Forward to Time Past by Unbridled Brunette

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    cmq ...io ti scuso, ma aspetto con ansia, non è giusto....lasciare queste meraviglie in sospeso....no no!!!!! :cry:
     
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  2. kasumi
     
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    Ahahah!
    E' che ci vuole molto tempo per tradurle bene ed adattarle in italiano! Ma ci sono di quelle scene più avanti.. mamma mia... così emozionanti.. *__* me ne sono riletta qualcuna giusto qualche giorno fa...^^
    Vorrei tanto essere più veloce nella traduzione! ç__ç
     
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  3. kasumi
     
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    Capitolo cinque


    (Traduce OceanAvenue)


    Un giorno, nei successivi dodici mesi sarebbe diventato un assassino. Tra circa cento vent'anni, sarebbe stato compatto e muscoloso, ossigenato e sfregiato. Vestito di pelle nera. Sarcastico. Innamorato di lei.

    Ma ora non era nessuna di queste cose.

    Gli occhi di Buffy scattarono dai riccioli di capelli castano chiaro che gli cadevano sulla fronte agli occhiali con la montatura di metallo, dalla camicia col colletto alto all'ordinato completo tre-pezzi. La sua pelle risplendeva di salute, sebbene non fosse abbronzato, e non c'erano cerchi scuri attorno agli occhi. Era più magro della sua controparte vampira, in più, si muoveva con molta meno sicurezza. Ma ciò che più l'aveva colpita era lo sguardo che le aveva lanciato. Spike era così arrogante – si muoveva con la stessa semplice, pericolosa grazia di un leone nella savana. Non alzava le spalle quasi a volervi nascondere il capo e non evitava il contatto visivo. Quest'uomo era lontano anni luce dalla sua controparte vampira punk-gotica. Era così diverso, di fatto, che Buffy non era sicura si trattasse della stessa persona.

    Ma dietro il riflesso degli occhiali, gli occhi a mandorla di William erano di un profondo blu chiaro, incorniciati da lunghe ciglia. E non ci si poteva sbagliare su quegli zigomi.

    Anne diede una gomitata nelle costole a Buffy – un' indizio che non fosse contenta della fredda accoglienza che la nuova domestica stava riservando all' amato figlio. Buffy uscì velocemente dai propri sogni ad occhi aperti e tentò di rimediare.

    “Scusatemi,” disse a William “Non fate attenzione a me; sono solo un po' stravagante. Sono molto lieta di conoscervi. Sua madre parla molto di voi.”

    William guardò la madre chiedendo silenziosamente: stravagante?

    Anne scrollò le spalle impotente.

    Arrossendo lievemente sotto lo sguardo intenso di Buffy, William lottò per trovare una risposta ai suoi commenti bizzarri. “Ah, sì- ah sì. Anch’io sono molto lieto di conoscervi. Spero vi siate trovata bene...?”

    Spostandosi lontano dall'ossuto gomito di Anne, Buffy balbettò una risposta confusa. “Oh, si – molto bene. Voi avete una bellissima casa...”

    Insicura su cos'altro fare, gli tese la mano per farsela stringere. Questa era evidentemente la cosa sbagliata da fare, perché lui lanciò uno sguardo ansioso alla madre per poi fare un passo di lato, evitando goffamente la mano protesa.

    “Sì...molto” disse brevemente, poi si girò verso Anne. “Mi sento abbastanza stanco dopo il viaggio in treno, Madre. Vorrei ritirarmi nelle mie stanze fino a cena. Potreste dire a James di prendere i miei bagagli?”

    “Certo, caro.” Sebbene le labbra di Anne fossero tirate in un linea dritta, Buffy pensò di vedere un accenno di divertimento negli occhi della donna più anziana. Ma solo dio avrebbe potuto dire per cosa fosse divertita.

    Con un sorriso rigido e un lieve cenno del capo verso Buffy – che stava ancora fissando la propria mano tesa verso il vuoto – William si avviò verso le scale. Le salì due gradini alla volta, presumibilmente per allontanarsi il prima possibile dalla sua nuova conoscenza.

    Buffy guardò la sua fuga con perplessità, facendo finalmente ricadere la mano quando lui scomparve dietro l'angolo del pianerottolo.

    “Ok, beh, ovviamente lo disgusto.”

    “Non ha senso,” rise Anne. “É semplicemente troppo gentiluomo per prendersi certe libertà quando ancora non vi conosce.”

    “Libertà?” le fece eco Buffy con sguardo stupito.

    “Prendere la vostra mano. Era abbastanza sorpreso che voi gliela steste offrendo.” Anne sembrava perplessa. “É costume in America?”

    “Sì, stringere la mano di una persona non è esattamente una libertà in America. È più che altro un saluto educato.”

    “Ho letto che i giovani in America sono molto avanti.” Disse Anne. Sospirò come se questo fosse stato un peccato, poi si illuminò di nuovo. “Ma voi piacete molto a William” aggiunse, “Posso dirvelo.”

    “Mi fa piacere che qualcuno lo pensi.” Mormorò Buffy.

    ~*~ ~*~ ~*~


    Lui la stava fissando.

    Buffy tentava di tenere l'attenzione sul manzo alla Wellington, ma non era facile con lui che la fissava in quel modo. L'aveva fissata per tutto il corso della cena. Beh, non esattamente fissata, più che altro le lanciava degli sguardi. Spesso. Poteva sentire il suo sguardo su di lei, ma quando si girava per coglierlo sul fatto, lui stava sempre guardando il proprio piatto o era nel mezzo di una conversazione con la madre. Era snervante.

    Per essere corretti, però, anche Buffy gli stava lanciando altrettanti sguardi. Lo considerava più giustificato, poiché sebbene lui non avesse la più pallida idea su chi lei fosse, lei lo conosceva... o almeno conosceva chi sarebbe eventualmente diventato. Spike, di certo lo conosceva. Cavoli, l'aveva incatenata ad un muro per dichiararle il suo amore solo un paio di mesi prima. Minacciando di lasciare che Drusilla la uccidesse se non avesse ricambiato il suo amore. Il bastardo.

    Ora era seduto dall'altro lato dell'oblungo tavolo da pranzo in ciliegio di Anne, piluccando dal suo piatto e guardandola furtivamente.

    Che dio l'aiuti, come aveva fatto a finire in quel casino? Era già una brutta situazione essere bloccata nel diciannovesimo secolo senza apparente modo di tornare a casa. Ma essere bloccata con uno che potrebbe o non potrebbe essere un sociopatico e che era decisamente sull'orlo del vampirismo? Questo era tutto un nuovo livello di “brutta situazione”. Ovviamente il concetto di brutta situazione non era esattamente alieno quando Spike era coinvolto.

    Continuava a pensare a lui, stravaccato sulla sedia al Bronze, mentre sogghignava in quel modo arrogante e malvagio.

    Cosa dovrei dirti tesoro? Sono sempre stato cattivo.

    Poi c'era Giles che leggeva la sua storia da qualche vecchio libro ammuffito – al tempo in cui Spike era abbastanza minaccioso da doverci fare attenzione.

    E’ conosciuto come William il Sanguinario. Si è guadagnato il soprannome torturando le proprie vittime con dei chiodi ferroviari. (NdT: in inglese, letteralmente “spike”)

    Ugh. Forse questo voleva dire che era stato William il Sanguinario ancora prima di diventare un vampiro torturatore? E se era davvero così, dove cavolo aveva acquisito quel soprannome? Suonava come un nome da pirata o da qualche serial killer dell'epoca Vittoriana tipo ‘Jack lo Squartatore’. Non certo il tipo di soprannome che gli amici avrebbero dato ad un perfetto gentiluomo. E Buffy dubitava che Anne se ne sarebbe uscita con qualcosa del genere come vezzeggiativo per il suo caro figliolo. Questo voleva dire che c'era qualcosa in moto nel dolce William. O ci si sarebbe stato molto presto.

    E lui stava firmando il suo stipendio. Grande.

    Buffy tagliò un pezzo di manzo con rabbia, lanciandogli un altro sguardo dall'altro lato del tavolo. Non sembrava assolutamente quel concentrato di malvagità che Spike aveva insinuato. Abbastanza l'opposto, veramente. Con gli occhiali e la camicia strettamente abbottonata le ricordava più Giles. Un goffo topo di biblioteca. Ma poteva anche essere tutta una recita fatta a beneficio della madre. Ehi, nemmeno Jeffrey Dahmer aveva esattamente l'aspetto del Cannibale di Milwaukee (NdT: Jeffrey Lionel Dahmer, serial killer statunitense degl' anni '80) . Qualche volta sono proprio i secchioni quelli da cui ci si deve guardare.

    E William sembrava proprio un secchione. Quando sarebbe tornata a casa, Buffy l'avrebbe decisamente preso in giro per quei capelli.

    Se fosse tornata a casa.

    Le punte della forchetta stridettero sul piatto quando lasciò la posata per pulirsi con il tovagliolo. Non poteva mangiare così – non con lui che la guardava. Per non menzionare di come Anne stava descrivendo la loro fortuna nell'avere William già a casa (presto sarebbe stato Natale, dopotutto). Il che ricordò a Buffy esattamente da quanto tempo fosse bloccata a Londra, e che in tutto quel tempo non ci fosse stato alcun segno di essere più vicina a tornare a casa di quanto non lo fosse il giorno in cui era arrivata. Questo pensiero la fece improvvisamente sentire in preda al panico.

    “Potete scusarmi?”

    Anne la guardò con ansia. “Beh, certo che potete, cara. Ma ho ordinato una deliziosa mousse al cioccolato per dessert...”

    “Grazie ma non ho molta fame.” Voleva solo andarsene.

    “Non vi sentite bene?” Incalzò Anne. “Devo forse mandare a chiamare il dottore - ?”

    “Sto bene -”

    “Potrebbe essere un mal di testa dovuto al tempo?” Suggerì William improvvisamente, gli occhi che fissavano intensamente il proprio piatto. “Ne ho un po' anch'io. Le piogge fredde...”

    “É così” Disse Buffy ardentemente. “Solo un mal di testa. Una volta che avrò riposato per un po' al buio sono sicura che mi sentirò meglio.”

    “Oh.” Anne sembrava delusa. “Beh, allora riposate per un po'. Spero che vi sentirete meglio a breve – e farete sapere alla servitù se aveste bisogno di qualcosa.”

    “Lo farò, grazie.”

    Buffy si alzò da tavola. Uscendo dalla stanza fece un sorriso a William, sentendosi al contempo grata per il suo aiuto e confusa su cosa significasse. Ma lui non ricambiò il gesto. Non stava nemmeno guardando verso di lei.


    ~*~ ~*~ ~*~



    Più tardi, mentre era stesa a letto a guardare il soffitto, Buffy, per caso, li sentì parlare. Erano nel corridoio e probabilmente non sapevano quanto le loro voci si sentissero. Non che stessero dicendo nulla di offensivo, ma stavano parlando di lei. Buffy si sedette nel buio e tese l'orecchio per captare ogni parola.

    “...sta andando tutto bene, quindi?” Chiese William debolmente.

    “Oh, sì” le parole di Anne erano più chiare e distinte rispetto a quelle del figlio. “è un angelo, un vero aiuto per me. Dovete ricordarvi di raccomandare l'Istituto a chiunque cerchi una nuova ragazza per la servitù.”

    “Veste davvero molto bene per essere una ragazza della servitù” Buffy stropicciò il lenzuola tra le mani. Cavoli, sapeva che si sarebbe risentito per i vestiti.

    Ma Anne sembrò non preoccuparsi di questo.

    “Era vestita come la figlia di uno straccione, caro. Ha detto che tutti i suoi vestiti le sono stati rubati, e ogni cosa che possedeva le era stata fornita al Chapman. Non potevo tenermela in casa vestita come una trovatella, giusto?”

    Con sorpresa di Buffy, Willam ridacchiò. “Certo che no, Madre.”

    Ci fu una lunga pausa e Buffy seppe che stava abbracciando la madre. Magari uno di quegli abbracci distratti, con un braccio solo, come quelli che lei una volta dava alla sua. Chiunque lui fosse – o sarebbe diventato, in futuro – era ovvio che William voleva molto bene a sua madre. Buffy strinse le braccia intorno a sé, come ad abbracciarsi, mentre sedeva sola nel buio. Si sentì pervasa da un'ondata di gelosa. Perché Spike aveva ancora la propria madre quando aveva – quanti? Venticinque? Trent'anni? - e la sua era morta. Ma lui era quello che sarebbe stato ucciso, il suo corpo veicolo di un vampiro sociopatico.

    La vita non aveva alcun senso.

    Quando Anne parlò di nuovo, la sua voce era più vicina; e questo spaventò Buffy.

    “Ma lei vi piace, non è vero, caro? Pensate che sia...” La voce svanì lasciando immaginare a Buffy cosa pensassero di lei.

    Anche la voce di William era più vicina ma non come quella di Anne. Sembrava girato verso un'altra direzione, come se si stesse dirigendo verso la biblioteca lì vicino.

    “Certo che mi piace, Madre.” disse. La sua voce aveva una strana intonazione, qualcosa di timido e quasi triste – certamente non in linea con l'immagine che lei aveva di Spike.

    Ma questo non era Spike. Giusto?

    Buffy aspettava che dicessero altro; invece, ci fu il lieve click di una porta che si chiudeva, e poi i passi di Anne si fecero leggermente più vicini. Un momento dopo, stava bussando alla camera da letto di Buffy.

    Buffy si mise la vestaglia (stava imparando) prima di dire “Entrate pure”

    Anne aprì uno spiraglio per sbirciare all'interno quasi timidamente. “Vi sentite ancora male Elizabeth?”

    “No. Mi sento molto meglio, grazie.” Buffy lanciò uno sguardo all'orologio e vide che erano quasi le dieci. Non c'era da stupirsi che Anne sembrasse così preoccupata.

    “E voi?” Chiese alla sua datrice di lavoro. “Come vi sentite? Avete bisogno di qualcosa - ?”

    “Oh, no. Mi sento piuttosto bene, grazie. Mi stavo solo chiedendo se avete piacere che chieda a Livvy di portarvi una tazza di tè con del latte. William ne beve spesso una prima di ritirarsi; è davvero un valido aiuto per dormire.”

    “Certo – cioè, sì. Grazie.”

    Ma non poteva fare a meno di chiedersi perché William facesse fatica a dormire.


    ~*~ ~*~ ~*~



    Di solito, quando faceva fatica a dormire, William trovava che un'ora o due spese nella biblioteca, leggendo un buon libro, era la cosa che più lo rilassasse. Ma non ora. Nelle ultime settimane, il suo sonno era stato molto turbato, in gran parte dalla nuova creatura che risiedeva in casa. All'inizio, era stato indeciso se assumerla. Sua madre aveva bisogno di compagnia, tanto quanto di una persona che l'aiutasse con le faccende che non era più in grado di assolvere da sola. E questa giovane donna... Miss Summers... sembrava ben qualificata. Ma non era preoccupato per quello. Non per le sue qualifiche, assolutamente. La sua preoccupazione giaceva nell'aver dovuto stare lontano da casa per un periodo così lungo, anche prima che lei arrivasse. Si era macerato con l'argomento per più di una settimana, ma alla fine non aveva trovato alternative migliori. Doveva in ogni caso visitare la tenuta e stava rimandando la cosa da troppo tempo. E – e-

    Ora si stava chiedendo se avesse commesso un errore, se forse avrebbe dovuto permetterle di conoscerlo con calma con gli stessi tempi con cui aveva familiarizzato con sua madre. Essendosi abituata ad una vita senza di lui, sembrava sentirsi a disagio con la sua presenza. Quasi spaventata. E questa cosa lo disturbava davvero, non voleva assolutamente che lei fosse spaventata da lui. Non voleva che nessuna donna fosse spaventata da lui.

    Agitato, iniziò a fare avanti e indietro nella stanza, fermandosi di tanto in tanto per passare un dito sui libri riposti ordinatamente sulle mensole. Un gesto amorevole e pieno di nostalgia, visto che gli erano mancati molto mentre era via, e aveva atteso con impazienza di poter leggere le nuove aggiunte alla collezione. Sapeva comunque che tentare di immergersi nella letteratura o nella poesia era inutile; al momento la sua mente era troppo inquieta. Non avendo nient'altro da fare, perciò, si mise a setacciare la pila di lettere che Edward gli aveva lasciato come di consueto sulla scrivania. Le scorse velocemente - la maggior parte era di poca importanza, fatture e bollette di cui si occupava il suo responsabile finanziario – fino a che, ad un tratto, arrivò ad una pesante busta color crema. Aprendola con il suo tagliacarte d'argento, tirò fuori un cartoncino rigido.

    Sapeva cosa fosse, ovviamente. Stava aspettando quella lettera da settimane. Ma la propria reazione al suo arrivo lo sorprese. C'era un’improvvisa mancanza di entusiasmo per l'invito, dove un tempo c'era stata agitazione e una lieve paura di non essere stato invitato. Confuso, si chinò sula scrivania per rileggerla, nella speranza che il suo atteggiamento cambiasse. Cosa che però non avvenne.

    Passò i polpastrelli sopra l'elaborata scrittura dell'ospite. Cecily. Quante volte aveva invaso i suoi pensieri da quando era arrivato a Londra. La conosceva da un po' di tempo, le loro madri erano amiche intime, ma non l'aveva presa più di tanto in considerazione fino allo scorso autunno. Era passato qualche mese dall'ultima volta in cui l'aveva vista, ed era cambiata considerevolmente. Era sempre stata carina, ovviamente; ma d'improvviso lo era diventata ancora di più. Grandi occhi scuri, boccoli lucidi... una vibrante, bocca ricurva. Parlava in modo dolce ed era femminile, ed era anche piuttosto intelligente. Era una delle pochissime donne di sua conoscenza che poteva citare Shakespeare e discutere su Dickens in modo decisamente non rudimentale. Perciò, nonostante le loro conversazioni fossero state minime, William ne era stato abbastanza impressionato.

