Leejongsukdipendente
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Seconda Parte
Ti ho ferito, piccolo mio…perdonami William. Io non so cosa diavolo voglio! Non ho più desiderato niente da tre anni! Non ho più provato questo fuoco per nessuno! Tu sei il primo che mi entra così dentro e che mi sta chiedendo di fare una scelta. Di liberarmi del passato. Di poter tornare a sperare. Ma non credo di esserne pronta. Angel e Connor sono qui dentro, con me. Non posso scacciarli. Non lo farò mai. Forse è meglio così, mi dico salendo le scale. Ripiego il vestito e lo rimetto nella scatola. Prendo la valigia e riordino le mie cose. Mi vesto in fretta e chiamo un taxi. Appoggio il portatile sopra il tavolo della sala. Non posso accettarlo, ora più che mai. Ti lascio un foglietto. < Perdonami William, ma non posso.. > ci scrivo su sperando che tu capisca. La mia auto arriva ed io ti lascio. Mi immergo nella notte che è molto più chiara di quella che ho nel cuore. Il taxi scorre tranquillo lungo le strade solitarie che costeggiano il mare. Sento in lontananza le campane suonare. Buon Natale, William….
È l’ultimo giorno di questo anno. Stasera c’è una festa per tutto il cast e la troupe. Non ci andrò. Dalla vigilia di Natale non ho più avuto notizie di William e non voglio rivederlo in un’occasione tanto mondana. Sono stata tentata di telefonargli, ma ho pensato che fosse crudele, così. Mi lascerò ammuffire sopra il divano mangiando patatine fritte e piangendo davanti ad un film melenso. Così inizierà il mio nuovo anno: fra lacrime, rimpianti e grasso vegetale. Sono veramente senza speranza….
Fuori sta per imbrunire. Bussano alla porta e distrattamente vado ad aprire. Sgrano gli occhi dalla sorpresa. Xander, Anya, Tara e Willow sono davanti a me. Bellissimi e sorridenti. Li faccio accomodare spostando goffamente il caos che regna sovrano nell’appartamento. La mia recente depressione ha sparso bottiglie vuote, briciole, fazzolettini usati e calzini spaiati per tutto il pavimento. Cerco di essere educata e sfoggiando tutta la mia compostezza e gentilezza inglese, gli offro un succo di frutta e del gelato avviato. Ovviamente rifiutano. Sono vestiti per andare alla festa e non vorranno di certo rovinarsi la cena con un aperitivo del genere! Xander si fa coraggio e mi spiega il motivo della loro visita. La prima da quando sono arrivata in America. “Ieri sera ero con Anya in una taverna dove spesso andiamo e abbiamo incontrato William. Era a pezzi. Ubriaco marcio. Mi ha raccontato, fra un bicchiere e l’altro, quello che è accaduto fra di voi. A Natale.” Trattengo il fiato. Ecco la cavalleria giunta a rendere giustizia al loro compagno ferito. Dannazione! Anch’io sono ferita. E sanguino. Sanguino da tre anni ormai….e non riesco a porre fine a questa emorragia… se solo sapessero…. “Non vogliamo giudicarti, Buffy. Ma vogliamo bene ad entrambi. E vorremmo che le cose si sistemassero” mi dice Tara con dolcezza. La sua bontà mi giunge come un soffio di aria fresca. “Lasciarlo con un foglietto non è stata una grande idea” interviene Willow. Eccola, la saputa! Ma che ne sa lei quello che è accaduto? Ah, già….Xander gliel’ha detto. Faccio un profondo respiro. Riappianare le cose con William? Non credo prorpio sia una buona idea. Soprattutto stasera. Xander mi fissa e intende i miei pensieri. “Vieni alla festa. Lì potrete parlare. Magari l’atmosfera allegra, un buon bicchiere di vino e la musica vi aiuteranno” mi consiglia sperando che cambi idea. “E magari anche qualche bacio appassionato sotto il vischio. Seguito da una buona dose di sesso. È il miglior rimedio quando si litiga” si intrufola Anya con la sua parlantina veloce. Mi viene da ridere. Senza capire bene perché lo faccio, accetto. Gli chiedo solo il tempo necessario per prepararmi. Loro mi aspettano di sotto, dentro la limousine di Andrew. Perché c’è anche lui. Non è salito per educazione.
La villa dove si dà la festa è in stile vittoriano. Il marmo bianco risplende sotto la luce delle torce e della luna. È una bellissima serata, e quest’aria tiepida cozza con l’idea che ho del capodanno vestito di neve. Ho indossato un vestito bianco comprato durante una delle tante uscite con William. È lungo, ha persino una leggera coda. È sorretto da sottili spalline tempestate di zirconi. Accarezza la mia figura e mi rende un po’ più abbondante. Questa volta ho indossato degli scomodissimi tacchi a spillo. Spero solo di resistere fino alla mezzanotte. Poi, quando tutti saranno ubriachi, resterò scalza. Ho lasciato i capelli sciolti, ondulandoli con la spazzola elettrica. Mi sono truccata con cura e ho abbondato con matita e mascara. Andrew si è offerto di farmi da cavaliere ed ho accettato. Dimostra molti anni meno di quelli che ha, è timido e leggermente imbranato. Non credo si trasformerà in uno strupatore come ha fatto Robin. Anche perché stanotte non ballerò con nessuno.
Stiamo per accomodarci a tavola e mi sono rilassata. Non credo che William verrà. Andrew mi prende un aperitivo e me lo porta. È cortese e mi riempe la testa di chiacchiere. Mi siedo accanto a lui e a Tara. Vicino a lei mi sento al sicuro. Serena. Vicino a Xander resta un posto vuoto. “E’ per chi credo?” domando sperando che il mio presentimento si tramuti in realtà. “Sì Buffy.Mi ha telefonato. Sta arrivando” mi dice e strizza l’occhio. Io mi maledico all’infinito. Si può essere così stupide? Una strana ansia mi assale e il cuore non mi ascolta più. Sono agitata, emozionata e impaurita al contempo. Cosa gli dirò? Riuscirò a sostenere il suo sguardo accusatorio? Saprò fare buon viso a cattivo gioco? Riuscirò a vedere il dolore nei suoi occhi senza sentirmi profondamente in colpa? E infine, ma non meno importante, anzi: riuscirò a capire cosa voglio da lui? Da noi? Le mie risposte non hanno esito. La mente smette di funzionare nell’attimo esatto in cui lo vedo entrare nel salone. È splendido. Senza farlo apposta ha un completo bianco. Come me. Sembriamo le facce della stessa luna. Bianche. Pallide. Ed algide. Qualche ricciolo impomatato gli ricade ribelle sulla fronte. I suoi zigomi sono più taglienti del solito e i suoi occhi blu sono lontani. Freddi. Come ghiacciai eterni. Si fa largo tra la folla e finalmente riesco a vedere la sorpresa che si porta a braccetto. È Lisa, la stangona della cena di gala. Ha un vestito d’argento che brilla come tutte le luci accese di uno stadio, un’abbondante decoltè e uno spacco laterale da raggiungerle quasi la vita. È davvero bella. E seducente. Credo che il suo scopo, stanotte, avrà buon esito. Xander si volge veloce verso di me ed è in imbarazzo. “Io non sapevo…” si scusa sottovoce. Nemmeno lui si sospettava che William giungesse in dolce compagnia. “Non fa niente” lo rassicuro, e l’ansia di prima si è trasformata in rabbia. Sono fuori di me. Vorrei alzarmi, raggiungerli e spaccare il loro bel faccino a morsi e pugni. Ma trattengo la mia follia omicida per dopo. La vendetta è un piatto che va gustato freddo….. Mi aggiusto i capelli e aspetto che l’inevitabile avvenga. Sono pronta. Chiudo per una frazione di secondi gli occhi e ritrovo in me una forza sconosciuta. Quella di una donna decisa a distruggere un’altra donna. E magari anche l’uomo. Quello che pochi giorni prima ha giurato di amarla.
“Buonasera a tutti. Ci si è fatto un po’ tardi, sapete come sono le belle dame.. lente e bisognose” lui saluta tutti e guarda la sua compagna soffermandosi sul seno che fuoriesce abbondante dal vestito. Un lampo di lussuria gli percorre lo sguardo ed è così evidente che tutti se ne accorgono. Io mi obbligo a non pensarci. Vuole giocare? Bene, lo accontenterò. Sono disposta a tutto, persino a distruggerci a vicenda. Ma non mi avrà mai. Non così. Si siede di fronte a me e Willow si stringe per fare posto alla nuova arrivata. “Non mi avevi detto che saresti arrivato in compagnia” gli dice Xander, sperando che capisca il tono risentito con il quale gli si è rivolto. William ha un sorrisino maligno stampato sulla faccia e credo non sia in grado di capire proprio niente, stasera. Vuole solo farmi del male. Ma grazie a Dio, non ci sta riuscendo. Che forse me lo meriti, un po’? Potrebbe essere, ma non ho colpa io se tutto il mio mondo è sparito in un battito d’ali. E se ancora soffro per questo. Nessuno dovrebbe farmela scontare se ancora amo mio marito e mio figlio. Come se fossero vivi. Come se ancora appartenessi a loro. Ma loro appartengono a me? Sono miei, ovunque si trovino ora? E se li stessi trattenendo in questa vita senza permettergli di volare alti nel cielo? Non si può restare attaccati alle persone che perdiamo come ad un aquilone? Volerebbero, ma basterebbe una piccola tirata al filo e sarebbero di nuovo vicini. Lontani ma non troppo. “Un uomo ha delle esigenze amico. E Lisa le soddisfa proprio tutte.” ghigna divertito lanciando un altro sguardo bollente alla sua bambola di porcellana. Il mio stomaco si contrae come sotto una morsa. Ora la rabbia è divenuta quasi dolorosa. Che il suo piano, nonostante la mia ferrea volontà, stia ottenendo lo scopo di farmi soffrire? No, non accadrà. Ecco che parto in tromba. E darò il mio meglio. Mi alzo spingendo il petto in avanti. “Devo andare alla toilette” dico con voce mielata ad Andrew che nemmeno se ne accorge. Mi allontano ancheggiando, sperando che lui stia assistendo alla mia interpretazione. Quando ritorno fresca come una rosa e con le labbra rosso fuoco, tutto il mio coraggio sparisce. William e Lisa si stanno baciando. O meglio, si divorano. L’uno con l’altra. Davanti a tutti. Senza ritegno. Inghiotto il rospo e mi siedo. Faccio un timido sorriso in direzione del mio cavaliere e Tara da sotto il tavolo mi stringe una mano. La guardo e nella sua dolcezza vorrei morire. E piangere. Willow prende a chiacchierare con me, sperando di distrarmi. Scherziamo e ci divertiamo. Non guardo più William e i suoi movimenti non mi attraggono più. Mi sento leggermente civettuola e rido apertamente. Sì, mi sto divertendo. Nonostante quei due si infilino le lingue nelle reciproche bocche continuamente. Non mi interessa. Anzi, fingo che sia così. Ma una lenta lama sta riducendo a brandelli quel muscolo che aveva ripreso a pulsare. Non è destino, mio caro cuore….non devi vivere. Sei condannato a morire per colpa della vita….
La cena è terminata. Sulla pista qualcuno già balla. Da un momento all’altro mi aspetto che i polipi vadano a copulare al ritmo di un lento. Invece la bella Lisa prova ad instaurare un dialogo con me. E come una scarica elettrica, eccomi pronta a distruggerla. Mia cara, hai firmato la tua condanna a morte!! “Ti chiami Elisabeth, vero? Will mi ha molto parlato di te” la sua voce è simile al gracchiare di una rana. Credo sia anche stupida. Ha speso l’unica briciola di intelligenza per farsi la permanente. William la guarda di traverso. Sono certa che la gradisce di più anche lui quando sta zitta. O forse ha paura che dica qualcosa di sconveniente? “Ah sì? E che cosa dice di me il caro vecchio Will?” appoggio le braccia sulla tavola e aspetto. I miei occhi sprizzano rabbia. Sono cattiva. Molto cattiva. “Che sei una sceneggiatrice, frigida e rompiscatole. E che gli hai spezzato il cuore. Non che a me interessi..”. Tutti restano immobili. Tara è scioccata, Xander fulmina William con lo sguardo, Willow china la testa e Anya si trattiene dal ridermi in faccia. L’unico che non si è accorto di niente è Andrew che continua a fissare un punto imprecisato della sala. Una risatina amara mi esce dalla bocca. Diviene quasi un ghigno e Tara mi lascia la mano. Sa che ormai non mi può più fermare. “Bene, quindi il nostro Will è stato dettagliato. Sai cos’è una sceneggiatrice?” le chiedo ridendo maligna. “Una che fa le scene?”ipotizza con tono infantile. “Me lo immaginavo…. – scuoto il capo sentendomi vincente - Comunque, scommetto che tu a letto sei una focosa cagna in calore. Non che a me interessi….” Gli rifaccio il verso e mi riempio un bicchiere colmo di vino. Lo scolo in un secondo. Sembro la parodia di uno scaricatore di porto. “Ehi! Te la prendi troppo, cocca!” tenta di risultare offesa, ma fa pietà anche così. Non vincerai mai un oscar, bambola. Nemmeno se ti cospargi il petto di crema e sfili nuda. Sei irrecuperabile! “Smettila Elisabeth..” mi dice lui, il colpevole. Lo gelo e capisce che non sto scherzando. “Non posso averti spezzato il cuore, mio caro amico” la mia voce è terribilmente calma, merito del vino. Credo di aver raggiunto la soglia dei tre bicchieri. O forse più? “Tu non ne hai uno. – continuo - Inoltre, non hai avuto modo di constatare la mia presunta frigidità, visto che non ti ho concesso niente di me. E lo sai perché?” mi alzo in piedi, faccio il giro della tavola e gli arrivo di fianco. Nel tragitto raccolgo il bicchiere colmo di Xander. Mi avvicino pericolosamente alla sua bocca. Sono a pochi centimetri da lui. Sento il suo respiro concitato e di già pregusto la prossima mossa. “Perché non ti amerò mai.” Sibilo mentre gli verso addosso il vino sporcandogli il suo candido vestito di liquido purpureo. Eccolo il sangue..il mio sangue. Quello che ho versato per troppo tempo….e che non avrai mai. William è sconvolto dal mio gesto e dalle mie parole. Resta immobile mentre io me ne vado. La serata si è conclusa qui. Anzi, no. Torno indietro e tiro in piedi Andrew. Gli altri sono ancora sconvolti dalla mia recente reazione. “Balliamo” gli dico senza guardarlo in faccia. Lui annuisce e mi segue. Grazie a Dio suonano un lento ed io nascondo la faccia nella spalla sottile del mio accompagnatore. Tutta la rabbia sta scemando, lasciando il posto ad una sofferenza insostenibile.
Passa un’ora o poco più. William sta ballando e pomiciando con la sua bella. Io sono seduta qui al tavolo, da sola. Mi rigiro una forchetta fra le mani. Mi verso un nuovo bicchiere di vino e me lo gusto mentre fresco mi scivola giù per la gola. Xander e Anya stanno parlando con quelli della troupe. Willow balla con Andrew. Sembra che vadano d’accordo, i due. Chissà che non nasca qualcosa. Vedo in lontananza Giles e Dawn e li saluto con un gesto del capo. Dopo poco mi si avvicina Tara. Si siede accanto a me, in silenzio e ripercorre il mio sguardo. Vede che sto fissando i polipi. Mi volto in fretta, ma ormai mi ha colto in flagrante. “Lo ami?” mi chiede e la sua voce è simile al canto di un uccello. “Il problema è sempre stato questo. Io non lo so. Tre anni fa è accaduta una cosa che mi ha reso arida. Fredda. Frigida, come mi ha definita William. Solo che non in quel senso. Io parlo dell’anima. Dei sentimenti. Non credo riuscirò più ad amare qualcuno come…” e qui mi fermo. Sto parlando troppo. Anche se so che di Tara posso fidarmi, ho ancora timore. Ma la bomba è stata lanciata e presto scoppierà. “Come tuo marito?” ipotizza lei e ci prende in pieno. Chissà perché, non ne sono sorpresa. Credo che Tara abbia davvero dei poteri magici. Lei riesce a leggere dentro l’anima delle persone. “Mio marito. E mio figlio” “Parlamene…” mi invita a continuare. E un po’ per merito del vino, un po’ perché ne ho bisogno, le racconto tutto. Alla fine lei ha gli occhi colmi di pianto. Mi prende le mani e si sforza per sorridermi. “Lo sentivo che ti portavi addosso il dolore. Ma non avrei mai creduto così tanto….”. Annuisco e lascio che una lacrima silenziosa e solitaria mi solchi la pelle imperlata di cipria. “Fatti coraggio Buffy. Sei una persona splendente. E sento che presto, molto presto qualcuno ti darà nuovamente la forza per amare. Perché tu sai amare. Sei nata solo per questo.” La ringrazio con gli occhi e ci abbracciamo. Giles arriva e me la ruba. Resto di nuovo sola, ma un po’ meno infelice.
