Forward to Time Past by Unbridled Brunette

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  1. Redan
     
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    Oddio.... che tristezza.
    Mi fa male il cuore per William, ho paura di leggere il capitolo successivo. Poverino, tutta questa sofferenza nella sua vita e proprio ora che era finalmente felice gli viene portata via la donna che ama. Sto male già adesso, non oso immaginare dopo il prossimo cap.
    Sarà interessantissimo però vedere come questo dolore si trasformerà e lo trasformerà fino a farlo diventare Spike. Sapere già che dopo più di cento anni ancora pensa a lei mi fa piangere come una fontana :cry: :cry: :cry: :cry:
    Mi interessa molto anche leggere di come sarà il suo rapporto con Drusilla, visto e considerato che ama un'altra e continuerà a farlo.
    Kasumi non temere, non credo che potrei mai perdere interesse per questa storia! Anche la seconda parte sarà interessante da leggere, per quanto cupa e dark. Ci farà amare ancora di più Spike perchè lo vedremo "nascere".
    Certo, l'attesa per il loro incontro mi mangerà viva, ma non vedo l'ora di leggerlo!

    Detto questo, grazie sei stata velocissima! :wub:
     
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  2. elijem
     
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    ma come cavolo fai kasumi??? sei velocissima :) davvero complimenti.. anche perchè fttp deve essere molto più difficile da tradurre come storia ;)
    in ogni caso questo capitolo mi mette un'ansia intorno.. ma si sapeva che doveva finire così, lei non può cambiare la storia del personaggio e LUI è destinato a diventare Spike.
    sono curiosa, di leggere nei minimi dettagli ( io anche se leggo qualcosa in inglese, è solo per capire la trama ma non per coglierne i particolari, in quanto non sono in grado xD), il senso di vuoto che coglierà William alla scomparsa di buffy e a come reagirà. Di sicuro la seconda parte sarà più cupa, ma aspetto te ;)
     
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  3. kasumi
     
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    Ciao ragazze! Come vedete avevo aspettato di tradurre questo cap, proprio per non lasciarvi troppo con l'angoscia. Li avevamo lasciati così felici, e adesso purtroppo le cose sono cambiate. Mi viene già da piangere in questo capitolo, ogni volta che william teme di perderla ed Elisabeth lo rassicura, dicendogli che non lo lascerà mai.. il prossimo capitolo sarà tremendo.. preparate i fazzoletti. Dopo di che sarà interessante vedere come lui diventa come vampiro, sia perchè il telefilm non ce lo dice nei dettagli, sia per vedere come si comporta qui, come l'amore per Elisabeth lo possa cambiare.
    Purtroppo non si possono scrivere 100 anni in 2 capitoli.. quindi il viaggio sarà lungo. Anche perchè morirete dalla voglia di sapere cosa è successo a Buffy e come reagiranno entrambi quando si reincontreranno nel futuro.
    Devo ancora decidere cosa tagliare.. vedremo.
    Ringrazio tutte di cuore per aver seguito questa storia finora e per il continuo appoggio, anche se è stata lasciata e poi ripresa più volte, anche se ci sono stati periodi in cui non ho aggiornato per mesi...
    Grazie a tutte :wub:
     
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  4. Redan
     
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    kasumi siamo noi a ringraziarti! Senza di te che la traduci probabilmente non avrei mai letto questa storia bellissima e sicuramente non l'avrei apprezzata così tanto!
     
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  5. keiko89
     
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    Ciao Kasumi!

    Ho continuato a leggere la storia un po' a spizzichi e bocconi appunto perchè per me è troppo melensa, ma è un difetto mio che non amo le cose troppo dolci e sentimentali :P
    Non vedo però l'ora di leggere i prossimi capitoli dove suppongo si avvicini l'angst...e come ben sai io ci sguazzo dentro :lol:

    Ti faccio di nuovo i complimenti vista l'immane mole di lavoro... a presto!
     
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  6. kasumi
     
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    Ciao keiko! Non ricordo nel dettaglio quanta angst :D , dovrei rileggerla, comunque ce n'è sicuramente a vagonate, già dal prossimo capitolo. Visto che ti piace l'angst e adori Drusilla, scommetto che adoreresti Pet di Sigyn! Sarebbe la storia che mi piacerebbe tradurre dopo queste :wub:
    Sono curiosa di sapere che cosa ne pensi di questa seconda parte :P
    Un abbraccio!!
     
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  7. kasumi
     
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    Capitolo 27




    William si lanciò dalla schiena del cavallo quasi prima che questi si fermasse completamente di fronte alla casa. Il piccolo ragazzo tutto-fare della casa era in piedi vicino alla fermata della carrozza. Cercò di parlargli, ma William ignorò le sue parole perché era troppo ansioso di vederla per fermarsi e parlare con un servitore. Gettò le redini al ragazzo e mezzo camminò e mezzo corse attraverso il prato di casa. Mentre correva, la sua mano si chiuse attorno al piccolo bozzolo che teneva sulla tasca sinistra anteriore dei pantaloni. Aveva quasi paura che non ci fosse più, ma era lì. Una piccola scatola nera da gioielleria, rivestita in velluto blu. Il suo cuore batteva fuori ritmo al pensiero di ciò che le avrebbe detto quando gliel'avrebbe consegnata.

    Salì gli scalini d'ingresso due alla volta e spalancò la porta di casa prima che Edward potesse farlo per lui. Lasciò cadere il cappotto e il cappello sul tappeto dell'entrata e si diresse verso le scale. Aveva detto che sarebbe stata nella biblioteca, in attesa di lui. Sembrava fossero passati dei secoli da quando l'aveva vista l'ultima volta, da quando l'aveva abbracciata. Gli tremavano le mani per l'anticipazione, e aggrappò la ringhiera strettamente per tenersi in equilibrio. Fece il primo passo-

    "William."

    Si voltò leggermente. Sua madre era in piedi dietro di lui, ai piedi delle scale, e poteva dire dalla sua espressione che era accaduto qualcosa di terribile. Il primo pensiero fu la sua salute. Eppure sembrava stare bene, era appoggiata a malapena al bastone. Ma i suoi occhi - i suoi occhi erano così strani-

    "Madre", le disse. Il suo cuore era già in gola, e stava minacciando di strangolarlo. Buon Dio, perché sembra così strana?

    "William, vi stavamo cercando", disse. Anche la sua voce era strana, sembrava remotamente la sua. Aggiunse, "ho inviato Matthew per andare a prendervi. Non pensavo che sareste venuto a casa così presto. "

    Presto. Come avrebbe potuto aspettare oltre, ora che aveva trovato l'anello giusto? Aveva lavorato con il commercialista solo per un'ora dopo pranzo prima di dichiarare che non ce la faceva più. Aveva cavalcato a casa al galoppo. Eppure, non sembrava abbastanza veloce per lui. Non abbastanza rapido.

    Ora, stava fissando sua madre senza parole. C'era qualcosa negli occhi di lei, qualcosa di tremendo-

    "William, venite qui solo per un momento, per favore. Scendete…"

    Fece cenno al salone alla sua destra, ma lui non seguì la sua direzione. Invece, afferrò la ringhiera più forte, quasi dolorosamente. "Che cosa c'è, madre? È successo qualcosa?"

