LOOKING FOR THE VICTIM SHIVERING IN BED

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    Ed ecco qui, un po' in ritardo..


    CAPITOLO 13


    La pioggia non accennava a smettere e la birra era già finita, mi sentivo stanca per aprirne un’altra e la voglia di dormire lottava con la voglia di rimanere a chiacchierare con lui in eterno. Continuavo a guardarlo, notai che la sua carnagione era chiarissima e che i lineamenti del suo viso pur essendo duri, non diminuivano la dolcezza dei suoi sguardi. Mi accorsi che i vestiti che aveva addosso erano fradici e che probabilmente poteva avere freddo.
    “Sei tutto bagnato. Perché non ti spogli e ti metti qualcosa di mio. Mi sa che avrai anche freddo. Non fraintendere, non che i vestiti appiccicati al tuo corpo siano un brutto spettacolo. Tutta’altro.”
    Mi sorrise e si guardò in giro in cerca di un asciugamano o forse di vestiti puliti, velocemente mi sfilai da sotto le coperte ed andai verso l’armadio. Vidi il suo sguardo sorpreso nel trovarmi così vestita, sorpresa che scoprivo io stessa.
    Dall’armadio tirai fuori un asciugamano e glielo tirai gentilmente, lui lo afferrò al volo ed iniziò ad asciugarsi i capelli. Frugavo freneticamente nella sacca dei vestiti in cerca di qualcosa della sua taglia, ma mi resi conto rapidamente che tra i miei pochi panni non avrei mai trovato nulla di simile.
    “Mi dispiace, ma cedo di non avere nulla di adatto.”
    “Non ti preoccupare, mi asciugo al volo e poi mi rimetto i vestiti ed in caso vado via, sarai stanca.”
    “Ma con questa pioggia… non c’è bisogno che te ne vai via, insomma c’è posto per dormire in due qui.”
    Mi rivolse uno sguardo dubbioso e prese del tempo per rispondere, i suoi occhi si spostavano dai miei alla finestra cercando di soppesare, credo, le varie possibilità, infine rispose.
    “Ma sì, hai ragione, con questa pioggia è stupido mettersi in moto… se non ti dispiace, posso anche dormire per terra, magari con una coperta, tra l’altro il destino vuole io rimanga in mutande…”
    “Guarda che nel letto c’è posto. Per quanto l’idea di vederti in mutande per terra mi avrebbe divertito…”
    Sorrise ed iniziò con calma a spogliarsi. C’era qualcosa d’impacciato e allo stesso tempo fiero e determinato nel modo in cui muoveva le mani. Il suo corpo era lucido ed umido, e la sua pelle era liscia. I suoi muscoli, quasi interamente contratti, mi lasciarono senza parole. Mi ero accorta anche la prima sera che il suo fisico era ben fatto, ma non mi ero soffermata ad ammirare la virilità che trasmetteva.
    Per la prima volta vidi che nel sopracciglio aveva una cicatrice, continuavo a domandarmi, dove potesse essersela fatta e come mai un ragazzo così viveva una vita simile alla mia. Insomma mi era sempre più chiaro che il suo passato era, per me, un mistero. Sapevo che veniva da Londra, dove doveva avere una vita piuttosto regolare, tipo da impiegato, e che doveva esserne stufo.
    “Allora Spike, non mi hai ancora detto cosa ti ha portato qui nel nuovo continente e soprattutto da cosa sei scappato, non mi risulta tanto brutta Londra?!”
    “No, non lo è… ma non faceva per me. Devi sapere che io ero una specie di professore universitario, di letteratura inglese. Aspetta non proprio, ero un assistente, ma ero brillante, sai i miei voti e le mie pubblicazioni….”
    La mia sonora risata lo interruppe, non riuscivo a trattenermi.
    “Dannata miseria….” Le risate mi soffocavano le parole “… così saresti un professore…. Tu? Ossigenato, mi prendi in giro?”
    “No ti giuro, puoi trovare ancora delle mie noiosissime pubblicazioni.”
    “Così sarei andata a letto con un professore?!?! Non ci credo, mi son scopata un prof….”
    “Beh sì, volgarmente detto, sì, ti sei fottuta alla grande un professore. Anche se non capisco perché la cosa ti diverta tanto. Comunque scrivevo anche poesie…. Dai non ridere così, potrei anche offendermi… lo ammetto ero un vero idiota!!!”
    “Sai che io, prof, a scuola non ci sono andata. Cioè il liceo non l’ho mai finito, abbandonai a metà del primo anno.” Il mio tono era chiaramente canzonatore, cercai di sottolineare il più possibile la parola prof così da vedere la sua reazione.
    “Ti meriti una bella strigliata. Ad ogni modo, non credere, ci sono romanzi davvero bellissimi, potrei prestartene…”
    “Calma, calma. Non amo i libri e dubito fortemente che un prof ossigenato, e che tra l’altro fa sesso con me, sia ciò che mi ci vuole. Ma poi cosa ti è successo? Insomma che ci fai qui? Perché non sei più in classe, professore?!”
    “Ci fu una donna, Drusilla, lei mi portò verso una nuova vita…. Lei mi fece sentire vivo per la prima volta….”
    “Così Spike è un romanticone… cambiare per una donna è una cosa da vero sentimentale”
    Provavo invidia per quella donna, non riuscivo a capire come si possa essere così importante per qualcuno, insomma io non lo ero mai stata per nessuno. Forse per mia madre, che comunque non aveva trovato la forza di difendermi. Pensai che lui potesse la persona che ti cambia la vita, insomma, con lui era tutto diverso per me, ebbi terrore di quel pensiero e lo ricacciai quanto più nel profondo potei.
    “La passione è qualcosa d’incontrollabile, che ti squarcia dentro e ti fa fare quello che vuole. Io sono sempre stato schiavo della passione e non ho problemi ad ammetterlo. Quello che ho fatto per lei mi fa vergognare, ma senza dubbio so che lo rifarei, non saprei come evitarlo.”
    Attimi di silenzio si posarono sulla stanza, lui sembrava essere tornato con la mente a qualche fatto del suo passato, mentre io riflettevo sulle sue parole.
    Non avevo mai dato troppo peso alla passione, non sapevo nemmeno realmente cosa fosse. Conoscevo l’impeto e la bramosia, qualcosa di animale, legato al sesso ed alla violenza, ma la passione che diceva lui, quella non la conoscevo affatto. Immaginavo fosse una cosa dolce e straziante, come qualcosa che uccide e fa rinascere, o magari nell’ordine inverso, era tutto molto vago nei miei pensieri. Compresi la crescente volontà di farmi guidare da lui, volevo capire, volevo sapere, mi sarei lasciata trascinare in un viaggio, probabilmente di sola andata, alla scoperta della passione, dei miei stessi sentimenti. La sua voce interruppe le mie riflessioni.
    “Drusilla, lei era… era schietta, oltre che pazza e infedele. Non aveva la minima idea di quello che le accadeva davanti agli occhi, però lo riconosceva. Distrusse tutte le regole da piccolo borghese che mi erano state insegnate e mi fece sentire vivo, almeno finché non compresi quanto poco gli importassero i miei sentimenti…. Il mio periodo con lei fu un delirio totale, fu così che conobbi Liam, e non si può certo dire che fu un’ottima conoscenza… io non vivevo senza la mia rissa quotidiana e lui con le sue puttane… poi iniziarono i nostri attriti e di punto in bianco decisi di allontanarmi da loro, la mia migliore decisione. Avevo lasciato un ottimo posto all’università e tradito le aspettative di mia madre perché non ne potevo più di stare alle regole della società, e certamente non sarei rimasto alle regole di un irlandese ubriacone, così ho deciso di stabilire le mie. Ed eccomi qua…”

