Chasing Heaven by Holly

Breve What if de 'il ritorno' (6x3) *preparate i fazzoletti*

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  1. kasumi
     
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    Chasing Heaven by Holly
    Inseguendo il paradiso, di Holly



    Traduce Kasumi

    Link alla storia originale in inglese
    www.dark-solace.org/elysian/viewstory.php?sid=3626

    Trama: La guardò esitare, formare un pugno con le mani tremanti e poi disfarlo. Non come la Buffy che conosceva, quella dei suoi ricordi, che l’avrebbe apostrofato con impertinenza e colpito al naso per aver osato condividere il proprio spazio. Questa Buffy non fece né l’una né l’altra cosa.

    Categoria: Sesta stagione, episodio riscritto
    Personaggi: Buffy e Spike
    Genere: Angst, Drammatico, Porn w/o Plot, Romantico
    Avvertimenti: linguaggio da adulti, situazioni sessuali
    Stato: Completa, capitolo unico, 4.346 parole

    Nota della traduttrice: la storia è stata scritta dal POV di Spike e in qualche punto c’è un po’ di rabbia verso Angel. Vi avverto in caso possa darvi fastidio.

    Consenso dell’autrice dato il 13/11/13
    That's fine. Thanks for asking. :-)

    Nota dell’autrice:
    Questa storia è stata scritta per Tam, in onore e in memoria di suo figlio Kain.
    Richiesta: Riscrittura dell’episodio 6x3 ‘After Life’ (da noi ‘Il ritorno’) con un po’ di tenero NC17. Può essere interamente dolce o diventare dark. Voglio che Spike pianga.
    Beta-readers: Mari e Lauriel


    ***


    “Non dovranno mai saperlo.”
    Per quanto aveva sognato di rivederla, per quanto si era torturato a rivivere la notte che aveva saltato, in quel momento tutte le cose che voleva dirle gli rimasero bloccate in gola. Non sapeva perché era venuto lì... solo che, sì, naturalmente lo sapeva, perché non poteva stare distante da lei. Cosa puoi dire alla donna che ami dopo che ogni sogno febbrile che hai avuto negli ultimi cento e quarantotto giorno è diventato realtà?
    Niente, apparentemente. Spike non riusciva a pensare a niente. Poteva solo fissarle la schiena mentre contemplava la linea di confine tra il terreno in ombra e quello al sole. Poteva solo guardarla, completamente sbalordito dal segreto che gli aveva appena confidato.
    Il Paradiso. Era stata in Paradiso.
    Un concetto così straniero per lui, il Paradiso. A Spike non importava nulla del Paradiso, della teologia o di ogni altra sorta di istituzione religiosa sin da quando non era più William, ma anche se provava a scavare nella memoria non otteneva nessun risultato. Diventare un demone tendeva a distorcere la visione delle cose sacre. Da tempo ormai non poteva toccare croci o bere acqua santa. Se Buffy veniva dal paradiso, chissà se poteva toccarla?
    Perché si era confidata con lui con qualcosa di così...
    “Aspetta,” la chiamò.
    La guardò esitare, formare un pugno con le mani tremanti e poi disfarlo. Non come la Buffy che conosceva, quella dei suoi ricordi, che l’avrebbe apostrofato con impertinenza e colpito al naso per aver osato condividere il proprio spazio. Questa Buffy non fece né l’una né l’altra cosa. Stette lì, invece, la tensione che tendeva ogni linea del suo corpo meraviglioso, la testa leggermente voltata.
    Solo il fatto che si era fermata gli aveva fatto tremare la terra sotto i piedi.
    “Pensi che...” Spike si schiarì la gola e si alzò in piedi. “Non penso dovresti rimanere da sola.”
    Lei non si girò. Non rispose. Non si mosse.
    “Non voglio che resti da sola.”
    Buffy rimase immobile per un lungo momento e infine si girò per guardarlo. E poi per un altro lungo momento rimasero a fissarsi.
    “Hai ancora una cripta?” gli chiese.
    La domanda lo colse impreparato. “Come?”
    “L’ultima volta … Credo di ricordare una cripta. Non è lì dove vivi?”
    Spike fece un passo in avanti. C’era già stata oggi, no? Era apparsa come una maledetta visione e l’aveva fissato con quello sguardo tormentato mentre blaterava cose che non le importavano ma importavano il mondo per lui. Non se lo ricordava o aveva sognato tutto?
    Decise di non indagare. Annuì invece e disse, “Sì, certo. Posticino confortevole. Vuoi—”
    “Puoi portarmi là?” Buffy umidì le labbra e si guardò attorno nel vicolo vuoto, strofinandosi le braccia. “Penso che tu abbia ragione. Non voglio restare da sola. E non voglio nemmeno restare con le altre persone.”
    “Dove vorresti stare, Tesoro?”
    “Dove appartengo.” Gli occhi le si bagnarono e a lui si strinse il cuore. “Voglio andare a casa, Spike. Ma qui non c’è nessuna casa per me. Mi guardo in giro e vedo posti che conosco, persone che conosco, persone che amo.” Tremò. “Portami da qualche parte che non conosco.”
    “Sei già stata nella mia cripta.”
    “Sì, credo di ricordarlo.”
    “Oggi,” precisò lui.
    Buffy aggrottò la fronte come se non gli avesse creduto ma annuì ugualmente. “Io... ma non è—”
    “Un posto di cui ti importa qualcosa.” Spike annuì, un piccolo sorriso a storcergli le labbra. “No, Amore, dopo di te.” Protese una mano. “Se vogliamo andarci senza che io vada a fuoco, dovrò mostrarti l’altra strada.”
    Buffy inclinò la testa e allacciò le dita con quelle di lui, mandando un lampo d’elettricità lungo tutto il suo corpo. Dio, quando era calda. Se non stava attento, l’avrebbe ustionato.
    Ma cazzo, non gliene importava. Era Buffy ed era lì. La mano nella sua. Gli occhi su di lui.
    E poi lei separò le labbra per graziare l’aria con quella che Spike nominò la migliore parola della lingua Inglese.
    “Okay.”