    Gli occhi di lei guizzarono dal suo viso al pavimento e poi di nuovo indietro. "Qualcosa ..." disse piano. "Qualcosa di terribile."

    "Che cosa? Che cos'è successo? State bene-?" Ma sapeva la risposta. Aveva capito che non era lei ad essere nei guai. "Dov'è Elizabeth?" Chiese all'improvviso.

    "Oh, William. Lei-"

    "Dov'è?" La sua voce era qualcosa tra un singhiozzo e un grido, che spaventò persino lui. Anne gli tese una mano ma egli inciampò all'indietro su per le scale, evitando il suo tocco. "Ditemi dove si trova!"

    "Lei se n'è andata, William." Il viso di Anne si increspò, e la sua voce divenne rotta dalle lacrime quando disse di nuovo, "William, se n'è andata."
    ~*~ ~*~ ~*~





    In un primo momento, si rifiutò di crederci.

    Andata. Come poteva essersene andata? Lei lo amava. Lei era sua. Non l'avrebbe lasciato. Aveva promesso che non l'avrebbe mai lasciato. Eppure era partita nel primo pomeriggio, aveva preso il pony grigio, e l'animale era tornato poco dopo senza di lei. Stava andando a fargli visita, avevano detto. Voleva portargli del cibo, perché era sicura che lui avrebbe saltato il pranzo. L'agente di polizia che stava nel loro salotto, rosso in viso e con il cappello in mano, pensava che probabilmente lei fosse caduta da cavallo. I suoi uomini stavano controllando gli ospedali vicini e gli studi dei medici, nel caso in cui si fosse ferita e qualcuno l'avesse portata lì per chiedere aiuto. Tuttavia, c'era anche la possibilità che qualcuno di meno virtuoso l'avesse trovata. Di recente, quella zona di Londra sembrava particolarmente vulnerabile ai ladri e ai tagliagole. Era possibile che-

    Ebbene, William si rifiutava di credere anche a questo.

    Anche se l'agente insisteva che non era necessario, William lasciò la casa per andarla a cercare lui stesso. Fece un giro attorno alla zona, guardando attentamente e prendendo la strada per il contabile una dozzina di volte, prima di ammettere a sé stesso che non c'era niente. Non c'era nemmeno alcun segno che lei fosse passata di là, per non parlare di qualsiasi indicazione su quello che potrebbe essere successo. Seppur accettando il fatto che continuare quella ricerca era inutile, William era riluttante a fermarsi. Lo fece solo nella speranza che la polizia avesse trovato qualcosa.

    Ma ciò non era avvenuto.

    William si sentì stranamente apatico quando glielo dissero. Sapeva che era lo shock, il modo della sua mente per abituarsi all'idea, alla ferita. Per bloccare la maggior parte del dolore. E per questo, le era grato.

    Lo sguardo stordito sul suo volto e lo stato catatonico in cui era caduto, preoccuparono sua madre, che allungò il braccio per tenergli la mano.

    "Sono quasi le tre. L'agente ha promesso di tornare alle sei con un rapporto - anche prima, se dovesse trovarla o sentire qualcosa che la riguarda. Perché non vi riposate fino a che non arriva?"

    Lentamente, lui scosse la testa.

    "Se lei arrivasse ... e io stessi dormendo ..."

    La mano passò sulla sua guancia. "Tesoro, sapete che se questo dovesse accadere io vi sveglierei subito. E poi non c'è bisogno che dormiate, se questo vi crea disagio. Potete restare al buio per un po', e prendervi un momento per raccogliere i vostri pensieri. Ora è tranquillo, nessuno vi disturberà fino a quando avremo notizie ... "

    Salì le scale con riluttanza. Lentamente, come un uomo molto anziano. Non sarebbe nemmeno andato, se non si fosse stancato dell'insistenza della servitù. Sapeva che i domestici erano ancora svegli, aspettando in cantina per fare gossip tra di loro, aspettando di sentire qualcosa dai colleghi più vicini ai padroni. James, Sarah Fitzpatrick, Livvy, e persino Edward- giravano per il salotto e per il corridoio, e lo fissavano come se fosse stato un insetto sotto vetro. Era snervante, e non poteva più sopportarlo.

    Tuttavia, non aveva intenzione di mettersi a letto. Se lei fosse arrivata a casa, non avrebbe voluto aspettare nemmeno i pochi momenti che ci sarebbero voluti per svegliarlo, per vederla subito. Non che si aspettasse di addormentarsi. Era in stato di shock; non aveva sonno. Tuttavia, era un rischio che non era disposto a prendere. Andò invece in biblioteca. Qualcuno aveva acceso le lampade, come se si aspettasse il suo arrivo. La stanza era calda con il bagliore del fuoco ed era quasi in completo silenzio, salvo per il lieve tic tic tic dell'orologio antico. William si lasciò cadere stancamente sul divano.

    Non ti lascerò mai.

    Aveva detto così, non è vero? Era stata colpa sua, non di lei. Era stato lui ad andarsene. Sapeva che non avrebbe dovuto lasciarla in quel modo, se lo sentiva da giorni. Quindi, per quale stupida ragione al mondo le aveva permesso di convincerlo ad andare?

    Perché l'amava.

    L'amava così tanto che l'aveva lasciata sola e vulnerabile. L'amava così tanto da averle tenuto il broncio e averle fatto credere che lei avrebbe dovuto venire da lui mentre era via. L'amava così tanto che le aveva dato quel maledetto cavallo, quel maledetto animale che avrebbe potuto ucciderla.

    Lo shock iniziò lentamente a svanire, assieme all'intorpidimento che venne lentamente sostituito da un dolore quasi insopportabile. E anche dalla rabbia. La rabbia verso se stesso, verso sua madre - la rabbia verso tutti quelli che avrebbero potuto impedirle di uscire e invece non l'avevano fatto. Quella rabbia che era stata con lui dal primo momento in cui aveva sentito della sua scomparsa, ma poi si era affievolita, diventando una debole scintilla, ma adesso stava ribollendo, aveva catturato il suo cuore e lo stava avvolgendo come un fuoco avvolge un pezzo di carta, bruciandolo fino a consumarlo del tutto...

    I suoi occhi vitrei guizzavano attraverso la stanza vuota, e improvvisamente sembrò che non potesse più sopportarlo. La sua vita non era stata altro che una serie di stanze vuote fino a quando non aveva incontrato Elizabeth. Fino a quando non l'aveva conosciuta, aveva vissuto solamente attraverso i libri e le fantasie, indirettamente. Fino a quando non l'aveva incontrata, i libri e le fantasie erano stati abbastanza.

    Ma ora, non lo erano più.

    Ora, si trovava di fronte alla possibilità di averla persa per sempre. La possibilità di dover tornare a quell'esistenza sterile che aveva prima. Improvvisamente, la biblioteca gli sembrò il simbolo di quella vita precedente, un promemoria beffardo della vita che lo aspettava, e la odiò per questo. La odiò così terribilmente che fece quello che ogni uomo con l'odio nel cuore fa quando non ha niente da perdere: cercò di distruggere la cosa che odiava.