    Si bloccò, era chiaro che aveva paura di quello che avrei pensato di lui. Di sicuro ciò che aveva fatto con Angelus non erano cose di cui andar fiero, io stessa, seppur in preda alla curiosità, ebbi timore di indagare oltre. Timore di scoprire cose troppo orribili sulla persona che aveva appena eletto mia guida.
    “Pessima conoscenza” cercai di smorzare l’atmosfera pesante “Però professore si sta facendo tardi, o meglio” diedi un’occhiata veloce fuori dalla finestra “presto, quasi giorno, rimanderei la lezione a più tardi”.
    “Per questa volta ti lascerò dormire, ma sappi che più tardi sarò molto, molto severo.”
    Colsi la punta di malizia nel suo sguardo penetrante e raccolsi al volo la provocazione.
    “Professore la prego non sia troppo severo, farò tutto quello che mi dirà…”.
    I nostri sguardi s’incrociarono.
    Occhi come la terra che incontrano occhi come il mare.
    La sua passione come le onde, vigorose, spumose, che s’infrangevano sulle coste, sugli argini che avevo creato per anni, a mani nude, sasso dopo sasso.
    La mia muraglia crollava sotto l’impeto dei suoi occhi.
     
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  2. kasumi
     
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    Lei che continua a chiamarlo 'professore' mi fa sbellicare!
    Finalmente scopriamo qualcosa in più sul passato di Spike!
     
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    CAPITOLO 14.