    ***

    Appena arrivati nella cripta, Spike non aveva idea di cosa fare. Non poteva offrirle niente da mangiare perché il frigo non conteneva cibo umano decente – Clem aveva deciso di mangiarsi tutto il gelato e il resto era scaduto. C’erano degli alcolici ma, anche se Buffy non avrebbe detto di no a qualche bicchierino, Spike la voleva con la mente lucida.
    Se la sua disponibilità arrivava sotto l’influenza di una sobrietà statuaria, non osava pensare cosa sarebbe accaduto se lei avesse bevuto. Per l’inferno, avrebbe potuto chiamare i ragazzi dell’Iniziativa o, peggio ancora, si sarebbe messa in testa di andare da Angel.
    Per quanto ne sapeva, nessuno le aveva ancora menzionato quella gran checca del suo ex e lui non voleva essere di certo il primo a farlo.
    “Niente di buono,” mormorò, guardando nervosamente quello spazio che chiamava casa, diventato tutto su un colpo troppo piccolo e troppo incasinato. E d’improvviso l’idea di portarla lì apparve l’idea più stupida che avesse mai avuto. La ragazza si era appena guadagnata la libertà lottando con le unghie e non aveva certo bisogno di stare là. Non aveva bisogno di vedere questo.
    Eppure, Cristo, non sopportava di averla fuori dal proprio campo visivo. E se si fosse svegliato e avesse scoperto che questi ultimi giorni non erano stati altro che il risultato della propria immaginazione, la propria superattiva e oltre-ogni-modo-sadica immaginazione che giocava all’ennesimo ‘e se’ con la propria psiche in lutto? Non l’avrebbe sopportato.
    Ma lei profumava come se fosse reale. Il suo profumo si era ricavato un posto dentro di lui da molto tempo. E per quanto la sua immaginazione fosse vivida, non era mai stata in grado di richiamare tutti quei piccoli dettagli che rendevano Buffy autentica. Cose di cui solo un vampiro avrebbe sentito la mancanza.
    “Io, ahhh…” strabuzzò gli occhi come un’idiota quando lei si girò dal muro che stava fissando. Lo sguardo di prima era tornato, quello che lo oltrepassava senza vedere nulla. “Vuoi… vuoi vedere cosa c’è per tv?”
    Un lungo lamento lottò per la libertà contro le sue labbra. Quando cazzo era diventato così patetico?
    “Penso di essere rimasta un po’ indietro con i vecchi programmi,” disse Buffy. Non aveva sorriso e la sua voce era rimasta calma, ma Spike poteva giurare che il suo tono nascondesse una traccia umoristica.
    Rise nervosamente e infilò le mani nelle tasche dello spolverino. “Potresti pensare che non abbia mai ospitato una bella ragazza prima d’ora.”
    Buffy annuì, ma non per concordare con quell’affermazione. Spike non sapeva come, ma lo sentiva. “Harmony è ancora qui?” gli chiese.
    Questo lo colse alla sprovvista. “Come?”
    “Ti ricordo con Harmony.”
    “Cazzo…” Spike si gettò una mano tra i capelli. Non pensava ad Harmony da un’eternità. Era vissuto e morto così tante volte durante l’estate. Ogni notte, come le aveva detto. “No, Amore. Harm se n’è andata. Se n’è maledettamente andata. Mi ha lasciato la notte che...” Merda. “E’ imbarazzante.”
    “Mi hai incatenato di sotto.”
    Nessuna condanna, nessuna rabbia. Nessuna emozione di qualsiasi tipo.
    Quanto di questa Buffy era veramente la sua Buffy?
    “Sì,” strascicò con cautela. “E minacciato di darti in pasto a Dru.”