    Non si rese quasi conto di ciò che stava facendo. Successe tutto così in fretta, e il fuoco dentro di lui ardeva, oscurando tutto in una nebbia nera e densa. Balzò dal divano come un gatto in caccia e si precipitò verso il gruppo più vicino di scaffali. Decine di bei libri sfogliati spesso e tenuti con amore come degli amici molto cari, eccetto che adesso li odiava. Li trascinò giù dagli scaffali e li gettò alla rinfusa per la stanza. Uno di loro frantumò uno specchio; un altro atterrò nel camino e lanciò una pioggia di scintille. William non se ne accorse nemmeno. Non si accorse di nulla, a parte il fatto che-

    Lei non sarebbe più tornata.

    Aveva cercato di bloccare quel pensiero per tutta la notte, ma venne lo stesso. Perché sapeva, che non lo avrebbe fatto. Era morta. La caduta da cavallo l'aveva uccisa, oppure l'aveva fatto qualche vagabondo disgustoso, e tutto a causa sua. Era stato troppo debole per portarla per mano, per insegnarle ad obbedirgli. A causa di questo, lei aveva ritenuto opportuno cavalcare da sola per Londra. In pratica, le aveva permesso di morire.

    L'aveva uccisa.

    Era questo pensiero che più di ogni altra cosa lo faceva andare avanti. Se fosse stato solo per la sua perdita, forse si sarebbe stancato dopo un po' o sarebbe rinsavito. Era la consapevolezza di aver causato la sua morte che lo faceva letteralmente impazzire, e in quel momento, quando non poteva più bloccarla dalla sua coscienza, andò fuori di testa completamente.

    Vagamente, sopra i suoni della propria devastazione, William sentì il trambusto di molti passi che si affrettavano lungo il corridoio. Attraverso la porta aperta, apparvero una mezza dozzina di volti sconvolti, e sua madre era in mezzo a loro.

    "Mio Dio", ansimò. "William, che cosa-"

    Girò la testa per guardarla, ma quando lo fece, la sua non fu la prima faccia che vide. Matthew era in piedi appena fuori della biblioteca, con una mano appoggiata leggermente sul telaio della porta. Era stato giù in cantina - senza dubbio spettegolando con gli altri inservienti, quando aveva sentito i rumori di cose rotte provenienti dalla biblioteca. Come gli altri, si era affrettato ad indagare.

    C'era uno sguardo gentile e solidale sul volto di Matthew, ma William non lo vide. Tutto quello che poteva vedere attraverso la sua assoluta disperazione era che era stato quell'uomo a mandare il suo amore a morire a cavallo, quell'uomo che avrebbe potuto facilmente fermarla, e invece non l'aveva fatto. Non poteva accusare sua madre, sua madre era una donna. Ma Matthew era un uomo, gli aveva ordinato personalmente di non farla uscire fuori da sola. Avrebbe potuto fremarla-

    William si lanciò attraverso la dozzina di piedi che li separavano da lui e afferrò Matthew per il bavero della giacca. Lo tirò dentro nella stanza come se fosse nient'altro che una bambola, lo sbatté contro il muro e gli chiese a denti stretti, "Le hai sorriso?"

    "Cosa-?" Gli occhi marroni di Matthew erano spalancati per lo shock.

    William lo colpì, allora. Così duramente attraverso la mascella che le sue nocche si ruppero e Matthew sputò sangue.

    "Quando le hai sellato quel pony - le hai sorriso?" Non gli diede nemmeno il tempo di rispondere prima di colpirlo di nuovo, questa volta attraverso la bocca. Continuava a picchiarlo, grugnendo tra i colpi: "Quando l'hai lasciata andare, quando l'hai mandata a morire-"

    Le mani di Matthew si alzarono a scudo davanti al petto, lottando per spingere William via da lui, perché non avrebbe colpito il suo datore di lavoro, per nulla al mondo. Le sue mani erano forti, ma la follia e la pura forza di volontà rendevano William ancora più forte. Non riusciva a spingerlo via.

    "Sir-signore, non volevo-Non avrei mai voluto che le succedesse qualcosa-"

    Ma William non l'ascoltava nemmeno. Non sentiva nient'altro che l'odio ruggente nelle sue orecchie. Il pensiero brutale, singolare nella sua intensità: lo uccido. Lo uccido.

    E l'avrebbe fatto.

    Alla fine, fu solamente per gli sforzi congiunti di James ed Edward che Matthew riuscì a sfuggirgli. Trascinarono William lontano da lui, bloccandogli le braccia dietro alla schiena in modo che non potesse più colpire. Tuttavia, egli gli rese le cose difficili, calciando e imprecando, lottando per liberarsi e tornare da Matthew.

    Nel frattempo, Matthew barcollò indietro verso la porta. Il suo volto era pieno di sangue, e il suo corpo era tutto un enorme livido. Eppure, quando Anne gli chiese se era tutto a posto, disse solamente, "starò bene."

    "Riuscite a cavalcare?" Chiese Anne. La sua voce era sommessa e spaventata. Matthew annuì, e lei aggiunse con urgenza "allora andate dal dottore del vostro padrone. Subito."

    Lui corse verso le scale, asciugandosi il sangue dal viso mentre avanzava.
    ~*~ ~*~ ~*~





    Il dottor Gull guardò a malapena il suo paziente (che era ancora trattenuto con la forza dal personale) prima di fare la sua diagnosi.

    "Isterismo," disse. "Posso dargli qualcosa per calmarlo finché non gli passa. Si dà il caso, che abbia con me un buon sedativo."

    "Un sedativo," fece eco Anne con ansia. "Non gli farà male?"

    Il medico stava già tirando fuori dalla borsa una siringa e una piccola bottiglia di vetro, e le rispose prontamente: "Oh, è molto sicuro. E' un derivato della morfina e viene usato comunemente per questo scopo. Gliene daremo una dose sufficiente per offrirgli un bel po' di riposo, poi continueremo la somministrazione fino a quando il pericolo non sarà passato."

    Scosse delicatamente la bottiglietta tra il pollice e l'indice e poi vi immerse l'ago, aspirando una buona quantità di liquido nel cilindro di vetro. Batté una o due volte per eliminare l'aria prima di voltarsi verso il suo paziente.

    "Tenetelo immobile," ordinò al personale. "Deve andare in una vena."

    Trattennero William fermo per terra, con la schiena sul pavimento e Matthew seduto sulle sue gambe per impedirgli di scalciare. James gli teneva il braccio destro e la testa di lato. Mr. Edward gli tratteneva il braccio sinistro, attorno al quale il dottore stava mettendo un laccio emostatico.

    Successe tutto molto rapidamente.

    In seguito, non lo rilasciarono subito. Anche se iniettato nel flusso sanguigno, infatti, il farmaco non aveva un effetto immediato. Nel giro di pochi istanti, però, il corpo di William cominciò a rilassarsi. Quando fu chiaro che stesse dormendo, e che non fosse più una minaccia, i tre uomini lo lasciarono andare. Su ordine del medico, Edward e James lo presero e lo portarono nella sua camera da letto. Matthew, però, non li accompagnò.