Mancano pochi minuti alla mezzanotte. Ci portiamo tutti al centro della sala aspettando i rintocchi delle campane con i calici alti colmi di champagne. Ho accanto a me Willow, Andrew e Tara. Il tempo corre veloce e i minuti divengono secondi. Mi guardo attorno e mi accorgo che lo sto cercando. Poi lo vedo, alla mia sinstra, poco lontano. È abbracciato a Lisa e il suo vestito è macchiato da una gora rosata. Mi dispiaceWilliam….continuo a fissarlo senza riuscire ad allontanare gli occhi da lui. Sta ridendo. È sereno ed il suo profilo mi tocca l’anima. Era il mio più grande amico. Un fratello, un padre. Un consigliere, un buffone, un compagno. Una spalla su cui piangere. Una voce da ascoltare. Braccia su cui rifugiarmi, al sicuro. Ed ora siamo estranei. Lontani. Nemici. Ma non riesco ad odiarlo.
Meno dieci, meno nove….
Che ti ami davvero, bellissimo angelo e perfido demonio assieme? Che io possa realmente amarti? Che tu mi abbia scossa talmente in profondità da incrinare le mie fondamenta? Io ti amo? Riuscirò mai ad ammetterlo? Riuscirò mai a slegarmi dal ricordo del passato?
Meno sei, meno cinque….
Ti guardo e sento che tutto il mio mondo è con te. Che sei stato tu a rendermi viva. Il tuo amore, mi ha scaldata. E la tua ira mi ha congelata ancora. Se dovessi scegliere adesso, cosa direi?
Meno tre, meno due….
Ti amo, William…. Ecco il mio tutto…. Tu ti volti per un attimo e incroci i tuoi occhi con i miei. Ci fissiamo intensamente e stai leggendo dentro di me…il dispiacere, la tristezza, il perdono e forse….forse anche l’amore. Ma ormai è tardi. Troppo tardi.
Zero!!!
Una pioggia di coriandoli ci piove addosso e ancora ci guardiamo. Ed è come se ci parlassimo per la prima volta. Ti sorrido tristemente e tu capisci. Ti chini sulla tua dama bionda e la baci perdendoti in lei. Chiudi gli occhi e sento che la mia fine è giunta. Buon anno William…. Bevo lo champagne e mi volto. Te ne sei andato. Ti ho perduto. Ma andrò avanti. Bacio tutti e gli faccio gli auguri. Si stupiscono che me ne vada così presto, ma non posso fare altrimenti. Andrew si offre di accompagnarmi, ma rifiuto con gentilezza. Esco fuori e i fuochi d’artificio illuminano l’arcata celeste a giorno. Chiamo un taxi e mi dirigo a casa. I piedi mi fanno male, ma in confronto al dolore del cuore appena rinato e di già ucciso, questo non è niente…. Sono tornata alla vita morendo per amore. Buffo, no?
Sono ritornata dalla festa più spossante della mia vita. Ho indossato il pigiamone con i coniglietti e mi sono infilata sotto le coperte. Una strana ironia macabra mi invade e inizio a ridere della mia sorte tanto assurda. Poi, improvvisamente, qualcuno bussa alla porta. Una, due, quattro volte. Sembra quasi la voglia buttar giù. Scendo in fretta e chiedo chi è. Accidenti, sono le due di notte! È vero che è il primo dell’anno, ma ci sono sempre tanti malintenzionati in giro.. Oh mio dio.....è William. E a me per poco non viene un colpo. Mi aggiusto in fretta i capelli e apro. Ha il volto tirato. Non è venuto per fare pace. Una fitta di paura mi invade. Entra con ampie falcate e i suoi pugni sono chiusi, serrati. “Will…” lo chiamo e lui mi guarda furioso. Non ci sto capendo più niente. Che sia arrabbiato per il vino sul vestito? O per le parole che ho detto assieme? Forse è la seconda ipotesi…. “Devo dirti solo poche cose. Le ultime. Poi tutto finisce qui. D’accordo?” non è una richiesta. È un obbligo. Annuisco e mi siedo. Lui resta in piedi e gira ansioso. “Te ne sei andata a Natale lasciandomi solo un minuscolo foglio di carta. Dopo avermi rifiutato, si intende. Sparisci ed io mi chiedo cosa sia accaduto per farti credere di non poter essere nemmeno amici. Passo i giorni più brutti della mia vita e mi ubriaco quasi tutte le sere. Ti penso di continuo e spero che tu faccia la prima mossa. Ma niente. Poi arrivo alla festa con Lisa e tu inizi a darmi addosso. A fare l’acida. Mi sto riprendendo e tu cerchi di affondarmi recitando la parte della fidanzata gelosa. Ma ricordati che non stiamo insieme. E che lo hai voluto tu. Quindi, dopo lo sceneggiato di questa sera spero proprio che d’ora innanzi cercheremo di comportarci civilmente. Almeno in pubblico, si intende.” Hai terminato la tua arringa, avvocato. L’accusa si ritira. Ora tocca alla difesa. La mia voce esce lievemente storpiata dall’emozione, ma ciò che dico è chiaro. “Per prima cosa, mi dispiace. Seconda: sono contenta che ti sia ripreso così in fretta. Terza: quella Lisa mi sta sul cavolo e vuole solo i tuoi soldi. E il tuo letto”. “Bene, qualcuno che lo apprezza, se non altro!” sibili e nei tuoi occhi brilla cattiveria. E risentimento. Non l’hai madata giù, eh? Sempre abituato a vincere, vero William? “Lo sai perché me ne sono andata. Te l’ho detto prima. Anche se malamente. Insieme al vino che ti ho tirato.” La capisci o no che non potrò mai darti quello che ti meriti? La tua mascella si contrae e chini il capo dolorante. Quelle parole ti fanno male, lo so. Ma è troppo tardi, tardi per ammettere qualsiasi cosa. Tardi per dirtelo. Tardi per allontanare i miei cari dal cuore. È semplicemente troppo tardi…. Scuoti il capo e rialzi gli occhi verso me. Sono due mari in tempesta. “Non è vero. È tutta una farsa. Tu sei una codarda. Ti nascondi dietro il ricordo di Angel e di tuo figlio per paura. Paura di soffrire. Di restare delusa. Paura di vivere, in fondo.” “No, non è vero! Tu non sai niente di me! Sei un lurido bastardo che prima dice di amarmi e dopo pochi giorni pomicia con un’altra. Dopo aver minato le mie sicurezze. Io ti odio!” ti urlo addosso e sono fuori di me. Ho il volto paonazzo e il cuore mi martella nel petto. Tu ti avvicini appena, restando a distanza di sicurezza. “Sono morti, Elisabeth. Non ci sono più. Devi lasciarli andare. E questo non vuol dire scordarsi di loro o affermare di non averli mai amati. Vuol dire ricominciare a vivere. Anche per loro. Cosa direbbero vedendoti così, apatica e disperata? Faranno sempre parte di te e nessuno te li toglierà. Mai più. Ma tu sei sopravvissuta. E devi vivere.” Sei dolce, quasi struggente. La tua voce è calda e sicura. Mi stai facendo male, molto….ma dici la verità. Come sempre, hai ragione. Trattengo a stento le lacrime e continuo a scuotere la testa. Non può essere vero….non posso tradirli così….loro vivono ancora in me. Se lascerò che qualcun’altro entri nel mio cuore, loro dovranno andarsene. E non voglio…non voglio separarmi da loro….o forse sì? Forse ho bisogno anch’io di due braccia strette attorno a me, di nuove labbra da baciare, di un altro amore? Tutto si racchiude in te, William. “Non posso…. È come se li tradissi… e se loro se ne vanno dal mio cuore, resterò sola.” Oramai piango. Non riesco a trattenermi oltre. Mi raggiungi e mi accarezzi una guancia. Con tenerezza e infinita tristezza. “Lo sei già, cucciolo mio. Sei già sola” e te ne vai, lasciandomi con i miei sensi di colpa, i miei rimpianti e i miei dubbi. Mi affaccio alla finestra sperando di vederti e poterti richiamare indietro. Esci dal portone verso la macchina e lei ti viene incontro. Lisa ti abbraccia e insieme partite. Io ti amo William. E ti ho perso, amore mio……
Sono passati due mesi dal nostro ultimo colloquio e le riprese sono ricominciate a ritmo serrato. Io e William lavoriamo insieme, alcune volte a stretto contatto, ma le uniche parole che ci rivolgiamo sono puramente professionali. Xander mi ha detto che non esce più con Lisa e la cosa mi ha fatto piacere. In questo periodo ho riflettuto molto e sono giunta ad importanti conclusioni. Quello che William mi disse la mattina del primo dell’anno è vero. Ho rinunciato alla vita per paura di soffrire ancora. Angel e Connor sono nel mio cuore e ci resteranno finchè avrò vita, ma amare qualcun’altro non significa abbandonarli. Ne tradirli. Anzi, recuperare i sentimenti e le emozioni mi aiuterà a ricordarli nella maniera appropriata. Con devozione e rispetto. Ma senza lasciarmi annullare da ciò. Un barlume di speranza è tornato a brillare in fondo ai miei occhi e finalmente anch’io vedo i colori. È stato un lungo percorso, ma alla fine ne è valsa la pena. Angel e Connor sono liberi di volare in alto. E anch’io di amare senza sensi di colpa ne rimpianti.
Stiamo girando le scene più forti della serie. Nei prossimi giorni William e Faith dovranno interpretare un tentato stupro. È una scena molto forte e Joss è elettrico. Faith mi ha detto più volte di non volerla girare in quel modo, ma io non posso farci niente. “E’ troppo cruda. E poi non rispecchia quest’amore devoto e incondizionato” gli ho detto. “Lui è un vampiro. Senza anima. Non ha morale, ma solo istinti. Passioni. Lui la vuole a tutti i costi. Non accetta il suo rifiuto. Quindi è perfetta così. Non parliamone più” mi ha risposto scocciato. Non ho potuto ribattere. E sinceramente vedere quelle scene riaccenderanno in me ricordi non molto piacevoli.
È sera e il mio appartamento è meno caotico. Ultimamente dedico più tempo alle pulizie. Qualche volta Tara mi viene a trovare. Mangiamo patatine e guardiamo vecchi film in cassetta. Lei mi racconta della sua vita, delle sue aspirazioni. È un pozzo di fantasie e idee. In previsione ha il sogno di realizzare un film tutto suo. Mi ha confidato che gli piacerebbe recitarlo insieme a William. “Avete più parlato?”mi chiede sempre con discrezione. So che posso anche non rispondere, se non me la sento. Ma la sua dolcezza e la sua innata comprensione, mi spingono sempre a sbottonarmi. “No. E mi manca.” “Perché non glielo dici?” “Non credo mi voglia più….credo sia troppo tardi per amarsi nuovamente” “Non è mai troppo tardi, Buffy”.
Ho ancora addosso i vestiti della giornata. Gonna blu e camicetta avana. Vado in bagno e tiro fuori i panni bagnati dalla lavatrice. Mi affaccio al balcone e li stendo. Mi piacciono questi momenti da casalinga. E mi immagino la casa piena di grida di bambini. I miei. La cena sul fuoco. Lui che torna dal lavoro e mi bacia. Gli sono mancata e stanotte ci ameremo come sempre…. Sono lontana mille miglia dalla terra quando qualcuno mi chiama dalla strada. Vedo William, illuminato da un lampione, la testa in alto. Mi chiede di aprirgli. Vuole parlarmi. Che il mio sogno si possa realizzare? Magari solo l’ultima parte? Naah, Elisabeth. La fortuna non gira mai per te. Non illuderti. Rientro in casa e apro la porta. Dopo poco arriva e si accomoda sul divano. Io mi siedo sulla poltrona, poco lontano. Gli chiedo se vuole qualcosa, ma lui mi dice che lo stanno aspettando per andare a cena. “Non ti ruberò troppo tempo” e mi guarda appena. Ho tutto il tempo del mondo, William…a parte rammendare, cucinare e scrivere sceneggiature, non ho altro di eccitante da fare, quindi…. “Riguarda la scena che io e Faith dobbiamo girare insieme. Quella della violenza che…beh, hai capito. Lei è molto ansiosa per questo, ed anch’io. Non amo vedere le donne trattate male, figurarsi interpretare un uomo che tenta di violentare l’amore della sua non-vita.” “Non è un uomo. È un vampiro. Joss è stato molto preciso su questo.” gli dico in maniera molto professionale. “Okay, vampiro o uomo che sia, sono io che lo interpreto. E questa scena mi mette veramente in crisi. Inoltre mi agita il fatto che tu la veda. Che tu mi veda fare certe… cose. Dopo quella sera con Robin so che per te non sarà facile. Volevo che lo sapessi prima.” Tiene gli occhi sempre bassi. Ed è dolcissimo. “Ti stai scusando per una cosa che potrebbe darmi fastidio senza che tu lo voglia davvero? Cos’è? Hai l’esclusiva? Vuoi che soffra solo se sei tu a deciderlo e non Joss?” perché debbo sempre risultare acida e scostante? In fondo voleva essere carino….ma qualcosa mi ha fatto irritare. Cosa? Non saprei dirlo. Forse il fatto che lui non potrà essere mio. O forse il fatto che me lo sono lasciato scappare come un’idiota? Ai posteri l’ardua sentenza…. William scuote la testa e ride amaramente. Si alza ed è costernato. Non mi capisce. Non più. “Sei una pazza, lo sai? Volevo essere gentile, farti capire che ci tengo a te e che non voglio vederti soffrire, e tu che fai? Mi sputi addosso bugie e accuse. Non volevo ammetterlo a me stesso, ma siamo veramente lontani” si dirige verso la porta e sembra che stia portando un peso troppo grave. Cerco di riparare almeno qualcosa, ma sarà veramente difficile. “Io..io non volevo dire quello che ho detto. Una volta era così facile parlare, ridere, scherzare. Stavamo bene insieme prima di quel bacio. Potremmo tornare ad essere amici?” i miei occhi lo stanno implorando. Ed il mio corpo si protende verso di lui. Come attratto da una calamita. “Non è che poi sparisci come l’ultima volta?” domanda piegando la testa di lato. “No” rispondo e la distanza fra di noi diminuisce. Siamo uno di fronte all’altra. E ci fissiamo. Noto il combattimento dentro di lui. Vedo il controllo che si sta imponendo.
Ancora mi ami, William? Perché se è così, forse non è troppo tardi…
Ma non ho il coraggio di chiederglielo. Non sono diventata così intraprendente. Non ancora…. Gli getto le braccia al collo e mi stringo a lui quasi con violenza. Vacilla appena a causa dell’impatto e le sue mani restano abbandonate lungo il corpo. Non mi abbraccia. Non si muove. Respira appena. Mentre io credo di impazzire.
Non mi ami più, William….è davvero troppo tardi.
Con le mani mi cinge le spalle e mi allontana da se. Con gentilezza, ma deciso. Abbasso gli occhi e le mie guance sono rosse. Ho paura di quello che dirà. Ho paura di soffrire. Ho paura di vivere. “Non potremo mai più essere amici, Elisabeth. Qualcosa si è spezzato da quel bacio. Non si possono aggiustare le cose con un abbraccio. Ho sofferto molto per te, ho creduto di perdere la testa. Ed ora non ce la faccio a rifare tutto da capo. Finirei con l’innamorarmi di nuovo di te. E tutto ricomincerebbe. Ma questa volta non sopravviverei. Mi dispiace”. Calde e placide lacrime scorrono dalle mie iridi e si sfracellano sulla soglia di casa. Mi sento morire. “Non mi ami più…” sussurro con un filo di voce, ma lui mi sente lo stesso e mi obbliga ad alzare il viso. Mi sposto per non cedere al suo sguardo e lui mi immobilizza il volto fra le mani. Sono come me le ricordavo: grandi, forti e calde. Mi penetra fin dentro l’anima e nei suoi occhi blu come il cielo, passa un luccichio di speranza. “Mi ami Elisabeth?” mi chiede e la sua voce è strozzata dall’emozione. “Sì” gli rispondo e finalmente trovo il coraggio di essere vera. E libera. Si allontana bruscamente, come se si fosse bruciato. Scuote il capo sconvolto. Ha i pugni stretti e la mascella serrata. Sta combattendo la battaglia più dura della sua vita. “Non ti credo” dice, ed esce nel corridoio. Lo inseguo. Non può finire così. Non ora che sono riuscita a dirlo. Anzi, ora che ci penso…. Non gliel’ho detto come si deve!