    “Se io non…” Lei arricciò il naso. “Oh.”
    “Sì. Non è stato il mio momento migliore.”
    Un baluginio d’emozione attraversò di nuovo il suo viso, questa volta accompagnato da un leggero storgimento del labbro. “Tu mi ami.”
    Un’affermazione. Nessuna accusa, nessuna domanda. Lo guardò di punto in bianco e lo nutrì con il sentimento che si era artigliato la strada nel suo petto in qualche momento durante lo scorso anno – lo stesso che aveva rifiutato molte volte. Tre piccole parole che avevano tutta la forza di un pugno allo stomaco. Non aveva idea di come risponderle.
    Eccetto l’improvvisa ondata di lacrime poco maschili che gli stava pungendo gli occhi. Cazzo, era così stanco di piangere per lei.
    “Sì, Buffy.”
    Lei annuì, più coinvolta questa volta, e fece un passo avanti. “Non ricordo l’amore,” disse. “Voglio dire... Ricordo di averlo provato, ricordo... ma ho così tanto freddo.” Una delle mani si mosse verso il petto. “Ero abituata ad essere più calda.”
    “Lo sei ancora, Amore.” Coprì lo spazio che li separava senza pensarci e la sua mano coprì quella di lei sul suo petto. E quando si toccarono, quella strana, familiare e maledettamente straordinaria scintilla di vita baluginò di nuovo. Le lacrime che gli pungevano gli occhi divennero più insistenti, difficili da scacciare. “Senti quanto sono freddo? Non potresti sentirlo se non fossi così calda da scottarmi.”
    Il viso di Buffy si abbassò, lo sguardo apparentemente attratto dai contorni delle dita di lui. “Hmm…”
    “Cosa?”
    “Non ti dipingevi le unghie una volta?”
    Spike sorrise e guardò verso il basso. “Sì. Ho smesso subito dopo che…” Deglutì. “Buffy…”
    “Ci sono... delle cose.” Lei aggrottò la fronte e si premette più vicino. “In fondo alla mia mente. Ho già dimenticato tanto del posto in cui ero. C’era così tanta chiarezza. Provavo amore e mi sentivo al caldo. Sentivo tutto quello che non sento ora.” Alzò gli occhi verso quelli di lui e lo sguardo che gli rivolse gli tolse il respiro. “Sapevo anche delle cose.”
    Lui piegò la testa di lato. “Tipo cosa, Tesoro?”
    Lei fece spallucce e si accigliò, ma non si mosse lontano da lui. “Tutto.” Sussurrò. “Sapevo che i miei amici stavano bene. Potevo vedere così tante cose. Le cose com’erano e come potevano essere. Le cose come sarebbero potute andare.” Buffy si inumidì le labbra, provocando una reazione al suo basso ventre. Cazzo, ero così vicina. Il suo profumo gli riempiva i polmoni, il calore del suo corpo lo scaldava da dentro. E tutto su una volta ricordò quanto la voleva, quanto aveva agognato quel corpo contro il suo, sotto o sopra il suo, la bocca di lei sulla propria pelle.
    Spike irrigidì la mascella e fece il possibile per controllare le reazioni del proprio corpo. L’ultima cosa di cui lei aveva bisogno era di sentire il suo affare contro di sé. Questo avrebbe rovinato quel momento e lui non era pronto per lasciarla andare.
    Garantito, non sarebbe mai stato pronto per lasciarla andare. Soprattutto ora che era riuscito a farla venire fin lì.
    “Il mondo è molto più grande di noi,” sussurrò Buffy, inondandolo con la propria voce. Si era fatta più vicino ora, abbastanza vicino da sentire la sua erezione - che comunque non commentò. “Più grande del freddo e del caldo. Lo vidi quando ero là ma era come in un sogno. Quando continui a perderlo anche se non vuoi. Non voglio dimenticare quello che ho visto, quello che ho imparato.”