    Zoppicò in silenzio lungo il corridoio. Il cuoco e qualcuno degli altri servitori erano in piedi vicino alle scale, ammucchiati come un gruppo di galline pettegole che chiocciavano. Quando lo videro, divennero tutti zitti, senza dubbio scioccati dalla condizione orribile del suo volto. E lui non poteva davvero fargliene una colpa.

    Fu Livvy, che alla fine ruppe il silenzio.

    "Che cosa terribile," disse piano. "E' stato Padron William? Dev'essere stato lui; abbiamo sentito tutti il trambusto. Sarah ha detto che è diventato completamente pazzo ... "

    Il cuoco sbuffò. "Pazzo, col cavolo," disse con rabbia. "E' solo incredibilmente viziato. Qui viene trattato come un principe e fa sfilare quella piccola ragazza in giro come se fosse sua moglie, invece che una comune amante. Dovreste sporgere una denuncia per questo, Matthew. Anche se non ci guadagnereste niente. Nessuno a Londra si preoccupa per la classe operaia ... non quando i ricchi possono fare ciò che vogliono e farla franca."

    "E' tutto a posto", disse Matthew stancamente. "Non si rendeva conto di quello che stava facendo. Inoltre, sento che non ho il diritto di sporgere denuncia, anche se mi fosse garantito che ci guadagnerei qualcosa."

    "Ma perché no?" Chiese il cuoco. "Guardate la vostra faccia, amico-"

    "Non lo farò", rispose a bassa voce, "perché aveva ragione. Non avrei dovuto permetterle di andarsene su quel cavallo. E' colpa mia se se n'è andata."

    Passò oltre la piccola folla, verso la scala. Sulla scia di tale caos, la casa e il guardino ora sembravano del tutto silenziosi. C'era una luce accesa alla finestra della casa vicino alle carrozze e Matthew sapeva che là dentro sua moglie lo stava aspettando. Ma non poteva affrontarla ancora. Il suo cuore era troppo pesante per le spiegazioni in quel momento, e non poteva tollerare alcun conforto da parte sua. Era stata colpa sua, e non voleva che sua moglie gli dicesse altrimenti. Matthew credeva che una persona dovesse ritenersi responsabile delle proprie azioni.

    Nella luce fioca della stalla, i cavalli si muovevano nervosamente. Anche loro avevano sentito il clamore in casa, e la cosa li aveva disturbati come aveva disturbato le persone della casa. Parlò ad ognuno di loro a bassa voce per rassicurarli e loro nitrirono in risposta, i loro occhi teneri che seguivano i suoi movimenti con curiosità.

    Alla fine della stalla, il pony grigio di Elizabeth muoveva la testa su e giù nervosamente. La cavalla era stata piuttosto nervosa da quando era arrivata a casa quel pomeriggio senza il suo pilota, lasciando Matthew a chiedersi che cosa fosse successo lì fuori in strada. Aprì la porta della sua stalla ed entrò. Quando passò la mano sul suo collo, scoprì che era ancora abbastanza umido di sudore.

    "Che cos'è che ti ha spaventato così tanto là fuori?" Le chiese a bassa voce, disegnando dei cerchi rilassanti con la mano sotto la sua criniera. Lei inarcò il collo e sospirò, e Matthew mormorò di nuovo, "Che cosa ti ha spaventato? Tu, che sei sempre così gentile ... così stabile. Ti sei spaventata e l'hai persa? Oppure ti sei spaventata perché l'hai persa?"

    La cavalla grigia, naturalmente, non gli diede alcuna risposta.
    ~*~ ~*~ ~*~




    Quando William riprese conoscienza, fuori era buio. In un primo momento, interpretò questo come una cosa positiva. Pensò di non aver dormito a lungo. Tuttavia, quando guardò il piccolo orologio sul muro, questo segnava le 10:45. Aveva dormito per quasi un giorno. Dovevano averlo sedato più volte.

    Si mise a sedere sul letto in fretta, troppo in fretta. Il farmaco era ancora piuttosto forte nel suo organismo, e gli dava le vertigini quando si muoveva. Tuttavia, si costrinse a rimettersi in piedi. Era ancora vestito, tranne che per le scarpe, e scivolò in esse senza troppi problemi.

    Barcollò lungo il corridoio, e spalancò la porta della camera da letto di lei con mano tremante. Si aspettava quasi di vederla lì, sdraiata sul letto mentre gli sorrideva, come aveva fatto tante altre volte. Si sforzò di vederla, con tutto ciò che aveva.

    Ma naturalmente, non ci riuscì.

    La sua camicia da notte giaceva spiegazzata ai piedi del letto, e lui la raccolse, e seppellì il viso in essa. Poteva sentire ancora il suo profumo nelle soffici pieghe della mussola; poteva sentire anche il proprio. E ricordò, con un doloroso senso di perdita e di nostalgia, l'ultima e bellissima notte che avevano passato insieme.

    "Oh, tesoro, tesoro," gemette. "Perché-?"

    Fece scorrere il delicato materiale sulla sua bocca e ne inspirò il profumo. Una parte di lui immaginava che lei sarebbe apparsa improvvisamente dietro di lui. Che in qualsiasi momento avrebbe sentito le sue braccia sottili e lisce che gli avvolgevano le spalle e la sua voce melodiosa nel suo orecchio. Com'era sempre accaduto prima, quando lui cadeva nella disperazione, lei appariva sempre.

    Ma non questa volta.

    La sua mano libera si chiuse sopra il piccolo bozzolo nella tasca sinistra dei suoi pantaloni - il suo anello. L'anello che lei non avrebbe mai visto ... che non avrebbe mai graziato il suo piccolo dito. Si sentì male per questo pensiero. Lasciò cadere la camicia da notte e tornò di nuovo fuori dalla porta, non volendo insudiciare la sua stanza. Vomitò invece sul tappeto di lana nel corridoio.

    Dopo aver finito, sembrava che non potesse più sopportare di stare in quella casa. Lei era in quella casa. Era tutto intorno a lui, ma intoccabile. Incurante. Era morta, ma il suo ricordo rimaneva, e lo derideva con quello che lui non poteva più avere.

    Fuggì all'aperto nella quiete delle strade buie di Londra. Era fresco e umido, e non aveva il cappotto. Eppure notò a malapena il vento gelido e le gocce di pioggia che cadevano come aghi su di lui. Il suo cuore sanguinava. Le aveva dato tutto, tutto ciò che aveva! I suoi segreti ed i suoi sogni, il suo amore e perfino la sua anima. Ora lei non c'era più, e aveva portato tutto via con sé.

