minigonna, tirandosela giù mentre sollevava la cornetta.
    “Pronto? Ah, ciao!”. Seguì qualche secondo di silenzio, durante il quale lei camminò nervosamente in cerchio, aggrovigliandosi il cavo del telefono intorno alle dita.
    Spike si appoggiò al bancone, con il cuore che gli batteva ancora all’impazzata, guardandola accigliato e cercando di capire chi ci fosse dall’altro lato del filo. Tamburellò nervosamente con le dita sulla superficie bianca, seguendola con lo sguardo mentre le immagini di ciò che era appena accaduto gli scorrevano davanti agli occhi. Continuava a chiedersi come mai; “Perché ho …”. Non riusciva a capire, ma la sola idea di Angel che le si avvicinava, che la toccava … gli faceva accapponare la pelle e rivoltare lo stomaco; il modo in cui lei l’aveva giocato … Si raddrizzò quando lei riprese a parlare al telefono.
    “Va bene ... No, sto bene. Non preoccuparti. Ciao”. Aspettò un attimo, con la mente in tumulto poi, finalmente, mise giù la cornetta.
    Non aveva voglia di affrontare questa cosa, né questa né ... Alla fine si voltò a guardare Spike, in piedi vicino al bancone con un’espressione ansiosa. “Oh Dio, che cosa ho fatto?” si chiese, deglutendo a fatica e rientrando in cucina. Il silenzio imbarazzante fra loro sembrò ispessire l’aria, rendendo loro difficile respirare. Buffy guardò dappertutto nel tentativo di non incontrare lo sguardo di Spike e, alla fine, trovò la sua ancora di salvezza: la bottiglia di vino. In un lampo la prese e, voltatasi, si diresse in soggiorno.
    Il ragazzo la seguì disorientato, e la trovò seduta sul divano che beveva direttamente dalla bottiglia.
    “Ehm ... Buffy?” cominciò.
    Lei non lo guardò. Prese il telecomando e accese il televisore, trovando così un altro motivo di distrazione.
    “Buffy ...” la chiamò di nuovo lui. Stavolta fu costretta ad alzare lo sguardo.
    I suoi occhi erano ricolmi di uno scintillio stupefatto, che le conferiva un aspetto da ubriaca.
    “Si?” balbettò.
    Lui non sapeva cosa fare. Doveva dire qualcosa sui bollenti palpeggiamenti che si erano scambiati in cucina o doveva ignorarli? A giudicare dallo sguardo spaventato che aveva, riteneva che lei preferisse quest’ultima ipotesi. Lentamente si avvicinò al divano e si sedette.
    “Allora ... chi era?”.
    Buffy si sentì stringere il cuore alla sua domanda. “Quindi il programma prevede di ignorare quello che è appena successo?” si chiese.
    “Ehm ...”. L’alcool le si stava diffondendo nel cervello, costringendola a lottare con le parole. “Mia mamma” rispose, rimettendosi a guardare la televisione. “Vuoi ignorare quello che è successo? Va bene, lo ignorerò” gridò mentalmente, mentre la rabbia cresceva dentro di lei.
    “È uscita?” chiese Spike, notando per la prima volta che la sig.ra Summers non era in casa.
    Buffy annuì senza parlare, e bevve un’altra sorsata dalla bottiglia.
    “Ha chiamato per controllare se era tutto a posto, vero?” continuò lui. Uno dei due doveva fare conversazione, dato che lui non era in grado di rimanere nella stessa stanza con lei in silenzio, sicuro come l’inferno.
    Lei annuì di nuovo distrattamente, prendendo un'altra sorsata dalla bottiglia.
    “Sei proprio incazzata stanotte, non è vero?” chiese lui, con un filo di rabbia nella voce.
    A questo punto lei si accigliò e lo guardò.
    “Stai cercando di ubriacarti, non è vero?”
    “Tu credi?” disse lei, sollevando un sopracciglio e riportando la sua attenzione sulla televisione.
    “Amore, non dovresti bere così. Dico davvero. Non ci sei abituata” cercò di avvertirla lui.
    Per tutta risposta lei sollevò la bottiglia e bevve un altro paio di sorsate. Rabbiosamente lui afferrò la bottiglia e gliela strappò dalle mani. Lei scattò immediatamente, agitando in aria le braccia e cercando di riprenderla.
    “Ridammela, è ...”. Fece per alzarsi, per tentare di riprenderla, ma all’improvviso la stanza si mise a girarle intorno. Sbatté le palpebre un paio di volte, poi si lasciò cadere sul divano come un macigno, tenendosi la testa dolorante. “Oh … Oh … Non va bene … Perché la stanza si sta muovendo?” disse con voce liquida, cercando senza successo di mettere a fuoco qualcosa.
    “Perché sei completamente schizzata” rispose lui, posando la bottiglia sul tavolino e sedendosi nuovamente accanto a lei.
    Le mise le mani sul viso, tenendole la testa, e guardandola sbattere violentemente le palpebre e fare delle smorfie.
    “Non mi piace” si lamentò lei.
    “Starai benone, hai solo bisogno di un po’ di caffè” spiegò lui, alzandosi per uscire dalla stanza.
    Lei si aggrappò immediatamente al suo spolverino, tirandolo verso di sé.
    “No! No! Non lasciarmi!” lo pregò, presa dal panico.
    “Torno subito. Sto solo andando in cucina a prepararti ...”.
    Si interruppe, vedendola scuotere la testa con violenza.
    “No. Non voglio rimanere da sola. Questo è …” si interruppe a metà della frase, sentendo qualcosa risalirle dallo stomaco. “Credo di stare per …”.