    “Cosa hai imparato?”
    Buffy annuì debolmente e piegò la testa in avanti, appoggiando la fronte contro la sua. “Non dovevo morire.”
    Spike deglutì e quelle maledette lacrime tornarono a galla. “No.”
    “Ma tutti loro sarebbero morti per me.”
    “Tutti chi?”
    “I miei amici.” La sua voce si indurì. “Mi hanno strappato dal Paradiso ma ognuno di loro sarebbe morto per me, al mio posto. Eccetto Anya. Ma il resto di loro, sì, l’avrebbe fatto. Mi amavano a tal punto.”
    “Anch’io l’avrei fatto,” Spike disse velocemente. “Buff—”
    “Lo so, Spike. L’ho visto.” Tremò. “Ti ho visto. E gli altri, ed Angel—”
    Eccolo lì, quel maledetto nome. Spike strinse i denti e represse le zanne. Non voleva che la memoria di quel coglione del suo sire aleggiasse su di loro. Non quando Buffy era così vicina, non quando stava nuotando nel suo profumo. Non quando era premuta contro di lui e non stava scappando lontano.
    Non quando era lì, nonostante tutto.
    Una piccola risata, bella e spontanea, uscì dalle labbra di lei all’improvviso. Il suono fu così inaspettato che Spike quasi cadde a terra – sarebbe caduto se solo non fosse stato appoggiato a lei. “Avevo dimenticato,” disse gentilmente. “Non ti sta molto simpatico, vero?”
    “Mettendola in toni dolci, Tesoro.”
    “Mi sento di dire questo prima che vada via.” Buffy sospirò profondamente. “Prima che lo dimentichi del tutto. Ho visto così tanto, Spike. Sentito così tanto. Il mondo che sono morta per proteggere... è così diverso da quello che pensavo. Tutte quelle cose che potevano succedere...”
    “Sì?”
    Buffy ripiegò le labbra all’interno e chiuse gli occhi. “E’ quello che intendo. Non ho solo perso il Paradiso. Ho perso tutto quello che è il Paradiso. La conoscenza. Era diventata una parte di me e ora l’ho persa. La sto ancora perdendo. Sto perdendo tutto quello che ho imparato, quello che provavo. Quello che ho visto. Mi hanno portato via tutto.”
    Spike non poté fare a meno di strofinare un bacio sulla sua fronte e apprezzare l’aroma della sua pelle. “Vorrei poter dire di essere dispiaciuto,” rispose con onestà. “ma Buffy…”
    “Non eri lì quando lo fecero.”
    “No.”
    “E li avresti fermati.”
    Di questo non era certo. Pur di averla qui, contro di lui, avrebbe pagato qualsiasi prezzo, ma il cuore spezzato che si percepiva nella sua voce avrebbe consumato anche il più duro degli uomini. In verità, non sapeva cosa avrebbe fatto se loro gliel’avessero fatto sapere, se le parole che aveva sputato in faccia a Xander la notte prima erano meritate. Spike aveva già scoperto di come una sostituta di Buffy, anche se sembrava e parlava esattamente come lei, non l’avrebbe mai soddisfatto - guardare il maledetto robot durante l’assenza della Cacciatrice lo uccideva. Eppure non c’era nessuna garanzia che l’incantesimo di Willow avrebbe funzionato – cazzo, non era passato molto tempo da quando la streghetta mandava all’aria anche il più semplice. Far resuscitare i morti, riportare Buffy nel mondo, presupponeva una quantità di potere che non era preparato a riconoscerle.
