Un Tocco di Gelosia

Tradotta da PrincesMonica

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  1. TerenceSpike
     
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    Un Tocco di Gelosia tradotta da PrincesMonica


    Tadadaadan!!! ebbene sì, sono riuscita a contattare Mina e mi ha dato il permesso di postare questa spettacolare FF.
    Quindi oggi inizio.
    Ovviamente non mi prendo la maternità di niente di quello che c'è dentro, dalla storia alla traduzione che è di Mina_Harker.
    Buona lettura!!!


    Capitolo 1

    “Tesoro! Credo che ci sia Willow!” gridò la signora Summers dalla cucina.
    “Arrivo!” rispose Buffy mentre saltellava giù per le scale facendo i gradini due alla volta. “Hey Will!” salutò la rossa con un ghigno, mentre apriva la porta.
    “Hey! Xander, Cordy e Oz stanno aspettando nel pullmino. Pronta per il Bronze?”
    “Certo!” La bionda ghignò selvaggiamente. Amava le uscite del sabato sera. “Lasciami prendere il cappotto”
    Entrò allegramente in soggiorno e prese il cappotto di cuoio che giaceva appoggiato sul divano.
    “Angel ci raggiungerà al Bronze. Andia…” Buffy fu interrotta dallo squillo del telefono. “Pronto?” rispose mentre sollevava la cornetta. “Angel, stavamo appunto parlando di... Cosa? Qual’è il problema? Hai l’influenza?” fece una pausa, e Willow la guardò mentre il suo sorriso si sbriciolava velocemente. “Oh… Va bene. Certo, non preoccuparti, stai a casa e … bevi molto. No, starò anch’io a casa; non mi sento di uscire se tu non puoi. Non preoccuparti, va bene? ‘notte.” Riattaccò la cornetta con un sospiro di disappunto.
    “Non viene?” Willow osò chiedere.
    “No. Pare che abbia l’influenza.” La bionda rispose a malincuore.
    “Davvero? Sembrava stesse bene ieri agli allenamenti di football” notò Willow.
    “Deve averla presa da qualcuno nello spogliatoio o qualcosa di simile. Sai com’è, sudi e tutto il resto, e poi la doccia fredda” tentò di giustificarlo Buffy.
    “Si ... deve essere così” replicò la rossa poco convinta.
    “Bè, io allora sto a casa, voi andate pure” disse la bionda a testa bassa, sporgendo imbronciata il labbro inferiore.
    “Assolutamente no! Verrai anche tu”
    “Willow, davvero non mi sento di ...”
    “Non mi interessa, hai bisogno di divertirti un po’. Di rilassarti, attraverso un megafesteggiamento che dura tutta la notte” Willow si interruppe vedendo che Buffy sollevava un sopracciglio. “V-va bene, magari non tutta la notte, dato che siamo all’ultimo anno di scuola eccetera ma … insomma, un festeggiamento fino all’ora del coprifuoco.” La rossa finì il proprio discorso entusiasta serrando le labbra per enfatizzare la propria risolutezza.
    "Willow, io ... "
    “Non accetterò un no come risposta”
    Buffy respirò a fondo e sospirò forte prima di dire “Ok, va bene. Verrò”.

    Una nuvola di fumo avvolse i 5 teenager mentre entravano nel club.
    “Ah! L’aria familiare e intossicante del Bronze mi sta entrando nei polmoni. Ora posso morire felice” sospirò Xander mentre si sedeva al primo tavolo disponibile.
    “Odio questo posto” protestò Cordelia, tossendo fin quasi al punto di sputar fuori i polmoni.
    “Oh andiamo tesoro. È il Bronze. È il posto dove noi ...”
    “Un’altra parola e sei morto Xander Harris” lo minacciò la bruna.
    “Va bene.” Dalle labbra di Xander uscì un leggero sibilo mentre inspirava a fondo, dando alla sua ragazza il suo miglior sguardo stile “sei la mia regina e farò come mi ordini”. “Ora sto zitto e vado al bar a prendere qualcosa per rinfrescarci. Ordinate pure”.
    "Soda."
    "Soda."
    "Soda."
    “Coca cola” saltò fuori Willow con un enorme sogghigno stampato in viso.
    “Tre soda e una coca cola in arrivo”
    “Oh, oh … balliamo” esclamò la rossa prendendo la mani di Oz e, praticamente, trascinandolo sulla pista da ballo.
    “Bene, penso che per amore della mia migliore amica e di tutti i presenti prenderò quattro soda. Basta caffeina per lei!” disse Xander allontanandosi e lasciando indietro Cordy e Buffy.
    Sulle due scese un silenzio imbarazzato. La verità era che non si conoscevano poi così bene l’un l’altra. Erano appartenute a gruppi completamente diversi per tutte le scuole medie. Cordy era sempre appartenuta al gruppo dei mitici, della gente “in”, mentre Buffy si mischiava a tutti gli altri poveri mortali. Le cose stavano così da sempre, a quanto poteva ricordare, ma erano cambiate durante l’ultima estate. Improvvisamente Xander e Cordy avevano annunciato di essere una coppia e a partire da quel momento si erano frequentati ininterrottamente. Buffy si era resa conto che sotto la sua maschera da stronza popolare/reginetta la bruna era una persona che valeva la pena conoscere. Cordy sembrava avere vaghi, volatili episodi di umanità e questo in lei era senz’altro positivo. Ma anche così non avevano mai avuto davvero occasione di fare della normale conversazione.
    Perciò rimasero là, sedute insieme, a fissare la folla e a tentare di ignorare il silenzio che gridava fra loro.
    “E così...” Cordy si azzardò infine “Angel non è venuto?”
    “No, è a casa, sta male. Ha l’influenza” rispose rapidamente Buffy.
    “Davvero? L’ho incontrato prima, mi sembrava stesse bene” iniziò Cordelia.
    “Forse non era lui” disse Buffy.
    “Vado agli allenamenti delle cheerleader tutte le settimane, sono certa di riuscire a riconoscere il quoterback della nostra scuola quando lo vedo” ribattè Cordelia.
    Buffy era sul punto di rispondere qundo tornarono Oz e Willow. La rossa aveva una strana espressione. Sembrava persino più pallida del solito.
    “Willow? Stai bene? Cosa c’è che non va?”
    “Oh niente. Forse dovremmo andare tutti a casa” replicò Willow.
    “Andare a casa?” La voce di Xander aleggiò su di loro mentre disponeva le bottiglie sul tavolo. “Siamo appena arrivati”.
    “Ma dovremmo andarcene. S-sono stanca e ... me ne devo andare” La mente di Willow e lavorava freneticamente alla ricerca di una scusa.
    “Sei stanca? Un attimo fa stavi saltando sulla pista da ballo, ridendo come una matta e all’improvviso sei stanca e vuoi andare a casa?” chiese Buffy.
    “Esatto”
    “Willow cosa c’è che non va?” Buffy riusciva facilmente a leggere paura e nervosismo negli occhi della sua migliore amica.
    “Niente, andiamocene” insistè Willow, gurdando qualcosa con la coda dell’occhio.
    “Will, che cosa...” Buffy seguì lo sguado di Willow e si interruppe a metà della frase. Tutti gli altri fecero lo stesso.
    “Hey ma quello non è Angel? Che cosa ci fa con quella sciacquetta ossuta? Credevo che voi due …”
    “Cordy, tesoro ...” Xander interruppe la sua ragazza “Sta zitta.”
    “Angel?” Buffy si sentiva come se le avessero portato via la terra da sotto i piedi.
    Non voleva credere ai suoi occhi. Angel, il suo Angel, l’Angel che avrebbe dovuto essere a casa, a letto, ammalato, era invece sulla pista da ballo, abbracciato ad una donna alta e magra, i cui capelli neri le ricadevano sulla schiena mentre strofinava i fianchi contro il SUO ragazzo.
    “Che cosa...” Non riusciva a parlare, mentre il groppo che aveva in gola cresceva al punto che pensò di non riuscire più a respirare.
    “Buffy, m-mi dispiace ... Io ...” balbettò Willow nel vedere il dolore dipinto sul viso della sua migliore amica.


    Capitolo 2
    La bionda rimase a guardare quell’indecente mordicchiare il collo di Angel, mentre lui chiudeva gli occhi in un chiaro segno di piacere. Lentamente Buffy la riconobbe; era quella sciacquetta stramba che si accompagnava a quell’idiota di Spike e al resto dei dark della scuola: Dru. Mentre i secondi passavano, il dolore cedette il posto alla rabbia e al furore.
    In un lampo Buffy si alzò e attraversò la pista da ballo. Usò tutta la forza che riuscì a raccogliere per agguantare Dru per la spalla e lanciarla sulla pista da ballo.
    “Che succede? Buffy? Che – che fai qui?” Angel balbettò come un idiota.
    “Questa è la mia battuta!” ringhiò Buffy “Tu dovresti essere ammalato, ricordi? A letto, con la febbre. Non qui, a tastare questa sciacquetta mentre lei ti succhia il collo”.
    “Hey!” protestò Dru. Prima che potesse dire qualcos’altro Buffy la prese per la gola. Le due caddero a terrra, lottando violentemente.
    “Buffy!” gridò Willow “Xander fa qualcosa!”
    “Cosa...?” Il giovane si riscosse dal torpore, mentre il suo cervello passava da “combattimento fra ragazze – figo” a “Buffy è nei guai, devo aiutarla”.
    Prendendo Buffy per la vita, Xander la tirò via da una Dru piuttosto intimidita, che riusciva a malapena a mettersi seduta.
    “Lasciami andare!” gridò Buffy, calciando selvaggiamente l’aria e affondando le unghie nella mano di Xander. “Ti ucciderò!” continuava a gridare.
    “Calmati Buffy, non è questo il modo!” tentò di spiegare Xander, ma la bionda non ne aveva alcuna intenzione.
    La rabbia le pulsava nelle vene, e i suoi occhi lampeggiavano di furia.
    “Sei pazza!” gridò Dru, che finalmente era riuscita ad alzarsi con l’aiuto di Angel.
    “Tieni giù le mani da...”
    “Da chi? Da lui?” chiese Dru con il suo marcato accento inglese, indicando l’alto quaterback con arroganza crescente. “È da un bel po’ che non è più tuo, dolcezza. Pensi davvero che sarebbe soddisfatto con una ragazzina come te. Per favore! Sono mesi che viene da me, nel *mio* letto. Immagino che tu sia ... com’è che avevi detto Angel? Hum ... frigida!” sibilò. “Credevi davvero che sarebbe rimasto con te? Il quaterback della scuola con un’insulsa perdente. Mi sono dovuta mordere le labbra tutte le volte che ti ho incrociato a scuola, solo per non scoppiare a ridere alla semplice idea di quanto tu sia incredibilmente patetica.”
    Buffy si sentiva come se nella stanza non ci fosse più aria, come se non riuscisse più a respirare. Aprì e chiuse la bocca più volte nel tentativo di parlare, ma non ci riuscì. Tutti gli occhi erano puntati su di lei; sentiva i bisbigli di sottofondo crescere di volume.
    “Angel...” riuscì infine a bisbigliare.
    Lui si limitò a guardare il pavimento, senza degnarla di un’occhiata.
    “Io... io ... devo andare” ansimò Buffy mentre correva fuori dal club e le lacrime le scorrevano lungo le guance.

    Nel momento stesso in cui attraversò la soglia della larga porta sentì il peso di un centinaio d’occhi su di sé. Si sentì come se fosse finita dentro uno di quegli stupidi film per teenagers, mentre camminava al rallentatore attraverso i corridoi, e tutti si voltavano a fissarla con un’espressione di pietà dipinta in faccia. Sentì che lo stomaco le si contorceva e che la colazione risaliva velocemente attraverso l’esofago.
    Si mise una mano davanti alla bocca e corse al bagno delle ragazze. Una volta lì entrò nel primo gabinetto disponibile e vi si gettò dentro. Lasciandosi cadere a fianco del water vomitò.
    “Bleah!” si sentì una voce acuta dal gabinetto vicino, mentre il suono ben riconoscibile di qualcuno che vomita riempiva la stanza.
    Buffy respirò pesantemente, ancora china sul water, mentre aspettava che un’altra ondata di nausea si impossessasse di lei. Rimase lì per qualche minuto, aspettando che tutti uscissero dal bagno. Suonò la campanella, e lei si immaginò mentre fronteggiava di nuovo tutte quelle persone.
    A quel punto quei pochi studenti che non erano al Bronze ad assistere alla sua totale umiliazione avevano già sentito tutti i dettagli più sordidi.
    “Dio ... odio la mia vita”. Espirò rumorosamente battendo la testa contro la porta, poi si alzò.
    Lentamente aprì il rubinetto e lasciò scorrere l’acqua per un po’ prima di spruzzarsi il viso con il liquido cristallino. Si guardò allo specchio e vide il proprio riflesso, zuppo e patetico, che la fissava di rimando. Scosse la testa e chiuse gli occhi per un secondo, cercando il coraggio di uscire dal bagno.
    “Che il massacro abbia inizio” mormorò, aprendo la porta e avviandosi lungo il corridoio.
    “Guarda chi c’è, la nostra piccola miss perfezione!” *
    Sentì il dolore allo stomaco aumentare notevolmente nell’udire il familiare accento londinese. Buffy si fermò di colpo, ma non si voltò a fronteggiarlo, aspettando invece che la figura nerovestita le girasse intorno e si fermasse di fronte a lei.
    “Siamo in ritardo per la lezione, vero? Ora cosa ne penserebbe la cara mammina, Betty?” la prese in giro il ragazzo ossigenato, con un tono di finta preoccupazione.
    “Mi chiamo Buffy! Che cosa vuoi Mr. Ossigeno?” sibilò lei.
    “Io? Niente. Volevo solo essere educato” rispose lui con un ghigno arrogante.
    “Tu? Educato? Ah –ah” rise forzatamente lei, riprendendo a camminare.
    Lui la seguì “Allora, che cosa stai facendo fuori dall’aula?”
    Lei si fermò e si voltò a fronteggiarlo perplessa.
    “Non lo sa?” continuava a ripetersi nella mente, mentre l’arrogante inglese si infilava le mani, bianche come il marmo, nelle tasche del suo solito spolverino nero.
    “Perché non lo chiedi a quella specie di indecente che hai per ragazza?” motteggiò lei.
    “Hey! Non chiamare Dru in quel modo!”, gli occhi gli brillarono di rabbia.
    “Perché? È così che si chiama la gente che se ne va in giro a rubare i ragazzi delle altre”, sollevò il mento, fissandolo negli occhi.
    “Di che cosa stai parlando, stupida che non sei altra?” sibilò lui di rimando.
    “Sto parlando della “tua” ragazza e del “mio” ragazzo che si sono dati da fare davanti a tutti, sabato al Bronze” disse velocemente, mentre le immagini di quella sera le passavano davanti agli occhi, fornendo benzina alla sua rabbia.
    All’improvviso si ritrovò con le mani di lui sulla braccia, e sentì che le sbatteva la schiena contro gli armadietti. Il ragazzo ossigenato la fissò, i denti serrati che evidenziavano i suoi zigomi acuti.
    “Farai meglio a rimangiartelo” sibilò rabbiosamente.
    Lei deglutì, cercando di calmare il battito accelerato del suo cuore.
    “È vero”. Non cambiò espressione, mentre queste parole venivano fuori intrise di rabbia e disprezzo.
    “Stai mentendo!” la accusò lui.
    “A quanto pare non sapevi che la tua “dolce” ragazza se la faceva con il “mio” ragazzo” rispose lei.
    Lui chiuse gli occhi per un attimo, tentando di riprendere il controllo dei suoi nervi e di evitare di ridurre la ragazza in poltiglia.
    “Non mi credi? Vallo a chiedere a quell’aspirante vampira della tua ragazza”. Lei prese coraggio, gli afferrò le mani e lo costrinse a lasciarle le braccia. “Ora, se vuoi scusarmi, devo andare in classe”.
    E così dicendo si voltò e si diresse velocemente alla lezione successiva.

    *In originale la chiama “Miss goody two shoes” che è, almeno credo, la protagonista di un libro educativo per bambini. Cmq Faith la chiama così nella 3° serie, in “Consequences” (“Fatta per uccidere”).


    Capitolo 3
    “Dobbiamo parlare”, la sua voce era bassa e acuta mentre prendeva Dru per un braccio e la trascinava in un angolo.
    “Spike! Che ...”
    “È vero?” la interruppe lui. “Per favore dimmi che non è vero”.
    “Che cosa non è vero, Spike?” chiese lei con voce morbida, mentre gli passava la mano sulla guancia.
    Lui chiuse gli occhi per un secondo, prima di afferrarle la mano e tirarla via.
    “Rispondimi!” le ordinò.
    Lei fece un respiro profondo e sospirò. Con un’espressione irritata rispose semplicemente: “Si”.
    “Che cosa?!”. Non poteva credere a quello che stava sentendo.
    “Sono stata con Angel. Te l’avrei detto ...”
    “Quando? Dopo che tutti a scuola già lo sanno e mi stanno ridendo alle spalle?” ringhiò lui.
    “Sapevo che non avresti capito” sospirò lei seccata.
    “Maledizione, certo che no! Dru? Tu sei la “mia ragazza” disse disperato.
    “Non più” rispose semplicemente lei.
    “Ma ...
    “È finita Spike, sto con Angel adesso. Mi dispiace”, e se ne andò, lasciandolo lì.

    Buffy trascinava i piedi mentre camminava.
    “Mi stanno guardando tutti” brontolò.
    “No che non ti stanno guardando” mentì Willow.
    “Willow, non sono nè ceca nè sorda”. La bionda alzò gli occhi al cielo e sospirò mentre si lasciava cadere stancamente sulla sedia posando sul tavolo il proprio vassoio.
    “La cosa si sgonfierà in un paio di settimane, quando avranno qualcos’altro su cui spettegolare” gettò là Oz, guardando il suo piatto e tentando di stabilire quale mucchietto era fatto di patate e quale di roast-beef. Aveva il presentimento che da lì alla fine della scuola superiore tutto quello che avrebbero avuto per pranzo sarebbe stato un ammasso di materia organica irriconoscibile.
    “Spero davvero … Oh no!” ansimò lei, alla vista di Angel che entrava nella mensa tenendo le braccia intorno alla magra figura di Dru.
    “Buffy calmati”
    “Dio! Giuro che da qui alla fine dell’anno gli strapperò qualcosa!” sibilò la bionda a denti stretti, mentre ficcava furiosamente la forchetta dentro il suo cibo.
    “Ehm … Buffy?” Oz la chiamò con il suo solito, monotono, tono. “Sono abbastanza sicuro che nelle scuole americane non servano animali vivi a pranzo. Probabilmente è contro un mucchio di leggi, perciò non c’è bisogno di ucciderlo.”
    “Cosa?!” Buffy guardò il suo piatto e si rese conto che aveva appena sparso il suo cibo su tutto il tavolo. “Mi dispiace. Credo di aver perso l’ap…”
    Si sentì un forte rimbombo ed il trio si voltò, giusto in tempo per vedere Angel che andava a sbattere su Jonathan, facendo scivolare entrambi sul pavimento appena incerato. Uno Spike piuttosto incazzato li guardava dall’alto in basso.
    “Stai lontano da Dru” ringhiò.
    Angel si alzò velocemente in piedi, torreggiando sul ragazzo più basso.
    “Oppure?” replicò il quarterback.
    La risposta di Spike assunse la forma di un pugno, e ben presto tutti stavano urlando a pieni polmoni “Battetevi!”.
    Gruppi di adolescenti pieni di testosterone gridavano e tifavano entusiasti, disponendosi in cerchio intorno i due combattenti, i quali si colpivano duramente a vicenda.
    “Cosa sta succedendo qui?” si sentì chiedere ad alta voce. Tutti si voltarono e videro il preside Snyder in piedi vicino alla porta.
    La folla si aprì rapidamente rivelando due ragazzi insanguinati, ed immobili.
    “Voi due…” cominciò lui, il suo intenso piacere evidente mentre parlava, “siete in punizione per una settimana. Ora muovetevi. Nel mio ufficio”.
    I due ragazzi ebbero ancora il tempo di scambiarsi un’occhiataccia, poi si districarono l’uno dall’altro e seguirono l’ometto calvo.
    “Povero Spike” sospirò Willow mentre si sedeva sulla panchina a fianco a Xander.
    “Povero Spike? E io? Sono stata pubblicamente umiliata al Bronze, te lo ricordi?” protestò Buffy, continuando a camminare in cerchio intorno ai suoi due migliori amici.
    “Oh anche tu, ma ... Spike ... bè ... sai, è pazzo di Drusilla da sempre a quanto mi posso ricordare, e vedere quella che è da tempo la sua ragazza andare in gito a pomiciare con Angel non può certo infondergli sentimenti di felicità e tenerezza” tentò di spiegare Willow.
    “Chi se ne frega di Spike e dei suoi sentimenti di felicità e tenerezza? È un idiota, e probabilmente ha avuto quello che si merita” brontolo fra sé Buffy.
    “Per quanto ami disprezzare quello strambo di straniero ossigenato stavolta sono d’accordo con Willow. Spike è sempre stato fuori di testa per Dru; adora la terra su cui lei cammina. Anzi no, la terra che si trova in prossimità di quella ragazza!” si corresse Xander.
    Buffy per tutta risposta sospirò pesantemente ed alzò seccata gli occhi al cielo.
    “Sono stati insieme dal momento in cui Spike si è trasferito qui, circa due anni fa, e tu ed Angel avete cominciato ad uscire insieme appena quest’estate, non puoi confr-”. Notando l’occhiata assassina che gli stava scoccando la biondina, Xander aggiunse velocemente “Ok, ora sto zitto per paura di un trauma cranico irreversibile.”
    Sbuffando Buffy si lasciò cadere sulla panchina, fra Xander e Willow.
    “Dio, odio questa scuola” brontolò.
    “Buffy tu ...”. Willow si interruppe alla vista di un Angel piuttosto malconcio che usciva sul patio.
    Buffy e Xander gettarono un’occhiata nella direzione dello sguardo fisso della rossa, e videro Dru che correva istericamente verso l’alto quaterback, con un fazzoletto bagnato in mano, pronta a prendersi cura del labbro sanguinante di Angel.
    “Uccidere, uccidere, uccidere, uccidere ...” Buffy bisbigliò una specie di mantra demoniaco, che i suoi amici furono pronti a cogliere.
    L’intero patio sembrò fermarsi, quando videro il famigerato inglese uscire qualche attimo dopo il quaterback. Tutti si bloccarono, in attesa di vedere che cosa sarebbe successo. Quelli che si aspettavano una scenata o un’altra rissa a suon di pugni rimasero chiaramente delusi quando Spike si limitò a gettare un’occhiata alla coppia e se ne andò a testa bassa, frugando nervosamente nelle tasche del suo spolverino, alla chiara ricerca di una dose extra di nicotina.
    “Non mi dirai che davvero non sei dispiaciuta per il poveretto?” chiese incredula Willow.
    “Noo!” rispose Buffy sarcastica. “Sono troppo occupata a odiare Angel e quella sciacquetta indecente per provare una qualche simpatia per qualcuno, figuriamoci poi per quell’idiota ossigenato.”
    “Perchè lo odi così tanto?” chiese la rossa che, in effetti, non l’aveva mai capito.
    “Ok, devo ricordarti che la prima volta che l’ho incontrato è stato quando mi stava tirando la coda di cavallo gridando a pieni polmoni ‘finta bionda in arrivo, attenzione attenzionè?”
    Willow corrugò le sopracciglia in un’espressione corrucciata, nel ricordare l’umiliazione della biondina.
    “In più è pieno di sè, arrogante e maledettamente seccante, con quel suo accento ridicolo e quei suoi stupidi capelli ossigenati. E quel suo assurdo abbigliamento da aspirante Billy Idol? Aggiungici quegli strani anfibi e quello spolverino vecchio come il cucco e … quello stupido accento. È un idiota” disse lei terminando la sua descrizione negativa.
    “Hai detto stupido accento due volte” notò Xander, con un sogghigno che si cancellò rapidamente quando si accorse che Buffy lo fissava minacciosamente.
    “Non mi piace e basta. Ha trasformato la mia vita scolastica in un autentico inferno fin da quando è venuto qui, due anni fa” affermò Buffy. In quel momento la campanella suonò ed il terzetto si alzò e si avviò a lezione.