“Ti amo William”.
Lui è davanti all’ascensore e lo sta aspettando. Si volta ed ha gli occhi umidi. Ma non è felice.
Perché amore mio?
Un dubbio mi assale. Forse che lui…? “William, tu mi ami ancora?”. Il cuore mi si ferma nel petto. Trattengo il respiro e mantengo il contatto con i suoi occhi. Me ne accorgerò se mentirà. “No Elisabeth…” e sta dicendo la verità. La porta dietro di lui si apre con un suono. “E’ giusto così” mi dico e lui entra nell’ascensore. Sparendo dentro esso mormora che gli dispiace. Rientro in casa con dieci anni in più. Chiudo la porta e mi ripeto che ormai è troppo tardi….
Non ho assistito alle riprese del tentato stupro. Mi sono data per malata. Fra due mesi tutto terminerà e potrò tornare in Inghilterra. Joss si è complimentato più volte con me per il lavoro fatto e mi ha detto che mi chiamerà anche per la settima stagione. Le riprese dovrebbero iniziare verso ottobre di quest’anno. “Si vedrà” gli ho detto ma il suo sguardo difficilmente accetta rifiuti. Xander e Anya stanno insieme e si vogliono davvero bene. Willow esce con Andrew dalla sera dell’ultimo dell’anno. Con Dawn e Giles non ho molto parlato, ma la loro interpretazione è sempre eccellente. Tara ha scritto delle poesie bellissime e me le ha fatte leggere. Da Xander so che William sta insieme ad Harmony di nuovo. Mi ha detto che non è felice. Crede lo stia facendo per dimenticarmi. Io vado avanti e mi faccio coraggio. Ho superato veramente tante prove e non sarà questa a fermarmi. Porterò a termine il mio lavoro e prenderò l’aereo verso la mia campagna. E lì inizierò il mio primo romanzo. È questo il mio nuovo sogno.
È domenica mattina e mi sento un vero straccio. Stanotte, colta da un improvviso raptus depressivo, mi sono gettata anima e corpo in un vaschetta di gelato al cioccolato con batuffoli di meringa, illanguidendo il mio spirito provato di fronte ad un film melenso e privo di lieto fine. Ho pianto così tanto, da infradiciare la maglia del pigiama. E sembrerà strano ma, accidenti, ne avevo davvero bisogno! Anche se non lo ammetterò mai. Mi sono disperata per la sorte di un uomo e una donna ormai segnata, e così finalmente ho posto un termine, un confine al dolore per la perdita di William… anche se… Questo non significa che non lo ami più, anzi… Me lo porterò appresso ovunque io vada, con chiunque incontri d’ora innanzi ed un pezzo di lui mi resterà addosso come una malattia cronica… Non troverò mai, e ripeto, mai, una cura per liberarmi di lui…
Mi alzo dal letto inciampando per ben due volte sui libri che sono sparsi per terra. L’ordine per me è una cosa ciclica: alcuni giorni è tutto a posto, ma basta che una sera sia in ritardo, o una giornata di tedio, a ribaltare completamente la situazione. Ed è allora che questo appartamento si trasforma nell’antro del demone del caos…(Ehm, deformazione professionale, sorry..) Raggiungo il comò e tiro fuori un fazzoletto di cotone… profuma di lavanda ed è morbido al tatto. Su un lato sono ricamate due lettere:A ed E…
Le nostre iniziali, Angel, ricordi?
Me le aveva cucite mia mamma, pochi giorni prima del matrimonio. L’ho sempre tenuto con cura quasi sacramentale, e non l’ho mai usato. Non so perchè, ma il suo odore era troppo intimo da poter riassaporare. Intriso di ricordi. Di emozioni. Ma stamattina, non ne soffro. Non provo quella voragine affamata al centro del petto. Non mi sento risucchiare nelle spire del passato, ne odo il macabro richiamo dei sensi di colpa. Lo guardo attentamente, e mi appare semplicemente per quello che è: un fazzoletto di cotone bianco. Faccio spallucce e mi soffio il naso. Come a completare la mia rinascita, mi accorgo di essermi beccata pure un bel raffreddore. In fondo è questo il prezzo che si paga per vivere davvero di nuovo.
Fa parte dell’umanità ammalarsi, soffrire, gioire e invecchiare, giusto?
Bene, d’ora innanzi accetterò il pacchetto completo. Non voglio lasciare più niente indietro. Ogni cosa camminerà di pari passo con me, accanto a me. E cresceremo insieme. Avanzo ciondolando come uno zombie appena riesumato (ehm…non posso farne a meno. Lavorate anche voi con Joss per due giorni, e parlerete solo di mostri e creature tenebrose!!), e quasi ad occhi chiusi, cerco a tastoni la caffettiera sopra il banco della cucina. La preparo spargendo un po’ dell’aromatica polverina marrone sul pavimento e accendo il gas. Pochi minuti, e la giusta dose di caffeina scivola nella mia gola, entrandomi presto in circolo come corrente elettrica. Mi attivo e decido che una buona doccia tiepida completerà la mia trasformazione in macchina da guerra e da lavoro. Mentre mi avvicino al bagno, lascio scivolare il pigiama per terra, lentamente e con sensualità. Non so da dove nasca tutto ciò. Credo sia un istinto innato. Un bisogno quasi selvaggio. Al quale non posso porre dei freni. Mi sembra di spogliarmi per un uomo. E fremo. Fuori e dentro di me. Come uno fogliolina sferzata dai primi soffi ghiacciati di dicembre. Come un cucciolo bagnato e affamato. Per la prima volta, dopo anni, mi accorgo di avere delle esigenze. Il desiderio urgente e dolente di un uomo che mi accarezzi, mi stringa a se, mi faccia sua fino in fondo è così nitido nelle mie viscere da spaventarmi. Così caldo e vivido. Assomiglia ad una tavolozza di colori intensi, come l’arancio sanguigno e il rosso rubino. Non c’è posto per il bianco e il nero. Un passo dietro l’altro, e raggiungo l’anta scorrevole del box. Il pavimento di granito grigio è gelido sotto i miei piedi. Ogni terminazione nervosa, trasmette piccole scosse al mio cervello, che sta viaggiando a velocità supersonica, alla ricerca di un motivo, di una scusante. Ma non ne esistono. Non per me. Non oggi. Sono sola. E sono donna. Il mio corpo è acceso come un cerino che si infiamma immediatamente e che emana nell’aria attorno odore di zolfo e fumo… Mi infilo in fretta sotto l’acqua che accendo volutamente più fresca del dovuto. Ben presto, il desiderio si muta in frustrazione e in leggera malinconia. E, senza indirizzare i miei pensieri, essi malandrini raggiungono il viso cesellato e perlaceo di William, le sue labbra profumate di miele, i suoi occhi di laguna, le sue mani salde sulla mia vita sottile, lungo le mie braccia, attorno alla mia nuca…
Maledizione, quanto fa male ancora…
Punge in me come una lama d’argento, che mi si conficca nelle carni e che si contorce ad ogni ricordo, ad ogni odore, ad ogni sensazione… Sono uno strano animale, non c’è che dire… Ho lottato così tenacemente per non far entrare nessuno nella mia fortezza inespugnabile da rasentare davvero la pazzia…ed ora mi ritrovo a desiderare la libertà, la vita e l’amore…dopo aver allontanato, amato e cercato… e dopo aver riassaporato il dolciastro sapore della morte del cuore. Ma non mi fermerò. Non stavolta. Meglio tutto questo, meglio il dolore, la solitudine, meglio un desiderio spento dalle dita ghiacciate dell’acqua, che l’assenza di ciò.
Meglio morire che non aver mai vissuto.
Mi lavo in fretta, organizzando mentalmente la giornata. Anche se è domenica, devo avvantaggiarmi col lavoro, altrimenti la prossima settimana mi ritroverò a non dormire neppure. Dopo essermi asciugata ed aver accarezzato la cicatrice che ho sotto l’ombelico, vado in camera e mi infilo nelle mie meravigliose e comode tute. Raccolgo i fogli sparsi sulla scrivania, li metto per ordine, accendo il vecchio macinino del mio portatile e scarto un dolcetto colmo e stracolmo di calorie. Non appena mi siedo, inforcando gli occhiali, il telefono squilla. Senza nascondere il mio disappunto, mi alzo e prima di rispondere schiarisco la voce con una tossita. Dall’altro capo della cornetta mi giunge la voce tenue di Tara. Ha un’offerta da propormi. “Allora? Vieni?” mi domanda senza la pacatezza che la contraddistingue. Desidera davvero che anch’io partecipi a questi incontri domenicali a casa di Joss. È troppo elettrica la mia dolce amica. Non me ne avevano mai parlato prima. Sembrerebbe proprio che di tanto in tanto durante il periodo delle riprese, alcuni attori si siano ritrovati a casa del regista per trascorrere un fine settimana all’insegna della recitazione e della condivisione di vita normale all’infuori del set. Un modo come un altro per farli socializzare meglio, renderli più uniti.. Chissà, magari Anya e Xander si sono innamorati fra una bistecca ai ferri e un monologo di Shakespeare… “Non so, dovrei lavorare..” le rispondo restando sul vago. Sinceramente, non ho davvero voglia di passare una così bella giornata di sole rinchiusa in questo appartamento ammuffito come una zitella inacidita. Ma al contempo, qualsiasi novità che destabilizzi il precario equilibrio che dopo l’abbuffata di ieri sera è sopraggiunto, mi spaventa. Maledette paure… “Senti Elisabeth, è stato proprio Joss a dirmi di telefonarti. Hai persino il permesso del grande capo, quindi su questo devi stare tranquilla. Comunque, se cambiassi idea, ci ritroviamo lì alle undici.” Ha sempre molto tatto questa ragazza dal volto di un angelo. In fondo, lei lo sa. Sa cos’è che mi angustia, conosce i miei timori. Eppure non me ne parla, non indaga. Immagino se ci fosse stata Anya al suo posto: “Suvvia Buffy, datti una ripulita che assomigli a mia nonna, libera le cosce da questa tuta felpata, ravviva il seno con un reggiseno gonfiabile e spalma un bel rossetto rosso sulle labbra a prova di bacio stile piovra. E poi tesoro, ti ci vorrebbe davvero un po’ di sesso.. ma non delicato ne troppo romantico, no no. Ti ci vuole passione, qualche strana posizione.. lo sai che io e Xander..” Ehm, ecco, qui la interromperei di certo. Alcune volte supera alla grande il limite consentito, ma la sua lingua non conosce freni inibitori. E, sembrerà strano, ma lei riesce sempre a dire, a modo suo ovviamente, quello che in fondo tutti pensano, ma che per ipocrisia o per educazione non dicono. Per questo la stimo: non accetta mezze bugie, ne false parole. “Ci penserò.. – resto in sospeso, e alla fine glielo chiedo.. il dubbio mi condizionerebbe tutta la giornata – lui... lui… ci…” Grazie a dio, Tara corre in mio aiuto, altrimenti questa domanda sarebbe durata almeno per un’ora. “In verità Elisabeth, lui generalmente c’è. Porta sempre birra per tutti e la sua fedelissima chitarra. Oggi però ha detto che non sarebbe venuto perché aveva un appuntamento con.. tu sai chi. Quindi sei libera, da questo punto di vista” Mi viene da ridere per come tara ha chiamato Harmony… “Che c’è?” domanda incuriosita dal mio ghigno. “Oddio Tara, sembrava un pezzo di Harry Potter…. Eh eh, tu che parli dell’oca bionda rifatta come di lord Voldemort… troppo comico” e continuo a sghignazzare come una che si è appena ubriacata. Per fortuna, anche lei mi segue ed insieme diamo inizio a questo momento di libertà. Una volta che mi sono ripresa, ancora con la voce roca, le dico che la raggiungerò. Questa domenica mi divertirò anch’io. Cascasse il mondo.
Allora, riflettendo razionalmente ho optato per jeans e maglietta bianca. Scarpe da ginnastica e maglione blu di lanetta. I capelli li ho raccolti in una coda di cavallo e mi sono truccata appena, giusto il minimo indispensabile per nascondere le occhiaie e la pelle tirata. Esco di casa infilando un paio di occhiali a farfalla e, con borsa a tracolla, mi dirigo a passo spedito verso il bar dove ci siamo date appuntamento io e Tara. Visto che non so dove il nostro Joss abiti, mi accompagnerà lei. L’aria fresca di questa primavera mi stuzzica il viso e mi sento piacevolmente eccitata e serena. Sono certa che una sana distrazione non potrà farmi che bene.
Arriviamo davanti alla meravigliosa villa del nostro grande capo. Un enorme cancello in ferro battuto si apre per farci entrare come due grandi braccia che si allargano. Avanziamo lungo un vialetto di ghiaia. Ai nostri lati c’è un bellissimo giardino curato in ogni dettaglio, con colori caldi e svariati. Parcheggiamo di lato alla dimora degna di un re, tutta in stile moderno, con ampie vetrate e le mura dipinte di un tenue color pesca. Un maggiordomo arriva solerte ad accoglierci e ci fa accomodare all’interno. Mio dio! I miei occhi non riescono a contenere tutto questo splendore! Il pavimento è un arabesco di colori pastello, i mobili hanno forme lineari ed essenziali, non ci sono ne tende ne tappeti, un odore gradevole di pulito vortica nell’aria e si sentono voci familiari provenire da una stanza luminosa alla nostra sinistra. Mentre la raggiungiamo, noto ( e come non potrei farlo?) un’enorme scalinata degna di via col vento… meravigliosa, mastodontica e un po’ troppo appariscente, a confronto del mobilio della casa. Ma diavolo, Jjoss è il re dell’eccesso!! E la sua mente geniale non poteva accontentarsi di linee continue e mancanza di curve. Accidenti, ora che la riguardo, ci sta davvero bene…
La prima cosa che mi colpisce è il grande camino in pietra acceso al centro della sala, aprendosi così in tutte le direzioni. È un vero spettacolo, le lingue di fuoco danzano confondendo lo sfondo che si intravede, rendendo l’atmosfera quasi magica. Attorno al nucleo di fuoco, vi sono ben tre divani a forma di “L” di pelle avana. Le pareti laterali hanno pochi quadri, ma una greca rifinita da un arancione soft, rende tutto molto semplice ma curato, elegante. Di fronte a me, una vetrata lucente ci immerge nel giardino fiorito, e ci fa sentire quasi un’appendice di quell’Eden variopinto. Un uccellino salta dispettoso da un ramo all’altro facendoli oscillare entrambi sotto il suo leggero peso, e tutto avviene in una frazione di secondo. Nello stesso istante in cui io mi accorgo di lui. Il passerotto se ne vola via con un cinguettio acuto. Ed il mondo smette di respirare assieme a me. La terra trema solo sotto ai miei piedi, e le ginocchia dondolano come se fossero diventate budino caldo. Un’ondata di calore gelido mi parte dalle gambe, attraversa il mio ventre in completezza corrodendomi la pelle e si sbatte con violenza lungo il mio collo, fino a raggiungermi il cervello. Avrò, sì e no, la pressione a duecento. Il cuore non lo sento più. L’unica cosa che mi fa credere che sia ancora viva, è la mano salvifica di Tara stretta al mio braccio. Ha intuito all’istante il mio choc, ed ha provveduto affinché io non mi spalmassi per terra come burro di noccioline. Lo fisso come se una strana colla avesse bloccato le mie palpebre e prosciugato le mie iridi. Lui è all’oscuro di tutto ciò…è intento a leggere un libro accucciato sopra ad un cuscino enorme di fianco al divano più lontano. Accanto ha una chitarra, adagiata a terra di sbieco. Mi sembra la creatura più bella del mondo. Anzi, non mi appare come un umano. Ne come un essere celeste. È qualcosa che sconfina oltre il conoscibile e l’etereo…lui sta nel limbo, in quel luogo chiamato cuore. E i suoi tratti somatici sono pregni di esso. Lui ne ha preso dimora. Lui abita in me. Ho la netta sensazione di star per morire, e non mi dispiacerebbe. Lascerei il mio ultimo soffio di vita a lui. Perché solo lui è riuscita a donarmela di nuovo. L’epidermide che ricopre il mio corpo si innalza come un monte verso il sole, e credo che voglia sfuggirmi da addosso…mi sento nuda, indifesa, fragile.. Vorrei solo lui, attorno a me, in me, ovunque…la sua presenza mi sovrasta e mi plagia come un incantesimo potente. In questo preciso istante, in cui non sento nient’altro che noi, mi rendo conto di essermi perdutamente innamorata. E che Angel, assieme a Connor, hanno lascito libero il posto del mio cuore. Solo un lieve profumo di quello che era, è rimasto. Ma è flebile, discreto, gentile. Come i tesori che hanno rallegrato la mia giovinezza e i miei giorni, per tanti anni… Mio marito e mio figlio…mi amano, come io amo loro.