    E si era affezionato molto a Cecily Underwood.

    Quando intinse la penna nell'inchiostro per rispondere, tuttavia, le sue dita tentennarono sopra la carta, indecise. Di recente c'era stato un tale cambiamento nelle quiete familiare che forse era meglio rimanere a casa finché tale cambiamento non fosse stato completato. La giovane donna – la nuova infermiera –

    I denti morsero il labbro inferiore e la fronte si increspò leggermente, mentre considerava la faccenda. Poi decise di darsi una mossa. Era stato stupido da parte sua preoccuparsi così. Miss Summers si era già dimostrata un ottimo aiuto e la propria presenza l'avrebbe solo messa a disagio. Forse, le era solo d'intralcio. Comunque, non avrebbe dovuto perdere così tanto tempo ad arrovellarsi sulla questione della giovane donna che si era comportata in modo così strano durante il loro primo incontro. Senza contare le circostanze che l'avevano portata lì e che era ancora, dopotutto, solo una domestica.

    Premette la penna sulla carta e scrisse la sua risposta.


    TBC

    Edited by kasumi - 6/7/2015, 13:54
     
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    Finalmente continua.....e io sempre di più la adoro questa storia, ma seriamente....Lui mi fa una tenerezza infinita, e anche Buffy mi piace molto, certo non sa cosa aspettarsi da William...e le cose credo si evolveranno decisamente in meglio...

    Spero davvero di non dover più aspettare mesi infiniti per vedere altri post!!!!! -_- ^_^ :lol: :P :wub:
     
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  5. kasumi
     
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    Grazie Stefy!!

    Ed ora, doverosa nota.

    Una ragazza, di cui non cito nome o nickname, ha scritto nel suo blog che per il quinto capitolo di FTTP avrei utilizzato una sua traduzione senza permesso.
    Perciò vorrei chiarire con voi due cosette, per correttezza e per trasparenza.

    Lei mi aveva effettivamente mandato una sua traduzione mesi fa, ma poi abbiamo litigato perchè le ho fatto delle osservazioni e quindi mi ha negato il consenso a pubblicarla.
    La cosa curiosa è che ho cancellato subito il suo file, ma non sono più riuscita a continuare la traduzione (vuoi perchè avevo paura di riutilizzare inconsciamente delle frasi che avevo appena letto dalla sua traduzione, vuoi perchè quel capitolo si era caricato di un valore emotivo). Insomma, il quinto capitolo mi era andato in aceto, come si suol dire.
    Perciò, quando OceanAvenue (che non è un nome che mi sono inventata per nascondermici dietro, come lei sostiene O__O) si è offerta di aiutarmi, ammetto che mi sono davvero tolta un peso.
    Ho controllato la sua traduzione, che ho trovato davvero ben fatta, e l'ho pubblicata ieri sera.
    Ovviamente, essendo due traduzioni fatte dallo stesso testo, è ovvio che si somigliano. Ma da lì, ad accusarmi di aver utilizzato il suo testo, cambiando qualche frase qua e là... O_O Cioè, posso capire se la traduzioe l'avessi fatta io, dopo aver letto la sua, quando ti resta in testa qualche frase (volente o non volente!), ma in questo caso ci troviamo davanti ad un lavoro fatto da tutta un'altra persona che non ha mai letto la sua versione, ne sapeva della sua esistenza! Ed è praticamente impossibile che il testo che ne è venuto fuori sia uguale al suo.

    Non è la prima volta che questa persona si inventa cose non vere su di me, o si fa strane idee (una volta mi ha accusato di essere un altro utente sotto mentite spoglie, uno contro il quale aveva litigato tempo prima XDD), quindi non mi stupisco più di tanto. Mi dispiace solo per l'amicizia a cui tenevo molto e per la sua mancanza di fiducia nel prossimo.


    Edited by kasumi - 6/7/2015, 14:00
     
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  6. kasumi
     
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    Capitolo 6


    (tradotto da OceanAvenue, betato da Kasumi)

    La mattina dopo Buffy era in ritardo per la colazione. La notte prima non aveva dormito bene, quindi aveva continuato a dormire anche dopo la prima sveglia e lo avrebbe fatto anche dopo la seconda se Livvy, la cameriera, non avesse insistito che la scaletta, che scandiva rigidamente i momenti dei pasti, sarebbe stata disturbata dal suo ritardo. Solo il tempo di uscire dal letto ed era già in ritardo di dieci minuti e non poteva certo infilarsi un paio di jeans e una felpa e precipitarsi giù per le scale. I vestiti vittoriani erano tanto complicati quanto un quadro elettrico e non era per nulla facile ricordarsi l'ordine esatto di ogni pezzo di biancheria quando era ancora mezza addormentata. In più, per via del corsetto, non poteva nemmeno vestirsi senza l'aiuto di un'altra persona. Un paio di settimane prima aveva tentato di fare a meno del corsetto ma Anne l'aveva notato e l'aveva rimproverata per quelle che le erano sembrate ore su quanto fosse importante vestirsi come una signora. In ogni caso il nuovo vestito non le sarebbe entrato senza un sostegno per la vita, quindi non aveva scelta.

    Nel tempo che Buffy impiegò per vestirsi ed aggiustarsi i capelli, Anne e William si erano già seduti a tavola. E giudicando dalla tensione nella stanza sembravano essere nel bel mezzo di una discussione.

    “William, per favore, non siate così cocciuto,” lo pregò Anne, “non passo una sera fuori da così tanto tempo...”

    “Beh, non è una ragione sufficiente?” chiese lui “Sapete cosa ha detto il dottore. L'aria della sera potrebbe aggravare le vostre condizioni...”

    Sentendosi in imbarazzo nell'interrompere una conversazione così strettamente personale, Buffy diede di proposito un colpetto con la scarpa alla cornice della porta mentre entrava nella stanza. Non voleva pensassero che stesse origliando.

    La discussione cessò immediatamente e William si alzò in piedi, cogliendola di sorpresa. Il maggiordomo era lì per scostarle la sedia e sistemarle il tovagliolo; perciò non capiva perché William dovesse alzarsi ogni qual volta lei entrasse nella stanza. Più tardi, una veloce occhiata al libro di etichetta che le aveva fornito Anne le aveva svelato che non era nient'altro che un altro gesto senza senso che esprimeva cortesia e rispetto da parte degli uomini del 19simo secolo verso le donne, ma per il momento decise di ignoralo. Piuttosto, rispose ai loro saluti di buongiorno e si sedette al suo posto. William aspettò che il maggiordomo le riposizionasse la sedia e le stendesse il tovagliolo sulle gambe e solo dopo si sedette a sua volta.

    “Elizabeth, che bene vi vedo stamattina,” la accolse Anne. “Spero abbiate dormito bene?”

    “Sì, grazie.” Buffy sorseggiò dal suo calice d'acqua e poi indicò la finestra. “Ha smesso di piovere.”

    “Proprio al momento giusto, in effetti. Ho ragione di sperare che questa sera ci sia un bel tempo.” William le lanciò uno sguardo di disapprovazione attraverso il tavolo ma Anne lo ignorò completamente, concentrandosi invece nel portare Buffy dalla sua parte. “Stasera ci sarà uno spettacolo al St. James' Theatre. Sogno di una Notte di Mezz' estate. Giusto ciò che serve per riscaldarci in una malinconica sera d'inverno. Non vi sembra fantastico?”

    Buffy ebbe la brutta sensazione di essere stata tirata in mezzo alla loro discussione. Lanciò uno sguardo a William, che la stava fissando. “P – penso che sia bello.”

    “E visto che ha smesso di piovere, non dovrebbero esserci problemi per la mia salute finché prendo i miei sciroppi e mi tengo ben coperta, non è vero?” Anne stava cercando di persuaderla.

    Buffy sapeva dove voleva andare a parare. Già era brutto essere malati, ma malati e prigionieri in casa era un'agonia. In ogni caso, perché l'aria della sera avrebbe dovuto essere peggiore per la sua tosse rispetto a quella del giorno? In cosa era diversa? E comunque non poteva essere peggiore della sensazione deprimente di sentirsi agli arresti domiciliari. Buffy alzò lo sguardo e incontrò quello di William.

    “Penso che non dovrebbero esserci problemi” disse risolutamente.

    Ci fu una pausa mentre il maggiordomo iniziava a riempire i piatti e Buffy non poté fare a meno di notare quanto infastidito sembrasse William. Aveva forse osato troppo? Probabilmente far arrabbiare il padrone di casa nel primo giorno dal suo ritorno non era davvero una buona idea. Lanciò uno sguardo ad Anne e fu sollevata nel notare che non sembrava preoccupata.

    “Bene, allora è deciso,” dichiarò Anne. “Manderò Matthew ad acquistare subito i biglietti. Dovrebbero essercene rimasti ancora, vista la bassa richiesta a questo punto della stagione. Ed il sipario non si alzerà prima delle sette, quindi noi tre avremo tutto il tempo del mondo per prepararci a dovere.”

    Buffy lasciò cadere il suo pezzo di bacon. “Noi tre?”

    “Certo, dovete venire con noi.” disse Anne.

    “Oh... naturalmente.” Buffy piluccò dal piatto cupamente. Odiava le recite, odiava Shakespeare e non si sentiva troppo ben disposta verso William. La serata non si prospettava come una delle migliori.

    William, nel frattempo, aveva calato il proprio calice senza la delicatezza che un gentiluomo dovrebbe usare, riversando parte dell’acqua sopra la tovaglia. “Non penso proprio che sia una buona idea, Madre.” Ignorò Buffy completamente e questo la infastidì per qualche ragione, spingendola ad intromettersi nella discussione nonostante non volesse farlo.

    “É un'idea migliore che costringerla a sedere in salotto come se stesse partecipando alla propria veglia funebre,” scattò Buffy. “É malata, non morta.”

    Egli sbiancò, come se l'idea della sua morte fosse più di quanto potesse sopportare. “Passeggiare in una serata d'inverno potrebbe far aggravare le sue condizioni. Il dottore è stato abbastanza chiaro su questo. Dobbiamo tenerla lontano dall'aria notturna, dobbiamo fare attenzione -”

    “Ma noi stiamo facendo attenzione,” insistette Anne. “Siamo a Londra, no? Abbiamo riorganizzato le nostre vite, abbiamo lasciato la nostra casa. Quanto ancora dobbiamo fare attenzione?”

    “Tanto quanto serve per garantire la vostra salute.” insistette lui.

    L’espressione di Anne si ammorbidì, sebbene la sua risoluzione rimase intatta. Quindi rispose, “Sono stanca di essere al sicuro, William. Voglio godermi il tempo che mi è rimasto.

    William annuì, gli occhi scoraggiati.

    “Bene,” disse. “Fate come volete.” Poi scostò bruscamente la sedia dal tavolo. “Scusatemi, ma penso di non avere più fame. Godetevi il vostro pasto.”

    Le due donne guardarono silenziosamente la sua dipartita. Buffy capì che Anne era alterata, nonostante il suo tono fosse gioioso quando disse “Va tutto bene. Non sarà arrabbiato per molto, è solo... preoccupato.”

    Buffy annuì la sua comprensione ma non disse nulla. Inforcò di nuovo il pezzo di bacon e lo mordicchiò senza avere fame.

    ~*~ ~*~ ~*~


    Non doveva essere un problema così grande, no? Dopotutto era un uomo maturo. Poteva sopportare una piccola critica, una piccola asprezza. Poteva-

    Poteva totalmente licenziarla, ecco cosa. Poteva gettarla in strada a morire di fame.

    Merda.

    Doveva veramente scusarsi con lui.

    Eppure, non era solo la paura di una possibile ritorsione che la spinse a cercarlo subito dopo la colazione. C’era anche la colpa. Terribile e imbarazzante colpa. Nonostante quello che era destinato a diventare, infatti, non meritava che lei usasse maniere rudi o che fosse crudele con lui. Perché aveva fatto quell’osservazione sulla veglia funebre? Perché gli aveva gettato la morte della madre in faccia? E l’espressione del suo viso quando l’aveva detto... era come se l’avesse schiaffeggiato.

    Naturalmente, si sentiva ancora a disagio attorno a lui e l’idea di andargli a parlare da sola, soprattutto dopo quella scena a colazione, la faceva innervosire incredibilmente. Se avesse potuto cavarsela con una nota recapitata da Livvy, infatti...

    Ad ogni modo, Buffy capiva la ragione dietro il volere che la madre rimanesse al sicuro entro le mura domestiche. Quando Joyce era malata, si era sentita allo stesso modo – seguire gli ordini dei dottori; non correre rischi; stare in casa. Riposare, riposare, riposare. E sebbene gli ordini dei dottori sull'aria notturna erano ridicoli, erano comunque ordini del dottore. Dopotutto, erano nel 1879. Le persone avevano una conoscenza davvero limitata riguardo alla medicina e alle malattie. Non poteva davvero biasimare William per essere preoccupato, non quando ci era passata lei stessa solo poco tempo prima. E mentre Spike poteva essere un demone succhia-sangue, William non aveva fatto nulla per suggerire di essere diverso da come Anne l'aveva descritto: un figlio gentile, premuroso e rispettoso. Qualunque sospetto avesse avuto su di lui, Buffy sapeva che non era giusto giudicarlo per i crimini commessi da Spike. E non era nemmeno giusto attaccarlo per le stesse paure che lei stessa aveva avuto. Perciò, che lo volesse o no, doveva scusarsi per come si era comportata.

    Non perse molto tempo a cercarlo. William era nel primo posto in cui Buffy lo andò a cercare, la biblioteca. Iniziava a pensare che il look in stile Giles non fosse accidentale. Doveva essere il tipico aspetto di un uomo britannico. Probabilmente anche lui passava la maggior parte del tempo sepolto sotto i libri.

    In ogni caso, in quel momento non lo era. Stava in piedi davanti alla finestra e osservava il giardino sottostante. Solo la presenza di una cameriera che attizzava il fuoco nel camino le permise di entrare – sarebbe stato inopportuno rimanere da soli nella stessa stanza – ma Buffy non era a conoscenza di queste piccole regole d’etichetta. Di fatto era consapevole soltanto del proprio nervosismo e del desiderio di chiudere questa faccenda il prima possibile. Si tenne però vicino alla parete, cercando di mettere più distanza possibile tra loro.

    William distolse lo sguardo dalla finestra. Nemmeno lui sembrava a proprio agio in quella situazione.

    “Sì, Miss Summers?” Il suo tono era basso e gentile e persino un po' triste. Buffy ne restò sorpresa, aveva pensato che fosse arrabbiato con lei.

    “I – io volevo solo scusarmi,” balbettò imbarazzata. “A colazione ho davvero oltrepassato il limite, dicendovi tutte quelle cose. Mi dispiace.”

    “Oh.” Lui guardò il pavimento. “Vi prego, non vi preoccupate. É tutto apposto. Non sono affatto arrabbiato e voi avete ragione. Mi comporto come un carceriere con mia madre; sono iperprotettivo. Voglio solo...”

    “Non volete che le accada nulla di male?” suggerì Buffy. Lui deglutì e si schiarì la gola, ma senza alzare lo sguardo.

    “Sì. Sono sicuro che ne è già a conoscenza, ma l – le sue possibilità di sopravvivere alla malattia non sono buone. Solo... vorrei tenerla con me il più a lungo possibile, e questo vuol dire seguire le istruzioni del dottore.”

    “Beh, certo. In teoria.” disse Buffy.

    Lui sollevò la testa e i suoi occhi azzurri si allargarono confusi. “Scusate?”

    “Beh... potete tenerla chiusa in casa, nutrirla di sole medicine e fare tutto ciò che vi diranno i dottori, ma non servirà a nulla se lei non è felice. Quando mia madre era malata, lessi un articolo datomi dal dottore dove si sosteneva che più ottimistico è l'umore del paziente e più sono alte le possibilità che si riprenda. Nel senso che se voi non fate altro che giacere lì e aspettare di morire, è probabile che ciò avvenga e anche presto. Ma se invece pensate 'combatterò questa cosa, sopravviverò', allora le possibilità di sopravvivere saranno molto più alte. Forse morirà lo stesso per la malattia, ma non così presto e comunque la sua qualità della vita sarà migliore.”

    Interessato, William fece un passo nella sua direzione. “Non ne avevo mai sentito parlare,” disse con voce sommessa.

    “Beh, è una cosa nuova. Ed americana, penso.”

    “Deve essere così. E con vostra madre -?”

    “É morta, ma non per la malattia. Aveva il can – una malattia che richiedeva un'operazione al cervello. É morta in seguito alle complicazioni post operatorie. Nessun pensiero positivo ha potuto aiutarla in quel frangente.”

    “Mi dispiace molto,” disse lui.

    “Va tutto bene -” Buffy si sorprese a ridere amaramente. “Beh, no, non lo è. Ma sto sopravvivendo, quindi penso che vada bene.”

    Un altro passo verso di lei.

    “Madre mi ha scritto che siete davvero coraggiosa. Ora capisco che vi aveva sottovalutato.”

    Buffy resistette all'impulso di fuggire da lui. Non era Spike, lo sapeva, ma qualcosa la frenava dal fidarsi di lui. Anche se i sospetti sul suo carattere si fossero rivelati falsi. E c'era qualcosa di così strano in lui, nel modo in cui la guardava. Qualcosa di familiare nel modo in cui inclinava la testa e stringeva gli occhi, come a cercare di vedere qualcosa dentro di lei – qualcosa che lei voleva nascondere. Non era Spike, ma l’espressione del suo viso era decisamente un'espressione da Spike – la stessa espressione che aveva ostentato quando l'aveva incatenata e l’aveva pregata di dargli una possibilità. Era davvero inquietante.

