**Fate - Il potere del destino**

di Ardespuffy - Completa

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    Title: Fate
    Author: **Ardespuffy**
    Written: primavera/estate 2006
    Disclaimer: tutto appartiene a me, a Joss Whedon, alla Mutant Enemy & co. Non a scopo di lucro.
    Feedback: sempre graditissimo a [email protected]
    Pairing: Spuffy 4ever!
    Time: per BtVS, un anno e mezzo dopo “Chosen”. Per Ats, 6 mesi dopo “Not fade away”.
    Spoiler: grossi spoiler sulla 5^ serie di Ats.
    Rating: R
    Subject: è passato ormai molto tempo dagli eventi che hanno portato alla distruzione di Sunnyhell. I suoi vecchi abitanti si sono rifatti una vita – una vita “normale”?? Ma se il Fato ci mette lo zampino… una scoperta può stravolgerti la vita.

    NOTA: Alcuni elementi potranno risultare poco credibili, ma… siate clementi, è la mia prima FF!






    Cleveland – Com’eravamo h 11:15 P.M

    L’aria calda e secca, opprimente, le toglieva il fiato. Non un alito di vento scuoteva l’immobile notte estiva. Il silenzio, poi, l’assordava. Possibile che la quiete avesse il rumore della tempesta?
    L’unico suono che riempiva l’aria era quello ben noto dei suoi passi, quel calpestio d’erba che sapeva di antico. Di tempi e luoghi lontani, di ricordi sopiti, ma mai del tutto cancellati. Ricordi di un’altra vita.
    La sua figura snella si aggirava leggiadra tra le lapidi scure. Certe cose, pensava, stringendo più forte il paletto nella mano destra, non sarebbero mai cambiate. Altre, invece, erano mutate per sempre: irrimediabilmente, dolorosamente trasformate.
    Sunnydale. Un nome dal sapore infernale. Quanta rabbia, gioia, paura e dolore erano legati a quella maledetta città! Quante volte aveva sognato di fuggire. Di scappare da quella vita troppo dura da vivere, da quella realtà così difficile da credere, eppure tragicamente vera. Aveva desiderato così ardentemente di non appartenere a quel luogo… e poi…era finita. Lo scenario di tutta una vita, ad un tratto, era crollato. Niente più ronda, né armi, né apocalissi, né demoni, mostri o vampiri…niente più Cacciatrice. Già, adesso non era più l’unica. La Prescelta non c’era più: era stata rimpiazzata da un vero esercito di efficienti, quanto inesperte, ammazza-vampiri alle prime armi. Piene di forza e di entusiasmo, ma ancora del tutto impreparate a ciò che le attendeva. Come Madison.
    Quando il signor Giles le aveva telefonato, chiedendo il suo aiuto per una cosa, a detta sua, importantissima, Buffy aveva esitato a lungo prima di accettare. Lei, allenare una Cacciatrice? Proprio lei che, in passato, si era ribellata con tutta l’anima alle imposizioni del Consiglio, ora si trovava a lavorare per loro! Paradossale. Ma il signor Giles aveva bisogno di lei… e poi, la sua vita a Roma non aveva più molto da offrirle. Così, aveva deciso di riprendere i panni della guerriera notturna. Bentornata alla Bocca dell’Inferno, Cacciatrice! Ci sei mancata.
    Cleveland, dove si era trasferita per allenare Madison, era molto diversa da Sunnydale. Pur essendo situata su un’altra Bocca dell’Inferno, era infinitamente più tranquilla della sua vecchia città. Tanto per cominciare, in quella zona c’era (ovviamente) un’impressionante concentrazione di giovani Cacciatrici, che ogni notte uscivano per la ronda; c’era quasi da provar compassione per i demoni e i vampiri locali… non avevano “vita” facile!
    Spesso, Buffy si era chiesta se ci fosse veramente bisogno di lei. Una volta aveva trovato il coraggio di chiederlo al signor Giles, e lui le aveva risposto che forse non era più necessaria come Cacciatrice, ma sicuramente nessuno, meglio di lei, poteva insegnare qualcosa a quelle giovani ed inesperte guerriere.
    Infatti il Consiglio aveva ritenuto impossibile attivare un osservatore per ogni singola Cacciatrice; così, era stata chiesta la collaborazione di alcune “vecchie glorie” di Sunnydale e dintorni. Anche Faith si era lasciata incastrare: era tornata a Boston, la sua città, dove ora allenava una quindicenne volubile e iperattiva. Robin Wood, che contro ogni possibile previsione era diventato il suo attuale ragazzo, viveva con lei.
    Dopo aver affrontato l’ultima Apocalisse insieme, infatti, l’intero gruppetto si era smembrato. Giles era tornato in Inghilterra, dove attualmente addestrava ben 3 adolescenti contemporaneamente: nelle numerose telefonate che intercorrevano tra loro, l’osservatore si era spesso lamentato della sua situazione con Buffy. “Quelle ragazzine mi faranno diventare matto!” ripeteva in continuazione, con quel suo tono sempre impeccabilmente inglese.
    Willow si era concessa un lungo viaggio “low coast” in compagnia di Kennedy, dal Brasile a Vancouver. Era stata una vacanza meravigliosa, ma…dopo mesi di idillio, qualcosa si era spezzato fra le due. Così Kennedy si era trasferita a Washington, e Willow a San Francisco, dove si era appena laureata in Scienze delle comunicazioni.
    Andrew aveva scelto di vivere con Buffy e Dawn, a Roma. Ma, quando le due sorelle erano tornate in America, si erano separati. Il ragazzo aveva preferito restare in Italia.
    Xander… Pensare a lui, inevitabilmente, le faceva riaffiorare alla mente ricordi intrisi di dolore. Tutti avevano pagato un prezzo. Sette anni di lotta contro il male avevano lasciato indelebili cicatrici sulla pelle di ognuno. Ma Xander, il suo migliore amico, quello che si era sempre fatto in quattro per lei… lui, più di tutti gli altri, n’era uscito sconfitto. Sopravvivere non poteva bastare. Aveva perso un occhio, certo, ma quello era stato il male minore. Il suo cuore era morto sotto le macerie, insieme a lei.
    Anya. La donna che gli aveva insegnato ad amare, e che lui aveva impunemente ferito. Si erano fatti del male a vicenda, in un’infinita altalena di ripicche e vendette… e proprio quando cominciavano a pensare di avere ancora un futuro, lei se n’era andata. Era impossibile dimenticare il suo sguardo mentre, parlando con Andrew, lentamente capiva. Mentre l’atroce consapevolezza di averla persa per sempre si faceva strada in lui. Tuttavia, aveva cercato di reagire. Di ignorare quell’opprimente sensazione alla bocca dello stomaco che, giorno dopo giorno, ogni volta che la cercava con lo sguardo senza trovarla, si impossessava della sua anima. Ma non era servito. Non l’avrebbe mai dimenticata. E, in fondo, non voleva. Il suo ricordo, per quanto doloroso che fosse, era una nota di dolcezza nella sua vita, ormai così vuota. Lo aiutava ad andare avanti.
    Di colpo, qualcosa la distolse dai suoi pensieri, riportandola improvvisamente alla realtà. Qualcosa aveva attirato la sua attenzione. Buffy si guardò intorno, ferma, concentrata, gli occhi verdi scrutavano attenti, soffermandosi su ogni piccolo particolare.

    E fu allora che la vide.
    Un’ immagine così dolorosamente familiare.

    Dannati ricordi.

    Ormai stava tremando. Gli occhi spalancati fissavano, come ipnotizzati, un piccolo edificio di pietra grigia, con delle strane incisioni - probabilmente in latino - sullo stipite della porta.

    Una cripta.

    Possibile che non l’avesse mai notata prima?
    Non che ci fosse qualcosa di strano… insomma, era normalissimo trovare una cripta in un cimitero, ma…
    Avanzò lentamente, con passi insicuri, come spinta da una forza invisibile. Prima ancora di rendersene conto, fu davanti la massiccia porta di pietra.
    Ricordi.
    Dagli occhi verdi, luminosi come stelle, scivolarono piccole gocce di luce. Le labbra assaporarono quel salato dolore, quelle lacrime cariche di rimorsi, rimpianti, solitudine, nostalgia.
    Così piene di lui.
    La mano si sollevò contro la sua volontà, posandosi delicatamente sulla fredda porta che le stava di fronte. Una fuggevole carezza destinata a qualcuno che non poteva più riceverne.

    Dio, quanto mi manchi.

    Per un attimo ebbe l’impulso di spingere quella porta ed entrare. Ma si fermò.

    “Puoi sederti, se vuoi. Sono i tuoi mobili. Anche di sotto adesso è molto chic…”

    Non avrebbe resistito.

    Dannati ricordi.

    Di colpo, un fruscio alle sue spalle. Stavolta sapeva di non essersi sbagliata.
    Buffy si allontanò di scatto da quel maledetto blocco di pietra, che aveva saputo risvegliare in lei tante antiche emozioni, e si voltò.

    Non vide nessuno, ma lei sapeva.
    Qualcuno la stava spiando.




    Los Angeles – Una scoperta h 2:50 P.M

    Il telefono squillava senza che nessuno si preoccupasse di rispondere.
    Bè, forse non proprio nessuno.
    “Angel! Dannazione…”. Spike irruppe furioso nell’ufficio in cui si trovava quel dannato apparecchio, trovandolo vuoto. In quel momento il telefono smise di suonare.
    “Alison! Dove diavolo è Angel?” abbaiò Spike uscendo in corridoio.
    Una ragazza alta e slanciata, dai lunghi capelli neri e ammalianti occhi scuri, vestita di un costoso quanto succinto tailleur blu cobalto, sopraggiunse senza apparente fretta in cima alle scale, trovandosi faccia a faccia con Spike.
    “Il capo non c’è. Non è venuto in ufficio.” rispose pacatamente la brunetta.
    Spike dovette fare un enorme sforzo per restare calmo: “Si, Alison, questo lo vedo. Quello che mi piacerebbe sapere, è dove si trovi esattamente e, se non ti dispiace, anche perché non è venuto al lavoro.” disse, scandendo lentamente le parole, come se parlasse ad una bambina.
    “Non lo so dov’è, Spike. Perché non provi a cercartelo da solo, una volta tanto? Io ho altro da fare” fu la pronta replica della ragazza.
    Per Spike, assumere Alison Summers come nuova segretaria era stato un grandissimo errore. L’aveva odiata sin dal primo giorno che aveva messo piede in ufficio. Tanto per cominciare, era una ragazzina (probabilmente era da poco diventata maggiorenne), anche se faceva di tutto per apparire più adulta e sofisticata. Come tale, era una vera incompetente, ed era anche di un’insopportabile boria. In più, il modo in cui continuava a fare gli occhi dolci ad Angel, lusingandolo chiamandolo “capo”, era a dir poco rivoltante. E la cosa peggiore era l’atteggiamento di Angel, che la trattava con immotivata indulgenza, senza preoccuparsi della superficialità con cui svolgeva il suo lavoro.
    Ma il vero, inconfessabile motivo che l’aveva portato a detestare quella ragazza sin dall’inizio, senza averla mai neanche incontrata…era il suo cognome.

    Summers.
    Quanto poteva essere crudele il destino?
    Nessuno aveva il diritto di portare quel nome, nessuno…
    Tranne lei.

    Dio, quanto fa male.

    “Di grazia, perché cerchi il capo?” la voce insistente della segretaria lo riscosse.
    “Avevo bisogno di un file… un nuovo cliente” tagliò corto Spike “Speravo che me lo desse Angel, così avrei evitato di mettere piede in quella specie di ripostiglio… Ma non importa. Lo troverò da solo.”
    L’ufficio del “capo” era il più grande (naturalmente) e il più disordinato. Non si trattava solo di qualche fascicolo fuori posto, tutt’altro: il caos che regnava nella stanza era tale da spaventare. Si diceva che, in quell’ufficio, fosse possibile trovare qualunque cosa.
    “Allora, buona fortuna!” concluse Alison, sarcastica, voltandogli le spalle per andare nel suo ufficio.
    “Alison!” Spike sorrise, dentro di sé. Non poteva rinunciare al piacere di avere sempre l’ultima parola. “Se squilla il telefono, è compito della segretaria rispondere!” aggiunse, in tono eloquente.
    Alison gli lanciò un’occhiata carica di astio, e non si prese nemmeno il disturbo di rispondergli. Si voltò di nuovo e scomparve oltre una porta di legno. Spike sorrise, beffardo, mordendosi le labbra.

    Certe cose non sarebbero mai cambiate.

    Entrato nell’ufficio di Angel, si chiuse la porta alle spalle e, guardando sconsolato l’enorme pila di fogli accumulati sulla scrivania di mogano, sospirò. “Cominciamo!” si disse, avvicinandosi rassegnato.
    Iniziò a sfogliare fascicoli su fascicoli, in quella che sembrava una ricerca disperata. Stava quasi per perdere la speranza, quando qualcosa attirò la sua attenzione, distogliendolo dalla sua attività.

    Tra le pagine di una vecchia rivista d’arredamento, c’era…un foglietto.
    O quasi.
    Aggrottando le sopracciglia, perplesso, Spike prese il rettangolo di carta azzurrognolo e se lo portò al viso.
    Era un biglietto aereo.
    Un biglietto aereo andata e ritorno, intestato a… Liam Harrison. Il nome che c’era sui documenti falsi di Angel.
    Spike corrugò la fronte, confuso. “Che diavolo…?” pensò. La sua attenzione corse alla data della partenza. Ciò che vide lo lasciò interdetto.

    Angel sarebbe partito il giorno dopo.



    Cleveland – Sorpresa h 11:30 P.M

    Le lacrime si erano come ghiacciate, sul volto abbronzato della Cacciatrice. Non poteva permettersi di lasciarsi andare. Non durante la ronda.
    Non quando qualcuno la stava seguendo.
    Riusciva a percepirlo. Nascosto da qualche parte, ma molto vicino… un uomo.
    Avanzò lentamente, schivando le lapidi, attenta anche al più piccolo suono rivelatore.
    E poi una voce la sorprese alle spalle.

    “Buffy?!!”
    La Cacciatrice trasalì e si voltò di scatto. Non sapeva spiegarsi il perché, ma…sentendosi chiamare, il cuore le era balzato in gola, battendo così forte da assordarla.
    Quante volte aveva già vissuto una scena simile... Lei, il cimitero, il paletto, un rumore sommesso, lei che si voltava e poi…

    Lui.
    Così immensamente lui.

    Dio, quanto mi manchi.

    Ma non questa volta. Stavolta no.
    La voce che aveva sentito aveva un qualcosa di familiare…qualcosa collegato ad un passato ormai remoto.
    E quando si voltò capì perché.

    Stesso corpo minuto. Stessa camicia a quadretti. Stesso cerchietto all’orecchio. Stessa zazzera di capelli rossi.

    Buffy spalancò gli occhi, incredula.
    La persona che le stava davanti era forse l’ultima che si aspettava di trovare lì.

    “Oz??!!”



    Los Angeles - Incancellabile h 3:10 P.M

    Cleveland. Il giorno dopo Angel sarebbe partito per l’Ohio, e nessuno ne era al corrente.
    Perché?
    A stupirlo non era tanto la partenza in sé…quanto la segretezza che avvolgeva l’intera situazione.
    E poi, cosa c’era a Cleveland? Cosa lo spingeva ad andarci… senza peraltro dire niente a nessuno?
    C’era qualcosa che non tornava.
    Spike esaminò con maggiore attenzione il biglietto della nota compagnia aerea. Nessun dubbio.
    Eppure…
    Spike aveva la sensazione che qualcosa fosse proprio sotto il suo naso, ma non riusciva a vederla.
    Come colto da un presentimento, riprese in mano la rivista in cui aveva trovato il biglietto, alla ricerca di indizi. Ormai il file di quel nuovo cliente, il motivo per cui entrato nella stanza, era stato dimenticato.
    All’inizio non trovò nulla. Sfogliava le pagine patinate senza che niente catturasse la sua attenzione.
    Poi lo vide. Dopotutto il suo istinto non poteva sbagliare.
    In fondo ad una pagina, lungo il margine bianco del foglio, c’era una scritta. La grafia era quella di Angel. Solo poche parole, ma Spike sentì di aver trovato quello che cercava.

    Oz (Clev)
    **********



    Un semplice nome, seguito da un numero di telefono. Ma ciò che lo colpì fu quello che era scritto in parentesi. Cleveland. Chiunque fosse questo Oz, probabilmente c’entrava qualcosa con la partenza di Angel.

    Ehi!
    Aspetta un attimo.
    Pensa, Spike, pensa.
    Oz?
    Dov’è che aveva già sentito quel nome…?

    E, in un attimo, fu come se un’ondata di lava incandescente lo travolgesse, bruciandogli l’anima.

    Quell’anima che aveva riavuto indietro… solo per lei.

    Proprio per lei.

    Lei, che, prepotente, continuava a riaffacciarsi nella sua vita, anche se adesso non ne faceva più parte. Anche se adesso apparteneva ad un altro.

    Un altro che, n’era certo, non l’avrebbe mai, mai amata come faceva lui. Un altro che l’avrebbe guardata senza veramente apprezzare ogni suo singolo gesto… senza cogliere l’infinita armonia dei suoi movimenti… senza rispecchiarsi in quella scintilla che le illuminava il volto quando combatteva. Un altro che non l’avrebbe mai capita.

    “Ho visto il meglio e il peggio di te, e ho capito con totale certezza quello che sei. Sei un diavolo di donna. Sei l’unica, Buffy”

    Senza rendersene conto, si era ritrovato a stringere i pugni, così forte da farsi male. Tremava.
    Quanto si odiava. Perché, perché diavolo era così debole? Perché gli bastava solo pensarla, per sentirsi bruciare dentro? Perché non riusciva a reagire, ad andare avanti?
    Lo sapeva. Sapeva bene perché.
    Perché senza di lei, non valeva la pena di farlo. Lei era stata la sua spinta, la sua forza, lei lo aveva portato a cambiare, a vivere, a reagire, a rialzarsi sempre. A suo modo, certo, ma lei lo aveva aiutato.
    Lo aveva salvato.
    Aveva visto dentro di lui, dimenticando il mostro, il Sanguinario; ed era rimasto solo William.
    Lei aveva creduto in lui, ma soprattutto, gli aveva insegnato a credere, per primo, in se stesso; lei gli aveva dato la sua fiducia, incondizionatamente, senza riserve.

    “Sei il mio campione, Spike”

    Lui, che non aveva mai creduto di poter diventare un uomo, aveva ottenuto la stima, la comprensione, l’…

    No.
    Non l’amore.

    Era ridicolo anche solo pensarlo. Lei non poteva amarlo, l’aveva detto chiaro e tondo, in moltissime occasioni, ogni volta stracciandogli il cuore.


    “Ti sto usando. Non posso amarti. Sono… debole, sono egoista…” “Mi sono mai lamentato?!” “…e mi fa male! Ma purtroppo sono così. Mi dispiace… William”

    Quelle parole lo avevano segnato per sempre. Era la fine di quello che, per lui, era stato un sogno, per lei un incubo. La Cacciatrice che, rammollita dopo la resurrezione, cercava conforto tra le braccia di un animale… un demone… un mostro.

    “Non hai un cuore, non hai un’anima, non hai coscienza! Sei…arido dentro!”

    “Tu non sei un uomo. Sei una cosa. Una cosa disgustosa e cattiva!”