    Mi svegliai dolcemente, sentivo nel mio naso un profumo meraviglioso, intenso. Con gli occhi ancora chiusi, ne respirai a pieni polmoni, era evidente che fosse il suo profumo.
    Delicatamente aprii gli occhi, sembravo aver paura mi svelassero che fosse tutto un sogno, invece quando finalmente furono aperti, vidi i suoi capelli. I suoi fantastici capelli bruni tutti intorno al mio viso. Non riuscii a trattenere un intenso sorriso di gioia.
    Mi piacque infinitamente poterla scrutare così indisturbato. Lei era profondamente addormentata e soprattutto completamente avvinghiata a me.
    Mi sentii su di giri.
    Il suo viso era appoggiato sulla mia spalla ed i suoi capelli si diffondevano tutto intorno, sul cuscino, vicino al mio viso, una piccola ciocca ribelle le attraversava la fronte, coprendo una buona parte del profilo.
    Aveva il suo braccio sinistro stretto, strettissimo, sul mio torace nudo, così da poter sentire la sua pelle liscissima a contatto con la mia ed il solo pensiero mi accelerava il battito.
    Cercai di calmarmi, soffermandomi sul suo tatuaggio. Non ero mai stato un amante dei tatuaggi, ho sempre pensato che nascondono la pelle, la cosa più bella che abbiamo. Eppure quella mattina non potevo far a meno di venerare le linee tracciate magnificamente sul suo braccio.
    Non c’era niente di lei, in quel momento, che avrei desiderato diverso. Niente.
    Nel rendermi conto di questo, ritornai furtivamente sul suo viso, la ciocca era ancora lì, dove il mio sguardo l’aveva lasciata, e le copriva parzialmente il volto. Mossi la mano verso di lei, intenzionato a spostarla, ma quando fui a pochi centimetri, una sensazione di riguardo mi fece indugiare. Mi sentivo come dinanzi qualcosa di solenne, di mistico, come un devoto davanti al suo dio. Avevo paura di toccarla, con le mie mani rozze, avrei di certo finito con lo svegliarla.
    “Svegliare una divinità” pensai “Di certo finirò con l’essere dannato per l’eternità”.
    Quel pensiero mi divertì un mondo. Dannato lo ero già certamente, se non lo ero io, con il mio passato, chi altro lo poteva essere, e di certo anche lei non era esattamente un angelo. Eppure era proprio quel suo non essere priva di oscurità a renderla così attraente ai miei occhi, a renderla così superiore, ne riconoscevo la potenza.
    D’un tratto mosse, quasi impercettibilmente, le labbra. Esse andarono come in avanti, e i miei occhi fantasiosi furono certi di aver visto la sua bocca carnosa baciare l’aria.
    Questo pensiero mi eccitò, non potei fare a meno di ricordare la sensazione che provocava la sua bocca sulla mia, i suoi baci.
    La potenza dei suoi baci.
    In quel momento sentivo come un ronzio nella testa, ed ero certo fosse dovuto a quei pensieri, al pensiero di lei che mi stringeva, dei suoi baci, le sue mani sulla mia pelle, i suoi occhi.
    Vedevo i suoi occhi da cerbiatta guardarmi divertito, ripercorrevo con la mente le espressioni che avevano fatto mentre le raccontavo la mia storia, come si erano divertiti, i suoi occhi, nel sapermi un professore, e come si erano colorati di un tono più scuro mentre le raccontavo di Drusilla.
    Speravo di aver colto in quelle espressioni qualcosa di simile alla gelosia: avrei dato la mia vita ad un qualsiasi passante pur di vederla gelosa di me.
    Quella mattina ero davvero in estasi, sentivo una connessione tra noi e ne ero stupito, la sera prima non vi ero stato alcun contatto fisico, nemmeno un bacio innocente, tuttavia mi ero svegliato con lei stretta a me come non aveva mai osato.
    Trovai il coraggio, che prima mi era mancato, e amorevolmente le scansai i capelli dal viso, com’erano morbidi!
    Essi mi celarono la ferita, quasi rimarginata, che deturpava la sua guancia. Era leggermente rigonfia ed arrossata tutt’intorno. La rabbia mi salì d’un colpo solo: come avevano osato quei vermi, come avevano potuto non riconoscere la sacralità di quel viso, l’importanza di quella donna.
    In un attimo lei ebbe un sussulto e con uno scatto si voltò parzialmente, il braccio che poco prima lambiva il mio sterno, si discosto ed andò a posizionarsi lungo il suo corpo supino, lasciando sulla mia pelle un vuoto incolmabile.
    Mi preoccupai di averla svegliata e trattenendo il respiro. Tentai di scoprire se ciò fosse vero. Con immenso sollievo mi accorsi che era ancora immersa in un sonno profondissimo.
    Il suo viso si offriva ora maggiormente al mio sguardo attento, un fioco raggio di luce filtrava dalla serranda e formando una diagonale di luce, che percorreva dai suoi capelli fin quasi vicino al mento.
    La canottiera si era leggermente scomposta e offriva, generosa, buona parte del suo seno destro. I miei occhi percorsero avidi, millimetro dopo millimetro, la pelle che distanziava la sua spalla da esso e mi ritrovai quasi commosso nell’arrivare fin dove la maglietta mi concedeva.
    Quell’orlo nero di stoffa che separava il mio sguardo dalla gioia eterna di vederlo per intero, lasciandomi solo ricordare il fulgore del suo capezzolo, divenne ad un tratto il mio più acerrimo nemico ed allo stesso tempo il mio confidente d’amore.
    Mi sorpresi nel sentirmi sussurrare:
    “Dannazione, io questa donna la amo davvero”.
    La mia voce nel pronunciare tali parole fu quasi afona, tale era la solennità della mia confessione, tanto che da fuori sembrò più un sospiro, che non una frase di senso compiuto.
    Ripercorsi adagio il suo intero corpo cercando una conferma che arrivò repentina.
    “Sì, la amo, decisamente.”
    Pensai, e mi sentii come un adolescente al suo primo amore, non potevo far a meno di immaginarla mentre rideva, o mentre si toccava i capelli. Mi ricordai quando avevo visto le sue dita giocherellare con il bordo del bicchiere mentre il suo sguardo diveniva così incantevole, spiazzante.
    Tutto era poetico e dolce mi sentivo come dentro una poesia di Byron.
    I miei piedi tornarono bruscamente in terra quando mi accorsi deluso dell’erezione clamorosa che stava riempiendo le mie mutande. Mi raggiunse una sensazione dolce amara: era evidente la debolezza delle mie carni che si manifestava anche in una situazione così poetica.
    Debole dinanzi la sua bellezza, mentre contemplavo la grandezza del suo sguardo dormiente, la perfezione della sua pelle, il colore vivido delle sue labbra e il suo profumo dolce e speziato, la mia mente non poteva far a meno di venerare la sua superiorità, ma la mia carne debole voleva averla.
    D’altronde anche quello era parte dell’amore che avevo per lei, il mio amore era fatto anche di carne non avrei mai potuto negarlo.
    Imbarazzato mi alzai, cercando di non disturbarla e mi recai furtivamente in bagno.
     
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  4. kasumi
     
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    Aww, che capitolo stupendo! Mi è piaciuto davvero tanto, così dolce e pieno di amore.
    Brava! *.*
     
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    Grazie!! ^^ Sei sempre troppo buona...
    Penso di postare il prossimo capitolo molto presto!!!
     
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    CAPITOLO 15.