    Nemmeno dopo quello che era accduto l’anno prima, nemmeno dopo Glory.
    “Grazie.”
    Spike strabuzzò gli occhi e tornò in sè. “Come?”
    “Per non avermi mentito,” rispose Buffy.
    “Non si può mentire se non si conosce la verità.”
    “Penso che se qualcuno la sappia, allora sei tu.” La mano di lei scivolò da sotto la sua, lasciando che le dita di lui sentissero l’eco del suo battito da sopra il suo petto, poi afferrò i suoi avambracci e si tenne a lui come ad un’ancora.
    “Tu mi vuoi,” gli sussurrò. “Posso sentirlo.”
    Un’altra risata nervosa scoppiò nell’aria. Sebbene non si fosse mai sentito imbarazzato ad avere un’erezione, sebbene non intendesse farlo, il modo diretto in cui Buffy l’aveva detto l’aveva fatto sentire fragile ed umano. “Ti voglio sempre, Tesoro. Non ci posso fare niente.”
    “Io non so cosa voglio.”
    “Non ti ho portato qui per quello.”
    Buffy si tirò indietro leggermente e aggrottò la fronte, guardandolo negli occhi. “Non l’hai fatto?”
    Poi, senza dargli nemmeno il tempo di battere ciglio, le labbra di lei erano su quelle di lui. Sulla sua bocca, strappando baci caldi e disperati. All’inizio Spike era dannatamente sconvolto per rispondere ma i suoi istinti scattarono dopo un istante e si ricordò cosa fare. Un basso gemito rimbombò nella sua gola mentre la tirava più vicino a sé, premendo le sue pelvi contro le anche di lei, strofinando la sporgenza dei suoi pantaloni contro il soffice e setoso materiale del suo vestito. Cosa ci faceva lì? Contro di lui, mugolando nella sua bocca, congiungendo le braccia dietro il suo collo e gettandosi tra le sue braccia.
    Questa non era Buffy.
    Solo che sì, lo era. Era davvero Buffy. La conosceva troppo bene per dubitarne.
    Eppure, sebbene da una certa distanza, si sentì protestare. “Buffy—”
    “Aiutami a ricordare, Spike,” mormorò contro le labbra di lui. “Non voglio dimenticare.”
    I baci di lei tornarono prima che lui potesse formulare una risposta. Il cervello di Spike poteva anche essere andato, ma le sue mani sapevano cosa fare. In pochi secondi il tessuto del suo vestito era arrotolato attorno alle sue anche, lo straccetto dei suoi slip l’unica cosa che lo separava dal suo caldo liquido. Un ringhio rimbombò basso nel suo petto e il retro delle gambe colpirono qualcosa prima di ritrovarsi col sedere sulla sedia a dondolo.
    Poi lei fu su di lui, Buffy sul suo grembo. Le mani di Buffy sulle sue guancie, le anche di Buffy che si strofinavano su di lui.
    Troppo bello, troppo bello. Doveva essere un sogno.
    “Aiutami a scaldarmi,” gemette lei. Ad un certo punto la sua mano era sgattaiolata tra i loro corpi e aveva preso delicatamente a coppa la sua erezione.
    La parte bramosa di lui, quella interamente maschile e disperata per dissetare i mesi – anni, per essere onesto con se stesso – di desiderio, lanciò un rapido calcio alla sua parte sensibile, quella che conosceva Buffy troppo bene per sperare che questo fosse quello che lei voleva veramente. Perché Buffy non era più stata se stessa da quando era ritornata e una volta che fosse tornata in sé, una volta che quella gloriosa scintilla fosse tornata a risplendere dietro ai suoi occhi, avrebbe polverizzato il suo culo non-morto e anche a ragione.