Ma io vivo, ancora. Loro, solo nei mie ricordi.
Quindi, sorrido allegramente e mi preparo alla vita. Joss, da bravo padrone di casa, mi viene incontro con un calice di vino rosso mentre ridacchia a braccetto di una donna sulla quarantina, con bei capelli ondulati di un giallo dolce, come il miele. Ha intensi occhi celesti, accesi e birichini, un nasino ben delineato ma piccolo e un sorriso splendente. È sua moglie, ed io non l’avevo mai conosciuta. “Ecco qua la nostra bella sceneggiatrice, il mio quasi braccio destro! – mi consegna il bicchiere e stringe la mano alla donna che gli sta a fianco – sono lieto di averti ai nostri party segreti, Elisabeth. Questa è Joyce, la mia dolce metà” me la presenta e non appena pronuncia il suo nome, gli brillano gli occhi. È innamorato il grande registra patito di Harry Potter e dalla mente geniale come Einstein… ed è molto tenero in questa veste. La signora allunga la sua mano lunga e ben curata ed io gliela stringo. “Piacere di conoscerla. Non immaginavo fosse così bella, Joss ha avuto molto buon gusto, non c’è che dire... Inoltre, debbo farle i complimenti per la casa, è un vero splendore”. Ci sorridiamo e ci piacciamo subito. Nel frattempo, anche William si è accorto di me. Stranamente, ogni suo movimento, anche se non rientra nel mio campo visivo, viene percepito all’istante. Mio Dio, mi sembra di avere un radar! Mi fa un cenno col capo, e torna a leggere il suo libro. Il mio cuore, ormai abituato a folli corse, si agita, ma poi si rilassa come a trattenere il fiato prima di saltare nel burrone. Dopo il primo attimo di panico paralizzante, vedo che in sala ci sono quasi tutti gli attori: Willow, Xander e Anya, Faith e Dawn. Inoltre, c’è un altro ragazzo, che ha fatto una comparsa durante una delle ultime puntate. Mi sembra si chiami Riley, ed è un bel giovanotto, alto e robusto, con gli occhi grigi e i capelli castano chiaro. Assomiglia vagamente al mio Angel, anche se mio marito era di certo molto meglio. I suoi occhi neri, mi parlavano da soli. il suo sorriso contagioso, splendeva nei lineamenti sempre lisci e misteriosi. Il mio compagno…era bello. E me lo ricordo bene, come se l’avessi visto un attimo fa…. Ma ora il mio sguardo è catturato da una chioma bionda che spicca tra l’avana dei divani e il calpestio delle persone. William ha gli occhi più spaziosi del cielo…e della terra messi insieme. Ogni angolo, ogni anfratto, ogni crepa o solco del mio cuore martoriato, è colmo di lui. Di ciò che provo nel vederlo. Stracolma di William, di quello che mi ha ridato, di quello che sono riuscita a provare con un suo solo respiro… Sorseggio il mio vino lasciando che l’alcool mi si spanda nella bocca come una medicina succulenta e, dopo aver dato un’occhiata di finto rimprovero a Tara, mi getto nella mischia. E giuro, che cercherò di prendere tutto il buono possibile e immaginabile da questa giornata. È giunta ora di pranzo ed un maggiordomo tutto composto, ci ha fatti accomodare in un’altra stanza, anch’essa molto lineare e senza troppi fronzoli. Al centro c’è una lunga tavola imbandita, e da sotto la tovaglia spuntano dei piedi in ferro battuto, lavorati come zampe di leoni. Anche qui un’intera parete è ricoperta da una vetrata luminosa che dà su un’altra angolazione del giardino. Non ci sono solo piante e fiori, ma una fontana zampillante, che gorgoglia come un ruscello di montagna. Nei suo schizzi, si può scorgere il riflesso dell’arcobaleno che il sole crea coi raggi tiepidi del mezzogiorno. Sulla destra c’è una vetrina di legno chiaro, e al suo interno fanno sfoggia soprammobili di Capodimonte, Swarowsky, calici di cristallo, coppe di vetro soffiato, piatti di porcellana rifiniti in oro, porta cioccolatini dipinti a mano e firmati…insomma, un tripudio di artigianato di classe. Dall’altro lato, a sinistra, c’è un divanetto piccolo e un angolo bar, rigorosamente in legno di frassino, con una specchiera sullo sfondo che amplifica la già notevole quantità di liquori esposti dietro al banco. Abbiamo preso posizione ed io sono in mezzo fra Willow e Tara. William è sempre nella mia fila, accanto a Tara e Xander. Dal mio arrivo non ci siamo mai parlati. Solo qualche frase gettata là in mezzo agli altri. Deve essere rimasto male anche lui del mio arrivo. Non se lo aspettava, proprio come me. E sono certa che stia facendo tutto il possibile per evitarmi.
Davanti a me c’è quel Riley di cui parlavo prima e devo dire che è abbastanza simpatico, anche se nessuno regge il confronto delle barzellette di Xander e del sarcasmo di William… Accidenti!... rieccolo qui, a far da padrone nei miei pensieri, come un re spodestato che non vuol lasciare il proprio regno. La corona che porta ancora mi circoncide la mente e mi stringe il cuore. Il suo scettro trapassa la mia ragione e le mie paure.
Come farò quando lui non ci sarà più?
Come potrò mai riprovare tutto questo, senza di lui?
Dopo Angel, dopo Connor, dopo la morte, non avrei mai sperato ancora nella vita…ma, come un miracolo divino, è accaduto… e adesso, il futuro mi appare incerto. Mangio con appetito e di tanto in tanto mi lascio cullare dal timbro caldo della sua voce, che mi giunge come il suono di uno strumento musicale. Io e Tara parliamo di tutto un po’. Mi racconta di aver buttato giù la trama del film che aveva in mente e che presto prenderà accordi con degli attori che conosce. Mi ha anche chiesto un parere, come sceneggiatrice. Le ho detto che sarà un vero piacere aiutarla. Per tutto il bene che mi fa, questo ed altro le dovrei per essere pari. Anzi, non lo saremo mai.
Siamo arrivate al dolce e sgrano gli occhi quando mi si presenta una mousse al cioccolato con una montagna di panna montata sopra. Sento attorno a me le altre che la rifiutano cortesemente. Faith inizia a blaterare riguardo alla dieta e ai brufoli, Dawn dice che è allergica al latte ma non credo dica la verità, Willow elenca mille motivi, da una tradizione ebrea alla colica che ha avuto tre giorni fa, ed il suo discorso è più convincente delle altre due, anche se a me non la dà a bere. Io, Tara e Anya invece accettiamo di buon grado e rinfranchiamo i nostri sensi più profondi, con una buona dose di cacao. Non c’è niente di meglio per sconfiggere le pene d’amore e la depressione dello spirito. Riley mi guarda e ride. Anche lui si è mangiato tutta la mousse ed ora giocherella col cucchiaino sul piatto sporco. “Che c’è?” gli chiedo, notando che non stacca i suoi occhi da me. Probabilmente, sto mangiando come un maiale e mi sarò imbrattata anche il mento… “Sei una vera golosona, eh?” mi dice continuando a ridere. “Sì – ammetto – e questo suscita in te un attacco simile di ilarità?” sono perplessa.. non è che questo qui si droga?!? “Non solo questo – e si allunga sopra il tavolo verso di me – è che sei un vero disastro. Sembri una bambina alle prese con un dolce molto più grande di lei” e con la mano, raggiunge gli angoli della mia bocca e me li pulisce col tovagliolo. Senza che io mi accorga in tempo di tutto ciò, mi ritrovo le sue dita che strusciano lievemente sul mio labbro inferiore. Ed il suo gioco è talmente ben studiato, che nessuno se ne accorge. Solo Tara, che mi è accanto, si agita un po’ sulla sedia e tossisce allusiva. Lui indugia ancora un secondo, sorridendomi dolcemente e poi torna a mettersi composto. Ma il suo sguardo, non mi abbandona. Mi sento le guance in fiamme e una strana agitazione si impossessa di me. Ma non è piacevole. Non è simile alla tensione calda che sento con William, di fronte ad ogni un suo tocco…questo, al contrario, è stato solo imbarazzante e fastidioso. Cerco di scordarmene il prima possibile e mi volto verso Tara. Lei mi interroga con lo sguardo ed io scuoto il capo in un gesto di dissenso. Dietro di lei, William mi guarda di sfuggita. Vi è un mare agitato in quel blu camaleontico che sono i suoi occhi inquieti. E, non so se è il mio cuore a crederlo, ma noto tristezza. E disappunto. Torno a fissare la mia amica che mi stringe una mano sotto il tavolo. Il pranzo è finito. Ora si aprono le danze. Ed il teatro entrerà in azione.....TBC
Ultima parte
Il camino arde sempre intensamente e, un po’ per il vino, un po’ per il calore della stanza, mi gira la testa e mi sento rilassata. Willow ha letto or ora alcune poesie di Pablo Neruda, e Joss le sta commentando cercando di spezzarle meglio per noi menti semplici. Mentre farfuglia parole ad effetto e sguardi allampanati, Tara mi porge un cartoncino di pop corn…accidenti, questi sono incontri per farci ingrassare, altro chè! Infilo le mani e prendo due grosse manciate di quei fiorellini bianchi, e inizio a sgranocchiarli voracemente. Joss finisce il sermone sull’amore vero e quello immaginario, e lascia la parola ad una persona che amo… e che, come un dio greco, si posiziona davanti a noi, concentrato e serio. I colori accesi del camino lo colpiscono da dietro. La luce obliqua del pomeriggio, quasi lo raggiunge attraverso i grandi vetri trasparenti. Tutti restiamo zitti, immobili. La sua voce parte, e ci trasporta leggeri verso i primi del ‘600, lungo l’antica cittadina di Londra…che si protrae fino alla Scozia, dove il narrare diviene immagine.. e la fantasia scorre veloce, assumendo forme, corpi e rumori. Da una pagina del Macbeth, William inizia il suo monologo.
<< Domani, e poi domani, e poi domani… di giorno in giorno, striscia col suo piccolo passo, ogni domani per raggiungere la sillaba postrema del tempo in cui serve la memoria. E tutti i nostri ieri han rischiarato, i pazzi, quei sentieri che conduce alla morte polverosa. Spegniti dunque, ormai corta candela! La vita è solo un’ombra che cammina: un povero istrione, che si dimena, e va pavoneggiandosi sulla scena del mondo, un’ora sola: e poi, non s’ode più. Favola raccontata da un’idiota, tutta piena di strepito e furore, che non vuol dire niente. >>
Oh, maledizione!.. mi sento morire. Precipitare, come se mi avessero legato un masso al collo, e mi avessero spinto dentro un mare in burrasca. Mi manca l’aria, e il cuore mi pulsa agitato nelle tempie. Tutti tacciono, ancora. Colpiti dall’interpretazione tanto reale e sentita del nostro attore. Già, decisamente reale.. così reale, che mi sono rivista dinanzi Angel e Connor, coperti di sangue e sorretti solo da un sottile e flebile rantolo… ed erano reali. Per me, tre anni fa, lo sono stati davvero. Mi metto in piedi nell’esatto istante in cui William si rimette seduto. “Voglio un caffè!” dico lapidaria, quasi urlando. Per fortuna mi accorgo dell’impostazione impetuosa che ho dato alla mia richiesta, e riesco a correggermi in tempo. Tre secondi prima, che gli altri pensino che io sia pazza. “Ehm, sì, avrei bisogno di un caffè… troppo vino, credo.. e poi la toilette, per favore” chiedo gentilmente guardando Joss, che sembra non fare caso ai miei repentini cambiamenti. Tara invece mi guarda perplessa ed io, con un sorriso forzato, cerco di tranquillizzarla. Ma non credo la berrà. Joss chiama il maggiordomo, che mi fa gesto di seguirlo. Senza voltarmi, esco dalla sala e sento di già pungermi gli occhi. Mio dio, sto per riversare tutte le lacrime del mondo proprio adesso, in questa casa sperduta, senza una spalla su cui appoggiarmi, senza un conforto, sola e abbandonata.. Per fortuna, riesco a raggiungere in tempo il bagno Con la voce strozzata, getto là un rapido < grazie > verso il maggiordomo che tutto compìto se ne và, e mi richiudo con estrema rapidità, la porta alle spalle. Mi accascio al suolo, scivolando di schiena su di essa.
Piango, come se non avessi mai sofferto prima.
Come se non avessi mai avuto lacrime tanto salate e corpose negli occhi.
Come se potesse finire tutto qui.
Come se tutto, potesse rinascere, da qui. Come se non avessi mai avuto lacrime tanto salate e corpose negli occhi. Come se potesse finire tutto qui. Come se tutto, potesse rinascere, da qui.
Non so se è succede a tutti, ma quando il dolore diventa talmente impetuoso da sconfinare oltre gli argini, il tempo galleggia in una dimensione soggettiva. È per questo, che non saprei affermare con precisione da quanto tempo sono qui dentro. So solo che ho imparato a memoria il numero di mattonelle sul muro davanti a me, saprei disegnare una cartina dei servizi igienici anche ad occhi chiusi, potrei dipingere a distanza di giorni, i disegni in bassorilievo che decorano la greca attorno alla vasca da bagno. Sono in uno stato di completo ebetismo. Ho smesso di piangere già da un po’, e sento i muscoli abbandonati a loro stessi. Sto valutando davvero l’ipotesi di tornare a casa da sola, magari a piedi, oppure potrei fare l’autostop…forse ancora esiste qualcuno che può dare un passaggio ad una vedova sola e senza speranza…magari, esiste una qualsiasi persona disposta ad ascoltarmi, ad accettare il mio passato, il mio dolore, insieme a me… Ricordo le parole del monologo: < la vita è solo un’ombra che cammina…favola raccontata da un’idiota…che non s’ode più.. > Ebbene sì. È vero. Questo è stata la mia vita fin’ora. Un’ombra di ricordi, di rimpianti. Una favola che mi sono raccontata da sola, illudendomi, credendo di trattenere chi ormai non c’era più, solo negandomi la felicità. E l’idiota, sono io. Ed è il mio cuore che non si ode più. Sono morta dentro. O meglio, lo ero. Perché questo pianto, insieme a tutto quello che ho sentito e provato fino ad oggi, significa che qualcosa di vivo si è rimpossessato di me. Oggi, sto combattendo affinché il suono ritmico e vibrante del mio cuore, si possa sentire ancora… perché l’idiozia si trasformi in conoscenza…perché l’ombra si rimpossessi del corpo al quale era stata strappata. William.. è solo questo il nome che mi torna alla mente e che pulsa dentro di me come un tamburo…
Mi rialzo, sciacquo il viso, sorrido allo specchio e faccio un respiro profondo. Esco dal bagno e mi ritrovo davanti il maggiordomo. Che mi abbia aspettato fino ad ora? Oddio, forse sì…e forse ha sentito i miei singhiozzi.. Timidamente, gli chiedo se mi indica la cucina. Voglio ancora quel caffè iniziale, e voglio farmelo da sola. Me lo gusterò fino all’ultimo sorso. Il maggiordomo ha storto leggermente la bocca quando gli ho detto che me la sarei cavata senza il suo aiuto. Forse ha paura di essere ripreso per questo. Mentalmente mi appunto di spiegare poi a Joss l’accaduto. Mentre cerco di incastrare la cialda nella macchina per l’espresso, alcuni passi mi giungono alle spalle. Mi volto per vedere chi sia, e non respiro più. È William.