    Mi chiusi veloce la porta alle spalle, ancora imbarazzato. Il bagno era molto in disordine e questo mi fece sorridere. Mi diressi verso il lavandino, era bianco, il tipico modello di lavandino che si usava venti o trenta anni prima e aveva sotto di esso un semplice mobiletto di ferro nero, nella quale vi erano appoggiate pochissime cose alla rinfusa.
    Scorsi con lo sguardo l’intero ripiano in cerca di un asciugamano pulito. Vidi una spazzola di quelle ampie, accanto si scorgevano un paio di elastici grandi neri ed una pinza per capelli. Una pochette piccola ed un pochino scolorita, sembrava essere stata lanciata distrattamente lì sotto, ancora mezza aperta, di modo da lasciar intravedere un paio di trucchi per il viso, non ne ero certo, ma sembrava un mascara ed una matita per occhi. Accanto vi erano alcuni rotoli di carta igienica nuovi, sistemati a casaccio per farne entrare il più possibile, dal lato del ripiano pendeva, incastrata in qualche gancio, una busta di plastica bianca, che evidentemente era mezza piena di rifiuti.
    Nel ripiano sotto vi erano due pacchi aperti di assorbenti, uno del tipo esterno e l’altro interno, una bottiglia maxi di detersivo comune alla candeggina, di quello che si trova a buon prezzo nei discount, ed in fine un paio di stracci messi ad asciugare.
    Nel ispezionare i due ripiani mi ero sentito come un investigatore che cerca pezzi per completare il suo puzzle. Così io, ero in cerca delle parti mancanti del mio incantevole puzzle.
    Purtroppo quella rapida ispezione non aveva dato grandi risultati. Se non la chiara conferma della completa mancanza di amore per l’arredo e del disordine, cose che avevo comunque già compreso dal nostro primo incontro.
    Conferma, che mi arrivò anche nel osservare il lavandino più da vicino. Esso era infatti pulito grossolanamente, tanto da avere degli aloni gialli che scorrevano per tutta la vecchia e malandata ceramica bianca. Faith non era certamente una grande amante della casa, questo me lo aveva anche detto esplicitamente, ad essere chiari non si poteva nemmeno definirla sporca o trasandata. Difatti la sua era più che altro una pulizia indolente. Tutto era sufficientemente pulito intorno a me, ma certamente non era né curato, né tanto meno splendente.
    Lei stessa non si poteva definire una tipa trasandata, era sempre fresca e pulita, mai sobria, ma di certo non ossessivamente curata. Ne avevo viste a decine di ragazze cameriere scappate di casa giovanissime. Ognuna a rincorrere il proprio destino, chi furbamente, chi stupidamente, ma tutte in comune avevano un trucco accurato, una tinta splendente di capelli ed un bel sederino stretto a mo’ di trofeo tra pantaloni o minigonne sgargianti.
    Tutte tranne lei. Non che non fosse bella, o appariscente, anzi lo era certamente. Ad un occhio non attento poteva sembrare esattamente come tutte, stretta in vestiti provocanti con un trucco esagerato. Eppure ad un secondo sguardo si poteva notare come i suoi vestiti fossero decisamente fuori moda, traboccavano carattere, ma senza dubbio erano in circolazione da anni, il che data la sua giovane età, mi facevano credere che fossero stati acquistati già usati, scelti con cura, ma senza eccessiva civetteria.
    Quindi con la mia mente cercai di ricapitolare quello che sembravo aver scoperto: era disordinata, la sua casa era appena sufficientemente pulita ed i suoi vestiti erano probabilmente stati acquistati a qualche mercatino dell’usato. Il che mi stupiva poco, infondo anche il mio fedele soprabito in pelle era stato diciamo acquistato usato, così come i mobili che arredavano la mia casa, per non parlare di tutte le moto usate che avevo amato. Di certo non ero il tipo da disprezzare il riutilizzo.
    Cercai con lo sguardo un asciugamano, era appeso di lato del lavandino, su una piccola asta bianca nella quale vi era anche un reggiseno nero di pizzo che evidentemente era stato messo lì ad asciugare. L’asciugamano era bianco, del tipo che ti forniscono a pagamento nelle pensioni o nei motel, il suo tessuto era un tantino liso e aveva delle macchie nere probabilmente di trucco.
    “Per l’inferno” pensai “cosa vuoi che me ne importi se i suoi asciugamani sono vecchi e non puliti. Se il suo alloggio è squallido e il suo disordine eccessivo. Chi diavolo sono io? Un principino? Non sono anche io un anima dannata?!”
    Aprii l’acqua fredda e mi sciacquai con veemenza il viso, non mi importava niente delle cose brutte del mio passato o del suo. Volevo vivere il presente, l’oggi, come non avevo più fatto da anni.
    Mi bagnai anche i capelli, così da poterli domare ed allisciare, cercando di mandarli a l’indietro nella mia solita pettinatura.
    Lo sguardo era puntato sul mio viso riflesso sullo specchio, come se fosse una cosa nuova ed inaudita, come se per la prima volta dopo secoli mi vedessi realmente riflesso su uno specchio.
    Il mio volto era nuovo, o almeno così mi appariva.
    Cercai di distrarre il mio sguardo, quella sensazione mi aveva imbarazzato e non avevo intenzione di soffermarmi per indagare, muovendo lenti i miei occhi verso il resto dello specchio che non rifletteva la mia sagoma. Vidi una parte del bagno riflessa, le brutte mattonelle grandi e bianche che sovrastavano l’intero bagno fino a metà del muro, mi concentrai sullo specchio. Era un semplice specchio rettangolare, senza cornice, sopra vi era una lampadina nel suo alloggio, senza lampadario, con una piccola catenella che ciondolava da un lato. Tirai delicatamente la catenella, si sentì un clic e la lampadina si accese.
    Il mio viso illuminato mi parve bianchissimo, i miei lineamenti sembravano essersi addolciti e un buffo sorriso si faceva gioco della mia preesistente convinzione di essere un uomo tenebroso e pericoloso.
    Al diavolo con quel sorriso da demente sembravo più un ragazzino platinato.
    Afferrai l’asciugamano bianco, attento a non far cadere il reggiseno, e mi asciugai il viso.
    Il suo profumo mi travolse nuovamente.
    Rimasi alcuni istanti con quella stoffa profumata appoggiata sul viso, con gli occhi chiusi, e le labbra leggermente dischiuse, mi riempivo i polmoni, vorace di lei.

    Sentivo il mio cuore, il battito forte del mio cuore, mi parve fosse la prima volta, dopo anni, di sentirlo di nuovo. Come se in tutto quel tempo avesse smesso di pompare la vita in me, e quella mattina d’improvviso avesse ricominciato, senza preavviso, a battere rendendomi di nuovo realmente vivo, con tutto il dolore e la gioia, l’insicurezza e l’eccitazione.
    Avevo già provato qualcosa di simile.
    Quando avevo incontrato Drusilla avevo creduto di vivere per la prima volta, anche allora il mio cuore era cambiato e mi aveva dato sensazioni nuove. Per la prima volta pensai alla possibilità che al tempo il mio cuore avesse come cessato di battere, ciò avrebbe spiegato, almeno in parte, quello che poi avevo fatto, come ero vissuto. Doveva essere certamente così, il mio cuore mi aveva lasciato solo con me stesso per troppo tempo. Solo con le mie miserie, con la mia rabbia, con la mia vita da poeta galeotto, in cerca di pace tra la furia della mia guerra, mentre mettevo il mondo a ferro e fuoco.
     