    Hai ragione, tesoro. Sono solo un mostro. Un…morto. Niente di più!
    Ma allora perché provo…questi sentimenti…per te? Perché riesco ad amare, a gioire, a soffrire…a piangere! Ti rendi conto di cosa significhi tu per me?!
    No, Buffy. Tu non capisci. Per lungo tempo non mi hai nemmeno creduto, quando dicevo di amarti. Anzi, la sola idea ti disgustava.

    “Spike…l’unica possibilità che hai avuto con me è stato quando ero priva di sensi!”

    Eppure…
    Qualcosa era cambiato. Lui aveva riavuto indietro la sua anima e lei…non era più stata la stessa. All’inizio era stata dura. Dopo quello che le aveva fatto… tentato di fare… era stato difficile recuperare i rapporti. Ma, quando aveva rischiato di impazzire a causa del Primo, lei gli era stata vicina, lo aveva difeso contro tutto e tutti. Aveva lasciato che gli venisse rimosso il chip dalla testa, proprio perché si fidava di lui, credeva nella sua redenzione. Si era schierata persino contro il suo Osservatore, l’uomo che più rispettava, per salvare quel vampiro con l’anima afflitto dal dolore. E Spike avrebbe fatto qualunque cosa pur di non deluderla.

    Anche sacrificare la sua stessa vita.

    Non avrebbe mai dimenticato quegli ultimi istanti… lei, i suoi magnifici occhi pieni di lacrime, la sua mano…le sue parole.

    Le sue parole.

    “Ti amo”

    Quella frase aveva continuato a tormentarlo, dopo la sua resurrezione. Non aveva mai osato sperare che fosse la verità…perché sarebbe stato terribile crederlo, e poi ritrovarla, dopo mesi e mesi, tra le braccia di un altro.

    Già.
    Un altro.

    Quella volta, in Italia…



    Cleveland – Vecchi amici h 11:40 P.M

    Buffy ed Oz sedevano insieme su una scomoda panchina di ferro battuto, lungo il vialetto principale del cimitero. Dopo lo stupore iniziale, si erano ritrovati a chiacchierare come se non si fossero mai allontanati. Avevano così tante cose da dirsi!
    Oz aveva spiegato che si trovava lì a Cleveland con la sua nuova band, i Bloody Kids. Quando Buffy gli aveva chiesto cosa ci facesse in un cimitero, a quell’ora per giunta, lui aveva spiegato che sua nonna era sepolta lì, e lui, essendosi trovato in città, aveva pensato di farle visita.
    Buffy non aveva fatto commenti, ma aveva capito subito che si trattava di una bugia. Non era certo l’orario per una visita, e comunque il cimitero era chiuso, di notte. In quanto Cacciatrice, era più che abituata a scavalcare cancelli e mura di cinta: ma dubitava che Oz fosse altrettanto allenato.

    Angel. Era stato lui a mandare Oz a Cleveland, e in particolare al cimitero, affinché incontrasse Buffy e le parlasse, se non altro per assicurarsi che stesse bene.
    Non sapeva cosa pensare. Da un lato, lo trovava molto dolce; ma dall’altro, era quasi maniacale. Insomma, lei ed Angel non stavano più insieme, e da moltissimo tempo, ormai. Ma lui continuava ad…intromettersi, era quello il termine giusto, nella sua vita. Da quando aveva saputo del suo ritorno in America, le sue telefonate erano diventate sempre più frequenti; addirittura, parlava di andarla a trovare, per “vedere come ti sei sistemata, sai com’è”. Era incredibile. In passato, c’era stato sempre un motivo preciso per le sue visite: ma adesso sembrava semplicemente intenzionato ad una… gita fuori porta. Buffy era rimasta davvero spiazzata. Ed ora, Oz si trovava “casualmente” di notte in un cimitero… Oz, che, negli ultimi tempi, sembrava essere diventato grande amico di Angel… Era una coincidenza troppo strana.

    “Ci sono due cose a cui non credo: le coincidenze e i folletti!” pensava, scettica come sempre.

    “Così…tu e Dawn vi siete trasferite in Italia” commentò Oz, distogliendola dai suoi pensieri.
    “Già. Credo che avessimo entrambe bisogno di…sai, cambiare ambiente” spiegò Buffy con un lieve sorriso.
    “E allora come mai siete tornate? Voglio dire, la Bocca dell’Inferno, la ronda, e tutto il resto…” obiettò Oz, indicando con il mento le lapidi intorno a loro.
    Buffy ci pensò su un istante. Perché era tornata? Per fare un favore a Giles, per allenare Madison? Forse. O almeno, questa era le versione che aveva dato a tutti, compresi Angel e Dawn. Ma qual era la verità?
    “Il signor Giles aveva bisogno del mio aiuto” rispose, in tono poco convinto “Il Consiglio mi ha chiesto di occuparmi di una Cacciatrice che vive qui, ed io ho accettato. E poi…bè, a dir il vero, non credo che Roma fosse la città adatta a me. Troppo sole e nessun demone millenario!” aggiunse, ironica.
    Oz le sorrise, ma poi decise di azzardare: “Tranne il tuo ragazzo…”
    Buffy si irrigidì impercettibilmente. Aveva appena avuto la conferma dei suoi sospetti: Angel aveva raccontato ad Oz anche i più piccoli particolari della sua vita in Europa, e la cosa la infastidiva. Tanto più che non sapeva come rispondere. “La mia storia con…l’Immortale – credo che lo chiamino così… non era destinata a durare. Eravamo troppo diversi. Voglio dire, ho imparato a mie spese cosa succede quando si ci innamora di una creatura infernale, e francamente, visto come sono andate le cose in passato, ho preferito chiudere prima di farmi coinvolgere troppo” spiegò, senza nascondere un certo imbarazzo. Era la prima volta che si decideva ad ammetterlo: per quanto cercasse di negarlo, sembrava aver un’ incredibile predilezione per le “creature infernali”, demoni o vampiri che fossero. Era una sorta di…perversa ossessione, di cui si vergognava profondamente. Perché non poteva anche lei innamorarsi di una persona normale? Persino Riley, l’unico ragazzo umano che aveva avuto negli ultimi anni, era in qualche modo invischiato nella lotta contro il male: per non parlare di quando si era fatto mordere da una vampira, in quell’orrendo bordello.
    Oz annuì comprensivo, e decise di cambiare argomento: “E Dawn? Come ha reagito alla notizia del trasferimento?”
    Buffy sorrise, sarcastica: “Direi che l’espressione “felice come una pasqua” non renda molto bene l’idea, ma… credo si sia rassegnata. La sua nuova scuola le piace, è molto più tranquilla di quella che frequentava in California… ma, bè anche una gabbia di leoni lo sarebbe!” commentò, inarcando le sopracciglia.
    Oz ridacchiò, ripensando con affetto agli anni del liceo. Si perché, nonostante tutti i problemi che aveva dovuto affrontare (non ultimo, l’essersi scoperto licantropo!), quello era stato il periodo più bello di tutta la sua vita. Non importava rischiare la vita ogni giorno, perché, qualunque cosa succedesse, non era mai solo. C’era sempre lei con lui… Willow. Timida, dolce, piccola Willow. Quanto l’aveva amata. Se solo le cose fossero andate diversamente, tra loro…
    “Dimmi degli altri” chiese a Buffy “Che fine hanno fatto gli Scoobies?”
    La Cacciatrice sorrise nel risentire quella parola. Era stato Xander a mettere quel soprannome alla loro gang… non l’avevano poi usato molto, riflettè, ma era divertente sapere di averne uno.
    “Stanno tutti bene…bè…” si corresse subito, inorridita da quello che aveva appena detto. Era inutile fingere che niente fosse accaduto. Tara ed Anya erano morte, così come… “Immagino che tu abbia saputo... di Anya e Tara” aggiunse a voce più bassa.
    Oz si maledì mentalmente per non aver posto quella domanda con maggior tatto. Angel gli aveva già detto che l’ultima Apocalisse aveva mietuto delle vittime. “Si, io… l’ho saputo. Mi dispiace tanto” mormorò, sentendosi a disagio. Guardò Buffy, e si rese conto, ancora una volta, che qualcosa la turbava. La Cacciatrice aveva lo sguardo perso nel vuoto, una strana malinconia dipinta sul viso. Oz pensò che si stesse semplicemente rammaricando della scomparsa delle due ragazze… ma non era così. C’era qualcosa di più. Qualcosa che aveva giurato di non confessare mai a nessuno.
    “Come stanno Xander e… Willow?” domandò timidamente Oz, temendo di sentire qualcosa che non avrebbe voluto sapere. Il solo pensiero che Willow soffrisse ancora per la perdita, ormai non più recente, di Tara, lo faceva star male.
    Buffy soppesò le parole: “Willow sta bene. Adesso vive a San Francisco, si è laureata. Dopo la morte di Tara… certo, all’inizio ha sofferto moltissimo. Il dolore l’ha quasi portata a distruggere il mondo! Ma il tempo è riuscito a guarirla. Ha avuto addirittura un’ altra storia, con… una Cacciatrice. Solo che poi non ha funzionato.” spiegò, sapendo quanto quell’argomento fosse importante per il suo interlocutore.
    Oz appariva sereno. Quelle parole lo avevano rassicurato. Insomma, sapeva bene che Willow… era cambiata. Che non sarebbero mai più tornati insieme. Quindi, era contento di sapere che si era rifatta una vita. Lui c’era riuscito, ed era più che giusto che ci riuscisse anche lei.
    “Quanto a Xander… bè, va avanti. Ma credo che non l’abbia ancora superato… non del tutto, almeno” sospirò Buffy, triste per l’amico.
    “Mi dispiace” ripetè Oz, non sapendo cos’altro dire.
    Ma sapeva che Buffy aveva omesso qualcosa.

    Angel gli aveva raccontato di Spike: la sua morte, la sua “ricomparsa” ad L.A, il fatto che adesso lavorassero insieme. Avevano perfino affrontato un’ Apocalisse, fianco a fianco, improbabili alleati. Angel, però, gli aveva fatto promettere una cosa: per nessuna ragione al mondo avrebbe dovuto rivelare a Buffy tutto questo. Lui aveva accettato, senza pensarci, sicuro che alla Cacciatrice non importasse poi molto della morte del vampiro. Forse era per questo che Buffy non vi aveva neppure accennato. Tuttavia, dal momento che Angel glielo aveva espressamente chiesto, decise di indagare.
    “E Spike?”
    Se soltanto Oz avesse potuto immaginare quale reazione avrebbe provocato quella semplice domanda, forse si sarebbe trattenuto dal farla.

    Deglutì, e sentì la gola andare a fuoco. Gli occhi si erano istintivamente spalancati, a quel nome, per poi richiudersi, già caldi di lacrime. Lentamente, chinò il capo e si coprì il volto con le mani, nel disperato tentativo di nascondere quell’assurdo segno di debolezza, di cui profondamente si vergognava.
    Piangere… per lui!
    Per quell’insopportabile, spietato vampiro, ossessionato da lei al punto da…
    Smettila! gridò a se stessa. Sei patetica.
    Fà un respiro profondo… un respiro profondo…
    … Spike… dove sei?
    Mi hai mentito. Avevi giurato che saresti rimasto al mio fianco fino alla fine del mondo… e così non è stato. Il mondo è ancora intatto, mentre tu non ci sei più, ed io…

    “Ehi, ho sempre saputo che sarei morto combattendo!”

    Per un attimo l’era quasi parso di sentire la sua voce.
    In fondo era quello il suo destino, e lui lo sapeva. Ma… Dio, era così ingiusto! Lui non meritava di morire in quel modo, non dopo tutto quello che aveva fatto… per lei, per loro, per essere migliore, per… per ottenere il suo amore.

    “Così tutti guarderanno, e perdoneranno… E lui sarà amato!”

    Spike, io ti ho perdonato! Non era necessario che… non avresti dovuto…

    “Spike, hai fatto abbastanza, puoi ancora…” “No! Tu li hai battuti, ora tocca a me fare pulizia!”

    … Ricordi…

    Buffy tremava. Non osava alzare la testa, per paura di incrociare lo sguardo di Oz che, ne era certa, non avrebbe capito. Nessuno avrebbe capito. Ecco perché aveva scelto di soffrire in silenzio, nascondendo agli altri il suo dolore, i suoi sensi di colpa… perché per tutti, tranne forse per Dawn, lui era solo… un mostro. Nient’altro.
    Già, un mostro! Un mostro che aveva saputo ascoltarla, confortarla, aiutarla meglio di chiunque altro… che era lì, solo, quando tutti gli altri l’avevano abbandonata… che aveva asciugato le sue lacrime fucile alla mano, dopo essere stato trattato come spazzatura… che si era lasciato colpire senza reagire, anche quando avrebbe potuto, pur di salvarla dalla prigione… che, dopo aver cercato di violentarla, si era ripreso la sua anima, pur sapendo che i sensi di colpa lo avrebbero tormentato in eterno…
    Un mostro?!
    Buffy si impose di riprendere il controllo. Si asciugò le guance rigate di mascara, e sospirò, l’aria calda e secca le invase i polmoni.
    Timorosa di quello che avrebbe visto, aprì lentamente gli occhi e si voltò.

    Oz aveva visto gli occhi della Cacciatrice riempirsi inesorabilmente di lacrime, il suo capo abbassarsi, umiliato, le sue piccole spalle tremare, ed era rimasto, incredulo, a domandarsi il perché di quella reazione. Poi aveva capito.
    Spike.
    Buffy e Spike!
    Non c’aveva mai pensato prima, ma, effettivamente, doveva esserci un motivo per cui Angel sembrasse così interessato a ciò che Buffy pensava di Spike. Solo ora aveva compreso la vera causa che aveva spinto Angel a chiamarlo, per chiedergli, dal momento che si trovava a passare da Cleveland con la band, di cercare Buffy… e chiederle di Spike. Angel si sentiva minacciato, aveva paura che, dopo aver riconquistato la sua anima, Spike potesse farsi spazio nel cuore della Cacciatrice. Così, aveva pregato Oz di tastare il terreno.
    Bè, lui l’aveva fatto. E il terreno si era sbriciolato, crollando, annegando fra le lacrime.
    Troppo tardi, Angel.



    Los Angeles – La decisione h 3:15 P.M

    Quella volta, in Italia, quando lui ed Angel…
    Erano in Europa per recuperare la testa di un importante Capo di famiglia; ma poi avevano scoperto che Buffy si trovava a Roma, e che si era fatta ammaliare da quel demone, l’Immortale o come diavolo si chiamava, proprio come era già successo a Darla e Dru. Così la loro priorità era diventata salvare la ragazza: erano rimasti comprensibilmente sconvolti quando, parlando con Andrew (il nanerottolo dalla lingua troppo lunga), avevano scoperto che Buffy si diceva innamorata dell’Immortale! Era stato un duro colpo per entrambi: ma Angel aveva ormai la sua vita, la sua ragazza (anche se non era proprio una tipa normale…), il suo lavoro. Spike, invece, che cos’aveva? Niente. Niente che gli appartenesse davvero. Quella nuova vita sembrava solo una grande finzione, una bugia che era costretto a sostenere ogni giorno, nell’illusione che, se si fosse mostrato felice, lo sarebbe diventato sul serio.
    Ma non aveva funzionato. Lei era ancora lì, dannatamente presente, nella sua testa, nel suo cuore, nella sua maledettissima anima.
    E quel giorno, con quella fortuita scoperta, aveva avuto la conferma che tanto temeva: non sarebbe stato tanto facile cancellarla dalla sua vita.
    Quanto poteva essere crudele il destino?
    Non bastava che la nuova segretaria portasse il *suo* stesso cognome, no, ora saltava fuori che Angel sarebbe andato a trovare un *suo* amico in Ohio!
    Era veramente troppo.
    Spike dovette appoggiarsi allo stipite della porta per sostenersi, quella maledetta rivista ancora in mano. Aveva il respiro affannoso, e non sapeva perché.

    Smettila! gridò a se stesso. Sei patetico.

    Si impose di riprendere il controllo. Prese il biglietto aereo incriminato ed uscì a grandi passi dall’ufficio. Diretto verso le scale, passò davanti ad una porta aperta e si sentì chiamare.
    “Spike!”
    Si fermò. Alison si affacciò all’uscio del suo ufficio, guardando incuriosita ciò che Spike aveva in mano: “Allora, hai trovato… e questo cos’è?” domandò, rendendosi ben presto conto che non si trattava della scheda di un nuovo cliente. Sembrava piuttosto… una rivista. Una rivista d’arredamento! Alison lo guardò, sorniona: “Cos’è, stai ristrutturando casa? O forse ti dai al giardinaggio?! Era ora che liberassi la tua parte femminile, Spikey, forse in questo modo…” ma Spike interruppe, spazientito, le sue illazioni: “Indovina che cosa ho scoperto? Pare che il “capo” non sia venuto al lavoro perché troppo occupato ad organizzare il suo bel viaggetto…” commentò, porgendole il giornale e il biglietto aereo.
    Alison aggrottò le sopracciglia, perplessa, e li prese. Ad un tratto la sua espressione mutò. Era impallidita. “Oh, mio Dio… Cleveland…” mormorò, guardando turbata Spike.
    “Già, Cleveland. Pare proprio che il lavoro di super-capo-tirannico-e-sfruttatore renda bene, dal momento che può permettersi queste vacanze in piena alta stagione…” cominciò Spike, con il consueto sarcasmo, ma gli bastò un’occhiata alla segretaria per capire che qualcosa non andava.
    “Spike, non capisci? Cleveland… la Bocca dell’Inferno… devo farti la divisone in sillabe???” lo apostrofò Alison, insopportabile come al solito.
    Spike corrugò la fronte: “Che c’entra Cleveland con Sunnydale? Insomma, a parte il fatto che si trovano nello stesso emisfero, non…”
    “SPIKE! Chi ha mai parlato di Sunnydale? Credi forse che Cleveland sia meno pericolosa, come Bocca dell’Inferno?” lo aggredì Alison, irritata dalla sua ottusità.
    Spike si accigliò, mentre una strana, sicuramente sbagliata, idea si faceva largo nella sua mente: “Ehi, aspetta un momento, hai detto: “Bocca dell’Inferno”?
    La segretaria era ormai esasperata: “Sai una cosa, non capisco perché spreco il mio tempo a parlare con un celenterato, mentre Angel vuole partire e rischiare la vita per…”
    Spike era sempre più stordito: “Cleveland… è una Bocca dell’Inferno?”
    Alison sbuffò: “Bè, mio caro mister “so-tutto-io”, sono lieta di comunicarti che, non solo Cleveland è una Bocca dell’Inferno, ma sembra anche essere in fermento, negli ultimi tempi! E ora Angel vuole andarci, e gli toccherà combattere, e morirà, e tutto questo sai perché? Perché quella pappamolle della Cacciatrice non è in grado di gestire da sola le Apocalissi…”
    Spike era confuso, e il continuo chiacchiericcio della ragazza non lo aiutava di certo; riuscì a distinguere solo una parola fra tutte, ma bastò.

    La Cacciatrice.