    Camminò per quello che sembrò un'eternità. Durante quel tempo, la pioggia rallentò e poi si fermò del tutto, ma il vento aumentò e William cominciò a tremare. Cercò rifugio in un vicolo tra due edifici fatiscenti in mattoni in un quartiere a lui non familiare. Uno degli edifici una volta era stato una stalla e aveva alcune balle di paglia ammuffite contro un lato. William si sedette su una di esse e si appoggiò al muro di mattoni fatiscenti. Chiuse gli occhi, senza preoccuparsi di controllare le lacrime, né di soffocare il singhiozzo occasionale che gli saliva in gola. Perché preoccuparsi? La vita era terribile. Voleva morire.

    Passò del tempo - minuti, ore, giorni, era lo stesso per lui, quando improvvisamente un piccolo rumore di tacchi si avvicinò alla bocca del vicolo. Erano i tacchi di una donna che battevano contro la strada lastricata di pietra. William alzò lo sguardo bruscamente. Sperando-

    Era una donna magra, dai capelli scuri e gli occhi color prugna. Era vestita di seta nera e pizzo, con i capelli tirati indietro dal viso in un pudico chignon, le sue piccole mani guantate con grazia. Nonostante l'abbigliamento elegante, c'era qualcosa di strano in lei, qualcosa di selvaggio e oscuro. Quasi serpentino. In un primo momento, William distolse lo sguardo con disinteresse. Poi lei parlò, e la sua voce era liscia come la crema e anestetizzante come l'oppio che circolava ancora nel suo sangue:

    "E mi chiedo, quale possibile catastrofe è crollata dal cielo e ha portato questo affascinante sconosciuto alle lacrime?"


    FINE PRIMA PARTE


    TBC

    Ci siamo... :)
     
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  8. elijem
     
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    piango e ho il cuore in subbuglio.. be kasumi tu sai proprio cogliere e tradurre qualsiasi sentimento della storia.. ma che storia e ripeto che storia..la adoro e adoro le descrizioni minuziosa della scrittrice. è veramente una che sa il fatto suo.adoro e aspetto il seguito
     
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  9. Redan
     
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    E ci siamo sì... :cant:
    Dio che dolore!
    Quello che abbiamo visto in questo capitolo era Spike al 100%. Ho seriamente pensato che avrebbe ucciso Matthew e ne ero terrorizzata. Sarà bruttissimo vederlo diventare un assassino, pensando a Elizabeth che gli ha detto: "Voi non ucciderete nessuno"....
    E poi l'anello :cant: :cant: :cant: :cant:
    Spero che glielo darà prima o poi. Che Buffy possa vedere l'anello che aveva scelto per lei con tutto l'amore che provava e che possa e voglia indossarlo. Non so come farò ad aspettare per leggere la terza parte!
    Nel frattempo ho pianto un sacco :cry:
     
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  10. kasumi
     
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    Sono capitoli molto intensi.. fanno soffrire ma li amo per la loro intensità. Mi dispiace di aver fatto spoiler per Redan per quanto riguarda l'anello. Di fatto, a questo punto della storia, non si sa se lui dimenticherà Elizabeth ad un certo punto, e se conserverà dei ricordi di lei.
     
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  11. Silvia_1899
     
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    Povero... che batosta!! l'ho accusata anch'io, nonostante fossi preparata :cry:
    Però devo dire che non vedevo l'ora di arrivare a questa seconda parte per vedere la trasformazione e la nascita di Spike e quindi di questo sono contenta!
    Non so come farò ad aspettare tanto per il loro incontro ma sono sicura che la storia continuerà ad essere interessante da valerne tutta l'attesa!!
     
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    Leejongsukdipendente

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    Sorelle Giurassiche
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    Ciao Ale....mi sono appena accorta che hai gia' postato una parte del cap 27 (che ancora nn ho letto) E scorrendo ...vedo che il mio commento al capitolo precedendo non c'è più e giuro che l'ho postato più di una settimana fa :o: :o: :o: :ph34r: :ph34r: :ph34r: :cry: :cry: :cry:

    Appena avrò il tempo leggerò anche questo,sperando che questa volta non svanisca nel nulla..ancora nn capisco come possa essere sparito??? .....O sono stata io una capra e quindi dopo tutto il sermone fatto nn ho cliccato invia...oppure rimarrà un mistero!!!!!
    Ti dico cmq grazie per la super rapidità...tra un cap e l'altro.
    E se gia' nell'altro il mio cuoricino aveva perso dei battiti..qui mi sa che per un pò cesserà di battere.


    Me ti ama sempre per sempre :wub: :wub: :wub: :wub:
     
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  13. kasumi
     
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    Caspita Stefy! Non è mai arrivato il commento!
    Ma sono contenta che hai trovato il tempo per recuperare :)

    In questi giorni sto dando un'occhiata ai prossimi.. i primi 4-5 cap sono molto interessanti e li lascerò integrali. I tagli li farò dopo.

    Spero di non ritardare con i prossimi aggiornamenti, perchè sto meditando di tradurre un'altra cosa. In realtà è una traduzione che è rimasta incompiuta nel fandom di The Vampire Diaries e mi hanno chiesto se potevo finirla :) si tratta di Timeless.
     
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  14. kasumi
     
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    SECONDA PARTE

    forwardpart2




    If I wait, the grave is mine house: I have made my bed in the darkness.
    Job 17:13

    Se aspetto, la tomba sarà la mia casa: ho fatto il mio letto nell'oscurità.
    Giobbe 17:13



    Capitolo 28




    Si svegliò in uno spazio scuro e chiuso. Disteso sulla schiena, con le braccia incrociate sul petto, e poteva sentire qualcosa a grumi sotto di sé. Non era morbido e nemmeno duro del tutto, ma era inamovibile e scomodo. L'intero posto era scomfortevole. Aveva un'odore strano, sentiva forte l'odore del legno di pino e della terra, di cose stantie e di qualcos'altro, qualcosa di familiare che non riusciva bene ad identificare. Qualunque cosa fosse, non era un odore gradevole. Lì dentro era nero come la pece e non riusciva a vedere niente.

    William iniziò a sollevarsi, desideroso di lasciare quel luogo disgustoso e claustrofobico per trovare un po' d'aria fresca. Eppure, quando provò, si rese conto che non poteva mettersi a sedere. C'era un tetto sopra la sua testa, un tetto così basso che rendeva l'operazione impossibile. Quando ci appoggiò le mani, realizzò che c'erano poco più di dieci centimetri tra lui ed il coperchio della scatola in cui ora risiedeva. Perché era una scatola, si rese conto. Una scatola fatta di travi di legno di pino che non erano nemmeno state messe bene, per cui c'erano delle sottili fessure tra di esse.

    Le sue dita sondarono le pareti attorno a lui, e non ci volle molto per capire che la scatola in questione non era affatto una semplice scatola. Era una bara. E la cosa piena di grumi sopra cui il suo corpo giaceva era il cadavere di un altro uomo. Che sebbene non fosse morto da più di un paio di giorni, stava già diventando dolce per il decadimento imminente. Quando le dita di William trovarono la mano dell'uomo morto, la carne di questo apparve umida e morbida al tatto, e si pelò un poco sotto la pressione delle sue dita. Fu allora che lo shock terminò, e colse pienamente l'orrore della propria situazione.