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  7. kasumi
     
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    Molto bello anche questo! Ma pensi di finire la fic a breve o ci sono ancora stravolgimenti all'orizzonte?
    A presto :)
     
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    In teoria manca ancora un po' alla fine... :huh: devono accadere ancora molte cose che si trovano nella bozza del mio progetto originario!! :o:
    Sto realizzando in questi giorni che potrebbe venire un po' lunga, :( però ho intenzione di cercare di rispettare l'idea iniziale e poi solo se davvero risultasse molto pesante di revisionarla e snellirla. Chiaramente, mia cara :wub: , sarai te una delle persone che dovrà farmi presente se da normale ff si trasforma in mattonata... ^_^ che io non mi rendo molto conto tanto mi sono affezionata a questi due mattacchioni di Faith e Spike!!! ^_^
     
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  9. kasumi
     
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    Oh, tranquilla! Per ora non è assolutamente una mattonata e mi fa piacere che andrà ancora avanti per molto! La mia era solo curiosità! :)
     
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    CAPITOLO 16

    Mi svegliai di colpo stanca di dormire. Un rumore aveva riportato la mia mente tra le quattro mura della mia stanza. Distesa sul letto cercavo di impadronirmi delle mie facoltà mentali, mentre delicatamente le mie mani scorrevano sulla mia pelle rivelandomi i vestiti in dosso.
    La sera prima mi si proiettò nella mente come uno di quei film in bianco e nero che amo guardare, con la pellicola rovinata ed il sonoro disturbato. La mia proiezione privata mi divertiva, lui ed io, proprio come in un film, non come in “Via col vento”, ma più come in “Casablanca”. Ho sempre avuto un debole per Bogart, con il suo impermeabile, così deciso e risoluto. Odiavo la Bergman, così scialba e debole.
    Sì, Casablanca era il film perfetto per noi. Non era smielato e troppo romantico, aveva azione e colpi di scena, ed io sarei stata una Ilsa decisamente più cazzuta.
    Così mentre fantasticavo sul mio Bogart platinato, mi diressi ancora parzialmente incosciente, verso la cucina. Il rumore dell’acqua che si scaldava ed il profumo della polvere del caffè mi aiutarono a riprendere totalmente conoscenza. La chiara sensazione che lui fosse nel bagno e che si stesse lavando insieme con la visione nitida della bellissima giornata fuori dalle finestre, mi confermarono che ero viva lì e in quel preciso momento, così come mi ricordarono che avevo grandi possibilità con lui di poter sciupare al meglio la mia giornata libera. Che del resto non avrei mai potuto impiegare in niente di meglio.
    Così leggera, come raramente mi capitava, volteggiavo per la misera cucina in cerca di cibo per la colazione. Velocemente i miei piedi tornarono in terra, senza più smanie di volteggi, conscia ormai della grave penuria di cibo dell’intera mia abitazione.
    Velocemente appoggiai appena l’orecchio sulla porta del bagno per sentire se l’inglese fosse ancora occupato, lo scorrere dell’acqua me lo confermò. Con i vestiti con cui avevo dormito mi precipitai sulla porta e di corsa verso il minimarket. Acquistai uova e pancetta, poi delle ciambelle con la glassa coloratissima ed un paio di cookies al doppio cioccolato.
    Con il mio bottino stretto in grembo scivolai per il ballatoio fino alla porta del mio alloggio che aprii con uno scatto, precipitando al centro della stanza.
    “Luv, non farmi più uno scherzo simile.”
    “Non dirmi che ti spaventi così facilmente.”
    “Prima di tutto te non eri più distesa sul letto. Il che oltre che triste è anche scorretto, avrei voluto godere ancora del tuo corpo incosciente. In più, dolcezza, hai lasciato l’acqua sul fuoco, non sai quante tragedie iniziano proprio così!!”
    “Cazzo, Spike, sembri un vecchio brontolone … oh no ecco cosa sembri: un professore!! Professore, non ha imparato a scuola che non sta bene spiare le ragazze mentre dormono per poi masturbarsi in bagno!!”
    “Io non ero in bagno a masturbarmi … stai tranquilla sono abbastanza adulto da resistere a simili tentazioni!!”
    Lo guardai dubbiosa.
    “Va bene, mi arrendo. No, non ti resisto. Assolutamente non ho armi contro di te, ma sappi che non ero in bagno a masturbarmi, non per decenza. Speravo in un finale decisamente più appagante. Che magari coinvolgesse anche te, pet.”
    Il suo sguardo mutò velocemente dal simpatico al malizioso, fino a letteralmente divorarmi con gli occhi. Ricambiai maliziosa e lentamente mi avvicinai a lui. Sentivo il suo respiro divenire più affannato per ogni passo che facevo nella sua direzione. Gamba sinistra, poi piede destro e sempre meno mattonelle che separavano i nostri corpi. Il suo sorriso tramutò veloce nel suo solito sguardo intenso, bocca serrata leggermente pronunciata verso l’esterno come se la sua lingua lottasse una guerra furiosa contro le sue stesse labbra per cercare di evadere da quella prigione umida che la separava dalla mia pelle.
    Il rumore del mio respiro mi colse di sorpresa. Socchiusi appena gli occhi quando ormai i nostri corpi erano fermi nella stessa mattonella a pochi centimetri uno dall’altro. Le mi labbra si schiusero in attesa di un dono, del feroce dono dei suoi baci. Sentii la sua mano carezzarmi i capelli per poi scivolare lentamente con il pollice sulle mie labbra. Rimasi immobile, impietrita, sentivo la pelle ruvida del suo pollice scivolare sulla mia bocca umida. I suoi occhi erano magnetizzati su quella scena, fissava le mie labbra ed il suo sguardo mutava ad ogni centimetro che il suo dito conquistava. Dapprima dolce, il suo sguardo divenne selvaggio, qualcosa si oscuro, di demoniaco, si scorgeva dai suoi occhi che dal limpido blu erano divenuti di un nero torbido. Il suo pollice premeva sempre più forte sulla mia bocca, fin quando, ipnotizzata dal suo sguardo, non cedetti spalancando le mie labbra. Sentivo le sue dita entrare violentemente fino a toccarmi la lingua. Stranamente la sua violenza non mi turbava, anzi provavo una sensazione di vicinanza, qualcosa di simile all’amore. Lo lasciai condurre il suo gioco, ormai la sua mano era quasi interamente conficcata in me e nel tirarla fuori, per poi rinfilarla, la saliva fuoriusciva colando dalle estremità, attraversando il collo, seccandosi sui miei seni.
    Era un gioco sporco e pericoloso, non aveva niente a che vedere con le dolci e romantiche carezze che si raccontano nelle favole, lui era eccitato e nei suoi gesti c’era tutta la fierezza tipica della bestia. Sentivo il suo istinto animale cercare di risvegliare il mio. Non aveva niente in comune con la bramosia violenta degli altri uomini. Non stava cercando un modo per scaricare i suoi fallimenti sul mio corpo, lui non odiava né se stesso né la mia pelle. Non cercava di farmi del male per sentirsi vivo, i suoi gesti erano violenti e selvaggi, ma il suo scopo era il piacere, sia il mio che il suo, non cercava il dolore o la mia umiliazione. Cercava il piacere primordiale, qualcosa di antecedente al concetto di bene e male. Non c’era morale o risposte per quello che cercava, non vi è un nome od un immagine che evochi il concetto stesso di piacere, niente a che vedere con il giusto o sbagliato. Qualcosa di antico, simile all’inizio di tutto.
    In principio vi erano due corpi..
    Gli sfilai la mano e ancora bagnata dalla mia saliva la infilai sotto la mia maglietta, lasciandola scivolare sui miei seni. Sentivo l’odore della mia saliva mescolarsi con quello della sua pelle. Lasciai cadere le buste con la colazione in terra e gli balzai addosso, spingendolo verso il letto. Cademmo in terra ai piedi del letto, lui mi prese per i capelli con una mano e con l’altra mi sollevò la maglietta iniziando a leccare e mordermi la pelle bianca dei miei seni. Abbassai il viso e vidi i suoi occhi affondare come canini nella magnificenza del mio collo bianco.
    Mi abbandonai completamente ai suoi sguardi, ai suoi piccoli morsi e mi sentii pulita per la prima volta quando mi penetrò, la saliva ed il sudore dei nostri corpi come un sapone in grado di pulire l’anima.