    Sapeva che adesso, grazie all’incantesimo di Willow, non c’era più una sola Prescelta: ma quel nome, per lui, significava ancora una persona sola.
    Il lampo di un sospetto lo folgorò quasi. Insomma, non era possibile… Angel non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere… Certo, loro due non erano mai stati grandi amici, ma… Ripensò al suo comportamento durante il loro viaggio in Italia e, di nuovo, il dubbio lo assalì. Doveva sapere.
    “Alison, tu credi che… insomma, se la Bocca dell’Inferno è tornata attiva, significa…” gli mancò la voce. Il suo sguardo, però, diceva tutto.
    Alison era nuova del posto: ma Angel le aveva raccontato la strana storia di William il Sanguinario, il vampiro con l’anima, ossessionato dalla Cacciatrice… com’è che si chiamava? … Buffy qualche cosa. Quindi comprese subito quello che Spike stava cercando di dire.
    “Vuoi sapere se ci sarà anche Buffy?”
    Spike trasalì visibilmente a quella parola. Da tanto tempo, ormai, quel nome era considerato un tabù da quelle parti: né lui, né Angel avevano più parlato di Buffy dopo il famoso viaggio europeo, che aveva lasciato entrambi con l’amaro in bocca.
    Alison non attese una risposta: “Bè, mettiamola così: se tu fossi un pompiere, il migliore tra tutti, e fosse scoppiato un grosso incendio, tu cosa faresti? Lasceresti la cosa in mano ai tuoi colleghi, pur sapendo che potresti fare meglio di loro, oppure ti butteresti nella mischia?”
    Spike comprese la ragionevolezza di quelle parole e si stupì che provenissero da quella ragazzina. Bè, in fondo era pur sempre una Summers!
    Alison vide la sua espressione disorientata e sorrise: “Tu vuoi andare da lei, non è così, Spike?”
    Spike abbassò lo sguardo. Rivedere Buffy. Era il suo chiodo fisso, ciò che più temeva e più desiderava. Sapeva che, comunque fossero andate le cose, dopo aver incrociato i suoi occhi verdi anche solo per un secondo, niente sarebbe più stato come prima.
    Alison non poteva fare a meno di continuare a sorridere, vedendo quel borioso di Spike chinare la testa, schiavo di un amore impossibile. Eppure, nonostante fossero tutt’altro che amici… stranamente non aveva intenzione di schernire il suo dolore. In fondo lo capiva. Dopotutto anche lei si trovava in una situazione simile... “E allora vacci!” esclamò, sull’orlo dell’esasperazione “Provaci, che ti costa! Se non altro, adesso sai dove cercarla.”
    Spike alzò la testa, spiazzato da quel comportamento. Guardò con sorpresa la ragazzetta che gli stava di fronte, e improvvisamente la vide sotto una nuova luce.
    “Tu… credi che dovrei farlo?” chiese, la voce tremante d’emozione.
    Alison scrollò le spalle: “Non ha importanza quello che credo io. Devi fare quello che pensi sia giusto per te. Ma, detto tra di noi…” Alison gli sorrise, complice “Penso che tu sappia già cosa devi fare… Non è così… William?”
    Quella fu la spinta decisiva. Nessuno lo chiamava mai in quel modo, solo…
    Improvvisamente, la rivide. I suoi lunghi, folti capelli biondi, i suoi grandi ed imperscrutabili occhi color smeraldo, la sua bocca rosata, capace di eccitarlo o di distruggerlo, le sue mani, così dolci e così violente, il suo corpo, caldo e meravigliosamente…
    Sentì un brivido attraversarlo, e decise, mentre un sorriso si dipingeva lentamente sulle sue labbra.

    Ora sapeva cosa fare.






    Cleveland - Ospitalità h 00:05 A.M

    Gli occhi di Oz sembravano sorriderle con simpatia, mentre lentamente riprendeva il controllo. Non era quella la reazione che si aspettava. Possibile che… che avesse capito? Sperava vivamente che fosse così, almeno non avrebbe dovuto dare spiegazioni sullo stupido, umiliante sfogo emotivo di un attimo prima. Inghiottì e cercò di ricambiare quel sorriso, ma il meglio che riuscì a fare fu una buffa smorfia. Oz la fissò per un attimo… e ridacchiò. Buffy lo imitò, sollevata.
    Oz si morse le labbra, pensando a quello che gli aveva raccomandato Angel; poi si riscosse. “Al diavolo!” pensò. Buffy era una sua amica e, se non aveva voglia di toccare quel tasto, lui non l’avrebbe certo spinta a farlo. Che Angel indagasse pure di persona, se per lui era tanto importante! Proprio quando stava per proporre di cambiare argomento, Buffy lo battè sul tempo: “Scusami. Devo sembrarti una stupida…” mormorò, sforzandosi di sorridere.
    Oz si accigliò e scosse violentemente la testa: “Ehi! Non c’è niente di stupido nel dolore” disse in tono carezzevole.
    Buffy abbassò lo sguardo e restò in silenzio per qualche istante. Quando parlò di nuovo, aveva la voce incrinata: “E’ che… lui mi manca così tanto!”
    Oz sentì una fitta al cuore. Era incredibile vederla in quel modo. Lei, l’indomita e impavida Cacciatrice, in lacrime, a discapito del suo orgoglio, per la morte di un…
    Di colpo, Oz fu folgorato da un’idea. Spike era vivo, ma Buffy non lo sapeva! Certo, Angel gli aveva proibito di rivelarglielo, ma… lei stava soffrendo per la morte di qualcuno che in realtà era vivo e vegeto, ed era ingiusto che non potesse neanche saperlo.
    Il problema adesso era… doveva dirglielo?
    Sapeva che Angel sarebbe andato su tutte le furie, ma, in fondo, che diritto aveva di nascondere alla sua ex una cosa che sicuramente avrebbe voluto sapere? Era un atteggiamento molto egoistico, da parte sua. Eppure, riflettè, lo stesso Spike non aveva fatto assolutamente nulla per svelare quella menzogna. Forse i sentimenti che provava per Buffy non erano più quelli di una volta, quindi…
    La voce ormai roca della Cacciatrice interruppe il corso dei suoi pensieri: “Tu non lo conoscevi, non sai come… quello che ha fatto… per me, per il mondo. Io avrei dovuto salvarlo. Ma no, certo, questo non sarebbe stato da me! Perché è questo quello che faccio, ogni volta. Salvo il mondo, ma non le persone che amo! E’ già successo in passato, e non mi riferisco soltanto ad Angel. Tara. Anya. E Chloe, e Amanda... Persino mia madre!” il suo tono di voce suonava ormai isterico.
    A quelle parole Oz non potè fare a meno di intervenire: “Questo non è vero. Tua madre non è morta per cause sovrannaturali. Sai bene che non avresti potuto salvarla. E per quanto riguarda gli altri, pensi davvero che sia stata colpa tua?”
    Buffy non rispose, ma dentro di sé conosceva già la risposta. Di chi altri poteva essere la colpa? Lei era la Cacciatrice, lei aveva il dovere, il compito di proteggerli… Con Spike, poi… Se solo l’avesse fermato! Se solo gli avesse strappato via quel dannato amuleto dal collo… Sarebbe bastato così poco! Solo un piccolo, rapido gesto, e lui sarebbe stato ancora lì con lei. Ma non l’aveva fatto. Era la storia della sua vita! Un vortice di errori, sempre gli stessi, che si ripetevano, e ripetevano, e ripetevano all’infinito. Credeva che con l’Immortale le cose sarebbero andate diversamente… invece le sue storie sembravano destinate a naufragare.

    “Sono consapevole della mia… stellare fortuna con i ragazzi…”

    La storia del biscotto poco cotto non era stato solo un diversivo per non parlare ad Angel dei suoi sentimenti per Spike: era la verità. Si sentiva proprio così. Ma… quando era con lui, dimenticava ogni suo fallimento. Tutto il dolore provato, prima per Angel, poi per Riley, perdeva significato quando quegli immensi occhi azzurri la fissavano. Se solo le circostanze fossero state diverse… insomma, si era innamorata di Angel prima di scoprire la sua vera natura, mentre sapeva fin troppo bene che Spike era un vampiro; per questo le riusciva così difficile lasciarsi andare come aveva fatto in passato. Troppe paure, troppi preconcetti le avevano impedito di vivere serenamente il periodo della loro storia. E adesso, --adesso che lui non c’era più, che non si appostava più sotto casa sua nella speranza di vederla, che non le appariva più alle spalle durante la ronda, che non l’attirava più nella sua cripta con qualche battutina al vetriolo--… adesso, più che mai, Buffy avvertiva tutto il peso dei rimpianti.

    In quel momento, una lieve pressione sulla schiena la fece trasalire. Oz ritrasse immediatamente la mano, temendo di averla spaventata; in realtà, quel gesto aveva risvegliato in lei ulteriori...

    “Posso aiutarti in qualche modo?”

    …dannati ricordi…

    Buffy si voltò verso Oz, che le sorrise teneramente. Provò di nuovo a ricambiarlo, e questa volta le riuscì meglio. “Dove hai intenzione di passare la notte? Dopo aver pregato per tua nonna tutto il tempo necessario, s’intende!” aggiunse la Cacciatrice con un sorrisetto eloquente, e Oz intuì che la sua copertura era saltata.
    “Dormirò nel furgone, suppongo. E’ abbastanza confortevole per passarci una notte, ed è dotato di un ottimo impianto stereo, che è tutto ciò che cerco in una casa!” sorrise, nient’affatto ironico. Per lui la musica era tutto.
    A quelle parole Buffy aggrottò la fronte, contrariata: “Stai scherzando? Vuoi davvero dormire in quella specie di bugigattolo?” chiese, guardando il vecchio furgone bianco a disegni psichedelici, parcheggiato proprio di fronte al cimitero, visibile attraverso le sbarre della cancellata.
    “Cosa c’è che non va nel mio Suzuki?” protestò l’amico, fintamente offeso.
    “Vuoi dire, a parte il fatto che cade a pezzi? Niente!” ribattè Buffy, sardonica.
    “Ha l’aria vissuta…” borbottò Oz, fingendo il broncio.
    “Si, da un branco di barbari!” commentò allegramente la Cacciatrice.
    “E comunque, non ho altro posto dove andare. Non posso permettermi un…” cominciò Oz, ma Buffy lo interruppe subito: “Puoi stare da me! Scommetto che la mia stanza degli ospiti è molto meglio del tuo quattroruote! E poi Dawn ha un fantastico impianto hi-fi!”
    Oz era sorpreso, non si aspettava un simile invito; ma ne comprese tutta la ragionevolezza, e decise di accettare. Lanciò uno sguardo di scusa al suo Suzuki, poi sorrise riconoscente alla Cacciatrice: “Bè, se la metti in questi termini, allora… come posso dirti di no?!”



    Los Angeles – A perdifiato h 00:00 A.M

    Era stata una vera e propria corsa contro il tempo. Doveva assolutamente fare in modo di partire prima di Angel. Con grande sollievo, dopo aver telefonato alla compagnia aerea, aveva saputo che il prossimo volo per l’Ohio sarebbe partito proprio quel giorno: il decollo era previsto per la tarda serata. Così, utilizzando il nome di William Atwood, aveva prenotato un posto in classe turistica – avrebbe pagato direttamente in aeroporto, anche se si trattava di una procedura estremamente anomala. Si era ritrovato a dover letteralmente supplicare Alison (Dio, che umiliazione!) di tenere la bocca chiusa riguardo l’intera faccenda; dopodichè aveva chiesto un permesso al lavoro (o meglio, visto che il “capo” non c’era, si era preso arbitrariamente il permesso, firmando al posto di Liam Harrison/Angel) ed era corso a casa a preparare i bagagli. Poi, consultando lo stradario, si era reso conto che l’aeroporto era più lontano di quanto immaginasse: gli sarebbe toccato prendere un taxi, anche se non sopportava l’idea di abbandonare ad L.A. la sua amata Volkswagen nera – l’auto che, negli ultimi mesi, si era succhiata gran parte dei suoi stipendi.
    Proprio quando pensava di essere pronto, era rimasto folgorato da un pensiero: non aveva la minima idea di dove abitasse Buffy, né di dove si trovasse l’aeroporto di Cleveland… anzi, non sapeva neanche se Buffy fosse davvero lì, né tantomeno se a Cleveland ci fosse davvero un aeroporto. Così, preso dal panico, aveva effettuato una ricerca su Internet e aveva scoperto che, si, a Cleveland c’era un aeroporto, ma era molto lontano dalle zone abitate. Questo significava che avrebbe dovuto prendere un altro taxi (quel viaggio diventava sempre più costoso, pensava)… ma per andare dove? Non poteva certo chiedere ad un autista di scarrozzarlo avanti e indietro per i quartieri residenziali, nella speranza di incontrare una persona che forse non si trovava nemmeno lì! Un tempo, grazie al suo infallibile olfatto vampiresco, non avrebbe avuto alcun problema a trovarla… ma adesso le cose erano cambiate. Certo, possedeva ancora alcune caratteristiche da vampiro (era più forte di un comune essere umano, aveva una vista particolarmente acuta, e provava una certa attrazione per il sangue…), ma non bastavano.
    Se solo avesse avuto il suo indirizzo… bè, probabilmente Angel ce l’aveva, ma chiederglielo significava svelare il suo proposito… e poi Angel non era neanche in circolazione… avrebbe dovuto servirsi da solo, anche se il pensiero di ritornare nel ripostiglio (ops… nell’ufficio) del “capo” non lo entusiasmava di certo…
    Improvvisamente, si era ricordato della rivista che aveva trovato qualche ora prima. Forse, con un po’ di fortuna, quell’ Oz era ancora in contatto con Buffy. “Ma certo!” aveva pensato, euforico e furioso allo stesso tempo. Era da Buffy che Angel voleva andare, non da Oz! Se aveva il numero del ragazzo, doveva essere per un solo motivo: lui era il suo contatto, il suo gancio, ciò che lo avrebbe portato alla Cacciatrice. In quel caso c’era una sola cosa da fare. Aveva preso il numero e provato a chiamare Oz sul cellulare: ma non c’era campo. Aveva deciso che avrebbe ritentato più tardi.
    E così, dopo un lungo tragitto in taxi, adesso Spike si trovava all’aeroporto di L.A., in attesa che venisse annunciato il suo volo. Era stato fortunato: non si era vista l’ombra di Angel per tutto il giorno. Se gli fosse capitato tra i piedi, non sapeva proprio come avrebbe fatto a giustificarsi.

    “Che significa che se n’è andato?” abbaiò Angel stringendo la cornetta così forte da farsi male.
    Dall’altro capo del telefono risuonò la voce intimidita di Alison, la segretaria: “E’ uscito prima dal lavoro, ha detto che aveva un impegno… non ha voluto dirmi dove andava”. Alison si sentiva un verme a mentire in quel modo all’unica persona che, da quando aveva iniziato a lavorare a Los Angeles, si era mostrata gentile con lei. E per cosa, poi? Per salvare il culo di Spike? Quell’essere insopportabile che l’accoglieva ogni mattina con un rimbrotto diverso, e che non perdeva mai l’occasione di umiliarla? Cominciava a dubitare che ne valesse la pena.
    “Non posso crederci, è impossibile!” mormorò Angel avvampando, sconvolto al solo pensiero che Spike avesse scoperto…
    Era stato fuori tutto il giorno perché aveva degli appuntamenti, e quando era tornato la sua agenzia era ormai chiusa. Ma aveva lasciato il biglietto aereo nella scrivania del suo ufficio, e ne aveva bisogno. Inoltre, doveva redigere un comunicato ufficiale per tutti i dipendenti, per avvisarli della sua partenza, e delegare uno di loro (di certo NON Spike) a svolgere le mansioni di capo durante la sua assenza. Così era entrato ed era salito al suo ufficio. Aveva cominciato a cercare il biglietto aereo e il numero di Oz; ma dopo minuti e minuti di ricerca infruttuosa, era stato colto da un orribile presentimento. Aveva continuato a cercare, fin quando il sospetto non era diventato un’atroce certezza: qualcuno si era intrufolato nel suo ufficio e aveva rubato proprio quei due oggetti così importanti per lui… e, anche se non sapeva spiegarsi il perché, aveva la terribile sensazione che fosse stato proprio chi, meno di tutti, doveva trovare quelle carte. Spike.
    In preda ad una febbrile agitazione, aveva telefonato a casa di Spike e non aveva ottenuto risposta. Così si era precipitato sul posto. Ma, una volta arrivato, aveva avuto la conferma di quello che pensava: in casa non c’era nessuno. Lottando per non perdere l’ultimo barlume di lucidità, era andato a casa sua e aveva telefonato ad Alison, nella speranza che la segretaria potesse far luce sulla questione. Ma la risposta che aveva ottenuto era stata a dir poco scoraggiante: Spike sembrava sparito nel nulla.
    “Dannazione… sai per caso se è entrato nel mio ufficio, stamattina?” chiese, passandosi le dita fra i capelli con aria esasperata.
    Alison esitò. Non avrebbe voluto tradire Spike (anche se non riusciva a capire perché provasse tanta solidarietà nei confronti di quella carogna), ma Angel era… era Angel! Colui che le aveva rubato il cuore sin dal primo momento, sin dal primissimo sguardo, lui, così bello, buono, brillante, così speciale! Non poteva continuare a mentirgli. Non voleva. “Si, mi ha detto che cercava il fascicolo di un nuovo cliente, o qualcosa di simile” ammise, sperando inconsciamente di non aver causato troppi guai a Spike solo con quell’affermazione.
    Angel imprecò sottovoce e chiuse gli occhi, nel vano tentativo di restare calmo. Ma tutto quello che vide fu Spike che volava a Cleveland tra le braccia di…
    Spalancò gli occhi e quasi gridò: “Ti prego, se sai qualcos’altro devi dirmelo, Al…”
    Alison deglutì. Era giunto il momento di fare una scelta. Con Angel, o contro di lui. Semplice.

    “Credo che sia all’aeroporto, adesso” disse tutto d’un fiato, infastidita da quell’inspiegabile senso di colpa che l’aveva appena assalita.
    Angel tremò a quella frase. Proprio come temeva. Gemette. “… Alison… grazie” fu tutto ciò che riuscì a dire, prima di interrompere la comunicazione.
    Ora aveva un unico pensiero.
    Non poteva permettere che Spike raggiungesse Cleveland…
    Doveva fermarlo.



    Cleveland – Richiesta d’aiuto h 00:20 A.M

    “Ritiro tutto quello che ho detto: questo trabiccolo è davvero fantastico!”
    L’ironico commento della Cacciatrice si perse nel rumore di ferraglia causato dal paraurti del Suzuki che, dopo essersi parzialmente staccato dalla sua sede originaria, tra i due fanali anteriori, faceva attrito, stridendo rumorosamente, contro l’asfalto.
    Oz sbuffò, seccato, ingranò la marcia con violenza e accelerò appena. Il paraurti, in precario equilibrio, premette contro la strada, generando scintille. L’autista imprecò sottovoce, inchiodando. Buffy sorrise tra sé, ma si sforzò di mantenere un’espressione imperturbabile. Il furgone si fermò bruscamente, mentre il paraurti appendicolare crepitava un’ultima volta, prima di separarsi definitivamente dal veicolo. Oz spalancò la portiera dell’autista e balzò giù dal furgone, portandosi di fronte al mezzo per controllare i danni. Si chinò a raccogliere il pezzo di metallo arrugginito abbandonato sull’asfalto, e lo guardò con l’espressione tragicomica di chi sta effettuando un preventivo mentale. “Questo dannato rottame mi costa una cifra!” pensò, scagliando via lontano, in un impeto di stizza, il vecchio paraurti. Buffy non potè trattenere l’ilarità nel vedere quel gesto.
    “Sono contento che almeno tu ti diverta!” sospirò Oz, risalendo a bordo.
    “Scusami… è che…” Buffy soffocò una risatina. L’amico la guardò per un attimo, poi scrollò leggermente la testa. Se non altro, pensava, Buffy sembrava essersi ripresa. Lo sfogo di poco prima le aveva fatto bene.
    “Quanto manca a casa tua?” le chiese, girando la chiave nel cruscotto per riavviare il motore. “Tranquillo, è la prossima traversa a sinistra”
    “Bene” sospirò Oz
    Partirono. Dopo poche centinaia di metri svoltarono a sinistra, imboccando una stradina silenziosa, solo fiocamente illuminata da una serie di lampioni gialli.
    “Ecco, è questa!”
    Buffy indicò una graziosa villetta dal tetto a spiovente, posta alla loro destra, targata numero 147. Buffy odiava quell’indirizzo. Non aveva nulla contro la casa in sé, che, anzi, era molto accogliente: ma quel dannato numero civico, nella sua mente ormai patologicamente nostalgica, significava solo una cosa…

    “Ieri erano 147 giorni. Oggi 148. Ma oggi non conta, vero?”