    Approfittare delle ragazze spezzate era qualcosa che avrebbe fatto Angel.
    Quel pensiero fu abbastanza da scuoterlo. Con un lamento, Spike si tirò indietro e si trovò a fissare gli occhi di lei oscurati dalla lussuria.
    Lussuria per lui.
    “Non riesco a prendere un maledetto respiro.” Mormorò.
    Buffy si accigliò. “Che cosa?”
    “Non vorrai questo, quando ricorderai,” disse lui, combattendo l’urgenza di strofinare il palmo della mano contro la sua femminilità ed esplorare il miele tra le sue gambe. Poteva sentire il suo aroma. Buffy era bagnata e pronta per lui. L’essenza speziata della sua eccitazione lo fece venire più duro di quanto avesse potuto fare qualsiasi mano.
    O era il più grande idiota del mondo o l’uomo più cavaliere del fottuto pianeta. Non sapeva decidere qual’era il peggiore.
    “No,” rispose Buffy, abbassando con destrezza la zip dei suoi jeans. Prima che lui se ne rendesse conto, la sua asta era nella sua mano. “Ti ho detto…”
    “Oh, fottimi.”
    “Era quella l’idea.”
    “Buffy, tu magari non…oh Dio… ricorderai questo adesso ma, tu ed io? Noi non – cazzzzo! - facciamo questo.”
    “Tu vuoi farlo.” Puntualizzò ogni parola con una strizzata della sua asta. “Tu mi ami.”
    Ed è questo il problema. Spike digrignò i denti e raccolse in qualche modo la forza per afferrarle il polso e fermare i suoi movimenti, nonostante le proteste del proprio corpo. “Ti amo,” confermò, “troppo per fare questo.”
    Buffy aggrottò la fronte e si sedette. “Questo non se ne andrà via, Spike.”
    “Non sei te stessa.”
    “No,” ribatté lei. “Non lo sono. Non la ragazza che ricordi. Non so più chi sono. I miei ricordi sono confusi e mi sento la testa come tagliata in due. Ma tu dovevi ascoltarmi. Non posso dimenticare cosa ho imparato lì. Non posso dimenticare—”
    “Che cazzo nel fottuto mondo il Paradiso ha a che fare con lo scoparmi?”
    Lei divenne silenziosa, gli occhi nuovamente distanti. E per un lungo momento non successe nulla. Spike restò seduto sulla poltrona, respirando profonde boccate d’ossigeno non necessario, il suo membro duro tra di loro, il profumo del calore di lei a sollecitargli le narici, osservando quello sguardo distante sul suo viso.
    “Posso ricordare di essere stata felice solamente una volta, prima,” disse Buffy infine, la mano che andava a reclamare di nuovo la sua asta. “Veramente felice.”
    “Merda…”
    “Ricordi l’incantesimo sotto cui eravamo stati?”
    L’incantesimo che aveva fatto incontrare la sua bocca con le labbra di lei per la prima volta? L’incantesimo che aveva aggiunto miriadi di fantasie a quelle che aveva già avuto fin dalla prima volta che aveva posato gli occhi su di lei? Spike rotolò la testa all’indietro, le proprie obiezioni morenti mentre la mano di lei iniziava a pompare con dolcezza la sua asta. “Mhmm…”
    “Ecco. Il momento più felice che posso ricordare.” Buffy trascinò la pelle sopra la sommità della sua asta e spremette, poi la fece tornare indietro lentamente. “E non era reale. Quando è triste? Il mio momento più felice sulla terra era una bugia.”
    Spike si sforzò di aprire gli occhi. “Pensavo avessi chiesto a Willow di farti dimenticare.”