    Capitolo 4
    I giorni passarono e, alla fine, gli sguardi gettati nella direzione di Buffy diminuirono.
    Camminava vivacemente attraverso i corridoi,stringendosi i libri al petto mentre guardava l’orologio. Sospirò di sollievo quando raggiunse la sua meta, poi si fermò a sbirciare silenziosamente attraverso un buco fra i ripiani (delle tribune). Colse così gli ultimi 5 minuti dell’allenamento di football, imprecando fra sé per tutto il tempo, mentre guardava il quarterback correre attraverso il campo.
    “Buffy, sei qui!”, Willow sospirò di sollievo.
    La biondina fece un balzo, sbattendo la testa sul ripiano sopra di lei.
    “Ahi! Willow, che fai qui?” brontolò Buffy, grattandosi il punto in cui il cranio le doleva.
    “Ti guardo mentre torturi te stessa fino alla pazzia” affermò Willow, accennando con la testa in direzione del campo.
    “I –io non stavo ... io …” tentò di spiegare lei, ma era inutile: era stata beccata.
    “Sono settimane ormai che segui Angel, devi andare avanti” la pregò la rossa.
    “Andrò avanti quando lo vedrò supplicarmi in ginocchio di perdonarlo”. Buffy assunse una piega dura della bocca, a dimostrare la propria risolutezza.
    “Lo vuoi ancora indietro, non è vero?” chiese Willow.
    “Cosa? No!” rispose sinceramente la bionda. “Voglio semplicemente vederlo soffrire e strisciare ai miei piedi, così potrò dirgli ‘Hai perso la tua occasionè.” Una scintilla di cattiveria vendicativa si accese nei suoi occhi mentre parlava, chiaramente pregustando il suo momento di trionfo.
    “Buffy ...”. Willow tentò di ragionare con lei ma Buffy cominciò ad allontanarsi.
    “Non provare neanche a farmi cambiare idea. Troverò il modo di riaverlo, e fino a quel momento mi limiterò a seguirlo!”

    Camminava silenziosamente alcuni metri dietro di lui in maniera tale da non essere notata. Sapeva già dove stava andando. Era venerdì sera, ovviamente stava andando a prendere lei. Bastardo!
    Quando arrivò a scorgere la casa fiocamente illuminata Buffy scese dal marciapiede e si nascose dietro gli alti cespugli. Sentendo un rumore innaturale di foglie smosse, guardò verso l’albero più vicino.
    “Oh Dio! Che razza di strambo!” bisbigliò a se stessa, alla vista di un ragazzo ossigenato che si muoveva fra i rami, sforzandosi di vedere che cosa succedeva sul portico della casa.
    Raccolse un lungo ramo e lo sollevò per punzecchiare il sedere dell’inglese. Colto di sorpresa Spike perse l’equilibrio e cadde dall’albero, sbattendo il sedere a terra con un tonfo.
    Sentirono Angel che chiedeva: “Cos’era quello?”
    “Probabilmente il gatto” rispose una voce chiaramente femminile. Era Dru.
    Spike sollevò lo sguardo e vide Buffy che torreggiava arrogante su di lui.
    “Sei pat-“
    Lui sentì un’onda di rabbia attraversarlo e si alzò in un batter d’occhio, coprendole la bocca con la mano e schiacciandole il corpo con il proprio contro l’albero da cui era appena caduto. Si fissarono l’un l’altra in silenzio, finché Spike non sentì un dolore acuto al palmo della mano, e la ritirò istintivamente dalla bocca di lei.
    “Ahi!” sibilò, controllandosi la mano per eventuali segni di ferite. Trovò il segno di un morso, piccolo ma rosso e infiammato. “Mi hai morso!”
    “Sei patetico, lo sai?” gli sibilò lei. “Sbirciando nel buio e spiando la tua ex”
    “Io sono patetico? Vuoi dire che non sei qui perché hai seguito quella checca fino a qui?” ribatté Spike, accennando con la testa in direzione della casa.
    “I-io …”
    “Credi che non sappia che ti aggiri per la scuola seguendolo dappertutto?” le chiese, sogghignando arrogante.
    “Bè, io almeno non vado in giro a scalare alberi e a fare un’espressione da cucciolo sperduto ogni volta che vedo il mio ex” sibilò Buffy trionfante.
    “Sono la puttana dell’amore e sono abbastanza uomo da ammetterlo” confessò lui, sollevando orgogliosamente il mento.
    Buffy non aveva una risposta pronta per questo, per cui se ne uscì con un patetico:
    “Pazzo maniaco”.
    “Amo Dru, l’ho sempre amata a quanto posso ricordare. Non intendo perderla per una checca americana” affermò lui.
    “Oh, questo sì che è triste”. La bionda lo guardò impietosita.
    “Come se tu non stessi morendo dalla voglia di riavere indietro quella tua checca ingellata. Tutto ciò che deve fare è chiedere e tu aprirai le gambe per lui” ringhiò lui. Ma non ebbe molto tempo per gloriarsi del suo commento perché avvertì un dolore tremendo impadronirsi di tutto il suo corpo, mentre lei gli piantava un ginocchio nell’inguine.
    “Maiale!” sbuffò lei, guardandolo cadere a terra tenendosi le parti intime e reprimendo il bisogno di ululare.
    Si voltò e si allontanò.

    Willow si stringeva i libri al petto mentre camminava fianco a fianco di Buffy e Oz. Prese un respiro profondo, ed espirò mentre entrava nel familiare edificio.
    “Ah … il lunedì! Non lo amate anche voi?” chiese, con un enorme ghigno di soddisfazione sul viso.
    Con la palpebre socchiuse la bionda gettò uno sguardo nella direzione della sua migliore amica, prima di scuotere la testa e di sospirare in maniera udibile.
    “Hai seriamente bisogno di un trattamento psichiatrico, lo sai vero?”
    “Che cosa? Mi piace la scuola, e allora?”, si strinse nelle spalle la rossa.
    “Appunto quello che intendevo. Che ti piaccia la scuola è un chiaro sintomo di una disfunzione neurologica piuttosto oscura che distrugge quella parte del tuo cervello che ti mette in grado di distinguere fra il divertimento ed il duro lavoro” teorizzò la bionda.
    Willow sollevò il sopracciglio destro mentre Buffy continuava in tono serio:
    “È vero. C’è una parte del cervello in cui tutti gli adolescenti sono arrivati al seguente sillogismo: divertimento = bene, scuola = male, bene e male sono opposti quindi la scuola è l’opposto del divertimento”. Buffy scosse la testa, “Niente facce contente e profondi sospiri di soddisfazione il lunedì mattina, soprattutto alle nove. Il contrario è considerato fortemente patologico.”
    Willow corrugò ancora di più le sopracciglia poi chiese:
    “Chi sei tu e che cosa ne hai fatto di Buffy?”
    La bionda sospirò pesantemente e replicò:
    “Non ho dormito la notte scorsa. Di nuovo! Per cui sono rimasta alzata fino a tardi a guardare Discovery Channel. C’era un programma su psicologia e logica, da qui l’intera teoria. Non preoccuparti, probabilmente mi passerà in … Spike!” Buffy interruppe la sua spiegazione mentre il ragazzo ossigenato le si parava davanti e le bloccava il passo.
    “Ho bisogno di parlarti, Betty” disse con voce asciutta, gettando uno sguardo verso Willow e Oz.
    “Mi chiamo Buffy” sibilò lei, alzando seccata gli occhi al cielo. “E adesso non posso, ho lezione”. Cercò di girargli intorno ma lui si spostò bloccandola nuovamente.
    “Non ci vorrà molto” brontolò.
    Era chiaro che non gli piaceva essere lì. Esaminò il corridoio e vide le espressioni corrucciate che li circondavano. Era facile capire il perché. Tutti a scuola erano a conoscenza dell’odio reciproco dei due biondi. Ovviamente si aspettavano le solite urla che, accompagnate da imprecazioni e talvolta da pugni, solitamente si sviluppavano entro 5 minuti ogni volta che i due si trovavano nel raggio di un metro e mezzo l’uno dall’altra. Questa volta non stava succedendo. Perché? Tutti gli studenti se lo chiesero, vedendo Buffy sospirare e fare segno a Willow e Oz di andare avanti senza di lei.
    “Che cosa vuoi, meraviglia ossigenata?”
    “Parlarti” spiegò lui.
    “Sono qui. Parla.”
    “Non qui”. Si incupì lui, guardando con cattiveria tutti gli studenti che gli fissavano, prima di prendere Buffy per il braccio e trascinarla fuori da lì.


    Capitolo 5
    “Ahi! Così mi fai male!” protestò lei, tentando senza successo di liberare il braccio dalla sua stretta. “Lasciami andare”, praticamente gridò, non appena girarono l’angolo e si ritrovarono nel retro della scuola.
    Lui si fermò e le lasciò andare il braccio.
    “Mi hai fatto male, troglodita che non sei altro” brontolò lei, strofinandosi il braccio dolorante. Continuò a imprecare, rendendosi conto che il giorno dopo si sarebbe ritrovata con lividi a forma di dita sulla pelle bronzea, a causa del suo modo non troppo delicato di maneggiarla. “Stupido, idiota, straniero e senza cervelllo”
    “Hai finito di insultarmi, amore?” chiese lui seccato.
    “No! Sei anche un uomo preistorico, e smettila di chiamarmi amore” protestò ancora lei. “Che cosa vuoi?”
    “Riavere Dru” rispose lui semplicemente.
    Lei tacque per un attimo prima di parlare.
    “Ok, mi rendo conto che sei un po’ tardo e tutto il resto ma…” cominciò a parlare lentamente, esagerando la sillabazione delle parole “Io - *non* - sono – Dru”. Piegò la testa verso di lui, come per accertarsi che l’avesse capita.
    “*Sicuramente* non sei Dru” disse lui, con un tono sarcastico che fece fremere la biondina.
    “Cosa vorresti dire con questo?”
    “Lasciamo perdere questo discorso” cercò di cambiare argomento lui. Se voleva l’aiuto di Buffy offenderla non era decisamente il modo per ottenerlo. “Credo che possiamo aiutarci a vicenda. Tu vuoi indietro la tua checca, io voglio Dru, dovremmo unire le forze” concluse.
    “Due cose: non unirò mai e poi mai *qualcosa* con te e non voglio indietro Angel. Voglio solo che prenda una malattia venerea molto dolorosa, che porti alla decomposizione ed alla caduta delle sue parti più intime” terminò lei con un enorme sogghigno stampato in faccia.
    Spike non poté evitare di fremere alla descrizione. Riscuotendosi di dosso la pessima immagine che si era formata nella sua mente disse:
    “Non rivuoi Angel? L’hai seguito dappertutto dal momento in cui avete rotto”, ribadendo l’ovvio..
    “Solo finché non trovo il modo migliore di infliggere più dolore possibile a quel bastardo traditore” spiegò aspramente lei.
    Spike tacque per un secondo, meditando sul nuovo sviluppo della situazione. Buffy sospirò seccata e cominciò ad allontanarsi.
    “Cosa ne diresti se impazzisse di nuovo per te?” gettò lì lui.
    Lei sollevò un sopracciglio e si fermò:
    “Ti sto acoltando”
    “Ti posso aiutare a riaverlo. Anche se gli dimostrerai che non lo vuoi, sarà ai tuoi piedi supplicante” cominciò a spiegare lui.
    “Supplicante mi va bene” disse semplicemente lei, aspettando di sentire il resto del piano.
    “E allo stesso tempo io riavrò Dru”
    “Allora, cosa devo fare?” indagò lei.
    “Farfintadiesserelamiaragazza” disse lui precipitosamente.
    “Che cosa?” gridò lei. “Alla fine tutta quell’acqua ossigenata ti è entrata nel cervello, danneggiandotelo irreparabilmente?” chiese incredula.
    “Nel momento stesso in cui quei due ci vedranno assieme impazziranno di gelosia. Dru mi ama ancora, lo so” spiegò velocemente Spike.
    “E con Angel come la mettiamo?”
    “Non ha mai potuto sopportare di vedere me e Dru felici. È per questo che le sta dietro. Se mi vede con te vorrà te”
    “Hai battuto la testa di recente, vero?” chiese sinceramente lei.
    “No. Ti dico che funzionerà. Abbi fiducia. Conosco Angel”
    “Fiducia? In te? Sei veramente fuori amico” rise lei.
    Ringhiando il ragazzo ossigenato si ficcò le mani in tasca, prese un pacchetto di sigarette, se ne portò una alla bocca e la accese.
    “Ehi, ehi, ehi! Niente fumo!” Lei prese la sigaretta che gli pendeva dalla bocca e la gettò a terra, schiacciandola sotto una scarpa.
    Spike le diede un’occhiataccia, mostrando chiaramente di stare facendo tutto il possibile per evitare di rompere il suo grazioso collo.
    Ci fu un momento di silenzio. Buffy esaminò il campo da football, riconoscendo la figura del quarterback. Da lontano vide una figura nerovestita che applaudiva istericamente ad ogni passaggio ben fatto dal ragazzo. Sentì che lo stomaco le si contorceva per il disgusto. Senza voltarsi verso il ragazzo ossigenato dietro di lei chiese:
    “Che cosa devo fare?”
    “Frequentarmi. La gente deve vederci insieme, mentre ci teniamo la mano, mentre ci abbracciamo e cose così” spiegò Spike.
    “No, nooooooooooo, assolutamente no!” scosse la testa lei, agitando le braccia in aria in chiaro segno di disaccordo e voltandosi a fronteggiarlo. “Non ti tocchero!”
    “Come vedi neanch’io vado in giro saltando e cantando ‘Gioia! Gioia!’, amore”
    “Va bene, d’accordo” acconsentì riluttante lei. “Ma andremo in giro con il *mio* gruppo”
    “Che cosa? No!”. Adesso era lui che scuoteva la testa.
    “Non ho intenzione di avvicinarmi ai tuoi amici dark. In nessun modo, e su questo non si discute. Facciamo come dico io oppure lasciamo perdere”. Buffy incrociò le braccia sul petto ed atteggiò la bocca in una linea dura, in attesa della sua risposta.
    Alla fine lui si arrese, e scuotendo la testa mormorò:
    “Va bene, faremo a modo tuo”
    “Bene. Quando cominciamo?”
    “Hmm ... domani?”
    “Va bene, domani saremo ufficialmente una coppia”
    “Un’altra cosa. Nessuno deve sapere del nostro piccolo accordo, altrimenti è finita” l’avvertì lui.
    “Certo. Altrimenti verrebbe meno lo scopo del tutto, non credi?”
    “Voglio essere sicuro. Non dirlo alla rossa né all’imbranato né a nessuno!”
    “Che cosa? Willow non lo dirà a nessuno”
    “Non mi interessa. Non può saperlo nessuno”
    “Ma ...”
    “Niente ma, biondina”
    “Va bene!” acconsentì lei guardando l’orologio. “Dannazione! Dannazione! Dannazione!” imprecò. “Sono in ritardo!” e gettandogli un’occhiata assassina aggiunse: “È tutta colpa tua. Ti odio!”
    “Anch’io!” le gridò dietro lui, rimanendo a guardarla mentre correva a lezione.

    Entrando in casa espirò rumorosamente poi, trascinando i piedi doloranti sul pavimento, si lasciò cadere sul divano, sospirando e chiudendo gli occhi. Sollevò di scatto le palpebre nel sentire una profonda risata maschile che veniva dalla cucina. .
    “Mamma …” bisbigliò a se stessa, costringendo il suo corpo stando ad alzarsi.
    Quando raggiunse la soglia della stanza le caddero le braccia. Lì, seduti attorno all’isola, c’erano sua madre e …
    “Spike?” chiese incredula.
    L’inglese soffocò la propria risata alla vista della biondina.
    “Che fai qui?” indagò Buffy, notando la tazza di cioccolata calda che gli stava davanti.
    “Il tuo amico William è passato per prendere gli appunti di inglese” spiegò Joyce alzandosi e andando al bancone a prendere un bollitore. “Altra cioccolata?”
    “William?”. Buffy sillabò silenziosamente il nome e si trattenne a malapena dal ridere.
    Il biondo le diede un’occhiataccia prima di rispondere alla madre:
    “No grazie signora Summers. Prendo gli appunti di Buffy e vado via”
    Si alzò in piedi mentre parlava, si avvicinò a Buffy e, con discrezione, le mise una mano sul braccio trascinandola in corridoio.
    “William?” ripeté lei, questa volta senza riuscire a reprimere una risatina.
    “Che c’è?” brontolò lui.
    “Scusa, mi ero proprio dimenticata che ti chiami William. È un nome così ...” Buffy scelse con cura la parola “ ... delicato”.
    Spike sorrise forzatamente per un secondo, prima di ringhiare:
    “Cosa c’è che non va nel nome William?”
    “Niente. Lascia stare”. Buffy scosse la testa. “Che cosa vuoi, Mr. Ossigeno?”
    “Dobbiamo parlare di domani”
    Buffy guardò oltre la spalla di lui, e notò che la madre si stava sforzando di sentire quello che dicevano. Indicò con la testa in direzione delle scale e salì di sopra, mentre Spike la seguiva dappresso.

    Capitolo 6
    “Parla” disse lei entrando nella sua camera.
    Spike rimase in silenzio per un attimo, esaminando la stanza. Un sogghigno arrogante si fece strada sulle sue labbra, alla vista di un maiale di peluche sul letto.
    “Che c’è?” chiese lei seccata.
    “Niente” mormorò lui, scuotendo la testa.
    “Allora, che facciamo domani?” sbuffò lei.
    “Dobbiamo metterci d’accordo sui dettagli”
    “Ad esempio?”
    “Cosa diremo ai tuoi amici?”
    “Che mi è caduto un pianoforte sulla testa e che all’improvviso uscire con te non mi sembra più tanto disgustoso quanto dovrebbe?” gettò lì lei, guardandolo con aria impudente.
    “Mi stai distruggendo, amore” grugnì lui sarcastico.
    Lei si lasciò cadere sul letto, sospirando forte.
    “Non so cosa dire loro” mormorò fissando il soffitto.
    “Bè, facciamoci venire in mente qualcosa di convincente”
    Lei si voltò a guardarlo con una strana espressione.
    “Non credo più che sia una buona idea”
    “Oh andiamo, Betty! Non puoi tirartene fuori adesso. È solo per un paio di giorni. Se ce la posso fare io ce la puoi fare anche tu. Voglio dire … non volevi la checca che ti supplica e ti sbava addosso? Immaginatelo in ginocchio che ti prega di ritornare con lui, e tu che gli dici di farsi una vita davanti a tutta la scuola”. La disperazione era evidente nella sua voce.
    La descrizione fatta dal biondo prese vita davanti agli occhi di lei, facendole sentire un fiotto di potere e vendetta che le scorreva, prepotente, nelle vene. Sospirò forte e si mise a sedere sul letto.
    “Ok! Lo farò” acconsentì, facendo sospirare di sollievo Spike. “Ma prima devi assolutamente imparare il mio nome. Buffy. Ficcatelo in quella tua testa ossigenata. Buf -fy. Non è così difficile”.
    Lui annuì e si sedette sul letto accanto a lei.
    “Ora ... per quanto riguarda i ragazzi. Dirò loro che … ho cambiato idea. Dirò semplicemente che …” Alzò gli occhi al soffitto mentre rifletteva. “Ci sono!” se ne uscì trionfante. “Dirò che mi stavano scippando e che tu sei arrivato all’ultimo momento e mi hai salvato. Brillante!” si congratulò con se stessa.
    “E pensi che se la berranno?” chiese lui, un tantino sospettoso.
    Lei si strinse nelle spalle: “per forza”. “Semmai, una cosa è importante, non possiamo annunciare all’improvviso che stiamo … sai …” e con l’indice indicava alternativamente lui e se stessa.
    “Cuccando?” offrì Spike.*
    “Si” Buffy alzò gli occhi al cielo. “Ci vuole tempo. Dovrà essere graduale! Altrimenti non ci crederà nessuno. Voglio dire, a scuola tutti sanno che ci odiamo a morte”
    “Ma in questo modo non la finiremo più” protestò Spike.
    “Conosco Willow e Xander, non se la berrebbero in nessun modo” insisté lei.
    “Va bene” acconsentì di malavoglia Spike. “Allora, che cosa facciamo domani?”
    “Ce la prendiamo con calma. Ti siedi con noi in mensa. Qualcosa del genere. Niente toccamenti, niente … di niente. Ci limiteremo a chiacchierare da buoni amici”.
    “Di che cosa parleremo?”
    “Non lo so. Improvviseremo”

    Joyce Summers sospirò profondamente, sentendo il rumore di passi che scendevano le scale. Erano usciti dalla sua stanza, finalmente. Grazie a Dio! Stava cominciando a sentirsi davvero a disagio all’idea di sua figlia in una stanza da sola con un ragazzo.
    “Allora, hai preso gli appunti?” cercò di fare finta di niente.
    “Cosa?”
    “Gli appunti di Buffy di cui avevi bisogno”
    “Ah, quelli! Si, signora Summers” rispose pronto Spike.
    Un silenzio imbarazzato discese sui tre e Buffy lo ruppe per prima:
    “Bè, devi andare a fare quella … cosa, vero?”
    “Ehm ... si! Devo andare. Sono in ritardo” disse lui dirigendosi velocemente alla porta. “Grazie per la cioccolata signora Summers, e buona serata”.
    Buffy chiuse la porta dietro di lui e si voltò per correre di sopra quando sentì la madre che si schiariva la gola, usando il codice internazionale “madre – figlia” per “dobbiamo parlare”. Sospirando forte la ragazza scese le scale ed seguì la madre in cucina.
    “Buffy, cosa ti è venuto in mente di portare quel ragazzo in camera tua? Voglio dire, è un bravo ragazzo e tutto il resto, ma sai cosa ti ho detto sul portare ragazzi in camera tua. È severamente proibito. Io non …”
    “Mamma calmati. Non stavamo facendo niente. Te lo giuro” le assicurò Buffy. “Stavamo solo parlando”.
    “Non importa, non puoi portarti un ragazzo in camera. Non si sa mai cosa può succedere e ...”
    “Credimi, non è mai successo e non succederà mai niente tra me e Spike. Te lo garantisco. Non sono *sicuramente* il suo tipo” cercò di spiegare Buffy.
    “Cosa vuol dire che non sei il suo tipo?” indagò Joyce.
    “Credimi sulla parola”. Mentre parlava Buffy si ricordò dello strano affetto che il ragazzo ossigenato nutriva per Dru. Non l’aveva mai compreso. Sembrava una cosa da pazzi, lui la seguiva dappertutto, era sempre preoccupato che lei stesse bene e faceva tutto quello che lei gli chiedeva. Sembrava un’ossessione. “Sicuramente *non* sono il suo tipo”.
    “Oh!” la madre si portò la mano alla bocca, colpita da una rivelazione. “Oh, mi dispiace, non sapevo che fosse …” Joyce soppesò con cura le sue parole.
    “Lo è mamma” ammise Buffy pensando che la madre si riferisse al suo essere completamente pazzo di un’altra ragazza.
    “Oh, allora va bene” acconsentì Joyce, rimettendosi a lavare i piatti.
    “Che cosa va bene?”
    “Che lui vada nella tua stanza. Se è gay è come se fosse ... una tua amica”
    Buffy spalancò gli occhi.
    “Cosa? Mamma, non è ...”
    Fu interrotta dallo squillo del telefono. Corse a rispondere, riproponendosi mentalmente di parlare con la madre e di assicurasi di chiarire le cose.

    Willow giocherellava distrattamente con il suo pranzo, percorrendo con gli occhi la mensa. All’improvviso li spalancò alla vista di un certo adolescente ossigenato che si dirigeva verso di loro, per sedersi infine a fianco di Buffy, lasciando cadere il vassoio accanto a quello di lei.
    “Hey” salutò lui.
    Tutti i presenti in mensa si immobilizzarono, compreso Xander, che aveva la forchetta a penzoloni dalle labbra.
    “Hey!” replicò calmo Oz.
    Buffy si diede un tono, notando le occhiate interrogative che Willow e Xander le gettavano.
    “Ciao Spike” disse a voce bassa, senza distogliere gli occhi dal piatto. Non era una gran bella visuale ma almeno la metteva al riparo dalle centinaia d’occhi fissi su di lei.
    “Allora ...” L’inglese cercò di fare conversazione, ma sembrava quasi impossibile considerato lo stato pressoché catatonico di Xander e Willow.
    “Allora ..” ripeté Oz. Si presentò tendendogli la mano “Io sono Oz”.
    “Spike” rispose Spike stingendogli la mano.
    “Lo so” affermò Oz.
    Il silenzio al tavolo sembrava amplificato dal brusio che infestava la mensa.
    “Cosa ci fai qui?” disse Willow, sforzandosi di uscire dal suo stato di trance.
    “Mi andava di sedermi vicino alla damigella in pericolo, tutto qui” rispose Spike, ficcandosi il cibo in bocca.
    “Damigella in pericolo?”
    “Si. Betty ...” Spike fremettè quando Buffy gli diede un calcio sotto il tavolo. “Ehm ... Buffy stava per essere scipatta mentre tornava a casa e ..” Spike guardò Xander e si rese conto che aveva ancora la forchetta a penzoloni dalla bocca. “Ok! Quello” ed indicò il ragazzo “sta iniziando a innervosirmi sul serio. Fa sempre così?”
    Xander si tolse immediatamente la forchetta di bocca, poggiandola sul tavolo.
    “Comunque, passavo di lì per caso e ho finito per diventare il suo cavaliere dall’armatura scintillante”.