    Perché il ricordo di lui continuava a tormentarla, rivivendo in tutto ciò che la circondava?

    “Ok… dove posso parcheggiare?” domandò Oz, rallentando per guardare quella che sarebbe stata la sua dimora, quella notte.
    “Puoi lasciarlo nel vialetto, così avrai la sicurezza che nessuno riesca a rubarti questo pezzo da museo!” sorrise Buffy, promettendo a se stessa che quella sarebbe stata l’ultima battutina del genere, almeno per quella notte “Fammi scendere, così ti apro il cancello”
    Poco dopo Oz e Buffy erano in piedi sotto il portico, aspettando che Dawn andasse ad aprirgli.
    “Cosa… Oz??!” appena aperta la porta, Dawn restò attonita a fissare il ragazzo che, nei suoi fittizi ricordi, era un vecchio amico di sua sorella.
    “Dawnie… mio Dio, come sei cresciuta!” esclamò Oz abbracciando la ragazzina che, pochi anni prima, l’aveva colpito con un paletto credendo che non ci fosse grande differenza tra vampiri e licantropi.
    Buffy restò a guardare la scenetta, sorridendo, mentre sua sorella travolgeva Oz in un fiume di domande, dirottandolo verso la cucina. La Cacciatrice si chiuse la porta alle spalle e li raggiunse.
    “E’ incredibile che tu sia qui!” stava dicendo Dawn che, intenta a fare gli onori di casa, aveva fatto accomodare l’ospite e si apprestava a preparargli uno dei suoi malfamati caffè.
    “Non ci sarà ancora per molto, se lo avveleni con uno dei tuoi caffè al cianuro!” esclamò Buffy, togliendo prontamente la caffettiera dalle mani della sorella. “Fidati, Ozzy, lo faccio per te!” aggiunse sorridendo al suo amico, che guardava il siparietto divertito.
    Non potendo sfoggiare le sue capacità di cuoca, Dawn si accontentò di sedere accanto ad Oz, intrattenendolo come meglio poteva.
    Proprio in quel momento, squillò un cellulare. La suoneria dei Clash ne rivelò immediatamente il proprietario.
    Oz fissò il display, su cui lampeggiava un numero sconosciuto: “Scusatemi…” disse, alzandosi ed uscendo dalla stanza.
    “Pronto?”
    Dall’altro capo del telefono si sentì solo un confuso frastuono.
    “Pronto?!” esclamò Oz, spostandosi per cercare un punto dove ci fosse maggiore campo. La linea era terribilmente disturbata. Stava per riagganciare, ma improvvisamente una voce emerse distintamente nella baraonda: “Pronto… Oz, giusto?”
    Non conosceva quella voce. “Si… chi è?”
    Chiunque fosse, la persona dall’altra parte esitò a lungo, tanto da spingerlo a ripetere la domanda. “Diciamo che… sono un amico… di Buffy”
    Oz aggrottò la fronte. Perché un amico della Cacciatrice gli telefonava, senza peraltro conoscerlo? “Buffy? Ma…” chiese, senza capire, ma la voce lo interruppe:
    “D’accordo, vado dritto al punto. Sei lì con lei, adesso? Sei a Cleveland?”
    Oz sgranò gli occhi, che razza di…? “Si può sapere chi sei?!” sbottò, turbato.
    “… Bè, mettiamola così… sono uno che ha terribilmente bisogno del tuo aiuto” la voce sembrava nervosa, tesa: “Ma prima devi dirmi di Buffy”
    Oz lanciò istintivamente un’occhiata alla cucina, dove le sorelle Summers stavano chiacchierando animatamente, giocando a rimbeccarsi e ridendo, come al solito: “Non ti dirò proprio niente se prima…”
    “Ti sarebbe di qualche aiuto se ti dicessi che sono Spike?”
    Quelle parole lo lasciarono di sasso. Come… non poteva essere! Insomma, sapeva che Spike era vivo, ma dubitava che avesse il suo numero… e poi perché gli stava chiedendo aiuto?
    “Cosa… Sp…” si bloccò immediatamente, guardando la porta aperta della cucina, e intimò a se stesso di abbassare la voce.
    “Adesso ascoltami, per favore, ho bisogno di aiuto. Ti prego, dimmi che sei a Cleveland, ora, e che sai come raggiungere Buffy.” Non poteva giurarci, ma gli parve di cogliere una sorta di… disperazione in quelle parole.
    “Sono a casa sua, adesso” rispose, chiedendosi se fosse davvero il caso di raccontare quelle cose a… ripensò alla scena di poco prima, al cimitero. “Si, è sicuramente il caso” decise.
    Dall’altra parte si udì un rumore soffocato, poi: “Dio, grazie!”. Oz pensò che fosse alquanto comico sentire un vampiro ringraziare Dio, ma preferì non farlo notare.
    “D’accordo, amico, devo chiederti un grosso favore” la voce di Spike crepitava per l’ansia “Sono all’aeroporto di L.A, sto aspettando il volo che mi porterà lì, sarà qui a minuti… Dovrei atterrare tra una mezz’ora, se non ci sono intoppi. Ma io non so dove abiti Buffy, non conosco la città, e ho bisogno di qualcuno che possa aiutarmi a… bè, sai, trovarla”
    Oz si augurò di tutto cuore di aver capito male: “Cioè, tu stai venendo qui?!” Non era possibile. Era impensabile che Angel avesse permesso… “Oh – oh” si disse “Probabilmente Angel non ha permesso…”
    “Si, è quello che ho detto” replicò Spike, leggermente seccato per l’incredulità del suo interlocutore “Ora, mi chiedevo, dal momento che…” ma Oz non lo lasciò finire:
    “Angel lo sa?”
    Silenzio. Silenzio assoluto. Poi, carica di rabbia, la voce: “Dubito che siano affari che lo riguardino; lui non ha alcun potere decisionale, né sulla mia vita, né su quella di Buffy”
    Oz sospirò, mentre una terribile consapevolezza si faceva strada in lui: “Se lo aiutassi farei probabilmente la cosa migliore per Buffy… ma Angel non me lo perdonerebbe mai. A questo punto si tratta di fare una scelta: o con Angel, o contro di lui”
    Spike parlò di nuovo, stavolta più pacato: “Io lo so che Buffy… che a Buffy farebbe piacere rivedermi, dopo tutto questo tempo… e Dio solo sa quanto farebbe piacere a me… ma, perché sia possibile, ho bisogno di te, amico”
    Oz chiuse per un attimo gli occhi, desiderando ardentemente di non essere mai stato coinvolto. Ma purtroppo adesso c’era dentro, c’era dentro fino al collo, e sapeva che dalla sua decisione sarebbe dipeso il futuro di ben due persone… bè, ammesso che Spike potesse essere chiamato così…
    “Oz?” la voce del vampiro risuonò speranzosa al suo orecchio.
    “E va bene… ti aiuterò”







    Aeroporto di Los Angeles - Contrattempo h 00:45 A.M

    Spike non riusciva a credere a tanta fortuna. Era finalmente riuscito a mettersi in contatto con Oz… che non solo si trovava a Cleveland… non solo era a casa di Buffy (e quel pensiero gli provocò un inatteso moto di gelosia)… ma aveva anche accettato di aiutarlo! Era la prova che, se davvero esisteva un destino prefissato per tutti, allora il suo era quello di raggiungere Buffy, quella stessa notte. Buffo come il fato avesse deciso di aiutarlo, quel giorno! Se Jordan Mayers ( il famoso “nuovo cliente”) non avesse deciso di rivolgersi alla loro agenzia, costringendolo a cercare un fascicolo nell’ufficio di Angel, probabilmente Spike non avrebbe mai saputo come trovare la Cacciatrice.
    Era così emozionato che quasi dimenticò di essere ancora al telefono: “Ok… si… Oz, grazie…” farfugliò istericamente, poi s’impose di riprendere il controllo. Respirò profondamente, l’aria calda gli entrò nei polmoni… sorridendo, ripensò a quando, da vampiro, non aveva alcun bisogno di respirare. Ma adesso le cose erano cambiate… eccome se lo erano! “Non so come ringraziarti, amico, davvero, mi hai dato la possibilità di…” “Datti una calmata!” “… il mio aereo parte tra poco e… ehm dovresti venire a prendermi all’arrivo, perché francamente non saprei neanche uscire dall’ aeroporto…” Spike pregò ardentemente che la sua buona stella non decidesse di abbandonarlo proprio allora.
    “Ma come faccio… sono ospite di Buffy, non posso mica mollarla così! E’ stata così carina ad invitarmi per la notte, e…”
    “Ehi!” la voce di Spike era un ringhio “Sia ben chiaro che non prendo un aereo per arrivare lì, e scoprire che il mio complice se la fa col motivo della mia partenza! Mi, anzi, ti auguro che fra te e Buffy non ci sia niente, altrimenti…”
    La voce di Oz lo interruppe: “Siamo solo amici, mi ha invitato a dormire da lei perché l’alternativa sarebbe stata il mio furgone, e francamente, quando lo vedrai, ti renderai conto della situazione…” Oz esitò per un attimo, poi decise di aggiungere: “Inoltre, abbiamo entrambi qualcun altro per la testa, al momento…”
    Negli occhi di Spike si accese un barlume di speranza: “Davvero? E tu sai anche chi… insomma, lei… ti ha parlato di…” “Perché diavolo non riesci a finire la frase, brutto imbecille!”
    Oz si rese conto di essere stato messo alle strette, e optò per la fuga: “Adesso non posso parlare, dimmi solo a che ora posso venire”
    Spike si morse leggermente le labbra, l’attesa lo stava uccidendo. Lanciò un’occhiata speranzosa all’orologio a muro, che segnava le 00:48 A.M, poi controllò l’indicatore arrivi-partenze che pendeva dal soffitto. “Parto fra cinque minuti, dovrei atterrare all’una e venti… per sicurezza fatti trovare al terminal fra mezz’ora, d’accordo?”
    Oz guardò il suo Seiko da polso, chiedendosi che scusa avrebbe inventato per levare le tende così presto da casa Summers: “D’accordo… credo di farcela.”
    “Che significa che credi di farcela? Non hai scelta, non puoi mica mollarmi!” pensò Spike, terrorizzato al pensiero di ritrovarsi completamente solo in una città sconosciuta. Cercò di mettere a fuoco l’immagine del suo interlocutore, ma si accorse con sorpresa di non riuscirci: “Grazie… ehm… forse ti sembrerà strano, ma non potresti per caso indossare qualcosa… che so, una sciarpa, un cappello…”
    “Sciarpa e cappello… in piena estate?” obiettò Oz, perplesso.
    “Era un esempio… insomma, il tuo nome mi dice qualcosa, e credo di averti già incontrato da qualche parte, ma non ricordo che faccia hai, quindi pensavo ad un segno distintivo… per riconoscerci, capito? Sai, come si fa agli appuntamenti al buio…”
    Solo allora Oz ricordò di aver già incontrato il vampiro. Angel gliene aveva parlato così spesso – e sempre in termini molto coloriti – che quasi gli sembrava di conoscere già quello Spike… adesso capiva perché! Con orrore, ricordò quello strano amuleto, il viaggio per Los Angeles, e il ruolo del vampiro biondo in tutta la faccenda… “Ora ricordo, ci siamo conosciuti qualche anno fa… tu eri… uh… alla ricerca di… qualcosa, un talismano, una pietra…”
    Di colpo, qualcosa scattò nella memoria di Spike, che, imbarazzato, esclamò: “La Gemma di Amara! Certo, io la cercavo e Buffy chiese ad un suo amico di portarla ad Angel… e quell’amico eri tu… adesso capisco” “Cazzo, proprio quello che ha salvato Mister Depressione dalle mie torture dovevo acchiappare?” “Bè, Oz, stà tranquillo, sono del tutto cambiato da allora. Dico sul serio”
    “Ti credo” rispose Oz “Buffy non starebbe così male per un feroce vampiro omicida”
    Spike sentì una stretta al cuore a quelle parole. Nel corso della sua lunga esistenza, non gli era capitato spesso di sentirsele dire, tranne con…

    “Posso solo dire che sono cambiato, Buffy” “Ti credo”

    “Io credo in te, Spike”

    Si riscosse, stava perdendo tempo: tempo prezioso per progettare il suo incontro con lei…
    “Allora, grazie ancora, amico… ci vediamo dopo!”
    “Ok… a dopo!” “E adesso cosa mi invento con Buffy?”
    Spike riattaccò e sospirò, emozionato, guardando per l’ennesima volta l’orologio a parete. Ancora pochi minuti. Sperava solo che l’aereo arrivasse in orario, e che non ci fossero intoppi di alcun genere.
    Non sapeva quanto stava sbagliando.

    Angel entrò a passo svelto nell’aeroporto, scrutando forsennatamente le persone in attesa del loro volo. Era tardi, e non erano certo in molti a prendere un aereo a quell’ora di notte… pensava, avanzando a zig-zag e voltandosi di continuo per controllare.
    Poi lo vide. Seduto, anzi, quasi sprofondato, in una scomoda sedia di plastica rossa accanto alla vetrata che dava sulla pista d’atterraggio. I vistosi capelli ossigenati spiccavano nel grigiume circostante. Fra le gambe, una grossa borsa nera che, pensò Angel, probabilmente costituiva tutto il suo bagaglio. Anche a quella distanza lo vedeva battere ritmicamente un piede per terra, impaziente. “Povero Spikey!” si disse Angel, senza riuscire a reprimere un sorriso “Sei davvero un illuso se pensi che ti lasci andare così!”
    Ormai era vicino. Decise di palesare la sua presenza prima che Spike l’avvertisse. Anche se non era più un vampiro, conservava alcune caratteristiche del suo precedente stato, come quella di avere sensi eccezionalmente sviluppati.
    “Non si saluta, William?”

    Accadde tutto in una frazione di secondo. Riuscì a percepirne l’odore e l’essenza, e subito dopo, la voce. Sentì il sangue gelare nelle vene, per la prima volta, dopo tanto tempo. Alzò la testa di scatto e si voltò, anche se non ne aveva bisogno. Sapeva perfettamente cosa si sarebbe trovato davanti. “Merda!” gridava dentro di sé, mentre scattava in piedi, già sulla difensiva: “Angel!”
    Il bruno gli sorrise con aria melliflua e chiese dolcemente: “Vai da qualche parte, Spikey?”
    Spike tentò di reprimere un urlo, mentre il sangue pulsava nelle vene, compromettendo la sua lucidità: “Che diavolo ci fai qui?”
    Angel lo fissò con aria sorpresa: “Cosa ci faccio io qui? Bè, io ho un aereo da prendere, cosa che temo non si possa dire di te”
    Spike sorrise, sardonico: “Allora mi sa che sei male informato, amico, perché si dia il caso che i ruoli si siano invertiti” Ormai si era ripreso dallo shock, e aveva recuperato il suo brillante controbattere. Continuò: “E non mi riferisco solo a questo viaggio, lo sai? Il fatto è che – anche se non sei disposto ad ammetterlo – io ho preso il tuo posto in tutto, piccolo Sad! Mi manca solo di sedermi dietro la tua scrivania, o di farmi la tua segretaria, e di entrambe le cose ne faccio a meno!”
    Angel non cedette alla provocazione. Non aveva tempo da perdere. L’aereo – il suo aereo – sarebbe arrivato a minuti, e per quanto una parte di lui adorasse i pungenti diverbi con Spike, stavolta non aveva intenzione di farsi distrarre: “Resterei volentieri qui ad illustrarti i mille motivi per cui mi sei inferiore, Willy, ma non voglio rischiare di perdere il volo. Buffy mi aspetta, e non voglio tardare, considerando che programmiamo questo incontro da mesi!” sottolineò, apposta per lasciar intendere il grado di confidenza che ancora sussisteva tra lui e la Cacciatrice.
    Quelle parole colpirono Spike più di quanto non desse a vedere: “Forse non ci siamo capiti, Sad. Non so cosa tu ti sia ficcato in quella testaccia bacata e capelluta che ti ritrovi, ma, di qualunque cosa si tratti, sappi che non servirà. Non mi fermerai!” sorrise beffardo.
    Angel gli restituì il sorriso, poi la sua espressione cambiò, e prima che Spike potesse rendersene conto, portò indietro un braccio e lo colpì al viso con forza. L’urto fu tale da far barcollare il biondo all’indietro. “Lo credi davvero?” ringhiò Angelus, gli occhi gialli illuminavano il volto divenuto grinzoso.
    Spike si portò istintivamente una mano alla guancia, scoprendola calda e leggermente gonfia. “Brutto figlio di…” ansimò e, in un impeto di puro odio, si scagliò contro il suo avversario con tutta la forza - che non era più quella di Spike, ma neanche quella di William.
    Angel schivò prontamente un colpo alto, ma non riuscì a parare un diretto in pieno stomaco. Si piegò su se stesso e Spike lo colpì alla nuca. Solo allora il biondo si rese conto del panico che la trasformazione di Angelus aveva scatenato: grida e persone in fuga. Maledizione, non aveva intenzione di combinare quel disastro… accidenti a quell’impiccione! Arretrò di qualche passo, leggermente imbarazzato, tentando di estraniarsi il più possibile dalla scena.
    Angel si raddrizzò, il volto tornato normale, ma sofferente: “Ringrazia che siamo in un luogo pubblico, razza di miserabile, altrimenti non te la saresti cavata così facilmente!” ringhiò, sottovoce, ma furioso.
    Spike guardò di sfuggita l’orologio a parete, e rimase folgorato. “Oh, merda…!” sbottò, afferrando la borsa da viaggio e dirigendosi in fretta verso la pista d’atterraggio, dove un grosso jet attendeva i suoi passeggeri.
    “Dove credi di andare?!” lo apostrofò Angel, afferrandolo per un braccio e costringendolo a voltarsi.
    “E’ stato un piacere, Rocky, ma adesso devo proprio lasciarti!” rispose Spike, divincolandosi con fermezza.
    Angel pensò di adottare un’altra tecnica: “Cosa pensi di ottenere andando fin lì?”. A quelle parole, Spike si arrestò di scatto. Angel continuò: “Pensavo avessi deciso di non dirle mai la verità, perché il tuo sacrificio non perdesse di valore ai suoi occhi… ma a quanto pare hai già cambiato l’unica buona idea della tua intera esistenza!”
    Spike era fermo, a testa bassa, stringeva il manico della borsa così forte che le nocche delle mani divennero bianche. Le parole del vampiro gli bruciavano nella mente. Non poteva neanche pensare… che avesse ragione. “Che stia solo facendo una delle mie proverbiali cazzate?”
    “Non lo so. Non lo so. Non è escluso che tu abbia ragione, e credimi, odio doverlo ammettere. Forse sto solo perdendo il mio tempo, forse sono solo un illuso, ma so che se non lo faccio, se non prendo questo maledettissimo aereo, passerò il resto della mia lunga esistenza a chiedermi cosa sarebbe successo se non mi fossi tirato indietro. Ci sono molte cose, nel mio passato, di cui mi pento, e tu meglio di tutti dovresti saperlo; ma posso convivere con i rimorsi, anche se mi dilaniano giorno dopo giorno. Quello che davvero non potrei sopportare… i rimpianti. Non sono il tipo che si piange addosso guardando al passato… non lo sono mai stato… ma con Buffy…”
    Spike si girò lentamente, gli occhi colmi di palese dolore, l’espressione mortalmente seria: “Devo andare, Angel. Devo andare, e tu sai perché. Perché, nonostante tutto questo tempo, io l’amo ancora! Amo Buffy, l’amerò sempre, e il solo pensiero di non rivederla mi uccide! Non m’importa… se riceverò un rifiuto, una porta sbattuta, un… pugno, non lo so! Ma devo sapere. Devo sapere… se c’è ancora… qualche possibilità per noi… di essere felici”
    La voce bassa e tremante di Spike risuonava ancora nell’aria. Angel non sapeva più cosa fare. Spike gli aveva aperto il suo cuore, come non aveva mai fatto in più di 100 anni di vita, e adesso non se la sentiva di pugnalarlo, approfittando della sua debolezza. “So già che me ne pentirò, ma…”
    “E va bene! Vai, se proprio ci tieni! Ma quando tornerai in lacrime, non dirmi che non ti avevo avvertito!” disse in tono severo, ma con un leggero sorriso sul volto.
    Gli occhi blu di Spike si illuminarono di speranza… speranza e gratitudine. Si era mai sentito così nei confronti di Angel? Non lo ricordava. Ma adesso il passato non aveva importanza. Non potè a meno di sorridere a sua volta, comprendendo lo sforzo che il vampiro stava compiendo per mettersi da parte. Quando si trattava di Buffy, nessuno dei due era disposto a cedere tanto facilmente. Ma stavolta aveva vinto lui. “Immagino che non ci sia la minima speranza… che questo sia un addio, vero?” chiese sorridendo.
    Angel ricambiò: “Non ci pensare nemmeno!”
    Spike lo fissò a lungo negli occhi, sperando di riuscire a comunicargli così tutto ciò che il suo orgoglio gli impediva di dire a parole: “Allora, arrivederci, Liam!”
    “Vattene, prima che me ne penta!” “Arrivederci, William!”
    Angel rimase a guardare la sagoma nera che si allontanava in fretta, diventando sempre più piccola, sempre più piccola, fino a sparire oltre la vetrata che portava alla pista.
    “Fà buon viaggio, Spike… ma stà sicuro che ci rivedremo… prima di quanto ti aspetti…”