    Buffy ridacchiò e alzò un sopracciglio, e tutto d’un tratto sembrò così se stessa che a Spike venne quasi da piangere. “Sii realista, Spike,” gli disse. “Ti pare che dopo averci fatto fidanzare accidentalmente e tutto il resto, possa averle dato libero accesso alla mia mente?”
    Lui non poté fare a meno di sogghignare. “Piccola canaglia.”
    Lei annuì, il fuoco familiare nella sua espressione che svaniva un poco. “Il momento più felice che posso ricordare era una bugia. Eccetto il Paradiso. Non ci sono menzogne in Paradiso e loro mi hanno portato via anche quello. Ma io non posso dimenticare.”
    “Buffy…”
    “Non lasciarmi dimenticare, Spike.”
    Non seppe come ci riuscì. Non l’aveva nemmeno sentita muoversi abbastanza da spostarsi di lato gli slip, per introdurre la testa della sua asta nel proprio sesso caldo. Sapeva solo che un momento lo stava guardando, chiedendogli cose che lui voleva darle ma non sapeva come, e il momento dopo la sua femminilità lo stava avvolgendo, profondamente, portandolo all’estasi del suo corpo. Spike gemette in pieno e gettò la testa all’indietro nuovamente, le mani alla ricerca delle anche di lei.
    Fu veloce e lento, ruvido e dolce. I soffici rimbalzi di lei, le sue piccole grida, il modo in cui si aggrappava mentre scendeva su di lui ancora e ancora. La mente di lui si era totalmente svuotata, si riempiva e si svuotava ogni volta. Buffy contro di lui. Buffy sopra di lui. La femminilità di Buffy che lo ingeriva. Non riusciva a pensare a niente e non voleva pensare, anche se temeva che questo non si sarebbe mai ripetuto e non poté fare a meno di memorizzarne ogni istante.
    Buffy mise le mani a coppa sul suo viso e lo fissò negli occhi mentre portava le labbra verso le sue. La sua lingua accarezzò l’interno della sua bocca, i suoi pollici che strofinavano rassicuranti cerchi sopra le sue guance. Poi si tirò indietro per seppellire il viso nella curva del suo collo, singhiozzando il proprio piacere sulla sua pelle.
    “Amami,” lo pregò gentilmente. “Per favore, Spike…”
    Le lacrime punsero gli occhi di lui nuovamente ma questa volta non riuscì a combatterle. Non ci provò nemmeno. Premette invece una mano sul sedere di lei e fece scivolare l’altra tra di loro, lavorando su e giù le labbra del suo sesso mentre lei lo guidava più profondamente, intensamente e più vicino al compimento di quello che avesse mai immaginato.
    Il polpastrello del suo pollice baciò il suo clitoride. Una volta, due volte, più forte con ogni spinta, fino a che il corpo di lei si tese ed esplose attorno a lui, muscoli che si era solo sognato che stringevano e mungevano il suo membro fino al rilascio.
    Poi stettero immobili, l’aria densa di sesso e del suono dei loro ansimi. Lei era così calda. Il sudore cospargeva la sua fronte, i suoi bei seni ondeggiavano contro di lui. La mente di lui girava in mille direzioni per tutto il tempo, provando a capire che diavolo era successo e quanto presto poteva succedere di nuovo.
    Buffy. La sua Buffy.
    “Amami,” disse lei di nuovo.
    “Lo sai che lo faccio,” le disse, il cuore in una morsa. E per un breve e pazzo istante pensò che la dannata cosa potesse battere veramente. Ma non lo fece, perchè i miracoli non accadono... almeno non due volte nello stesso giorno. “Ti amo, Buffy.”
    Lei annuì contro il suo petto e poi, senza avvertimento, scoppiò in lacrime.