    * Scusate il termine anni ottanta!!! Spike in originale dice “snogging” che è inglese britannico per “baciarsi sulla bocca” ma, come si vedrà più avanti, Buffy non capisce esattamente … Perciò dovevo usare un termine un po’ strano, un po’ equivocabile, e … non mi è venuto in mente altro. Accidenti!!! Ora vi ho svelato la mia vera età!!!


    Capitolo 7
    “Hai salvato Buffy da uno scippo?” chiese alla fine Xander.
    “Ehi, sa parlare” lo prese in giro Spike.” E si. L’ho sistemato per le feste. E non era piccolo. Era grande e grosso, un metro e 95. Con un enorme, gigant – Ahi!”
    Fremette quando Buffy gli ficcò nuovamente il tacco dello stivale nella pelle delicata dello stinco.
    “Sta esagerando” intervenne la bionda con un enorme sorriso stampato in faccia.
    “No invece. Era enorme e aveva un’arm-“
    “No, non l’aveva” tagliò corto lei, gli occhi verdi che sprizzavano scintille.
    “Si, l’aveva. Sei tu che non l’hai vista” insisté Spike.
    “No, non l’aveva”
    “Si, l’aveva”
    “No, non ...”
    “Qualcuno li fermi per favore” pregò Oz, senza cambiare tono di voce.
    “I-io credo che l’importante sia che tu stai bene e che non è successo niente di grave” intervenne Willow, diplomatica come sempre.
    I due biondi si fissarono disgustati, riportando la loro attenzione sui propri piatti. Il resto del pranzo si svolse in un silenzio imbarazzato.
    “Bene, faremmo meglio ad andare”. Buffy si alzò all’improvviso, accorgendosi infine della situazione di stallo.
    “Si, abbiamo lezione e tutto il resto” aggiunse Willow, seguendo Buffy e lasciando i tre uomini a fissarsi l’un l’altro.

    “A che cosa stavi pensando?” gridò Buffy, percorrendo la via a grandi passi.
    “Stavo solo facendo quello che mi hai detto di fare” si difese Spike, affrettando il passo per tenerle dietro.
    “Un metro e 95? Con un’arma?” lei si fermò a guardarlo, incredula.
    “Che c’è? Ho abbellito un po’” ammise lui.
    “Abbellito? Tu quello lo chiami abbellire?” chiese lei corrucciata. “Penso che dovresti comprarti un dizionario perché *quello* non era sicuramente abbellire. La parola abbellire non lo descrive neanche lontanamente. Voglio dire, pensi davvero che ti abbiano creduto? Quanto sciocchi pensi che siano?”. Alla vista del sogghigno arrogante che si stava formando sulle labbra di lui aggiunse velocemente: “Non rispondere”.
    Ricominciò a camminare con un sospirone, mentre casa sua si profilava all’orizzonte.
    “Volevo rendere la storia un po’ più interessante” cercò di spiegare Spike.
    “Interessante? Credevo che il nostro scopo fosse renderla credibile” ringhiò lei, continuando a camminare sulla strada di casa, senza degnarlo di un’occhiata.
    Camminando con foga raggiunsero il portico della casa di lei.
    “Senti, mi dispiace, va bene?” si scusò lui.
    “Ti dispiace?” cominciò lei, ma lui la interruppe.
    “Ok, la vuoi finire, per favore, di ripetere ogni parola che dico? Sta cominciando a darmi sui nervi.”
    “Grr...” ringhiò lei, spalancando la porta ed entrando in casa.
    Salì le scale ed entrò nella sua stanza con Spike che la seguiva dappresso. Afferrò automaticamente il bordo della sua maglietta, gettandogli poi uno sguardo seccato.
    “Ti dispiace? Sto cercando di spogliarmi”.
    “Oh! Scusa amore. Ti aspetterò di sotto” disse imbarazzato Spike, dirigendosi verso il corridoio.

    I suoi passi arrabbiati echeggiarono attraverso la casa mentre scendeva le scale.
    “Che cosa ci fai ancora qui?” chiese, vedendo l’inglese spaparanzato sul divano che, telecomando alla mano, saltava distrattamente da un canale all’altro.
    “Hai la TV via cavo” notò lui senza guardarla.
    “Lo so. È il mio televisore, il mio soggiorno, la mia casa. Cosa fai ancora qua dentro?”. Rimase lì in piedi, le braccia incrociate sul petto, le sue parole gonfie di sarcasmo.
    Spike voltò la testa e le diede un’occhiata, prima di riportare la sua attenzione sullo schermo.
    “Non abbiamo la TV via cavo a casa. Papà pensa che la TV abbia una cattiva influenza. Preferisce che io legga” mormorò lui.
    Buffy si spostò nel mezzo della stanza, piazzandosi fra l’inglese ed il televisore.
    “Mi impedisci di vedere, amore” brontolò lui, sollevando lo sguardo su di lei.
    “Mi fa piacere che l’abbia notato, l’idea era questa. Che cosa fai ancora qui?”
    Sospirando Spike si tirò su a sedere e spense il televisore.
    “Parliamo di domani”
    “Che c’entra domani? Spike svegliati. È finita! Non ha funzionato” tentò di fargli capire lei.
    “Certo che ha funzionato” la contraddì lui.
    “In che mondo eri tu? In quello in cui mi trovavo io la gente ci stava fissando come se fossimo stati due mostri dagli occhi verdi o qualcosa di simile. Tutti sanno che ci odiamo. Non funzionerà mai” ribadì lei.
    “Funzionerà” insistè Spike alzandosi.
    “Ok. Quale parte non hai capito? Perché se ne hai bisogno te lo posso spiegare di nuovo”
    “Ho bisogno che funzioni, Bet –“
    “MI CHIAMO BUFFY!” urlò lei, agitando le mani per aria e dirigendosi a grandi passi in cucina, lasciandolo solo.
    Dopo qualche secondo l’inglese era in cucina, appoggiato al frigo.
    “Mi dispiace” mormorò.
    Lei rimase ferma, con una tazza di cioccolata calda in mano, guardandolo con un’espressione seccata.
    “Ho bisogno che funzioni ...” ricominciò lui, dopo aver deglutito rumorosamente. “H-ho bisogno di riaverla. Ho bisogno che Dru stia con me o…” le parole gli morirono in gola.
    Da qualche parte nel suo intimo lei sentì un briciolo di pietà per il povero ragazzo, ma prima che potesse trattenersi, parole aspre le uscirono di bocca:
    “Non ti metterai a piangere, vero?”
    Spike si bloccò, sentendosi come se qualcuno gli avesse appena dato un pugno nello stomaco. Sollevò lo sguardo e socchiuse gli occhi, lampeggianti di rabbia improvvisa. Senza una parola girò sui tacchi e uscì dalla casa, sbattendo la porta dietro di sé.
    Lei rimase ferma per un secondo, chiedendosi con una punta di rimorso se andargli dietro o meno. Nel giro di qualche secondo il rimorso sparì, e lei si voltò verso il lavandino per lavare la tazza che teneva in mano.


    Capitolo 8
    Buffy lasciò cadere la testa sul banco, mente in sottofondo la signora Finch continuava a blaterare con voce monotona sull’importanza delle miniere, che si rifletteva nel prevalere dei diritti della Corona sulle ricchezze minerarie in gran parte dell’Europa.
    “Oh Dio! Uccidetemi adesso e ponete fine alle mie sofferenze” mormorò a denti stretti.
    Come se qualcuno stesse rispondendo alla sua preghiera, suonò la campana. In un attimo la biondina si raddrizzò, guardando il rotondo orologio a muro con gli occhi spalancati.
    “È un miracolo” gridò, raccogliendo i suoi libri e infilandoli nello zainetto. “Sono sopravissuta! Grazie a Dio questo venerdì mattina è finito”
    “La odi proprio la storia, vero?” chiesa la rossa mentre la aspettava.
    “Più di ogni altra cosa al mondo” rispose Buffy uscendo dall’aula seguita da Willow. La biondina si fermò di colpo alla vista di un familiare ragazzo ossigenato in fondo al corridoio. “Anzi: è al secondo posto fra le cose che odio di più al mondo”.
    Willow sospirò rumorosamente mentre si incamminavano lungo il vasto corridoio, fermandosi vicino all’armadietto di Buffy.
    “Quindi sei tornata ad odiare Spike?” chiese la rossa.
    “Cosa?” chiese sovrapensiero la bionda mente frugava nel contenuto del suo armadietto.
    “Odiare Spike. È di nuovo nella lista delle cose da fare?”
    “Al primo posto! Ho decisamente superato la mia momentanea mancanza di ragione a riguardo” annuì le,i passando a Willow i suoi libri. “Tienimi questi un secondo”.
    “Bene, perché quella piccola scena di ieri, alla mensa, sembrava … sbagliata”
    Buffy sorrise e fece per riprendere i libri dalla sua migliore amica quando la sua attenzione fu attratta dalla conversazione che si svolgeva a pochi metri da lei.
    “Dai amore. Solo per un attimo. Ho bisogno di parlarti”. Il tono supplichevole di Spike le fece chiudere lo stomaco e Buffy si voltò ad osservare il ragazzo biondo, che se ne stava appoggiato agli armadietti sul lato opposto del corridoio.
    Rimase a guardare mentre l’inglese pregava una Dru inflessibile.
    “Per favore, solo per un secondo. Ho bisogno di parlare con te amore. Ti prego!” Stava praticamente implorando mentre la mora rimaneva indifferente, con le braccia incrociate sul petto, a fissare seccata il nulla, sospirando disgustata di quando in quando.
    “Hai finito? Te l’ho detto Spike. È finita. Non ho niente da dirti né voglio sentire nulla da te. Fatti una vita, stai diventando davvero patetico”. E dopo aver sputato queste parole si voltò per andarsene, mente tutti i presenti in corridoio assistevano all’umiliazione dell’inglese. Ma a lui non importava. Aveva bisogno di parlarle, di fare entrare un po’ di buon senso nella sua graziosa testolina, per cui le afferrò il braccio, costringendola a voltarsi verso di lui.
    “Per favore, amore …” la supplicò ancora una volta.
    “Lasciami andare!” liberando il braccio dalla sua stretta. “I-“
    “Sei qui! Ti ho cercato dappertutto”
    L’intero corridoio si bloccò alla vista della biondina che passava le braccia intorno a Spike, dandogli un leggero bacio sulla guancia. Voltandosi verso Dru con un enorme sogghigno, Buffy salutò educatamente:
    “Hey, Dru!”
    La bruna le rispose corrugando le sopracciglia, mentre Spike si limitava a fissare la biondina che ora gli teneva la mano.
    “Bene, sarà meglio andare” disse lei, praticamente trascinando per la mano uno Spike sconvolto mentre percorrevano il corridoio. “Ciao Dru”. Salutò Willow con la mano mentre le passava accanto “Ciao Willow. Ti chiamo più tardi”.
    La rossa rimase lì, a fissare la strana coppia, a bocca aperta come tutti gli altri.

    Le braccia di lei si staccarono di colpo da quelle di lui, nel momento stesso in cui i suoi piedi toccarono il marciapiede dall’altro lato della strada, al riparo da occhi indiscreti. Notando che il ragazzo ossigenato continuava a fissarla fece una smorfia e raddoppiò il passo. Dopo aver fatto qualche passo in un doloroso silenzio si fermò di colpo e si volto a fronteggiarlo.
    “Che c’è?” chiese Buffy, cercando di apparire il più possibile seccata, anche se il sentimento predominante in lei era decisamente il disagio.
    Lui inclinò la testa e accennò un lieve sorriso con un angolo della bocca. Poi annuì e, stringendo le labbra, disse dolcemente:
    “Grazie amore”
    Lei rimase un po’ spiazzata dalla sua reazione, decisamente sincera. Queste erano cose da romanzo. Scosse la testa nervosamente, come per cercare di ricacciare indietro lo strano sentimento che si faceva strada su per la sua spina dorsale.
    “Prego, ma non aspettarti che lo rifaccia in tempi brevi. Sento che il solo fatto di toccarti mi provoca una strana reazione allergica.” Cercò di sembrare disgustata ma fallì miseramente, e si rese conto che lui non l’aveva bevuta quando il suo solito sogghignò si fece strada sulle sue labbra.
    Lui si infilò le mani in tasca e riprese a camminare al fianco di lei.
    “Come vuoi, passerotto”
    “E non chiamarmi passerotto!” scattò lei, corrugando le sopracciglia in un misero tentativo di sottolineare il suo disappunto.
    “Certo, amore”
    Era di nuovo là! Sulla sua faccia! Quello stupido, fastidioso, arrogante sogghigno che la stava rendendo ... nervosa? Cosa?! No! Lo stupido, fastidioso, arrogante sogghigno avrebbe dovuto farla sentire arrabbiata e disgustata, ma non ... nervosa. Nervosa mai. Buffy si prese mentalmente a calci, rendendosi conto che era passato troppo tempo dall’ultima uscita di lui per poter ribattere con successo. “Stupido sogghigno distraente” pensò fra sé e sé, calciando un ciottolo che si trovava sul suo cammino.
    Stavano di nuovo camminando in un silenzio tale da scuotere i nervi, che la indusse a giocherellare con le stringhe del suo cappotto. All’improvviso voltò la testa di scatto per fronteggiarlo.
    “Perché sei qui?” chiese a bruciapelo.
    “Perché mio padre e mia madre erano veramente eccitati circa 18 anni fa?” tentò lui con un sogghigno.
    “Stupido, distraente ... Concentrati!” si rimproverò mentalmente lei.
    “Divertente!” replicò sarcastica.
    Lui le sorrise e, alla fine, le rispose concretamente:
    “Accompagno a casa la mia ragazza”
    In qualche modo quella semplice frase le rese impossibile respirare e deglutire contemporaneamente, e quasi si soffocò, tossendo anche l’anima.
    “Stai bene, amore?” chiese lui un po’ preoccupato, guardandola piegarsi e cervare di respirare.
    Alla sua domanda lei sollevò lo sguardo, rossa in viso, lanciandogli un’occhiataccia:
    “Non – colpo di tosse - ... chiamarmi – colpi di tosse – …”
    non riuscì a finire la propria frase, perché fu investita da un’altro accesso di tosse.
    “Tieni, bevi un po’ di questo”. Spike le passò una fiaschetta d’argento e la biondina se la portò alla bocca senza pensare, versandosene il contenuto direttamente in gola.
    Il suo cervello impiegò un paio di secondi per registrare la forte sensazione di bruciore che sembrava invaderle l’esofago. Lasciò cadere immediatamente la fiaschetta e riprese a tossire. Spike la guardò preso dal panico, mentre la faccia della biondina passava dal rosso al porpora al blu, per poi ritornare scarlatta mentre lei iniziava a gridare contro di lui:
    “SEI PAZZO? CHE COSA DIAVOLO C’ERA IN QUELLA COSA?”
    “I-“
    “Mi vuoi uccidere? È così? So che ci odiamo però ...” La rabbia la invase al punto che non riusciva più a costruire frasi di senso compiuto, perciò si mise semplicemente a percorrere a passo di carica la strada e i gradini di casa sua, mentre Spike, preso dal panico, la seguiva dappresso.


    Capitolo 9

    Spike rimase a guardare con espressione corrucciata mentre Buffy, con la testa all’indietro, faceva i gargarismi prima di sputare nel lavandino della cucina. Lei si voltò a guardare il ragazzo ossigenato con un espressione di disgusto dipinta in faccia.
    “Dio, non” sputò “riesco a levarmi quell’orribile” sputò “sapore dalla bocca” si lamentò lei, andando al frigorifero.
    Prese la prima bottiglia disponibile e se ne versò in bocca il contenuto, ingoiando rumorosamente al passaggio del liquido nella gola. Dopo aver poggiato il bicchiere sul tavolo aspettò per qualche secondo, schioccando le labbra e facendo una smorfia rendendosi conto di aver ancora in bocca quell’orribile sapore. Non c’era niente da fare, allora si lasciò cadere su uno sgabello vicino con un sospiro rassegnato.
    Spike rimase sulla soglia, appoggiato allo stipite della porta. Pochi attimi dopo Buffy alzò gli occhi e gli lanciò un’occhiata assassina.
    “Ti odio” brontolò, schioccando nuovamente le labbra.
    “Anch’io, Betty” rispose lui, incrociando le braccia sul petto.
    Lei aprì la bocca per protestare ma lasciò perdere. Era troppo stanca. Era venerdì pomeriggio e aveva avuto una settimana piena, non aveva l’energia per combattere con quell’inglese seccante. Per cui scelse di rimanere lì, perfettamente immobile, sospirando di quando in quando, nella vaga speranza che lui capisse e se ne andasse. Per sua sfortuna lui non fece niente di simile. Al contrario, con passo lento e il solito sogghigno esasperante stampato in faccia, andò al bancone e si sedette sullo sgabello di fronte al suo.
    “Cosa vuoi, Mr ossigeno?” brontolò lei tenendosi la testa fra le mani, le dita fra i capelli e lo sguardo basso a fissare il bancone bianco. Prima che lui potesse rispondere, sospirò forte e sollevò lo sguardo per fissarlo da sotto le palpebre pesanti. “Perché continui a torturarmi? Vattene. Vai –via. Sei libero”. Mosse stancamente la mano nella sua direzione ma lui non vi prestò attenzione.
    “Lo sai che funzionerà. È per questo che mi hai aiutato oggi”
    “No, ti ho aiutato perché lo spettacolo era così dolorosamente patetico da non risultare più divertente” replicò lei, alzandosi con la bottiglia in mano e rimettendola nel frigo. Voltandosi si appoggiò allo sportello del frigo e continuò: “Sei masochista o che cosa? È così? Perché in nome di Dio non riesco a capire per quale motivo ti sei messo in una situazione di imbarazzo e di pubblica umiliazione solamente per lei. Che cosa ci vedi in quell’indecente svam-”
    Non riuscì a finire la frase, perché nel giro di un attimo l’ossigenato si era alzato e torreggiava su di lei.
    “Tieni a freno la lingua quando parli di lei” ringhiò lui a denti stretti.
    Guardandolo sentì un brivido di paura, ma la sua espressione non lo lasciò intendere. Mantenne uno sguardo forte e ostinato, senza vacillare per un secondo, anche se non potè evitare un piccolo sospiro di sollievo quando lui, dopo qualche attimo, indietreggiò.
    “Senti, mi dispiace ... Io ... non parlare di Dru in quel modo” riuscì finalmente a dire lui, tornando al bancone e appoggiandovisi.
    Lei si allontanò alzando le braccia in segno di resa e replicò:
    “Va bene”
    Per alcuni, disperati, minuti rimasero in un silenzio imbarazzato, sforzandosi entrambi di trovare un argomento che mettesse fine al loro tormento. Spike tentò per primo:
    “Allora …”
    “Allora ...” replicò lei.
    “Per quanto riguarda il piano ... È di nuovo attivo?” osò chiedere lui.
    Lei non potè evitare di sorridere lievemente.
    “Lei ti piace davvero tanto, eh?”
    Lui si limitò ad annuire. Non aveva bisogno di dire niente. Sospirando ancora una volta lei scosse la testa, non riuscendo a credere a ciò che stava per dire:
    “Ok. Va bene. Lo farò” brontolò a bassa voce.
    Negli occhi di lui si accese, immediata, una scintilla.
    “Che cosa?” chiese incredulo.
    “Sei sordo o cosa?”
    Lui scosse la testa.
    “Ho detto che lo farò, va bene?”
    In un attimo si spostò dal bancone e le avvolse la braccia intorno, schiacciandola in tal modo contro il suo petto. Buffy si bloccò, le braccia immobili, come incollate ai lati del corpo, la testa che spuntava appena sopra i gomiti di lui. Non sapeva che cosa dire. Era scioccata. Alla fine, rendendosi conto che lui non aveva intenzione di lasciarla andare tanto presto, osò dire:
    “Ehm ... Spike? Che cosa stai facendo?”
    Questa semplice domanda bastò a diminuire le intense emozioni del ragazzo e in un istante lui la lasciò andare, fece un passo indietro e ficcò le mani nelle tasche dello spolverino in un gesto imbarazzato.
    “Mi dispiace. Non stavo pensando” si scusò.
    “La prossima volta che l’euforia ti provoca uno spasmo del cervello fammelo sapere, va bene?” disse lei corrugando le sopracciglia.
    Lui annuì e si sistemò nuovamente sullo sgabello.
    “Perchè ti stai sedendo?” chiese lei, lanciandogli un’occhiata scontenta e sollevando un sopracciglio perfetto.
    “Bè...”mormorò lui confuso “Dobbiamo preparare il piano”.
    “Il piano per cosa?”
    “Quello su cosa fare domani. Sai, su come dovremmo comportarci”. Piegò la testa di lato, come per sottolineare che stava ribadendo l’ovvio.
    “Oh ...” Lei si accigliò per un attimo valutando i possibili limiti e infine rispose: “Cammineremo insieme e ci terremo per mano”. Poi si voltò e si concentrò sul lavaggio dei due piatti sporchi che la madre aveva lasciato nel lavandino.
    “Tenerci per mano? Tutto qui?” chiese lui incredulo, piazzandosi al suo fianco.
    Gli occhi di Buffy erano fissi sul piatto che teneva in mano. Continuò a strofinarlo mentre il nervosismo si impadroniva di lei.
    “S-si” replicò con tono incerto.
    “Ma dai! Dru ed Angel non ci crederanno mai se non ci vedono cuccare” protestò lui.
    “Hey! Non ho intenzione di ...” qualcosa sembrava incidere sulla sua capacità di parlare coerentemente, mentre combatteva con quella strana parola. Alla fine riuscì a gridare, scuotendo enfaticamente la testa: “Non ci sarà nessun cucco. E non ci sarà nessuno a guardare mentre io e … te … e io … NIETE CUCCO!”. Abbassò gli occhi sul lavandino. Accidenti! Sono finiti i piatti! E ora che faccio?
    Spike sorrise quando capì a cosa stava pensando.
    “Cuccare amore. Vuol dire pomiciare, baciarsi in bocca. Nient’altro”.
    “Oh ...” lei sospirò di sollievo quando capì. “Aspetta! Vuoi che ci baciamo? In bocca?!”
    Spike annuì.
    “Noooooo! Mai! Non ti toccherei con un bastone lungo trenta metri, figurarsi lasciare che tu mi ficchi la lingua in gola” Bleah”. La sua faccia si contorse, e prese a fare ogni sorta di smorfie mentre vagava per la stanza, cercando nervosamente qualcosa con cui tenersi occupata.
    “Dobbiamo solamente tenerci per mano?! Non ci crederanno mai e lo sai!” insisté lui.
    “Io. Non. Ti. Bacerò.” Disse lei in tono piatto.
    “Ma ...”
    “Prendere o lasciare!”. Si raddrizzò, tenendo alto il mento in segno di risolutezza, e lui non poté evitare di sospirare, scuotendo la testa e mormorando:
    “Va bene ... Ci terremo per mano ...”