“Stai bene?” domanda guardandomi in faccia. Che sia stato preoccupato per me?? “Sì, è tutto ok. Ho avuto solo un prolungamento nella mia visita al bagno… sai, la mousse al cioccolato può fare strani scherzi” gli rispondo cercando di fare la seria, ma lui prende a ridere. Ed io mi unisco a lui. Ma dura poco. Troppo poco. Le sue mura di difesa, si ergono alte e rapide. Non mi permetterà di avvicinarmi, lo so. Mi rivolto e continuo nell’impresa impossibile. “Ti serve una mano?”mi chiede e lo sento avvicinarsi. “A dire il vero, non riesco a ficcare questo coso che tutto sembra meno che caffè, qui dentro” spiego, e me lo ritrovo di fianco. Non ho il coraggio di alzare lo sguardo verso di lui. William ghigna divertito, e allunga un braccio. “Dammi, faccio io” dice e prende la cialda dalla mia mano, sfiorandomi le dita. Trattengo a stento un sussulto, cercando di mantenere un contegno. Non posso saltargli addosso, non ora.. soprattutto dopo averlo rifiutato, dopo avergli detto che non lo avrei mai amato, dopo avergli confessato invece che tutto era cambiato, e che.. Mamma mia, che bel casino che mi sono messa su da sola! Davvero brava Elisabeth, una grande sceneggiatrice, non c’è che dire! Lui continua ed io mi sposto per farlo lavorare meglio. In due mosse veloci, il caffè è pronto ed io mi sento un’inetta. “Ecco fatto” e mi porge la tazzina fumante. “Ah.. bene. Sembrava più difficile, prima.” Abbozzo, per non sfigurare. William fa spallucce. “Non devi giustificarti, anch’io la prima volta sono impazzito con quell’aggeggio infernale” “Davvero?” gli chiedo incredula. “Sì, sì. Come quella volta con la videocamera digitale. Ti ricordi in quel negozio al centro commerciale, quando il commesso cercava di spiegarmi come si accendeva ed io che invece continuavo a staccare e riattaccare la batteria??” mentre lo dice, fa il gesto con le mani. Lo stesso che fece quel pomeriggio, quando ancora eravamo amici e tutta questa lontananza non ci aveva diviso. “Già, e poi lui poverino alla fine rinunciò. Che ridere, ancora mi sembra di rivederlo: affranto, confuso e un po’ scioccato” Un momento di serenità cala fra noi, e l’atmosfera è leggera. Mi sento come un tempo, quando mangiavamo biscotti sul divano del mio appartamento. In sintonia, come i tasti di un pianoforte. Ma il silenzio ripiomba simile a cemento fuso sopra di noi. E mi schiaccia sotto il suo peso. Lui è più forte, le sue spalle larghe potrebbero sorreggere tutto il mondo, se ce ne fosse il bisogno. “Ne vuoi una tazzina anche tu?” gli chiedo per allentare la tensione. “No, grazie, anzi, ora torno di là” e si stacca dal bordo della penisola al quale era appoggiato di schiena. “Ok. Dì agli altri che sto per arrivare” Annuisce col capo e si incammina verso la porta. Io mi rigetto nella mia malinconia, quando lui si volta di scatto e torna indietro. Si passa agitato una mano fra i capelli, e fatica un po’ a guardarmi negli occhi. Lo fisso perplessa. Cosa vuole dirmi?? Cos’è che lo turba così tanto?? Ti prego, Will, parla, altrimenti ne morirò…
“Sei felice, Elisabeth?” Eccola qua, la domanda da un milione di dollari. “Vuoi la verità?” ribatto. “Sempre” dice piano. “Alcune volte sì… altre, come oggi pomeriggio, no. Ma è normale, credo. Non me ne faccio un problema. O meglio, me ne faccio visto che mi sono rinchiusa in bagno per non so quanto tempo a piangere…” Non è proprio la pura verità, ma non è nemmeno una bugia. Manchi solo tu, amore mio, per rendermi completamente felice. Solo tu. “Mezz’ora – lo guardo interrogata e lui si spiega subito – ci sei stata mezz’ora in bagno. E se vuoi, posso andarmene… ti capisco se la mia presenza ti è di-“ Ma lo fermo. Non voglio assolutamente che lui pensi questo di me. E neppure di se stesso. “No, no, no, William.. non è colpa tua. Assolutamente. Sono io, l’unica cosa sbagliata in tutto questo, sono io” Senza accorgermene, mi sono avvicinata di molto a lui. Siamo uno di fronte all’altra. Faccia a faccia. “Forse abbiamo sbagliato entrambi, non credi?” com’è dolce il suono della sua voce adesso. Mista ad un velo di tristezza. Potrebbe condurmi nuovamente al pianto, ma non glielo permetterò. “Forse…ha importanza per te saperlo ora?” Glielo chiedo. Voglio saperlo se ancora c’è speranza. Se quello che avevamo può tornare a fiorire come un bocciolo congelato dal freddo, ma riscaldato da un timido sole primaverile. Aspetta un attimo, e infine scuote la testa. “No, non ne ha.” Sospira e si volta, dandomi le spalle. Fa due passi e si blocca di nuovo. “Comunque, per quello che vale, mi dispiace.” “Anche a me… - ma non ce la faccio e devo, ho l’urgenza di chiederglielo – stai… stai con Harmony, ora?” Gira appena di lato il volto, ed io posso scorgere solo il suo profilo tagliato dalla luce. “Sì. – tace, respira pesantemente e sospira – e tu hai qualcuno?” Mi torco le dita e abbasso gli occhi. Dovrei dirgli che sì, ho un amante, uno stallone pronto a soddisfare le mie esigenze, un compagno che mi ama e che io amo… Ma dire una bugia a questo punto, non ha più senso. In fondo, il tempo delle conquiste è finito. Anzi, non c’è mai stato. “No. Sono una single che si dimena fra lavoro e tormenti… - ridacchio fra me e me, per l’ironia di questa sorte tanto beffarda – e ti auguro di essere felice con lei, William. Dico sul serio” Ormai trovo il coraggio di alzare di nuovo lo sguardo.
Il mio amore perduto è davanti a me.
Resta immobile per alcuni secondi che rasentano l’eternità. Poi annuisce col capo, silenziosamente. Non muove un muscolo. E, senza voltarsi, esce dalla cucina. Neppure un sospiro, odo. Neppure un minimo rumore o alito di dolore. Niente. Ed io resto sola, qui dentro, assieme al mio niente. Il pomeriggio trascorre veloce, in compagnia dei ragazzi. Tara, appena sono tornata in sala, mi ha presa in disparte e mi ha chiesto che fine avevo fatto. Le ho spiegato, che è dura riabituarsi alla vita dopo tanta morte. Lei mi ha appoggiato una mano sulla spalla e mi ha sorriso. Abbiamo parlato di tante cose, dalla letteratura ai dipinti di Joss. Abbiamo cantato canzoni accompagnati dal suono della chitarra di William e dalla sua calda e avvolgente voce. Anya e Xander hanno ammesso pubblicamente di stare insieme. Non che ci fosse ancora qualcuno che non lo sapesse, ma credo che per loro sia stata come un’ufficializzazione, per asserire finalmente l’importanza del loro rapporto agli altri e, prima di tutto, a loro stessi. Willow mi ha raccontato del suo legame con Andrew, che a quanto pare, sta procedendo. Hanno in comune la passione per il cinema e per i libri. Dawn invece mi ha dato consigli sul trucco che, a dirla tutta, non mi interessano affatto. Faith invece è stata sempre sulle sue, dando di tanto in tanto, una leccatina a Joss, per farsi notare come il suo solito. Devo dire, che spesso si è accostata a William, facendogli le fusa e ridendo come una sciocca ad ogni sua battuta. Al bell’imbusto non è dispiaciuto, anzi... Gli piace essere corteggiato. Buon per lui. A me questo non basta. Riley mi segue con lo sguardo ad ogni movimento. Mi inquieta un po’ il suo atteggiamento da predatore, anche perché non sembra voglia solo conquistarmi. Sembra invece che voglia catturarmi e magari riportarmi per cena. Io resto attaccata a Tara, come se la vicinanza della mia amica mi proteggesse dal mondo, e soprattutto dagli uomini con gli ormoni a mille. Verso la fine del pomeriggio, quando fuori il cielo si imbrunisce, Joss ci saluta. Ma prima, ci fa sedere e resta in piedi davanti a noi. E mi chiama al suo fianco. Io lo seguo un po’ interdetta. Mi sembra di essere a scuola. Mica vorrà farmi domande difficili, vero?? Aiuto, sto per andare in palla! “Allora ragazzi, siamo giunti alla fine delle riprese. Fra un mese e mezzo, il nostro viaggio finirà, e come sempre, per me è come se mi staccassero un pezzo di vita. Ma sappiate che ci sarà un’altra serie. L’ultima. E che ho grandi idee per questa. Ma ora, vorrei che Elisabeth vi riassumesse velocemente gli ultimi colpi di scena che registreremo i prossimi giorni. A te la parola, ragazza, vai e stupiscici!” Mi fa un gesto di incoraggiamento con la mano e poi si mette seduto vicino a sua moglie. Io resto in piedi come un baccalà. Li guardo uno per uno e mi vergogno da morire, ma poi il mio istinto prevale. In fondo, fare la sceneggiatrice, è la cosa che mi riesce meglio. “Allora, questo finale di serie sarà in linea con tutta la storia. Ci saranno vari colpi di scena come ha annunciato Joss, e so già che qualcuno di voi li conosce. Tara verrà uccisa da Warren. Willow, totalmente distrutta da ciò, passerà al lato oscuro della magia e tenterà di distruggere il mondo. Dopo il tentato stupro di Spike verso Buffy, il vampiro se ne andrà alla ricerca di qualcosa che lo possa cambiare. Al momento, non so neppure io cosa Joss abbia in mente. Spero ce lo rivelerai al più presto. La Cacciatrice si troverà a dover fronteggiare la sua migliore amica, e sarà uno scontro violento, ma profondamente triste. Infine, quello che bloccherà la distruzione del mondo da parte di Willow, non sarà la magia, ne la forza sovrumana. Sarà l’amore dell’amicizia che le donerà Xander. Così verrà scongiurata l’ennesima apocalisse: con un abbraccio fra due amici.” Concludo e torno seduta. Il grande capo annuisce. “Allora, ci sono domande?” chiede poi. “Sì, ehm – si intrufola Anya – non è mica che il mio Xan e Willow dovranno baciarsi, vero? Perché a quel punto potrei anche agitarmi un pochino” minaccia con la sua solita aria sfrontata. Tutti ridiamo, mentre Xander le si avvicina e la bacia su una guancia. “Tesoro, nessuno potrebbe mai dividermi da te. Anche perché rischierei l’evirazione..” e ridacchia, dopo essere stato colpito ripetutamente su una spalla. “Fra me e William ci saranno altri baci? – domanda fintamente in imbarazzo la nostra Faith, assumendo un’aria da santarella che proprio non le si addice – perché se così fosse, già ti dico mio caro di tenere la lingua a freno, ok?” e lo guarda dondolandogli il dito davanti in un gesto di ammonimento. Lui ghigna e assume quell’aria sexy che gli appartiene. E che mi fa sciogliere ogni volta. “Sta tranquilla dolcezza. La mia lingua è riservata solo a poche elette, e tu non sei nella lista. Almeno non nei prossimi venti anni” e alza il sopracciglio con la cicatrice. Poi, repentino, mi guarda, sfuggendomi subito. Dio mio William, io conosco la tua lingua, i tuoi baci, il tuo calore…ed è meraviglioso essere stata un’eletta, anche se per pochi attimi… è stato il paradiso.
“Scusate se blocco il vostro colloquio così interessante, ma vorrei sapere una cosa. Dovrò rimettere quelle lenti odiose per far diventare l’iride più grossa e nera?” domanda Willow preoccupata. “Sì, ce ne sarà bisogno e anche per parecchie scene” le risponde Joss. Lei sbuffa. “Accidenti, le odio. Devo farmi gli impacchi di camomilla per una notte intera. poi.” Ancora altre chiacchiere, un ulteriore bicchiere di vino, e piano piano ce ne andiamo. William è il primo a partire. Sale in sella alla sua moto e scompare nel buio della notte che fuori è calata. Prima di andarsene mi saluta leggermente. Domani lo rivedrò agli studios. Ed il nostro lavoro terminerà a breve. Tutto finirà. Ma non ciò che provo per lui. Quello sarà eterno. Io e Tara siamo le ultime a lasciare la grande villa moderna. Joss mi consegna alcune bozze dei dialoghi e mi chiede di correggerli. Lo sapevo che c’era la fregatura! Ti invitano ad una giornata di svago, e ti infilano là altre cinquanta pagine da leggere, smembrare e revisionare. Bene bene… vorrà dire che inizierò già da stanotte a non dormire.
Siamo già sul portone che il grande capo ci richiama e ci consegna il libro di poesie di Neruda. “Ridatelo a William, io domani non ci sarò e quello là senza i suoi libri va in tilt!” Lo dà a me ed io lo stringo fra le mani. Questo piccolo tomo è stato sfogliato, accarezzato, bevuto e sentito dal mio amore. Quando siamo in auto, lo sfoglio. Vado alla ricerca di una traccia di lui. Tara mi lascia stare. Lascia che questo momento sia solo mio. Trovo una pagina segnata. In fondo, c’è scritto a matita: < per lei >. E la poesia che leggo sopra, mi toglie il fiato.
SE TU MI DIMENTICHI Voglio che sappia una cosa. Tu sai com'è questo: se guardo la luna di cristallo, il ramo rosso del lento autunno alla mia finestra, se tocco vicino al fuoco l'impalpabile cenere o il rugoso corpo della legna, tutto mi conduce a te, come se ciò che esiste, aromi, luce, metalli, fossero piccole navi che vanno verso le tue isole che m'attendono. Orbene, se a poco a poco cessi di amarmi cesserò d'amarti a poco a poco. Se d'improvviso mi dimentichi, non cercarmi, ché già ti avrò dimenticata. Se consideri lungo e pazzo il vento di bandiere che passa per la mia vita e ti decidi a lasciarmi alla riva del cuore in cui affondo le radici, pensa che in quel giorno, in quell'ora, leverò in alto le braccia e le mie radici usciranno a cercare altra terra. Ma se ogni giorno, ogni ora senti che a me sei destinata con dolcezza implacabile. Se ogni giorno sale alle tue labbra un fiore a cercarmi, ahi, amor mio, ahi mia, in me tutto quel fuoco si ripete, in me nulla si spegne non‚ si oblia, il mio amore si nutre del tuo amore, amata, e finché tu vivrai starà tra le tue braccia senza uscir dalle mie.
Parla di noi. E, in una richiesta muta, mi invita ad agire. A cambiare. So per certo che domani gli riconsegnerò questo libro. E sono convinta, che da domani gli consegnerò anche me stessa. Elisabeth, si trasformerà. E lotterà per il suo amore.
Mi sto preparando per uscire di casa, quando Andrew mi telefona e mi avverte che le riprese oggi si faranno dopo il tramonto. “Ordini del grande capo in persona” afferma ed io annuisco. Riaggancio la cornetta e mi dirigo in sala, gettandomi letteralmente sul divano. Dovrei approfittare di questa mezza giornata libera per avvantaggiarmi sul lavoro, ma non ne ho voglia…fuori il sole esce a sprazzi, celato da alcune nuvole birichine…e mi decido a fare una pazzia. Esco in fretta con la borsa a tracolla e chiamo un taxi. Gli do l’indirizzo e mi rilascio sul sedile posteriore sbuffando per la corsa. Il più è fatto. Anzi, no. Ora viene il pezzo forte. Mi concentro e organizzo un discorso che al momento fa acqua da tutte le parti. Ma devo farcela. Devo sorpassare la linea gialla ed entrare oltre il fossato. Devo raggiungerlo.