    Cleveland – Fuga misteriosa h 00:50 A.M

    Oz interruppe la comunicazione e sospirò, fissando il display del telefono. “In che razza di pasticci mi sono cacciato? Angel sarà qui tra pochi giorni, mi chiede di tenere d’occhio Buffy prima del suo arrivo, e io cosa faccio? Aiuto il suo più acerrimo nemico a bruciarlo sul tempo!”
    Esitando, rientrò in cucina. Se voleva arrivare in tempo all’aeroporto, considerate anche le condizioni del suo furgone, doveva uscire subito. Ma con che scusa?
    “Il caffè è pronto! E, per tua fortuna, non è opera di Dawnie!” esclamò Buffy posando sul tavolo tre tazze fumanti e sorridendo al suo ospite.
    “E adesso che le dico… mi ha fatto pure il caffè!” “Ehm…Buffy… mi dispiace molto, sei stata davvero gentile, ma non posso restare”
    Le due sorelle alzarono simultaneamente lo sguardo, la stessa espressione stupita sul viso: “Cosa… perché?” esclamò Dawn, in tono vagamente accusatorio.
    “E’ successo qualcosa?” chiese Buffy, preoccupata. Aveva una strana sensazione.
    “No, no… cioè… niente di grave… è che devo fare un favore a un amico… uno del gruppo. Dormiremo insieme nel Suzuki, almeno credo. Mi ha chiesto di andarlo a prendere all’aeroporto”
    Le facce dubbiose che continuavano a fissarlo lo mettevano in ansia: “Non era previsto, altrimenti non ti avrei mai disturbata, però…”
    Buffy si riscosse e lo interruppe: “Oh, smettila, figurati! Mi sono offerta io di ospitarti! Piuttosto, mi dispiace solo che tu debba andare via così presto… ma, certo, se c’è un’emergenza…”
    Oz sorrise leggermente, sollevato: “Grazie. E grazie anche a te, Dawn. Scusate ancora, ragazze”
    Dawn abbozzò un “figurati…” poco convinto. Era delusa. Dopo l’ultima Apocalisse, avevano tagliato i ponti con la maggior parte dei loro amici… salvo qualche sporadica telefonata di Willow e Xander. E adesso, avere Oz in casa era un po’ come tornare ai “bei” vecchi tempi di Sunnyhell…
    “Allora, quando devi andare?” chiese Buffy, un po’ incerta. Non voleva assolutamente dargli l’impressione che lo stesse cacciando.
    Oz guardò l’orologio. h 00: 48 A.M. “Subito. Devo essere lì tra mezz’ora”
    “Almeno prendi il caffè!” protestò Dawn, ma la sorella l’ammonì: “Dawn, basta così!”
    Oz guardò con tenerezza la piccola che chinava il capo, umiliata, e le sorrise: “Invece hai ragione Dawnie. Il caffè lo prendo volentieri!”
    Oz si sedette, tra gli sguardi affettuosi delle Summers, e cominciò a sorseggiare la bevanda, ormai solo vagamente tiepida. Dovette fare uno sforzo sovraumano per non sputare sulla tovaglia. Aveva trascorso gli ultimi quattro mesi in Costa Azzurra, dove il caffè era denso, scuro, bollente, e adesso riabituarsi alle sciacquature americane si stava rivelando più difficile del previsto.
    “Cosa c’è? Non ti piace?” chiese Buffy notando la sua espressione disgustata.
    “No, non è questo… è che, lo sai, in Europa c’è una concezione alquanto diversa del caffè…” tentò di giustificarsi, impacciato.
    “A quanto pare, la sorellona non sa fare un caffè decente…” commentò Dawn, innegabilmente compiaciuta. Non le aveva ancora perdonato l’affronto di averle tolto la caffettiera di mano.
    “Piantala… sempre meglio del tuo!” sbottò Buffy, immusonita.
    Oz si alzò in fretta da tavola, ansioso di allontanarsi il più possibile dallo strano liquido marroncino che lo attendeva nella tazza (quella degli ospiti, con la scritta: “God bless the guest”). “Adesso devo proprio andare, ragazze. Ancora grazie!”
    Salutò Dawn, e Buffy lo accompagnò alla porta. La Caciatrice era ansiosa. Sin dal momento in cui Oz era rientrato in cucina, parlando di un amico all’aeroporto, il suo pensiero era immediatamente corso ad Angel. E chi altri? Insomma, era amico di Oz e gli aveva chiesto – ne era convinta – di tenerla d’occhio. La conseguenza più logica sarebbe stata una sua visita. Non sapeva se esserne felice o meno, ma non sopportava tutti questi sotterfugi.
    “Oz…”
    “Si?”
    “E’ Angel, vero?”
    Oz restò per un attimo interdetto da quella domanda. Dopo una breve pausa, scosse la testa: “No. Ma, se Angel volesse mettersi in contatto con te, non avrebbe bisogno del mio aiuto!”
    Buffy annuì leggermente, pensierosa. Oz aveva ragione. Aprì la porta e abbracciò l’amico, sorridendo al ricrordo della bizzarra Sunnydale High, e degli anni lì trascorsi. Oz sembrò pensare la stessa cosa, perché quando si staccarono le disse: “Sei sempre la solita, Buffy… hai rischiato di stritolarmi!”
    La Cacciatrice ridacchiò: “Scusa… deformazione professionale!”
    Si salutarono un’ultima volta; poi Oz raggiunse il Suzuki parcheggiato nel vialetto, vi salì, mise in moto, anche se a fatica, ed uscì in retromarcia dla giardino.



    Volo A16L Los Angeles/Cleveland - Vincitore h 1:00 A.M

    Spike si abbandonò contro lo schienale della poltroncina amaranto e sospirò, vittorioso. Ce l’aveva fatta! Ora più nessuno poteva fermarlo.
    Ripensò con soddisfazione alla breve colluttazione con Angel, orgoglioso di aver avuto la meglio nonostante il suo attuale stato di semplice umano. Poi, pian piano, il compiacimento lasciò spazio alla preoccupazione. C’era qualcosa di strano nel modo in cui si erano svolte le cose. Non era da Angel mostrarsi tanto compassionevole e, soprattutto, arrendevole, quando si trattava di Buffy. Era probabile che avesse in mente qualcosa… qualche tiro mancino da giocargli…
    Ma adesso non voleva pensarci. Non voleva pensare a niente che non fosse Buffy. La sua incantevole Buffy.
    Guardò il medaglione luccicante che teneva in grembo e sorrise, con un velo di malinconia, ripensando a quel giorno ormai lontano in cui il prezioso gingillo gli era stato donato. Ricordava ancora la dolcezza con cui lei gli aveva accarezzato la guancia – ora tumefatta a causa di Angel…
    Riusciva ancora a sentire il profumo di quei capelli dorati, di quella pelle calda e vellutata… quel respiro calmo e regolare contro il suo petto, mentre lei dormiva tra le sue braccia… Buffy. Meravigliosa, magica Buffy. “Cosa mi hai fatto, piccola strega?”
    Prese a giocherellare con l’amuleto, incantato dal modo in cui la luce si rifletteva tra le mille sfaccettature brillanti. E, improvvisamente, specchiandosi nei cristalli iridescenti, una domanda si fece largo nella sua mente, fino ad oscurare prepotente tutte le altre.
    Se Buffy si trovava a Cleveland… che fine aveva fatto l’Immortale?
    Il pensiero che quel mostro l’avesse seguita in America, e che adesso facesse ancora parte della sua vita, gli dava la nausea e lo straziava allo stesso tempo. Non avrebbe mai sopportato di ritrovarla, dopo tutto quel tempo, tra le braccia di un altro. Si sarebbe ammazzato, piuttosto.
    L’aereo oscillò pericolosamente, e Spike si attaccò con più forza al sedile. “Ok!” decise “Come non detto! Non ho poi questa gran voglia di morire!”
    Era la terza, forse la quarta volta che prendeva un aereo, ma ne aveva ancora paura. Poche cose lo angosciavano come il pensiero di galleggiare nell’aria, a km e km da terra, senza alcun sostegno… Rabbrividì e strinse più forte l’amuleto. Buffo come, considerato ciò che rappresentava, quel medaglione fosse ormai diventato un portafortuna, per lui. Non se ne separava mai, perché ne traeva coraggio. In fondo, riflettè, era l’unico ricordo che aveva di Sunnydale… e di Buffy. Un tempo aveva decine di foto che la ritraevano… ma il suo grazioso altarino era stato smantellato dalla stessa Cacciatrice, più di tre anni prima, quando le aveva detto per la prima volta di amarla. Strano modo di reagire ad una dichiarazione… decisamente la ragazza non aveva un carattere facile!
    Guardò per l’ennesima volta l’orologio e trasse un sospiro di sollievo. Ancora quindici minuti e poi sarebbe atterrato.



    Los Angeles -Vinto h 1:00 A.M

    Angel gettò le chiavi del suo appartamento sulla poltrona del soggiorno, e sospirò. Si sentiva frustrato, sconfitto. Non importava il fatto che, tra meno di ventiquattro ore, avrebbe raggiunto Cleveland a sua volta… ciò che lo irritava era che quell’inetto di Spike l’avesse fregato.
    “Mi sono fatto incantare dal suo essere patetico… scommetto che l’ha fatto apposta” rimuginò, seccato. “Poco importa… non riuscirà neanche ad uscire dall’aeroporto, quando atterrerà… pensa davvero di trovare Buffy?”
    In fondo Spike gli faceva un po’ pena… dopotutto, che cos’aveva? Cosa aveva costruito di buono, nella sua vita? Non era nemmeno riuscito a trovarsi una donna…
    “A proposito” si disse Angel, dirigendosi verso il telefono “Sarebbe il caso che ringraziassi Alison per la sua lealtà… sono sicuro che quel rammollito le aveva raccomandato di non dirmi niente… tsze… magari l’ha anche minacciata…”. Sollevò la cornetta e fece per comporre il numero… ma in quel momento fu folgorato da un pensiero.
    Riagganciò immediatamente e iniziò a frugare qua e là, alla ricerca di quella rivista d’arredamento che non aveva mai letto, ma che sembrava una copertura perfetta.
    Non la trovò. E i sospetti divennero tristi certezze.



    Cleveland – Ammissioni di colpa h 1:00 A.M

    Oz correva per le strade di Cleveland a bordo del suo mirabolante Suzuki, pregando di arrivare all’aeroporto senza ulteriori incidenti. Ad un tratto “I fought the law” dei Clash risuonò con la forza di un tornado nel trabiccolo, facendone trasalire l’autista. Oz sterzò bruscamente e frenò di colpo. Estrasse il cellulare squillante da una delle tasche e fissò il display.
    Si sentì gelare.
    Angel.
    “E ora… che cavolo gli dico??” “… Pronto?”
    “Oz?! Sono io, Angel”
    “Ehi… Angel… ciao” “Aiuto!”
    “Ascolta, devo chiederti una cosa, e ti prego di rispondermi con la massima sincerità.”
    “Eeeccolo…” “Dimmi”
    “Ecco…forse potrà sembrarti da pazzi, ma… hai per caso ricevuto qualche strana telefonata, oggi?”
    “Strana… in che senso?” “Quella di uno pseudo vampiro parzialmente defunto è abbastanza strana?”
    “Strana del tipo… Spike!”
    Oz finse un goffo colpo di tosse, nel tentativo di prendere tempo, ma Angel: “Oz, dì la verità!”
    “Al diavolo…” “E va bene, si… mi ha chiamato poco fa. Non sapevo neanche chi fosse… più o meno… e comunque non avevo idea che avesse il mio numero!”
    “Infatti lui non l’aveva… l’ha preso da me… fortunatamente l’avevo imparato a memoria…”
    “Che fortuna…” “Uh… bene!”
    “Oz, Spike ti ha chiesto… insomma… che cosa ti ha chiesto Spike?”
    “Tanto vale…” “Mi ha chiesto di aiutarlo. Ha detto che stava venendo qui… per Buffy, e…”
    “Buffy! Lei… lei lo sa?”
    “No, non ancora… ma credo che lo scoprirà presto…”
    “E tu hai accettato?”
    Oz pregò che, per un eccezionale colpo di fortuna, cadesse la linea. Ma non fu così: “Io..si”
    Silenzio. Silenzio di tomba.
    Oz si sentiva terribilmente in colpa, adesso: “Angel, cosa potevo fare? Voglio dire, se tu l’avessi sentito! Sembrava così… triste… non so… ho pensato che… potesse essere la cosa migliore da fare. Non solo per lui… per Buffy”
    Quelle parole gelarono Angel. Solo nei suoi più terribili incubi - oppure nei momenti in cui si sentiva davvero a terra – aveva preso in considerazione l’idea che Buffy… potesse essere contenta di rivedere Spike. Era inammissibile… inaccettabile…
    Impossibile?


    “… è nel mio cuore”

    Quei pensieri non gli piacevano affatto. Meglio riprendere il controllo: “Sono sicuro che Buffy non ha bisogno che lui torni a tormentarla… ma se ne accorgerà da solo. Ho cercato di farlo ragionare, ma quando mai Spike fa quello che dovrebbe?! Alla fine l’ho lasciato andare… mi ha fatto pena… non ti biasimo per averlo aiutato, nelle sue condizioni si farebbe compatire da un senzatetto!”
    Oz non si lasciò ingannare dal tono di voce – rabbioso e carico di arroganza – dell’amico. Riusciva distintamente a percepirne la paura… l’irrazionale timore di non occupare più il posto d’onore nel cuore della Cacciatrice. La vergogna di aver perso l’eterna battaglia con il suo peggior nemico. La rabbia di chi si sente messo da parte. “Non è lui che mi fa pena, Angel…” “Si, forse hai ragione” disse semplicemente Oz, ritenendo più opportuno assecondarlo “Ti ringrazio per aver capito la mia situazione… temevo che ti saresti infuriato”
    “Non sono così infantile… dopotutto, ho una certa età!” scherzò Angel, ma l’ironia nella sua voce era impastata d’amarezza.
    “Già… allora… cos’hai intenzione di fare, adesso?” azzardò Oz, seguendo la freccia segnaletica che indicava l’aeroporto.
    Angel parve quasi indignato: “Se ti riferisci alle mie intenzioni di raggiungere Cleveland domani, non vedo proprio perché dovrei modificare i miei piani!” “E darla vinta a lui? Mai!”
    Oz cominciava a non sapere più cosa dire: “Bene, allora… ci vediamo domani!”
    “Certo, a domani! Ciao… ah… salutami Buffy!”



    Aeroporto di Cleveland – Casa dolce casa h 1:15 A.M

    Era arrivato.
    La Bocca dell’Inferno gridava la sua energia.
    E lui la sentiva.
    La percepiva… i vampiri… le Cacciatrici…
    E fra loro…
    La Cacciatrice.

    Oz guardò l’orologio e allungò il passo. Stava attraversando il parcheggio dell’aeroporto, dove aveva posteggiato il Suzuki. Le parole di Angel gli eccheggiavano ancora nella mente: “Sono sicuro che Buffy non ha bisogno che lui torni a tormentarla…”
    E, a queste, si aggiungevano e sovrapponevano, in netto contrasto, quelle di Buffy: “E’ che… lui mi manca così tanto!”
    “Ho fatto la cosa giusta” si disse Oz, oltrepassando le grandi porte a vetri dell’aeroporto.

    Spike uscì dal cancello d’imbarco e si guardò intorno. Poche persone. Del resto, era notte fonda. Non sarebbe stato diffcile individuare… chi? Non aveva neanche una faccia, per lui…
    Studiò le persone al cancello d’imbarco, in attesa dei propri amici e parenti. Donne. Scartare. Uomini di mezza età, o comunque sopra i trenta. Scartare. Una o due famiglie. Scartare.
    “Dove diavolo sei?!”

    Oz si avvicinò alla fila di passeggeri appena atterrati, che scemavano in ogni direzione. Si guardò intorno. Ricordava vagamente uno strano tizio vestito di nero, dai capelli vistosamente decolorati. Si chiese quanti potessero rispondere alla descrizione. Perlustrò l’ambiente.
    E lo vide.

    “E’ lui! Deve essere lui!”
    Spike guardò il mingherlino dalla camicia a scacchi e i capelli rossi che era appena apparso all’orizzonte. Era l’unico che potesse in qualche modo corrispondere all’immagine che si era fatto...
    Gli andò in contro trascinando senza fatica il borsone nero. “Mi sta guardando. E’ lui!”
    “Oz?!” esclamò, con un certo tono interrogativo nella voce.
    “Spike?!” ribattè l’altro, sollevato.
    Si erano trovati.