    Senza riuscire a finire la frase, spalancò la bocca e vomitò addosso a Spike.
    L’inglese si bloccò, vedendo il suo capo d’abbigliamento preferito ricoperto di vomito verdastro. La rabbia e il disgusto sparirono non appena vide l’espressione turbata della biondina.
    “Oh Dio, mi dispiace, mi dispiace così tanto!” si scusò lei, portandosi una mano alla bocca.
    “Va tutto bene” mentì lui, levandosi velocemente lo spolverino e appallottolandolo in maniera tale da evitare di riempire di vomito il divano.
    Accorgendosi delle macchie che aveva sulla camicia sospirò e, senza pensarci due volte, si tolse anche quella, rimanendo in jeans e maglietta. Riportò la propria attenzione su Buffy, scompostamente sdraiata sul divano con una smorfia di dolore in viso. La prese tra le braccia e la portò su per le scale. Rimase per qualche secondo in corridoio, chiedendosi quale fosse la porta del bagno. Tirando a indovinare, scelse quella in fondo al corridoio.
    Aprì la porta e, dopo qualche tentativo, riuscì a trovare l’interruttore della luce. L’accese, rivelando un bagno piastrellato di bianco.
    “Amore ...” la chiamò.
    “Mm ...” mormorò lei, semi – cosciente.
    “Tieniti a me, così ti posso dare una ripulita”.
    Lei annuì e gli mise le braccia intorno al collo, sostenendosi almeno in parte, mentre lui apriva il rubinetto. Sentendo l’acqua fredda sul viso Buffy saltò su e tossì. Si calmò rapidamente, permettendo a Spike di passarle una mano umida sulle guance e sulla bocca, nel tentativo di ripulirla un po’. Dopo averle tolto la maggior parte del vomito dal viso, lui le ripulì il collo. Dopo qualche minuto lei era completamente ripulita ed un po' più sveglia, e cominciò a borbottare qualcosa di incomprensibile.
    “Starai bene” la rassicurò lui.
    Lei però continuò a borbottare qualcosa e, ben presto, le lacrime cominciarono a scorrerle sulle guance arrossate.
    “Oh Dio, per favore non piangere …” la pregò imbarazzato lui, facendola sedere sul water.
    Lei non gli diede retta, si prese il viso tra le mani e cominciò a singhiozzare dolorosamente.
    “Per favore ... No ... Non sopporto di vedere le ragazze … Per favore …”. Si inginocchiò al suo fianco, sforzandosi di trovare un posto dove mettere le mani, nel frattempo diventate imbarazzanti appendici. Fece per posargliele sulle spalle, sulle braccia, sulle gambe e sui capelli e, alla fine, le diede dei buffetti in testa, nella tipica versione maschile di una carezza di conforto.
    “Perché ...” – singhiozzo – “mi stai” – singhiozzo – “colpendoooo?” si lamentò in tono infantile lei, guardandolo con occhi iniettati di sangue.
    “I-io ...”. Lui cercò di spiegarsi, ma inutilmente dato che lei aveva ripreso a piangere. “Amore … co-cosa c’è che non va?” chiese, dopo aver deciso che la cosa migliore era non toccarla affatto.
    “Tuttoooooo” gridò lei.
    “E dai ... Non può essere così ...”.
    “Mia madre si sta facendo un idiota” si lamentò lei, mentre le lacrime la assalivano nuovamente.
    Preso di sorpresa Spike impiegò qualche secondo a reagire, ma alla fine riuscì a balbettare:
    “È-è uscita per un appuntamento, questo non vuol dire che si stia …”. Fece una smorfia, immaginando mentalmente la scena, cosa che gli fece contrarre i muscoli del viso. “… facendo qualcuno”.
    “Si, invece” insistè lei singhiozzando e frignando. “Era truccata”.
    Lui sollevò il sopracciglio sfregiato, pensando: “E allora ...?”.
    Lei inspirò profondamente, mentre le lacrime continuavano a solcarle il viso. “E poi ha appena chiamato per dire che farà molto tardi e-e … e ha detto che se dovessi aver bisogno di qualcosa domani a pranzo posso ordinare la pizzaaaaaa”. E con questo riprese nuovamente a gemere ed ad ululare.
    “Ah …”si rese conto lui, rivolgendole un’occhiata dispiaciuta. “Bè … Anche m-mio padre ultimamente ha avuto un sacco di appuntamenti … è naturale che le persone adulte divorziate o rimaste vedove … sai …”. Dovette deglutire forzatamente, per evitare di vomitare all’idea di suo padre che faceva del sesso.
    “Non mia madre!” gridò lei, coprendosi il viso con le mani e scoppiando a piangere.
    “Ehm ... passerotto ... per favore ... calmati ... è …”. Era inutile, non la smetteva.
    Si raddrizzò imbarazzato e, ancora in ginocchio, l’abbracciò dandole una pacca sulla schiena.
    “Dai, dai ...” mormorò a disagio. Dio, quanto odiava vedere le donne piangere.
    Lentamente lei si rilassò tra le sue braccia e, alla fine, si lasciò scivolare giù dal water per sedersi sul pavimento, ancora fra le sue braccia, seppellendo il viso umido nella sua maglietta. La sentì frignare e mormorare qualcosa, mentre si asciugava gli occhi ed il naso con il tessuto.
    “Continua pure ... tanto non è la mia preferita” la incitò, passandole una mano sui capelli.
    “Mia ...”.
    “Che c'è, amore?” le chiese, costringendola a guardarlo.
    Si fissarono l’un l’altra per qualche secondo, poi lei se ne uscì:
    “Mia madre sta facendo sesso ... Uaaaa!” e gli seppellì nuovamente il viso nel petto.