    Capitolo 10
    “Cosa vuol dire che è andata via con lui?” chiese incredulo Xander, fissando ad occhi sgranati la rossa che camminava al suo fianco.
    “Vuol dire che l’ha preso a braccetto e l’ha trascinato fuori dalla scuola” spiegò Willow per la centesima volta.
    “E non ci hai parlato per tutto il fine settimana?” continuò ad interrogarla il ragazzo.
    “No. Ho provato a chiamarla ma non rispondeva nessuno”
    “Ma ...”. Xander si interruppe quando l’oggetto della loro discussione saltò fuori dietro di loro.
    “Ciao ragazzi” li salutò Buffy, senza troppo entusiasmo.
    “Eccoti qui! Dove sei stata tutto il fine settimana?” chiese Willow mentre continuavano a camminare lungo il corridoio.
    “Non chiedermelo. L’istinto materno di mia madre si è risvegliato al massimo questo fine settimana. Con il risultato di un enorme sovraccarico di legame madre/figlia. Ho dovuto passare tutto il tempo fra album di fotografie, lezioni di cucina e di pasticceria. Oh Dio! Ha persino sentito il bisogno di parlare di uccellini ed api che si accoppiano. Se devo stare a sentire mia madre pronunciare ancora una volta la parola “pene” giuro che mi sparo”. Buffy fece una smorfia, ricordandosi alcuni dettagli disgustosi.
    “Mi dispiace”. Willow guardò con comprensione la sua migliore amica e Buffy sospirò.
    All’improvviso, guardando meglio, si rese conto che tutti in corridoio la fissavano.
    “Oh Dio? Ho un foruncolo gigante?” chiese presa dal panico. Willow e Xander scossero la testa. “E allora perché mi fissano tutti?”
    “Forse a causa dello stramo episodio “amiamo Spike” di venerdì pomeriggio?” propose Xander con una punta di sarcasmo.
    “Ah, quello ...”
    “Si quello! Credevo che fossimo tornati alla versione “odiamo il culo ossuto dell’inglese”.
    “Bè, noi ...”
    Buffy non poté finire la frase, perché si trovò con due forti braccia che, oltrepassate le sue spalle, le si poggiarono sulla vita, ed un torace sodo premuto contro la schiena. Un torace maschile, decisamente, notò mentalmente. Prima che il suo cervello avesse tempo di chiedersi a chi apparteneva, la risposta venne da una voce bassa che le bisbigliava all’orecchio.
    “Buongiorno, amore”
    Buffy si bloccò, mentre il suo cuore sembrava volerle saltar fuori dalla gola, e gli occhi di Willow e Xander erano sul punto di cader loro dalle orbite.
    “Hey...” ricambiò il saluto lei, con molto meno entusiasmo.
    Si sentiva arrossire, sentiva la pelle che le si scaldava. Una voce gracchiante gridava nella sua testa “Oh Dio, è così strano. SBAGLIATO1 SBAGLIATO! Vattene! Non toccarmi! Bleah!”, ma si sforzò di relegarla sullo sfondo, mentre metteva su la sua migliore imitazione di un sorriso.
    “Allora, come stai?” chiese voltando la testa per guardarlo, mentre lui continuava a tenerle le braccia intorno e la sua schiena rimaneva incollata al torace di lui.
    “Bene”, rispose l’inglese.
    Buffy fu sorpresa di trovare uno Spike perfettamente calmo che le restituì il sogghigno. Per un secondo si distrasse e, nel momento in cui riprese a prestare attenzione, l’ultima cosa che sentì fu:
    “ ... hai adesso?”
    “Eh? Che cosa?” chiese la biondina, scuotendo la testa nel rendersi conto che stava ancora fissando il ragazzo, che ora stava giocando pigramente con l’orlo della sua camicia. “Stupido sogghigno distraente!” pensò, voltandosi verso Xander mentre Spike ripeteva la sua domanda:
    “Che lezione hai adesso, amore?”
    “Ehm …” Buffy lottò con la sua memoria ma, per qualche strana e fastidiosa ragione, la sensazione del petto e delle gambe di lui premute su di sé sembrava bloccare del tutto la sua capacità di pensare. Grazie al cielo intervenne Willow a salvarle la vita.
    “Abbiamo storia”
    “Si! Storia!” ripeté Buffy, mentre suonava la campanella.
    “Bene, ci vediamo alla terza ora. Abbiamo inglese assieme, giusto?” chiese Spike, allontanando le braccia e districando il suo corpo da quello di lei.
    “Ehm…” Pensa stupido! Pensa! Ordinò lei al suo cervello. “Si, p-penso di si”.
    “Ci vediamo più tardi allora” gridò lui mentre percorreva il corridoio, lasciando i tre adolescenti sconvolti.
    “Che. Diavolo. Era. Quello?” chiese Xander, con la massima calma possibile.
    “Ehm … È … Ehm …” si sforzò Buffy. “Faremo meglio ad andare, non voglio la sig.ra Finch che si occupa delle nostre cose. Ci vediamo più tardi Xander” gridò, dirigendosi velocemente a lezione mentre Willow la seguiva confusa.
    “Ma …” Xander si ritrovò nel bel mezzo di un corridoio vuoto, mentre le due ragazze si intrufolavano nella loro classe.

    Buffy fissava il pezzetto i carta arrotolato sul suo banco. Lesse, scritto a penna nera:
    “Come mai tutto ciò?”
    Guardò alla sua destra e vi trovò Willow che la fissava ad occhi sgranati.
    “Più tardi” disse senza alcun suono.
    “Signorina Summers!” La voce della sig.ra Finch aleggiò sulla classe, e tutti si voltarono a guardare la ragazza che disturbava.
    “Scusi, sig.ra Finch”
    La donna annuì leggermente e ricominciò a blaterare degli effetti della rivoluzione Industriale sulla struttura sociale della Gran Bretagna.
    Quando si rese conto di non essere più presa di mira, Buffy si voltò e bisbigliò:
    “Ti spiegherò più tardi. Te lo prometto”.

    La campanella suonò e, in un attimo, Willow fu al fianco di Buffy, i libri stretti al petto, a fissare l’amica ad occhi sgranati, attendendo ansiosa una spiegazione.
    “Cosa sta succedendo Buffy?” chiese la rossa perdendo la pazienza.
    La biondina rimase in silenzio per un attimo poi, una volta finito di sistemare i suoi libri, alzò gli occhi sulla sua migliore amica. Non voleva mentire, ma aveva promesso. Deglutì rumorosamente e disse tutto d’un fiato:
    “Spikeèilmioragazzo”
    E con ciò si diresse rapida alla porta.
    “Cosa?!” le gridò dietro Willow, sconvolta.
    Buffy non ebbe la possibilità di rispondere perché uscendo in corridoio andò a sbattere su qualcuno, facendo cadere a terra i libri.
    “Mi disp-”. Quando, finito di raccogliere i libri, alzò lo sguardo si interruppe a metà della frase, trovandosi davanti Dru che la fissava arrogantemente.
    “Guarda dove vai!” scattò lei.
    “Ho detto che mi dispiace” si scusò Buffy, rialzandosi.
    La ragazza nerovestita si allontanò con gesto secco della testa, lasciando le due amiche a parlare.
    “Spiegati” disse semplicemente Willow.
    “Io e Spike stiamo uscendo”. Buffy cercò di sembrare il più rilassata possibile al riguardo.
    “Da quando?”
    “Da … venerdì scorso”.
    “Come mai?”
    “Ci siamo resi conto di avere molte cose in comune”
    “Ad esempio?!” chiese subito Willow.
    “Ad esempio … Non so … Un sacco di cose. Come …”
    “Il fatto di detestarvi intensamente a vicenda?” gettò là Willow con una punta di sarcasmo.
    Buffy scosse la testa ed aprì il suo armadietto.
    “Non te lo posso spiegare. Stiamo insieme ora. Le cose cambiano”
    Willow aprì la bocca per parlare, ma Buffy tagliò corto:
    “Abbi fiducia in me, Willow. So quello che faccio”
    E con ciò suonò la campanella e le due ragazze si separarono.

    Buffy tamburellava nervosamente sul banco con la matita mentre l’insegnante leggeva per la seconda volta la stessa poesia. Ogni tanto osava gettare uno sguardo nella direzione in cui si trovava il ragazzo ossigenato, quasi tutte le volte cogliendolo che scribacchiava qualcosa sul suo quaderno. Cosa ci scriverà in quel dannato quaderno. Tutti i lunedì mattina la stessa cosa. Viene in classe, si siede al suo posto e continua scribacchiare tutto il tempo. Starà prendendo appunti? A lezione di inglese? Buffy scosse la testa, mentre il suono della campanella interrompeva i suoi pensieri. Stava mettendo i libri nello zainetto quando vide con la coda dell’occhio che qualcuno le si avvicinava.
    “Pronta ad esercitarti con le tue capacità di recitazione, passerotto? Perché sei ben lontana da una prestazione da Oscar, sicuro come l’inferno. Comunque, che cosa avevi da fissare tanto in corridoio?” chiese lui.
    “Fissare? Io non fisso” disse semplicemente Buffy, continuando a sistemare le cose nella borsa, prima di voltarsi per uscire dall’aula.
    “Come ti pare” sospirò il ragazzo, passandole le braccia intorno alla vita.
    “Hey!”. Istintivamente lei gli schiaffeggiò la mano.
    “Farai meglio ad abituarti, amore. La nostra improvvisa passione non sembrerà molto credibile se continui a saltar su ogni volta che mi avvicino a te, o no?” chiese lui piegando la testa.
    Buffy alzò gli occhi al cielo e sospirò, poi, prendendolo per mano, lo trascinò in corridoio, dove tutti si voltarono a guardare la strana coppia.
    “Ci stanno fissando. Non ci crederanno mai” disse a denti stretti.
    “Ci crederanno. Abbi fiducia in me, passerotto” le rispose lui allo stesso modo.
    “È un piano stupido. Non funzionerà mai” grugnì lei, fermandosi davanti al proprio armadietto ed aprendolo.
    “La vuoi smettere di essere così … Stanno arrivando i tuoi amici” la avvertì lui, vedendo Willow e Xander che percorrevano il corridoio.
    “Grandioso! Altre domande! Dio, odio la mia vita!” brontolò lei, chiudendo l’armadietto e voltandosi per sorridere ai sui amici. “Ciao ragazzi!”.
    “Ciao!” replicò Xander guardando Spike, mentre l’ossigenato le passava, ancora una volta, le braccia intorno alla vita.
    “Com’era matematica?” chiese Buffy nel tentativo di rompere lo strano silenzio che si stava creando nel gruppo.
    “Dolorosa” rispose Xander stringato.
    “Ah …”
    Silenzio. Un silenzio incredibilmente sconfortante. Oz era l’unico che non sembrava colpito dalla strana situazione. Giocherellava pigramente con una delle ciocche fiammeggianti di Willow mentre esaminava il corridoio. Non era difficile rendersi conto che tutti stavano fissando il gruppetto, soprattutto la coppia di biondi che ora si teneva per mano.
    Al suono della campanella si sentì un respiro di sollievo generale.
    “Bè, ci vediamo a pranzo” disse Buffy tentando di allontanarsi dall’inglese. Lui però le tenne la mano: “Ti accompagno in classe.”
    Xander gettò un’occhiata all’inglese. Tutto ciò era … Sbagliato! Sbagliato! Sbagliato! E gli stava facendo venire la nausea. Guardando la coppia che si allontanava deglutì a fatica.
    Sedevano in silenzio, mentre l’intera mensa fissava il loro tavolo.
    “Allora …” infranse il silenzio Cordelia. Era tutto il giorno che aspettava di fare una domanda, dal momento in cui Xander le aveva detto la novità era stata presa da una curiosità che non vedeva l’ora di soddisfare. Trattandosi di Cordelia lo fece: “Da quando tu e Buffy vi siete appaiati?”
    Il cibo che Xander aveva in bocca finì all’improvviso sparso sul suo vassoio. Il ragazzo praticamente sputò l’anima nel sentire la domanda diretta della sua ragazza.
    “Non credevo che il cibo che ci danno potesse avere un’aria ancora più disgustosa del solito. Mi sbagliavo” asserì monotono Oz, alla vista del pasticcio di Xander.
    Spike si accigliò vedendo che il ragazzo di fronte a lui continuava a tossire. Con il tono più serio del mondo chiese:
    “Sei sicura che è addomesticato?”
    Buffy non poté evitare di sorridere mentre Xander, rosso come un peperone, gettava un’occhiataccia all’ossigenato. Dopo qualche minuto, e dopo aver bevuto una quindicina di litri d’acqua, il moro riuscì a raddrizzarsi e a respirare. Si alzò, prese il vassoio e lo diede ad una delle signore della mensa, prima di tornare a sedersi al suo posto, fra Willow e Cordelia. L’ormai familiare silenzio ricominciò, finché:
    “Tu e Buffy siete una coppia, eh?” si sentì la voce di Cordelia e, subito dopo, un tonfo.
    Tutti si voltarono e videro Xander che batteva la testa contro il tavolo, borbottando tra i denti qualcosa di incomprensibile. Ma stavolta gli altri non furono distratti a sufficienza e Buffy fu costretta a rispondere:
    “Si”
    “Perché?” continuò ad indagare Cordelia.
    “Perché?!” Questa si che era una domanda intelligente. Tutti quelli che avevano osato interrogarla sulla sua scelta avevano chiesto qualcosa tipo “come” e non “perché”. “Bè … Lui ed io … e …” Buffy si sforzò di trovare una spiegazione.
    “È una questione fisica” si intromise Spike, noto anche come “il cavaliere dall’armatura scintillante”. “Non riusciva a resistere al mio fascino sinistro” disse con il tono più serio al mondo. “Credo che si sia innamorata di me quando l’ho salvata”.
    “Dallo scippo?” chiese Cordelia ricordando la sua conversazione con Xander al riguardo.
    “Si”
    Buffy si limitò a rimanere al suo posto, sforzandosi di non alzare gli occhi al cielo. “Dio! La faccia tosta di certa gente!” Mentalmente lanciò una serie di imprecazioni all’indirizzo dell’inglese, che ora aveva passato il braccio sullo schienale della sua sedia.
    Cordelia si accigliò un poco ma decise di accettare la spiegazione, soprattutto perché il suo ragazzo la stava prendendo a calci nello stinco e cominciava a farle male. Ripresero il loro pranzo, e stavolta il silenzio del gruppo apparve meno terribile e sconfortante di prima.
    All’improvviso il silenzio avvolse l’intera mensa, mentre tutti fissavano l’ingresso. Buffy e Spike si voltarono per controllare su cosa fosse puntata l’attenzione di tutti e non poterono evitare di deglutire alla vista di Dru e Angel che entravano nella stanza. Le due coppie si scambiarono sguardi elettrici, rimanendo immobili per un attimo. Tutti rimasero a guardare mentre il quarterback attraversava la stanza, diretto verso la coppia di biondi, con un braccio intorno alle spalle di Dru. Si fermò e guardò la coppia.
    “Buffy”, salutò asciutto. Poi si voltò a guardare l’ossigenato che sedeva a fianco della biondina, e praticamente sputò: “Spike”.
    “Angel. Dru.”. L’inglese ricambiò il saluto con un sorriso fasullo, poggiando possessivamente un braccio interno a Buffy.
    Silenzio. Tutti rimasero a guardare, in attesa.
    “Buffy, ho alcuni tuoi appunti a casa.” Cominciò Angel. “Quando li vuoi indietro …”
    “Tienili” rispose asciutta Buffy, sentendo che le si rivoltava lo stomaco alla vista di Dru che si premeva contro l’ampio torace del quarterback. Le mani di lei si muovevano insinuanti sullo stomaco di lui, mentre gettava un’occhiataccia a Buffy. “Non ne ho bisogno”.
    Il ragazzo fu colto di sorpresa dal tono freddo e distaccato di lei, ma si riprese subito. Si raddrizzò e mormorò:
    “Bene. Come ti pare”.
    E con ciò si voltò e se ne andò, trascinando via Dru.

    Capitolo 11
    Appena le fu possibile uscì dalla mensa, e corse più forte che poté fino al bagno più vicino, chiudendosi poi nel gabinetto più lontano dalla porta. Sedette sul water, aspettando che l’adrenalina nel suo corpo raggiungesse un livello accettabile. Lo scontro nella mensa era stato troppo da sopportare, anche se doveva ammettere di essere orgogliosa del modo in cui aveva reagito di fronte alla coppia di mori. Sentì che lo stomaco le si contorceva, al ricordo di Dru che si aggrappava arrogante ad Angel, sforzandosi il più possibile di farle sapere che lui ora era di *sua* proprietà.
    “Piccola arrogante …” cominciò a dire a denti stretti, poi sentì un bussare leggero sulla porta.
    Accigliata, la biondina si chinò per sbirciare da sotto la porta, e vide un anfibio che tamburellava impaziente sulle piastrelle. Aprì la porta in un lampo.
    “Che diavolo stai …”
    Fu interrotta dall’inglese che le coprì la bocca con la mano.
    “Vuoi mettermi nei guai?” chiese lui. Prima di potergli rispondere fu trascinata per mano fuori dal bagno, lungo il corridoio e fuori da una porta laterale, fino al cortile sul retro della scuola.
    “Perché mi hai trascinato qui?” scattò seccata.
    Lui la ignorò e si mise a sogghignare selvaggiamente.
    “Hai visto la faccia di Dru? E la checca? Dio, non avrei mai pensato che avrebbe funzionato così in fretta. È fantastico!” esclamò, camminando in cerchio e fregandosi le mani.
    Buffy si grattò la testa, mentre osservava l’ossigenato blaterare ancora e ancora su come il piano fosse meraviglioso e stesse funzionando perfettamente.
    “Ben presto Dru diventerà così gelosa che non avrà altra scelta che ritornare da me. Dio! Mi manca così tanto!”.
    Qualcosa nel modo in cui lo disse, forse la sincerità del suo tono, le fece rivoltare lo stomaco, e dovette combattere la voglia di prenderlo a calci.
    “Mi hai trascinato qui per farmi ascoltare le tue patetiche tirate da innamorato cotto, Romeo?” brontolò la biondina, incrociando le braccia sul petto e appoggiandosi al muro.
    “Ascolta, Betty”
    A quel punto Buffy tentò di protestare, m lui non gliene diede la possibilità:
    “Non mi importa quello che dici, o quanto sei sgradevole proprio in questo momento, *non* rovinerai il mio buon umore. Te lo garantisco” promise Spike, con uno sciocco sorriso stampato in faccia ed una fastidiosa scintilla che gli illuminava gli occhi azzurri. “Ho visto ciò che è successo là dentro. Lei mi ama ancora, lo so!”.
    “Si stava praticamente incollando a Angel!” ribatté Buffy.
    “Perché è gelosa”
    “Agli uomini piace davvero imbrogliare se stessi” sospirò lei.
    “Lei ama me!”
    “A lei non importa di te! Ficcatelo in quella tua testa dura, balordo che non sei altro” insisté lei. Ma lui non l’ascoltava.
    “Conosco Dru”.
    “D’accordo. È per questo che sapevi che se la faceva con il quarterback della scuola”.
    A quel punto il sorriso di lui si sbriciolò, rapidamente sostituito da uno strano sguardo assente nei suoi occhi. Il suo pomo d’Adamo si mosse su e giù mentre ingoiava a fatica. Senza una parola si voltò per andarsene, ma la mano di lei gli afferrò il braccio.
    “Senti, mi dispiace. Non intendevo …”
    Prima di riuscire a terminare la frase se lo trovò addosso, gli occhi lampeggianti di rabbia pura.
    “Sei la ragazzina più egocentrica, testarda e senza cuore che abbia mai incontrato in tutta la mia vita”. E senza aggiungere altro se ne andò, il lungo spolverino nero che ondeggiava nell’aria al suo passaggio.
    Lei sospirò forte, infilandosi le dita tra i capelli. Fissava ciecamente davanti a sé, senza guardare un oggetto od una persona in particolare. La sua attenzione fu risvegliata da un tocco leggero sulla spalla.
    “Willow!” salutò la rossa, mentre questa si sedeva a fianco a lei sulle gradinate.
    “Hey!”
    Le due rimasero a guardare il campo da football vuoto, in silenzio, finché la rossa disse:
    “Allora …”
    Buffy la interruppe prima che avesse la possibilità di dire qualcos’altro:
    “Willow, sono un’egocentrica?”
    Si stava dondolando lentamente avanti e indietro, tenendosi le gambe contro il petto.
    “Certo che no. Perché me lo chiedi?” si accigliò Willow.
    “Niente”. Buffy scosse la testa e si rimise a guardare la verde distesa del campo davanti a loro.
    “Che cosa è successo?” indagò la rossa.
    Buffy poggiò il mento sulle ginocchia e parlò senza alzare gli occhi dall’erba:
    “Sono testarda e senza cuore?”
    “Come ti viene in mente?”
    Alla fine si voltò a guardare Willow.
    “Sii onesta”.
    “Bè …”. La rossa esitò per un attimo. “Alle volte sai essere un tantino … aspra. Specialmente se sei stata ferita” ammise Willow.
    Buffy chiuse gli occhi per un attimo e poi si alzò.
    “Devo andare. Ci vediamo a lezione di spagnolo, Will”.