    Il panico lo sopraffece, una paura quasi animale di morte e di intrappolamento. Urlò ciecamente, e le sue mani spinsero in alto, i palmi che martellavano contro il coperchio della bara. Della polvere sporca cadde verso il basso, filtrando tra le fessure delle tavole, e finì sulla sua faccia. Questo servì solamente ad aumentare il suo terrore, e luì battè più forte.

    Fortunatamente, la bara sembrò essere di buon mercato, la varietà della marca Potter. Ad ogni modo, le sottili tavole di pino si spezzarono facilmente sotto l'abuso delle sue mani, e la terra cadde sul suo volto, nella bocca aperta che urlava. Artigliò la terra con mani e piedi, spingendo per farsi strada attraverso di essa, così, a chiunque avesse visto quello che stava accadendo, sarebbe sembrato che fosse stata la terra stessa ad avergli dato la vita. Come un uccellino che esce dal proprio guscio e si affaccia al mondo.

    Si fece strada con la forza fino alla benedetta aria fresca di una notte di inizio primavera. Si gettò sull'erba umida accanto alla tomba, ansimando e ridendo del proprio trionfo, e metà singhiozzando dal terrore. I polmoni gli facevano male ad ogni respiro, come se durante il tempo che era rimasto sottoterra, si fossero disabituati allo sforzo. Stranamente, sembrava quasi che dovesse ricordarsi di respirare, come se fosse una cosa forzata. Attribuì questo alla propria paura e lo spinse verso la parte posteriore della mente. Rotolò sulla schiena e fissò il cielo stellato, ansimando.

    Per quanto si sforzasse, la sua mente confusa non riusciva a capire bene quello che era successo. L'ultima cosa che riusciva a ricordare, prima di svegliarsi nella bara, era che si era seduto a piangere in un vicolo. A piangere per lei, ovviamente. E anche ora, nonostante lo shock e l'apprensione, il suo cuore soffriva per lei. Il suo amore. Il suo povero amore perduto. Aveva vissuto per lei; sarebbe morto per lei-

    Aveva rischiato di morire per lei?

    La punta delle sue dita premette più saldamente nell'erba fresca, ma non riuscì a scacciare quel pensiero. Se avesse cercato di farla finita ... a causa di lei? Aveva senso. Si era sentito morire quando si era reso conto che lei non c'era più. Si sentiva ancora morire. Anche ora, sulla scia della lotta per la propria sopravvivenza, l'emersione dalla tomba, avrebbe rinunciato felicemente alla propria vita, se questo avesse significato trascorrere l'aldilà con lei. Forse, aveva proprio cercato di togliersi la vita in quel vicolo. Forse, lo avevano trovato e lo avevano dato per morto. C'era stato un funerale. L'avevano portato qui e-

    L'avevano seppellito in una bara in cima ad un altro corpo? No, era assurdo. In ogni caso, non ricordava di aver cercato di fare del male a sé stesso nel vicolo. Non ricordava più nulla, se non la sensazione di disperazione, il vento freddo e l'umidità. No. Non era del tutto vero. C'era qualcos'altro, una figura che si avvicinava nel buio. Ma il ricordo era molto vago e la sua memoria non riusciva ad evocare i dettagli di quella figura, se era maschio o femmina, giovane o vecchia. Ricordava solo un'ombra e il rumore dei passi sull'acciottolato.

    Si leccò le labbra e chiuse gli occhi, cercando di forzare la memoria, ma non funzionò. L'immagine dietro le palpebre non era quella di un qualche malvagio sconosciuto nascosto nell'ombra. Era quella di Elizabeth, invece, la sua bella Elizabeth che gli sorrideva, gli occhi verdi come mari sconosciuti, i lunghi capelli color del miele.

    Mi avete, William. Poteva ancora sentirla mentre glielo diceva.

    "Ma io non vi ho," sussurrò, miseramente. "E non vi avrò mai più."

    Ancora una volta, la disperazione minacciò di travolgerlo. E forse l'avrebbe anche fatto, se non ci fosse stato un piccolo rumore a distrarlo. Vicino alla propria figura supina, c'era una donna seduta, appoggiata ad un albero. Era stata seduta lì a guardarlo per qualche tempo, ma non aveva fatto conoscere la propria presenza, né William aveva preso nota della sua. Non fino ad allora, quando improvvisamente si era messa a ridere in modo lieve e compiaciuto.

    "Sapevo che sareste venuto questa notte", disse.

    Il suo morbido accento dall'est di Londra gli era vagamente familiare, come una voce proveniente da un sogno. William si alzò sui gomiti e la guardò, ma lei era poco più di un'ombra scura sotto l'albero. E un'altra ombra più grande giaceva ai suoi piedi.

    "Chi siete?" Domandò. "Mostratevi immediatamente!"

    Cortesemente, la donna si alzò e uscì sotto la luce della luna. Era una signorina esile di non più di vent'anni o giù di lì. Capelli ed occhi scuri, vestita in scarlatto e nero. Ancora una volta, gli sembrava familiare in un modo surreale e gli ci volle un momento per ricordarne il motivo. Quando ricordò, allora ricordò tutto.

    "Siete la signora del vicolo", disse con voce roca.

    Lei batté le mani alla maniera di un bambino eccitato.

    "Sì, sì!" Disse allegramente. "Che altro ricordate?"

    "Voi ... avete parlato con me ... mi avete chiesto ..." Si alzò in piedi, ma era debole e tremante. Si appoggiò con una mano contro una lapide per tenersi in equilibrio, e la sua voce era più forte delle sue gambe mentre diceva, "Voi ... mi avete fatto del male ..."

    "Vi ho concepito," rispose lei esultante. "Un bel cavaliere tutto mio; vi ho aspettato così a lungo!"

    Sconcertato, poté solo stare a guardarla. Alla luce della luna, sembrava stranamente bella: la pelle d'avorio, la bocca dalle labbra rosse e sorridenti. Il suo sguardo era così diretto da essere inquietante. William costrinse gli occhi via da lei.

    "Credo di essere ammalato," disse, alla fine. "Mi sento-"

    Il sorriso di lei si allargò.

    "Oh! Posso rimediare a questo! Posso farlo facilmente!"

    Si girò, chinandosi verso il grumo che giaceva ancora nell'ombra sotto l'albero. Era grande, ma lo sollevò con facilità e lo presentò a William come un trofeo.

    Era un uomo morto.

    Disgustato in un primo momento, William fece un passo indietro. Eppure lei lo seguì con costanza, e quando lo raggiunse, un odore raggiunse le sue narici. Era un profumo ferroso, salato e delizioso, la cui fonte sembrava essere due piccole ferite sul lato della gola dell'uomo.

    Il profumo attirò William di nuovo verso di lei, ma con cautela, perché non si fidava ancora. Le chiese, "Che cosa avete-?"