    “Dimmi di Buffy” furono le prime parole pronunciate da Spike appena furono fuori dall’aeroporto.
    Oz esitò prima di formulare una risposta: “Bè, l’ho incontrata al cimitero e mi ha invitato a dormire da lei e Dawn” specificò, per chiarire ogni possibile dubbio sul suo rapporto con Buffy “Poi mi è arrivata la tua telefonata, le ho detto che dovevo fare un favore ad un amico e… eccomi qui”
    Spike annuì, ma non era ancora soddisfatto: “E, dimmi, lei… si, insomma, come sta? E anche Briciola… stanno bene?”
    Oz era quasi impressionato dalla dolcezza con cui il vampiro aveva pronunciato quelle parole: “Bene… credo” Non potè a meno di ripensare al colloquio nel cimitero con la Cacciatrice.
    Nel cervello di Spike scattò un campanello d’allarme: “Come… che vuoi dire?”. Il benessere di Buffy e Dawn era sempre stato al primo posto, per lui.
    Oz si chiese fin dove potesse spingersi con la narrazione, dal momento che Buffy avrebbe sicuramente preferito che il suo sfogo restasse segreto: “Bè, Dawn mi è sembrata in ottima forma, ma… Buffy…”
    Spike gli si parò davanti: “Buffy…?!”
    Oz sospirò: “Ecco, vedi… quando ci siamo incontrati, al cimitero, lei…” Spike pendeva letteralmente dalle sue labbra “…mi è sembrata molto triste”
    Spike sentì il cuore stringersi in una morsa. Il solo pensiero che la sua Buffy soffrisse lo faceva impazzire: “Triste… perché?!”
    “E’ proprio questo il bello” “Per… te”
    Sconvolto com’era, Spike quasi non si accorse che si erano fermati davanti ad un vecchio furgone bianco coperto di disegni psichedelici. “Eccoci… sali” gli dsse Oz aprendo la portiera e sedendosi al posto di guida. Come un automa, Spike fece il giro del veicolo e salì dall’altro lato, accanto ad Oz. Non aveva la minima intenzione di abbandonare la conversazione, però: “Che significa che è triste per me?!”
    “Sarà pure un tenerone, ma quanto ad intuito…” “Bè, lei non sa che tu sei… tornato. Ti crede ancora morto, e… ne soffre”
    “No, non è possibile… qui c’è qualcosa che mi sfugge…” “Ma… io credevo… voglio dire, dopo tutto questo tempo…” “No… è un sogno… un incubo… un sogno…”
    Oz sterzò per uscire dal parcheggio e si voltò verso Spike: “Non spetta a me parlarne… presto sarai da Buffy, e chiarirete tra voi” tagliò corto.
    Spike si sentiva terribilmente svuotato. Si rilassò contro lo schienale del sedile, sospirando. Cercò di immaginarla… la sua Buffy che piangeva… che fissava il vuoto con gli occhi spenti, fingendo di stare bene… come aveva sempre fatto, del resto.
    Fingere… e tutto perché…

    “Essere la Cacciatrice mi ha reso diversa”

    Ma lui non amava la Cacciatrice. Non solo quello, almeno. Lui amava Buffy, quella piccola e fragile che solo davanti a lui si era sfogata davvero… e amava l’incantevole dea della guerra, quella che combatteva sempre, contro demoni, mostri, vampiri, ma soprattutto contro sé stessa.
    E adesso… l’avrebbe rivista. Il pensiero gli diede un brivido. Non aveva idea di quale sarebbe stata la reazione, ma quasi non gli importava. Tutto ciò che contava era rivederla, incrociare quel suo sguardo magnetico ancora una volta, sentirla, avvertire la sua essenza, il suo calore, il suo profumo… “Ti voglio, amore. Ti voglio adesso”


    Casa Summers – Una notte agitata h 1:15 A.M

    Buffy si rigirò nel letto, cullata dal fruscio delle lenzuola di raso contro la sua pelle accaldata. Guardò la sveglia sul comodino e sbuffò. Non era più abituata ad andare a dormire così presto. Generalmente la ronda la teneva impegnata per buona parte della notte, ma a Cleveland era tutto diverso.
    Dopo aver salutato Oz, Dawn, ancora imbronciata, era andata a letto, e Buffy aveva fatto lo stesso, più per noia che per altro. Ma adesso non riusciva a prendere sonno, e il caldo la tormentava. Da bambina, quando non riusciva ad addormentarsi, correva a rifugiarsi tra le braccia della mamma, che le permetteva di dormire nel letto con lei e il papà. “Oh mamma… dove sei?”
    Girò il cuscino nel tentativo di rinfrescarsi, ma inspiegabilmente entrambi i lati del guanciale sembravano bollenti. Piccole gocce di sudore le imperlvano ormai la fronte. L’oscurità della stanza, rischiarata solo dalla fioca luce lunare che filtrava tra le imposte, era opprimente. Non aveva mai avuto paura del buio – una Cacciatrice non poteva averne – ma da qualche mese la notte l’angosciava, e le tenebre portavano tristi ricordi.

    “Tu appartieni alle tenebre, come me. Vieni nel mio mondo… può darsi che ti piaccia”

    Lo sentiva, lo sentiva ancora. Sentiva la sua voce suadente sussurrare parole profetiche, sentiva il suo profumo, forte e muschiato, sentiva l’immenso calore che quelle braccia tanto fredde riuscivano a darle. Lo vedeva. Vedeva i suoi occhi blu scavarle nell’anima, la sua sagoma cupa e sottile stagliarsi contro la luce della luna, i suoi vistosi capelli biondi dalle acconciature improbabili…
    Era un calvario. E la notte tutto era più difficile, amplificato.
    Soprattutto da quando era tornata. Dopo aver vissuto per quasi un anno da ragazza normale, senza incombenze come la ronda e gli allenamenti, trasferirsi a Cleveland era stato come un brusco catapultarsi nel passato. Con tutto ciò che questo comportava.
    A Roma non c’era stato modo per rimuginare, per ricordare la sua vecchia vita. Il lavoro in palestra – date le sue notevoli abilità nel campo, aveva cercato e ottenuto un posto da istruttrice in un centro estetico – e, si, anche la storia con “l’Immortale”, avevano contribuito a tenere lontani, almeno un po’, pensieri e recriminazioni. Ma con il trasferimento, la situazione era precipitata.
    Si girò liberandosi delle lenzuola divenute roventi. La cosa peggiore, pensava, era il non poterne parlare. Troppo tempo era passato, troppe cose erano accadute, perché qualcuno potese ancora serbare il ricordo di quello strano vampiro buono. La morte di Spike – Spike… da quanto tempo non pronunciava quel nome – era stata un gran brutto colpo per Dawn. Quante volte l’aveva vista piangere e l’aveva consolata, resistendo al feroce impulso di far compagnia al suo dolore. Ma il tempo, il trasloco a Roma e Giulio (il suo ragazzo italiano) avevano guarito le ferite della piccola Chiave, che dopo qualche mese aveva ripreso il controllo della sua vita. In questo aveva dimostrato una grande forza, forza che sua sorella, la Cacciatrice, non riusciva a trovare. Certo, Dawn non era mai stata vicina a Spike quanto lo era stata lei… ma…

    “Oh, per favore… noi non siamo mai stati vicini!”

    Di nuovo lo sguardo corse alla sveglia. Esasperata, Buffy si tirò su di scatto, si alzò e raggiunse la finestra. Tirò le tende per far filtrare più luce. Sbirciò la strada attraverso le fessure. Deserta e tranquilla, come del resto l’intera città. Cominciava ad odiare quel posto, che la rendeva così claustrofobica.
    Arrendendosi alla mancanza di sonno, si avvicinò ad un cassettone, dov’erano posati una spazzola e una piccola radio con cuffie. Ultimamente la musica era la sua valvola di sfogo, la sua ancora di salvezza, la sua distrazione. Peccato che ogni dannata canzone sembrasse parlare della sua vita… Prese la radio e tornò a letto. Indossò le cuffie, accese l’apparecchio e lo sintonizzò sulle frequenze dell’emittente locale. Il ritornello di una vecchia canzone la colpì come un pugno alla bocca dello stomaco.

    … Goodbye to you
    Goodbye to everything I thought I knew
    You were the one I loved
    The one thing that I tried to hold on to…

    Le sfuggì un gemito. Il cervello girdò al resto del corpo di fare qualcosa, qualunque cosa per interrompere quella tortura, ma ogni muscolo sembrava paralizzato. Imperterrita, implacabile, incurante del suo dolore, Michelle Branch proseguì.


    …And it hurts to want
    Everything and nothing at the same time
    I want what’s yours and
    I want what’s mine
    I want you
    but I’m not giving in this time…

    Finalmente un dito si ribellò e premette con forza inaudita un pulsante rosso. Scese la quiete.

    “E’ vero… ti voglio. Ti voglio disperatamente”

    Immersa in quell’oscurità che le apparteneva, sola con i ricordi di un passato agrodolce, la Cacciatrice pianse in silenzio.



    Cleveland – In viaggio h 1:30 A.M

    Il Suzuki arrancava gemendo lungo la strada di ciottoli. Spike tamburellava con le dita sul finestrino, a ritmo di una delle sue canzoni preferite (“The KKK took my baby away” dei Ramones). Così facendo scaricava la tensione. Lanciò un’occhiata all’orologio sul cruscotto. Gli sembrava di essere in viaggio da ore. Guardò fuori dal finestrino semiaperto. Poche case buie si stagliavano contro il cielo stellato, la luna visibile per metà rischiarava i dintorni. La notte era calda e secca, come piaceva a lui. Da vampiro non aveva preferenze – il suo sangue freddo non gliene dava motivo - ma adesso riassaporava il gusto dell’estate.
    Si voltò verso il suo compagno di viaggio. Una mano reggeva il volante, l’altra sventolava una rivista per farsi aria. Fischiettava tranquillo e guardava dritto davanti a sé. Spike si sorprese ad invidiarlo. Era così rilassato! Si sforzò di concentrarsi sulla musica. Joey Ramone meritava un po’ più d’attenzione, dopotutto.

    … She went away for the holidays
    Said she’s going to L.A…

    Ascoltando i versi della canzone non potè fare a meno di ripensare a Los Angeles. Se l’era lasciata alle spalle senza pensarci due volte, spinto dallo smodato desiderio di rivedere la sua Buffy… ma, doveva ammetterlo, gli sarebbe mancata quella città, nel caso… nel caso non avesse avuto bisogno di tornarci. Se le cose con Buffy fossero andate in un certo modo, non avrebbe più lasciato Cleveland. Il pensiero di tornare a vivere a pochi passi da lei lo esaltava. Erano stati così lontani…

    … The KKK took my baby away
    They took my girl
    They took my baby away…



    Casa Summers – Spuntino notturno h 1:40 A.M

    Buffy scese le scale tenendosi al corrimano. Con la mano libera si ravviò i capelli e asciugò la fronte madida. Quella camera buia era diventata un insopportabile antro di tortura, così aveva deciso di aventurarsi di sotto. Ma quando arrivò davanti la porta chiusa della cucina, vide con sorpresa che la luce era accesa. Senza pensarci troppo abbassò la maniglia e spinse contro il legno, rivelando… Dawn. Le dava le spalle, e sembrava intenta a combinare qualcosa.
    “Ehi!” esclamò Buffy, stupita. La ragazzina si voltò di scatto, trasalendo.
    “Oh, Buffy” Dawn sospirò sollevata “Mi hai fatto prendere un colpo”
    “Cosa combini? Credevo che stessi dormendo” obiettò la Cacciatrice, insospettita dall’aria furtiva dell’altra.
    “Ci ho provato, ma mi è venuta una fame! Quasi quasi rimpiango i vecchi hamburger del Doublemeat…” scherzò Dawn, posando sul tavolo una vaschetta di gelato al cioccolato appena presa dal freezer.
    “Uhm, proprio uno spuntino sano, non c’è che dire!” commentò severamente Buffy, ma poi sorrise e si sedette accanto alla sorella, che le porse compassionevole un cucchiaino.
    “Prego, serviti!” Si avventarono entrambe sulla vaschetta.
    “Tu, piuttosto, come mai ancora sveglia?” chiese Dawn, lottando contro il cucchiaino della sorella per accaparrarsi una porzione di gelato più grande.
    Buffy optò per la risposta più semplice e breve: “Non ho sonno. Una Cacciatrice è abituata a ben altri orari, lo sai. E poi, con questo caldo…”
    Dawn annuì comprensiva, ma qualcosa nell’espressione della sorella la insospettì. La guardò con maggiore attenzione, ma tutto ciò che vide fu indifferenza. Rinunciò.
    Buffy decise di cambiare argomento: “Allora, come sta Giulio?”
    Dawn fece una smorfia, infastidita dal tono di ironica malizia con cui Buffy soleva rivolgersi quando si parlava di ragazzi: “Bene” rispose seccamente, ma poi decise di essere più loquace “Le solite cose… dice che gli manco, che non può vivere senza di me… bla, bla, bla” Dawn si sforzò di apparire annoiata, ma dalla sua voce trapelava un immenso compiacimento.
    Buffy ironizzò: “Certo, e vedo che la cosa ti dà molto fastidio…”
    Dawn sorrise, e Buffy si scoprì ad invidiarla, invidiarla maledettamente. Per sua sorella l’amore era un bellissimo dono, una scoperta ogni giorno più dolce, mentre per lei… L’amore l’aveva ferita, dilaniato il suo povero cuore stanco, l’amore l’aveva solo resa più debole e sola. Ancora una volta i ricordi le punsero il cuore sanguinanate. Angel… Dio, lo amava così tanto. Lui era la sua vita. E naturalmente, com’era andata a finire? Prima lei l’aveva ucciso, poi lui l’aveva lasciata!
    E Riley… quello per Riley era stato un amore diverso, così rassicurante, in confronto al precedente… ma poi, si chiese, l’aveva mai amato davvero? Anche lui, come Angel, l’aveva abbandonata, e lei ne aveva sofferto, si… ma per quanto? Qualche settimana al massimo. No, decisamente Riley non poteva figurare tra gli amori più importanti della sua vita…
    E poi c’era Spike. Il suo sbaglio più grande. Il dolore della sua perdita era ancora così nitido, vivo, pungente…
    Aveva sbagliato tutto con lui, sin dal principio. E adesso si vergognava, si vergognava profondamente, e non per averlo amato, ma per non averglielo mai saputo dimostrare. Si vergognava per avergli inferto tutto quel dolore gratuito, salvo poi rifugiarsi tra le sue braccia quando più le faceva comodo. Ma, più di ogni altra cosa, Spike era il suo rimpianto… rimpianto di non aver vissuto quell’amore così bello, così puro, così perfetto. Ed era il suo rimorso… rimorso per aver soffocato quel sentimento, per averlo negato con tutte le forze, fin quasi alla fine.
    Già… la Fine…
    Le fiamme distruttrici avevano portato via tutto: lui, e una parte di lei con lui.
    Ma, certo, lo spettacolo doveva andare avanti! Bisognava dare al mondo ciò che voleva. Una Cacciatrice senza macchia e senza peccato, senza dolore nè paura, magari senza un passato. Ma lei un passato l’aveva, e continuava ad immergervisi, incapace di andare avanti.
    “Buffy?!”
    La voce di Dawn la richiamò alla realtà: “Si?”
    Sua sorella la stava guardando come se cercasse di analizzarla, e questo la irritava: “Va tutto bene? Mi eri sembrata un po’… assente”
    Buffy sorrise tra sé; sempre le solite domande, e mai nessuno che capisse davvero: “Certo, stavo solo pensando. Ad Oz” aggiunse subito, prevenendo la prossima, inevitabile domanda.
    Dawn assunse un’aria pensierosa, poi si portò lentamente il cucchiaino sporco alle labbra: “Effettivamente, c’è qualcosa di strano nella storia che ha raccontato. Insomma, un amico all’aeroporto? Uhmm…” mugugnò, rivolgendo le sue attenzioni alla vaschetta che aveva davanti.
    Buffy ripensò alla conversazione avuta con Oz sotto il portico: “Sai, credo anch’io che qualcosa non quadri. Ma forse, semplicemente, non sono affari nostri. Insomma, se la cosa ci avesse riguardate, Oz ce l’avrebbe detto, no?”



    Cleveland – The final countdown h 1:45 A.M

    “Ma questo trabiccolo non può andare più veloce?!” sbottò Spike guardando con disapprovazione il contakilometri. Era stufo. La strada era del tutto sgombra, ma quel nanerottolo pel di carota avanzava alla velocità di una tartaruga morente. Forse ci godeva a veder crescere la sua ansia?
    “Si, un altro po’ e si disintegra!” sbuffò Oz, seccato dai continui insulti al suo furgone “E comunque non ce n’è bisogno. Siamo arrivati”
    Spike fu come attraversato da una scossa elettrica. Mentre il furgone imboccava una tranquilla e silenziosa stradina alla loro sinistra, si sporse dal finestrino per prendere visione del posto.
    Sembrava un normalissimo quartiere residenziale di periferia: una stradina asfaltata delimitata da due file di villette tutte uguali, seminascoste da recinti di legno chiaro alti circa un metro. Non così diverso da Sunnydale, riflettè, solo miniaturizzato.
    “Eccoci”. Oz rallentò ed indicò con un fugace cenno del braccio un cancello alla loro destra. Spike si voltò in quella direzione. 147. La targa di ceramica bianca con il numero civico gli balzò immediatamente all’occhio.
    “Spiacente di non poter terminare il mio servizio da chauffeur perfetto, amico! Temo che dovrai andare da solo. Non so dove parcheggiare, e non posso farlo nel vialetto se Buffy non mi apre il cancello”. Vedendo l’espressione scossa sul volto dell’altro, Oz aggiunse: “Bè, se vuoi, si potrebbe sempre chiedere a Buffy di uscire per…”, ma Spike lo bloccò all’istante: “No!”
    Oz esitò, lanciò un’occhiata allo specchietto retrovisore, e spense il motore. Si voltò lentamente. Spike trasse un respiro profondo e guardò la casa. Casa Summers. Buffy. Briciola. Buffy. Per un attimo, breve ma terribile, si lasciò prendere dal panico e deglutì. Aveva desiderato così ardentemente di vederla, e adesso sentiva tutto il coraggio venirgli meno. Ma non poteva tirarsi indietro. Non poteva, e non l’avrebbe fatto. Il destino l’aveva condotto lì, e il destino avrebbe in qualche modo provveduto a tutto. Certo, era fin troppo comodo pensarla in quel modo, ma così facendo s’illudeva che sarebbe andato tutto bene.
    Sospirando, si voltò verso Oz: “D’accordo… vado”. Gli lanciò un’ultima occhiata e abbozzò un sorriso. In fondo se lo meritava, era stato molto più che uno chauffeur perfetto. “Che dire, allora… grazie di tutto!”
    Oz gli restituì il sorriso: “Figurati”. Stava per aggiungere che sarebbe sempre stato a disposizione, se qualche altro ex di Buffy fosse arrivato dall’estero chiedendo il suo aiuto, ma pensò ad Angel e si trattenne. “In bocca al lupo…”
    Spike annuì con un sorriso teso sul volto. Dopodichè, un po’ impacciato, gli diede una lieve pacca su una spalla e scese dal furgone.