L’auto si ferma e fuori inizia piovere. Sempre la solita fortuna sfacciata, eh Elisabeth?? Pago la corsa e di fretta esco dall’abitacolo, inciampando come una cretina.. È che sono talmente agitata.. mamma mia, nemmeno al college ero così insicura e tesa per dire solo quattro parole.. a dire il vero, sono di più.. e sono molto importanti per me. Traggo un respiro profondo, e mi intreccio nelle porte girevoli. Sto facendo una magra figura, dio mio.. Il caldo dell’albergo, mi stordisce all’inizio ma poi diviene piacevole. Come un cane che scuote il pelo, mi tolgo di dosso le goccioline di acqua che sono restate impigliate nel mio giacchetto di jeans. Mi aggiusto alla meno peggio i capelli che per l’umidità si sono increspati e mi guardo intorno. Eccomi qui, di nuovo in questo posto dove tutto è cominciato. Una leggera malinconia mi assale, ma non le lascio il tempo di commuovermi. Quasi corro verso l’ascensore, mentre la segretaria della hall mi riconosce a mi fa un cenno di saluto. Sgattaiolo in fretta, per paura che mi blocchi e magari inizi a fare domande, allungando ulteriormente la mia agonia. Appena dentro l’ascensore, e per fortuna sono sola, mi passo un po’ di lucidalabbra e mi guardo allo specchio. Sono uno straccio, un surrogato della bella ragazza che ero un tempo. Mi do alcuni pizzicotti sulle guance per ravvivare il pallore cadaverico che mi porto appresso da un po’, e tiro fuori il libro di Pablo Neruda. La porta si apre con un fischio. Le pareti coperte di stoffa morbida tendente al verde pastello, emanano calore. Mi ricordo a memoria il numero della camera e mi dirigo diritta e senza esitazione. Ho il cuore che batte a mille. Ho una marea di pensieri, ma non una parola da dire. le mani mi sudano e le ginocchia vibrano come se ci fosse il terremoto. Arrivo e mi fermo un istante.
Camera 1204. E’ la sua. Lui è qui dietro. E non mi sta aspettando. Un dubbio mi assale. E se lo trovassi in dolce compagnia?? Appoggio l’orecchio al legno chiaro della porta e affino l’udito. Niente. Grazie a dio, non sento nessun rumore compromettente. Ne strani ansiti o gemiti… Cerco un controllo che non ho e quando ne ottengo un minimo, tossisco. La mia mano destra si alza sotto il comando del cervello ormai ridotto in pappa e bussa. Le nocche mi dolgono appena. Forse, ho impiegato troppa forza. Smettendo di ragionare, di respirare e di contare il battiti a mille del mio cuore, aspetto.
Un minuto.
Due minuti.
Cinque minuti.
“Maledizione! Telefona prima, Elisabeth!” mi rimprovero a voce alta e le mie funzioni vitali riprendono finalmente il loro cammino. Mi allontano col cuore pesante e una dozzina di capelli bianchi in più per l’ansia. Sono così presa da me stessa e dalla mia frustrazione, che non sento una voce chiamarmi. La terza volta, a dire vero quasi urlato, riconosco il mio nome. E la sua voce. Mi giro di scatto. Nel movimento brusco, una caviglia mi si torce dolorosamente e mi piego sulle gambe. Gemo come un cagnolino che guaisce e per la seconda volta in nemmeno un’ora mi accorgo di assomigliare di più ad un quadrupede a quattro zampe e pure peloso, che ad una vedova sceneggiatrice senza un uomo. Ma porca miseria, devo sempre essere così imbranata! William fa un passo nella mia direzione, ma con una mano gli faccio cenno che va tutto bene. Zoppicando, lo raggiungo sulla porta. Ha i capelli bagnati e odora di bagnoschiuma. Stava facendo la doccia, ecco perché c’ha messo tanto. Indossa una tuta ed ha l’aria di uno che vuole stare sul divano a poltrire per tutto il giorno. Come lo capisco…e forse avrei fatto meglio anch’io a restare quatta quatta in casina, invece che rompermi l’osso del collo lungo un corridoio dei più prestigiosi alberghi di Los Angeles per dire ad un uomo che ha affermato in tutte le salse che non mi ama più.. oddio! per dire cosa?!? Ecco, sono totalmente in palla…vorrei morire qui. Per giunta la caviglia mi fa un male boia e forse si gonfierà. “Stai tentando di romperti un osso per arrotondare lo stipendio? L’assicurazione ti paga anche per questi infortuni?” domanda sarcastico ed io lo fulmino con lo sguardo. Ma non mi riesce bene, il dolore è troppo forte al momento. “Se riesco a camuffarlo come incidente di lavoro, potrei superare persino il budget che hai come attore…e visto e considerato che sono qui al fine di non farti impazzire, credo che anche questo possa essere elencato come mia mansione. Faccio parte della troupe, e debbo pensare all’incolumità di voi attori.” Le parole mi escono un tantino a stento, ma riesco comunque ad assumere la mia aria più decisa.
Se solo sapesse che tornando ho nel cuore a stargli così vicino…
Mi guarda come se fossi un extraterrestre or ora sbarcato da Marte. Non ha capito un tubo di quello che gli ho appena detto, e non posso dargliene torto. Sto per iniziare la mia spiegazione, ma lui mi precede. “Perché dovrei impazzire?” mi chiede alzando il sopracciglio tagliato. Accidenti, William, ma tu lo sai l’effetto devastante che questo tuo gesto ha su noi povere mortali?? Non puoi farne un uso tanto parsimonioso.. fra poco, dovrai portarmi in ospedale per infarto, altrimenti! Gli sorrido furbescamente e gli sventolo davanti il libro di Neruda. “Ecco perché. Te lo sei dimenticato ieri a casa di Joss. È stato lui a pregarmi di portartelo, dicendomi che senza i tuoi libri non puoi stare. Ed io, come da contratto, ho adempiuto al mio dovere” gli dico soddisfatta. Mi sorride e si passa una mano fra i capelli. Se non lo conoscessi, direi che è in imbarazzo… ma non può essere, insomma non con me. O forse sì?
“Grazie, Joss mi conosce bene a quanto pare” e lo prende, iniziando a sfogliarlo. Il destino gira a mio favore, caso strano, perché si sofferma un attimo sulla pagina segnata. Prendo la palla al balzo, e gioco la mia prima carta. “L’ho letta – ed indico la poesia in questione – è molto bella. Sono stata indiscreta forse, ma non ho resistito”. Si blocca nell’esatto istante in cui glielo dico. Non alza il viso, ma continua a fissare quelle parole. Poi, tutti i suoi lineamenti si tendono. E gli occhi gli si bagnano appena.
Che cosa sta accadendo?
Aspetto che lui mi risponda, alluda, persino mi rida in faccia, ma non arriva niente. Per alcuni secondi, restiamo zitti sulla soglia della camera 1204 dell’albergo. Come due perfetti estranei. Infine, trova il coraggio e mi guarda. Ha di nuovo il controllo di se e delle proprie emozioni. E i suoi occhi sono di ghiaccio. Freddi e lontani come lande desolate. Come la bianca pianura del polo nord. “Grazie per avermelo portato, ma adesso devo rientrare. Sto aspettando qualcuno” la sua voce esce piatta, senza flessioni. E un maremoto di fuoco gelido mi si sbatte addosso con violenza. Non mi fermerò. Andrò oltre il suo rifiuto. “Ti andrebbe di bere qualcosa? Non so a che ora tu abbia questo appuntamento, ma potremmo ingannare il tempo insieme, nel –“ ma mi zittisce in un battibaleno. “No, non posso. Scusa” e spera che sia finita qui la nostra conversazione. Invece no, mio caro…non ancora. “Aspetti Harmony?” diretta e semplice. Una bella domanda che non può sviare, ne far finta di non aver sentito. Può solo rispondermi. “Sì” ed ecco quella laconicità che mi aspettavo. William si mette il libro dentro il tascone che ha sul davanti della tuta e indietreggia di un passo. Con la mano, stringe il bordo della porta e la accompagna per chiuderla. Ma io avanzo, guadagnando terra. E tempo. “E la aspetti conciato così? Insomma, forse dovresti cambiarti. Alle donne come lei, e dio solo sa a quale categoria faccia parte, non piacciono i ragazzi trascurati. E tu oggi non assomigli di certo al famoso attore stampato su tutti i rotocalchi” incrocio le braccia sul petto e attendo. Se non mi sbaglio, presto dovrei ricevere quello che cerco. William sgrana gli occhi. È incredulo. E secondo me, non sa più quale scusa inventarsi per farmi andare via. Sono il pagliaccio dell’amore e in questo momento, sto interpretando la mia miglior performance: umiliarmi fino al pari di un verme. Si guarda il corpo e fa spallucce. “Anche vestito così non sono niente male, dolcezza. E inoltre, visto che sei peggio di un mastino, sappi che stiamo per andare a fare jogging. Ecco perché sono in tuta!” sbotta infine di colpo, chiudendo la porta di un altro po’. “Dovrai rimandare mi sa… fuori sta piovendo” gli faccio notare e lui, per sincerarsene, si volta indietro a guardare oltre la finestra. Scuote il capo e sospira. Mi sa che sto mettendo a dura prova il suo sistema nervoso. “Meglio, così andremo in palestra. Ora se non ti spiace..” e stavolta i suoi movimenti sono rapidi, ma lo batto sul tempo. Metto un piede sulla soglia e allungo la testa per raggiungerlo. Lui è sempre più esterrefatto. Ed è in ansia.
Ecco che sopraggiunge il coraggio. Ecco che il mio cuore dapprima morto, poi risorto ed ora acciaccato e martoriato, mi detta le parole giuste da dire. E mi dona ardore e sicurezza. “Lei non ti amerà mai” mormoro fissandolo fin dentro l’anima. È così bello e insicuro adesso. Le sue labbra schiuse, mi invitano a raggiungerle…ad unirsi alle mie. Il languore si rimpossessa di me e mi avvicino troppo, quando quei meravigliosi spicchi di pesca matura si contraggono in un ghigno amaro. Ed io congelo dentro. “Nemmeno tu…” mi dice, lasciandomi crollare da sola, fuori della sua stanza e del suo cuore. La porta mi si chiude in faccia ed io resto lì, in piedi, a guardare il vuoto. “Io sì..” sospiro a voce bassa. Ma non mi darò per vinta. Questo è stato solo l’inizio. Lotterò per lui. Lotterò per l’amore. Per quello che mi spetta.
Quello che mi merito.
Nella mente ritorna la poesia letta poco prima di venire qui. Stamani. La scribacchio su un foglietto e gliela infilo sotto l’uscio. Dice questo.
SAPRAI CHE NON T'AMO E CHE T'AMO Saprai che non t'amo e che t'amo perché la vita è in due maniere, la parola è un'ala del silenzio, il fuoco ha una metà di freddo. Io t'amo per cominciare ad amarti, per ricominciare l'infinito, per non cessare d'amarti mai: per questo non t'amo ancora. T'amo e non t'amo come se avessi nelle mie mani le chiavi della gioia e un incerto destino sventurato. Il mio amore ha due vite per amarti. Per questo t'amo quando non t'amo e per questo t'amo quando t'amo. Pablo Neruda
È mattina presto e le riprese in questi giorni, avanzano a ritmo concitato. Barcollo ancora semi addormentata attraverso l’ingresso degli studios e, dietro alle lenti scure degli occhiali da sole, vedo Xander che mi viene incontro. Ha di certo un’aria migliore della mia. È di già pettinato, truccato e vestito per la scena di oggi. Ha un sorriso che gli parte da un orecchio e gli arriva all’altro. Sembra abbia vinto alla lotteria di capodanno.. “’Giorno Xan” lancio là, passandogli di fianco col viso immobile di una statua di marmo. Oggi non ho proprio voglia di ridere ne di scherzare. Ho passato una nottata infernale, facendo la spola dal bagno al letto continuamente. Credo di aver vomitato anche qualche parte di intestino, ma non ne sono sicura…forse era la pizza mezza congelata di ieri sera, boh! Comunque, lui non si accontenta di un rapido saluto e mi si avvicina obbligandomi a fermarmi con lui. “Indovina?” mi chiede ed è terribilmente eccitato. Calo gli occhiali sul naso per guardarlo meglio con aria disinteressata: mamma mia, è davvero su giri! “Hai scoperto una nuova droga?? Perché sembri fuori come un balcone, Xan, lasciatelo dire!” bofonchio sarcastica e troppo sincera. Ma, come ho affermato prima, non ho voglia di chiacchierare. Ne tanto meno, di assistere a tutto questo tripudio di esaltazione quando io sono depressa e nauseata come dopo un viaggio in pullman! “Che cos’hai? Ti è morto il gatto? In genere la rompi del gruppo è Faith, e non tu.” risponde perplesso, accigliandosi. Accipicchia, ora ho rattristato anche lui. Suvvia Elisabeth, un piccolo sorriso, solo per Xan.. il gran vecchio Xander, quello che ti ha sostenuta, confortata, esortata in tutta questa eterna soap con William… sì, glielo devo. Tendo i lati della bocca come se fossi una strega cattiva e la pelle mi tira. Provo a rilassarmi, ma non mi riesce un granché bene. “Mai avuto gatti…ma tu piuttosto, che cosa è che ti ha ridotto così?” Xander mi scruta per alcuni secondi e infine sputa il rospo. Anche perché non avrebbe resistito oltre. Il rospo, se non gli avessi dato un implicito permesso di continuare, gli sarebbe andato di traverso.. lo conosco troppo bene, ormai. “Ho chiesto ad Anya di sposarmi.. ed ha accettato!!!!!” esulta, sbattendo le mani come un bambino. I suoi occhi si inumidiscono e mi abbraccia. È così tenero e innamorato… per un attimo, inghiotto la saliva pensando a William… e ad Angel e all’amore che scappa lontano da me come un treno in corsa…ma dura poco. La notizia, mi contagia ed ora le onde di questo mare di gioia mi raggiungono e mi bagnano, anche se restano solo a lambirmi i piedi... Rispondo all’abbraccio e mi complimento con lui. “Sono felice per voi Xander… e vi auguro una vita lunga e felice insieme. Dico davvero” e sono sincera. Totalmente. “Sai, all’inizio non ci speravo.. insomma, lei ha preso ad elencarmi tutti gli uomini che ha avuto ed anche se mi ha messo in cima alla scaletta dei migliori amanti, non c’avrei scommesso nemmeno un penny…ed invece che farla, l’ho ricevuta io la sorpresa!” esclama prendendomi le mani e invitandomi a girare in tondo saltellando animatamente… ma la mia nausea aumenta inesorabile e rischio di vomitare proprio qui tutto il caffè amaro che mi sono appena preso. “Oddio Xan..fermati!Ti prego!” lo esorto e lui si ferma. Si ricompone, si schiarisce la gola e si passa una mano fra i capelli, tirandoseli indietro. “Ehm, si è vero: ho esagerato.. ma non è una cosa che accade tutti i giorni, giusto?” domanda ed io annuisco. Ha ragione, il mio caro amico. Questo resterà per lui un giorno memorabile.
Ancora ricordo il mio con Angel: lungo il parco, sull’ora del crepuscolo. Mi fece sedere su di una panchina in riva ad un ruscello che gorgogliava dopo le piogge autunnali. Le foglie dorate e arancio, assieme ai ricci delle castagne aperti come frutti maturi, tappezzavano il selciato ammucchiandosi ai lati. Una lieve brezza ancora tiepida, trasportava con se l’odore della terra umida, mentre uno stormo di uccelli macchiava il cielo come uno scarabocchio di china su un foglio immacolato. Un cane trotterellava davanti a noi, soffermandosi di tanto in tanto ad annusare l’aria. Il vociare delle persone ci giungeva distante, donandoci la sensazione di appartenere ad un universo parallelo. Solo nostro, in un qualche modo. Angel si mise in ginocchio davanti a me. E mi prese la mano. Mi baciò il dorso più volte, senza trovare il coraggio di dirmelo… ne di staccarsi dall’odore intenso che gustava come vino aromatico. Fui io ad interrompere quel momento tanto dolce.. ma anche colmo di attesa e trepidazione, che a lungo andare, mi avrebbero provocato una crisi di nervi. Ero così giovane, dio mio… e così innamorata. Come adesso. Anche se quello che provo per William è diverso. Fa più male… ma riesce anche ad estasiarmi maggiormente.. ovviamente, se lui ricambiasse… ma lo farà, prima o poi. Io credo in questo. “Chiedimelo, Angel. Non aspetto altro” gli dissi ed i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa. ”Come facevi a sapere che-“ “Io so sempre tutto, amore… io ti sento sempre” lo zittii baciandolo. E così, dopo sei mesi ci sposammo. Il resto, è ormai passato. Anche se, tutto resta qui, al sicuro, in me.
Io e Xander stiamo per salutarci, quando lui si ricorda di una cosa. Fruga nella tasca dei jeans e tira fuori un foglietto. È acciuffato, ma lo riconoscerei anche se fosse fatto di cenere. “Mi ha detto di dartelo. Non l’ho letto, sta tranquilla” e me lo porge. Poi se ne va, senza nemmeno aspettare una parola da me. E di questo gliene sono grata.