    “Va bene ... andrà tutto bene” la rassicurò lui. “È normale. Sapevi che alla fine sarebbe …”.
    Lei si raddrizzò improvvisamente: “No! Non mi stai ascoltando!”.
    “Dimmi”.
    “Mia madre sta facendo sesso ...”. Si fermò nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime e, alla fine, protestò gridando: “… e io no!”, continuando nel frattempo a singhiozzare incontrollabilmente.
    “Ah!”. L’ossigenato sollevò le sopracciglia per la rivelazione, mentre lei gli posava la testa sul petto con un tonfo sordo.
    Dopo aver continuato a piangere ed a tirare su con il naso per un po’ riuscì a calmarsi ed a raddrizzarsi, asciugandosi le lacrime con le mani. Rimasero in silenzio finché Buffy non lo ruppe, bisbigliando a voce bassissima:
    “Sono ripugnante?”.
    “Che cosa?!” chiese lui meravigliato.
    “Sono ripugnante?” ripetè lei.
    “Naturalmente no. Che cosa ... Perché dici così?”.
    “Allora perchè ... Angel non ... mi vuole più?” riuscì a dire lei, singhiozzando e tirando su con il naso.
    “Perché è un idiota” rispose chiaramente Spike, sistemandole i capelli dietro le orecchie.
    Lei sembrava più calma ma, all’improvviso, la sua espressione cambiò, divenendo dura e fredda.
    “Cosa ne sai tu?” brontolò, rimettendosi faticosamente in piedi e avviandosi a zig zag lungo il corridoio.
    “Cosa vuoi dire?” chiese lui, seguendola rapidamente nella sua stanza.
    Lei si voltò all’improvviso per fronteggiarlo, cosa che gli fece fare un salto indietro.
    “Anche tu sei ossessionato da quella sciacquetta stupida e ossuta” scattò.
    Vedendo la sua espressione confusa continuò:
    “All’improvviso tutti i ragazzi sembrano completamente pazzi di quella strega dai capelli neri”. Agitò in aria le braccia, poi: “Che cos’ha che io non ho?”.
    Spike piegò la testa di lato e le rivolse un debole sorriso.
    “Sei gelosa di Dru?”.
    “Non. Sono. Gelosa di quella sciacquetta indecente” insisté lei, incrociando le braccia e lasciandosi cadere seduta sul bordo del letto.
    Ben presto la sua espressione imbronciata si accentuò e, man mano che l’alcool continuava ad acuire le sue emozioni, si rimise a piangere.
    “Amore ... Dai ... Non di nuovo” la supplicò lui, inginocchiandosi di fronte a lei.
    “Perché Angel non mi vuole più?” si lamentò lei.
    Sentendo nominare il quarterback Spike sentì che lo stomaco gli si rivoltava. Come mai gli importava tanto di lui? Dio, aveva voglia di strangolarlo.
    “Sono brutta” concluse lei.
    “No, non lo sei!” ribatté lui. “Come puoi pensarlo? Dio, Summers ma hai idea di quanto sei bella?”. La fissò in viso senza vederla, passandole le dita sulle guance, come se non stesse più parlando con lei. “Sei affascinante e …”. Sospirò vedendo che metteva il broncio. “Dio, mi fai impazzire ogni volta che lo fai”.
    “Che cosa?” si accigliò lei.
    “Il broncio. Quando sporgi il labbro inferiore ...”
    “Piaceva anche ad Angel” replicò distrattamente lei.
    Era l’ultima goccia! Cominciò a ribollire di rabbia, mentre il sangue gli affluiva al viso.
    “Ti vuoi dimenticare almeno per un maledetto secondo di quel segaiolo, dannazione?” ringhiò, alzandosi e cominciando a camminare avanti e indietro.
    Lei corrugò le sopracciglia, con un’espressione da ubriaca che le dava un’aria semi – idiota.
    “Perché tutto ad un tratto sei così arrabbiato?” brontolò accigliata, seguendolo con lo sguardo. “La vuoi smettere di girare in tondo? Mi fai girare la testa?” protestò, scuotendo la testa e sbattendo le palpebre.
    Lui si bloccò di colpo davanti a lei, tentando di tenere a freno le proprie emozioni. “Perché sei così preoccupata di quello che pensa Angel?”.
    “Non sono preoccupata di quello che ...”.
    “Cazzate! È un’ora che continui a dire che Angel non ti vuole più e che pensi di essere brutta perché non gli importa un fico secco di te. Che cosa avete voi donne? Vi piacciono solamente gli uomini idioti. Siete masochiste o che cosa? Un uomo vi dedica tutte le attenzioni possibili e voi, alle sue spalle, vi fate la persona che odia di più e poi, quando vi ignora, lo rivolete indietro”. Terminò la propria tirata e lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi.
    Buffy si limitò a continuare a corrugare le sopracciglia intimidita, mentre l’alcool che aveva in circolo le rendeva insensibile il corpo.
    “Hai seriamente bisogno di imparare a controllare la rabbia, lo sai vero?” mormorò.
    “Ho bisogno di togliermi voi ragazze dalla testa, ecco di che cosa ho bisogno” protestò lui.
    “Puoi sempre diventare gay” propose lei. “Sai già che mia madre non ha problemi al riguardo”.
    Spike le fece un sorriso falso e Buffy fece una smorfia ricordandosi della madre ... Ben presto ricominciò a piangere, mentre la sua ubriachezza rientrava in una fase di tristezza.
    “La vuoi smettere?” ringhiò lui.