    In principio vi erano due corpi, uno era informe per le botte che la vita le aveva regalato e vuoto per il troppo dolore, l’altro aveva le tenebre che lo ricoprivano e che lo avevano guidato fino alla faccia dell’abisso sul quale si era seduto. Quando un giorno, stanchi del proprio vuoto e delle proprie tenebre, lo spirito dell’uno si librò fin sopra l’abisso dell’altro, fin tanto da scorgerne la luce e con essa riempì il suo vuoto. Insieme si guardarono intorno e videro che ora vi era luce, dove un tempo regnava la tenebra, e terra, dove vi fu il vuoto, e mare tutt’intorno per conciliare luce e terra.
     
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  11. kasumi
     
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    Bello! Mi è piaciuto tantissimo quel paragrafo sul piacere, che non era un modo per umiliare o sfogare i propri fallimenti.
    Però, per quanto mi piacciano questi capitoli, sto aspettando una svolta nella trama ^_^

    Ciao!
     
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    CAPITOLO 17

    <<faith, guarda. Siamo di nuovo per terra e te sei…hm.. nuda, veramente anche io!>>
    <<di nuovo, mister platinato, che cosa hai contro il mio culo?! Sono stanca di fare l’amore sulle mattonelle, il sedere dopo mi fa davvero male.>>
    <<diavolo, passerotto, non ho proprio niente contro il tuo splendido culo. Vorrei dirti dove potresti metterlo.. ma.. cadrei nel volgare.. oltre che.. nell’ovvio!! Aspetta un attimo, hai detto “fare l’amore”?!>>
    <<e’ un espressione come un’altra, non montarti la testa signor poeta!!>>
    <<no, mia cara, l’hai detto. Hai detto “fare l’amore” e considerato il tuo pessimo e scarno vocabolario quotidiano, credo che ciò abbia molta più rilevanza di quanto te non voglia ammettere.>>
    <<fanculo.. quanti vocaboli hai usato: “scarno”, “quotidiano”, “rilevanza”.. al diavolo professore non siamo in classe, anzi tecnicamente te non hai più alcuna classe e.. dannazione, non sei neanche più in Inghilterra. Parla più facile, culo inglese!>>
    <<ma bambolina, rovini sempre tutta la poesia!>>
    <<non c’è nessun “sempre” tra di noi!>>
    <<ahem.. ma c’è un noi?!>>
    <<nessun noi!! Al massimo un “io e te”>>
    <<mi accontento anche di una semplice “e”!! Cosa non farebbe un uomo come me per una donna come te!!>>
    <<le tue stronzate mi mettono fame, sai?! Per terra da qualche parte tra i nostri vestiti dovrebbero esserci dei sacchetti, ci sono biscotti e ciambelle glassate. Anche pancetta e uova, ma forse le uova saranno già frittata sul pavimento!>>
    <<trovato! di che colore la vuoi la glassa della ciambella?>>
    <<ma che cazzo di domanda fai?!?! Muoviti dammi una ciambella, la prima che ti capita, muoio di fare.>>
    <<visto?? Rovini la poesia. Sempre.>>
    <<sei te che ti ostini a vedere poesia ovunque. Un “noi” ovunque ed un “sempre” ovunque.>>
    <<mangia la ciambella che è meglio. Magari ti arriva un po’ di zucchero. >>
    <<…..>>