    Riportò dietro l'orecchio una ciocca di capelli ribelli e sorrise nervosamente. “No, in verità faccio solo quello che devo fare.”

    Lui guardò in basso di nuovo, agitato e con le guance rosse di imbarazzo. “Tuttavia, se aveste bisogno di qualcosa.. qualsiasi cosa possa fare per rendere la vostra permanenza qui più confortevole -”

    “Ditele che la portate allo spettacolo, Spi- Mr. Hartley. Per favore. Lo vuole così tanto. Portatela e aiutatela a divertirsi. Darei qualsiasi cosa per avere mia madre qui con me e poter fare queste cose con lei.”

    Lui non badò alla rudezza non intenzionale delle sue parole, scegliendo di vederne solo il significato. “Certo che lo farò,” disse. E, come se ci avesse pensato solo in quel momento, aggiunse, “E spero che veniate anche voi.”

    Dopo la paternale sul fare ciò che voleva Anne, Buffy non si sentiva di negarglielo. Dopotutto, lei voleva che andasse con loro. Ma il suo sorriso fu un po' rigido quando rispose, “Certo. Grazie.”

    Quindi lasciò la stanza prima che lui avesse la possibilità di dire qualcos'altro.


    ~*~ ~*~ ~*~



    Quella sera era limpida ma ancora molto fredda e Buffy tremava nel proprio soprabito mentre aiutava Anne a salire nella carrozza. Per loro fortuna, le nuvole si erano disperse nel primo pomeriggio. Se ci fosse stata anche solo una possibilità che piovesse, infatti, William avrebbe cancellato la loro uscita. Si stava preoccupando abbastanza per la temperatura, chiedendo di continuo alla madre se si sentisse al caldo e assicurandole che, se non si fosse sentita bene, la perdita dei soldi del biglietto sarebbe stata insignificante.

    Anne strinse il braccio di Buffy non appena si sedettero sui morbidi sedili di pelle della carrozza. “Non tormentatevi, caro,” ammonì il figlio, che si era seduto di fronte a loro. “É una magnifica serata. Fredda, ma sono ben coperta. E non c'è il minimo accenno di umidità. Non è vero, Elizabeth?”

    Buffy seppellì più in profondità le mani nel suo manicotto e provò a rispondere senza battere i denti. “Il tempo mi sembra buono.”

    “Sono sicuro che andrà tutto bene,” replicò William, come se pensasse tutto meno che quello. Stava guardando fuori attraverso la piccola finestrella della carrozza. Era un mistero, come riuscisse a vedere qualcosa nell'oscurità della notte. Il suo ginocchio destro stava fremendo e Buffy sapeva che moriva dalla voglia di chiedere di nuovo a sua madre se era abbastanza coperta. A suo credito, però, questa volta riuscì a trattenersi.

    Buffy dovette ammettere che sembrava attraente – anche se cupo – nel suo completo grigio scuro, coperto da un lungo cappotto nero. E dai guanti, ovviamente. Un gentiluomo non si sarebbe mai fatto vedere per strada senza il proprio paio di guanti. I suoi erano neri e fatti di soffice pelle di daino. A parte la camicia bianca, comunque, ogni cosa che indossava era grigia o nera. Buffy non riusciva a capire se questo fosse dovuto alla moda o alla sua personalità cupa. Quella notte, l'unica punta di colore che si era concesso era un gilet verde scuro con dei piccoli fiori rossi, e solo questo gli impediva di sembrare diretto ad un funerale.

    Ma nonostante questo, era attraente. Forse tirato all’estremo, ma era a posto. Buffy trovò quell’attenzione ai dettagli stranamente attraente. E William era certamente strano.

    Okay, ora la stava fissando. Niente di attraente in questo, soltanto strano e invasivo e vagamente spaventoso.

    Buffy gli diede le spalle, rivolgendo la propria attenzione alla madre. “Allora, parlatemi dello spettacolo. Com’è?”

    “Non avete mai letto nulla di Shakespeare, tesoro?” Anne era sorpresa.

    “Sì. Beh, qualcosa a scuola. Amleto, Macbeth ed i sonetti. Ma non ho mai letto Sogno Estivo e non ne ho mai visto lo spettacolo teatrale. Di che cosa parla?”

    Un piccolo sorriso spuntò sue labbra di William mentre Anne le rispondeva.

    “Si chiama Sogno di Una Notte di Mezz' estate, Elizabeth, ed è una storia di fantasia.”

    “E anche romantica,” aggiunse William. Buffy si girò verso di lui, ma si era già girato verso la finestrella.

    “Sì, è anche romantica,” convenì Anne. “Ed è anche una commedia, allo stesso tempo. Ci sono creature fantastiche come fate e ninfe e pure un fauno; è pieno di colore. Oh, non posso descriverlo. Lo vedrete e lo apprezzerete con i vostri stessi occhi. E gli attori del St. James sono tra i migliori. Sarà meraviglioso.”

    Buffy sperava soltanto che sarebbe stato più caldo.


    ~*~ ~*~ ~*~


    Il St. James Theatre si rivelò effettivamente caldo e confortevole. Era un edificio bellissimo, non enorme ma elegantemente decorato. Sebbene si prestasse a concerti e a spettacoli di ogni tipo, era utilizzato principalmente per l'opera ed era molto popolare durante la stagione, che era iniziata circa quattro mesi prima. Dato che era inverno e abbastanza freddo, non tutti i biglietti erano stati venduti, e non più di tre quarti dei posti erano occupati. Gli Hartley si erano fatti riservare un box privato, e questo voleva dire che anche se erano arrivati un po' in ritardo – giusto prima che il sipario si alzasse – non dovevano destreggiarsi tra e gambe altrui per raggiungere i propri sedili.

    Buffy era così impegnata a studiare i dettagli di quella grande stanza finemente decorata che non si accorse che stava cadendo all’indietro fino a che non sentì una mano sul proprio braccio. Il contatto fisico era un vero taboo per l'Inghilterra Vittoriana, quindi fu sorpresa quando William le prese il gomito per accompagnarla all'interno del box assieme alla madre. Non che lei avesse bisogno di aiuto, ma suppose fosse una specie di regola sociale che un uomo dovesse aiutare una piccola donna delicata a trovare il proprio posto a sedere. Quindi lo lasciò fare, sebbene fosse una sensazione strana: avere le dita di Spike – no, quelle di William – chiuse delicatamente sul suo gomito, mentre la guidava gentilmente verso la sedia. Lui si sedette dalla parte opposta del box, con suo sollievo, lasciando ad Anne il posto vicino a lei. Si sedettero con la schiena talmente dritta che Buffy si sentì una zoticona e aggiustò immediatamente la propria postura.

    Le luci a gas si smorzarono e le tende di velluto si aprirono per mostrare un luminoso palco adornato con dei colorati scenari dipinti a mano. Buffy si inclinò speranzosa sulla propria seduta. Finora lo spettacolo sembrava promettente. L'attore maschile era molto bello e riccamente vestito, sebbene i gesti e le espressioni erano esagerate. Ma del resto, non era tutto esagerato nell’epoca Vittoriana?

    “Bella Ippolita, l'ora delle nostre nozze
    s'avvicina veloce -”

    Alla prima battuta, Buffy si tirò indietro delusa sulla sedia. Ora ricordava perché Shakespeare le era sempre sembrato noioso: non riusciva a capire una singola parola. E, a quanto pareva, ascoltare quelle parole recitate ad alta voce non le rendeva affatto più chiare di quanto non lo fossero sulla carta stampata. Anzi, capirle era ancora più difficile, visto che gli attori avevano un accento molto marcato di Cambridge e non c’era nessun sistema audio che aiutava a diffondere le voci in tutto il teatro.

    Buffy tentò di svagarsi guardando gli altri spettatori. Tentò di non fissare le persone in modo maleducato per non imbarazzare Anne (che stava guardando il palco rapita, come se stesse guardando qualcosa di meraviglioso), ma era difficile non soffermarsi. La maggior parte delle persone era chiaramente parte dell'elite e si vestiva come tale. Per un momento, Buffy si sentì quasi in imbarazzo per il suo abbigliamento. Per quanto il suo vestito color argento fosse carino, era davvero troppo semplice rispetto ai ricchi abiti da sera che indossavano le altre donne. I loro pizzi lussuosi e gli ornamenti di seta costavano da soli probabilmente quanto il suo intero guardaroba. E i gioielli! Le donne vittoriane sapevano come usare gli accessori. Quasi tutte le donne portavano pesanti collane d'oro al collo e preziosi orecchini alle orecchie.

    Era passato molto tempo da quando Buffy si preoccupava seriamente della moda. A Sunnydale, aveva sempre indossato dei vestiti all'ultima moda che le stavano veramente bene, ma in realtà pensava solamente alla loro praticità. Non poteva certo cacciare con degli abiti sofisticati, e ì gioielli avrebbero solo fornito qualcosa a un vampiro o a un demone a cui aggrapparsi per farle del male. L'improvvisa ondata d’invidia che la invase per quelle donne elegantemente vestite era qualcosa che non aveva provato da molto tempo, qualcosa di quasi alieno. E la fece sentire subito in colpa. Dopotutto, lei era una Cacciatrice. Aveva cose più importanti dei vestiti a cui pensare. Come al modo per tornare al posto a cui apparteneva.

    Non permetteva a se stessa di pensare a quanto tempo era passato da quando aveva effettivamente ucciso qualcosa. Non da quando era arrivata a Londra, almeno. Ogni volta che la vergogna la pungolava, diceva a se stessa che non c'era stata nessuna occasione per quell’attività, che non aveva visto nessun vampiro a Londra e che forse non ce n'erano proprio. Ma sapeva che non era così. La vera ragione era che era stanca di quel gioco, stanca di cacciare e uccidere, di preoccuparsi della fine del mondo. Nel 1879 c'era già una cacciatrice e l’Armageddon non era dietro l'angolo. Sapeva che il mondo sarebbe sopravvissuto ancora per molto tempo. Quindi non era certo una sua responsabilità aggirarsi furtivamente per le strade per distruggere i demoni. Era giusto lasciare questa responsabilità all'attuale cacciatrice. E Buffy era troppo occupata al momento per pensare a quelle cose. Era già abbastanza difficile ambientarsi in quest'epoca, senza avere Anne che la scoprisse a pugnalare qualcuno con un paletto di legno.

    Il primo atto dell’opera teatrale finì e il sipario si chiuse per permettere di cambiare lo scenario. Mentre aspettavano, il pubblico iniziò a chiacchierare, salutando le persone che conosceva e discutendo dello spettacolo. La stanza si riempì presto di un basso brusio di voci.

    William non lasciò il proprio posto né mostrò di riconoscere nessuno degli uomini e delle donne elegantemente vestiti che passarono vicino al loro box. Buffy non poté fare a meno di chiedersene il motivo. Da quello che Anne diceva, infatti, durante la stagione dei grandi eventi sociali loro usavano la casa di Londra per diverse settimane, quindi avrebbero dovuto conoscere molte persone dell’alta società. Nonostante questo, William non sembrò incline ad avvicinare nessuna di quelle conoscenze, sebbene diversi uomini lo guardarono come se lo conoscessero. Rimase seduto anche durante la lunga pausa dell'intervallo, silenzioso e assorto nei suoi pensieri, parlando solo quando la madre lo spronava alla conversazione. Buffy suppose che fosse tanto popolare e socialmente attivo quanto il suo equivalente vampiro.

    L'intervallo finì in fretta e iniziò la seconda parte della recita. Per quanto lo spettacolo risultasse noioso agli occhi di Buffy, comunque, il tempo le passò abbastanza velocemente. Prima ancora che se ne accorgesse, lo spettacolo era finito. Gli Hartley rimasero seduti fino a che la maggior parte del pubblico se ne fu andato, per timore che Anne fosse urtata o ferita dalla folla che si affettava verso le uscite. Quando fu tempo di andare, William si alzò per primo e aiutò sua madre ad alzarsi. Poi allungò una mano verso Buffy. Lei stava già per uscire dal box, ma la prese comunque per non sembrare maleducata. La mano di lui era sorprendentemente calda, persino attraverso il guanto, e Buffy si accorse che tremava leggermente mentre la guidava verso il corridoio. Ma quando lo guardò in viso, la sua espressione era molto composta, quasi distaccata. La lasciò nel momento in cui finì di percorrere i gradini, com’era conveniente, e non le parlò o la guardò di nuovo. Nemmeno durate la strada verso casa.





    Capitolo 7


    Tradotto da Kasumi (iniziato da Ocean Avenue)
    Grazie a Gabry per le correzioni!


    La serata a teatro non fu priva di conseguenze per Anne, nonostante tutte le precauzioni prese per tenerla al caldo e al sicuro dalla temuta “aria notturna”. Sul tardi, infatti, Anne ebbe un'altra crisi di tosse, la peggiore fino ad allora, e Buffy provò qualsiasi cosa per lenirla, invano. La donna rantolava in cerca d'aria ed ogni respiro portava nuovi spasmi, facendola tossire sempre di più. Buffy era spaventata ed incerta su cosa fare. William stava apparentemente dormendo – o almeno, era ancora nella propria stanza dall'altra parte del corridoio – e, sapendo che si sarebbe arrabbiato molto nello scoprire che le condizioni di Anne erano peggiorate (proprio come aveva predetto, dopo tutto), Buffy non osava disturbarlo fino a che non fosse stato veramente necessario. Ecco perché mandò una delle cameriere a chiamare il dottore e poi corse giù per le scale a prendere la medicina. Non era passato molto tempo dall'ultima dose, ma non sapeva davvero che altro fare.

    La medicina per la tosse doveva essere rimasta sul tavolino del salotto, ricordò Buffy. Corse a controllare, pregando che le cameriere non l’avessero spostata in qualche altro posto dove non l’avrebbe mai trovata (cosa che per fortuna non era accaduta). Raccolse la bottiglietta con sollievo ma con tale urgenza che questa le scivolò dalle mani sudate e andò a sfracellarsi sul parquet, l’urto a mala pena ammortizzato dal tappeto. Il vetro marrone andò in pezzi, spargendo schegge per tutta la stanza, mentre lo sciroppo denso e giallastro andava ad impregnare il soffice tappeto orientale.

    “Dannazione!” imprecò per la frustrazione, iniziando a raccogliere le schegge di vetro. Il fondo della bottiglietta era rimasto relativamente intatto e forse c’era ancora abbastanza medicina per Anne. Ma prima che potesse scoprirlo, Buffy si tagliò un dito con il bordo affilato.

    “Che succede?”

    Buffy guardò in alto bruscamente, improvvisamente ignara del sangue che fuoriusciva dal pollice destro. William era in piedi all’entrata della stanza, valutando il disastro.

    Confondendo il suo stupore per rabbia, iniziò a balbettare con nervosismo. “Vostra madre sta tossendo abbastanza pesantemente ed ero scesa per prenderle la medicina e-e mi è caduta la bottiglia.”

    Già mentre parlava, Buffy sussultava al suo interno. Se non fosse già stato abbastanza che Anne stava tossendo per colpa sua, come risultato di qualcosa che lei l’aveva convinto a fare, ora aveva pure sprecato la medicina necessaria ad aiutarla. Sapeva che lo sciroppo era costoso, come pure il tappeto che era inzuppato con metà dello stesso. Pensò che se ci fosse mai stato un momento in cui William avrebbe potuto cacciarla, sarebbe stato quello. Aveva abbastanza ragioni per essere arrabbiato. E se l’avesse mandata via, dove se ne sarebbe andata?

    Gli occhi di lui guizzarono in basso verso la sua mano, ma il riflesso della luce delle lampade le impedì di leggere la sua espressione. Quando parlò, la voce era strana e tesa. “Sta sanguinando.”

    Lei guardò in basso. Il taglio da tre pollici (NdT 7,5 cm) stava sanguinando copiosamente, andando ad inzuppare ancora di più la lana del tappeto. Buffy lo coprì velocemente con l’altra mano.

    “Mi-mi dispiace. Pagherò per tutto, anche per la pulizia del tappeto. Pagherò per tutto quello che-”

    “SARAH!”

    Urlò a voce così alta che Buffy si rannicchiò per l’imbarazzo, ma la sua voce tornò al tono usuale non appena la governante apparve sulla soglia.

    “Andate in dispensa a prendere l’altra bottiglia di sciroppo di mia madre,” ordinò, ignorando il suo inchino. “Andate di sopra e dategliene subito un cucchiaio. Poi state seduta con lei fino al mio arrivo.”

    Tornò a guardare Buffy. “Avete fatto chiamare il dottore?”

    Lei annuì. “Dieci minuti fa. Ho mandato Matthew. Sarà presto di ritorno.”

    “Bene.” Sembrava tanto ansioso quanto Buffy. Poi, vedendo che la signora Fitzpatrick non aveva ancora lasciato la stanza, chiamò, “Beh, che cosa state aspettando? ANDATE!”

    Buffy tornò a piegarsi sul pavimento, cercando di raccogliere i cocci di vetro e al tempo stesso di curare la propria mano insanguinata. Non l’aveva mai sentito gridare prima d’ora e c’era qualcosa che la spaventava in questo. Non era certa di che tipo di persona fosse, ma William era sempre stato gentile e parlava con toni pacati. Se era riuscita a farlo gridare come una banshee*, allora il suo sedere era bello che andato da quella casa. Buffy calò la testa e attese il licenziamento.

    Ma invece che ordinarle di andarsene, William si chinò sul pavimento a fianco a lei.

    “La vostra mano–?”