    L’aveva cercato in tutta la scuola; l’unico posto rimasto era la biblioteca. Era inutile. Se n’era andato. Anche così decise di fare un tentativo. Sgranò gli occhi quando, entrando nella stanza, trovò l’ormai familiare ragazzo nerovestito che scribacchiava sul suo quaderno seduto ad un tavolo.
    “Hey” bisbigliò avvicinandosi a lui.
    Lui sobbalzò e chiuse immediatamente il quaderno.
    “Cosa vuoi?” brontolò.
    Lei prese tempo e fece per sedersi vicino a lui, ma nel momento in cui si chinò lui si alzò e si diresse verso una parete coperta di libri. Sospirò e gli andò dietro.
    “Va bene, me lo sono meritato” brontolò a mo’ di scusa, ma lui non diede segno di aver sentito e continuò a camminare lungo il corridoio, apparentemente alla ricerca di un libro. “Spike!” chiamò lei un po’ troppo forte, venendo immediatamente zittita dal bibliotecario. “Scusi!” bisbigliò, voltandosi per seguire l’ossigenato. “Spike!” sibilò tirandogli lo spolverino, ma lui continuò a far finta che lei non fosse lì, fissando i ripiani davanti a lui.
    Non avendo altra scelta si piazzò fra lui e lo scaffale. Trattenne il fiato, rendendosi conto che il suo semplice movimento l’aveva messa in una situazione alquanto instabile, con la schiena premuta contro gli scaffali e mezzo centimetro di spazio fra sé ed il ragazzo che le stava davanti.
    “Ti sposteresti, per favore?” chiese lui, attraversandola con lo sguardo.
    “Finché non mi parlerai, no” riuscì a dire lei fissandolo.
    Quasi ansimò quando lui la guardò, senza spostarsi minimamente.
    “Cosa vuoi?” chiese lui con tono distaccato.
    Buffy sbatté furiosamente le palpebre per alcuni secondi, tentando di riprendersi. “Che cosa diavolo mi sta succedendo?” chiese una voce nella sua testa.
    “M-mi dispiace” riuscì a balbettare.
    Lui la guardava sospettoso, da sotto le sopraciglia corrugate.
    “Mi rendo conto di essere un tormento, qualche volta” cominciò lei.
    “Solo qualche volta?” chiese sarcastico lui, sollevando il sopracciglio con la cicatrice.
    “Hey! Mi sto scusando. Dammi un attimo di respiro, va bene?”
    Il biondo annuì e aspettò che lei continuasse.
    “Mi hai preso in una di quelle … volte. Per cui mi dispiace per quello che ho detto, va bene?”
    Rimase in attesa di una risposta, ma lui si limitava a fissarla. La loro vicinanza fisica stava diventando insopportabile e lei trattenne il respiro, mentre il suo cuore accelerava. Alla fine, stufa della tensione che le stava facendo esplodere il cervello, disse:
    “Ok. Potresti spostarti appena appena? L’ossigeno nel sangue sta diventando un problema”. Avrebbe voluto suonare arrogante e sarcastica, ma la voce le venne fuori incerta ed imbarazzata.
    Annuendo appena lui fece un passo indietro, ma rimase in silenzio.
    “Allora …” cominciò lei, sforzandosi di rompere il silenzio snervante che si era creato fra loro, ma fallendo miseramente il tentativo. Alla fine si arrese, e sospirò forte prima di chiedere: “Hai intenzione di non parlarmi? Perché sta cominciando a darmi sui nervi”.
    “Parli troppo, passerotto” disse semplicemente lui.
    “Hey!” protestò lei, mentre si avviavano lungo il corridoio.
    Spike continuò a cercare un libro specifico fra i ripiani.
    “Comunque, cosa fai qui?” chiese lei dopo alcuni attimi.
    “Non riesci proprio a startene tranquilla, vero?”
    “Non mi piace il silenzio. Mi mette a disagio”.
    A quel punto Spike si accigliò.
    “Che c’è?” chiese lei, sulla difensiva.
    “Niente”. Lui scosse la testa e riprese a cercare.
    Dopo poco lei parlò di nuovo:
    “Non hai risposto alla mia domanda. Che cosa fai qui?”
    “Leggo”. Spike ribadì l’ovvio, continuando a frugare con gli occhi nel mucchio di libri davanti a loro.
    “Leggi?”
    “Da quando avevo sei anni. Non è meraviglioso?” chiese lui, con finto entusiasmo.
    Buffy si costrinse ad un sorriso che si sbriciolò subito. Continuarono a camminare lentamente lungo il corridoio, finché lui non prese un libro e cominciò a sfogliarlo. Lei si limitò ad appoggiarsi allo scaffale, aspettando che lui trovasse quello che stava cercando, quando sentirono due voci bisbigliare nel corridoio successivo.
    “Cosa vuol dire che non ci credi? Certo che stanno insieme”.
    “Invece no. Voglio dire, un minuto si odiano l’un l’altra e il minuto dopo camminano per i corridoi tenendosi per mano, e si siedono assieme in mensa. Ma dai, è così finto. È come quell’episodio di …”
    “Sono Jonathan e Andrew” disse Buffy senza emettere alcun suono, mentre Spike mise giù il libro e si mise ad ascoltare la conversazione.
    “Assolutamente no. Stanno insieme. Sono come la principessa Leia e Ian Solo. Tutto quel discutere? Una facciata per nascondere l’innegabile attrazione animalesca che hanno l’uno per l’altra” argomentò Jonathan. “E ora che se ne sono resi conto si stanno dando un gran da fare”.
    Buffy fece una smorfia a quest’affermazione, la faccia che le si contorceva per il disgusto.
    “A-ha!” puntualizzò trionfante Andrew. “Non c’è stato alcun pomiciare. Mai. È questo è un punto a mio favore. Se tra loro ci fosse una storia alla “Principessa Leia e Ian Solo” a questo punto li avremmo visti pomiciare un bel po’. Ma tutto quello che abbiamo visto è stato tenersi per mano e sedere insieme a pranzo. Patetico!”.
    “Forse Buffy ci vuole andare piano. Sai, magari soffre ancora a causa di Angel”.
    “Buffy? Che ci va piano? Ah ah!” rise Andrew. “Scommetto che lo fa solo per far ingelosire Angel. Quella ragazza è completamente pazza del nostro manzo – quarterback. Farebbe qualunque cosa per riaverlo. È patetico.”
    Buffy sgranò gli occhi, scintillanti di rabbia.
    “Piccolo spione che non è altro!” ringhiò a denti stretti.
    Strinse i pugni, e fece per avviarsi lungo il corridoio, ma la mano forte di Spike la prese per un braccio.
    “Calmati” sibilò lui, tirandola più vicina. “Picchiare quei due idioti non risolverà niente”.
    “Quelli pensano che io sia … sia … una facile!” ribatté lei.
    “Credimi quando ti dico che *non* sei una facile. Non c’è niente di facile in te”.
    Buffy si fermò per un attimo, cercando di capire se le aveva fatto un complimento oppure no.
    “Ti avevo detto che nessuno ci avrebbe creduto. Voglio dire, non siamo riusciti a ingannare neanche il club degli scacchi” disse Spike, indicando con la testa in direzione dello scaffale che li separava dai due secchioni.
    Buffy sospirò a fondo, liberando il braccio dalla sua stretta e massaggiandolo mentre rifletteva.
    “Che cosa suggerisci di fare?”.
    Spike stette in silenzio per un attimo, anche se conosceva la risposta alla sua domanda non aveva ancora trovato il modo migliore di comunicargliela.
    Alla fine riuscì a dire: “Baciamoci. Davanti a tutta la scuola”.
    Buffy sgranò gli occhi.
    “Non posso baciarti. Se ti bacio io … probabilmente finirò col vomitare!” replicò disgustata.
    “Grazie, amore”. Il sarcasmo colava dalle sue parole.
    “Ma …” lei corrugò le sopracciglia, accigliata, e rimasero in silenzio.
    “Non fa coppia con Spike. È tutta una manovra per riavere Angel”. Sentirono Andrew insistere, dall’altro lato dello scaffale. La sua voce ora era più chiara, ovviamente stava girando l’angolo e stava per entrare nel corridoio in cui si trovavano lei e Spike.
    Senza una parola, Buffy acchiappò Spike per il bavero dello spolverino e lo sbatté contro lo scaffale, prima di schiacciargli le labbra con le proprie.
    Spike ansimò, trovandosi all’improvviso a corto di ossigeno. Le mani di lei tracciavano disegni indefiniti sul suo petto, mentre gli catturava le labbra con le proprie, tirando e premendo, in un bacio esigente ed insistente. Il suo cervello andò in tilt per la sensazione del corpo di lei premuto contro il suo, le gambe intrecciate fra loro e lei che, ora, gli mordicchiava il labbro inferiore.
    Uno squittio acuto annunciò la presenza di Jonathan ed Andrew, e Buffy si tirò indietro per guardare i due ragazzi sconvolti. Si passò il dorso della mano sulle labbra umide, facendo scorrere lo sguardo sui due ragazzi. Sorrise tra sé rendendosi conto di aver raggiunto il suo scopo. Afferrò la mano di Spike e trascinò fuori il ragazzo, anche lui sconvolto.
    Nel momento steso in cui uscì dalla libreria fece un salto e lanciò un grido di soddisfazione.
    “Hai visto che facce? Dio, era divertentissimo! Le hai viste? Spike? Va tutto bene?”. Buffy si scosse dalla sua euforia notando che l’inglese si limitava a fissarla. “Spike?”
    “Eh? Che cosa? Ah! Si, si le ho viste” riuscì a dire lui, a disagio, cambiando posizione.
    “È stato forte!” ricominciò ad esultare Buffy. “Gliela abbiamo fatta vedere”.
    Sorrise selvaggiamente, ma smise sentendo la campanella che suonava.
    “Accidenti! Sono in ritardo! Ci vediamo più tardi” gridò, correndo via e lasciando il ragazzo ossigenato a riprendere il controllo di sé stesso.

    Buffy entrò in casa trascinando stancamente i piedi. Si lasciò cadere sul divano, prese il telecomando e accese la televisione. Non ci volle molto perché si assopisse davanti allo schermo. Fece un salto, sentendo una mano morbida che le accarezzava la guancia.
    “Mamma!”. Sbatté furiosamente le palpebre, cercando di capire dove si trovava. “Devo essermi addormentata. Che ore sono?”.
    “Le otto e mezza” la informò la sig.ra Summers, accomodandosi a fianco della figlia. “Come è andata oggi?”.
    “Un casino. Sono così stanca” confessò la biondina, appoggiando la testa in grembo alla madre.
    “Come sta William?”
    “Chi?”. Buffy si accigliò sentendo quel nome.
    “William, quel ragazzo carino che è stato qui l’altro giorno.”
    “Ah, vuoi dire Spike! Sta bene”
    “Bene. Spero che non abbia troppi problemi a scuola” si augurò la sig.ra Summers, passando le mani tra i folti capelli della figlia.
    “Perché pensi una cosa simile?”
    “Sai … Alla tua età i ragazzi sanno essere davvero duri con … le persone diverse” balbettò la donna.
    “Si, è vero. Ma lui non ha alcun problema da questo punto di vista” spiegò la ragazza.
    “Bene”
    Madre e figlia stettero in silenzio per un attimo, guardando il televisore ancora acceso davanti a loro.
    “Ha problemi solamente con Angel” disse Buffy all’improvviso.
    “Angel? Vuoi dire il tuo ragazzo?” chiese la sig.ra Summers.
    “Ex ragazzo, mamma. E sottolineo ex” puntualizzò la bionda. “Si. Non ho mai capito perché, ma non sono mai andati d’accordo. Si frequentavano quando Spike si era appena trasferito a Sunnydale. Poi, all’improvviso, hanno cominciato a odiarsi. Vai a capire perché”. Buffy terminò la frase e si strinse nelle spalle.
    “Mm … strano” mormorò la sig.ra Summers, esaminando mentalmente le possibili spiegazioni dell’accaduto.
    Fu riscossa dai suoi pensieri dal rumore acuto di uno squillo.
    “Pronto?”. Buffy prese il telefono e salutò: “Wills! Hey!”. Pausa. “Venerdì? Certo! Va bene. È un appuntamento. Ciao. Buonanotte Wills”. Mise giù la cornetta e si voltò verso la madre. “Era Willow. Mi ha invitato ad andare al Bronze venerdì. Va bene?”
    “Stai uscendo troppo ultimamente, signorina” notò la sig.ra Summers.
    “Mamma … per favore!” pregò Buffy.
    “Va bene. Ma a casa per mezzanotte.”
    “Grazie mamma, sei la migliore”
    Diede alla madre un bacio sulla guancia e fece per salire le scale quando sentì che la sig.ra Summers la chiamava.
    “Stanotte esco. La cena è nel microonde”.
    Per la prima volta da quando si era svegliata si rese conto che la madre era vestita di tutto punto e … era anche truccata?
    “Mamma! Hai un appuntamento?” chiese sorpresa.
    “Si” rispose semplicemente la sig.ra Summers, mettendosi il cappotto.
    “A chi?”
    “Con chi” la corresse lei. Si sentì un clacson. “Dovrebbe essere lui. Buonanotte tesoro. Non stare alzata fino a tardi.”
    “Mamma?”. Buffy rimase a parlare con sé stessa, vedendo la madre che volteggiava fuori di casa.

    “Avanti, rispondi!” ripeté per l’ennesima volta nella cornetta. “Accidenti Willow!” imprecò, sbattendo la cornetta.
    Nervosa, camminava avanti e indietro per il soggiorno. Le braccia incrociate sul petto, tamburellava con le unghie sulla felpa.
    “Mia madre. Ha un appuntamento?”. La sua mente vorticava. Sapeva che alla fine sarebbe successo, e aveva sempre pensato che non avrebbe avuto problemi al riguardo ma, evidentemente, si era sbagliata. Lo stomaco le si contorse all’idea di sua madre e di uno sconosciuto che uscivano insieme, si tenevano la mano, si baciavano … “Bleah! Lasciamo perdere! È così … spaventoso!” .
    Continuò a passeggiare per la stanza. Ogni tanto prendeva il telefono e componeva il numero di Willow o quello di Xander, ma non rispondeva mai nessuno.
    “Dove sono tutti? Domani dobbiamo andare a scuola, per l’amor di Dio” disse a sé stessa, guardando la sveglia del soggiorno. “Sono le nove di sera; dovrebbero già essere a casa” protestò, rivolgendosi alle pareti, quando il telefono suonò. “Finalmente!”. Sospirò di sollievo alzando la cornetta. “Dove sei stata? Sono ore che ti chiamo. Non crederai a quello che è successo!” disse tutto d’un fiato.
    Divenne rossa come un peperone quando, dall’altra parte della linea, sentì:
    “Ciao passerotto. Non sapevo che mi volessi così tanto. Quel bacio in biblioteca ti hai lasciato affamata, eh?”.
    Sentì che lo stomaco le si rivoltava per il disgusto, e che la rabbia le faceva ribollire il sangue nelle vene.
    “Spike!” sibilò a denti stretti.
    “L’unico e il solo, amore”.
    Poteva quasi sentirlo sogghignare. Grrr.
    “Cosa vuoi?” ringhiò.
    “Credo che la domanda sia cosa vuoi tu. Sei tu che hai detto che sono ore che mi chiami” rispose arrogante lui.
    “Credevo fosse qualcun altro” rispose lei asciutta.
    “Chi?”. La domanda gli scappò prima che riuscisse ad evitarlo.
    “Nessuno” abbaiò lei.
    “Dai amore. Credevo che mi dovessi dire tutto” replicò lui compiaciuto.
    “Da quando in qua devo dirti qualcosa?”
    “Da quando sei diventata la mia ragazza” rispose diretto lui.
    “*Non* sono la tua ragazza, Spike” ringhiò lei. Stava cominciando a darle sui nervi.
    “Certo che lo sei”
    “Cosa vuoi?” chiese nuovamente lei.
    “Volevo solo sapere come stavi, riccioli d’oro” continuò lui, con tono strascicato.
    “Sto bene!” disse lei, sbattendo giù la cornetta.
    Il telefono suonò di nuovo dopo qualche secondo.
    “Pronto?” rispose lei.
    “Non è carino sbattere il telefono in faccia alla gente, amore. Soprattutto non in faccia al tuo ragazzo” ricominciò lui.
    “Tu *non* sei il mio ragazzo, Spike” praticamente gridò lei.
    “Non c’è bisogno di urlare, amore”
    Buffy sospirò forte. Poco dopo il suono della voce di lui la colse di sorpresa. La voce arrogante e strascicata era stata sostituita da un tono serio e quasi preoccupato.
    “Tutto bene, amore?”
    “Sto bene” disse lei esasperata.
    “Non mi sembra”
    “Spike. Lasciami in pace. Non sono dell’umore adatto per un'altra delle nostre liti. Hai vinto, va bene?”. Lo stava quasi supplicando.
    Ci fu un attimo di silenzio, poi:
    “Sarò lì fra due minuti”.
    “Cosa? Spike? No!”. Prima di riuscire a dire qualcos’altro sentì il segnale di libero in fondo alla linea. “Oh Dio, no …”.


    Capitolo 12

    Quando sentì il suono del campanello, gemette. Si costrinse ad alzarsi e si trascinò lungo il corridoio per andare a rispondere. Alla vista del ragazzo ossigenato che stava sul gradino alzò gli occhi al cielo e, stanca e seccata, chiese:
    “Cosa ci fai qui?”
    “Posso entrare?”. Prima che avesse la possibilità di rispondergli aveva già attraversato la soglia.
    “Accomodati” replicò sarcastica.
    “Stai bene?” chiese lui, voltandosi a guardarla in faccia.
    “Come puoi vedere sto bene, perciò se te ne volessi andare ...” disse lei aprendo la porta; lui però parve non udirla ed entrò nel soggiorno. “Oppure fare come se fossi a casa tua. Come ti pare” sospirò forte lei.
    “Biscotti e gelato?” disse lui prendendo la vaschetta di gelato mezza vuota. “Va così male, eh?”
    “Mi piacciono i biscotti ed il gelato” replicò sgarbatamente lei, prendendo la scatola dalle mani del ragazzo.
    “Ci scommetto”. E senza chiedere si lasciò cadere sul divano e cominciò a passare da un canale all’altro.
    “Sei qui solo per la TV via cavo, vero?” chiese lei.
    Ma lui non la stava ascoltando, era intento a guardare le immagini sullo schermo. Lei sospirò forte e si lasciò cadere accanto a lui. Dopo pochi secondi brontolò:
    “È un gioco stupido”.
    “Stupido? Come puoi dire così? È football.” Protestò lui, chiaramente offeso.
    “Non è football, è calcio” corresse lei.
    “Scusa. Il fatto è che questo ... magnifico gioco viene giocato usando i piedi, mentre quella cosa ridicola che voi americani chiamate football si gioca con tutto *tranne* che con i piedi”, la contraddì lui.
    Ora toccava a lei lamentarsi: “Si che usiamo i piedi!”.
    “Giusto!” saltò su lui, sarcastico.
    “Il football americano è molto più figo di questa merda!” brontolò lei.
    “Questa merda, come la chiami tu, è lo sport numero uno in tutte le nazioni del mondo. Questa merda è il *vero* re degli sport” continuò ad argomentare lui. “Il football americano, d’altro canto, è solamente una variante a buon mercato del rugby. Non sono altro che un mucchio di checche impacchettate che corrono per il campo tentando di infilare una palla dalla forma strana attraverso una gigantesca … cosa a forma di forchetta, cercando contemporaneamente di sbattere la testa l’uno con l’altro. E voi lo definite uno sport virile!”.
    Buffy si accigliò e lo guardò.
    “Per tua informazione, il football è qualcosa di più che cercare di infilare la strana palla attraverso la ... cosa gigante a forma di forchetta”. Cercò di sembrare convincente ma fallì miseramente. Era chiaro che non sapeva niente dello sport in argomento.
    Spike ridacchiò.
    “Che c’è?!”
    Lui scoppiò a ridere. “Ne sai meno di me su questo sport”.
    Buffy si accigliò per un attimo. Stava ridendo? Spike faceva qualcosa di diverso da ghigni e sogghigni? Si riscosse dai suoi pensieri e continuò:
    “Bè, non sono mai stata brava negli sport per cui non ho mai approfondito” tentò di giustificarsi. “Ma sono sicura che il nostro football è meglio della vostra merda inglese”.
    Lui non disse niente, limitandosi a sollevare il sopracciglio sfregiato.
    “Oh, d’accordo. Non so niente di sport. Angel ha cercato di spiegarmi il football, e io non l’ho capito” confessò lei.
    “Bè, non so cosa sono in grado di fare per il football americano, ma se vuoi credo che possiamo migliorare la tua conoscenza del calcio” si offrì lui.
    A questo punto Buffy si strinse nelle spalle. Ben presto, dopo alcune spiegazioni lunghe e confuse, i due si risistemarono sul divano e guardarono la partita.
    “Hey! L’arbitro sta barando. Non ha fatto nulla” gridò Buffy allo schermo.
    “Ha ragione, amore. Ti ricordi la regola del fuorigioco?” chiese Spike.
    “Ah ... giusto” fece finta di capire lei.
    “Non te la ricordi, vero?” ridacchiò lui.
    “No” confessò a bassa voce lei.
    “È quando la palla viene passata ad un giocatore che si trova più vicino alla linea di tiro dei suoi avversari di tutti i componenti dell’altra squadra, ovviamente escluso il portiere”.
    “Ah si. Adesso mi ricordo”.
    Continuarono a guardare la partita in silenzio, fino alla fine.
    “Allora ... cosa ne pensi del calcio adesso?” chiese Spike, spaparanzandosi sul divano.
    “È a posto” ammise Buffy.
    “C’è un’altra partita fra mezz’ora. La vuoi guardare?” chiese l’inglese.
    “Gioca il Manchester United?”
    “No”.
    “Allora no, grazie”
    “Quindi sei diventata una fan del vecchio Man U, eh?” chiese Spike sogghignando.
    “Non esattamente. Più che altro una fan delle gambe di David Beckam” rispose Buffy con un enorme sorriso.
    “Avrei dovuto capirlo. Sembra che piaccia a tutte” sospirò Spike, allargando le braccia sulla spalliera del divano.
    “Bene, faresti meglio ad andare ...” disse lei, dopo un momento di imbarazzato silenzio.
    “Che fretta c’è, amore?”
    “Il fatto è che mia madre potrebbe tornare da un momento all’altro e, anche se pensa che tu sia gay, non sarà ...”
    “Tua madre pensa che io sia GAY?!”. Spike saltò giù dal divano e la guardò ad occhi sgranati.
    “Bè ... si”. Buffy esitò.
    Lui chiese offeso: “Perchè?!”.
    Buffy mosse la bocca, aprendola e chiudendola, ma la voce sembrava rifiutarsi di uscirle dalla gola.
    “Be?”. L’inglese, rosso come un peperone, la fissava in attesa di una spiegazione.
    “Si deve essere fatta un’idea sbagliata quando le ho detto che io *sicuramente* non ero il tuo tipo” riuscì a dire lei alla fine.
    Lui comiciò a camminare in cerchio. “Hai detto a tua madre che sono gay?”.
    “Non le ho detto che sei gay! Lei ha … pensato che tu fossi … sai …”
    Lui si fermò per fissarla. “So cosa?”.
    “Bè, sai ... i capelli ossigenati ...” ed agitò la mano in direzione della sua testa “ … e lo smalto nero ti danno un … certo look” balbettò lei.
    “Si! Un look da ragazzaccio, non un look da GAY!” gridò lui.
    “Non è colpa mia se *mia* madre pensa che sei gay!” passò al contrattacco lei, alzandosi i piedi per difendersi.
    “Tu le hai detto qualcosa!” insisté lui.
    “O forse il tuo modo di vestire sta gridando: “drag queen repressa in corso di perfezionamento” scattò lei, sollevando la testa e gettando in fuori il mento.
    Spike sgranò gli occhi, mentre il viso gli diventava rapidamente di un insano color scarlatto.
    “NON sono gay” fu l’unica cosa che gli venne in mente da dire.
    “Non dovresti mentire a te stesso” cominciò a sfotterlo lei. “Nel profondo del tuo animo il tuo vero io sta gridando per essere liberato. Ti sentirai meglio se assecondi la tua vera natura”. A questo punto Buffy si dovete pizzicare per impedirsi di scoppiare a ridere. Il panico nei sui occhi era impagabile.
    “Te la faccio vedere io la mia vera natura” ringhiò lui, cominciando a darle la caccia.
    Girarono un paio di volte intorno al divano, poi intorno al tavolo, saltando sedie e vasi. Lui le corse dietro su per le scale e avanti e indietro per la camera da letto della madre, finché Buffy non si ritrovò nella sua stanza, ad un lato del letto, con il suo aggressore dall’altra parte.
    “Tu ...” ansimava furiosamente, ed aveva un ghigno enorme stampato in faccia “ ... dovresti essere …” ansimò “sincero con te stesso” riuscì a dire, senza fiato.
    Vedendo che Spike veniva verso di lei saltò velocemente sul letto. Lui agitò le braccia per aria, cercando di acchiapparla, ma lei saltò a terra, nel punto in cui trovava lui fino ad un attimo prima. Sorrise, vedendo che lui si trovava ora dove prima si trovava lei, dall’altro lato del letto.
    “Le sigarette stanno avendo la meglio su di te, eh?” chiese, vedendo che lui cominciava a tossire.
    “Quando” tossì “ti metterò” tossì “le mani addosso Summers” la minacciò lui.
    Per tutta risposta lei gli fece la linguaccia. Quando lui all’improvviso saltò il letto lei ricominciò a correre. Pochi attimi dopo erano nella stessa posizione di prima, ai lati opposti del letto. Spike stava dal lato della finestra in preda, a quanto sembrava, ad un forte attacco di tosse.
    Buffy ansimava pesantemente, mentre l’inglese divenne di uno spaventoso color porpora.
    “Stai bene?” riuscì a chiedere lei, mentre valutava se avvicinarsi ad aiutarlo.
    Lui continuò a tossire tenendosi la gola, per cui decise che era meglio avvicinarsi. Nel momento stesso in cui l’ebbe a portata di mano lui l’afferrò.
    “Baro ...”. Lei gettò un grido sentendo la sua stretta sulle braccia. Si divincolò come una gatta selvatica, facendo perdere l’equilibrio ad entrambi finché ricaddero sul letto. “Bastardo ossigenato e traditore” disse, ansimando e ridacchiando.
    “In amore e in guerra tutto è permesso, amore” rispose lui, che si era miracolosamente ripreso dal suo attacco di tosse.
    Rimasero sdraiati sul letto, Spike sopra e Buffy sotto, fissandosi a vicenda, entrambi ansimanti per l’esercizio fisico. Lui le sorrise e lei fece il broncio per essere stata acchiappata.
    “Hai barato!” ripeté, ancora senza fiato.
    Una ciocca ribelle cadde a coprirle il viso e la bocca, e lei si agitò un po’ tentando di spostarla. Istintivamente Spike sollevò la mano e spostò via la ciocca, assicurandosi che la braccia di lei rimanessero bloccate sotto il peso del suo torace.
    Tutto ad un tratto si resero conto della situazione, e la loro vicinanza divenne spiacevolmente evidente. Buffy deglutì e guardò il ragazzo che si trovava sopra di lei, il cui sguardo vagava, alternativamente, fra i suoi occhi e le sue labbra imbronciate. All’improvviso le divenne difficile respirare. Il suo respiro divenne ansante, non a causa dell’esercizio fisico, ma a causa della vicinanza di lui. Il cuore sembrava volerle saltar fuori dal petto e si sentiva le farfalle nello stomaco, come le accadeva quando …
    Si alzò in un lampo, spingendolo via e facendolo cadere di sedere sul pavimento. Si passò nervosamente le dita tra i capelli, scostandoli dal viso arrossato. Una volta che si fu sistemata tutte le ciocche, passò a rassettare, nella stessa maniera disordinata, i suoi vestiti.
    “Tu ... È meglio che tu vada. È tardi e mia ...” cominciò a dire, a disagio, quando sentì un rumore di passi su per le scale. “Mia mamma!” bisbigliò, andando immediatamente a chiudere la porta. “Devi nasconderti!” lo avvertì, guardandosi intorno alla disperata ricerca di un posto che non fosse in vista. Nel frattempo i passi erano diventati più forti. “Il letto! Ficcati sotto il letto! Adesso!” ordinò.
    Non ebbe bisogno di dirglielo due volte. Lui si infilò sotto il letto appena prima di sentire il suono metallico di una porta che si apriva.
    “Ciao, tesoro! Ancora alzata?” chiese la sig.ra Summers entrando nella stanza.
    “Si!” rispose Buffy, cercando di riportare sotto controllo il ritmo del suo respiro. “ I-io mi stavo appunto preparando per andare a letto” spiegò, annuendo e chiudendo la bocca.
    Al che la madre si accigliò.
    “Stai bene, tesoro?”. Una punta di preoccupazione era evidente nella voce della sig.ra Summers.
    “Sto bene!” replicò Buffy, un tantino troppo entusiasta. “Sto bene!” ripeté, più calma.
    La ragazza trattenne il respiro, osservando con attenzione i cambiamenti nell’espressione della madre, mentre questa camminava su e giù per la stanza. Alla fine, un sorriso saputo si accese nel viso della madre.
    “So perché ti stai comportando così”
    “Lo sai?” chiese incredula Buffy, osando un’occhiata nella direzione del letto per controllare che Spike non fosse visibile.
    “Si” cominciò la signora Summers, sedendosi sul letto e facendo segno a Buffy di sedersi accanto a lei. Quando la biondina lo fece, continuò: “Sei agitata perché avevo un appuntamento”.
    La ragazza sospirò di sollievo.
    “Lo so che ti sembra strano, ma sapevi che prima o poi sarebbe accaduto. Mi dispiace di non avertene parlato e di avertelo praticamente annunciato senza nessun preavviso, ma ero preoccupata per la tua reazione e non sapevo come dirtelo. Ho cercato di parlartene nel fine settimana ma … non ci sono riuscita” confessò la sig.ra Summers.
    “Ah, questo spiega il sovraccarico di legame madre/figlia” si rese conto Buffy.
    La sig.ra Summers sorrise e annuì.
    “Spero che tu capisca che adesso sono single. Sono rimasta sola da quando io e tuo padre abbiamo divorziato e penso che sia ora di andare avanti”.
    “Non preoccuparti, mamma. Mi sta bene” disse Buffy, dopo un momento di silenzio.
    Sotto il letto Spike stava trattenendo il respiro e si stava sforzando il più possibile di non fare alcun rumore. Vide un paio di gambe che si allontanavano dal letto, in direzione della porta. Le gambe si fermarono e lui sentì la voce della sig.ra Summers:
    “Buonanotte Buffy!”
    “Buonanotte mamma!”
    E con questo aprì la porta e se ne andò.
    Il ragazzo fece un salto quando, all’improvviso, Buffy ficcò la testa sotto il materasso.
    “Devi uscire di qui” affermò lei, mentre lui strisciava fuori da sotto il letto.
    “Non scherziamo, Einstein” brontolò lui, pulendosi lo spolverino.
    Buffy andò ad aprire la finestra.
    “Vai!” ordinò.
    “Vuoi che salti giù dalla finestra?” chiese incredulo Spike.
    “Usa l’albero, genio” replicò Buffy, con tono seccato.
    “Nel caso non l’avessi notato i rami sono stati tagliati. E a meno di non aver acquisito una qualche capacità da Carl Lewis non ce la farò mai a fare quel salto” ribatté sarcastico Spike.
    Buffy sporse la testa dalla finestra e si accorse che, in effetti, i rami erano stati tagliati. “Dannata potatura invernale” pensò.
    “Bè, non puoi passare dalle scale. Mia madre ti sentirebbe” precisò lei, cominciando a passeggiare avanti e indietro per la stanza.
    Dopo qualche momento di silenzio si lasciò cadere sul letto, esasperata.
    “Aspettiamo finché tua madre non si addormenta” suggerì Spike.
    “Non conosci mia madre”. Buffy si costrinse a sorridere. “Dall’epoca delle mie fughe da preadolescente ribelle nel cuore della notte è diventata un vero e proprio cane da guardia. Sente *tutto*. E intendo proprio tutto. Un solo rumore da parte mia e me la ritrovo sulla porta”. Sospirò e, da seduta che era, si lasciò cadere di schiena sul materasso.
    “Immagino che dovrò passare la notte qui” disse lui, sollevando allusivo i sopraccigli.
    “Ti piacerebbe” scattò lei.
    “Veramente no. Con la mia fortuna probabilmente russi”.
    “Io *non* russo!” replicò offesa lei, sollevandosi a sedere e corrugando le sopracciglia.
    Lui si limitò a sogghignare e si appoggiò alla finestra, infilandosi la mano sinistra nella tasca dello spolverino e tirando fuori un pacchetto di sigarette.
    “Che cosa ...”. Rendendosi conto di aver parlato a voce un po’ troppo alta ripeté la frase in un sibilo: “Che cosa stai facendo?”.
    “Mi faccio una sigaretta” ribadì lui, la sigaretta che gli penzolava dalla labbra mentre si preparava ad accenderla.
    Buffy si alzò all’istante e si precipitò su di lui, ma prima che potesse toglierli l’oggetto dalla bocca lui l’afferrò..
    “No che non te la fai!” protestò lei, sporgendo il mento in segno di sfida.
    “E dai. Sono due ore che non fumo. Ho bisogno di una cicca!” protestò lui, accigliandosi.
    “No!” insisté lei.
    “Ma ...”
    “Non fumerai quella merda in camera *mia*, punto e basta”.
    “Solo una, ti prego. Altrimenti non riesco a dormire”.
    “Questo è un problema tuo” scattò lei, voltandosi e tornandosene a letto.
    “Stronza” mormorò lui.
    “Ti ho sentito” disse lei, scostando le lenzuola.
    Si voltò e lo guardò.
    “Che c’è?” chiese lui accigliato.
    “Ti dispiace?” chiese lei, facendogli segno con l’indice di voltarsi dall’altra parte.
    Sospirando forte l’inglese si voltò verso la finestra, e rimase ad aspettare che lei si mettesse il pigiama. Sentì una serie di rumori e di rimescolii, e infine il bisbiglio di Buffy:
    “Ho finito”.
    Si voltò in tempo per avere una rapida visione di Buffy che, nel suo pigiama Yummy Sushi, si infilava tra le lenzuola e spegneva la luce.
    Sentendosi frustrato, rimise la sigaretta nel pacchetto e lo appoggiò sul tavolo, poi si tolse lo spolverino. Buffy rimase a letto, con gli occhi semichiusi, fingendo di dormire. Lo guardò sbottonarsi la camicia, imprecando sottovoce nel frattempo. Lui si sedette su una sedia lì vicino e cominciò a slacciarsi gli anfibi. Dopo essersi tolto i calzini si rialzò, infilandosi le mani sotto la maglietta bianca di cotone e togliendosela da sopra la testa. Buffy trattenne il respiro, mentre osservava il ragazzo seminudo sotto la debole luce della luna. Lo fissò come in trance, imprimendosi nella mente ogni curva e ogni piano del torace e dell’addome di lui. Respirava a fatica, mentre lui camminava in cerchio per qualche secondo, passandosi la mano fra i biondi capelli spettinati e lungo la spalla, per posarla poi sulla cintura e cominciare a slacciarsela. Quando cominciò a sbottonarsi i calzoni Buffy saltò su.
    “Co- cosa credi di fare?” chiese in tono incerto.
    “Mi preparo per andare a letto”. Ancora una volta lui si limitò a ribadire l’ovvio, corrugando le sopracciglia confuso.
    “Non ti spoglierai completamente nella mia stanza!” protestò lei anche se, chissà come, la sua decisione non risultò molto convincente.
    “Dormo sempre nudo”. Poi, vedendo la piega dura delle labbra di lei, si strinse nelle spalle: “E va bene, è il tuo letto”.
    Buffy non ebbe il tempo di rendersi conto di quello che aveva appena detto, che lui già si avvicinava ed iniziava a scostare le coperte.
    “CHE COSA credi di fare?” ripeté a voce alta acchiappando le lenzuola e usandole per coprirsi.
    “Ancora una volta ... mi preparo per andare a letto” le rispose lui, riafferrando le coperte.
    Lei indietreggiò velocemente, trascinando con se le lenzuola.
    “Non nel *mio* letto!” replicò, con gli occhi sgranati.
    “Dovrei dormire sul pavimento?”
    “Certo!”
    “Per l’inferno maledetto!” protestò lui. “Non …”
    Si sentì un rumore metallico, e poi un suono di passi.
    “Mia madre! Svelto! Sotto il letto!” ordinò lei.
    Spike si lasciò cadere a terra immediatamente; stava iniziando a strisciare sotto il letto quando lei sibilò:
    “I tuoi vestiti! Spike!”
    Si rialzò e raccolse tutte le sue cose, compresi gli anfibi, facendo in modo di spingerle sotto il letto, ma nel momento in cui cercò di infilarcisi sotto a sua volta la maniglia della porta girò. Senza pensarci due volte si gettò nel letto. Incollò il proprio corpo a quello della biondina, nelle fievole speranza che la madre non notasse il troppo volume sotto le coperte leggere di Buffy. Buffy ansimò e, subito dopo, alla vista della porta che si apriva e della testa della madre che faceva capolino, trattenne il respiro.