    “No, non voglio, maiale insensibile che non sei altro!” gridò lei, lasciandosi ricadere sul letto e rannicchiandosi in posizione fetale.
    Lui sentì una punta di rimorso.
    “Oh ... Amore ... Mi dispiace ... Io non ... Per favore ...” pregò, avvicinandosi al letto e inginocchiandosi. “Senti … Mi dispiace, non intendevo gridare … Per favore, non piangere”.
    Lei non gli rispose, limitandosi a voltargli la schiena. Lui sospirò e, lentamente, si mise a sedere sul letto, poggiandole una mano sulla schiena.
    “Passerotto ... Mi dispiace di ...”.
    “Smettila di chiamarmi così!” urlò lei, raggomitolandosi ancora di più.
    “Mi dispiace ... Io non ...” continuò lui, sdraiandosi al suo fianco con la testa su un gomito, ed accarezzandole un braccio.
    Lei non lo spinse via e rimase immobile mentre lui le accarezzava la pelle.
    “Andrà tutto bene ... Non preoccuparti” le bisbigliò all’orecchio per confortarla.
    Lei si voltò esitante e, senza una parola, gli si accoccolò contro il petto. Lui rimase rigido per un secondo, poi si rilassò e l’abbracciò attirandola più vicina. La cullò lentamente. Mentre il sonno si impadroniva di lui sentì la voce morbida di lei, farsi strada attraverso la nebbia che gli avviluppava la mente.
    “Che c’è, amore?”.
    “Dicevi davvero?” ripeté lei.
    “Dicevo davvero cosa?”.
    “Che pensi che io sia affascinante?” chiese lei a bassa voce, guardandolo.
    “Sei affascinante, Summers” rispose lui con un mezzo sorriso.
    “Pensi che io sia carina?” chiese lei, mettendo il broncio e sbattendo innocente le palpebre.
    “Sei splendida” rispose lui.
    Lei sorrise e gli appoggiò nuovamente la testa sul petto. Dopo un po’ sollevo lo sguardo; lui aveva gli occhi semi chiusi, sul punto di addormentarsi di nuovo. Si addormentò tenendo un braccio attorno alla testiera del letto e abbracciandola protettivo con l’altro.
    Il suo cuore accelerò sentendo qualcosa di caldo sfiorargli la nuca ed una mano circondargli la vita e insinuarsi sotto la sua maglietta, mentre lei si muoveva fra le sue braccia, premendo le gambe contro le sue.
    Aprì gli occhi e la vide baciargli e mordicchiargli il collo, poi li richiuse rapidamente mentre l’intensa sensazione gli invadeva le vene. Ansimò quando lei si spostò e gli sfiorò la bocca con la propria, spingendolo sulla schiena e salendogli sopra.
    Gli passò la gamba destra sullo stomaco, facendogli scivolare la lingua in bocca; lui sentì il sapore di menta del dentifricio e, in sottofondo, quello dell’alcol. Gemette forte quando lei gli si mise finalmente a cavalcioni, facendo ricadere tutto il suo peso su di lui e accarezzandolo dolcemente, mentre i capelli le incorniciavano il viso.
    La mano di lei continuava la sua esplorazione sotto la sua maglia, tracciando i contorni dei suoi addominali prima di spostarsi più in basso, oltre il suo ombelico.
    “Che co...”. Le parole gli morirono in gola, sentendo le dita di lei scivolargli sotto i jeans, accarezzargli i riccioli del pube e raggiungere il proprio obiettivo. Lei lo prese cautamente in mano e cominciò a muoverla su e giù facendolo ansimare, schiudendo le labbra per baciarlo nuovamente.
    Lui rovesciò gli occhi all’indietro, per la sensazione provocata dalle sue carezze.
    “Amore ...” cominciò, mentre lei gli baciava la guancia e il lobo dell’orecchio.
    “Non ... chiamarmi così” ansimò lei.
    “Che cosa stai ...”. Lei lo strinse più forte e lui si fermò a metà della frase. “… facendo? Per favore … Smettila … Noi … Oh Dio!”.
    La sentì sorridere contro il suo collo, in risposta alla sua voce spezzata, e questo sembrò dargli la forza sufficiente ad afferrarle il polso.
    “Per favore ... Non possiamo farlo” ansimò, infilandole l’altra mano tra i capelli e tirandola in maniera tale che lo guardasse in faccia.
    “Perché no?” si imbronciò lei. “Non ne hai voglia?”.
    “Dio, non immagini nemmeno quanto!”. Lei riprese a muovere la mano destra, facendolo ansimare.
    “Bene!”. Sorrise e gli prese nuovamente in bocca il lobo dell’orecchio, mordicchiandoglielo.
    “Per favore ... smettila ... sei ubriaca ... non sai …ah!”. Inspirò a fondo mentre lei lo stringeva di nuovo, delicatamente.
    Sembrava completamente partito; lo lasciò andare e cominciò a sganciargli la cintura ed a sbottonargli i jeans, un bottone dopo l’altro.
    Alla vista dell’inguine di lui arrossì; sorrise innocente e questo quasi lo convinse. Era bella da togliere il fiato, arrossata e sudata com’era, con i capelli scomposti che le ricadevano addosso. Dio, la desiderava così tanto.
    Raccogliendo tutte le sue forze riuscì a bisbigliare: “Passerotto ...” , ma quando lei lo guardò le forze sembrarono venirgli meno. “Non … possiamo farlo”.
    Per tutta risposta lei gli infilò nuovamente la mano nei pantaloni, ma stavolta lui fu abbastanza veloce da bloccarla.