    <<spifkef? Pofssof.. fafti unaf domafndaf??>>
    <<certo, ma prima ingoia quell’enorme pezzo di ciambella.>>
    <<… Ugh.. qual è il tuo vero nome? Spike non è il tuo nome vero?!>>
    <<perché, luv, non ti piace??>>
    <<…..>>
    <<va bene, no, non è il mio vero nome. Ma non credere che il mio vero nome sia meglio! Mi chiamo William.>>
    <<già, il tipico nome da damerino inglese!! Terribile.>>
    <<ti avevo avvertito. Spike è decisamente meglio!!>>
    <<una cosa mi chiedevo, mi hai raccontato di Drusilla e di Angelus, ma una cosa non riesco a capire. Perché mai un cazzone come te avesse deciso di cambiare. Drusilla ti aveva “cambiato” già una volta, perché ho capito che tipo sei: un romaticone! Ma perché cambiare una seconda volta?? E per chi??>>
    <<wow.. domandone da un milione di dollari. Hey, Sherlock hai scordato la tua lente d’ingrandimento.. dai, andiamo, è una storia penosa, non credo te voglia saperla e poi..>>
    <<..e poi.. cosa?>>
    <<c’entra una donna, una maledetta donna!!>>
    <<hai visto, solo per le donne, te fai le cose solo per le donne.>>
    <<esiste al mondo qualcos’altro per cui far le cose?! Dannazione, voi donne non capirete mai. Voi siete.. così.. stronze.. e arrapanti, siete belle e.. lo sapete!! E noi siamo così.. idioti e senza scopo..>>
    <<e cosa ci renderebbe diverse da voi? Escluse le mestruazioni e che forse ci copriamo un po’ meno di ridicolo.. e che.. sì beh, in generale siamo meno bestie e meno penose.. >>
    <<voi avete sempre uno scopo.>>
    <<questo non è vero. Al diavolo, guarda me?! Io non ho alcuno scopo..>>
    <<sì che ce l’hai, ed è giusto così. La natura vi ha reso fottutamente diverse da noi. La realtà è che per far esistere l’umanità basterebbe un uomo solo, tipo un serbatoio di sperma, ma voi servireste tutte!! Quindi al mondo praticamente tutti gli uomini sono in esubero!!>>
    <<ma che diavolo dici?? Te hai qualche problema.. queste sono stronzate!! Un mondo con un solo uomo, può anche darsi che sia sufficiente per procreare ed andare avanti, ma sarebbe una cosa orribile. Cazzo! che vivono a fare milioni di donne per un solo uccello!! Dai, è un ragionamento idiota. Te non sai niente delle donne. Come si può vivere in milioni con solo cazzo?! La verità è che pensi troppo!>>
    <<non l’avevo mai vista da questo punto di vista..>>
    <<piuttosto, dimmi della ragazza.>>
    <<la versione breve: Era bionda, bassa, molto carina. Era stata un periodo con Angelus, gli aveva creduto e lo aveva amato, lui l’ha forse amata o forse l’ha presa in giro, non saprei. Sta di fatto che dopo averla scopata l’ha trattata di merda, l’ha tradita e poi voleva metterla sulla strada come tutte le sue donne. Lei per essere un’adolescente gliele ha cantate e lo ha mandato a farsi fottere. Così sono subentrato io, prima non la potevo vedere, poi mi faceva un po’ pena ed infine come un perfetto idiota me ne sono innamorato. A lei facevo schifo perché mi associava a tutta la merda che aveva visto con Angelus. Così, giù grandi pentimenti e pietose pantomime e infine ci sono andato a letto, ma come tu sai non sono un tipo delicato. Mi ha dato della bestia e fine della storia.>>
    <<e adesso?>>
    <<adesso cosa?!>>
    <<la ami?>>
    <<lei merita qualcosa di diverso, troppa oscurità, lei non può capire. Te invece sì, sei come me!! Lo sei davvero!>>
    <<…..>>
    <<te ed Angelus piuttosto?>>
    <<la versione breve?!! A me lui piaceva, abbiamo scopato, mi ha picchiato, io ho ricambiato e addio!>>
    <<wow.. te sì, che sai rendere brevi le storie!! … Quindi sono destinato ad innamorarmi delle sue ex!! Maledizione, non posso crederci, capitan mascella ha colpito ancora.. come al solito è arrivato prima di me su una ragazza!!>>
    <<okay, sembra che te stia parlando di una miniera ne “alla conquista del vecchio west”.. sono una persona non un fazzoletto di terra!!>>
    <<lasciamo stare.>>
    <<okay, passami un’altra ciambella.. forse anche due!!>>
     
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    CAPITOLO 18

    Aprii gli occhi quasi cosciente del fatto che in camera ci fosse qualcun altro. Ai piedi del letto Spike si stava certamente vestendo, doveva essere all’incirca metà mattinata, almeno a giudicare dai raggi di sole che filtravano dalla finestra. Il mio olfatto mi rivelò l’aroma del caffè diffuso per tutta la stanza. Avevamo passato l’intera giornata precedente in casa, malgrado il sole ed i grandi proposito, l’idea più piacevole ci era sembrata quella di rimanere nel letto a mangiare e fare l’amore, ed ogni tanto chiacchierare. Mi ricordavo della conversazione. C’era stata un’altra donna, lui l’aveva amata e forse l’amava ancora. Questo mi rendeva incerta.
    <<passerotto, sei sveglia?! Non mi ero accorto. Ti porto il caffè?? Vuoi qualche biscotto? Qualcosa è avanzata da ieri..>>
    Feci un leggero cenno con il viso, ero stanca ed uno strano timore mi rendeva inabilitata a prendere qualsiasi decisione anche la più irrilevante, almeno temporaneamente. Una voce mi rimbombava nella mente “Sei arrivata seconda, c’è già una donna nella sua testa.. non sei che un ripiego.. uno stupido ed inutile ripiego!!”.
    Vidi il suo bel viso sorridente avvicinarsi al letto con una tazza fumante ed un sacchetto di carta. Si sedette sul bordo del letto e poggiò la colazione sul comodino.
    <<buongiorno dormigliona, dormito bene??>>
    <<..hm.. >>
    <<ieri abbiamo fatto scintille!! Questa stanza ha visto decisamente le brutte.. avevo la sensazione che stesse crollando sotto i miei colpi.. oh non fraintendere.. anche te sei stata.. wow..>>
    <<lo credo bene.. ma secondo me puoi fare di meglio!>>
    <<e’ una sfida o una minaccia?>>
    <<magari tutte e due!>>
    <<facciamo una promessa!>>
    <<quando vuoi prof!>>
    <<puoi contarci.. sei riuscita a farmi sospirare passerotto è stata la giornata più bella..>>
    <<non ti credo! Lo dici per orgoglio..>>
    <<oh no, quella orgogliosa sei te.. lo ammetto... ormai hai preso il mio cuore!>>
    <<lo credo bene. Hey mi hai guardato bene?!>>
    <<oh sì, puoi contarci... l’ho fatto e lo faccio.. hm.. dolcezza, mi spiace rimandare a più tardi, ma devo scappare! Sai incombenze, rogne, disturbi.. cose così!>>
    <<oh ma certo vai.. tanto ti avrei cacciato, ho da fare anch’io!>>.