    “Starà bene. Devo solo–”

    “Non avete capito. Quello che intendevo dire era: posso guardare la vostra mano?”

    Attese in silenzio mentre lui le prendeva la mano destra tra le sue, la girava con il palmo all’insù per ispezionare il taglio e raggiungeva la tasca per prendere un fazzoletto.

    “Chiederò al dottore di esaminare il vostro taglio dopo che avrà finito di visitare mia madre,” disse. La sua voce era talmente tenue che poteva a mala pena sentirlo. “E’ abbastanza profondo.”

    Buffy sentì appena la pressione del fazzoletto sulla ferita mentre lui tentava di fermare l’emorragia, con gentilezza. Quello che notò invece era il tremore delle sue mani mentre la medicava. Pure la sua voce stava tremando. “Non è così grave,” gli disse, confusa dal suo comportamento. Il taglio stava sanguinando copiosamente ma non era nulla di serio, non c’era nemmeno il bisogno di dare dei punti. Allora perché stava reagendo in modo così strano? Era forse la vista del sangue a disturbarlo?

    Sollevò lo sguardo per cercare segni di svenimento o di malessere, ma l’unica espressione nei suoi occhi blu era di pura preoccupazione. Di tenerezza. E di qualcos’altro che non riusciva a comprendere. Qualcosa che non era assolutamente la rabbia che aveva previsto.

    Buffy abbassò la testa e balbettò: “Mi dispiace per la medicina. So che è molto costosa e ho intenzione di ripagarla.”

    “Non dite assurdità,” disse lui con voce roca. Le stava ancora tenendo la mano, sebbene il fazzoletto messo come bendaggio di fortuna le aveva già fermato la fuoriuscita del sangue. Di nuovo, divenne conscia di quanto fosse calda la pelle di lui, quasi febbricitante. E quando risollevò lo sguardo, lui guardò velocemente altrove, lasciando la sua mano ed evitandone lo sguardo.

    “State bene ora?”

    “St–Sto bene,” balbettò. “Grazie–”

    Allungò la mano per toccare il suo braccio, ma lui inciampò all’indietro, alzandosi velocemente in piedi.

    “Devo-devo vedere mia madre. Lasciate stare la confusione e andate a medicarvi la ferita. Dirò a Sarah di incaricare una delle domestiche per pulire il tappeto.”

    E prima che lei potesse replicare, se ne stava già andando, le mani infilate a fondo nelle tasche dei pantaloni e le spalle curve. E, anche se le stava dando la schiena, Buffy poteva vedere le orecchie ed il collo rossi scarlatti.

    Buffy sedette sui talloni appena una delle domestiche arrivò di corsa ed iniziò a raccogliere le schegge di vetro. Si sentì strana, in qualche modo. Quasi come se volesse seguirlo.

    Ma, naturalmente, questo era impensabile.


    * banshee
    NdT: Potete leggere qui di che cosa si tratta, ma per farla breve è un antico e leggendario spirito femminile irlandese a cui l’urlare e piangere viene collegata la morte o altre cose spiacevoli.


    ~*~ ~*~ ~*~




    Ore più tardi, Buffy si aggirava nei pressi della porta della camera da letto principale. Il dottor Gull aveva finito di esaminare e aveva prescritto le sue pillole, ed ora si stava finalmente preparando per andarsene.

    Nonostante il peggio della tosse di Anne fosse passato, Buffy non riusciva a rilassarsi. E poteva dire che anche William si sentiva allo stesso modo, guardando la sua espressione. Sebbene nessuno dei due osava dirlo a voce alta, infatti, entrambi temevano che Anne avesse preso la polmonite dopo la notte a teatro. Una paura che il dottore aveva alimentato insistendo che esporla “all’aria aperta notturna” era da incoscienti, visto che la salute di Anne era già così “cagionevole”. A quell’ora, la tosse di Anne si era calmata e lei stava riposando abbastanza bene –seppure un po’ debole e pallida. Tuttavia, il dottor Gull aveva avvertito che le conseguenze della loro uscita avrebbero potuto continuare anche dopo quella notte. La tosse violenta che accompagnava la sua malattia aveva indebolito i suoi polmoni e l’episodio di quella notte era stato di gran lunga il peggiore. Se loro continuavano a quel modo, avrebbero accorciato molto il tempo che le era rimasto.

    Ora, il dottore aveva chiuso la propria valigetta nera e aveva fatto cenno a William di seguirlo nel corridoio. A Buffy non disse nulla, né mostrò di notare la sua presenza mentre le passava davanti. Lei era, dopotutto, solo una donna. Un’inserviente. Notarla, non si conveniva alla sua posizione. Buffy però non si lasciò schiacciare da questo. Aspettò che entrambi gli uomini furono usciti e crollò esausta sulla piccola sedia a fianco del letto. Lo stress fisico ed emotivo della tarda serata era stato travolgente, e solo ora che la crisi era passata ed Anne stava riposando in modo confortevole, Buffy realizzò quanto tutto era costato al proprio corpo. I piedi e la schiena le dolevano così tanto che il sonno avrebbe avuto ben poco effetto sulla sua stanchezza. Sempre se fosse riuscita a dormire, visto che erano già le tre e mezza passate.

    Attraverso la porta mezza aperta, arrivava il suono di voci maschili. Una delle quali era molto alta e arrabbiata. Buffy sospirò. Essere stato buttato giù dal letto nel bel mezzo della notte non aveva fatto molto bene all’umore del dottor Gull, che sembrava non aver ancora finito i rimproveri per aver esposto Anne al freddo. E William, che era l’uomo di casa, se ne stava decisamente prendendo la parte peggiore. Cosa che le parve ingiusta, visto che dei tre, William era stato proprio quello che si era opposto all’uscita notturna. E, visto che lui sembrava non volerlo far presente durante la prima sfuriata, Buffy l’aveva spiegato per lui, ma il dottore aveva detto che non era una scusa sufficiente e aveva aggiunto (a voce abbastanza alta) che William era il capo famiglia e doveva essere più che capace di tenere a bada due donne.

    Ora, Buffy stava aspettando che William perdesse le staffe a questo nuovo abuso. Se qualsiasi dottore di Joyce le avesse mai parlato a quel modo, Buffy gli avrebbe mostrato la porta e quanto tagliente fosse la propria lingua. E lei sapeva che la pazienza di William doveva pur avere un limite – il temperamento irascibile di Spike non poteva essere nato dal nulla. Eppure, quel limite sembrava aver preso una vacanza, visto che William si limitò a concordare con le osservazioni del dottore e lo ringraziò – lo ringraziò! – per essere venuto ad un’ora così tarda.

    Dopo qualche minuto -nel quale aveva accompagnato il dottore alla carrozza-, William riapparse alla soglia della camera, in forte contrasto con il gentiluomo curato ed immacolato di qualche ora prima. Allora ogni capello era stato al suo posto, ogni bottone abbottonato, ogni piega diligentemente inamidata. Ora invece, sembrava come se fosse stato investito da un camion. Gli occhi rossi per la stanchezza, circondati da profonde occhiaie bluognole, e i capelli erano un ammasso selvaggio di riccioli. Durante la confusione aveva lasciato gli occhiali da qualche parte e, senza di essi, Buffy poté vederne chiaramente gli occhi per la prima volta. E, visto così, somigliava molto di più a Spike di quello che avesse immaginato.

    Si mosse nella stanza in modo impacciato, tenendosi vicino al muro, come temendo che la propria vicinanza fosse contagiosa. Buffy ricordò com’era indietreggiato prima da lei nel salotto, le guance rosse per l’imbarazzo. Mentre il dottore era lì, infatti, era andato tutto bene, mentre le loro energie erano focalizzate per far stare bene Anne e non c’era stato il tempo di notare il disagio che c’era tra loro. Ma ora che Anne stava dormendo, invece, ed erano virtualmente soli, quel disagio era tornato dieci volte più forte.

    “Mia madre… sta bene?” La sua voce era roca dalla stanchezza.

    “Sta dormendo,” gli disse e si sentì immediatamente stupida, in quanto poteva vederlo da sé. Così si affrettò ad aggiungere, “Il suo respiro è migliorato molto. Non sta ansimando come prima.”

    Lui annuì.

    “Starò con lei per il resto della notte, comunque. Sapete... giusto per controllare che sia tutto a posto.”

    “Questo non è affatto necessario. Starò io con lei, così potete riposarvi.”

    “Considerando che sembrate crollare dalla stanchezza, voto ‘no’ a quest’idea. Sono la sua infermiera e, ad ogni modo, è tutta colpa mia. Perciò starò io con lei. E’ sotto la mia responsabilità.”

    “Perché dite una cosa del genere?” chiese lui. E lei pensò allo strano modo in cui le parlava, con quella grammatica impeccabile e la dizione più calma ed elaborata, come se lei gli avrebbe dato un voto per questo. Non parlava così con nessun altro, e Spike non parlava di certo in quel modo.

    Confusa da quella domanda, disse lentamente, “Beh... per dirne una... mi pagate per questo...”

    “No…” Scosse la testa, come per raccogliere i pensieri. “Mi dispiace... Mi spiace di non essere stato chiaro e che voi abbiate frainteso la mia domanda. Quello che intendevo dire era: perché pensate che il malessere di mia madre sia colpa vostra?”

    Lei guardò in basso alla propria mano bendata, leggermente in imbarazzo. Non voleva dirlo esplicitamente, ma sapeva che lui avrebbe fatto comunque la connessione.

    “Sono stata io ad insistere che la portaste allo spettacolo. E, anche se non mi bevo l’opinione del dottore che l’aria notturna possa uccidere, c’è stato ovviamente qualcosa a teatro che ha aggravato le sue condizioni, visto che è iniziato tutto dopo essere rientrati in casa. E siccome sono stata io quella che ha insistito... questo ne fa una mia colpa.”

    Lui la guardò, assorto nei pensieri. “Sono spiacente, ma non vedo ancora un’associazione.”

    Devo farvi un disegnino? Si chiese Buffy. Aprì la bocca per chiarire, ma fu lui invece a parlare.

    “Mia madre ha la consunzione, una malattia dei polmoni che ha un avanzamento progressivo. Questi... episodi... saranno sempre più frequenti, con l’avanzare della malattia. Il dottore ce l’ha detto subito. Niente che lei possa fare può cambiare questa cosa. I suoi eccessi di tosse non sono colpa vostra.”

    “Certo, ma non avrei dovuto dirvi di portarla fuori. Questo ha peggiorato le cose. Forse l’aria fredda-”

    “Ma non vede, signorina Summers? Voi avevate ragione.”

    “Come?” chiese lei, perplessa.

    “Sì! Mi avete detto che è meglio farle vivere il tempo che le è rimasto, invece che tenerla avvolta nell’ovatta. Paralizzandola, in un certo senso, e rendendola infelice. Tutto quello che mi avete detto era-” Fece una pausa, allora, il viso che si rilassava in un sorriso che Buffy sapeva non era indirizzato a lei. Stava pensando a qualcos’altro, di cui Buffy non aveva idea. O a chi.

    “Cosa?”

    “Avete visto la sua espressione, mentre guardava lo spettacolo? Sembrava così... felice.”

    “Così, questo” –Buffy indicò la forma dormiente di Anne- “ne valeva la pena? Solo per vederla felice per due ore?” Non glielo chiese perché la pensava diversamente, ma per avere la rassicurazione che le sue decisioni non erano sbagliate, o nocive alla persona che era stata così gentile con lei.

    Lui era in fronte a lei, ma in quel momento si girò leggermente di lato, in modo che la spalla sinistra stesse in fuori e la testa fosse di profilo. Nonostante questo, il suo atteggiamento era tutt’altro che distante e lei seppe che, questa volta, il piccolo sorriso sulle sue labbra era per lei... anche se non voleva che lo vedesse.

    “Sì,” disse con calma. “Penso che ne valesse la pena.”

    ~*~ ~*~ ~*~





    L’ora tarda aveva avuto effetto su tutti loro e, come risultato, la colazione fu servita più tardi del solito. Buffy non pensava che Anne sarebbe stata abbastanza bene da mangiare in sala da pranzo, ma Anne aveva insistito su questo. Era ancora un po’ pallida ma dopo la visita del dottore aveva riposato adeguatamente e aveva assicurato a Buffy che si sentiva bene.

    Stranamente, William sembrava aversela passata peggio della madre, ma forse era solo perché lei aveva dormito e lui no. Niente di quello che Buffy gli aveva detto quella mattina presto l’aveva fatto desistere dal sorvegliare il sonno di Anne, ed ad un certo punto Buffy ci aveva rinunciato ed era andata a dormire. Sembrava proprio che William avesse passato ore cercando di appisolarsi scomodamente sulla poltrona e se n’era andato solo il momento in cui Buffy era arrivata nella camera di Anne. Non per dormire, ma per cambiarsi d’abito e rinfrescarsi. Entrambe gli avevano suggerito di recuperare il sonno perduto, ma lui si era rifiutato e le aveva raggiunte in sala da pranzo subito dopo. Quando si era seduto dall’altra parte del tavolo rispetto a Buffy, il caffè era già stato servito e il cibo era disposto a ruota su un piccolo carrello di legno.

    “Va tutto bene, mio caro?” La domanda di Anne specchiò quella che lui le aveva appena fatto. La fronte della donna era segnata dalla preoccupazione, ma William le sorrise in modo rassicurante.

    “Abbastanza bene, Madre. Sono solo un po’ stanco. Sono sicuro che mi riprenderò subito dopo la colazione.” Sembrava un cadavere che qualcuno si era dimenticato di sotterrare. Sebbene era vestito in modo impeccabile ed era perfettamente spazzolato, aveva mantenuto l’aspetto esausto della notte precedente. Era probabilmente nel tardo ventennio della sua vita, ma questa mattina sembrava molto più vecchio. Quando il servitore mostrò tutte le delizie offerte per la colazione, si limitò a scuotere la testa e a chiedere per un piccolo toast e del tè.

    Buffy provò ad imitarlo. La guida alle regole dell’etichetta che Anne le aveva dato, diceva che le donne dovevano apparire sempre senza appetito davanti agli uomini e che non dovevano mai e poi mai mangiare più di loro. Tuttavia, dopo aver piluccato per gli ultimi due giorni, Buffy stava morendo di fame, e tutta l’etichetta del mondo non l’avrebbe trattenuta dalle fettine croccanti di pancetta, dalle uova in camicia e dai pomodori grigliati. Nonostante questo, si accontentò della metà di quello che avrebbe desiderato e riuscì a non ficcarselo in gola tutto insieme, appena il servitore glielo mise nel piatto. Provando a mangiucchiare elegantemente, ascoltò distrattamente mentre William e Anne discutevano dell’approssimarsi delle vacanze.

    La voce di William era ancora un po’ roca e Buffy provò un’ondata inaspettata di compassione per lui. A parte l’affaticamento di cui si sentiva ancora responsabile, quella mattina sembrava così depresso. Cosa di cui, in realtà, non c’era da meravigliarsi. Sua madre soffriva di una malattia terminale ed, essenzialmente, stava morendo a poco a poco. E lui era destinato a morire in un momento imprecisato dell’anno seguente, cosicché un demone con poco senso della moda potesse prendere residenza nel suo corpo. Le cose non erano esattamente rose e fiori per il ragazzo. Per forza che provava compassione per lui. Era solo questo. Pena.

    Come se avesse potuto leggerle nei pensieri, William si voltò improvvisamente verso di lei. La colse a fissarlo e arrossì un poco, sebbene lei avesse distolto lo sguardo quasi subito.

    “Perdonatemi, Miss Summers,” disse timidamente. “Ho dimenticato di chiedere della vostra mano. Le fa ancora male?”

    “No. Il dottore l’ha bendata molto bene e mi da dato un unguento da applicare. E’-è fresca come una rosa,” rispose, ancora agitata per essere stata colta mentre lo osservava.

    Ma Anne e William la guardarono incerti.

    “Vuoi sederti più vicino al fuoco, Elizabeth?” chiese Anne infine.

    Buffy la fissò confusa. “Uh?”

    “Hai detto di aver freddo, così…”

    “Oh.” Rise Buffy. “Oh! No. Non fresca nel senso di fredda. Intendevo dire che è tutto okay. E’ un modo di dire americano,” aggiunse piano. (NdT: qui era difficile rendere il gioco di parole in italiano!! Buffy dice “I’m cool” che al giorno d’oggi significa ‘sto alla grande’ ma all’epoca ‘cool’ significava solo ‘aver freddo’)

    “Molto strano!” Anne la guardò in modo curioso. “Voi che leggete libri sull’America, William, sapevate che ‘fresco’ viene usato in quel modo?”

    Lui scosse la testa e Buffy realizzò che ormai c’era dentro fino al collo. “Oh, beh. Non si trova nei libri. Non è un modo di dire raffinato. E’ più...uh... un modo gergale. Non penso che le persone ne scriverebbero a riguardo.”

    “Gergale!” Anne posò la forchetta a fianco del piatto, inorridita. “Oh, Elizabeth! Non dovreste parlare come il volgo! Siete una signora…”

    “Uhm, certo. Lo so. Ma è come se... se dalle mie parti sia un gergo da signora. Non è così malvagio.” Si agitò sulla sedia, a disagio.

    Anne iniziò a dire qualcos’altro, ma William s’intromise. “Ora, Madre. Non potete giudicare il comportamento della signorina Summers, quando sapete che viene da un altro paese. Si può dire, infatti, che i dettami del decoro non siano altro che l’insieme delle idiosincrasie peculiari di ogni cultura. Così, la buona etichetta non è altro che una cosa soggettiva. Quello che qui è considerato improprio, potrebbe essere considerato perfettamente giusto in America.... e viceversa.” (NdT: le ‘idiosincrasie’ sono le stravaganze. L’ho lasciato letterale perché rende il modo di parlare di William che qui è molto difficile e ricercato, come se volesse far colpo su Buffy con la sua cultura!)