Resto sola lungo i corridoio degli studios. Sento in lontananza la voce rimbombante di Joss e mi accorgo di essere in ritardo. Ma non posso aspettare. Devo aprire il foglietto dove io tre giorni fa ho scritto quella poesia. Devo sapere se lui ha ancora qualcosa per me.
Lo scarto lentamente, e sento il cuore pulsare nelle tempie, così vicino al mio cervello da farmi credere che ben presto ogni singolo neurone scoppierà, rendendomi pazza. Chiudo gli occhi, sospiro, li riapro e leggo. Un’ondata di rabbia mi sale per il collo e mi si spande nelle orecchie. Sento un fischio acuto, e stringo i pugni stracciando la carta che ho ancora in una mano. I miei piedi iniziano a camminare sempre più velocemente, come se fossi guidata dalle mani di un abile burattinaio. Arrivo sul set del telefilm, sorpasso telecamere, impalcature e cameraman, faccio gesto a Joss di aspettarmi mentre mi inveisce dietro per il ritardo e mi intrufolo lungo i corridoi dei camerini. Non mi è difficile trovare la sua porta. Quando eravamo amici, più volte l’ho aspettato qui davanti drogandomi lo stomaco con quintali di gomme alla menta. Ma stavolta non busso ne aspetto. Entro come un tornado nel pieno della sua forza distruttrice. Lui si sta cambiando. Ha il torace nudo e i capelli ancora senza verso. Una mano sta trafficando coi bottoni dei jeans neri e un’altra è alla ricerca di una maglia fra tutte quelle che ha sulle stampelle. Si accorge immediatamente del casino che ho fatto entrando. Si volta davanti a me e mi fissa. Io con un piede, malamente, mi richiudo al porta alle spalle. Ora tocca a noi, William.
“Mi sono perso qualcosa??” chiede strabuzzando gli occhi e avanzando di alcuni passi. Non si vergogna della sua mezza nudità, anzi, sembra che gli dia sicurezza. “Dimmelo tu” ribatto e sbatto le palpebre in fretta per impedirmi di piangere dalla tensione e dalla rabbia. “Sei impazzita?!?” domanda confuso. Ed ora, è come se si accorgesse di essere senza maglietta.. ed una strana timidezza lo colpisce. Si volta veloce e raccoglie una maglia a casaccio da sopra la poltroncina che è davanti allo specchio pieno di luci come un albero di natale… Benedetta vanità.. e poi dicono che le donne sono sempre a rimirarsi! Bugie.. solo bugie.. io sono anni che non mi faccio il colore ai capelli o non mi reco dall’estetista.. e forse, ne ho un po’ bisogno, a dirla tutta.. “Non hai niente da dirmi?” e gli sbatto davanti il foglietto ormai ridotto ad un mucchietto di carta rotta e sudata. Lui allunga la mano e all’inizio non lo riconosce. Poi intravede la mia scrittura, e tutto gli è chiaro. “Cos’è? Hai bisogno di un emissario per il lavoro sporco? Non sei più tanto sicuro di te? O ti scoccia dirmi per l’ennesima volta che non mi ami e che è finita?” Oddio, ma l’ho detto davvero??? Maledetta frustrazione.. maledetta solitudine… maledetto rifiuto… Mi guarda e non parla. Restringe gli occhi e serra la mascella. È arrabbiato anche lui. Bene, perfetto, se volevo un suo riavvicinamento, ci sono proprio riuscita! Accidenti! “Lo sai che non è mai neppure iniziata Elisabeth.. quindi molla l’osso ed esci da qui. Ho un lavoro che mi aspetta” la sua voce è piatta. Senza emozioni. Uno strano diabolico presentimento mi invade: che sia tutto concluso qui? Davvero?
No, ne la mia testa ne il mio cuore lo accettano. Provo troppo per smettere di vivere ancora una volta.
Inspiro tutta l’aria possibile e immaginabile e faccio per avvicinarmi. In contemporanea, sento i passi concitati di qualcuno arrivare davanti al camerino e mi arresto. Bussa energicamente ed entra. È Andrew che ci viene ad avvertire di un possibile licenziamento a breve se non raggiungiamo seduta stante il set. Annuiamo entrambi anche se io resto pietrificata come una statua di sale. Il nostro coreografo se ne va lasciando la porta aperta. William mi passa davanti e si ferma un attimo alla mia altezza. Nei suoi occhi leggo ribellione, confusione e, stranamente, una dolcezza impalpabile. Come una nuvola chiara… Nei miei invece lui può leggere solo quello che trabocca come mosto selvatico dalla mia anima: amore, amore, amore… Se solo lui sapesse leggermi ancora dentro, come una volta, prima di quel bacio… Se solo avessi ripreso a vivere prima… Allunga una mano verso il mio viso ed io la vedo arrivare come l’ala di un angelo.. potrebbe salvarmi o dannarmi per sempre… Con un dito accarezza lentamente la mia guancia, scivolando verso il mento, dove lo appoggia di traverso, parallelamente al mio labbro inferiore, e la sua pelle è calda al contatto… Chiudo gli occhi e attendo sull’orlo del precipizio. “Eravamo destinati a stare insieme Elisabeth… ma anche il destino può cambiare strada alle volte… ti ho amata così tanto, ma non ha funzionato. Il passato non si potrà mai cancellare, dolcezza. Mai” si stacca da me rapido. Resto in piedi, nel mio buio. Non oso guardarlo. Non oso muovermi. Poi, all’improvviso, mi bacia la fronte ed esce a grandi falcate. E in quel bacio, lo sento… Mi sto illudendo?? No, ne sono certa. William ancora mi ama. Devo solo ricordarglielo.
Attraversiamo la strada sotto una pioggia torrenziale. Io e Tara entriamo nella taverna bagnate fradice, ridendo come matte. Xander e Anya ci stanno aspettando e restano sorpresi di vederci zuppe come biscotti nel latte. “Lo sapevate che hanno inventato gli ombrelli?” ci dice Xander, ma noi siamo troppo prese a ridere che non gli rispondiamo. Quando i nostri vestiti smettono di gocciolare, tutti e quattro ci sediamo ad un tavolo e ordiniamo da bere e qualcosa da mangiare. Il clima è tranquillo e rilassante. Un gruppetto sul palco suona canzoni allegre e noi parliamo del più e del meno. La serata trascorre piacevolmente anche se a metà mi accorgo di William e Harmony che mangiano pochi tavoli avanti al nostro. Non me ne curo e decido di divertirmi. Quando abbiamo consumato tutti i cibi solidi e i liquidi, un ragazzo alto, dai capelli castani e un bel viso mi chiede di ballare. Si chiama Ben e mi sembra di aver capito che fa l’infermiere. “Mi spiace ma non ne ho voglia”gli dico e lui se ne torna seduto con i suoi amici. Mentre Anya mi infama perché non ho accettato di strusciarmi su quelle spalle muscolose e ben scolpite, mi accorgo che William mi sta guardando. Lo saluto tranquillamente con un gesto del capo e torno a seguire il discorso articolato di Anya. Passa dell’altro tempo e la band suona una canzone carina e movimentata. I due futuri sposi si stanno sbaciucchiando davanti a noi ed io e Tara decidiamo di ballare. “Al diavolo la timidezza” lei dice ed io sorrido. “Ma sì. Al diavolo tutto e tutti. Questa notte è nostra” aggiungo io e con una provocante camminata passo davanti a William e la sua bella oca. Guardami e stupisciti, bellimbusto! Ora ti farò vedere quello che riesco a fare con questi fianchi! Ma la musica è veloce ed io sono una vera frana. Io e Tara ci agitiamo come pali di legno e ridiamo a crepapelle. Poi la musica ringraziando Dio cambia, e diviene più lenta. Più calda. Cerco di tenere il tempo e mi muovo languidamente, lasciando che le note scorrano su di me come miele bollente. Tara si allontana ma non me ne accorgo subito. Sto ballando per me. Solo per me. Riacquistando una femminilità perduta. E una carica erotica che non credevo di avere. Sento le vibrazioni entrarmi nel ventre e assecondo ogni sensazione che mi giunge sconosciuta e inebriante. Ballo da sola. Davanti a tutti. E come è ovvio, quel Ben di prima torna alla carica. Mi si affianca seguendo le mie curve. Apro gli occhi e me lo ritrovo davanti. “Ora ne hai voglia, eh dolcezza?” mi dice allusivo ed io mi fermo. Non è questo che volevo ottenere. Volevo solo provare, sentire….ma a quanto pare ho acceso anche qualcun altro oltre che me stessa. “Lasciami stare. Non sei il mio tipo” gli dico acida e torno seduta. Ho i capelli arruffati, le guance rosse e gli occhi umidi. Sembra che abbia appena fatto l’amore e in un certo senso, è così. Ho lasciato il mio corpo libero di muoversi sul piacere dettatogli dalla musica. È stato liberatorio. Passo di nuovo davanti a William ed Harmony. La bionda mi ferma per un braccio. Che vuole da me la galllinella? Deve fare l’uovo? “Hai ballato veramente bene. Ti ricordi di me?” E come dimenticarsi tutte le stupidaggini che ti escono di bocca? Harmony, sei la regina delle oche! Tutti ti conoscono. “Sì che mi ricordo. Harmony, giusto?” stiamo al gioco, và! “Oddio. Persino il nome…è meraviglioso! Ti va di unirti a noi?”. Io mi volto a guardare William che è in evidente imbarazzo. Ripetere la scena dell’ultimo dell’anno? No grazie. Sono maturata da allora. “No, ti ringrazio. I miei amici mi aspettano. Comunque complimenti per il vestito. È bellissimo” le dico allontanandomi e sono sincera. Lei sorride soddisfatta e commenta con William.
È quasi ora di andare via. Prima mi dirigo in bagno. Ho paura di non arrivare in tempo a casa, altrimenti. Faccio quello che devo fare e poi mi specchio. Mi ripasso un po’ di cipria, mi ristendo il rossetto e mi passo le mani fra i capelli. Sono bella stasera. Bella e libera. Mi accorgo che Harmony è accanto a me e mi fissa. “Sai, in questa serie non mi hanno chiamata, ma sembrerà che parteciperò ad uno spin-off. Ci sarai anche tu?” mi chiede. Che diavolo ha detto? Rifaccio mente locale e cerco di sfruttare la situazione. “Non lo so ancora. Ti stai divertendo?” indago. E mi sento perfida. “Mica tanto. William è una palla. È così noioso” e sbuffa aggiustandosi il reggiseno e ciò che sostiene, ovvero due mappamondi interi. Ma di chi sta parlando? Il William che io conosco è tutto tranne che noioso. È fastidioso, inopportuno, rompiscatole e sbruffone, ma non noioso! Alt! Andiamo oltre. L’indagine prosegue. “Comunque è un bravo attore il tuo *ragazzo*”. Lancio la bomba. Esploderà? “Mmh. Sì abbastanza. Ma non è il mio ragazzo. O meglio, io ci sto provando, ne faccio di tutti i colori, mi sono persino presentata a casa sua con un micro baby-doll addosso e basta, ma lui non cede. Pensa, questa sera mi ha persino detto di essere innamorato di un’altra!”. Boom!!! Aiuto. Sto per svenire. Che qualcuno mi aiuti! “Ci credo che ti annoi” le dico facendo uno sforzo sovrumano. L’unica cosa che vorrei è averlo qui davanti a me per riempirlo di schiaffi e baci. Ehi, un attimo. Frena, Elisabeth. Chi te l’ha detto che sei tu quell’altra? E se fosse Lisa? O qualche gallina spellacchiata dalle gambe lunghe come il raccordo anulare? Inspiro profondamente e una gioia mista ad eccitazione mi assale. Mio Dio, mi sembra di galleggiare a mezz’aria! Raggiungo Tara e insieme a Xander e Anya usciamo dal locale. Li saluto e attendo nell’ombra. Prima o poi usciranno ed allora mi rivelerò.
Eccoli. Harmony sculetta davanti a William. Dalle facce cupe che hanno devono aver appena litigato. Lei nemmeno lo saluta e attraversa la strada. William si ferma proprio all’altezza di dove sono io e si passa una mano fra i capelli. Guarda per terra e dà un calcio ad una lattina vuota. Ora tocca a me. “Brutta serata?”
Tu sussulti. “Stavi per farmi venire un colpo. Ma ti pare il modo?”. Tieni una mano sul petto. Io mi avvicino a te velocemente. Ti do uno schiaffo e poi ti bacio. Appena. “Hai ragione. È questo il modo” sussurro languidamente e tu resti impietrito. “Hai bevuto?” mi chiedi ma non ti sposti. “No, ma sono ugualmente ubriaca. Di te. E so per certo di esserti destinata dall’inizio del mondo. Così come tu sei destinato a me”. Le nostre labbra sono ancora vicinissime. Sento il tuo respiro caldo e veloce su di esse. Ti fisso senza pudore, con passione.
Non voglio perderti, amore mio. Non stanotte.
“Cosa è accaduto all’Elisabeth che conoscevo?” le tue narici si allargano e riconosco in questo leggero gesto il tuo desiderio. “E’ andata avanti. È maturata. Ed ha capito quello che vuole”. Le mie mani vanno a posarsi sul tuo petto forte. Posso sentire il battito accelerato del tuo cuore. È tutto perfetto.
Voglio vederti cedere. Voglio amarti, William…
“E sarebbe?”. Non ti stanchi mai di giocare, eh? “Voglio te. Non solo fisicamente. Voglio una storia. Intensa. Importante. Voglio dormire con te, svegliarmi al tuo fianco, cucinare per te ed essere per te un’amica, una sorella, un’amante.” “Una volta hai detto di non potermi amare e questo mi ha quasi ucciso” i suoi occhi si velano al ricordo. “Hai ragione, ma anche tu hai detto di stare con Harmony e non è vero.” “Ho detto anche che non ti amavo più. Questo lo ricordi?” sei spietato ora.
Perché vuoi continuare a fingere, distruggendomi? Non rinuncerò a te stavolta.
“Sì. Ma era una bugia. Invece io ho ammesso di amarti ed era la verità. E ti amo ancora William” ora le mie mani ti stanno accarezzando il viso. Lentamente ti sto torturando. E sento che piano piano ti stai sciogliendo. Anche se non mi tocchi. I nostri nasi si sfiorano e nessuno dei due si sposta. Siamo sull’orlo del precipizio. Ed è tremendamente eccitante. E meravigliosamente pericoloso. “Cosa dovrei fare con te? Sei un vero mistero, lo sai?” “Baciami. E dimmi che non mi ami. Dimmelo dopo avermi assaggiata ancora. Se sarà così, me ne farò una ragione e non ti perseguiterò più. Lo giuro”. Attendo e la mia pelle è invasa da emozioni fortissime.
Ti amo in una maniera così intensa e devastante che temo davvero di morirne.
Mi fissi e la tua espressione è perplessa e calda. Ora tocca a te. Io sono qui e ti aspetto. Passa qualche secondo e la disperazione mi assale. Non mi stai baciando e tutto mi crolla addosso. Ma un attimo prima della fine, le tue labbra mi raggiungono e volo verso il paradiso. Mi aggrappo a te con forza. Tu mi abbracci e inizi a leccarmi con la tua morbida lingua. E ricordo il dolce sapore delle tue profondità. E mi delizio l’anima e il corpo. Stavolta non devi chiedere il permesso per entrare, perché l’accesso è spalancato. La mia bocca ti attende e tu scivoli in essa languidamente. Lambisci ogni zona più nascosta, aspiri la mia saliva e cerchi la tua compagna di giochi. Le nostre lingue si riconoscono e iniziano a ballare. Si intrecciano, si nascondono e si ritrovano e fanno l’amore. Nel frattempo le nostre mani percorrono la pelle dell’altro sempre più urgentemente. Ci stacchiamo a corto di fiato. Ansimiamo dal desiderio, ma in me un pizzico di paura emerge. È il momento della verità.
“Dimmelo.” E mi scosto appena per guardarti in faccia. Ma tu hai ancora gli occhi chiusi e le labbra protese. Sei bellissimo, Will. E sei mio. Ed io sono tua. Completamente, ormai. “Dimmelo” ripeto al limite, e tu mi prendi il viso a coppa fra le mani e riprendi a baciarmi con crescente passione. Le gambe non mi sostengono più.
Muoio dalla voglia che ho di te. Muoio dall’amore che nutro per te. Solo per te.