    "Ne ho lasciato la maggior parte," sussurrò dolcemente, "come un regalo per voi"

    Lasciò cadere il corpo tra le sue braccia, e invece di essere disgustato dalla vicinanza del cadavere, William si trovò stranamente incuriosito da quel profumo attraente, quasi vivo. Istintivamente, abbassò la testa verso la gola, strofinando leggermente il naso sulla ferita. Odorava meravigliosamente. La sua lingua venne fuori, e girò attorno ad uno dei fori in modo sperimentale. Il sangue finì nella sua bocca, aveva un gusto forte ed era ancora caldo. Il suo gusto era inebriante, stranamente enercizzante. Improvvisamente, si sentì impazzire da una fame incontrollabile e dallo strano desiderio di voler seppellire i denti in quel collo e bere dall'uomo. Guardò la ragazza con aria interrogativa.

    "Fatelo," disse lei.

    Qualcosa si spostò nei muscoli del suo volto, e seppe che stava vivendo lo stesso mutamento che aveva visto in lei, nel vicolo. Delle zanne discesero dove un tempo c'erano solo i denti; le sondò con la lingua, ed erano così affilate da trarre sangue.

    Sangue!

    Allargò la bocca e affondò le zanne nel collo dell'uomo, morsicando forte. Il sangue nelle piccole ferite si era già coagulato, e dovette succhiare forte per far sciogliere i coaguli. Il sangue fluiva sulla sua lingua, anche se non con i fiotti potenti che avrebbe conosciuto più tardi, ma in modo lento e languido, forzato nel suo cammino dai vigorosi movimenti di suzione della sua bocca e della gola.

    Bevve fino a che la sua pancia non fu piena e la sua testa pulsasse con il fluido dolce-salato, la vera essenza della vita stessa. L'uomo scivolò dalla sua presa, cadde a terra, e come se si fosse rotto un incantesimo, William tornò in sé. Guardò la giovane donna con qualcosa di simile a shock. C'era un piccolo sorriso giocoso sulle labbra di lei.

    "Il mio cavaliere," disse piano. "Capite, adesso?"

    Lui scosse leggermente la testa. Ora vedeva i pezzi del puzzle, anche se non riusciva ancora a metterli assieme. Vagamente, ricordò le descrizioni di quei romanzi pulp di fantascienza che i ministri della Chiesa denunciavano dall'altare: quelle illustrazioni a buon mercato, dai colori vivi, che raccontavano quelle brevi avventure con cannibali o zombie o vampiri.

    Vampiri.

    William non si rese conto di aver detto la parola a voce alta, ma improvvisamente la donna annuì vigorosamente.

    "Sì, sì," sussurrò.

    Stranamente, non provò un particolare senso di shock o di disperazione dopo aver sentito questo. Piuttosto, c'è una certa curiosità, una sensazione di distacco, come se tutto questo non fosse accaduto a lui. Guardò la tomba aperta e poi di nuovo la ragazza.

    "Sono morto, Allora."

    Ma la donna scosse la testa. "Vivrete per sempre."

    Per sempre. Quindi, non ci sarebbe stata alcuna morte misericordiosa, alcuna pace dal dolore bruciante nel suo cuore. William sentì un lampo di rabbia per la ragazza; questo non era quello che aveva pensato lei gli stesse offrendo quando lo aveva avvicinato in quel vicolo buio.

    "Perché mi avete messo ...?" I suoi denti erano stretti e la sua voce tremolante per la rabbia contenuta a stento. Percependo questo, la ragazza mise su il broncio per la delusione.

    "Dovevo seppellirvi da qualche parte", disse. "C'era una tomba scavata di fresco, non ancora coperta, e al suo interno c'era una bara. Sono stata molto astuta nel pensarlo ... le stelle me l'hanno sussurrato."

    William passò una mano sul proprio viso sporco. L'idea gli sembrava più disgustosa che intelligente, ma data la sua osservazione piuttosto criptica circa le stelle, non era più sicuro se la cosa fosse stata necessariamente spiacevole. E forse, questo era il modo in cui tutti i vampiri venivano al mondo. Inclinò la testa verso la ragazza. Lei lo stava ancora fissando.

    "Quante notti fa?" Le chiese infine, e lei rispose prontamente.

    "Tre. Le margherite oscure ci mettono del tempo per crescere, sapete."

    Tre notti. Chissà quanto preoccupata doveva essere sua madre. Per perdere Elizabeth e poi lui in una così rapida successione. Doveva essere molto agitata. Doveva andare da lei, confortarla e farle sapere che era tutto a posto.

    Girò sui tacchi, dimenticandosi interamente della ragazza all'avvento di questa nuova preoccupazione. Tuttavia, non fece più di un passo o due prima di fermarsi e guardare alle proprie spalle. Ricordando. Lei stava camminando nella direzione opposta, ora, canticchiando sottovoce mentre scivolava tra le lapidi. Capì che si aspettava che la seguisse, dal modo in cui continuava a guardare indietro verso di lui.

    Non c'era alcun affetto nel suo cuore per questa creatura e nessun senso di gratitudine per quello che aveva fatto per (o a) lui. Eppure, a vederla allontanarsi da lui a quel modo, divenne improvvisamente agitato. E si rese conto che aveva bisogno di lei. Istintivamente, quasi visceralmente, aveva bisogno di lei. Lei poteva insegnargli.

    Corse attraverso il prato per raggiungerla.
    ~ * ~ ~ * ~ * ~ ~




    Vagarono per le strade buie quasi in silenzio. La ragazza sembrava distante, disinteressata in lui e in quello che la circondava. Sembrava essersi ritirata in sé stessa, e ciò che vedeva attraverso quegli offuscati bulbi oculari la stava facendo sorridere in un modo vago ed inquietante.

    Lo portò a Piccadilly Circus, nei vicoli che passavano dietro i teatri ed i ristoranti. C'erano una manciata di persone, attori e attrici, che se ne stavano andando dopo una rappresentazione fatta a tarda notte. Alcuni erano agili e giovani, altri più anziani. Ridacchiavano e parlavano tra di loro mentre si dividevano nell'oscurità. Gli attori, naturalmente, non avendo il lusso del denaro; dovevano tornare a casa a piedi.

    In un primo momento, William non riusciva ad immaginare il motivo per cui la ragazza (che alla fine si presentò come Drusilla) lo avrebbe portato in questo posto. Non fu fino a quando iniziarono a seguire due giovani donne, che camminavano da sole e senza protezione maschile, che finalmente iniziò a capire. Erano qui per cacciare.

    Una parte di lui rabbrivideva all'idea di commettere un omicidio, ma non perché non lo desiderasse. L'odore del sangue vivo era su di loro, e le sue orecchie inaspettatamente acute erano in grado di rilevare il suono dei loro battiti cardiaci. La fame che aveva pensato di aver già placato nel cimitero, riemerse improvvisamente, ancora più forte di prima. Eppure, sapeva che era sbagliato. Nel suo cuore, lo sapeva. Era solo che lo voleva così tanto. Così tanto, che non sapeva più che cosa sapeva e non gli importava se era sbagliato. Quando Drusilla tirò una delle signorine per il gomito e la gettò a lui, William non esitò a prenderla. Vagamente sopra il rombo nelle proprie orecchie, potè sentire il grido della seconda ragazza mentre Drusilla afferrava pure lei.