    “Sei ubriaca, passerotto. Non voglio farlo in questo modo. Non così” ansimò.
    “Non mi vuoi?” si imbronciò lei.
    “Più di ogni altra cosa. Ma non in questo modo”.
    All’improvviso gli occhi le brillarono di rabbia e, in un attimo, si era staccata da lui e si era seduta.
    “Fuori!” gridò, voltandogli le spalle.
    Lui si sedette e allungò una mano verso di lei, accarezzandole piano la schiena; lei scattò:
    “Fuori!” gridò con tutto il fiato che aveva.
    “Amore ...”.
    Con la rabbia che le scorreva nelle vene lei si alzò e spalancò la porta, sibilando a denti stretti:
    “Fuori. Adesso”.
    Lui si alzò e, tenendo la testa china e strascicando i piedi, andò in corridoio e sentì che lei gli sbatteva la porta alle spalle.


    Capitolo 20
    Continuò a girarsi e rigirarsi per quella che sembrava un’eternità ma alla fine se ne stancò e si sedette sul letto, con le gambe contro il petto ed il mento poggiato sulle ginocchia. Si dondolò lentamente, mentre i pensieri serpeggiavano nella sua mente ancora leggermente intossicata. Fece una smorfia ricordando … “Più di ogni altra cosa. Ma non in questo modo”. Chiuse gli occhi, tentando di controllare il senso di nausea che provava alla bocca dello stomaco. Inevitabilmente altri interrogativi invasero i suoi pensieri. Era ancora in casa? Non aveva sentito la porta principale aprirsi ... Stringendo le labbra si staccò dal materasso e, a piedi nudi, andò alla finestra. Si fermò per un attimo, poi scostò leggermente le tende. Vedendo la vecchia auto ancora parcheggiata sul vialetto si sentì invadere da un’ondata di sollievo. Si sorprese a sorridere al veicolo arrugginito; allora si accigliò e si rimproverò mentalmente poi se ne tornò velocemente a letto, lasciandovisi cadere sopra. Rimase seduta per qualche minuto, riflettendo sul da farsi. Lui era ancora in casa ... Come osa? Gliela farò vedere io. Avendo trovato un ottimo motivo per uscire dalla sua stanza si alzò, si mise le pantofole a forma di coniglio e uscì. Scese le scale lentamente ed entrò in soggiorno.
    Vedendolo il suo cuore perse un battito. Era sdraiato scompostamente sul divano, con addosso i jeans e la maglietta nera, con un braccio sul viso e l’altro che penzolava sul pavimento.
    Piegò leggermente la testa e rimase immobile, a guardarlo dormire immerso in una pozza di luce lunare. Sembrava così … No! Non sembra un bel niente! Anzi sembra ... estremamente seccante.
    Di nuovo piena di rabbia accese la luce e gridò:
    “Che cosa ci fai qui?”.
    Rimase a guardarlo mentre il rumore improvviso lo faceva sedere di scatto, portandosi istintivamente le braccia allo stomaco. Lui sbattè le palpebre furiosamente, dato che i suoi occhi non volevano saperne di abituarsi alla luce aspra proveniente dal soffitto.
    “Cosa?” riuscì a mormorare con voce rauca.
    “Che cosa ci fai ancora qui? Ti avevo detto di andartene … ricordi?”. Sospirò esasperata, incrociando le braccia sul petto e tamburellando rabbiosamente sul pavimento con il piede sinistro.
    “Ehm ...”. Lui inspirò a fondo, strofinandosi gli occhi e tenendosi la testa tra le mani per qualche momento, prima di voltarsi a guardarla. Aprì e chiuse le labbra un paio di volte, tentando di inumidirsi la bocca arida, esaminando nel frattempo la ragazza incavolata che torreggiava su di lui. Non disse nulla, limitandosi a dare un’occhiata all’orologio appeso alla parete ed a riportare lo sguardo su di lei: “Sono le quattro del mattino, amore. Possiamo avere il nostro solito battibecco scaldacuore in un altro momento? Magari fra … otto ore?”.
    “Cosa. Ci. Fai. Qui?” sibilò lei.
    “Apparentemente no. Che bellezza!” disse lui con falso entusiasmo, alzandosi e chinandosi su di lei. Ribadì l’ovvio: “Stavo dormendo”.
    Lei sospirò, alzando gli occhi al cielo; era sul punto di dire qualcosa quando lui se ne andò in cucina. Lo seguì rabbiosamente, costretta dall’alcool e dalle pesanti pantofole a camminare come una papera; cosa che fece ridacchiare Spike mentre si appoggiava al frigorifero.
    “Che cosa stai facendo?”. Cercò di sembrare il più incavolata possibile, ma si distrasse quando lui si infilò una mano sotto la maglietta per grattarsi il petto, scostando il tessuto e scoprendo lo stomaco scolpito.
    “Sto cercando qualcosa da bere” spiegò senza neanche guardarla, impegnato ad ispezionare il frigo. Alla fine scelse il succo d’arancia, prese la bottiglia e la posò sul bancone mentre cercava un bicchiere nei vari mobili.
    “Questa è casa *mia*!” protestò lei, battendo un piede.
    “Dopo averti lavato e ripulito dal vomito credo di essermi meritato un po’ di succo d’arancia” disse lui, sollevando le sopracciglia mentre sorseggiava la bevanda.
    “Ah ...” fu la risposta imbarazzata di Buffy, che sentì il rossore salirle al collo ed alle guance.
    Rimasero in silenzio per alcuni, dolorosi, attimi finché lui disse:
    “Mi sembra che tu stia meglio”.