    Capitolo 13
    Spike sentì una voce preoccupata che chiedeva: “Buffy, tutto bene?”.
    Trattenne il respiro e, accorgendosi dal suono di passi che la sig.ra Summers stava entrando nella stanza, si portò più vicino alla figura, ora tremante, di Buffy.
    Buffy si bloccò, con lo stomaco che sembrava occupato a fare le capriole, sentendo il corpo di lui che aderiva al suo.
    “S-sto bene!” riuscì a dire, balbettando nervosa.
    “Ho sentito un rumore. Cosa è successo?” indagò la sig.ra Summers, sedendosi sul materasso accanto alla figlia.
    La ragazza deglutì a fatica, aveva la testa annebbiata, il cuore le galoppava nel petto e le stavano sudando le mani.
    “N-non è successo niente. Probabilmente veniva da fuori” rispose, indicando con la testa in direzione della finestra.
    All’improvviso, con la coda dell’occhio intravvide qualcosa di rosso sul suo tavolo. “O mio Dio! Le sigarette!” gridò mentalmente, guardando la madre che si alzava e si avvicinava alla finestra aperta.
    Istintivamente urlò: “Mamma!”.
    La sig.ra Summers si fermò e si voltò verso la figlia.
    “Che c’è, tesoro?”.
    “Lascia la finestra aperta, ho caldo”, inventò la scusa sul momento.
    Nel frattempo Spike rimaneva immobile sotto le coperte. Il suo petto, nudo, era incollato alla coscia destra di Buffy, e le sue gambe intrecciate al resto della gamba di lei, il che piazzava il piede di lei in un posto veramente molto imbarazzante. Le teneva le braccia intorno alla vita, poggiandole la testa sullo stomaco nudo.
    “Non ti starà venendo qualcosa, vero?” chiese preoccupata la sig.ra Summers, ritornando vicino al letto e mettendo la mano sulla fronte di Buffy. “Sei un po’ calda …”.
    “Sto bene!” saltò su lei, nervosa. “S-sto bene” ripetè, un po’ meno ansiosa.
    “Sei sicura?”
    Buffy sentì che Spike si muoveva sotto le coperte, sfiorandole l’interno coscia con la mano nel tentativo di sistemarsi un po’ più comodo. Le ci volle tutto l’impegno possibile per evitare di ansimare, mente i muscoli del viso le si contorcevano per lo sforzo di reprimere la necessità di farlo. La sua mente sembrò per un attimo andare alla deriva. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era il fatto di avere un ragazzo seminudo nel letto, che si aggrappava alla sua gamba destra sotto le coperte.
    “Buffy?”
    Alla fine la voce della madre sembrò riuscire a penetrare nella nebbia che le ottenebrava il cervello.
    “Eh! Che c’è?” mormorò, riscuotendosi.
    “Sei sicura che non vuoi che ti porti qualcosa?” ripetè la sig.ra Summers.
    “Sono sicura, mamma. Sto bene”. L’ultima parola le venne fuori in falsetto, a causa della sensazione dell’alito caldo di lui sullo stomaco.
    Chiuse gli occhi per evitare che la madre la vedesse rovesciargli all’indietro.
    Sotto le coperte Spike tentava di sopprimere la vocetta che, nella sua testa, lo invitava a toccarla o magari a sfiorare con le labbra la distesa scoperta dello stomaco di lei, solo per una volta ... “Concentrati, concentrati …” continuava a ripetersi mentalmente, senza rendersi conto di aver iniziato ad ansimare.
    Buffy, accorgendosi che il respiro di Spike contro il suo ombelico era diventato più evidente, ringraziò gli dei, qualunque essi fossero, che la madre le avesse voltato la schiena. Tentò di reprimere l’istinto di muoversi di scatto, e finì con l’agitare le dita dei piedi.
    Spike spalancò gli occhi, sentendo qualcosa che rapidamente gli sfiorava l’inguine, e non poté trattenere un gemito.
    Buffy si bloccò, sentendo qualcosa di duro contro le dita dei piedi.
    La sig.ra Summers si fermò vicino alla porta e si voltò verso la figlia: “Che cos’era quello tesoro?”.
    “Ehm … Ho – ho detto: buonanotte mamma!” mentì Buffy.
    Con un sorriso la sig.ra Summers girò la maniglia, e aprì la porta. Prima di uscire dalla stanza bisbigliò:
    “Buonanotte, tesoro”.
    E con questo se ne andò.
    Buffy e Spike rimasero immobili finché non sentirono il suono metallico di un’altra porta che veniva aperta e richiusa. Il silenzio più totale riempiva la stanza, rotto solamente dal respiro veloce e affrettato della biondina.
    Trattenne il respiro, sentendo che lui emergeva da sotto le coperte, sfiorandola lievemente con un braccio.
    “Ci siamo andati vicino” bisbigliò lui, sedendosi accanto a lei, con le gambe ancora sotto le lenzuola.
    Lei lo fissò ad occhi sgranati, osando a malapena guardargli il torace nudo.
    “Stai bene, amore?” chiese infine lui.
    In quel momento accadde qualcosa di inaspettato. Per la verità, trattandosi di Buffy, non era affatto inaspettato. Lei tirò bruscamente le lenzuola, spingendolo fuori dal letto con una spallata e facendolo così cadere sul pavimento.
    “Hey!” protestò lui.
    “Rimani fuori dal mio letto!” sibilò lei a bassa voce, stando attenta a non svegliare di nuovo la madre.
    L’inglese rimase sul pavimento, a fissare ad occhi sgranati la bionda, che gli restituì lo sguardo sporgendo il mento in segno di sfida.
    La rabbia gli accese gli occhi mentre si alzava; afferrò un lembo delle coperte e gliele strappò di dosso, fregandole poi uno dei cuscini.
    “Le coperte le prendo io” disse, sdraiandosi sul pavimento a fianco al letto e tirandosi addosso le lenzuola mentre, contemporaneamente, posava la testa sul cuscino.
    Senza una parola lei si alzò e gli portò via le coperte, poggiandole sul letto.
    “Quelle sono mie, ti darò qualcos’altro” spiegò, accendendo la luce ed aprendo l’armadio.
    Vi guardò dentro per qualche secondo, poi afferrò qualcosa. Tornando da lui glielo lasciò cadere in grembo.
    “Ecco” brontolò, rimettendosi a letti e coprendosi.
    “Mi prendi in giro? Lenzuola di Scooby – Doo?” protestò a bassa voce l’inglese.
    “È tutto quello che ho. Mia madre tiene le coperte in una credenza, in corridoio” spiegò lei, chiudendo gli occhi e voltandogli le spalle.
    Lui prese le lenzuola malvolentieri. Quando le ebbe stese ansimò. Erano minuscole, gli arrivavano appena alla vita. Se voleva coprirsi le spalle era costretto a tenere i piedi al freddo, e viceversa.
    “Per l’inferno maledetto! Questa roba è fatta per un bambino!” si lamentò.
    “Che cosa ti aspettavi? Erano le mie lenzuola quando ero una bambina” brontolò lei, senza preoccuparsi di voltarsi.
    “Affanculo!” brontolò lui, coprendosi le gambe con il pezzetto di tessuto.
    Ci fu qualche secondo di silenzio fra loro, poi si sentì la voce di Spike che sussurrava:
    “Sei ancora sveglia, Betty?”
    “È BUFFY!” sibilò lei a denti stretti.
    “Scusa” disse lui, non particolarmente convinto.
    Silenzio.
    “Buffy...”, la chiamò di nuovo.
    “Che c’è?” brontolò lei.
    “Che facciamo domani?” chiese lui mentre, sdraiato sulla schiena con le mani sotto la nuca, fissava il soffitto.
    “In che senso?” replicò lei in tono seccato.
    “Tua madre, se entra ... non sarà un bello spettacolo”.
    “Ho messo la sveglia. Ci svegliamo prima di lei e aspettiamo finché non esce, dopodiché potremo andare e mettere fine a questo incubo. Per inciso, non metterai mai più piede in casa mia” brontolò lei, continuando a dagli le spalle.
    Alcuni minuti dopo ...
    “Buffy…”
    “Spike?” mormorò lei.
    “Si?”
    “Mettiti a dormire”
    “Non ci riesco. Non riesco a pensare ad altro che a farmi una cicca” mentì lui.
    “Pensa a qualcos’altro, perché *non* fumerai nella mia stanza.
    Silenzio ...
    “Amore?”
    “Che c’è?” sbuffò lei, voltandosi verso di lui. “Cosa vuoi stavolta?”. Si spostò sull’orlo del letto e lo guardò. Alla vista del suo torace nudo, illuminato dalla luna, non poté fare a meno di mordersi il labbro inferiore.
    “Che facciamo a scuola?” chiese lui, alzando lo sguardo su di lei.
    “Che facciamo a scuola?” sospirò lei, tentando di apparire il più possibile esasperata.
    “Sai ...”
    “È l’una del mattino Spike. Credimi, non so” brontolò lei, gettando uno sguardo alla sveglia.
    “La biblioteca ... il nostro accordo?”riuscì a dire lui senza mostrare il proprio disagio.
    Buffy sentì che tutto il suo corpo si tendeva al ricordo. Lo ignorò e replicò:
    “L’abbiamo già fatto, quindi ... non c’è bisogno di parlarne ancora”.
    Si sdraiò velocemente sulla schiena, con il viso rivolto verso il soffitto.
    “E dai. Lo sai che non funzionerà. Possiamo anche aver convinto il club dei secchioni, ma non certo il resto della scuola” protestò lui, voltandosi sul fianco e sorreggendosi la testa con la mano sinistra.
    Non ricevendo risposta la chiamò.
    “Sono qui” mormorò lei. “Sto pensando”.
    I minuti passarono, e Spike divenne impaziente.
    “Buffy? Hai finito di pensare?”
    “Va bene! Lo faremo. Domani. Durante l’intervallo per il pranzo. Adesso mettiti a dormire”.
    Buffy tentò di ignorare la spiacevole sensazione che le attanagliò lo stomaco e si risistemò per dormire. Ma il sonno non veniva. Continuò a girarsi e rivoltarsi nel letto, mentre una strana sensazione d’ansia l’attanagliava, rendendole difficile respirare, muoversi, pensare, fare qualunque cosa. Si spostò verso il bordo del materasso e guardò Spike, apparentemente profondamente addormentato. Ricominciò a rigirarsi nervosamente sotto le coperte finché non lo sentì mormorare, a bassa voce.
    “Qual è il problema, amore?” chiese lui, non appena si rese conto che non avrebbe potuto dormire se non avesse fatto in modo di farla smettere di agitarsi.
    “Niente” mentì rapida lei.
    “E allora perché ti stai girando e rigirando?”
    “Sto solo ... cercando di mettermi comoda” ribatté lei.
    “È un ora che cerchi di metterti comoda”.
    “È ... È solo che ... forse non è una buona idea” osò dire lei.
    “Cosa?”
    “Il ... piano ... e noi che ci baciamo” esitò lei.
    “Te la stai facendo sotto?” ridacchiò lui.
    “Certo che *no*!” si sedette sul letto e lo guardò, stringendosi addosso le lenzuola.
    “Te la stai facendo sotto” la provocò lui.
    “NO” insistè lei.
    “Che c’è amore? Hai paura che se mi baci poi non sarai capace di tenere le mani lontano dal mio corpo sodo?” continuò a sfotterla lui.
    “Eh! Come no!”. La rabbia che cresceva dentro di lei l’aiuto a superare il nervosismo che la pervadeva.
    “È così, vero? Hai paura di non riuscire a resistermi” continuò a provocarla lui.
    “Spike, potrei baciarti in ogni momento, in qualunque posto, se solo riuscissi a reprimere la voglia di vomitare che mi viene ogni volta che siamo a meno di mezzo metro di distanza” scattò lei. Ma il fatto di vederla che, nervosamente, tirava e torceva le lenzuola fece venir meno gran parte del veleno contenuto nelle sue aspre parole.
    Spike sorrise e si sedette sul pavimento.
    “Dimostralo” la sfidò a bassa voce.
    Buffy spalancò gli occhi, mentre lui si metteva in ginocchio e poggiava le mani sul materasso, ai lati del corpo di lei. Lo fissò; aveva un sogghigno arrogante sulle labbra e una scintilla di sfida negli occhi.
    “Ha!” riuscì ad uscire dalla trance in cui era caduta; “Bel tentativo! Non sono così facile!”; e con questo si appiccicò in viso un finto sorriso.
    “Credimi amore, non sto cercando di farmi baciare da te con l’inganno. Ho solo paura che domani tu ti irrigidisca come uno stoccafisso davanti a tutta la scuola” ribatté lui. *
    Buffy spalancò gli occhi e corrugò le sopracciglia, evidentemente offesa.
    “Avanti, passerotto. Devi ammettere che ogni volta che tento di toccarti o anche solo di avvicinarmi a te, tu ti irrigidisci”.
    “È colpa della voglia di vomitare. Te l’ho detto” si imbronciò lei.
    “Superala, se speri di imbrogliare qualcuno” scattò lui, un po’ offeso.
    Si guardarono l’un l’altro in silenzio per qualche secondo, finché Buffy non lo ruppe con un sospirone. Poi batté la mano sul materasso, invitandolo a sedersi.
    “Vieni qui” mormorò di malavoglia.
    “Perché?” brontolò lui.
    “Se non mi devo immobilizzare è meglio che mi abitui ad averti vicino” affermò lei.
    Lui si alzò, e si lasciò cadere sul letto con un sospiro seccato. Ancora una volta rimasero in silenzio finché Buffy non parlò:
    “Allora ... hai intenzione di startene lì? Toccami” ordinò.
    “Che cosa?!” si soffocò Spike.
    “Si suppone che io mi comporti in maniera naturale quando mi tocchi, quindi ...”
    Lui sogghignò lascivo, guardandola in maniera allusiva.
    “Non in *quel* senso!” lo bloccò immediatamente lei.
    Lui sollevò un angolo della bocca, dandole la versione cattiva del suo sogghigno, poi annuì. Passò lentamente le dita su una ciocca di capelli che le ricadeva sul viso, piazzandogliela gentilmente dietro l’orecchio. Quindi gliele passò sulla spalla, sulla clavicola, sul collo e sulla guancia. Spostò tutto il corpo più vicino a quello di lei, mentre con l’altra mano le tracciava dei cerchi sul braccio e sulla mano. La sentì tendersi quando le mise un braccio intorno alla vita, attirandola più vicina.
    “Vedi? È di questo che parlavo” si lamentò, lasciando cadere le braccia e sospirando forte.
    “Mi dispiace” disse lei imbronciata. “È solo che …”. Fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e continuò: “Ok. Mi sto concentrando. Riprova”.
    Dopo qualche secondo sentì che le girava intorno piazzandosi dietro di lei, con le gambe aperte ai lati delle sue. Le sfiorò i boccoli biondi con la mano, sistemandoglieli dietro la spalla sinistra, in modo da lasciare esposto il collo. Istintivamente Buffy piegò la testa, offrendogli la spalla destra. Sentì che la circondava con le braccia, tirandola verso il suo petto fino a farla appoggiare a lui. Le poggiò le mani sulla vita, giocherellando con l’orlo della sua maglia. Buffy non poté evitare di sorridere, ricordandosi che il giorno prima aveva fatto esattamente la stessa cosa. Ma il suo sogghignò crollò rapidamente quando sentì le labbra di lui che le sfioravano la spalla; si irrigidì. Sentendola tendersi, lui si fermò ed attese qualche secondo. Silenziosamente lei gli diede il permesso di continuare, e lui le posò nuovamente la bocca sulla carne morbida dell’incavo del collo.
    All’inizio il contatto era lieve e quasi impercettibile, ma ben presto crebbe d’intensità, mentre lui le succhiava la pelle e la mordicchiava, salendo verso il lobo dell’orecchio. Glielo prese in bocca, stringendola più forte intorno alla vita. Lei si lasciò cullare dalla sensazione e si rilassò, accarezzandogli le braccia nude. Un ansito le sfuggì dalle labbra semiaperte, e si appoggiò contro di lui in cerca di sostegno. Le labbra di lui le lasciarono l’orecchio per percorrerle la mascella; lei si voltò verso di lui e, all’improvviso, lui si tirò indietro.
    Le ci volle un secondo per rendersi conto che il contatto fra loro era cessato. Quando ci riuscì sbatté furiosamente le palpebre, cercando di metterlo a fuoco.
    “Che c’è?”, ansimò.
    “Ho sentito un rumore”.
    Rimasero in silenzio, in attesa che si ripetesse, ma non accadde. Si scambiarono un’occhiata veloce e tutto l’imbarazzo del momento cadde loro addosso. Buffy si passò freneticamente le mani nei capelli, cercando di trovare qualcosa da dire.
    “Bè ... I-io credo che ... abbiamo ... finito” riuscì a balbettare.
    “Si”. Spike si sforzò disperatamente di apparire calmo e noncurante ma, tutto ad un tratto, non sapeva più che fare delle proprie mani, perciò se le infilò nelle tasche posteriori dei jeans neri e, imbarazzato, saltò fuori dal letto.
    “Bè ... Allora buonanotte” balbettò lei, guardandolo mentre si sdraiava sul pavimento.
    Si titò le coperte sopra le spalle, strofinando il naso sul cuscino. Trattenne il respiro percependo un odore particolare sulle lenzuola – l’odore di lui. Ancora una volta riprese la propria lotta contro il sonno, ma stavolta non era l’unica. Sdraiato sul pavimento con le braccia e le gambe aperte, Spike fissava il soffitto, con la mente che vagava, incapace di addormentarsi.
    Si prospettava una lunga notte.