    Il vialetto sembrava lungo kilometri.
    Spike avanzava a passi lenti e cadenzati, il più silenziosamente possibile. Se avesse fatto anche solo un minimo rumore, i sensi super sviluppati della Cacciatrice lo avrebbero captato, e allora sarebbe stata la fine. Riusciva solo vagamente ad immaginare cosa sarebbe successo, se Buffy si fosse affacciata alla finestra e l’avesse visto sfilare come un cretino nel suo giardino… ah e poi, certo, c’era anche il piccolo particolare che lei lo credeva morto e sepolto…
    “Allora, qual è il piano?” chiese a se stesso. Si rispose: “Non c’è un piano. Non hai nemmeno uno straccio di piano, William! Ma insomma, cosa ti aspettavi? Che ci sei venuto a fare qui?? Tornatene a Los Angeles, tra i tuoi simili… gli ex vampiri infelici e frustrati con le borse sotto gli occhi!” L’altro se stesso replicò: “Io non ho le borse sotto gli occhi!” “Non riesci ad accettare la realtà? Eppure adesso non hai più la scusa che non puoi vederti allo specchio!” “Chiudi il becco!”
    L’intima lotta tra le due parti di lui – quella cinico/realistica e quella speranzoso/narcisa – lo stava esasperando. Istintivamente si portò una mano allo zigomo, in parte per controllare se fosse ancora visibile il segno dello scontro con Angel, e in parte per appurare la veridicità delle parole della sua parte cinico/realistica. Dopo essersi assicurato di non risultare troppo “ammaccato”, allungò il passo.
    Troppo.
    In un attimo si ritrovò sotto il portico di Casa Summers, con la terribile voglia di tornare indietro.
    Ma non poteva… no…
    Si ritirò nell’ombra, per non essere visibile dalla casa, e sbirciò discretamente attraverso una finestra del pianterreno. Intravedeva un soggiorno immerso nel buio – riconosceva il profilo dei divani - e nient’altro. Si portò davanti ad un’altra finestra. Da lì la vista era già più interessante. Vide una sala illuminata, con un frigorifero e… era la cucina. Ma un pilastro di legno gli impediva una visuale completa. Se non altro, pensava, almeno adesso aveva la certezza che qualcuno fosse ancora sveglio, all’interno.
    In quel momento sentì una voce e rizzò le orecchie. Non riusciva a distinguere le parole ma… era sicuramente una voce femminile. Buffy? Non poteva esserne certo.
    In ogni caso, servì a dargli coraggio. Oltre quella porta poteva esserci la sua salvezza… o la sua condanna… ma, qualunque cosa fosse, doveva scoprirlo.
    Risalì i gradini del portico e sfiorò il campanello accanto lo stipite, senza il coraggio di premerlo. Sospirò un’ultima volta e si maledì per l’intollerabile mancanza di stoicismo che l’aveva assalito.
    “O la va…” pensò, e premette il bottone bianco.










    Casa Summers – Il ritorno 1:50 A.M

    “Direi che sia il caso di farla finita, con questa roba!” esclamò Buffy chiudendo la vaschetta di gelato con un colpo secco.
    Dawn sbuffò, contrariata: “Non capisco perché sei sempre tu che decidi quando si può fare una cosa e quando…”
    La risposta dell’altra arrivò fulminea: “Perché sono io la sorella maggiore! E Cacciatrice, per di più!” aggiunse con un sorriso eloquente.
    Dawn arricciò il naso: “Guarda che, tecnicamente, io sono molto più anziana di te! Uff, mi chiedo proprio quali siano i vantaggi di essere la Chiave…”
    Buffy sorrise, condiscendente: “Che ci vuoi fare sorellina…” le passò accanto e le posò un bacio sulla fronte, mentre riponeva il gelato nel freezer “Sarà meglio che tu vada a letto, adesso.”
    Dawn sospirò: “D’accordo… tu che fai?”
    Buffy esitò per un attimo. Il pensiero di tornare nella sua stanza l’angosciava, ed, egoisticamente, desiderò che Dawn non riuscisse a prendere sonno per poter passare la notte con lei e sentirsi un po’ meno sola. “Non lo so… probabilmente tra poco vado anch’io” fu l’incerta risposta.
    Dawn annuì e si avvicinò alla sorella per il bacio della buonanotte… ma l’inatteso suono del campanello le interruppe.
    Entrambe trasalirono.
    “Chi può essere a quest’ora?!” chiese Buffy accigliandosi.
    Dawn fece spallucce: “Sarà Oz che ha cambiato idea e ha deciso di dormire qui!”
    Buffy non sembrava convinta: “Tu dici?”
    Dawn si avviò alla porta, ma la sorella restò a guardarle le spalle, pronta ad intervenire. Sulla Bocca dell’Inferno, la prudenza non era mai troppa…

    Dawn aprì la porta.
    Fu come se tutto andasse al rallentatore…

    Sulla soglia c’era Spike.

    Dawn sgranò istintivamente gli occhi e si appoggiò allo stipite, avvampando.
    Davanti a lei, Spike sorrideva teneramente, gli occhi blu che brillavano d’emozione. La sua Briciola era così cresciuta… “Cavolo, sembro un vecchio zio!” si rimproverò mentalmente.
    Fece per dire qualcosa, ma una voce che proveniva dall’interno della casa lo bloccò.

    Buffy vide sua sorella immobile sulla soglia, quasi accasciata contro la porta, e si spaventò: “Dawn, che succede?”
    Spike riconobbe la voce e trasalì. Dawn fece lo stesso.
    Buffy fece per raggiungere l’ingresso, ma la sorella tentò di bloccarla: “Buffy, non…”
    Fu inutile.
    Buffy apparve alle spalle di Dawn per guardare in faccia l’ospite.

    In un attimo furono occhi negli occhi. Blu oceano e verde smeraldo annegarono l’uno nell’altro in un caleidoscopio di emozioni, pensieri, ricordi.
    Buffy cercò di deglutire, ma aveva la salivazione azzerata.
    Spike non batteva le palpebre per non privarsi, nemmeno per un istante, di quella dolce visione.

    Ma non durò. La voce tremante di Dawn infranse il silenzio: “…Dio… Spike!? Sei…?”
    Spike spostò lo sguardo da Buffy a Briciola e sorrise, incapace di fare altro.
    Dawn aveva gli occhi che le brillavano di gioia. Fece per gettare le braccia al collo del vampiro… ma un grido secco la bloccò.

    “No!” abbaiò Buffy, voltandosi di scatto verso la sorella.
    Dawn si immobilizzò all’istante, guardandola come se fosse un’aliena: “Ma Buffy… cosa…?”
    Anche Spike sembrava confuso. La sua mente era assediata da pensieri, e non tutti piacevoli.
    Gli occhi gelidi della Cacciatrice scrutarono la figura in piedi sulla soglia con un odio sempre crescente.
    Per un attimo… era stato bellissimo.
    Pensare che lui fosse tornato… che fosse di nuovo lì… sarebbe stato così bello poterci credere!
    Ma naturalmente, lo sapeva benissimo, quello lì non poteva essere lui.
    E non perché non gli somigliasse – era così identico da far male – ma perché, semplicemente…
    Non era lui.
    Qualunque cosa fosse, comunque, meritava un’esemplare punizione… per essere riuscito a colpirla lì dove faceva più male.

    Così, in un lampo di secondo, Buffy colpì quel viso orrendamente bello con un pugno tale da farne volare il proprietario.
    Dawn trasalì mentre Spike ricadeva al suolo, qualche metro più in là, nel giardino.
    “Buffy! Che diavolo..?!” esclamò Dawn sconvolta, guardando la sorella come se neanche la riconoscesse.
    Gli occhi della Cacciatrice erano due inquietanti fessure di morte: “Và in camera tua, Dawn” mormorò, fissando il corpo di Spike accasciato nell’erba.
    Dawn era inorridita: “Cosa… perché l’hai fatto?!”
    “Và in camera tua e restaci!” gridò Buffy volgendo lo sguardo alla sorella. Sul volto della prima era impressa una furia inaudita. Quello della seconda era praticamente in lacrime.
    Dawn lanciò un’ultima occhiata a Spike, che si stava risedendo nell’erba, e se ne andò, senza alcun rumore e senza uno sguardo alla sorella.

    “A noi due” pensò Buffy, raggiungendo a passo svelto la figura scura seduta nel prato.
    Spike non ebbe neanche il tempo di pensare.
    Una morsa d’acciaio gli strinse il collo costringendolo a rialzarsi, e un secondo pugno lo colpì all’occhio destro. Si ritrovò di nuovo per terra ed emise un gemito soffocato.
    “E così, sei tornato, eh?” ringhiò la Cacciatrice.
    Spike cercò di formulare qualcosa di sensato da dire, ma Buffy lo sollevò di nuovo tenendolo sospeso davanti a sé, e guardandolo con più disprezzo di quanto non avesse mai fatto.
    Quegli occhi ora verdi di rabbia gelarono Spike: “Non era esattamente questa l’accoglienza che mi aspettavo…” si sentì dire, senza essersi veramente accorto di aver parlato.
    Buffy digrignò i denti e lo schiaffeggiò: “Oh, scusami tanto! Se avessi saputo del tuo arrivo, ti avrei preparato una torta!” sbottò, mordendosi subito dopo il labbro inferiore. Quello che lei stessa aveva detto l’aveva turbata terribilmente, gettato sale sulla sua ferita, ora più aperta che mai. Quelle parole che si era sentita dire proprio da lui…
    Spike sgranò gli occhi, incredulo. Che fine aveva fatto la sua Buffy? Chi era quel mostro, quella macchina della distruzione che gli stava davanti? Quella creatura che si prendeva addirittura gioco di lui, a distanza di tutto quel tempo…
    Buffy lo colpì ancora e lo lasciò cadere per terra, mentre una strana consapevolezza si faceva strada in lei.
    Poteva toccarlo.
    Poteva colpirlo, aveva una consistenza…
    C’era qualcosa di terribilmente sbagliato in tutta quella storia.
    Possibile che il Primo si fosse potenziato fino a quel punto?
    “D’accordo. Posso toccarti, il che significa che, evidentemente, l’aria di Cleveland ti ha fatto bene… Adesso sei addirittura corporeo! I miei compliementi, così adesso i tuoi trucchetti risulteranno ancora più realistici!”
    Quelle parole, pronunciate con tanta rabbiosa ironia, furono una rivelazione per Spike.
    “Oh merda…” pensò, mentre tutto, improvvisamente, cominciava ad avere un senso.
    Il Primo!
    Buffy pensava che… che lui fosse il Primo!
    L’ironia della situazione fu tale da farlo ridacchiare, ma fu un grave errore.
    Appena notò quella risatina, la Cacciatrice sentì la rabbia divampare in tutto il corpo, bruciando come fuoco. Con tutte le sue forze, sferrò un poderoso calcio nel fianco di Spike, che rantolò e sputò del sangue per terra. L’erba lì accanto si tinse di un sinistro color ruggine.
    “Per tua sfortuna, però, io non sono così ingenua da cadere nei tuoi sporchi tranelli!” esclamò Buffy. Un altro calcio. Spike boccheggiò e cercò di ribellarsi, ma la furia della Cacciatrice era incontrollabile.
    “Io non so cosa tu voglia ancora da me…” Calcio di Buffy e gemito di Spike.
    “Evidentemente non ti è bastato distruggere la mia vita, la mia città e le persone che amavo!” Fece per colpire di nuovo, ma Spike stavolta fu più veloce e rotolò di lato, per poi rimettersi frettolosamente in piedi. Doveva assolutamente reagire, spiegarle, altrimenti l’avrebbe massacrato.
    “Buffy!”
    La sua voce…
    La Cacciatrice sentì il cuore balzarle in gola. Sapeva che era stupido, che era sbagliato, che si stava solo aggrapando ad un’illusione, eppure…
    La sua voce…
    Sembrava così maledettamente reale!
    Con orrore, si rese conto che gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime, e li asciugò con un gesto rabbioso. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era mostrare a… quell’essere – ormai non era più nemmeno sicura che si trattasse del Primo – quanto il suo piano stesse funzionando.
    Spike la vide asciugarsi le lacrime con un atto di stizza e si sentì morire. Stava… stava piangendo. E non c’erano dubbi sul motivo…
    “Buffy!” chiamò di nuovo, con voce dolce. “Sono io!”
    Poche parole, pronunciate con la sua voce, e con quel tono, fecero crollare ogni sua certezza.
    “E se… e se davvero…?” pensò Buffy, mentre lentamente la Cacciatrice scivolava via, lasciando il posto ad una giovane donna in lacrime con un disperato bisogno di credere.
    Credere in lui… nelle sue parole… nella bontà del destino… in qualunque cosa, ma voleva credere!
    Spike provò l’irresistibile impulso di abbracciarla, mentre la vedeva lì, davanti a lui, così piccola e fragile, ma si trattenne. Non voleva rischiare di distruggere quel momento.
    “Provalo!”
    Buffy aveva parlato con la voce incrinata dall’isteria, troppo scossa al pensiero di quello che stava accadendo. Non riusciva a pensare a cosa sarebbe successo se…
    Spike fece schioccare la lingua, perplesso. Era in difficoltà. Insomma, lui era Spike, eppure… come diavolo fare per provarlo??!
    Poi, ad un tratto, sul suo volto si dipinse un sorriso malizioso: “Bè, al momento mi viene in mente solo un modo per presentarmi, Cacciatrice, ma non so se sia il caso…”
    Buffy cercò di interpretare quelle parole, ma non ci riuscì: “Fallo e basta!” esplose.
    Spike, che aveva segretamente pregato per quella risposta, non aspettò oltre.

    Braccia forti e delicate attirarono la Cacciatrice per i fianchi, stringendola con dolcezza, mentre le labbra sottili di Spike cercarono le sue per un bacio lieve, ma così pieno d’amore che nessuno avrebbe potuto fraintendere.

    Fu un attimo di pura estasi.

    Spike allontanò leggermente le sue labbra da quelle di Buffy, ma continuò a tenerla fra le braccia. “Allora, adesso mi credi?” le sussurrò, sfiorandole appena la bocca mentre parlava.
    Buffy era senza fiato, gli occhi verdi luccicavano di lacrime e meraviglia. Guardò Spike negli occhi, e in quel momento seppe.
    Quella bocca non poteva ingannarla in alcun modo.
    Spike la guardò e lesse sul suo volto una gioia che andava al di là delle parole; inspiegabile, indefinibile, ma meravigliosamente certa.
    Prima che avesse il tempo di dire qualsiasi cosa, Buffy gli prese il viso tra le mani e lo attirò a sé per un bacio colmo di passione e bisogno. Spike ricambiò il bacio, giocando dolcemente con la sua lingua, stringendola più forte. Buffy affondò le dita nei suoi capelli per sentirlo il più vicino possibile.
    Si divisero lentamente, a malincuore, e restarono a contemplarsi per un tempo che sembrò loro interminabile. “Ecco, è pressappoco questa l’accoglienza che mi aspettavo…” mormorò Spike con un luccichio malizioso negli occhi.
    Buffy sfiorò appena, con mani ancora tremanti d’emozione, l’ematoma che si andava lentamente formando sotto l’occhio destro di Spike, mordendosi la lingua al pensiero di esserne la responsabile. “Entriamo in casa” gli sussurrò “E… mi dispiace per l’occhio!”



    Casa Summers – Confessioni e chiarimenti 2:10 A.M

    Buffy precedette Spike lungo il vialetto ed oltrepassò la soglia, la porta ancora aperta dopo la sfuriata di poco prima.
    Senza voltarsi, si rivolse a Spike: “Visto che siamo in una nuova casa, immagino di doverti…”
    Ma appena si girò, le parole le morirono in gola: “… invitare” concluse, guardando Spike che era già entrato, chiudendosi la porta alle spalle.
    Spike sorrise dell’espressione confusa sul volto della Cacciatrice: “Credo non ce ne sia bisogno, dolcezza!”
    Buffy cercò di nascondere il brivido che le aveva provocato quel nomignolo, e si concentrò su quello che era appena accaduto: “Come...?”
    Il sorriso di Spike divenne più deciso. Il momento che più bramava era arrivato. Il momento della verità: “Bè, diciamo che, dopo la mia ennesima dipartita, è… successo qualcosa.”
    Buffy lo fissò senza capire, e Spike cercò di spiegarsi meglio: “Sono tornato… cambiato, ecco. Non ho più bisogno di un invito, per esempio!”
    La Cacciatrice sembrava ancora stranita: “Si, di questo mi ero già accorta, ma…” Lo guardò attentamente. C’era qualcosa che le sfuggiva. Insomma, era sempre il solito Spike! Pallido, vestito di nero, capelli impossibili… “Non credevo che, per un vampiro, la resurrezione fosse una sorta di passe-par-tout universale!” concluse, inarcando le sopracciglia con aria eloquente.
    Spike rise tra sé dell’ingenuità della ragazza, e decise di uscire allo scoperto. Le si avvicinò, guardandola dritto negli occhi: “Buffy, toccami” mormorò, sorridendo sensualmente.
    Buffy sgranò gli occhi, divisa tra stupore, imbarazzo e desiderio: “Cosa…” balbettò quasi.
    Spike si morse il labbro per non perdere il controllo; quegli innocenti occhioni verdi lo stavano facendo impazzire. Le prese con delicatezza una mano, mentre Buffy sussultava, e se la portò al petto.
    Bum bum. Bum bum.
    La melodia più dolce del mondo, specie per chi non era abituato a sentirla.
    Spaventata, Buffy ritirò istintivamente la mano, gli occhi spalancati per quello che era stato un vero e proprio shock. Guardò Spike senza riuscire a formulare un pensiero logico.
    “E non è tutto” aggiunse lui, più raggiante che mai. Le prese nuovamente la mano e la usò per accarezzarsi il viso.
    Calore. Una sensazione che non era mai stata collegata al vampiro biondo.
    Buffy boccheggiò, ancora sconvolta, mentre lentamente capiva. “Com’è possibile che non me ne sia accorta prima?” si chiese, annegando nei ridenti occhi blu che le stavano di fronte, sentendosi quasi svenire. “Spike…” fu tutto ciò che riuscì a mormorare.
    Ormai c’era solo bisogno di una conferma: “Si, Buffy. Sono… vivo!”
    Non riuscì a controllare la gioia che l’aveva invasa, e del resto non ce n’era motivo. Raggiante, Buffy gli gettò le braccia al collo, godendo del calore che finalmente emanava anche lui, mentre Spike le affondò il viso nei capelli, inebriandosi del suo profumo.
    Quando si staccarono, gli occhi della Cacciatrice brillavano: “E’ così… ma… com’è potuto succedere?”
    “Vedi, c’è un’antica profezia secondo la quale un vampiro con l’anima che muore per salvare il mondo, espia automaticamente i propri peccati e ritorna umano” riassunse Spike. Sarebbe stato inutile spiegare tutta la faccenda della Coppa del Tormento, dato che poi si era rivelata una bufala…
    Buffy aveva la sensazione di aver già sentito parlare di qualcosa di simile: “Quindi, è per questo che sei tornato? Cioè, ti sei sacrificato per salvare il mondo, e per premio sei risorto umano?” chiese.
    Spike esitò un attimo. Da dove cominciare? “Non esattamente. All’inizio non ero nemmeno corporeo, apparivo e scomparivo come un fantasma. Poi è arrivato un pacco, n’è uscita una strana luce, e ho ripreso la mia consistenza” concluse, notando l’espressione confusa sul volto di Buffy.
    “Un… pacco?” chiese la Cacciatrice, accigliata.
    Spike sospirò: “So che sembra assurdo, ma…”
    Buffy sorrise: “Ehi, devo ricordarti con chi stai parlando? Andiamo, con la vita che faccio, credi forse che mi lasci impressionare tanto facilmente?! Sto solo cercando di capire… come hai avuto quel pacco?”
    “Ci siamo…” “Per… posta!”
    Buffy assunse un’espressione indecifrabile. “Per posta? Ma…”
    “Non posso continuare con le mezze verità. Devo dirle tutto” “Mi è arrivato alla Wolfram & Hart… ero lì. E’ lì che sono tornato.”
    Sul volto della Cacciatrice era ora disegnato il più totale stupore. Spike proseguì: “Ricordi il caro amuleto assassino? Era proprietà della W&H. Non so come sia successo, ma dopo l’Apocalisse quel capellone del tuo ex se l’è ritrovato sulla scrivania dell’ufficio… e ne sono spuntato io! C’è voluto un po’ di tempo prima che tornassi corporeo. E poi… bè, quello dello Shanshu è tutto un altro discorso… Angel vi aveva rinunciato e io…”
    Buffy faticava a star dietro al racconto. Nella sua mente si affollavano le parole di Spike: “C’è voluto un po’di tempo… un po’ di tempo… un po’ di tempo…” Già, ma… quanto tempo?
    Non voleva più sapere nulla… non le interessavano più tutti i dettagli del ritorno di Spike. Riusciva a pensare solo ad una cosa, e aveva il terrore di chiedere spiegazioni in merito: “Spike… quando sei tornato?”
    Spike s’interruppe immediatamente. Eccola. La domanda che aveva più temuto era arrivata. E sapeva che Buffy non avrebbe gradito la risposta: “Un anno e mezzo fa” mormorò a testa bassa.