    “Ehm … sono ancora un po’ vacillante … ma sto lentamente recuperando il pieno controllo delle mie funzioni motorie” rispose lei, senza osare guardarlo. Signore, per favore fai che non menzioni quello che è successo di sopra, per favore fai che non menzioni quello che è successo di sopra, per favore fai che non …
    “Ehm … Per quanto riguarda quello che è successo …”.
    “Ecco cosa si ottiene a pregare. Grazie tante!” brontolò tra sé lei.
    “Io ...”.
    Lei lo interruppe subito, sollevando una mano: “Non voglio parlarne. Archiviamolo sotto la voce momentanea stupidità indotta dall’alcool, va bene?”.
    Spike sentì che lo stomaco gli si torceva per la rabbia ed il disgusto.
    “Bene” riuscì a sibilare, sbattendo il succo d’arancia sul bancone e andando nel soggiorno.
    Lei lo seguì rapidamente e lo vide raccogliere lo spolverino e la camicia e voltarsi poi verso il corridoio.
    “Dove stai andando?” mormorò a voce bassa.
    “A casa. Come volevi tu” brontolò lui, dirigendosi verso la porta principale.
    “No!”. Non sapeva che cosa l’avesse portata a dirlo ma l’aveva detto; deglutì forzatamente vedendolo voltarsi e fronteggiarla accigliato. Cercò di nascondere il proprio nervosismo: “Voglio dire … Non *devi* andartene se non vuoi”.
    “Mi stai chiedendo di rimanere?” chiese lui, piegando la testa di lato con un mezzo sogghigno.
    “No!” rispose immediatamente lei. Vedendo che stava per andarsene aggiunse rapidamente: “Si!”. Si interruppe mentre lui si voltava ancora una volta. “T-te lo sto chiedendo”. Vedendo il sogghigno arrogante di lui continuò in tono noncurante: “Solo perché non ho sonno e sono annoiata”.
    “Sono lusingato, passerotto” mormorò lui, ritornando in soggiorno.
    “Non esserlo *William*” lo prese in giro lei, sedendosi sul divano al suo fianco.
    Lui prese il telecomando e saltellò da un canale all’altro e ... niente. Non c’era assolutamente niente. Sospirando forte spense il televisore e si voltò a guardare la ragazza biancovestita al suo fianco.
    “E adesso?”.
    Lei si strinse nelle spalle. “Non lo so”.
    Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Buffy se ne uscì:
    “Possiamo giocare a carte”.
    “Va bene” acconsentì lui. Lei saltò giù dal divano e andò di corsa ad un mobile lì accanto.
    Vi frugò per quella che sembrava un’eternità, alla fine si arrese e agitò le mani in aria.
    “Non so dove le ha messe mia madre” mormorò, strascinando i piedi fino al divano.
    Sedettero nuovamente in silenzio. Stava cominciando a diventare troppo imbarazzante perché lei potesse tollerarlo, quando lui propose:
    “Vuoi fare un gioco?”.
    Lei lo guardò con sospetto. Aveva uno sguardo truffaldino e quel suo sogghigno irritante stampato in faccia. Stava macchinando qualcosa, ma qualunque cosa era meglio di quell’orribile silenzio, perciò … va bene, avrebbe abboccato.
    “Che gioco?”.
    “Non saprei ...”.
    Dal tono della sua voce lei capì che sapeva benissimo che gioco scegliere, stava solamente temporeggiando.
    “Magari ... il gioco della verità?”; si stava fingendo indifferente al riguardo, ma il suo tentativo fallì miseramente.
    “Eh no. Non giocherò al gioco della verità con te” rifiutò violentemente lei, alzandosi e cominciando a camminare intorno al tavolo.
    “Perché no?!” si lamentò lui.
    “Pe-perchè ... perché lunedì a scuola tutti sapranno i miei più oscuri e perversi segreti, ecco perché” rispose lei, abbracciandosi.
    “Ti giuro che non dirò niente. E poi anche tu potrai farmi delle domande, non te lo ricordi?”.
    A questo punto Buffy smise di scuotere incessantemente la testa. Forse non era un’idea così cattiva … Dopo averci riflettuto attentamente per alcuni momenti tornò a sedersi sul divano e, raccogliendo le gambe sotto il corpo, si voltò verso di lui.
    “Spara”, disse semplicemente.
    “Bene!” esclamò lui battendo le mani e sistemandosi di sbieco sul divano in maniera tale da starle di fronte. “Verità o pegno, Summers?”.
    “Verità” rispose lei con voce ferma.
    Senza bisogno di pensarci a lungo, lui chiese:
    “Provi ancora dei sentimenti per Angel?”. Parlava con tono basso, dal quale scaturiva però un filo di disagio.
    “Si” rispose pronta lei. “Tocca a me. Verità o pegno?”.
    Il suo stomaco si torse dolorosamente, fino a fargli sentire un retrogusto acido in bocca; deglutì a fatica e rispose:
    “Verità”.
    “Hai mai amato qualcuno, e quando dico amato non intendo in senso materno o fraterno o amichevole. Parlo di amore nel senso di amore alla Romeo-e-Giulietta-tragicamente-destinato-ad-accadere. E chi era?”.
    “Si e Dru” rispose lui.
    Buffy non poté evitare di aggiungere:
    “La ami ancora?”.
    “E no passerotto, hai fatto la tua domanda, ora tocca a me”.
    Buffy storse la bocca in segno di disappunto ma non disse niente.
    “Verità o ...”.
    “Verità” lo interruppe lei.
    “Sei un tipino impaziente, non è vero?”.
    Lei alzò gli occhi al cielo: “Fai la domanda e basta Spike”.