    *In originale Spike dice di aver paura che Buffy si comporti “all Al Gore”, riferendosi all’ex vicepresidente americano, notoriamente rigido come uno stoccafisso (o come un manico di scopa, se preferite).


    Capitolo 14
    Buffy guardò la sveglia e, leggendo “4.00”, represse un gemito. “Sono le quattro del mattino e sono ancora sveglia” pensò. Per la terza volta si spostò cautamente sul bordo del letto per controllare il suo ospite non invitato. “Profondamente addormentato. Bastardo!” imprecò mentalmente. Si schiarì rumorosamente la gola e guardò il ragazzo. Lui non si mosse.
    Spike tenne gli occhi chiusi, nella vaga speranza che gli venisse sonno, ma non successe. Era ancora completamente sveglio, mentre pensieri indecenti sulla fastidiosa bionda che dormiva a un metro da lui gli riempivano la mente. “Datti una calmata. A che cosa diavolo stai pensando? Certo, la ragazza non è male, ma non merita che tu ci perda il sonno” si rimproverò mentalmente, sentendo il proprio corpo reagire al ricordo di ciò che era accaduto prima. Sospirando si voltò su un fianco, assicurandosi di posare la schiena contro il muro gelido. Magari gli sarebbe servito a calmarsi.
    “Per l’inferno maledetto!” saltò a sedere, sentendo la puntura di qualcosa di metallico contro il fondoschiena.
    Guardando il pavimento trovò un telecomando e lo prese. Non ebbe il tempo di esaminarlo, perché le luci si accesero e Buffy, apparentemente assonnata, gemette:
    “Che cos’era quello?”. Si stava sforzando di far apparire la propria voce rauca e assonnata.
    Spike sbatté le palpebre un paio di volte, mentre gli occhi gli si abituavano alla luce forte che ora riempiva la stanza. Prima che potesse rispondere Buffy gli strappò dalle mani il telecomando e, ora completamente sveglia, saltò su:
    “Ecco dov’era” disse, posandolo sul comodino. “Lo stavo proprio cercando”.
    Pian piano il suono di un pianoforte riempì la stanza. I due biondi si voltarono, accorgendosi che lo stereo era illuminato.
    “Devo averlo acceso” spiegò Spike, mentre una morbida voce femminile cominciò a fluire in tono con lo strumento:

    Time is gonna take my mind [il tempo prenderà la mia mente]
    and carry it far away where I can fly [e la porterà lontano, dove posso volare]
    The depth of life [la profondità della vita]
    will dim [affievolirà]
    my temptation to live for you. [la mia tentazione di vivere per te]

    I due biondi si fissarono l’un l’altra per una frazione di secondo, poi Buffy fece un salto per prendere il telecomando.
    “No!” gridò Spike.
    Lei si fermò e si voltò verso di lui, trovandolo con un’espressione seria in viso.

    If I were to be alone [se dovessi stare da solo]
    silence would rock my tears [il silenzio cullerebbe le mie lacrime]
    'cause it's all about love [perchè tutto ciò che conta è l’amore]
    and I know better [e io so bene]
    How life is a waving feather [come la vita sia una piuma fluttuante]

    “La voglio sentire” disse lui.
    Buffy sollevò un sopracciglio perfetto.
    “Tu? La vuoi sentire?” chiese sospettosa, indicando lo stereo con il telecomando che teneva in mano.
    “Perchè no?” chiese innocentemente lui.
    “Mr. Cattivo – ragazzo – aspirante –Billy –Idol vuole sentire una canzone sdolcinata?” ridacchiò lei.
    “Io so essere sdolcinato. Ci sono molte sfumature in me, amore” spiegò lui.
    “Eh! Tonnellate! Cumuli di sfumature!” disse lei, scuotendo la testa sarcastica.
    “Cosa vorresti dire con questo?”
    “E dai, Spike! Sei un uomo! Hai delle sfumature solo quando vuoi convincere le ragazze che sei una persona sensibile” lo prese in giro lei, mentre la canzone in sottofondo cresceva di intensità.

    So I put my arms around you [metto le braccia intorno a te]
    Around you [intorno a te]
    And I know that I'll be leaving soon [e so che presto me ne andrò]

    Spike si accigliò, chiaramente ferito.
    “Sono solamente onesta” disse lei con un sorriso.
    “Ok, forse hai ragione” ammise alla fine lui, sogghignando.

    My eyes are on you, they're on you [i miei occhi sono su di te, sono su di te]
    And you see that I can't stop shaking [e come vedi non riesco a smettere di tremare]

    I due biondi si bloccarono, fissandosi intensamente, e rendendosi conto che stavano conversando civilmente anziché discutere o battibeccare come al solito. In sottofondo la musica continuava, e Buffy sentì un brivido correrle lungo la schiena. Scosse la testa e, quando il momento divenne troppo intenso, abbassò lo sguardo sulle lenzuola, evitando quello penetrante di lui. Se ne pentì nel momento in cui il testo della canzone cominciò a descrivere le sue azioni.

    No, I won't step back but I'll look down to hide from your eyes [non farò un passo indietro, ma abbasserò gli occhi per sottrarmi al tuo sguardo]
    'cause what I feel is so sweet and I'm scared that even my own breath [perché ciò che provo è così dolce che ho paura che il mio stesso respiro]
    Oh could burst it if it were a bubble [possa farlo esplodere come una bolla]
    And I'd better dream if I have to struggle [e preferisco sognare che lottare]

    Imbarazzata, Buffy si raddrizzò e cominciò a giocare con il telecomando che aveva in mano, mentre la fragile voce della cantante raggiungeva picchi ossessivi.

    So I put my arms around you around you [metto le mie braccia intorno a te, intorno a te]
    And I hope that I will do no wrong [e spero di non sbagliare]
    My eyes are on you they're on you [i miei occhi sono su di te, sono su di te]
    And I hope that you won't hurt me [e spero che non mi farai del male]

    “Allora…” esordì, non osando guardarlo. Si immobilizzò, rendendosi conto che lui si era alzato e si stava sedendo sul letto accanto a lei. Rimase ferma, trattenendo il respiro, mentre lui le prendeva una ciocca disordinata e, lentamente, gliela sistemava dietro l’orecchio.

    I'm dancing in the room as if I was in the woods with you [sto ballando nella stanza come se fossi nei boschi insieme a te]
    No need for anything but music [non ho bisogno di niente tranne che della musica]
    Music's the reason why I know time still exists [la musica è la ragione per cui so che il tempo ancora esiste]
    Time still exists [il tempo ancora esiste]
    Time still exists [il tempo ancora esiste]
    Time still exists [il tempo ancora esiste]

    Quando lui si chinò, qualcosa si ruppe dentro di lei. Saltò su e, in un lampo, era in piedi vicino al letto, dicendo con voce sovraeccitata e in falsetto:
    “Ok! Credo che per stanotte abbiamo fatto abbastanza pratica!”.
    L’inglese la fissò accigliato, finché non si rese conto di ciò che intendeva.
    “Bè, fa-faremmo meglio a dormire un po’ dato che domani dobbiamo andare a scuola e tutto il resto. E …”. Parlava velocemente, imbarazzata, mentre cercava il telecomando che, in qualche modo, le era scivolato dalle mani e si era smarrito tra le lenzuola. “Ah! Trovato!” disse trionfante, sollevandosi con in mano il prezioso oggetto.

    So I put my arms around you around you [metto le mie braccia intorno a te, intorno a te]
    And I hope that I will do no wrong [e spero di non sbagliare]
    My eyes are on you they're on you [i miei occhi sono su di te, sono su di te]
    And I hope that you won't hurt me [e spero che non mi farai del male]

    Quando premette il bottone sul telecomando il silenzio riempì nuovamente la stanza. Buffy posò il telecomando sul comodino e rimase in piedi vicino al letto, guardandolo con un sorriso finto stampato in faccia. Chiaramente imbarazzato Spike si alzò e se ne tornò al suo posto, sul pavimento.
    “Bè ... buonanotte” se ne uscì lei, infilandosi sotto le coperte, ma non ebbe risposta.
    Sentì come uno strappo al cuore, che batteva velocemente, ma lo ignorò, chiudendo gli occhi e costringendosi a dormire.
    Le ore passarono e ben presto arrivarono le sette; la sveglia suonò. Buffy sollevò uno mano e la spense. Sbadigliò rumorosamente, facendo finta di aver dormito tutta la notte, e si spostò verso il bordo del letto. Lui era là, sdraiato sul pavimento, raggomitolato su sé stesso e aggrappato al lenzuolo in maniera tale da coprirsi il più possibile.
    “Spike ...”. lo chiamò dolcemente, ma non ebbe risposta. “Spike …” bisbigliò di nuovo, stavolta spingendolo delicatamente.
    “Mmm..” Lo sentì che mormorava qualcosa, mentre le girava le spalle.
    “Spike ... Svegliati ... Mia mamma arriverà da un momento all’altro” disse, scendendo dal letto e sedendosi sul pavimento al suo fianco.
    Nel frattempo gli aveva posato una mano sul braccio, tirando per farlo voltare. Alla fine lui si voltò, ancora profondamente addormentato. Lei lo guardò mentre si raggomitolava contro le sue cosce. Sembrava così pacifico, così … non fastidioso.
    Istintivamente gli passò le dita sugli zigomi pronunciati, accarezzandogli la pelle morbida con il pollice. Trattenne il respiro mentre lui le strofinava il naso contro la mano, arricciando leggermente le labbra in un sorriso rilassato. Lo sentì mormorare qualcosa e si chinò, per sentirlo bisbigliare in tono assonnato:
    “Dru…”
    Sgranò gli occhi e sentì che lo stomaco le si contorceva per il disgusto. In un attimo si alzò in piedi e prese a scuoterlo sgarbatamente:
    “Svegliati!”
    “Eh ... Che c’è?”. L’inglese sbatté violentemente le palpebre, cercando di capire dove fosse. Alla vista della biondina che gli girava intorno si accigliò profondamente. “Oh Dio … Non era un incubo” brontolò con voce roca.
    “Alzati, ficcati sotto il letto e restaci finché non te lo dico io!” disse semplicemente lei, prima di aprire la porta ed uscire dalla stanza, lasciando dietro di sé un adolescente sconvolto e assonnato.

    Buffy corse su per le scale nel momento stesso in cui la porta d’ingresso si chiuse e lei fu certa che la madre era uscita. Quando raggiunse la propria camera si fermò di colpo. Dopo un paio di respiri profondi, girò la maniglia ed entrò nella stanza.
    “Spike?” chiese, non vedendo il ragazzo ossigenato da nessuna parte. “Spike?”
    Entrò nella stanza e si diresse verso il letto, chinandosi per guardarvi sotto. Niente.
    “Spik-“
    “Buh!”. Il suono di una voce riempì la stanza e, con un colpo secco, due mani la afferrarono per la vita.
    “AHH” gridò lei a pieni polmoni, voltandosi improvvisamente e colpendo esattamente il suo obiettivo con il ginocchio destro.
    Adesso era Spike che ululava – di dolore. Buffy si portò automaticamente la mano alla bocca, e sgranò gli occhi alla vista del ragazzo che si lamentava sdraiato sul pavimento tenendosi le mani fra le gambe.
    “M-mi dispiace” balbettò, immobile e profondamente accigliata.
    “Per l’inferno maledetto, donna!” gridò lui, ancora sdraiato sul pavimento e con il viso contorto dal dolore.
    “I-io” balbettò lei, inginocchiandosi di fianco a lui.
    Immediatamente lui si tirò indietro, spaventato.
    “Stai lontana da loro” le ordinò, tra un ululato e l’altro.
    “Bene ...” disse lei offesa, rialzandosi, “Tu – tu non mi avresti dovuta afferrare in quel modo”.
    “Era uno scherzo” protestò lui, cercando senza successo di alzarsi in piedi. “Penso che rimarrò sdraiato qui … per un po’” disse, sedendosi nuovamente e appoggiandosi al tavolo.
    “Accomodati. Vado a fare una doccia” replicò lei, precipitandosi fuori dalla stanza.

    Spike aspettava pazientemente sul pavimento, ancora impegnato a prendersi cura delle sue parti dolenti, quando sentì lo scricchiolio di una porta. Si voltò, e vide la testa fradicia di Buffy fare capolino.
    “Voltati” ordinò lei.
    “Cosa?! Riesco a malapena a muovermi, amore, e tu vuoi che mi volti?” chiese lui, sollevando un sopracciglio.
    “Bè allora ... Chiudi gli occhi” insisté lei.
    “Guarda che non è che io non abbia mai visto una ragazza avvolta in un asciugamano” disse lui sarcastico, sogghignando irritante.
    “Vuoi che ti dia un altro calcio?” chiese innocentemente lei, con il suo sorriso più dolce.
    Un’ombra di paura passò negli occhi del ragazzo, prima che li chiudesse. Sentì un rumore di piedi bagnati ed un lieve aroma di vaniglia. Istintivamente inspirò più a fondo, mentre il profumo lo circondava. Era sul punto di tentare di aprire gli occhi quando la sentì minacciare:
    “Apri gli occhi e ti giuro che lascerai questa stanza con un tono di voce più acuto di 10 Michael Jackson messi insieme”.
    Deglutendo a fatica mantenne le palpebre serrate, attendendo con pazienza un segnale da parte sua. Ascoltò attentamente i vari tramestii, il suono della porta dell’armadio che si apriva e si chiudeva un paio di volte, e poi … silenzio.
    “Buffy?” chiese accigliato.
    “Tieni gli occhi chiusi” ordinò lei.
    “Sono chiusi!” replicò lui, stringendosi nelle spalle.
    Sentì degli altri rumori, poi delle pesanti coperte che gli venivano gettate addosso.
    “Hey!” protestò.
    “Non sbirciare!”
    I minuti passavano senza che succedesse nulla.
    Alla fine chiese: “Sei pronta?”.
    “No.”
    “Non hai neanche scelto cosa metterti, vero?” chiese con una punta di esasperazione nella voce. Ci fu una pausa. “Buffy?”
    “No” disse alla fine lei. Lui gemette sotto le coperte.
    “Ti vuoi sbrigare, donna?”.
    “Smettila di chiamarmi così!” scattò lei.
    “Come? Donna?”.
    “Si! Ho un nome: Buffy!”.
    “Come ti pare, passerotto”.
    La sentì ringhiare.
    Passarono altri 10 minuti, poi Spike riprese la conversazione.
    “Allora ... Tutta quella storia con tua madre?”
    Silenzio.
    “Buffy?”.
    “Non ne voglio parlare” ringhiò lei.
    “Il suo primo appuntamento dopo tuo padre?”. Non ricevendo risposta continuò: “È normale che ti sembri un po’ strano”.
    Silenzio, a parte il rumore di lei che si muoveva furiosa.
    “Anche per me è stato un po’ strano quando mio padre ha ripreso ad uscire”.
    Spike stava per continuare quando Buffy mormorò:
    “I tuoi sono divorziati?”.
    “Mia madre è morta quando ero bambino”.
    “Oh…”
    Il silenzio ricominciò, spiacevole, ma fu ben presto interrotto dall’inglese, ancora nascosto sotto le coperte.
    “È normale, sai? Che tua madre voglia andare avanti con la sua vita”.
    “Lo so” ammise Buffy riluttante.
    “Ti ci abituerai. Chi lo sa, magari lui ti potrebbe piacere”
    “Mai!” rispose immediatamente la biondina.
    Spike non poté trattenere una risatina.
    “Non è divertente!” protestò lei imbronciata.
    “Tu ...” tossì. “Tu ...” tossì. “Posso uscire da qui? Respirare sta diventando un problema”.
    Per tutta risposta lei sollevò velocemente le coperte. Lui sbatté le palpebre mentre gli occhi gli si abituavano alla luce e, dopo qualche secondo, guardò la biondina che stava in piedi di fronte a lui. Indossava un paio di jeans a vita bassa e una maglia azzurra con il collo alto.
    “Ti ci è voluto tutto questo tempo per vestirti così”? si accigliò lui, alzandosi.
    “Cos’ho che non va?” protestò lei, aprendo l’anta dell’armadio e guardandosi allo specchio.
    “Niente. Va bene!”. Con un salto si mise fra lei e lo specchio. “Andiamo!” continuò, trascinandola per un braccio fuori dalla stanza.
    La prima cosa che fece l’inglese non appena uscito dalla casa fu accendersi una sigaretta, cosa che gli procurò immediatamente un’occhiataccia da parte della biondina che camminava al suo fianco.
    “Non guardarmi in quel modo” la avvertì, soffiando via il fumo dalla bocca.
    “È disgustoso” ribatté lei, facendo una smorfia. “Non ti bacerò.”
    “Ah! Sapevo che te la saresti fatta sotto! Devo dire ... bella scusa, amore”.
    “Nono è una scusa, semplicemente non mi voglio trovare con un saporaccio in bocca” spiegò lei, guardandosi i piedi.
    “Come fai a sapere che ha un cattivo sapore?” chiese lui, guardandola con un sogghigno.
    “Ha un pessimo odore, ha un pessimo sapore. È il mio motto” replicò lei chiudendo le labbra. L’intensità del suo sguardo cominciava a darle sui nervi.
    “Non lo saprai finché non l’avrai provato” disse lui, passandosi allusivamente la lingua sulle labbra.
    “L’ho già fatto, ricordatelo!” disse lei con un’espressione disgustata.
    “Sai che ti dico? Comprerò un pacchetto di mentine prima di pranzo. Sei contenta?” suggerì lui, mentre continuavano a camminare.
    “E se invece rimandassimo la scena del bacio a domani e tu non fumassi fino ad allora?” disse lei, guardandolo speranzosa.
    “Bel tentativo, passerotto. Oggi o mai più”
    “Ehm ... Mai più?” scelse rapida lei, con un finto sorriso.
    “E dai, amore. Ne abbiamo parlato ...”
    “Va bene, va bene. Non c’è bisogno che tiri fuori la tua capacità di lamentarti, so che ce l’hai”, brontolò lei.
    “Ecco la mia ragazza”
    “Non sono la tua ragazza, William”
    “Non chiamarmi William” disse lui, improvvisamente serio.
    “Non chiamarmi passerotto o amore o donna”
    “Va bene” acconsentì lui.
    Continuarono a camminare in silenzio per un paio di minuti, finche Buffy sospirò e brontolò:
    “Perché non ti sei portato la bicicletta?”
    “È al negozio” rispose lui.
    “Odio camminare” protestò ancora lei, mentre la scuola appariva all’orizzonte.
    “Devo dire che su questo sono d’accordo con te, passerotto”
    “Grazie ... William” disse lei con un falso sorriso, mentre lui la guardava accigliato.
    Salirono i gradini che portavano alla porta principale dell’edificio ed entrarono in corridoio. Raggiunsero l’aula 209 e si fermarono.
    “Eccomi qui” disse lei, giocando con la copertina del libro di storia.
    Spike annuì imbarazzato, ficcandosi le mani nelle tasche posteriori dei jeans. Buffy esaminò con lo sguardo il muro e tutto il corridoio, tentando di evitare di guardare il ragazzo ossigenato di fronte a lei. Si bloccò vedendo Angel che veniva verso di loro insieme a Dru, tenendole un braccio intorno alle spalle. Spike seguì il suo sguardo e deglutì rumorosamente, mentre la coppia si avvicinava rapidamente.
    “Bè ... ciao” balbettò rapidamente lei; era sul spunto di voltarsi per entrare in classe quando si sentì tirare per il braccio sinistro.
    Prima che potesse rendersi conto che Spike l’aveva abbracciata e che le stava premendo il torace contro il petto, le labbra di lui premettero sulle sue per un bacio esigente. Si immobilizzò, sentendo che per una frazione di secondo le infilava le mani sotto la maglia per accarezzarle il fondoschiena, poi lui si ritrasse.
    “Non aveva poi un sapore così cattivo, vero amore?” le bisbigliò all’orecchio, prima di allontanarsi.
    Buffy rimase là, completamente stravolta, a fissare il ragazzo che se ne andava, passando a fianco di Angel e Dru.
    “Dru. Angel”. Sentì che li salutava, prima che la voce acuta della sig.ra Finch penetrasse nella nebbia che l’avvolgeva:
    “Signorina Summers, pensa di raggiungerci prima o poi?”

    Buffy sbadigliò mentre usciva dall’aula con Oz e Willow.
    “Buffy sapevo che non ti piace spagnolo ma non credevo che ti annoiasse così tanto” notò la rossa mentre percorrevano il corridoio.
    “Non sono riuscita a dormire molto stanotte. Tutto qui” spiegò Buffy a bassa voce.
    “Sei rimasta a rimuginare sul fatto che tua madre aveva un appuntamento, eh?” disse Willow, guardando con comprensione la sua migliore amica.
    “Mi ci sto abituando” mormorò Buffy.
    “Hey ragazzi!”. Sentirono la voce rimbombante di Xander mentre lui si avvicinava.
    “Xander non c’è bisogno che gridi” brontolò Cordelia mentre andavano in mensa; Buffy all’improvviso si fermò.
    “Che succede Buffy?” chiese Xander.
    “I-io non credo di aver appetito” balbettò imbarazzata.
    “Non ti sarai data ad una di quelle stupide diete tipo “non mangio niente e mi prendo l’anemia”?” chiese il ragazzo.
    “No. Voi andate ragazzi, i-io vi raggiungo più tardi.
    “Buffy, dovresti ...”
    Prima che Willow potesse dire qualcos’altro Buffy si era voltata e stava percorrendo rigida il corridoio. Willow e Xander si scambiarono uno sguardo preoccupato.
    “Che cosa le succede?”
    “È la madre” cominciò a spiegare Willow mentre entravano in mensa. “Sp-Spike!”. La rossa fece un salto quando l’ossigenato apparve dal nulla davanti a loro.
    “Hey rossa. Dov’è Buffy?”
    “Non si sentiva bene. Non voleva ...”. Non riuscì a finire la propria frase, perché l’inglese si voltò e se ne andò. Si imbronciò immediatamente . “Perché tutti scappano via da me?”
    “Io non lo farò” buttò lì Oz, passandole un braccio intorno alla vita.