    Sebbene non avesse la minima idea di quello che aveva appena detto, Buffy realizzò che William era venuto in sua difesa e gli rivolse un sorriso riconoscente. “Uh, certo. Voglio dire, sì... proprio così,” acconsentì. “Ma se parlare in questo modo è considerato un doppio ‘no’ dalla società britannica, allora cercherò di trattenermi. Voglio dire... solo perché le buone maniere sono soggettive, non significa che io non debba seguire le regole fin tanto che sarò qui, giusto?”

    Anne annuì, evidentemente rassicurata del fatto che Buffy volesse migliorare almeno la sua grammatica. Ma William si accigliò.

    “Non penso sia necessario. In quanto americana; non avete colpa se parlate in questo modo.”

    Non aveva idea di dove voleva andare a parare.

    “Oh, non importa. Visto quanto Anne –entrambi- siete stati gentili con me, mi dispiacerebbe molto crearvi imbarazzo con il mio modo eccentrico di parlare.”

    William sembrò improvvisamente molto interessato alla propria tazza di tè. Stava fissando attentamente la rosa dipinta a mano sulla porcellana cinese. Gli occhiali erano al loro posto, così Buffy non poteva vedere bene i suoi occhi. Ma se l’arrossamento sulle guance poteva essere un’indicazione, qualsiasi cosa stesse per dire gli stava provocando un grande imbarazzo.

    “Penso che il modo in cui parliate sia molto affascinante,” disse infine. La sua voce era così tenue, che se lei non avesse fatto molta attenzione, non l’avrebbe nemmeno sentito. E, quando lo udì, non ebbe idea di come rispondere.

    Dopo un goffo momento di silenzio, William si schiarì la gola ed aggiunse, “Oh, e avevo intenzione di dirvelo già ieri, Madre, ma oggi ho degli affari da sbrigare che mi porteranno via gran parte della mattinata.”

    “Oh, William!” Esclamò Anne, mentre Buffy si rilassava, grata che il momento di disagio fosse terminato. “Non potete certo andare a sbrigare degli affari questa mattina! Sembrate proprio stanco morto.” Sotto il tavolo, dette un colpetto alla gamba di Buffy. “Non è vero, Elizabeth?”

    “L’ho visto più morto di così.” La frase le scivolò di bocca prima che potesse pensare alla loro reazione.

    William divenne tutto rosso, forse non troppo offeso da quell’osservazione. Gettò il tovagliolo sul piatto. “Sì. Beh, riguardo a questo…”

    Se uno sguardo potesse uccidere, l’occhiata che Anne gettò a Buffy l’avrebbe assassinata all’istante. Si sporse per toccare la mano del figlio. “Oh, William, non vorrete mica andarvene adesso? Non avete nemmeno toccato colazione.”

    “Va tutto bene, Madre. Dovrei tornare in tempo per il pranzo.” Si sporse per baciare Anne sulla guancia e salutò Buffy con un breve cenno del capo. “Miss Summers.”

    Anne aspettò finchè avesse lasciato la stanza, poi spinse indietro la propria sedia. “Ma insomma, Elizabeth!” disse. “Cosa vi è successo ultimamente? Siete sempre stata una ragazza così dolce. Ed ora, all’improvviso, tutta questa mancanza di tatto...”

    “Non lo intendevo in quel modo…”

    “E allora, in che modo lo intendavate, vorrei sapere?”

    Buffy non poteva rispondere a quella domanda, perché aveva visto William sembrare per davvero più morto di così. Ma dopo che era già morto.

    ~*~ ~*~ ~*~





    Dopo che Anne lasciò la sala da pranzo un po’ risentita, Buffy iniziò a seguirla nel salotto. Improvvisamente, però, si trovò a fare una svolta di novanta gradi lungo il corridoio e si diresse verso l’entrata. Come aveva immaginato, William era ancora lì, che attendeva il cocchiere. Se ne stava ad un lato della porta, mentre scivolava nel pastrano. Il suo approssimarsi parve spaventarlo.

    “Miss Summers, c’è qualcosa che non va? Mia madre-?”

    “Sta bene. Volevo solo... parlarvi. Prima che ve ne andiate.”

    “Ah, vedo.” Si stava abbottonando il cappotto e, dal tempo che ci stava mettendo per farlo, Buffy poteva dire che stava in realtà evitando il suo sguardo.

    “Cosa…ah…cosa volevate dirmi?”

    “Volevo scusarmi per-per quello che ho detto prima. Non intendevo dirlo in quel modo, volevo solo... Ero distratta. Non sapevo quello che stavo dicendo. Probabilmente un altro esempio del mio linguaggio eccentrico,” aggiunse in modo leggero. Ma lui non ritornò il sorriso.

    “Non vi preoccupate. Non era nulla.” Iniziò a girarsi, ma Buffy gli posò una mano sul braccio.

    “Non va tutto bene se ho ferito i vostri sentimenti. Non era mia intenzione. Io... Avrei voluto...” Poteva sentirne i muscoli tendersi sotto le proprie dita, vedere il modo in cui le spalle si ergevano mentre lui si irrigidiva al contatto. Inclinò la testa, guardando la mano di lei sulla propria manica con qualcosa simile allo shock; ma non si tirò indietro, né lei la rimosse. Sembrò passare un lungo momento prima che lui rispondesse.

    “Oh, no... Io…è tutto a posto,” disse piano. “Devo dire che–”

    La porta d’entrata si aprì in quell’istante e lui si ritrasse con una velocità degna della sua controparte vampiresca. Entrambi si girarono per scoprire che l’intruso era Matthew, il capo stalliere ed il cocchiere, venuti per dire che la carrozza stava aspettando, appena il signor William fosse stato pronto.

    Il viso di William era di un rosso acceso e Buffy pensò incredula che era come se gli avesse dato una bella toccata al sedere invece che sfiorato solamente una manica. Lui ringraziò il cocchiere e si girò verso Buffy. O meglio, si girò nella direzione di Buffy, ma gli occhi erano fissi sul pavimento lucido.

    “Sono spiacente. Devo…” la sua voce si affievolì.

    Buffy annuì il proprio consenso (strano che lui lo stesse aspettando), e William aprì la porta, lasciando entrare una ventata d’aria fredda. La guardò brevemente, posò una mano sul bordo del cappello e uscì fuori nella mattinata invernale.

    ~*~ ~*~ ~*~

    TBC

    Edited by kasumi - 6/7/2015, 14:05
     
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  7. TerenceSpike
     
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    Che bella questa ff! Continua al più presto, ti prego: sono davvero curiosa di vedere come continua!
     
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  8. kasumi
     
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    Capitolo ottavo

    (Note e traduzione di Amayuccia)

    Buffy non voleva che lui le piacesse. William. A parte il fatto che alla fine sarebbe divenuto una creatura che lei detestava - e che non c’era assolutamente niente che lei potesse fare per prevenirlo - era anche molto strano. La rendeva ansiosa con i suoi silenzi, con il modo in cui i suoi occhi ogni tanto la seguivano mentre attraversava la stanza. Il modo in cui fissava la sua bocca con un espressione un po’ trasognata mentre mangiava la sua cena. Era attratto da lei; poteva leggerglielo in viso, poteva persino sentirlo come fosse calore che usciva dalla sua pelle. E realizzare tutto questo la preoccupava. Non voleva porsi in una posizione che avrebbe compromesso il suo ritorno al futuro; non voleva alterare il suo futuro così da tornare in un posto differente da quello che aveva lasciato. E sapeva che più tempo avrebbe passato con lui - più tempo fosse rimasta in quel periodo - più difficile sarebbe stato impedire alla cose di cambiare. Provò a evitarlo, ma, per quanto fosse grande la casa, era impossibile farlo. Era il suo lavoro stare con Anne, essere presente per i suoi bisogni; e fin dal suo arrivo a casa, William aveva speso gran parte del suo tempo libero con la madre. Perciò significava che aveva speso la maggior parte del suo tempo libero anche con Buffy.

    Naturalmente, non aveva nessuna ragione per non piacerle. Buffy non ci aveva messo molto tempo a scoprire che era esattamente quello che Anne le aveva descritto: un gentiluomo premuroso con la sua famiglia, buono con i servitori e che lavorava costantemente agli affari che gli aveva lasciato il padre. Era così timido che poteva appena parlarle senza arrossire e sapeva che non avrebbe provato a prendersi libertà con lei nel modo in cui molti uomini facevano con i loro domestici. Gli altri servitori ne parlavano molto bene, perché venivano trattati con gentilezza. Ma Buffy sapeva che la sua attrazione per lei non poteva finire bene per nessuno dei due. Chi poteva sapere cosa avrebbe ricordato Spike una volta diventato vampiro? E se lei avesse cambiato anche una sola cosa del suo futuro, magari lo avrebbe cambiato del tutto.

    Ma era bello.

    Provò a non notarlo nei giorni seguenti, ma buon Dio, come poteva non farlo? Ogni volta che si girava, lui era lì. E non era nemmeno che assomigliasse a Spike. Anche se il loro aspetto era naturalmente molto simile, vi erano dozzine di sottili differenze. Il profilo del volto di William sembrava più dolce, benché questo poteva essere dovuto, in parte, alla sua espressione. Per la maggior parte del tempo, Spike era sicuro di sé e - anche quando non aveva il viso da caccia - era quasi sempre un predatore. Ma c’era una vulnerabilità in William che lei non aveva notato in Spike, un’innocenza che lo faceva apparire molto giovane allo stesso tempo. Fanciullesco e completamente indifeso alla disapprovazione. Altre volte, sembrava vecchio e stanco, come se il peso delle sue responsabilità lo schiacciasse a terra. Sorrideva raramente, ma lo faceva in modo dolce e lento. Affascinante. Molto difficile resistergli.

    Doveva resistere.

    Inoltre, chi diceva che davvero gli piacesse? Non le parlava mai, però spesso sembrava che ascoltasse intensamente quando parlava con Anne. Quell’espressione bramosa, ma probabilmente era solo lussuria. Dopotutto, il posto non era esattamente pieno di donne single e lei era conveniente da guardare. Era carina. Certo, poteva sentirsi attratto da lei. E malgrado il disagio che sentiva, Buffy provava a convincersi che l’attrazione fisica non significava molto nel grande schema delle cose. Per nessuno di loro.

    ~*~ ~*~ ~*~

    Non guardarla.

    Seduto in salotto dopo la cena quella sera, provava a non farlo. Ma come al solito, i suo occhi ostinatamente si rifiutavano di obbedire al suo cervello. Lentamente, si spostavano alla finestra del salotto dove lei prima era stata seduta a fissare fuori dal vetro con un espressione infelice. Malgrado i suoi migliori sforzi - e quelli di sua madre - Miss Summers spesso sembrava scontenta. Credeva che una bella casa e dei bei vestiti … un po’ di soldi … avrebbero potuto renderla felice. Voleva che fosse felice; voleva farle piacere. Perché, anche se provava a dire a se stesso altrimenti, sapeva che lei non era una semplice servitrice. La peculiare circostanza che l’aveva portata lì lo provava. C’era qualcosa in lei, qualcosa di speciale. Qualcosa che lo aveva distrutto nel momento in cui aveva posato gli occhi su di lei. E voleva, così ardentemente, avere -

    Lei.

    Giocò con un libro tra le mani, nervosamente spostando le pagine finché non si tagliò con la carta. Da quando il suo affetto era così volubile …senza significato? Era convinto di essere innamorato di Cecily, portava la sua torcia e spargeva fiori sul suo altare da mesi ormai. Come poteva tutto il suo affetto essersi spostato così velocemente? Come poteva la sua devozione per Miss Inderwood sparire nel momento in cui i suoi occhi si era fermati sulla piccola americana con le maniere strane e ancora più bizzarro modo di parlare? Cecily era raffinata, era ben educata per una donna. Era della sua stessa condizione sociale. Erano simili in molti modi e tutti sapevano che bisognava sposarsi con qualcuno di simile per avere un po’ di felicità in casa. Lui e Miss Summers non avevano nulla di questo in comune; nessuno poteva assomigliargli meno di lei. Ma più tentava di negare i suoi sentimenti, più forti loro diventavano. Era stata la sua diversità ad attirarlo.

    Lei era così piena di vita. Si domandava se fosse un tratto di tutti gli americani o se fosse un altro mero segno della sua individualità. Le donne di Londra erano di docili discorsi e, il più delle volte, sedate. Oh loro potevano ridacchiare e stuzzicare, a volte flirtare con i gentiluomini con cui avevano una migliore conoscenza. Ma raramente mostravano l’illimitata energia che Miss Summers possedeva. Le piaceva stare fuori, anche se ovviamente, non le era permesso di avventurarsi molto lontano da sola. Una volta, l’aveva vista da sola nel giardino sul retro, correva e saltava, tenendo in mano un paletto che usava per fare strani colpi ad una delle statue. Sembrava giocasse ed era rimasto bloccato alla finestra a guardarla affascinato finché non aveva finito. Un’altra volta, stava camminando dal parcheggio delle carrozze quando l’aveva trovata ferma sul viale di mattoni prima della casa. Quel giorno faceva molto freddo e i mattoni erano scivolosi e gelati. Scivolava sopra di essi come una ballerina sul ghiaccio senza pattini, magnifica e aggraziata nel tramonto. In nessuno di questi momenti era apparsa particolarmente felice; non sembrava mai completamente contenta. Ma c’era così tanta vita in essi … e in lei. Era una delizia solo osservarla. Sperava solamente di poter riportare la luce in quella vita … poter compensare per le cose spiacevoli che la vita le aveva riservato.

    A cosa stava pensando quel pomeriggio mentre guardava il paesaggio gelato, un libro dimenticato sul grembo? Era il ricordo di un suo caro deceduto? Era il dolore che così spesso offuscava quegli insondabili occhi verdi? Lui non doveva domandarselo. Quella prima mattina a casa, quando lo aveva seguito nella libreria per parlare, era sembrata così miserabile quando aveva parlato della morte della madre. Non aveva menzionato suo padre. Doveva essere morto da molto tempo, il suo cordoglio per lui doveva essersi placato nel tempo. Entrambi i genitori morti … ed era stata lasciata senza nessuno.

    Il suo cuore si era ristretto un po’ per quello, perché era un sentimento che conosceva molto bene. Essere solo. Aveva sua madre, ovviamente. Ma nessun altro. Non un fratello o un cugino, non un padre o un amico. La morte di sua madre lo avrebbe lasciato in completa solitudine e temeva quest’ultima quasi come la morte stessa. Non avere nessuno con cui parlare .. nessuno di cui preoccuparsi. La solitudine di una tale esistenza era così terribile da contemplare.

    Per molto tempo aveva sognato una moglie. Un moglie e un piccolo bambino. Entrambi sarebbero stati piccoli e dolci e deliziosamente suoi. Lo avrebbero amato e avrebbero avuto bisogno di lui. E lui si sarebbe preso cura di loro. Voleva qualcuno di cui prendersi cura, da proteggere. Aveva speso la maggior parte della vita a farlo per la madre e questo lo aveva reso una nutrice per inclinazione e necessità. Forse questo, più di ogni altra cosa, lo aveva portato a Miss Summers. Era così giovane, così piccola, così persa. Voleva cullarla, essere il suo scudo contro le cattiverie del mondo e rimuovere quel terribile sguardo triste e disperato che qualche volta oscurava il suo viso.

    A volte, quando lei aveva quello sguardo, tutto quello che voleva fare era balzare dalla sedia e andare da lei. Aveva stretto la sua mano un volta - così calda e morbida, le ossa delicate come quelle di un uccellino - e aveva sognato di tenerla ancora. Poteva avvolgerla tra le sue mani, accarezzare con i pollici la cima delle sue piccole nocche. Avrebbe voluto dirle di non essere spaventata, addolorata, perchè lui era lì e voleva risolvere tutto. Avrebbe voluto fare qualsiasi cosa per essere l’uomo che poteva risolvere tutto per lei.

    Ovviamente, sapeva che non avrebbe mai ricambiato la sua ammirazione. Le donne non si interessavano mai a lui, anche se non sapeva perché. Aveva sempre fatto il suo meglio … si era sempre vestito bene e usato la giusta educazione. Aveva cercato di essere attraente per loro. Finora sembrava che ogni volta che prendeva il coraggio per parlare con una di loro, questa lo scoraggiava sempre con mal celato disprezzo. Con i begli occhi mai fissi su di lui, ma sempre in cerca di una fuga, un modo per lasciare la sua compagnia. Lo feriva pensare che avrebbe dovuto provare di più e mai avere successo. Non riusciva a capirlo. Finalmente, aveva deciso che doveva essere molto banale. Era talmente indesiderabile che, a parte per la sua ricchezza, non c’era nient’altro per cui avrebbe potuto essere raccomandato. Sapeva, senza che nessuno glielo dicesse, che Miss Summers non sarebbe mai stata interessata alle sue ricchezze. Non sarebbe stata interessata a lui in nessun modo. Pensava che se avesse avuto un briciolo di buon senso, avrebbe allontanato completamente il pensiero di lei dalla sua mente.

    Ma non poteva.

    Anche con la deprimente certezza di non piacerle, non riusciva a smettere di fantasticare su di lei e appena si ritrovava seduto nella stessa stanza con lei come adesso, non riusciva a guardare da un’altra parte. La sua testa era girata un po’ di lato; non lo avrebbe visto. E per una volta, poteva guardarla quanto il suo cuore voleva, il suo solitario sguardo seguiva la linea esile del suo collo, la curva della sua mascella … i suoi bellissimi lunghi capelli. Li teneva sempre acconciati, come una lady doveva fare, e non poteva fare a meno di chiedersi come sarebbero apparsi liberi e fluenti. Voleva toccarli, per sentirle quella ciocca di seta scivolare attraverso le sue dita. L’improvviso desiderio lo fece arrossire e tornò al suo libro con la colpevole determinazione a non guardarla ancora.