    “Vediamo ...”. All’improvviso nei suoi occhi si accese uno scintillio maligno e, abbassando la voce, chiese: “Hai mai fatto un sogno erotico su di me, passerotto?”.
    Lei quasi saltò giù dal divano per la domanda inattesa: “Che cosa?!”.
    “Sesso, amore. Hai mai sognato di fare sesso con me?”.
    Buffy sgranò gli occhi, mentre le guance le si imporporavano.
    “Voglio pagare pegno” disse subito.
    “Hey! Questo è barare”.
    “Non sto barando. Ho cambiato idea” si lamentò lei, imbronciata.
    “Non puoi cambiare idea. Tu ...”.
    “Va bene. Allora smetto di giocare”.
    “Sei come una bambina. Se le cose non vanno come vuoi tu ti limiti ad abbandonare, non è così?” ribatté lui.
    “Va bene” disse lei, incrociando le braccia sul petto e borbottando a voce bassa: “Si”.
    Lui, con il cuore che gli batteva furiosamente nel petto, fece finta di non aver sentito: “Che cosa hai detto amore?”.
    “Si, va bene?!” gridò lei. “Ho fatto un sogno erotico su di te. Ma solamente uno e non mi è neanche piaciuto”.
    Lui sollevò dubbioso un sopracciglio e lei insistette:
    “Non mi è piaciuto! Allora, verità o pegno?”.
    “Hey, non così in fretta. Non mi hai detto di cosa si trattava” protestò lui.
    “Non l’hai chiesto” disse lei, sogghignando trionfante. “Verità o pegno?”.
    Spike rimase zitto per un attimo, mentre il suo cervello cercava di andare oltre il fatto che lei aveva fatto un sogno erotico su di lui. Deglutì forzatamente, cercando di concentrarsi su quello che gli stava chiedendo.
    “Verità”.
    “Ha-hai mai fatto ... uno di quei sogni su di me?”. Si rimproverò mentalmente per l’esitazione della propria voce.
    “Si” rispose lui, guardandola dritto negli occhi e costringendola a distogliere lo sguardo.
    All’improvviso l’espressione di lui sembrò cambiare completamente e i suoi occhi si scurirono mentre la fissava intensamente.
    “Ok tocca a te!” disse lei, un po’ troppo vivacemente, cominciando a sentirsi nervosa. Il suo nervosismo comunque raddoppiò quando, con la coda dell’occhio, vide che lui le si avvicinava.
    Si voltò e, ad occhi sgranati, lo vide chinarsi su di lei, con il viso a pochi centimetri dal suo. Il cuore le batté furiosamente nel petto, mentre i palmi delle mani le si inumidivano di sudore freddo, quando lui le sfiorò le labbra con le proprie e le mise una mano sotto l’orecchio, toccandole la guancia arrossata. Lui piegò la testa e premette la bocca contro la sua, schiudendo le labbra e sfiorandola con la lingua. All’improvviso sentì che qualcosa si spezzava dentro di lei. In un lampo si alzò e scese dal divano, stando bene attenta a mettere il tavolino fra lei ed il ragazzo ossigenato che la stava fissando ad occhi spalancati.
    “Bene! È stato divertente!” esclamò, con più entusiasmo del necessario, battendo le mani. “Ora penso che me ne tornerò a letto. Sono stanca!”. Gli rivolse uno sbadiglio ben poco credibile, poi si voltò e si diresse verso il corridoio.
    Prima ancora di aver raggiunto la base delle scale sentì una mano forte che, afferrandole il braccio, la costrinse a voltarsi. Avrebbe potuto giurare di riuscire a sentire il battito del proprio cuore. Si voltò ed incontrò lo sguardo cupo di lui.
    “Dobbiamo parlarne” disse lui, con voce bassa e rauca.
    “Parlare? Di cosa?”. Era meravigliata lei stessa di essere in grado di parlare con tale noncuranza, considerato che aveva il cuore in gola.
    “Sai di che cosa. Non fare la stupida” insisté lui, chiudendo gli occhi per un attimo.
    Lei sospirò forte, poi si liberò dalla sua stretta e gli girò intorno.
    “Dunque abbiamo fatto sogni erotici l’uno sull’altra e viceversa. Non significa niente”. Parlando, agitava le mani per aria e, ogni tanto, si stringeva nelle spalle. “Voglio dire, probabilmente è colpa del fatto che ultimamente ci siamo dati da fare per colpa del … del piano. È semplicemente capitato …” cercò di razionalizzare. Voltandosi, lo vide sollevare il sopracciglio sfregiato con un gesto chiaramente dubbioso ed esclamò: “Che c’è?! Potrebbe essere! Sai … ci siamo fatti prendere dalla parte e tutto il resto. Voglio dire, tutti gli altri pensano che stiamo insieme. Probabilmente siamo stati così bravi da ingannare anche noi stessi. Può succedere!”.
    Lui continuava a guardarla con aria scettica.
    “Senti, che cosa vuoi che ti dica?” chiese lei, esasperata.
    “Perché mi hai baciato?” chiese lui, facendo un passo verso di lei.
    “Ero ubriaca!” si difese subito lei. “E mi sentivo sola a causa di mia madre e di tutto il resto, questo non conta”.
    “Va bene! E quello che è successo là?” chiese lui, facendo un cenno in direzione della cucina.
    Lei indicò alternativamente lui e se stessa. “Sei tu che mi hai baciato! Sarebbe stato … maleducato non ricambiare”.
    “Mi hai baciato perchè sarebbe stato maleducato non ricambiare?!” chiese lui incredulo. “E i palpeggiamenti sul bancone? Anche quelli per educazione?”.