    La donna tra le sue braccia era giovane, i capelli della tonalità del cioccolato. Quando la tirò a sé, la schiena della donna colpì il suo petto, e lei lottò contro di lui al massimo delle proprie forze. Ma lei era piccola, e le braccia di lui sembravano selvaggiamente potenti. Così forte fu la sua presa, infatti, che potè sentire uno scatto sul polso mentre la tirava. La ragazza però non urlò. A differenza della sua amica, rimase in silenzio, tranne che per un piccolo gemito quando le aveva rotto il braccio. Non urlò per niente, lo supplicò solamente di lasciarla andare, con la sua tenera voce.

    Ignorando le sue suppliche, chinò la testa e permise alle proprie labbra di sfiorare la pelle morbida del collo della donna. Profumava di sudore fresco, di paura e di sangue. La grande vena nella sua gola pulsava rapidamente contro la sua bocca. Dolce, aveva un odore così dolce. Sentì la propria faccia cominciare a mutare.

    Come aveva fatto con l'uomo, affondò i denti nella sua gola. Solo che questa volta, la sua vittima era viva e pienamente consapevole del dolore. Si agitò contro di lui, l'adrenalina inondò il suo sistema, dando al sangue un gusto più forte. Il cuore che batteva, pompava il sangue nella giugulare e questo inondò la sua lingua senza dover succhiare per averlo. Chiuse gli occhi e premette il corpo della donna più forte contro di lui. Come la fame cominciò a diminuire, l'eccitazione venne a sostituirla. Non l'eccitazione per il suo bel viso o le sue curve piene, ma piuttosto, per la violenza dell'atto. Stava prendendo la sua vita, e la sensazione era di pura euforia.

    Drusilla lo guardò sopra la testa cadente della propria vittima.

    Finirono quasi in tandem, lasciando cadere le ragazze sul selciato senza tanti complimenti. Drusilla sorridette di nuovo, e mentre si avvicinava lentamente verso di lui, William poteva sentire sul suo corpo un profumo che sapeva istintivamente essere di eccitazione. Anche lei aveva goduto nell'uccisione.

    "È bello, non è vero?", gli chiese. "Come un pic-nic nel parco."

    Allungò una mano, tracciando teneramente le linee della sua bocca insanguinata con la punta del dito. Il pizzo del suo guanto era ruvido contro la carne di William, e il suo tocco era straniero; ma quando chiuse gli occhi, poteva quasi immaginare che fosse Elizabeth. Non la toccò, perché sapeva che la sensazione di lei sarebbe stata diversa, e voleva, per il momento, aggrapparsi al sentimento, alla fantasia, che il suo amore non lo avesse lasciato completamente.

    Con lentezza ipnotica, Drusilla si chinò verso di lui, sfiorandogli le labbra avanti e indietro con le proprie. Sussurrò: "Siete adorabile."

    La fantasia vacillò, e William strinse gli occhi più forte, desiderando che lei non dicesse altro. Il suo profumo ed il suo tocco erano diversi, ma poteva ancora immaginare. Se lei non parlava, poteva quasi crederci.

    Quando le dita di Drusilla armeggiarono alla sua patta, sbottonando il primo bottone, William si spostò da lei a disagio. Quei baci morbidi non erano stati abbastanza per eccitarlo, e la sua fantasia si rifiutava di collaborare.

    Iniziò ad allontanarsi, ma Drusilla lo spinse indietro improvvisamente, gettando il suo corpo contro il muro del palazzo dietro di lui. La sua schiena pulsava come se si fosse schiantata contro i mattoni grezzi e la sua bocca salivò al dolore inatteso. Farfugliò con rabbia: "Che diavolo-?"

    Lei premette il proprio corpo contro di lui, trattenendolo sul posto con una quantità oltraggiosa di forza. Labbra fredde ed esigenti trovarono nuovamente le sue. Ma questa volta non fu più una carezza bisbigliata, questa volta gli si premette contro e gli forzò la bocca aperta con i denti e con la lingua. Sapeva di sangue caldo; la sua bocca era la violenza stessa. Scioccò sé stesso nel risponderle. Non poteva fare a meno di risponderle. Qualcosa in lei sembrava risvegliare qualcosa in lui, qualcosa di primitivo ed aggressivo. E questa volta, non vi fu alcuna fantasia. Questa volta, sapeva esattamente chi era che stava baciando.

    Senza esitazione o finezza, lei gli slacciò i bottoni dei pantaloni. Non ci fu niente di romantico nell'accoppiamento feroce che ne seguì. Fu pura lussuria, brutale e animalesca. Fu necessità irrazionale. Anche se non se ne rendette conto in quel momento, era il simbolo di ciò che la sua esistenza sarebbe stata d'ora in poi: la crudeltà e il sesso. Nei giorni a venire, i due avrebbero mescolato così spesso le due che, alla fine, non sarebbe stato più in grado di distinguere tra di loro.

    Ora, però, poteva. Ora, mentre si tirava fuori da lei e si riabbottonava, sentì un brivido di disgusto. Poteva uccidere una donna senza un barlume di vergogna, ma sapere che aveva appena avuto rapporti con qualcuno che non era Elizabeth, lo faceva sentire male. Forse, allora, si meritava questo dolore. Forse, era per questo che lei gli era stata portata via. Lui non era degno di lei.

    Drusilla lo stava osservando da vicino, e ciò che vide nella sua faccia sembrò confonderla. Qualsiasi programma avesse, la riluttanza di lui ad abbracciare questa vita - in effetti, ad abbracciare lei - non era stata prevista, ed esitò.

    "Che cosa volete?" Il suo tono era più colloquiale che curioso.

    William la guardò sorpreso. In un primo momento, pensò di non avere nessuna risposta da darle. Separò le labbra per dirle questo, ma improvvisamente le parole fuoriuscirono da sole, il desiderio che era stato con lui, nascosto, per tutto il tempo.

    “Voglio andare a casa.”
    ~*~ ~*~ ~*~


    TBC
     
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  15. Redan
     
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    Ed eccoci qui: il primo giorno da vampiro di William. Il cambiamento si percepisce ed è coerente. Una delle domande che avevo (riguardo a come saranno i rapporti tra Spike e Drusilla in questa storia) ha già trovato risposta: lui non la ama e non la amerà mai. Questo lo rende molto diverso dallo Spike del telefilm, ma è giusto che sia così. Nella storia originale lui si lasciava trasformare a causa di un rifiuto amoroso e aveva quindi tutto l'interesse a trovare un amore nuovo. Quì, invece, lui è innamorato di una donna che lo ricambiava e che gli è stata strappata via da forze esterne. Una cosa di cui non mi ero resa conto però - e che è importante - è che l'amore di William per Elizabeth (esattamente come quello per sua madre) è sopravvissuto intatto alla perdita dell'anima, oltre che a 100 e più anni di vita da vampiro. Ed è meraviglioso, perchè lui crede di averla persa per sempre; non ha idea che la rivedrà dopo più di un secolo, eppure continua ad amarla e a pensare a lei..... e io piango :cant:
     
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587 replies since 8/2/2013, 14:59   8234 views
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