    Non era servito a niente. Un momento dopo, alzò gli occhi una volta ancora. Poteva sentire sua madre guardarlo, senza dubbio domandandosi perché era così lento a fare conversazione; ma non poteva spostare il suo sguardo da Miss Summers. Non voleva smettere di guardarla, voleva impegnarsi a memorizzare ogni aspetto di quel bellissimo viso.

    “Dovrei essere arrabbiata con voi” Miss Summers disse ad un tratto.

    William, che stava fissando sbalordito il retro del suo collo, si risvegliò di colpo. Aspettandosi che lei si riferisse a sua madre. Invece, lo fissava direttamente con un'incomprensibile espressione sulla sua faccia. Arrossì, sforzando il suo cervello per trovare il motivo della sua rabbia. Forse lo aveva visto fissarla. Certamente quello era un valido motivo per una signora di arrabbiarsi.

    “Io… non mi sono… reso conto” iniziò lentamente, preparato a chiedere scusa per un crimine che non era sicuro di aver commesso. Solo allora vide l’angolo della sua bocca alzarsi leggermente.

    “Dovete esservi reso conto. Questo è probabilmente il libro più noioso sulla faccia del pianeta. Siccome mi avete fatto quella meravigliosa recensione che mi ha fatto decidere di leggerlo, dovrei essere inca- imbestialita.”

    Non era sicuro di cosa significasse “imbestialita”, ma una cosa era certa adesso; non era davvero arrabbiata con lui. Infatti sembrava lo prendesse in giro. Non aveva mai avuto una donna che lo prendesse in giro e non era sicuro di come rispondere. Sua madre lo fissava e sentì la sua faccia riscaldarsi per l’agonia dell’imbarazzo. Tuttavia doveva dire qualcosa o avrebbe fatto la figura dello stupido.

    “Credevo che voi, più di altre signore, avreste apprezzato The Wide, Wide World. Dopotutto è una romanzo americano - “ (ndT: "The Wide, Wide World" è considerato il primo romanzo americano. Scritto da Susan Warner nel 1850)

    “E uno brutto” Buffy contrasse il viso e sospirò.

    “Mi dispiace.”

    “Bene, non siate dispiaciuto. Cavolo.” Si fermò. “Sapete quale storia penso sia buona?”

    Stavano facendo conversazione, una vera conversazione. Stavano parlando quasi come amici, non come datore di lavoro e infermiera. Sulla letteratura, niente di meno. William voleva inginocchiarsi e ringraziare il buon Dio per averlo benedetto.

    “Sono spiacente di non saperlo” rispose lentamente. “ Magari potete illuminarmi?”

    “Carmilla. Quella storia è bellissima” (ndT: E' un romanzetto gotico di Joseph Sheridan Le Fanu del 1871)

    Per un momento fu senza parole. ‘Carmilla’ era appena poco più di una dozzinale storiella; non era certo un adatto intrattenimento per una signora. Dove lo aveva preso, per l’amor di Dio?

    Come se avesse letto nei suoi pensieri, Miss Summers continuò, “Ho trovato una copia nel chiosco in giardino. É breve e c’è molta azione. In più è molto più interessante leggere sui vampiri che su qualche donna petulante che parla di luoghi comuni Cristiani mentre il resto del mondo la tratta come una me - la tratta male.”

    Nel chiosco. Uno dei servitori si doveva essersi sottratto ai suoi doveri e averlo letto lì. William si sentì uno stolto per aver esposto Miss Summers a una tal volgare e disgustosa letteratura. E il fatto che a lei piacesse - !

    William si aspettava che sua madre intervenisse per spiegare gentilmente perché ‘Carmilla’ non era solo un lavoro scarso ma anche singolarmente inappropriato. Ma lei rimase in silenzio, aspettandosi chiaramente che lui eseguisse questo compito. Era il padrone di casa, dopotutto.

    Deglutì.

    “Forse… forse Jane Austen potrebbe essere meglio di suo gradimento? I suoi romanzi hanno un tono decisamente meno serio.”

    “Beh credo che proverò Orgoglio e Pregiudizio.” Sembrò dubbiosa. “Credo possa andare. Colin Firth lo fa sembrava bello, in ogni modo.” (ndT: Buffy fa riferimento alla minserie della BBC dove Colin Firth fa Mr Darcy. C'è una scena dove esce dal lago con i vestiti inzuppati d'acqua che è molto famosa)

    “Col - Non sono sicuro chi - “ Si fermò bruscamente. Lo stava confondendo di nuovo.

    “Non importa.” Lei sbadigliò rudemente (perché quella mancanza di decoro non lo infastidiva?) e si alzò in piedi, girando per la stanza irrequieta, in miniera annoiata. Alla fine si fermò a pochi passi da dove era seduto.

    “Cosa state leggendo?”

    Benché non fosse molto vicina, stava in piedi sopra di lui. Improvvisamente William si sentì senza fiato, intrappolato. Sentiva il conflittuale desiderio di allontanasi ed avvicinarsi a lei. Il potere di parlare sembrava lo avesse lasciato e silenziosamente le passò il suo libro.

    “Il Ritorno al Paese”(o La Brughiera) lesse ad alta voce.

    “Si. Vi interessa prenderlo in prestito? L’ho già letto in precedenza.” Appena finì di parlare, William si pentì di averlo detto. Per quanto fosse di qualità decisamente migliore di 'Carmilla', non era comunque appropriato per una signora. Molto scandaloso in effetti.

    Non aveva bisogno di preoccuparsi. Lei gli gettò il libro indietro, chiaramente disinteressata.

    “No grazie,” disse. “Non mi piacciono i western. Sono sempre molto razzisti.”

    (ndT:"The Return of the Native" in italiano “Il Ritorno al Paese” è¨ scritto da Thomas Hardy, scrittore e poeta inglese. Un romanzo controverso del 1878. Certo niente a che fare con i western di cui parla Buffy :P)

    ~*~ ~*~ ~*~

    D’accordo, forse era un tipo dolce. Non era davvero cambiato nulla, si disse Buffy. Aveva bisogno di andare a casa e lui non avrebbe dovuta cacciarla; quella era giusto il modo in cui le cose dovevano andare. Senza dubbio non avrebbe lasciato che un paio di brevissime conversazioni e un paio di occhi blu si mettero contro la sua strada. Voleva andare a casa.

    In effetti ora aveva anche un piano.

    Tecnicamente, Buffy non poteva lasciare la casa senza una chaperon. Sebbene ovviamente, le donne sposate poteva viaggiare con i loro mariti, le nubili donne Vittoriane si supponeva avessero sempre la compagnia di una parente donna più grande, solitamente una madre o una zia. Visto che Buffy non ne aveva nessuna, solitamente Mrs Fitzpatrick andava con lei quando si avventurava nella città. Non era un perfetto accordo agli occhi della società, ma era il meglio che si potesse fare. E visto che uno dei doveri di Buffy includeva fare commissioni per Anne, era inevitabile. A lei non dispiaceva la compagnia di Mrs Fitzpatick. Anche se severa, la governante era molto gentile. Quasi materna. E la sua conoscenza della città rendeva i compiti molto più semplici. Ma Buffy aveva la speranza che un giorno avrebbe potuto esplorare Londra per conto suo.

    Un paio di settimane dopo il ritorno di William, Mrs Fitzpatick prese l’influenza. Metà di Londra l’aveva avuta quell’inverno e sembrava quasi inevitabile. All’inizio Buffy non capiva perché tutti fossero così preoccupati. Era solo un’influenza. Ma tutti prendevano così tante precauzioni paranoiche per prevenire il contagio. La governante fu confinata nella sua stanza al piano sottostante e una delle cameriere del piano inferiore era assegnata alla sua cura. Alla cameriera fu ordinato di non salire mai al piano superiore, di non lavare i panni e la biancheria da letto di Mrs Fitzpatick con quelle degli altri servitori. A nessun’altra era permesso di entrare nella stanza del malato e quando il dottore andò via, uscì velocemente della porta di servizio.

    Fu una sera che, sentendo le istruzioni del dottore, Buffy finalmente scoprì perché tutti erano così ansiosi. L’influenza era fatale lì.

    Tanto preoccupata quanto era per la salute della governante - e certamente per quella di Anne, perché se avesse contratto la malattia sarebbe equivalso a morire - Buffy non poteva fare a meno di sentirsi sollevata quando uscì da casa, sola, alcuni giorni dopo. Si supponeva che l’avrebbe accompagnata Livvy; Anne lo aveva ordinato. Ma Buffy non lo aveva mai menzionato alla giovane cameriera. Era la sua possibilità e lei avrebbe colta.

    Andò a piedi, perché sapeva che il cocchiere non l’avrebbe accompagnata senza una chaperon. Ma andava bene. Le settimane di relativa inattività l’avevano resa pronta per fare un po’ di vero esercizio fisico e le sue gambe percorresero miglia rapidamente sulle strade di Londra mentre camminava verso il farmacista per comprare la medicina di Anne. Non era il loro solito farmacista, quello che stava giusto due strade lontano dalla casa. Questo era ad una certa distanza a nord, desiderabile per la sua prossimità al negozio di occulto di cui Buffy aveva preso nota mentre era a fare una commissione qualche settimana prima. In quel momento lei era con Mrs. Fitzpatrick ed erano dirette alla merceria; Buffy aveva potuto dare non più di un piccolo sguardo all’insegna prima di superarlo. Ma ora che era sola, era determinata ad avventurvisi all’interno per vedere se poteva trovare qualche modo per ritornare a casa.

    Il negozio di occulto non era niente più che un piccolo spazio in affitto in un palazzo rovinato che ospitava molti commerci dello stesso genere. Per gli standard Vittoriani, tutte quelle cose erano poco raccomandabili. C’era un chiromante alla sinistra del negozio e sulla destra di questo, si vociferava ci fosse un piccolo bordello. Per un momento, esitò alla porta non del tutto certa di voler entrare nel palazzo diroccato e raccontare i suoi segreti a qualche sudicio estraneo. Ma quale erano le sue opzioni?

    Tuttavia alla fine non fu nulla di buono. Solo una grossa e frustante perdita di tempo. La proprietaria del negozio era una donna anziana che puzzava di cavolo e tabacco. Il più dei suoi affari erano nel commercio e il più della sua merce consisteva in pozioni che promettevano buona salute, amore o una lunga vita. Che i suoi clienti lo sapessero o meno, quegli intrugli consistevano in nient’altro che ceneri del focolare e alcol etilico, con un po’ di erbe innocue aggiunte per dargli sapore. Quando Buffy le chiese riguardo i viaggi nel tempo, la commessa prima la guardò come se lei stesse scherzando e, quando divento evidente che non lo stesse facendo, infine le suggerì il nome del più buon sanatorio specializzato in illusioni della mente.

    Inutile dire che l’intera esperienza non innalzò le speranze di Buffy. Tornò dagli Hartley quella sera con il cuore pesante e, quando arrivò, disse loro che i segni di gocce sul suo viso erano per la pioggia e non per le sue lacrime.

    Anne si bevve la storia abbastanza bene, ma William sembrò scettico, i sommenzionati occhi blu che cercavano qualcosa nei suoi occhi arrossati. Sembrava così ansioso, così preoccupato che per un secondo volle quasi farsi avvolgere nella sue braccia e piangere sulla sua spalla. Non aveva niente a che fare con l’attrazione fisica che sentiva -solo uno desiderio di conforto - e l’impulso passò presto.

    Tuttavia la stava guardando, una mano vicino al suo braccio come per toccarla, sebbene ovviamente non lo fece.

    “Per favore, posso chiamarvi una cameriera? Posso farvi portare una bevanda calda e un ponce, e potreste riposarvi nella vostra stanza fino all’ora di cena. Non state bene per niente-”

    Il ponce era alcolico e, visto il giorno che aveva avuto, l’alcol sembrava certamente la cosa migliore. Buffy annuì grata a William.

    “Mi piacerebbe” gli disse. “Sono stanca ed è stata una camminata al freddo…”

    “Avreste dovuto prendere la carrozza!” Anne la rimproverò. “Non sarei sorpresa se avessi preso un'infreddatura…”

    Seguì Buffy nella sua stanza, chiocciando come un’ansiosa gallina per tutto il tempo. Ma William rimase al pian terreno, latrando ordini agli sconcertati domestici.

    E benché lei non l’avrebbe mai saputo, William passò la maggior parte della notte passeggiando sul pavimento della biblioteca.

    TBC
     
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    Capitolo 9


    (traduzione di Kasumi)

    I giorni che precedettero il Natale passarono senza particolari eventi. Sembrava che le ore si susseguissero con un tedio mortale, così lentamente, che a Buffy veniva voglia di gridare. Eppure, come il sole tramontava per ognuno di questi, sentiva una fitta di paura, il petto che le si stringeva ogni giorno un pochino di più. Perché un altro giorno era passato e non c'era alcun segno, ne la minima indicazione, che i suoi amici l'avrebbero riportata a casa. Provò a non preoccuparsene; del resto l'ansia non l'avrebbe aiutata. Si prese quindi cura di Anne, svolgendo ogni compito assegnatole con un'accuratezza che avrebbe impressionato il più rigido direttore d'ospedale. Ogni mattina si alzava e spiava fuori dalla finestra, aspettando la neve che Anne le aveva promesso, ma sebbene il clima restasse molto freddo, non c'era nessun bianco e pittoresco accumulo di neve, ne alcun fiocco che cadeva pigramente. Ci fu solo un giorno e mezzo di nevischio infinito, con grigi strati d'acqua ghiacciata che sferzavano le finestre e oscuravano la vista.

    Nonostante il freddo e l'umidità, Anne sembrava restare in buona salute e di buon umore. Le aveva confidato di aver atteso segretamente queste festività, le prime che avrebbe trascorso da invalida. Normalmente, ci sarebbero state feste e cene, la Chiesa e i canti. Ne aveva temuta l'assenza, ma ammetteva che la pace di questo Natale non era affatto una cosa sgradita. E, dopotutto, avevano l'albero. Non stavano ignorando completamente le tradizioni!

    Buffy non sapeva che gli alberi di Natale esistessero già nel 1879, e fu sorpresa di scoprire quanto l'usanza fosse di tendenza. Apparentemente, infatti, la loro popolarità era cresciuta molto da quando, prima del suo matrimonio, Sua Altezza Reale la Regina Vittoria, aveva adottato questa tradizione tedesca per fare sentire suo marito più a casa nel suo nuovo paese. L'albero della Regina era decorato con ornamenti in vetro soffiato d'incalcolabile valore, ma le decorazioni dell'albero degli Hartley erano per la maggior parte commestibili: popcorn e mirtilli rossi accompagnati da noci, caramelle e perfino piccole tortine. Tuttavia, c'erano anche piccole figure di cera e delle stelle di metallo. E, naturalmente, le candele. Incendiare di proposito l'albero di Natale non le sembrava affatto una buona idea, ma quando aveva verbalizzato le proprie preoccupazioni ad Anne, la signora si era fatta semplicemente una risata e le aveva spiegato che aveva fatto mettere un secchio d'acqua vicino l'albero proprio per quel motivo. Insomma, sarebbero stati più che al sicuro.

    Certo. Al sicuro come in un inferno di fuoco*, forse.

    Eppure, nonostante i propri timori, Buffy non poté fare a meno di restare impressionata dall'effetto che facevano, quando, la vigilia di Natale, William accese ogni piccola candela con alcuni movimenti veloci. L'effetto era più bello rispetto a quello delle luci artificiali, e il calore delle piccole fiamme faceva emanare dal sempreverde un meraviglioso odore speziato. L'intero salotto sembrava un'illustrazione del perfetto Natale Vittoriano e Buffy sentì, per la prima volta, lo spirito natalizio.

    Quella sera tutta la servitù fu invitata “di sopra” per ricevere la gratifica natalizia di una mezza corona ciascuno e, per gli uomini, anche un assaggio di un ottimo brandy. Gli Hartley non usavano socializzare troppo con la servitù (scomparivano sempre dopo aver distribuito il denaro), ma a Buffy questo non dava fastidio. Quella notte, ci fu una festa negli alloggi della servitù, con cibo e bevande e persino musica e balli. Buffy non aveva mai avuto l'occasione di conoscere gli altri servitori e li avrebbe raggiunti volentieri, se non altro per rompere la monotonia di quelle giornate. Ma, per qualche ragione, entrambi gli Hartley glielo vietarono. Le fecero trascorrere invece la serata nel salotto, ascoltando Anne che leggeva a voce alta i capitoli della Bibbia a tema, provando a trattenere gli sbadigli.

    William se ne stava davanti alla finestra, ad osservare il prato buio. Apparentemente, stava anche ascoltando il racconto della nascita di Cristo, sebbene Buffy avesse i propri dubbi. I suoi occhi erano decisamente vitrei, e sospettava fosse annoiato quanto lei. Ad un certo punto, però, si raddrizzò bruscamente, sorprendendola, e cominciò a gesticolare entusiasta verso il vetro della finestra.

    “Guardate!”

    Aspettandosi una gang di vampiri che risaliva il vialetto d'ingresso (okay, aveva vissuto un po' troppo sulla Bocca dell'Inferno), Buffy lasciò la sedia per raggiungerlo alla finestra. In piedi giusto dietro al cancello, sul vialetto di mattoni, c'era un piccolo gruppo di persone. Tutte erano ben coperte sopra i loro vestiti eleganti e raggruppate insieme contro il vento pungente di dicembre. Stavano cantando i canti di Natale – Buffy poteva dirlo dal libretto che avevano in mano e dai movimenti sincronizzati delle loro labbra. Infatti, ascoltando attentamente, poteva quasi sentirli debolmente attraverso il vetro.