    Buffy camminava sovra pensiero lungo il corridoio, dirigendosi verso il campo da football, quando qualcuno la prese per un braccio e la trascinò in un’aula vuota.
    “Spike” saltò su lei vedendolo, poi chiese nervosa: “Che ci fai qui?”
    “Non te la caverai così facilmente” disse lui, piegando la testa da un lato e appoggiandosi alla porta in maniera tale da bloccarle l’uscita.
    “Di ch-che cosa stai parlando?” balbettò lei.
    “Buffy…”
    “Bè ... Ci siamo già baciati, quindi ... non c’è più bisogno che lo facciamo davanti a tutta la scuola” si lasciò sfuggire lei.
    Lui rimase in silenzio guardandola con aria di disapprovazione, mentre lei cercava di giustificarsi.
    “Vo-voglio dire, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, giusto? Ci siamo baciati e la gente sa che ci siamo baciati. Siamo ufficialmente considerati una coppia che si bacia. Obiettivo raggiunto. Non c’è bisogno di baciarsi ancora. Basta parlare di baci” finì la propria tirata lei, sospirando e attendendo la sua reazione.
    Senza una parola lui le si avvicinò, lei istintivamente arretrò fino ad urtare contro un banco. Lui eliminò ogni distanza fra loro e, torreggiando su di lei, le chiese a bassa voce, sogghignando:
    “Com’è che il pensiero di baciarmi ti rende così nervosa?”
    Lei rimase immobile per un attimo, poi fece un salto e imbarazzata si allontanò da lui mettendo il banco fra di loro.
    “Nervosa? Non sono nervosa”. Cercava di sembrare il più possibile sicura di se ma non ci riuscì, e la voce le venne fuori stridula.
    “Ammettilo” disse semplicemente lui, chinandosi sul banco.
    Buffy fece immediatamente un passo indietro.
    “Ammettere cosa?”
    “Che dai in smanie per me, passerotto. È del tutto normale”
    “Ah ha! Divertente!” ridacchiò lei, ma il disagio nella sua voce era evidente.
    Spike rimase immobile, limitandosi a sogghignare.
    “Smettila!” protestò lei.
    “Smettila di fare cosa?”
    “Di ghignare. È sconcertante”
    “Che parolona!” la prese in girò lui, sgranando gli occhi.
    Lei strinse gli occhi, si raddrizzò e incrociò le braccia davanti al petto.
    “Cosa vuoi?” brontolò.
    “Perché hai paura di baciarmi?” le chiese lui serio.
    “Non ho paura, mi fa schifo” ribatté lei.
    “E dai Buffy ...” sospirò lui, lasciandosi cadere su un banco.
    “E va bene, facciamolo” disse lei, attraversando la stanza e sedendosi sul banco opposto, con gli occhi e la bocca ben chiusi.
    Aspettò, ma non successe nulla. Alla fine aprì l’occhio sinistro e vide che Spike scuoteva la testa.
    “Che c’è?” chiese, stringendosi nelle spalle.
    Lui la indicò “Tu …”, poi indicò se stesso, “Bacerai me”.


    Capitolo 15
    In risposta alla sua concisa affermazione Buffy spalancò gli occhi.
    Dondolando le gambe esclamò: “Che cosa?!”.
    “Mi hai sentito, Summers” le sorrise arrogante lui, sollevando il sopracciglio sfregiato.
    Sul punto di protestare lei aprì e chiuse la bocca un paio di volte, accigliandosi, poi si rese conto che era inutile.
    “Va bene. Facciamola finita”. Sospirando saltò giù dal banco e si avvicinò a lui.
    “È così bello sentirsi desiderati” disse lui sarcastico, procurandosi così un sorriso forzato da parte della bionda che ora stava in piedi di fronte a lui.
    Fra i due vi fu un momento di silenzio, durante il quale Buffy prese un respiro profondo, chiuse gli occhi e, dopo un attimo, li riaprì. Si chinò lentamente verso il ragazzo ossigenato, ancora seduto su uno dei banchi, poi indietreggiò all’improvviso.
    “Che c’è?!” ansimò il ragazzo, accigliato, guardandola camminare in cerchio.
    “Non sono ancora riuscita a superare il fattore “bleah” mormorò lei, fermandoglisi di fronte.
    Lui si limitò a guardarla con un’espressione seccata.
    “Prenditi tutto il tempo che vuoi, Betty” brontolò, mettendo l’accento sull’ultima parola.
    Lei gli fu davanti in un lampo, con le guance rosse e gli occhi verdi lampeggianti di rabbia.
    “Buffy! Quante volte te lo devo dire? Buffy, Buffy, Buffy!”. Stava quasi gridando. “Dio! Non so proprio perchè lo sto facendo”. Cominciò una tirata, agitando le mani in aria. “Non credo che ne valga la pena per vedere Angel che mi striscia davanti. Sei così … così …” si sforzò di trovare la parola giusta.
    “Sexy?” tentò lui sogghignando.
    “Grrr...” ringhiò lei. “Ti odio” disse a denti stretti.
    “Anch’io” rispose Spike con un sorriso forzato.
    Ancora una volta lei sospirò forte, alle prese con i propri capelli, scostandoseli dal viso per arricciarli dietro le orecchie. Si sciolse le braccia come in preparazione di una corsa. Spike si limitò a sorridere. Lei chiuse di nuovo gli occhi ed inspirò a fondo, cercando di calmarsi. Dopo qualche momento di silenzio ci riuscì. Aprì gli occhi e lo guardò per un attimo, poi si passò rapidamente la lingua sulle labbra per inumidirle e si chinò verso di lui. Mentre piegava la testa di lato e chiudeva gli occhi sentiva il cuore sbatterle con violenza contro la gabbia toracica, le ginocchia sul punto di cedere e i palmi delle mani fradici di sudore. In un primo, innocente, contatto gli sfiorò appena il labbro inferiore. Si tirò leggermente indietro per respirare, poi riprese la sua opera. Questa volta dischiuse la bocca, afferrandogli il labbro inferiore tra le labbra e tirando leggermente, mentre il bacio cresceva in intensità.
    Mentre lei lo baciava lui rimase immobile, con le braccia lungo i fianchi, a sostenere, almeno in parte, il suo peso sul banco. Quando lei gli succhiò il labbro inferiore, come se volesse divorarlo, emise un gemito e, istintivamente, la circondò con le braccia tirandola bruscamente verso di se, finché lei non si ritrovò fra le sue gambe, con le braccia schiacciate contro il suo torace. Lentamente spostò la mano sinistra dalla schiena alla nuca di lei, tenendola in maniera tale da approfondire il bacio.
    Il cuore di Buffy perse un battito sentendo la lingua di lui che le sfiorava la bocca, come per chiederle il permesso di entrarvi. Prima ancora di rendersene conto dischiuse le labbra, lasciandolo fare. Il bacio divenne più intenso, e le sfuggì un gemito.
    Cominciarono ad usare i denti, e le mani, tirandosi i vestiti a vicenda. Buffy gli infilò le dita nel colletto della maglia, attirandolo più vicino mentre gli si appoggiava. La loro lotta continuò e l’aula vuota in cui si trovavano si riempì di gemiti leggeri. Alla fine la mancanza d’ossigeno divenne un problema e Spike fu costretto a tirarsi indietro. La guardò con gli occhi annebbiati, poggiando la fronte contro quella di lei e cercando di parlare in maniera coerente:
    “Pensi di aver …” – ansito – “ … superato …” – ansito – “il fattore “bleah”?” riuscì a chiederle, guardandole alternativamente gli occhi e le labbra rigonfie.
    “Non sono sicura ...”. Inspirò a fondo, chiudendo gli occhi e cercando di controllare il respiro, prima di balbettare: “Meglio assicurarsene”.
    “Sempre meglio che avere rimpianti ...”
    Buffy annuì, mentre lui le passava una mano dietro l’orecchio per attirarla a se per un altro bacio.
    Ebbe appena il tempo di un respiro prima che lui le premesse nuovamente le labbra con le proprie, facendole scivolare la lingua in bocca con voracità. Le fece scivolare le mani lungo le cosce, poi si alzò afferrandola sotto le ginocchia; lei, istintivamente, gli avvolse le gambe intorno alla vita.
    Buffy era talmente presa che non si accorse nemmeno che la stava portando da un lato all’altro dell’aula, per poi poggiarla su una superficie dura. Aprì appena gli occhi per dare un occhiata in basso, e si rese conto di essere seduta sulla cattedra, con Spike in piedi tra le sue gambe. Si lasciò sfuggire un gemito, mentre lui le mordicchiava la mascella, in quel punto sensibile che si trova appena sotto il lobo dell’orecchio.
    Spike inspirò a fondo, affondando per un attimo il naso nel collo della maglia di lei, mentre il suo profumo lo avvolgeva. Il rumore degli ansiti di lei gli faceva venire i brividi lungo la schiena. Rafforzò la presa sulle sue cosce, accarezzandole con la lingua la pelle morbida del collo.
    All’improvviso un suono acuto riuscì a penetrare le loro menti annebbiate.
    “Che co...” cercò di chiedere Buffy, ma sembrava impossibile.
    “Mm ...”. Lo sentì gemere mentre le percorreva il mento con la bocca, cercandole nuovamente le labbra.
    “Sp...”. lui la baciò di nuovo, impedendole di finire la parola. “Spike …” ansimò lei quando ne ebbe la possibilità. “Il …” – bacio – “Ehm…” – bacio – “Il … ah …”. Si arrese ed approfondì il bacio.
    Ancora una volta la stanza si riempì del rumore dei loro gemiti ed ansiti, e loro furono invasi da una passione accecante finché, all’improvviso, il silenzio fu rotto da un suono di voci che chiacchieravano a voce alta. Il rumore continuò per qualche secondo, poi cessò completamente. Buffy aprì gli occhi per una frazione di secondo, sgranandoli alla vista della porta spalancata e di un gruppo di adolescenti sconvolti sulla soglia. Le ci volle un bel po’ per riconoscerli ma alla fine ci riuscì. Il ragazzo basso con la mano sulla maniglia era Jonathan, quello a fianco Andrew. La ragazza ancora troppo scioccata per chiudere la bocca era Harmony e la figura nerovestita dietro di lei? Chi altro poteva essere se non … Dru!
    Buffy rimase immobile, con gli occhi sgranati, a fissare a sua volta il gruppetto che si era radunato vicino alla porta. Era troppo sconvolta per rendersi conto che un certo ossigenato le stava ancora mordicchiando l’orecchio.
    “Spike!” lo chiamò, tirandogli lo spolverino.
    Non ci fu risposta, a parte un gemito.
    Si sentì la voce di Angel che si faceva strada tra la folla: “Ragazzi, perché ve ne state lì come un mucchio di idioti? Dru, tesoro, che cosa …” alla vista dello scena cui stavano assistendo gli altri si interruppe a metà della frase.
    “Spike!!” gridò Buffy, spingendolo via con una tale forza che l’inglese barcollò e non cadde a terra solo grazie alla presenza di un banco alle sue spalle.
    “Che c’è?” chiese lui con voce roca.
    Buffy non ebbe bisogno di rispondere alla domanda, perché voltandosi vide il gruppo di adolescenti fermo sulla porta.
    “Oh...” riuscì a dire, spostando il proprio sguardo sulla bionda che, arrossita, era ancora seduta sulla cattedra.
    “Io ... Noi ... Io e ... Io” Buffy si sforzò di trovare una scpiegazione della scena. “Io ...” tentò ancora una volta, senza successo.
    Il suo cuore accelerò i battiti mentre tutti la fissavano. Si sentiva sporca, alla berlina. Oh Dio, si sentiva … Doveva andarsene. In un lampo saltò giù dalla cattedra e corse via, facendosi strada fra i ragazzi e sforzandosi di ignorare i loro sguardi.
    Spike rimase solo, al centro dell’attenzione. In silenzio si raddrizzò, si infilò le mani in tasca e si apprestò ad uscire dalla stanza quando si sentì afferrare il per il braccio. Si voltò e vide il quarterback che lo fissava piuttosto incavolato. Angel stava per dire qualcosa quando Dru gli si appoggiò e gli bisbigliò qualcosa all’orecchio. Il bruno rimase fermo per qualche secondo, valutando il da farsi.
    “Hai qualcosa da dire amico?” chiese Spike a denti stretti.
    Senza una parola Angel gli lasciò andare il braccio e l’inglese se ne andò mentre la piccola folla cominciava a disperdersi.

    “Buffy!” gridò, vedendola che correva lungo il corridoio.
    Per tutta risposta lei aumentò la propria velocità, aprì il portone e uscì dall’edificio.
    “Buffy fermati! Buffy!” le gridò dietro lui.
    Lei non rispose e continuò la propria corsa.
    “Buffy! Dobbiamo ... parlare!”. Stava quasi per raggiungerla quando cominciò a tossire. Lei si fermò di colpo e si voltò verso di lui con uno sguardo omicida.
    “Che c’è?!” scattò, rimanendo a guardare l’ossigenato che si piegava con le mani sulle ginocchia, ansante.
    “Io ...” tossì. “Perché stai scappando?”
    “Perchè?!” gridò lei. “Li hai visti in faccia? Li hai visti?”
    “Si! Credevo fosse quello il punto!” disse lui tra un ansito e l’altro, raddrizzandosi e premendosi una mano sullo stomaco.
    “Il punto?”. Lei stava praticamente gridando.
    “Si! Far credere loro che stiamo assieme”
    “E che io sono una specie di sgualdrina perversa a cui piace farlo sulla cattedra” urlò lei.
    “E dai. Non penseranno ...”
    Lei lo interruppe:
    “Certo che lo penseranno!” ululò, “Voglio dire ... c’erano tutti! Ormai lo saprà tutta la scuola!”
    “Stai esagerando, amore. C’era giusto una mezza dozzina di ragazzi”
    “Una mezza dozzina? Hai visto chi c’era? C’era un rappresentante per ogni gruppetto della scuola. i secchioni, quelli alla moda, le cheerleader senza testa … Dio, c’era anche Dru, in rappresentanza degli stramboni sempre vestiti di nero. Ma era questo che volevi, non è vero?”
    “Che cosa?!” chiese lui, confuso, mentre la bionda continuava a gridare a pieni polmoni.
    “Probabilmente avevi progettato tutto. Dio! Come ho potuto essere così stupida?”. Ansimò lei, portandosi una mano alla fronte. “Avevi progettato tutto! Oh Dio! Ti odio talmente tanto, io ...”
    Spike decise di inserirsi nel discorso. “Prima di tutto … vuoi smetterla di gridare per un maledetto secondo, donna? Credo che tu mi abbia appena perforato un timpano” protestò, facendo una smorfia e infilandosi l’indice nell’orecchio. “Secondo, come diavolo avrei fatto a progettare tutto? Non sapevo neanche che non avresti mangiato in mensa” precisò. Ma lei era così arrabbiata da non riuscire a vedere la realtà.
    “L’hai fatto, lo so. Ammettilo, così non dovrò ucciderti; mi limiterò a ferirti quel tanto che basta da lasciarti paralizzato dal collo in giù” lo minacciò, con gli occhi fiammeggianti.
    “Buffy, ascolta quello che stai dicendo. Non avrei mai potuto farlo. Anche se fossi *così* stronzo, non ne sarei stato in grado” tentò di spiegare lui, mentre lei si voltava e cominciava ad allontanarsi. “Buffy …” disse, andandole dietro; lei si fermò di nuovo.
    “Non avvicinarti mai più a me” sibilò a denti stretti, poi se ne andò.

    Buffy entrò in casa e, senza una parola, corse su per le scale ed entrò nella sua stanza. Si sbattè la porta alla spalle e si lanciò sul letto. Dopo pochi secondi sentì un bussare leggero alla porta.
    “Tesoro ...?”. La sig.ra Summers entrò nella stanza. “Tutto bene? Cosa fai a casa così presto?” chiese, avvicinandosi al letto e accorgendosi che la figlia stava piangendo. “Oh tesoro, cosa è successo? Buffy …”
    “Tutto a posto, mamma. Non mi sentivo molto bene, quindi sono tornata a casa” rispose rapidamente Buffy, tirandosi su a sedere e asciugandosi rabbiosamente le lacrime.
    La sig.ra Summers la guardò accigliata.
    “Davvero, sto bene. Solo che ho un mal di testa terribile” mentì Buffy, in maniera abbastanza convincente.
    “Sapevo che ti stavi prendendo qualcosa”. Sospirando la donna posò la mano sulla fronte della figlia. “Sei un po’ calda”.
    “Sto bene, mamma. Sto bene” insisté la ragazza, passandosi le mani sul viso e rimettendosi dietro le orecchie le ciocche ribelli mentre si appoggiava alla testiera del letto.
    “Sei sicura? Non vorrei che ti prendessi qualcosa”
    Buffy annuì, sorridendo debolmente, e la Sig.ra Summers si alzò e si avviò alla porta.
    “Bene, ti porto un’aspirina e delle vitamine, giusto per stare tranquilli. Vuoi della cioccolata calda?” le offrì, stando sulla soglia.
    “Sarebbe fantastico, mamma”.
    Nel momento stesso in cui la porta si richiuse Buffy sbattè la testa sulla testiera del letto e sospirò forte. Si passò le dita fra i capelli, ricordando cosa era successo appena mezz’ora prima. Dio come ho potuto essere così stupida! Stupida, stupida, stupida! Adesso tutti a scuola penseranno che sono una sgualdrina che lo fa sulla cattedra. Con un gemito chiuse gli occhi, cercando di cancellare il pensiero dalla sua mente. Continuò ad insultarsi mentalmente: Stupida, stupida, stupida!
    “È tutta colpa *sua*!” disse alla fine, a denti stretti. “Dio, lo odio così tanto! Lo ucciderò, quell’ idiota ossigenato. Lo uccido, lo uccido, lo uccido …” continuò, mente la rabbia dentro di lei cresceva. “Tu bacerai me” disse, sfottendolo. “Te lo do io “tu bacerai me”. Grrr ...”.
    Si lasciò scivolare sul letto e si rannicchiò in posizione fetale, fissando fuori dalla finestra. Ben presto sentì il cigolio di una porta che si apriva seguito da un suono di passi leggeri.
    “Grazie mamma” cominciò Buffy, voltandosi. “Non so … Spike!” esclamò, alla vista del ragazzo ossigenato, in piedi vicino al letto e con un vassoio in mano. “Vattene!” sibilò immediatamente.
    “Ora, amore, non vorresti ...”
    “Non voglio ascoltarti. Poggia quel vassoio e vattene!” alzò appena la voce lei.
    Lui eseguì la prima parte di ciò che gli era stato detto, poggiando il vassoio sul comodino, ma ignorò il resto.
    “Sei duro d’orecchio?”
    “Non me ne andrò finchè non mi avrai detto perchè ti stai comportando così” replicò lui, con una voce bassa e calma che le diede sui nervi.
    “Perchè ... Io ... Ehm ...”. Lei lottò alla ricerca di una spiegazione, poi sibilò: “Perchè tutta la scuola pensa che io sia una facile, ed è tutta colpa tua”.
    “Colpa mia? Come fa ad essere colpa mia?” chiese lui, sulla difensiva.
    “Sei tu la causa. Tu e il tuo stupido discoso “tu bacerai me”. L’ultima frase la pronunciò in falsetto ed in maniera lamentosa.
    “Nessuno ti ha costretto a fare qualcosa, amore. Anzi, per quanto mi posso ricordare mi sei sembrata più che volonterosa” replicò lui prendendola in giro, ma smettendo ben presto di sogghignare alla visto della rabbia che si sprigionava nei suoi occhi verdi. “Senti, ci hanno visto cuccare, non è che il mondo stia per finire”.
    “Proprio non ci arrivi, vero? La gente …”
    “La gente cosa?” la interruppe lui. “Non stavamo facendo niente di male!” sospirò.
    Buffy rimase tranquilla, cercando una ragione per la propria rabbia, senza trovarne. Aveva ragione; non c’era niente di male in quello che avevano fatto. Certo era un tantino sfacciato, e allora? Erano adolescenti, era normale che facessero cose stupide.
    “Amore, adesso calmati e ...”
    “Non chiamarmi così” lo avvertì lei.
    “Mi dispiace” si scusò sinceramente lui.
    Si scambiarono uno sguardo accondiscendente in silenzio. Alla fine fu Buffy a parlare:
    “Hai visto la faccia di Angel?” disse, con un mezzo sogghigno.
    “Già, sembrava che stesse per venirgli un colpo” replicò Spike ghignando a sua volta, mentre il sorriso di Buffy si allargava.
    “Non sapevo che una persona potesse diventare tanto verde” ridacchiò lei, iniziando a rilassarsi.
    “Hai visto Dru? Sembrava che stesse per scoppiare d’invidia” rise forte lui.
    Qualcosa nel modo in cui lo disse, forse lo scintillio dei suoi occhi mentre ne pronunciava il nome, rese l’argomento molto meno divertente agli occhi di lei. Ignorando il senso di nausea alla bocca dello stomaco, disse a bassa voce:
    “Pare che il piano stia funzionando, eh?”
    Il sorriso di Spike sembrò affievolirsi a questa domanda: “Pare di si”.
    “Chi avrebbe pensato che ci sarebbero cascati?”
    “Già ...”. La tensione fra i due cresceva.
    “Bene ... suppongo che riavrai Dru in un battibaleno”
    “Già”. Lui fece una pausa e deglutì a fatica, poi si sforzò di dire: “E tu riavrai Angel”.
    “Come schiavo personale” disse lei in tono canzonatorio. “Lasciamo che vengano i bei tempi”.
    Spike si limitò a sorridere, ficcandosi le mani intasca. Dopo qualche attimo di silenzio si decise a parlare:
    “Hum… Summers?”
    Buffy lo guardò, lui alzò lo sguardo dal pavimento per incontrare quello di lei.
    “Sei ancora ...”. Si fermò, in attesa di una risposta, ma era chiaro che lei non aveva capito la domanda. “Sei ancora … innamorata di lui?”
    Buffy corrugò la fronte e piegò la testa di lato, ma non rispose.
    “Ehm ... Mi dispiace. Non dovrei chiedertelo, anzi dovrei andarmene”. Parlava velocemente ed in maniera imbarazzata, dirigendosi verso la porta. “Tua madre si starà probabilmente preoccupando per il fatto che sei in camera con un ragazzo da tutto questo tempo e …”
    “Lei pensa che tu sia gay, Spike” disse lei con un sogghigno diabolico.
    “Non ricordarmelo” brontolò lui, girando la maniglia. Era sul punto di andarsene quando Buffy disse:
    “Hum… Spike?”
    “Si amore?”
    “Venerdì vado al Bronze con gli altri, vuoi venire?” chiese con una punta di insicurezza nella voce. Lui non rispose immediatamente e lei si affrettò ad aggiungere: “Solo per far veder a Dru ed Angel il mostro dagli occhi verdi, ovviamente”. Lui rimase in silenzio. “Dru sarà là, probabilmente … sarà divertente vedere se stavolta scoppia” continuò con un sorrisetto. “O forse no, vedi …”.
    “Ci sarò, Summers” la interruppe calmo lui, a bassa voce.
    “Oh ...” sospirò lei. “Bene” disse, ficcandosi le mani in tasca e giocherellando con i piedi con l’orlo del tappeto.
    “Ci vediamo domani, Betty”
    “Ci vediamo domani, William”
    Trattenne il respiro, e rimase a guardare la testa ossigenata che spariva dietro la porta. Uno squillo acuto la riscosse dai suoi pensieri.
    “Pronto?” disse, sollevando la cornetta.
    “Buffy?”
    “Hey, Willow!”
    “Stai bene?” chiese la rossa che, estremamente nervosa ed ansiosa, si trovava all’altro capo del filo. “Voglio dire … la gente sta dicendo che tu e Spike stavate facendo porcherie sulla cattedra del sig. Gulliver. È vero? Che cosa è successo? Stai bene? Spike ha fatto qualcosa ...”
    “Willow, Willow. Calmati. Respira. Così. Inspira ... espira ... inspira ... espira” le spiegò Buffy. “E no, non stavo facendo *porcherie* con Spike. Stavamo solo … sai …”
    “No, non lo so. È per questo che ti sto chiamando. Tra parentesi, a Xander è venuto un attacco di cuore quando Harmony ha detto che ha sorpreso te e Spike completamente nudi in ...”
    “Che cosa?! Oh Dio, io la uccido quella svampita ossigenata” brontolò Buffy a denti stretti. “Non stavo facendo niente. Ci stavamo solo baciando, Willow. Tutto qui”.
    Willow esitò: “S-sei sicura?”.
    “Abbastanza. Voglio dire … io *c’ero*, sai?” replicò sarcastica Buffy.
    “Scu-scusa, non volevo ...”
    “Va tutto bene, Wills. Non c’è bisogno di balbettare”
    “Allora, stai bene? Ero preoccupata per te. Te ne sei andata da scuola senza dire niente, ho pensato ...”
    “Non è successo niente. Giuro. Ero solo ... tremendamente imbarazzata! Non me la sentivo di sopportare tutte le occhiate e gli interrogatori stile Gestapo”.
    “Capisco. Verrai a scuola domani?”
    “Si, non preoccuparti. Va bene?”
    “Si. Ciao”
    “Ciao, Willow”.
     
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