    ***

    Per il momento che lasciarono la cripta, la notte era già calata sopra Sunnydale.
    Spike era felice di tenere il suo passo. Buffy non sembrava troppo ansiosa di andare a casa e lui non lo era di salutarla. Non voleva che niente di tutto questo – la meraviglia che era stata quel pomeriggio – svanisse nel nulla. Cazzo, non aveva idea di cosa gli avrebbe riservato il domani. Lei non aveva detto molto tra il dargli un tenero bacio e il trascinarsi via dal suo grembo. Il guscio di ragazza che aveva trovato al Magic Box era apparentemente ritornato, ma buona parte di lei – la Buffy che gli aveva lasciato intravedere – era ancora con lui.
    “I tuoi amici saranno preoccupati,” disse Spike, mentre voltavano in Revello Drive. Poteva vedere le luci accese in casa persino da lì. Se si impegnava, forse avrebbe sentito anche le voci all’interno.
    “Sì,” concordò lei, afferrandogli la mano senza preavviso. “Verrai con me, non è vero?”
    La gola di Spike si serrò. “Farò tutto quello che vorrai, Tesoro.”
    Buffy annuì in quel nuovo modo assente che aveva sviluppato e poi, inaspettatamente, lo fece fermare.
    “Non ricordo l’amore,” gli disse.
    Spike deglutì. “Va tutto bene—”
    “No, non lo è. So che dovrei amare. Sento come se me l’avessi lasciato indietro.” Sospirò e lanciò uno sguardo lungo la strada. “Dawn. So di volergli bene. La amo così tanto da essere morta per salvarla. So di voler bene ai miei amici, nonostante quello che hanno fatto. E Giles. E mia mamma.” Buffy chiuse gli occhi ma, nonostante il profumo delle sue lacrime permeava l’aria, non pianse. Prese un respiro, invece, e tornò a guardarlo. “Voglio ricordare.”
    “E’ come andare in bicicletta, Amore. Presumo.”
    “Non solo l’amore. Voglio ricordare...” Buffy tremò ma non distolse lo sguardo. “Ti ho visto, Spike. Quando ero in Paradiso. Ho visto tutto di te. Sento che sto dimenticando quello che ho visto, quello che significa. Ma adesso è qui nella mia testa e io non voglio che vada via. Non voglio pederlo. Mai più.”
    Lui annuì come se capisse, sentendosi un cretino per questo, ma non poté farne a meno.
    “Non voglio tornare a guardare il mondo come un’umana,” disse lei. “E non voglio perdere oggi.”
    Spike le strinse la mano. “Oggi non se ne andrà da nessuna parte.”
    Lei si morsicò il labbro inferiore. “Mi aiuterai a ricordare?”
    “Farò tutto quello che mi chiedi.”
    Lei sorrise leggermente. “Continua ad amarmi, Spike. E aiutami a ricordare come si fa.”
    Un lampo di pura esultanza attraversò il petto di lui. “Agli Scoobies non piacerà,” la mise in guardia. Era giusto così.
    “Non me ne importa.”
    “Lo farà un giorno.”
    Buffy fece spallucce. “Forse. Ma per quel giorno, spero di ricordare come si ama.” Fece una pausa. “Spero di poter dire – e sentire – di poterli amare. E di poter amare te. Voglio potertelo dire e poterlo provare.”
    Poi si fece vicino e lo baciò, e lui sentì quanto significato lei dava a quelle parole.
    Sentì quanto voleva amare.
    Sentì quanto era cambiata e quanto vicino era andata a perderlo.
    Capì d’un tratto tutto quello che aveva provato a dirgli quel giorno e si sentì innamorarsi di nuovo di lei.
    Non della ragazza che aveva saltato. Della ragazza che aveva vissuto.

    *Fine*
     
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