Ancora sopra le tue labbra, lo ribadisco. “Dimmelo” e tu sorridi leccandomi, mordicchiandomi, succhiandomi e godendo di me ed io di te. “Dimmelo…ti prego” imploro cercando la tua lingua ancora e ancora. Non ne avrò mai abbastanza. Tu mi accarezzi i capelli, la nuca, il collo. Passi un dito sul bordo della mia maglietta e mi sfiori un seno. Oddio! Chiamate i pompieri. Morirò per autocombustione! “William” mormoro in preda alla follia. Tu non molli le mie labbra e ti fiondi nell’incavo del collo e lasci una scia umida dove passi.
Mi stai marchiando a fuoco …
“Dimmelo” continuo non capendo più niente. So solo che se non ti fermerai, faremo l’amore davanti a questa taverna e domani finiremo sui giornali. Mi zittisci di nuovo e riprendi a giocare dentro di me. Le nostre mani si intrecciano, si lasciano, si accarezzano e il mondo gira veloce attorno a noi. “Oddio, William…ti amo così tanto” e sospiro e gemo e impazzisco.
Sono viva. E sei tu che mi hai risorto.
Che forse tu stessi aspettando la mia ulteriore resa? Non importa più, ormai…. “Dimmelo..” ti ripeto e tu, controvoglia, ti allontani. Le nostre mani tremano. “Ti amo Elisabeth” mi dici e la tua voce è roca ed è resa bassa dal desiderio. Mi guardi e sorridi. Io ricambio e ti abbraccio. Un sospiro di sollievo mi rilassa. “Casa mia o casa tua?” chiedo lanciandoti uno sguardo malizioso. Hai visto il coraggio e l’intraprendenza che mi hai donato? Farei di tutto per te…. “Casa mia. Da lì si vede il mare” mi prendi per mano e mi conduci verso il parcheggio stampandomi piccoli baci sulle labbra. Dopo un’ora e diverse soste per soddisfare il calore che ci scotta la pelle e il cuore, siamo sul tuo letto e facciamo l’amore intensamente. Ci scopriamo con calma e ci possediamo con lunghi e completi movimenti. Senza mai lasciarci con gli occhi, godiamo insieme e piangiamo e ridiamo. Siamo ubriachi di parole e carezze. Nessun vino potrebbe essere più afrodisiaco, nessun miele più dolce. I nostri corpi nudi combaciano perfettamente e il profumo che creano è incenso che sale verso il cielo. Tutto finalmente è al suo posto. Ed è perfetto. Il sole ci trova non ancora sazi e il mare vicino a noi canta la nostra canzone, dettandoci il ritmo della felicità così naturale e giusta da commuoverci fin dentro l’anima. Ci amiamo. Ed io sono finalmente libera di poterlo fare. È una sensazione meravigliosa.
È quasi ora di pranzo e siamo ancora a letto. Ci siamo tirati il lenzuolo fin sulla faccia e parliamo nudi, riscaldandoci a vicenda. Ogni tanto ci baciamo e ci coccoliamo vinti dal languore. Riposare così, dopo una nottata d’amore, è rigenerante. Abbiamo un sorriso lucente stampato sul volto che non ci abbandona mai. Siamo felici. “Mi hai fatto stentare, eh? Insomma, ti sono venuta dietro per mesi, come un cucciolo affamato alla ricerca di ogni tua piccola briciolina..” ti rinfaccio senza cattiveria. “Dovevo aspettare che tu fossi pronta… dovevo averti completamente. Senza compromessi o sensi di colpa. Libera, solo mia.” Mi confessi appoggiando le labbra sulla cima della mia testa e stringendomi di più a te. “Beh, ora lo sono..” e mi lascio cullare senza pensare più a niente. “Hai fame?” mi chiedi poi accarezzandomi un braccio. “Un po’” rispondo appoggiandomi meglio sul tuo petto. “Scendiamo di sotto?” “Ancora no…” ti dico languida. “E’ troppo bello stare così…” “Averti qui con me è la cosa più bella che mi sia mai capitata” mi guardi ed hai gli occhi colmi di gratitudine.
Per cosa mi ringrazi, amore mio? Per avermi donato di nuovo la vita? Sei tu il mio salvatore. Sei tu il mio campione. Io ti devo molto. Ti devo tutto.
“Grazie, Will” “Ma ti pare, cucciolo”.
Alla fine siamo scesi in cucina spinti dai brontolii del nostro stomaco. Abbiamo mangiato fino a scoppiare ed abbiamo fatto di nuovo l’amore. In sala, sopra il suo tappeto persiano. Come due cuccioli che ruzzano liberi. Ora ci siamo rivestiti a metà e siamo semi sdraiati sul divano. Io mi sono messa una delle tue camice. Profumano di buono, come te. Sotto sono nuda, non si sa mai… Tu indossi solo i calzoni del pigiama ed il tuo petto è una pianura fertile e sicura scossa dal terremoto del tuo cuore. Dalla vetrata il mare è grigio e agitato. Presto pioverà. È la stagione giusta per stare in casa, mi dico maliziosa. “Quando hai capito di amarmi?” ti chiedo. Voglio saperlo. “Dalla prima volta che ti ho visto. Anche se la mia mente ha elaborato la cosa dopo tanto.” Rispondi fissando il mare davanti a te. “Quest’anno o l’anno scorso?” “Secondo te?” mi rispondi guardandomi. Hai i capelli arruffati e l’aria rilassata. Sei tenero, mio dolce e instancabile amante… “Quest’anno?” ipotizzo e mi chiedo come diavolo puoi ammettere di avermi amato da subito quando litigavamo come gatto e topo. Tu mi baci e le tue labbra sono simili ad una lunga carezza. La tua risposta toglie ogni mio dubbio. Come sempre, tu mi leggi dentro…. “Acqua… Ti ricordi quando abbiamo urlato lungo il corridoio degli studi senza sapere nemmeno l’uno il nome dell’altra?” Annuisco. Come non ricordare Joss che ci è venuto a separare e che ci ha obbligato subito dopo a stringerci la mano mentre annunciava che avremmo lavorato insieme? Fu un vero choc per me. E a dire il vero non mi ricordo più nemmeno il motivo della lite. So solo che ti odiavo. Intensamente. E con tutta me stessa. Così come ora ti amo. “Eravamo sempre a punzecchiarci. E poi tu eri una delle poche capaci di tenermi testa. In più eri dannatamente bella e caparbia. Non avevo mai conosciuto una donna che non cercasse di assecondarmi. Sai, un bell’uomo come me ha sempre delle schiave compiacenti…” Ti do un pugno sulla spalla e ti guardo di traverso. Fingo di essere imbronciata e tu mi abbracci e prendi a farmi il solletico. “Sei solo mio William. Ricordatelo!” urlo mentre rido come una pazza. Finiamo di nuovo sul tappeto e ruzziamo ancora. Poi restiamo stesi e senza fiato a fissare il soffitto. Mi sembra di rivivere lo stesso momento prima di Natale, a casa mia. Solo che stavolta la verità è libera di scorrerci addosso. Ci amiamo. “Cosa faremo ora?” mi chiedi ed io mi appoggio ad un gomito per vederti in faccia. “Staremo insieme” ti rispondo semplicemente. Questo è tutto quello che voglio. “Fra un mese te ne andrai” ti sei tirato su anche tu. Ci fissiamo negli occhi e i tuoi sono tristi, adesso. “Tornerò. Presto. Ma devo andare a Londra. C’è qualcuno che devo salutare. Mi capisci, vero?” Annuisci e il blu cristallino del tuo sguardo diviene cupo. Doloroso. No, amore, ti prego…. Sono tua, lo capisci? Ti accarezzo una guancia e tu ti appoggi sulla mia mano che indugia…. “Non posso vivere senza te. Nemmeno un secondo…non posso immaginarti lontana Elisabeth…morirò”. Sei così dolce, amore…. Ma io non voglio più sentirmi in colpa. “Vieni con me” propongo e i tuoi occhi divengono laghi trasparenti e immensi. Mi sorridi e ti illumini. “Davvero lo vuoi?” Non ti rispondo a parole, ma lascio che le mie labbra e le mie mani lo facciano per me. Il desiderio ci vince ancora e tu mi prendi in braccio e mi porti di sopra, tenendomi come una sposa. Il letto è disfatto e ci tuffiamo in esso con rinnovata passione. Facciamo l’amore. Ma siamo seri, concentrati. Ora tutto diviene importante, unico, speciale. Ed io ti ripeto che ti amo e che non smetterò mai di farlo….
Riapro gli occhi e fuori piove. Tu sei già sveglio e mi stai guardando. Io ti sorrido e mi stiracchio, poi mi rannicchio contro il tuo corpo nudo e caldo. È come tornare a casa dopo un lungo viaggio. Mi fissi e capisco che devi chiedermi qualcosa di importante. Una punta di tensione mi assale. “Vuoi essere la mia ragazza? Ufficialmente, intendo”. Sei così serio. Ti sfioro con le dita gli zigomi pronunciati e arrivo alle tue labbra. “Sì” rispondo e le mie guance si accendono. Ti lasci andare ad un sospiro di sollievo e sorridi. Ma non credo sia finita qui. Perché ti controlli di nuovo. E mi trapassi con intensità. “Elisabeth, verresti a vivere con me? Qui, in riva al mare? La mattina è meraviglioso vedere l’alba” Chino il volto e mi fisso le mani. Mi stai chiedendo molto. Ma sono finalmente libera di dartelo. E lo voglio. Mi rialzo verso di te e sorrido. “Sì William. Sì” Restiamo abbracciati ancora finché non ci assale un pensiero che era stato del tutto rimosso durante la giornata. “Joss! Ci aspettava per le riprese!! Mi licenzierà!” strepito colta dal panico. “Sta tranquilla. Io non avevo niente oggi. Per quanto ti riguarda, gli diremo che eri con me. E lo inviteremo alla festa di fidanzamento.” “Mmmmh, una festa di fidanzamento, eh? Direi che si può fare” e riprendiamo a baciarci. Sembra strano, ma è la nostra principale e migliore attività. Fuori il cielo si è imbrunito. Ci mettiamo sotto la doccia e ci schizziamo l’acqua, ci accarezziamo e ci laviamo a vicenda. Tu indugi un po’ sulla cicatrice del cesareo e me la baci con devozione. “Connor è stato fortunato ad averti. Anche se per poco tempo. Ha conosciuto il tuo amore. E tu il suo. Non me lo scorderò mai.” Lascio che l’acqua della doccia confonda le lacrime che mi scivolano addosso. Grazie William…grazie per avermi ridato la forza di amare. Ci avvolgiamo negli accappatoi e scendiamo di sotto. È ora di cena e dopo l’intensa attività che abbiamo svolto per quasi ventiquattro ore, il nostro stomaco reclama chili di calorie.
Sto mangiando un piatto di pasta quando un’idea mi passa per la testa. E impallidisco. “Che c’è?” mi chiedi accorgendoti del mio cambiamento improvviso. “Oddio William! Non abbiamo usato protezioni!”. Mi tappo la bocca con una mano. La mia faccia deve essere davvero sconvolta perché tu mi raggiungi subito e mi prendi le mani fra le tue. “Elisabeth, guardami. Non devi preoccuparti…” “Ma un figlio è una cosa impegnativa e a lungo termine, non posso chiederti così tanto..” piagnucolo e tremo. Tu mi accarezzi le braccia e poi le guance. “Amore mio. Te lo sto chiedendo io, non lo capisci? Avere un figlio con te sarebbe la cosa più bella della mia vita. Io ti amo.” Ed ora come mai, lo so.
EPILOGO
È una bella mattina di primavera e l’aria è stranamente frizzante nel cimitero di Londra. Il tappeto erboso che calpestiamo è ancora madido di rugiada e nel vento si ode il canto degli uccelli. Io e William camminiamo tenendoci per mano, in silenzio, scambiandoci di tanto in tanto qualche timido sorriso. Io so dove andare, questa è una strada percorsa migliaia di volte negli ultimi tre anni. Ogni volta la attraversavo con un peso nel cuore, sola e disperata. Oggi, il dolore è più lieve e il ricordo più nitido. Molte cose sono cambiate, ma i sentimenti non sono scemati, anzi, hanno preso più vigore, più consapevolezza. Non ho più rimpianti, ma speranze. Questo tiepido sole ci bacia il capo e ci benedice, mentre da lontano riconosco le loro lapidi. William mi lascia dolcemente la mano e resta indietro. Sa che i primi momenti sono solo miei. Che ho bisogno di un attimo di intimità. Mi avvicino con passo sicuro e mi accovaccio davanti ai volti a me tanto familiari. Angel. Connor. Sono qui, davanti a me e se la memoria non mi inganna, non li ho mai visti tanto sorridenti. E in pace. Devo lasciarli andare. E così inizia il mio commiato.
“Ciao Connor. È la mamma. Sono tornata, te l’avevo promesso. Sto bene tesoro e mi manchi come sempre. La macchinina rossa che avevi, quella con le ruote grosse, oltre ai mattoncini colorati, li ho portati in un asilo di suore. Lì almeno potranno giocarci altri bambini. So che non ti dispiacerà, e so anche che lì dove sei adesso, avrai tantissimi giocattoli nuovi e bellissimi… quando arriverò, mi farai giocare con te? Ci conto, amore mio… Ci sono tante novità, sai? Fra poco ti arriverà una sorellina. So che sarà bella e tremenda come te, ma non dovrai essere geloso. Resterai per sempre il mio angelo. Il mio primo cucciolino. D’ora innanzi verrò meno volte, ma ti porterò sempre nel cuore, come un canguro porta il suo piccolino nel marsupio.. Ti amerò per sempre, anche se è giunto il momento di lasciarti volare libero insieme agli altri angeli. Vola, amore mio. Sei libero…
Ciao Angel. Eccomi qui. Sono cambiata, ma credo che tu te ne sia già accorto. Ho capito tante cose in quest’ultimo anno. Ho capito di essere sopravvissuta a quell’incidente, perché continuassi a vivere. E non solo per me. Anche per te. E per Connor. Ma credevo di non riuscire più a farlo. Credevo di meritarmi solo la morte. Poi ho conosciuto William. Lo so, di certo avrai dei commenti sui suoi capelli platinati, ma ti posso garantire che è una brava persona. Lo amo, Angel. E aspettiamo una bambina. Ieri sera mi ha chiesto di sposarlo. Mi ha portata in riva al mare e me lo ha scritto sulla sabbia… è stato romantico e intenso… c’era un bel tramonto e i gabbiani volavano alti sopra di noi. Ho accettato, ma faremo le cose con calma. Abbiamo tante cose da sistemare, ancora. La casa, gli innumerevoli impegni, questa gravidanza. Il lavoro và alla grande, sai? Mi hanno rinnovato il contratto. Affiancherò Joss per tutta la settima serie e così io e Will staremo insieme. Sono felice Angel. Davvero. E so che mi comprenderai. Tu farai sempre parte di me. Dei miei ricordi, del mio passato, del mio cuore. Ti amerò sempre. Ma devo continuare a vivere. Voglio vivere. E non potrò mai farlo ancorata a te. Come è giusto che tu ti libri leggero nel cielo. Senza preoccuparti più per me. William mi accudirà. Lui penserà a me ed io a lui. Tornerò. Anzi, torneremo. Ora ti lascio andare, amore mio, senza più rimpianti. Senza disperazione. Senza la morte. Finché non ci ritroveremo. Perché so che sarà così.”
Allungo un braccio e faccio segno a William di avvicinarsi. Lui appoggia le sue mani sopra le mie spalle e insieme restiamo così per un po’ di tempo. Una preghiera ancora e torniamo verso casa. Due uccelli volano sopra di noi. Liberi, vibranti, contro il sole brillante. Una lacrima luccica sulle mie iridi, ma non cadrà.
Addio, miei dolci amori…
“Stai bene?” mi chiede William leggermente preoccupato. “Sì. Va tutto bene. Ha tirato un calcio prima la nostra piccolina, sai? Credo verrà su con un certo caratterino la peste!” Rido serena e i miei capelli biondi risplendono mossi dal vento. “Come la madre!” ironizza lui baciandomi appena. “Io veramente intendevo come il padre. Ma per come la rigiri, credo proprio che ci darà filo da torcere”. “Sarà meravigliosa. Sarà splendida” mi dice ed è felice. “Ti amo William” “Ti amo Elisabeth” Sopra di noi i due uccelli cambiano traiettoria e spariscono nell’accecante riverbero del sole.
Sono liberi.
Come me.
FINE
... e da qui, i nostri protagonisti, vivranno... e questo nuovo amore, non finirà...
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