    Non era vero. Non avevo proprio nulla da fare, se non incazzarmi davanti qualche vecchio film in bianco e nero. Ma, come aveva detto anche lui, sono io quella orgogliosa.
    Perciò rimasi un bel po’ nel letto, aspettando qualcosa, forse che lui rientrasse dalla porta come in quei bei film, quelli in cui gli uomini tornano sempre dalle belle ragazze in lacrime chiedendogli scusa e chiedendogli di amarla e tutte quelle altre stronzate. Chiaramente la fottuta porta non fece alcun segno di volersi aprire né tanto meno si udì bussare, così decisi di alzarmi dal letto. La colazione di Spike mi aveva saziata ed ora ero pronta a passare una tipica giornata alla Lehane.
    Mentre mi aggiravo per la stanza, indecisa se bermi una birra o se andare a farmi un giro, mi venne in mente un ricordo della mia infanzia. Per un attimo chiusi gli occhi. Ero al centro della stanza e gradualmente la mia immaginazione mutò tutto ciò che avevo intorno. Sentivo il calore del caminetto nel piccolo semi-interrato in cui vivevo con mia madre a Boston, il crepitare timido della legna che brucia, le macchine che passavano veloci dinanzi alle piccole finestrelle, la voce di mia madre che mi chiamava: << Faithie, la mamma tra poco deve uscire, ti ho lasciato i biscotti caldi>>.
    Cercai di respirare a pieni polmoni l’aria che mi circondava, l’odore dolce dei biscotti al cioccolato mi travolse come un abbraccio che arriva alle spalle, inaspettato. Percepivo nitidamente l’aroma delicato del burro, la sicurezza che solo il profumo del cacao riesce a trasmettere. Potevo sentire i miei capelli sciolti raccogliersi nelle trecce con cui mia madre me li legava da bambina e sulla mia pelle avvertivo di nuovo i vestitini vecchi di un cotone spesso, i calzettoni rammendati e le scarpine di un paio di numeri più grandi. Ero tornata bambina come in un sogno o in un incubo, mi ero ritrovata di nuovo con le trecce ed i vestiti di bimba, golosa dei biscotti di mia madre, ignara del male e del dolore che da lì a pochi anni mi avrebbero travolto. Sentii la voce squillante ed allegra di una bambinetta: <<mamma, posso venire con te? mi porto i biscotti. Dai mamma, fammi venire>>.
    Faithie.
    Aprii gli occhi bruscamente, il ricordo di mia madre andava dissolvendosi così come il ricordo della bambinetta spensierata.
    << Maledizione>> mormorai tra me e me. In quel preciso istante decisi di aggrapparmi a quel momento e di non farlo scivolar via per nessun motivo al mondo. Presi la porta della mia stanza e con piglio risoluto mi recai al mini market.
    Una volta arrivata all’interno mi resi conto di non avere la minima idea di cosa dover comprare, giravo spaesata tra i ripiani degli scaffali, mi arresi e mi avvicinai al bancone.
    <<senti sai..>> tutta la sicurezza di pochi attimi prima era svanita <<sai come si fanno i biscotti>>
    <<che biscotti ragazzina?! Ti sembro un pasticcere?>>
    <<no, in effetti mi sembri uno stronzo. Lascia stare torna alle tue parole crociate di merda.>>
    Mi girai su me stessa e con la rabbia che mi montava dentro decisi di comprare il solito pollo in scatola. “Al diavolo” pensai “devo essere proprio una bambina scema, come mi sarà saltato in mente di..”
    I miei pensieri furono interrotti dalla voce dello stronzo al bancone:
    <<guarda dietro le confezioni della farina certe volte ci mettono delle ricette. Adesso lasciami tornare alle mie fottute parole crociate..>>
    Mi tuffai tra gli scaffali, giravo tutte le confezioni di farina in cerca di una ricetta per fare i biscotti, ne scartai una marea ed alla fine ne trovai una che poteva andar bene. Ovviamente era la marca di farina che costava di più! Iniziai a cercare tutti gli ingredienti che mi sarebbero serviti: burro, latte, cacao, bicarbonato..
    Svolazzavo per gli scaffali scoprendo prodotti che non avevo mai notato, scoprii che esistono diversi tipi di farina e di lieviti, che la vaniglia si può prendere in più formati: la stecca, in polvere, l’aroma liquido. Ci misi tantissimo per racimolare tutti gli ingredienti e quando ebbi finito mi recai fiera con il mio bottino alla cassa, pagai senza batter ciglio e di filato mi diressi nella mia stanza.
    Posai la busta sul tavolo e tirai fuori la confezione di farina, inizia a seguire le indicazioni: pesai la farina e la misi dentro una ciotola, intanto mescolai un po’ di burro con lo zucchero, ma non era morbido e facile come diceva la ricetta, si appiccicava negli angoli della ciotola e formava come dei riccioli, delle onde sullo zucchero senza “incorporarlo”. Quella parola mi era suonata così facile quando avevo letto la ricetta. Sentivo un fremito di nervoso scorrermi lungo la schiena, i miei movimenti sul burro si facevano sempre più svogliati, iniziai a maneggiare quella dannata forchetta con sempre maggiore forza tanto che alla fine la ciotola scivolò andando ad urtare la farina che mi cadde addosso, come uno schiaffo di impalpabile polvere bianca, mi sporcò da capo a piedi.(*)
    In quel istante, mentre dalle mie labbra usciva ogni sorta d’imprecazione e turpiloquio, sentii bussare. Pensai di non aprire ma la remota possibilità che l’inglese avesse sbrigato i suoi impegni prima, mi fece correre alla porta. La spalancai e vidi lui, inconfondibile, grasso e pelato, con la barba incolta e la fronte imperlata di sudore. I suoi occhi piccoli e famelici mi guardavano in attesa di un mio segnale, una parola.
    <<pa.. >>
    <<buon dio, che diavolo stai combinando?! Ma cos’è la roba che hai addosso? Farina?! Gesso?! Non fai entrare il tuo vecchio?!>>
    <<pat, come mi hai trovata?>>


    ****

    NdA (*) la scena di Faith che cerca di cucinare i biscotti della madre è un omaggio ad una bellissima scena contenuta ne "Lo scopo di un anima" di Kasumi, che ringrazio per aver scritto una scena così emozionante!! Spero che gradirà questo mio piccolo modo di ricordarla!

    Edited by FaithLess - 26/10/2013, 02:40
     
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