    “Si” rispose lei, sollevando il mento e cercando di sembrare il più sincera possibile.
    “Amore tu mi odi, te lo ricordi? Da quando in qua ti preoccupi di essere educata con me?”.
    Non avendo una risposta lei si limitò a fare il broncio, rimanendo immobile mentre lui le si avvicinava e torreggiava su di lei.
    “Di’ la verità passerotto ... tu mi volevi tanto quanto ti volevo io, non è vero?” continuò lui, con voce bassa e roca.
    “Tze!”. Avrebbe voluto suonare sprezzante ma la voce le venne fuori debole, e lui le si avvicinò fino a trovarsi a pochi centimetri da lei. “Non montarti la testa” disse lei a voce bassa, senza osare guardarlo, fissando invece la propria pantofola a forma di coniglio. Che pantofole interessanti che ho. Alla sinistra manca un occhio! Divertente, non l’avevo mai notato. Divertente, divertente, divertente. Provò a distrarsi in tutti i modi per calmarsi, ma sembrava che niente riuscisse a funzionare, il profumo di lui l’avvolgeva, intossicandola. “Pantofole divertenti … Oh, per amor di Dio smettila di tremare”, si rimproverò.
    Stava tremando; lui le mise un dito sotto il mento e glielo sollevò, costringendola a guardarlo in faccia.
    “Ok, ti dico cosa faremo. Ti do il permesso di essere maleducata con me. Perciò … se ti bacio non sei assolutamente obbligata a ricambiare il favore, va bene?”.
    Lei non rispose, si limitò a fissarlo, in attesa. Lentamente lui spostò la mano che ancora le teneva sul mento, portandoglie alla base della nuca, e le passò l’altro braccio intorno alla vita per attirarla a se. Si chinò su di lei con una lentezza snervante e, dopo quella che sembrava un’eternità, le loro labbra si incontrarono. Le sfiorò le labbra con piccoli baci, terribilmente innocenti, rifiutandosi di approfondire il bacio. Era una mossa che doveva fare lei, ma lei non la fece. Il suo corpo lo supplicava di prenderla e sbatterla contro la porta, e all’inferno il suo orgoglio maschile. Lui però combatté la voglia, che ben presto divenne dolorosa, a causa dell’improvvisa mancanza di spazio nei suoi pantaloni.
    “Teneri conigli, teneri e divertenti conigli. Non pensare a Spike, ignora Spike, non baciarlo, pensa ai teneri e divertenti conigli … senza un occhio” ordinò lei al proprio corpo. Ma la sua risolutezza si stava sgretolando, mentre lui la spingeva lentamente contro la porta, premendole addosso con tutto il corpo. Sentendo qualcosa di duro premerle contro il basso ventre il suo cuore perse un battito. La mano di lui, fino a quel momento posata alla base della sua schiena, si spostò sul suo collo, sfiorandole *casualmente* il seno nel frattempo.
    Era l’ultima goccia! Il suo cervello entrò in un cortocircuito indotto dagli ormoni e smise automaticamente di funzionare, lasciando che fosse il suo corpo a prendere il comando. Gli gettò le braccia intorno al collo, afferrandolo per la nuca, schiudendo le labbra e facendogli scivolare la lingua in bocca.
    Spike gemette sorpreso, mentre le loro lingue si attorcevano voracemente. L’afferrò per le cosce, sollevandola da terra; lei lo avvinghiò immediatamente con le gambe, sollevandosi in tal modo la camicia da notte fino alla vita.
    Continuarono a baciarsi famelici, duellando, finché respirare non divenne un problema; Buffy allora si tirò indietro per inspirare lasciando a Spike il tempo di affermare, arrogante:
    “Sapevo che mi desideravi. Era solo ...”.
    “Sta zitto, Spike” mormorò lei, chiudendogli la bocca con la propria.
    Ripresero i loro baci infuocati e ben presto lei gli stava tirando e strattonando la maglia. Interruppero il bacio per il tempo strettamente necessario per sfilarla, riprendendo immediatamente possesso l’uno della bocca dell’altra.
    Lui le affondò le dita nelle cosce, abbastanza forte da lasciarle dei lividi man mano che le spostava sulla carne morbida.
    Buffy mugolò nella sua bocca, tentando di parlare, ma lui non volle lasciarla andare.
    Alla fine Buffy si staccò e indicò le scale con un dito.
    Riuscì ad ansimare: “La camera da letto ...”.
    Spike annuì, poi la baciò ancora, famelico.
    “Mmm ... Spike!” insisté lei, evitando la sua bocca.
    “Che c’è?!” chiese lui, frastornato.
    “La camera da letto ... mi metti giù?”.
    Dopo qualche secondo, che servì al suo cervello per riprendere a funzionare in modo coerente, lui piegò la testa di lato e chiese in tono serio:
    “Non cambierai idea, vero?”. La stava quasi supplicando. “Voglio dire, se vuoi puoi farlo! Solo …”. Si imbronciò appena e le rivolse un’occhiata da cucciolo sperduto, supplicando: “Per favore non cambiare idea …”.
    Lei non poté fare a meno di sorridere e scosse la testa.
    “Sei sicura?”.
    Lei annuì.
    Apparentemente soddisfatto della sua risposta lui la posò a terra.
    All’improvviso ricordò: “E niente risposte alle telefonate”.
    “Non risponderò al telefono. Lo lasceremo squillare, anche nel caso sia mia madre per dirmi che sta tornando a casa” ridacchiò lei, salendo le scale.
    “Va bene, forse possiamo rispondere alle telefonate” cambiò idea lui, seguendola.
     
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