    “Che carino,” commentò, sebbene fosse più un'osservazione diretta al fascino del gruppo piuttosto che alla sua bravura. Poteva a malapena sentirli cantare ma, alla luce delle loro lanterne, poteva vedere chiaramente le cappe di pelliccia e i manicotti delle donne ed i bei vestiti che portavano al di sotto di questi. Il nevischio si era fermato qualche ora prima, ma il freddo gelido era rimasto ed il fiato dei cantanti fuoriusciva in bianchi sbuffi. Tutti loro avevano le guance rosse per il vento tagliente.

    Buffy era così impegnata a guardarli che non si era accorta che William la stava fissando, sino a quando lui non parlò.

    “Vorreste - vorreste sentirli cantare?”

    Non era esattamente quello che aveva in mente per passare del tempo in modo spensierato, ma era sicuramente meglio che rimanere seduti davanti al fuoco ad ascoltare le scritture, e Buffy annuì con entusiasmo. Ma subito dopo la sua espressione crollò.

    “Ma non possiamo aprire la finestra…” fece cenno con la testa verso Anne. Non potevano rischiare di farla ammalare facendo entrare l'umidità ed il freddo.

    “Sì. Beh… Avevo pensato che…” Il viso di lui arrossì un poco. “Forse, potremmo andare fuori noi?”

    Buffy non riusciva a capire come questa fosse una causa d'imbarazzo, come non capiva lo sguardo leggermente di rimprovero che sua madre gli indirizzò. Immaginò fosse per il rammarico che i canti natalizi fossero più interessanti della Bibbia e accantonò velocemente il pensiero.

    “Mi farebbe piacere,” gli disse.

    William sorrise in modo esitante ed Anne aggrottò la fronte.

    “Oh, William! Non intendete certamente andare fuori al freddo e all'oscurità invernali e portare Elisabeth con voi. Morirete sicuramente di freddo...”

    “Saremo appena fuori dalla porta, Madre, e mi assicurerò che saremo entrambi ben coperti.”

    La risposta fu data con il solito tono gentile che usava con la madre, ma questa volta Buffy ci colse qualcosina in più, che però non voleva essere preso troppo in considerazione. Anche Anne doveva averlo percepito, perché non spinse oltre l'argomento e tornò alla Bibbia con un sospiro, scuotendo la testa alla follia della gioventù.

    Scegliendo deliberatamente di ignorare la disapprovazione della donna, Buffy seguì William nell'atrio. Lui l'aiutò ad indossare il cappotto e lo scaldamani, prima di badare ai propri. E sebbene il proprio spirito femminista avrebbe dovuto ribellarsi all'idea, le piaceva il modo in cui insisteva ad aiutarla in cose semplici che poteva fare anche da sola. La sua maggiore età era stata interamente passata a prendersi cura di tutti quelli attorno a lei; perciò era carino che, per una volta, qualcuno si prendesse cura di lei. E quando aprì la porta e le prese il gomito per guidarla di fuori... beh, le piacque anche questo.

    All'esterno, l'aria era così fredda che l'impatto con essa le sembrò quello di un pugno sul petto, e Buffy ansimò per lo shock– qualcosa di cui si pentì subito, non appena il vento freddo le pugnalò i polmoni. Gettò uno sguardo verso William, il cui cappotto non era abbottonato, ma che non sembrava patire il freddo. Se non altro, sembrava leggermente arrossito mentre l'aiutava a scendere i gradini resi scivolosi dal ghiaccio.

    Non andarono distante, scesero solo gli scalini ed il marciapiede, per stare sul prato (le mattonelle erano troppo ghiacciate e scivolose per starci sopra). All'inizio Buffy tremava per il freddo, ma poi ci si abituò ed iniziò a godersi i toni chiari e dolci del coro. Non riconobbe la canzone, ma aveva un ritmo felice e vivace che poteva apprezzare.

    I saw three ships come sailing in
    On Christmas Day, on Christmas Day.
    I saw three ships come sailing in
    On Christmas Day in the morning!

    (Trad. Ho visto arrivare tre navi a vela / il giorno di Natale, il giorno di Natale. / Ho visto arrivare tre navi a vela / il giorno di Natale alla mattina!)

    “Sono davvero molto bravi,” sussurrò. Più a se stessa che a William, ma lui l'udì comunque.

    “Sono membri del coro della parrocchia locale, quasi tutti,” le rispose. “Hanno un bravo maestro.”

    Lo guardò con sorpresa.

    “Andate in Chiesa?”

    “Sì…Beh…Ci andavo una volta. Ora non più.”

    Buffy non dovette chiedergli il perché. Era nei suoi occhi e nel suo tono. Era arrabbiato per la malattia di Anne, e con chi meglio dell'Altissimo poteva essere arrabbiato? Se esisteva veramente, avrebbe potuto fare qualcosa. E se non esisteva, qual'era lo scopo di tutte quelle domeniche sprecate? Era un sentimento che capiva bene.

    “Mi dispiace,” gli disse in modo comprensivo. “Per vostra madre, intendo. Mi dispiace che sia malata. So quanto deve essere difficile per voi.”

    “Non parliamone adesso,” rispose lui velocemente, gli occhi fissi sul coro. “Non… parliamo di cose tristi.”

    Non parlarono di nulla per un po' di tempo, dopo di questo. Ma il silenzio non era sgradevole. C'era qualcosa di stranamente rilassante nello stare fuori con lui nella sera invernale. Era la stessa strana affinità che aveva provato una volta con Spike, quando erano rimasti seduti sui gradini del portico dietro casa sua, alla luce della luna. Un momento così breve e che sembrava così distante nel tempo di quello che era in realtà... e che lei ricordava con un po' di amarezza per le rivelazioni che gli erano seguite.

    Appena finì la prima canzone, il coro attaccò con la successiva, che Buffy riconobbe.

    The holly and the ivy,
    When they are both full grown
    Of all the trees that are in the wood
    The holly bears the crown…

    (Trad. L'agrifoglio e l'edera, / Quando sono entrambi ben cresciuti / Di tutti gli alberi che sono nel bosco / L'agrifoglio ne porta la corona ... )

    “Conosco questa canzone. Ce la facevano cantare nel coro, quando ero alle scuole medie. Ma nessuno di noi riusciva a tenere un tono così alto. Nessuno di noi era veramente intonato. Penso che i gatti strillassero ogni volta, quando provavamo.” Buffy sospirò e scosse la testa. “Non c'è da stupirsi che ho durato un solo semestre.”

    “Sapete che si tratta di una tradizione pagana.” William sembrava ansioso di condividere questa informazione, ma Buffy non poté fare a meno di tormentarlo un pochino e indossò un'espressione confusa.

    “Il coro delle scuole medie?” chiese.

    “No… le decorazioni con l'agrifoglio e l'edera. Era una tradizione che si usava quando si festeggiava il solstizio d'inverno. Quando le persone divennero Cristiane, credo fossero reclutanti ad abbandonare tutte le vecchie tradizioni, così trovarono un nuovo significato per alcune, come la rappresentazione del sangue di Cristo e della corona di spine nei frutti e nelle spine dell'agrifoglio.”

    “Ho sempre pensato che fosse un verso strano, essendo le bacche dello stesso colore del sangue. Non esattamente un verso gioioso per la tradizione delle feste. Tuttavia, è una bella canzone,” concesse. “Mi manca avere della musica da ascoltare.” Nessun CD nel diciannovesimo secolo, naturalmente.

    “Qualche volta–se vi fa piacere–possiamo forse andare ad uno di quei concerti che tengono al teatro Oxford o al Canterbury. Anche il teatro di St. James ospita spesso esecuzioni liriche…”

    “Non sono un'appassionata dell'opera,” disse Buffy, facendo a mente la noia che aveva provato durante l'uscita al St. James. “Ma un concerto sarebbe piacevole. Tuttavia, siete sicuro che vada bene ad Anne? So che le piace il teatro, ma non vorrei rischiare di farla ammalare di nuovo.”

    “Non–non sarebbe appropriato andare da soli.” Era la propria immaginazione, o lui sembrava rammaricato per questo?

    Buffy osservò il piccolo gruppo di cantanti senza dare una risposta. La sua espressione simulava la riflessione, ma in realtà stava ignorando di proposito il fatto che William si stava facendo sempre più vicino. I sensi di Cacciatrice le indicavano che il suo corpo era a pochi centimetri dallo sfiorare il proprio; poteva quasi sentire il calore che emanava la sua pelle. Poteva anche sentire l'attrazione che provava per lei: le sue onde la solleticavano come un vento caldo fuori stagione. E, per la prima volta in giorni, si sentì completamente sveglia, le terminazioni nervose attente e formicolanti, il cuore che batteva al ritmo del quieto respiro di lui. Fissò gli occhi sul coro e attese.

    “Forse…quando cambia il tempo…Madre sarà d'accordo nell'accompagnarci…” Il respiro di lui le solleticò i capelli dietro la nuca e la fece tremare per la sensazione inaspettata.

    La cosa strana era… che sebbene Buffy sapeva che doveva fare tutto quello che era in suo potere per scoraggiare le sue attenzioni, non poteva far altro che essere lusingata da esse. Non aveva mai avuto nessuno che l'ammirasse in questo modo: da lontano, con ammirazione. E per quanto lei cercasse di tenere le distanze, la presenza di William le era divenuta piacevole. Più gli parlava e più diveniva chiaro che lui non era una semplice versione vittoriana e dandy di Spike. Era strano e tremendamente timido; così riservato che Giles, al confronto, appariva un animale da festa. Ma non sembrava cattivo. Anzi, quando non stava balbettando ed arrossendo e facendo l'impacciato, era una buona compagnia. E se era attratto da lei, e lei ci ricavava un vago piacere... non significava niente. Naturalmente. A tutte le donne piace quando un uomo le considera attraenti.

    Giusto?
    ~*~ ~*~ ~*~



    La mattina seguente, il tavolo della colazione era stato preparato con estrema cura. C'erano candele rosse decorate con l'agrifoglio accese ad ogni angolo, porcellane dal bordo dorato e bicchieri di cristallo al posto degli articoli da tavolo di tutti i giorni. Ogni posto aveva un piccolo cracker di Natale di carta (NdT: come da tradizione natalizia britannica, è un cartoncino avvolto nella carta colorata a mo' di caramella che viene tirato alle estremità e fatto scoppiare. Leggi qui su wikipedia se vuoi saperne di più), ma al suo posto c'era qualcosa in più. Una piccola scatola piatta era stata annidata tra il piatto vuoto e le posate. Buffy guardò Anne con confusione. Sebbene in Inghilterra i regali di natale erano una tradizione già vecchia di decenni, sapeva che gli Hartley la consideravano una tradizione per bambini, non per adulti. E con quello che avevano già speso per lei in vestiti e in piccoli regali, Buffy non si aspettava di ricevere qualcos'altro.

    “Va tutto bene.” Sorrise Anne. “Aprilo e dimmi cosa pensi di quello che c'è dentro.”

    Buffy sollevò il coperchio e dette uno sguardo a quello che giaceva all'interno. Lì, appoggiato su un pezzetto di velluto, stava il più bel braccialetto che avesse mai visto. Era un mezzo cerchio d'oro pesante, della giusta misura e forma della curva del suo polso. Dei piccoli gioielli rosso scuro incastonati a gruppi di sette, formavano nell'insieme una fila di otto fiori rossi. Il braccialetto veniva chiuso da una catenina d'oro molto raffinata che correva sotto al polso e si poteva regolare. Per quanto non capisse nulla di antica gioielleria, Buffy poteva dire che il gioiello era fatto a mano ed era probabilmente molto costoso.

    “Le pietre sono granati,” disse Anne, rispondendo alla sua domanda inespressa. “E la montatura è in oro, naturalmente. Ho pensato che vi sarebbe stato bene con quel vestito color vinaccia che Mrs. Simms vi ha fatto. L'ha già finito, non è vero?”

    Buffy, che aveva sofferto l'aggiustamento di un vestito giusto la mattina precedente, annuì in modo distratto. “E dice che userà le vacanze per andare avanti col lavoro. Pensa che ne avrà almeno altri due pronti per la prossima prova. Oh, ma Anne…” I suoi occhi si allargarono per l'improvvisa realizzazione. “Non posso accettarlo.”

    “Perché no?”

    “Perché… è troppo. Avete già fatto tanto per me…”

    “Non essere ridicola, Elizabeth. Nessuno sta tenendo il conto di cosa si fa per ciascuno. E se lo facessimo, sono sicura che andremo a pari. Ma questo è solo qualcosa che ho pensato vi avrebbe fatto piacere per il vostro primo Natale a Londra. Una sciocchezza…”

    A Buffy sembrava molto più costoso di una “sciocchezza” ed esitò.

    “Non vi piace?” chiese Anne con ansia. Guardò con la coda dell'occhio il figlio, il quale si girò dall'altra parte.

    “Oh, sì. Lo adoro. E' bellissimo! E' solo che non volevo farvi sentire come - come se sentiste il bisogno di fare queste cose…”

    “Non lo penso affatto, ovviamente! Questo è un regalo fatto col cuore… non per sdebitarsi di qualcosa.”

    Gli occhi riempiti con questa rassicurazione materna, Buffy fece scivolare il braccialetto lungo la mano. Omaggiava perfettamente il suo polso sottile e sapeva che sarebbe stato un accessorio ideale per quel vestito color vinaccia. Mosse il polso a destra e a sinistra, cosicché i granati luccicarono e l'oro risplendette alla luce delle candele.

    “Come le sembra?”

    William, che non aveva proferito parola fino a quel momento, guardò Buffy attraverso il tavolo e sorrise.

    “Bellissimo,” sussurrò.

    “Non è vero?” chiese lei con delizia. Senza accorgersi che quel commento si riferiva anche a qualcos'altro oltre che al gioiello – o che forse William non intendeva essere udito.
    ~*~ ~*~ ~*~





    Dopo la colazione, William si offrì di insegnare a Buffy a giocare a scacchi come un modo per passare il tempo. All'inizio lei declinò, sostenendo che gli scacchi erano un gioco per vecchi uomini intellettuali e insistendo sul fatto che lei non era nessuna di queste tre cose e che era troppo ottusa per imparare. Tuttavia, incoraggiato dalla discussione avuta con lei la notte precedente, lui insistette fino a farla capitolare. Almeno avrebbe avuto qualcosa da fare a parte star seduta a fissare il fuoco.

    A dir la verità, Buffy era terribile al gioco quanto aveva temuto. Non riusciva a ricordare l'importanza dei pezzi, rischiando spesso la regina e la torre e rinunciando a sacrificare i pedoni. Dimenticava frequentemente anche il modo in cui i pezzi si dovevano muovere. William le ricordava continuamente che l'alfiere si poteva muovere solo in diagonale, che le torri non potevano saltare e che i pedoni potevano solo andare avanti. Insistette sul fatto che doveva focalizzare tutta l'attenzione su uno o due pezzi, mentre gli altri andavano lasciati vulnerabili all'attacco. Buffy si infastidì presto per la fila di piccoli pezzi neri che continuava a crescere a fianco del suo gomito, mentre lei aveva fallito a catturare anche solo uno dei pezzi bianchi. Tuttavia, nonostante le proprie manchevolezze, il gioco finì per piacerle e alla fine lo sfidò per un'altra partita.

    Anne sedeva davanti al fuoco a lavorare con l'uncinetto mentre loro due giocavano. Lei e Buffy chiacchieravano, mentre William restava quasi completamente in silenzio, dandole solo alcuni consigli pratici per migliorare il proprio modo di giocare. La sua fronte si corrugava in concentrazione mentre esaminava da vicino ogni sua mossa e organizzava accuratamente le proprie. All'inizio, Buffy pensò che stesse prendendo il gioco troppo seriamente, ma poi realizzò che voleva semplicemente impressionarla con la propria abilità.

    E questo gli riuscì perfettamente. Infatti, mentre Spike era conosciuto per la sua impulsività, la velocità nell'arrabbiarsi e l'incauto desiderio di vincere, William era molto calcolatore in questo finto gioco di guerra. Era acuto e veloce, ma così accurato nel suo schema mentale che anche se Buffy fosse stata un valido opponente, sarebbe stato difficile trovare un'apertura nella sua difesa. Vinceva ogni partita in un ammontare brevissimo di tempo, ma con una tale grazia che per Buffy era impossibile arrabbiarsi. Continuarono a giocare per tutta la mattinata, con Buffy che alternava bronci e risate alla stupidaggine dei propri errori, e William che sorrideva timidamente e si sforzava di trattenere i propri sforzi così da farle pensare che stesse migliorando.

    Anne sorrise in modo comprensivo quando Buffy lamentò la terza sconfitta della mattinata. “Penso che tu debba imparare a pianificare una strategia nella testa, Elizabeth. Gli scacchi sono come la guerra; non puoi mandare le tue truppe in battaglia alla cieca e sperare per il meglio. Devi anticipare!”

    “Se gli scacchi fossero come la guerra, allora sarei brava!” Sospirò Buffy, giocando insoddisfatta con uno dei bellissimi cavalieri intagliati.

    “Per che motivo?” chiese Anne, visibilmente divertita.

    “Uh–non importa. Diciamo solo che non sono molto brava ad ideare strategie come pensavo.”

    Prima che qualcuno avesse la possibilità di replicare, il gong annunciò il pranzo. William si alzò in piedi, offrendo a Buffy la propria mano.

    “Penso che voi siate piuttosto brillante,” disse mentre l'aiutava ad alzarsi. “Siete solo nuova a questo gioco.”

    Questo l'avrebbe fatta sentire meglio, se solo Anne non avesse fatto improvvisamente un colpo di tosse che sembrava proprio una risata mascherata.

    “Ok, ho capito! Non sono ‘brillante’ agli scacchi. Ma il mio entusiasmo vale almeno qualche punto, non è vero?”

    “Naturalmente,” disse Anne in modo scherzoso.

    Afferrò il gomito di Buffy con una mano e quello di William con l'altra e, camminando in mezzo a loro, si diressero insieme alla sala da pranzo.

    ~*~ ~*~ ~*~



    Il pranzo di Natale fu così piacevole che lasciò Buffy stranamente piena di ottimismo. Va bene, Willow non era ancora riuscita a riportarla a casa, ma alla fine ce l'avrebbe fatta. E c'erano posti davvero peggiori di una villa dove risiedere. C'erano persone peggiori degli Hartley con cui stare. Quella notte, Buffy si coricò con l'umore migliore che avesse avuto da quando era arrivata a Londra.

    Ma naturalmente non durò.

    E, insolitamente, il catalizzatore di questo repentino cambiamento d'umore fu una festività di cui lei non aveva nemmeno mai sentito parlare. A Londra -come in tutta la Gran Bretagna – il giorno dopo Natale era chiamato il Boxing Day. Era un giorno in cui le case dei signori benestanti venivano aperte ai poveri, e l'unico giorno dell'anno in cui il mendicare non veniva giudicato male. Frotte di persone batterono alle porte della servitù, portando con sé una scatola riempita a metà con cibo e oggetti di vestiario. Durante tutta la mattina ed il pomeriggio, Mr. Edward distribuì pazientemente cibo in scatola e una moneta per ogni uomo, donna e bambino che passava. Ricevettero inoltre una piccola tortina fatta e congelata per lo scopo, da mangiare per strada. Nonostante l'apparenza rude, la maggior parte dei mendicanti sembrava gentile, benedicendo a Dio Mr. Edward e gli Hartley in modi stravaganti, prima di dirigersi verso la prossima casa e la prossima raccolta di offerte.

    Nonostante il giorno fosse dedicato alla generosità degli uomini benestanti, la presenza degli uomini benestanti in casa non era necessaria. William aveva seguito la tradizione e quella mattina era andato alle corse, ma era evidente, guardandolo, quanto per lui fosse un peso e non un piacere. Anne, nel frattempo, aveva trascorso la maggioranza del tempo in camera, leggendo e riposando. Diede a Buffy il giorno libero, per fare quello che più desiderava, il che inizialmente sembrò una buona cosa. Ma senza aver niente da fare, Buffy si annoiò presto e iniziò a girovagare per la casa senza una meta precisa. Passò per le cucine della servitù, ma l'atmosfera era troppo chiassosa per i suoi gusti. Tutto il personale stava ancora festeggiando, e siccome al momento né il padrone né la padrona di casa richiedevano i loro servizi, il personale poteva starsene ad oziare. Buffy fu sorpresa di notare che il decoro delle classi superiori non si estendeva sempre anche ai loro servitori. Il domestico del piano inferiore e la donna di servizio del retrocucina, in particolare, lo dimostrarono quando furono scoperti a bere alcolici di nascosto nell'armadio delle scope, vicino alla cucina. Affatto impressionata da questa mancanza di contegno, (Dio, non era diventata Vittoriana fino a quel punto), Buffy lasciò la cucina della zona servile non appena ci aveva messo piede.

    Stava giusto per salire la scalinata, quando una voce profonda e piacevole la chiamò in segno di saluto. Era Matthew, il capo stalliere nonché il cocchiere, la stessa persona che l'aveva portata in casa quel suo primo giorno. Stava seduto sopra una cassa, appena al di fuori dell'ampio pianerottolo della scala, fumando una pipa e intagliando un pezzo di legno. Buffy fu sorpresa nel vederlo; pensava che, quella mattina, William l'avesse incaricato di portarlo a vedere le corse.

    “Salve, Miss Elizabeth. Non è facile trovarvi nell'ala della servitù. Che cosa ci fate quaggiù con la marmaglia?” I suoi occhi ballavano divertiti, addolcendo il taglio delle sue parole.

    “Oh…sto solo cercando qualcosa da fare. In casa c'è un silenzio di tomba. Avevo bisogno di fare una camminata o sarei diventata pazza.”

    Matthew sorrise con sarcasmo.

    “Non è così tranquillo, direi, con ogni vagabondo di due contee che viene a mendicare alla porta.”

    “Sì, beh. Mr. Edward si sta occupando della maggior parte di loro. Wil–Mr. Hartley è via da qualche parte e Anne sta dormendo nella propria camera. E il resto della servitù...” Vacillò.

    “Si sta dando ai bagordi, come posso ben sentire. Perché non vi unite a loro?”

    “E voi, perché non lo fate?” ribattè lei sulla difensiva.

    “Prima di tutto, pensavo che avrei guidato, ma Padron William questa mattina ha preferito la sella alla carrozza. Inoltre, ho una moglie a cui non piace troppo l'idea che io beva e mi dia ai bagordi con gli altri. Vedete, il bere non va molto d'accordo con me. Perciò, sono arrivato dalle stalle giusto per scaldarmi un po'.”

    “Oh. Beh… Io invece non lo conosco molto bene. Il resto della servitù, intendo. Sono stata lì per un poco, ma è stato…strano…”

    Lui annuì distrattamente.

    “Ho notato che gli Hartley hanno qualcosa in progetto per voi. Tutto il meglio per voi, ma immagino che non renda facile fare amicizia con le altre donne. Sono tutte gelose di voi, sapete.”

    “Perché Anne è così gentile con me? E' gentile anche con loro.”

    “Sì, sebbene in un modo leggermente differente. Ma credo che sia stato Padron William a mettere contro di voi i loro cuori femminili.” C'era una nota di scherno nella sua voce.

    “William?” fece eco Buffy, senza capire. “Che cosa ha fatto?”

    Matthew inclinò la testa, studiando il suo lavoro finito a metà con un occhio critico. Passarono un momento o due prima che rispondesse alla sua domanda.

    “Vi ha dato quel bel braccialetto, non è vero? Penso sia una ragione più che sufficiente per essere gelosi.”

    “No, il braccialetto era da parte di Anne. Me l'ha dato come regalo di natale…” La voce di lei si dissolse in un soffio mentre Matthew le sorrideva con scetticismo.

    “E' questo quello che vi hanno detto? Mi fa pensare. Tuttavia, è stato Padron William a sceglierlo ed è stato Padron William a pagarlo. Lo so, perché l'ho portato io stesso in carrozza dal gioielliere e l'ho aspettato fuori mentre faceva il suo acquisto. Ha pensato a lungo prima di prenderlo, giudicando dal tempo che ha trascorso all'interno del negozio.”

    Aggrottando la fronte, Buffy scosse la testa. “Ma…non ha alcun senso.”

    “Perché no?”

    “Beh, perché me l'avrebbe dato? Lo conosco appena.”

    “Eppure sembra molto preso da voi.” Matthew sogghignò alla sua espressione meravigliata. “Forse non ve ne siete ancora accorta, ma... Il resto di noi, comunque...”

    “Perché Anne avrebbe detto che era da parte sua, allora?”

    “Naturalmente, egli non voleva offendervi, facendo qualcosa di così inappropriato come donarvi un regalo molto costoso. Inoltre, sapeva che voi non l'avreste accettato, neppure nel caso in cui non vi foste offesa. Immagino che abbia chiesto a sua madre di darvelo al posto suo proprio per questo motivo.”

    “Qual'è lo scopo di fare una cosa del genere? Perché disturbarsi così tanto, per poi non prenderne il merito?”

    “Forse voleva solamente farvi piacere,” suggerì Matthew. “E in questo ha avuto successo, non è vero?”

    “Beh…sì,” disse lei a disagio. “Voglio dire che mi piace, ma sarebbe stato diverso se me l'avesse dato lui, invece che Anne. Non penso che dovrei tenerlo.”

    “Perché non dovreste?”

    “L'avete detto voi stesso che è inappropriato!”

    “Ci sono molti uomini che darebbero un regalo costoso ad una giovane donna, aspettandosi poi qualcosa in cambio. Scusatemi per la franchezza, ma è così. Padron William, dal canto suo, non vuole nemmeno farvi sapere che è stato lui a farvelo. Perciò dubito che dobbiate preoccuparvi. Non nego che si sia affezionato a voi, ma dubito che avrete dei problemi con delle advances non volute. Il Padrone è un uomo buono. Un gentiluomo. Gran parte delle donne che lavorano in questa casa vorrebbe essere al vostro posto.”

    Buffy stava giocherellando nervosamente con il braccialetto senza accorgersene. “Perché mi state dicendo questo? Se lui non vuole che nessuno lo sappia…”

    Alzando le spalle, Matthew batté leggermente sulla pipa per far cadere le ceneri raffreddate. “Non intendevo angosciarvi. Ho solo pensato che avreste preferito saperlo. Nella vostra posizione, potrebbe essere vantaggioso, permettere che il suo affetto per voi si sviluppi.”

    “Vantaggioso…in che modo?” chiese lei.

    Matthew scosse la testa per la sua ignoranza. “Per il vostro futuro,” disse. “Mrs. Anne è probabilmente la donna più dolce del mondo, ma è molto malata. Quando morirà... che cosa accadrà di voi?”

    Non ci aveva pensato. Eppure, a sentirlo dire in quella maniera così brutale, Buffy si infastidì molto. Si rivolse a Matthew aggrottando la fronte. “Non importa quello che accadrà, non ho l'intenzione di prostituirmi per poter restare qui.”

    Lui alzò un sopracciglio, chiaramente sorpreso per la sua mancanza di tatto. “Non stavo certamente alludendo a delle relazioni illecite.”

    “Beh, non mi venderei comunque, nemmeno per delle relazioni non-illecite,” ribattè bruscamente lei. “Non voglio lui o il suo 'affetto'. Se avessi saputo che il braccialetto veniva da lui, non l'avrei mai accettato.”

    “Glielo avreste restituito?” C'era una lieve sfumatura di divertimento nel suo tono e Buffy sapeva che la stava solo prendendo in giro. Tuttavia, la confusione combinata con l'imbarazzo aveva alterato il suo umore, e rispose arrabbiata:

    “Certo che lo farò! Non appena arriva a casa!”

    “Ah, suvvia.” Il tono di Matthew era diventato serio. “Non fatelo; offendereste i suoi sentimenti.”

    “Non me ne frega niente!”

    E detto ciò, roteò i tacchi e partì per le scale.

    Per coincidenza, William stava giusto rientrando in casa dalle corse nel momento in cui lei attraversò l'entrata, ma nonostante la precedente determinazione ad avere un confronto con lui, Buffy fu investita all'improvviso da un'ondata d'imbarazzo. “Uh, salve.”

    “Buongiorno,” disse lui educatamente. Sembrava infreddolito e arruffato dal vento, e quando il maggiordomo venne a togliergli il cappotto, poteva vedere che stava tremando. Buffy sentì la roccia della propria risoluzione iniziare a crepare e, invece di gettargli il braccialetto in faccia come aveva pianificato, gli chiese, “Dunque…umh…come sono andate le corse?”

    Vigliacca, pensò di sé. Ma lui le sorrise con calore.

    “Piuttosto fredde e prive di entusiasmo, se volete la mia opinione. Ma il resto della gente sembrava apprezzarle.” Fece una pausa. “E voi? Come avete passato la vostra giornata? Vi siete divertita?”

    “Oh, certo. Ho avuto tonnellate di divertimento. Credo di aver passato la metà del giorno a contare le piastrelle del soffitto. Non avrei mai pensato di dirlo, ma preferisco il lavoro al riposo. Voi ragazzi avete delle serie mancanze nel campo dell'intrattenimento personale.”

    William sembrò offeso da ciò.

    “La biblioteca –” iniziò. Sembrava così ansioso che la spaccatura nella determinazione di lei divenne una crepa talmente larga da farci passare un'automobile, e il suo cuore si ammobidì.

    “La biblioteca è strepitosa e tutto il resto.” Gli diede l'accenno di un sorriso. “Ma c'è un limite a quanto Charles Dickens una persona può leggere, e penso di aver raggiunto il mio. Ad ogni modo, anche interagire con le persone in tre dimensioni può essere interessante. Ho provato a conoscere meglio qualcuno degli altri servitori, ma...”

    “Oh, non socializzate con il personale delle cucine. E' molto grezzo.”

    “Già. L'ho scoperto nel modo peggiore,” disse mestamente. “Tra l'altro, potreste voler far strofinare a fondo l'armadio delle scope dabbasso. Ha lo sgradevole puzzo della fornicazione.”

    Lui arrossì visibilmente e guardò da un'altra parte. Buffy scosse la testa. C'erano veramente troppi taboo in quello stupido secolo.

    “Mi dispiace,” gli disse. “Non intendevo dirlo in quel modo. Cioè, l'armadio ha veramente bisogno di una bella pulita. Ma immagino non intendessi dirlo proprio con quelle parole.” Fece una pausa. “Vi piace il mio braccialetto?”

    Ok, non era stato il modo più furbo per introdurre l'argomento, ma era servito allo scopo. Ed era la sua immaginazione, o l'espressione di William era diventata improvvisamente circospetta?

    “Io–Io penso che sia molto appropriato.”

    “Appropriato?” gli fece eco. Lui deglutì.

    “Amabile, volevo dire. Come lo siete voi.”

    Che Gesù l'aiutasse, questa non era assolutamente la direzione che il loro discorso doveva prendere. Provò a mettere più distanza tra loro, almeno fisicamente, ma si accorse di essere già con la schiena contro il muro dell'entrata.

    “Davvero amabile,” balbettò lei nervosamente. “Il braccialetto, intendo. E'–”

    “Sì,” disse lui, sembrando confuso dalla propria ansia. O terrorizzato da essa. Era difficile da dire.

    “E' stato davvero carino da parte di vostra madre,” continuò Buffy. “Anne, intendo. Vostra madre.”

    Lui sembrava molto confuso. “Sì. Volete che glielo riferisca?”

    “L'ha scelto lei?”

    “Beh–”

    “Non sarebbe la stessa cosa per me, se non l'avesse scelto lei.”

    Questo era veramente un colpo basso. Non intendeva dirglielo a quel modo, e lui restò sbalordito per un momento, come se l'avesse schiaffeggiato.

    “Oh,” disse lui. E, nel tempo di un battito di ciglia, ritornò quell'espressione contrita ed educata. Si schiarì la gola. “L'ha scelto proprio lei.”

    Che gran bugiardo, pensò Buffy. E allora, perché era lei a sentirsi come qualcosa di viscido che era appena strisciato fuori da sotto una roccia? Non aveva deciso di scoraggiarlo? Non aveva affatto bisogno di incoraggiare qualsiasi affetto lui potesse avere nei suoi riguardi. Stava per morire; stava per trasformarsi in Spike. Era…rivoltante. Eppure, nonostante questo, provava stranamente il desiderio di ritrattare ciò che aveva detto.

    “E'–e' molto bello,” balbettò. “Mi piace molto. Voglio dire… conta molto per me.”

    “Glielo riferirò.” Lui sembrò così triste che la parte buona in lei si fece tanto piccola per la vergogna e cercò un modo improvvisato per rimediare.

    “Vorreste giocare un po' a scacchi? Se non siete impegnato, intendo. Se vi fa piacere.”

    “Io…Mi farebbe molto piacere,” disse con un filo di voce.

    “Anche a me,” disse Buffy. E, che Dio l'aiutasse, lo pensava davvero.

    Non capiva solo il perché.

    TBC


    Note finali

    “Certo. Al sicuro come in un inferno di fuoco*, forse.”

    Qui l'autrice usa “Towering Inferno”, facendo riferimento al film del 1974, che letteralmente significa “torre di fuoco/infernale”. Il titolo del film è diventato “L'inferno di Cristallo” per il pubblico italiano.

    Edited by kasumi - 25/6/2015, 14:50
     
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    Oh mamma...ma hai postato?!!! Non me ne ero accorta, appena ho un attimo corro e leggo,spero davvero che riusiate a finire di tradurla...perchè è semplicemente straordinaria!!!!!
     
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  11. kasumi
     
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    CITAZIONE (spuffy.77 @ 19/1/2015, 11:17) 
    Oh mamma...ma hai postato?!!! Non me ne ero accorta, appena ho un attimo corro e leggo,spero davvero che riusiate a finire di tradurla...perchè è semplicemente straordinaria!!!!!

    Ciao Stefy!!
    L'idea è quella, mancano solo altre 500 pagine XDDD




    Comunque adesso che Amaya mi sta dando una mano, spero che riusciremo a postare più spesso.

    Baci!
     
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    500 pagine???
    Cavoli!!!!
    Va be dai senza fretta prima o poi sono sicura che si riuscirà a farcela!!!!
     
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  13. kasumi
     
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    lol
    è un'impresa titanica, lo so.. ma la fic ne vale la pena :)

    ma poi l'hai letto il capitolo? adesso che Buffy interagisce con William, è la parte più dolce e spensierata della fic *_*
     
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    Ok...l'ho recuperata tutta, e devo dire che è verissimo lei non riesce assolutamente ad essere la Buffy stronza .
    Lui è di una tenerezza assoluta e lei mi sa che combatterà inutilmente contro il suo cuore!!!!
    Bella bella e spettacolare!!!!!!!
     
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  15. kasumi
     
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    Mhh, ha ancora tempo per essere stronza ^^
    Il prox cap invece è ancora più dolce!!! E' uno dei miei preferiti!! awww
    Spero di postarlo presto :))
     
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587 replies since 8/2/2013, 14:59   8241 views
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