    Non riusciva a crederci. Non voleva crederci. Era troppo… orribile per essere vero.
    “Tu… cosa?” ansimò, poggiandosi alla parete alle sue spalle in cerca di sostegno “Mio Dio…” sussurrò, fissandolo gelida e incredula. Il silenzio di Spike e la sua aria colpevole la fecero infuriare ancora di più: “Tutto questo tempo… e non hai mai pensato di dirmelo??!” gli gridò in faccia, in una pura espolosione di odio.
    Spike si sentiva malissimo. Neppure nelle sue più tetre fantasie Buffy lo guardava in quel modo... con quel disprezzo sempre crescente: “Lo so, mi dispia…”
    Ma la furia della Cacciatrice lo travolse senza lasciarlo parlare: “Ti dispiace? Ti DISPIACE?? Dannazione, Spike…” era così furente da non riuscire a trovare le parole “Te ne sei andato sapendo quello… e quando sei tornato… la prima cosa che avresti dovuto fare era… oh, Dio!” ringhiò Buffy dirigendosi verso il soggiorno. Tutto ciò che voleva era mettere quanta più distanza possibile tra lei e quello schifoso, bugiardo, faccia di bronzo…
    Spike le corse dietro, superandola e sbarrandole il passo: “Buffy, ti prego credimi, mi dispiace! Avrei voluto dirtelo, ma…”
    La cosa più difficile era ignorare le lacrime di rabbia che ormai le pungevano gli occhi, mentre si scagliava nuovamente contro di lui: “Ma, cosa? Non ne avevi il coraggio? Non sapevi che parole usare? Smettila, sei patetico! Non ci sono scuse per il tuo comportamento!” Buffy si accorse con orrore che le tremava la voce “Spike… io ti credevo morto, capisci? Credi forse che non me ne importasse nulla?” concluse flebilmente, mentre una lacrima dispettosa le rigava il viso.
    Spike sentiva il cuore battergli in petto con la foga di un tamburo. Non poteva fare a meno di pensare a quanto gli aveva detto Oz sul furgone: “Ti crede ancora morto, e ne soffre”
    E adesso ne aveva la dimostrazione, ed era terribile. Sapere di essere la causa di quella pena che le leggeva in volto era straziante. Aveva giurato a se stesso di non farle mai più del male, mai più… dopo quello che aveva tentato di farle. E invece… “Hai ragione. Hai ragione Buffy, ho sbagliato, lo so, ma non ho potuto fare altrimenti! Non potevo certo dirtelo per telefono!” Spike fece una pausa, specchiandosi in quegli incantevoli occhi lucidi, e fu colto da un’improvvisa rabbia: “Ti ho cercata, lo sai? Angel ed io siamo stati a Roma, volevamo parlarti. E abbiamo scoperto che te la facevi con quella specie di demone senza nome…”
    Buffy era allibita. Erano venuti in Italia? E quando? E perché lei non li aveva visti?
    Spike continuò, la voce più dura: “Come credi che mi sia sentito io a quel punto, eh? Insomma, dopo quello che mi avevi detto… quando stavo per morire, tu…” ma gli mancò il fiato. Meglio lasciar perdere, si disse. Avrebbe potuto scoprire qualcosa che non gli sarebbe piaciuto, e in quel momento non si sentiva pronto ad affrontarlo. “… Angel continuava con la storia del biscotto, o quello che diavolo è, e… e alla fine cosa avremmo dovuto fare, eh Buffy? Stare lì a struggerci come due idioti perché la nostra ex si era rifatta una vita?! Così siamo tornati ad L.A per tentare di seguire il tuo esempio… ed Angel se l’è rifatta una vita, o almeno credo. E’ andato avanti. Ma io… io non ci sono risucito. Non potevo rassegnarmi al fatto che… che tu fossi di un altro. Per questo, quando ho scoperto che eri tornata, mi sono detto che dovevo vederti. Che era la mia occasione, che era un… fottutissimo segno del destino, non lo so! Buffy…” la voce gli si affievolì “… io non ti ho dimenticata” concluse flebilmente.
    Buffy deglutì, la vista ancora appannata dalle lacrime. Si sentiva come schiacciata dal peso di tutto quello che le era stato rivelato. Non riusciva neanche a pensare con coerenza. Strizzò gli occhi per asciugarli e abbassò la testa, incapace di parlare con lo sguardo di Spike puntato addosso: “Io… non credo che questo sia il momento migliore per… parlare di certe cose, Spike. Sarà meglio farci una bella dormita e riprendere il discorso con più calma, domattina”
    Spike sospirò e annuì, cercando di non dare a vedere quanto fosse contrariato. Lei non era cambiata. Continuava a tirarsi indietro appena le cose si facevano troppo difficili. Continuava a razionalizzare ogni dannata cosa!
    Con un gesto rabbioso, Spike afferrò il borsone nero e si diresse verso la porta d’ingresso. Si era illuso… si, insomma, di poter passare la notte lì, con lei. Ma a quanto pareva Buffy era di un altro avviso.
    O forse no.
    “Dove stai andando?!” chiese sorpresa la Cacciatrice, seguendolo con lo sguardo. “Dio, non può andarsene! Non di nuovo! E’ appena arrivato!”
    Spike si voltò a guardarla, negli occhi una muta richiesta:“Chiedimi di restare!” “Bè, mi sembra evidente. Vado a dormire”
    Buffy inarcò un sopracciglio: “Nel mio giardino?”
    Spike alzò gli occhi al cielo: “No, a meno che nel tuo prato non ci siano un letto, un mini frigo e la TV via cavo…”
    Buffy corrugò la fronte: “Hai preso una stanza da qualche parte?”
    Spike si morse il labbro: “Non proprio, ma non importa… troverò qualcosa”
    “Oh, non essere stupido!” le parole le erano uscite di bocca prima che se ne rendesse conto “Puoi restare qui.”
    Spike restò a guardarla con un sopracciglio inarcato, intimamente compiaciuto.
    Buffy si sentì terribilmente in imbarazzo e si affrettò a precisare: “Insomma, Dawn sarebbe contenta di averti come ospite… prima non vi siete neanche salutati”
    Spike sorrise: “Tutta colpa della tua irruenza, Cacciatrice! Se non fossi stata tanto ansiosa di avermi tutto per te…” non poteva giurarci, ma ebbe la sensazione che lei fosse arrossita.
    Buffy distolse lo sguardo e si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, imbarazzata.
    Spike inclinò impercettibilmente la testa di lato e sorrise,deliziato dal gesto di lei. Sempre la stessa.
    “Allora, dove mi sistemo? Se non hai cambiato idea, intendo…” aggiunse subito.
    Per un attimo Buffy parve esitare. Ma fu solo un attimo: “Puoi dormire di sopra, nella camera degli ospiti, oppure… bè, qui!” esclamò, indicando con un gesto del braccio il salotto buio alle sue spalle.
    Spike ci pensò per un istante: “Non voglio disturbare, non vale la pena allestire un’intera stanza per me. Il divano del soggiorno andrà benissimo, grazie”
    Buffy assentì e non si mosse. Calò un imbarazzante silenzio. Spike sorrise nervosamente e portò il suo unico bagaglio in salotto, mentre Buffy accendeva la luce.
    “Bene. Allora…” Spike la guardò con aria leggermente interrogativa.
    Buffy pensò che spettasse a lei prendere in mano la situazione: “Buonanotte, Spike”
    Lui annuì e le rivolse un goffo gesto della mano: “Notte, Buffy”
    La Cacciatrice gli sorrise un’ultima volta, ed uscì, chiudendosi la porta della stanza alle spalle.
     
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    h 2:25 A.M – Bramosia

    Buffy si lasciò cadere sul letto, psicologicamente stremata. Fissò il soffitto, lo stesso soffitto che aveva guardato, appena un’ora prima, ascoltando quella melensa canzone d’amore…
    Quanto poteva essere lunga una notte?
    Solo fino a mezz’ora prima piagnucolava per Spike… e adesso lui dormiva nel suo soggiorno!
    Si rigirò tra le lenzuola e cercò di fare il punto della situazione.
    Rivederlo le aveva tolto quasi del tutto la capacità di ragionare, ma adesso aveva bisogno di tutta la sua lucidità.
    Spike era tornato. Aveva vissuto a Los Angeles per un anno e mezzo, senza dirglielo. E se si trovava alla W&H, quando gli era stato recapitato quel pacco, significava solo una cosa.
    Angel sapeva tutto. Sapeva della resurrezione di Spike, e glielo aveva tenuto nascosto.
    Perché?
    Difficile che fosse stato Spike stesso a chiedergli di mantenere il segreto… non era mai corso buon sangue, tra quei due. Ma allora perché? A che scopo? Non poteva accettare l’ipotesi, per quanto probabile che fosse, che Angel le avesse mentito per pura gelosia… non lo faceva capace di tanto infantile egoismo. Eppure…
    Cercò di scacciare quel pensiero dalla testa, e si concentrò su qualcosa di più semplice. Come aveva fatto Spike a trovare casa sua, ora che non aveva più i suoi super poteri da vampiro? Facile: Oz! Adesso si che tutto si spiegava. Certo, era sorprendente pensare che quei due fossero “amici”, o meglio, era incredibile pensare che Oz avesse accettato di aiutare Spike nonostante il suo rapporto con Angel.
    Si girò su di un fianco. Angel e Spike erano stati a Roma. Questa era un’altra cosa di cui Angel non le aveva mai parlato. A questo punto, cominciava a credere seriamente all’ipotesi della gelosia…
    Lì avevano scoperto della sua storia con l’Immortale… ma come? Avevano forse parlato con qualcuno? L’avevano spiata? E perché, dannazione, lei non li aveva visti?
    Le riusciva incredibile accettare che proprio loro due, i più grandi amori della sua vita, l’avessero ingannata in quel modo. Spike tacendo sulla resurrezione, ed Angel sul viaggio a Roma. Si sentiva tradita.
    Supina, incrociò le mani dietro la nuca e, suo malgrado, sorrise. Un altro pensiero l’era venuto alla mente, e questo era infinitamente più piacevole degli altri.
    Il bacio di Spike l’aveva incendiata. Poteva ancora sentire il sapore della sua bocca, della sua lingua, la pressione delle sue mani intorno alla vita, il suo calore…
    Il suo calore. Adesso era un umano. Adesso era come lei aveva sempre desiderato che fosse.
    Eppure, non era cambiato. Per niente. Spike era fatto così, poteva trasformarsi in continuazione, restando sempre uguale. Lui era il suo punto fermo, la sua Stella Polare.
    Pensare a lui come una stella le rammentò di un vecchio sogno, fatto poche settimane dopo la sua morte. Non ricordava i dettagli, ma aveva sognato Spike che la prendeva per mano e la portava su, su, su, verso il cielo stellato… verso il Paradiso.
    Il Paradiso.
    Chissà dove era stato, lui, subito dopo la morte.
    Che Spike subisse atroci torture all’Inferno, dopo essere morto per lei, era profondamente ingiusto. Sperava che, ovunque fosse stato, non avesse sofferto troppo.
    Sospirò e si voltò nuovamente su un fianco. Basta, doveva smetterla di pensare. Sentiva la testa scoppiarle. Aveva bisogno di una bella dormita.
    Chiuse gli occhi, ma ciò che vide la lasciò di stucco. Era durata solo qualche secondo, ma era ancora nitida, nella sua mente, l’immagine di lei e Spike… completamente nudi, avvinghiati in una selvaggia danza d’amore. Si ritrovò seduta fra le lenzuola, il respiro divenuto improvvisamente affannoso. Dio, questa non ci voleva.
    Non si era resa conto di desiderarlo così tanto.
    No, decisamente così non poteva andare. Non sarebbe mai riuscita a prendere sonno, se la sua mente perversa era occupata da pensieri tanto esplicitamente erotici… ed indirizzati alla persona che, in quel momento, dormiva sotto il suo stesso tetto, al piano di sotto. Sarebbe bastato così poco per…
    Tra loro si era sempre frapposto qualcosa. Prima li aveva divisi il sole. Poi l’oceano. Infine, la morte.
    Mentre adesso, tutto ciò che li separava era… una rampa di scale. Era un ostacolo così ridicolo, in confronto a quelli che avevano già dovuto superare!
    “Non fare la stupida. Sai benissimo che non si tratta di questo. C’è molto più di qualche gradino a dividervi. Ci sono la dignità… l’orgoglio… il pudore… Dawn…” obiettò quella piccola parte di lei che ancora conservava un minimo di raziocinio. Ma il desiderio la stava uccidendo.
    Si sforzò di non pensare a cosa sarebbe successo se fossa scesa di sotto e lo avesse attratto nella sua stanza…
    Non poteva, lo sapeva benissimo. Non era giusto per nessuno dei due. Non potevano semplicemente ignorare quei diciotto mesi di lontananza, e… saltarsi addosso l’un l’altra come se niente fosse. E poi, lui l’aveva ingannata. Le aveva mentito, si era tenuto alla larga da lei con ogni mezzo.
    Eppure…
    Non era così che dovevano andare le cose, lo sapeva. Ma voleva Spike, lo desiderava terribilmente, e lui era a portata di mano. Era stata davvero una stupida a relegarlo in quel soggiorno… Dopo il bacio che si erano scambiati, dopo tutto quello che avevano condiviso – letto compreso – era ridicolo che dormissero in stanze separate…
    “E sia!” decise, sgusciando fuori dal letto.
    Non sapeva cosa avrebbe fatto. O come l’avrebbe fatto. Sapeva solo che aveva bisogno di lui… un bisogno folle e disperato, come sempre.



    h 2:40 A.M – L’empatia degli amanti

    “I may be a love’s bitch…”

    Le parole che lui le aveva rivolto una volta le rieccheggiavano nella mente. Era proprio così che si sentiva, mentre si apprestava a scendere le scale. Una puttana dell’amore, ecco cos’era. Una puttana in calore che rincorreva il suo miglior cliente.
    Forse ci stava ricascando… forse lo stava solo usando come giocattolo. Di nuovo. Ma non poteva farne a meno. Era stata troppo tempo senza di lui, senza il suo tocco, e adesso che era così meravigliosamente vicino voleva sfruttare ogni istante.
    Scese le scale in fretta. Non poteva correre il rischio di fermarsi a pensare. In un attimo si trovò davanti la porta chiusa del piccolo salotto. “E se lui stesse già dormendo? No, è impossibile, l’ho lasciato solo pochi minuti fa…” Dischiuse lentamente la porta.
    Spike era sdraiato sul divano, completamente vestito (cosa insolita per lui!), il corpo orientato verso la porta, gli occhi chiusi.
    … Delusione? No.
    Buffy ebbe la sensazione che qualcosa si allentasse in lei. La morsa della libidine, ecco cosa. Guardare Spike dormire era un’esperienza d’impagabile dolcezza. Le era già capitato, in passato, e ogni volta si era stupita di quanto riuscisse a sembrare angelico e sereno il suo volto mentre riposava. Il suo cuore parve allargarsi, rimependosi di una tenerezza quasi materna, mentre gli si avvicinava silenziosamente.
    Si chinò su di lui. Sentire il suo respiro la emozionò. Spike… quante volte aveva desiderato di riaverlo lì, al suo fianco, per colmare quell’opprimente vuoto nel suo cuore, e nella sua vita. S’inginocchiò senza far rumore accanto al divano e tese timidamente una mano verso il suo viso. Lo accarezzò con delicatezza, tracciandone i contorni, seguendo ogni singola linea dell’epidermide chiara. Un pensiero buffo le attraversò la mente. Chissà come sarebbe stato uno Spike abbronzato! Proprio non riusciva ad immaginarselo. Eppure, adesso c’era questa possibilità. Adesso lui era un umano, una persona normale, proprio come lei.
    Solo in quel momento notò qualcosa che la stupì. Spike si era addormentato col suo inseparabile spolverino addosso, nonostante fosse piena estate. Sorrise. No, lui non sarebbe mai stata una “persona normale”. E nemmeno lei. Forse era per questo che stavano così bene insieme.
    Quell’idea la spiazzò. Lei e Spike non erano mai stati bene insieme! Con tutte le volte che si erano picchiati, e insultati, e feriti a vicenda… e tutte le volte che avevano dormito l’uno nelle braccia dell’altro, che avevano fatto l’amore, che si erano aiutati e sorretti reciprocamente… Sorrise di nuovo, lasciando scorrere le dita tra i capelli biondi e leggermente arruffati di lui. Doveva ammetterlo, c’erano stati anche dei bei momenti. Dei momenti unici, preziosi, irripetibili, che poco avevano a che fare con la passione o col sesso. Momenti in cui le loro anime si erano incontrate, anche quando lui non aveva la sua, e i loro cuori avevano battuto all’unisono, nonostante uno dei due non potesse battere.
    Ormai non ricordava neanche più perché fosse in quella stanza. Ah, già… il suo attacco di pura depravazione. Imbarazzata come se lui potesse leggerle nel pensiero, ritrasse la mano e fece per alzarsi, ma qualcosa la bloccò.
    Spike aprì gli occhi e alzò lo sguardo, per incontrare quello della sua piccola preda. “Dove credi di andare, passerotto?”
    Buffy trasalì, fissando il suo braccio trattenuto dalla mano di Spike. Si era svegliato. O forse, era sempre stato sveglio. Il suo sguardo corse al volto di lui. I suoi occhi blu sembravano illuminati da fitte pagliuzze d’argento.
    Spike allentò appena la presa sul braccio di Buffy, e lo accarezzò languidamente con il pollice. Quando parlò, la sua voce era poco più di un sussurro: “Non andartene”
    Buffy restò immobile. Poi si chinò leggermente su di lui.
    Spike chiuse gli occhi, mentre le labbra della Cacciatrice si posavano sulle sue per un bacio tenero e lieve.
    Quando si allontanarono furono occhi negli occhi.
    Non ci fu bisogno di parlare.
    Buffy si tirò su e gli tese una mano. Spike la prese e si alzò.
    Uscirono insieme dalla stanza. Buffy lo precedette su per le scale, attenta a non fare rumore per non svegliare Dawn. Non sapeva cosa stava facendo, o cosa sarebbe successo. Non lo sapeva, e non voleva saperlo. Voleva solo godersi quei momenti, godersi Spike, senza temere nulla, al contrario di come aveva sempre fatto in passato.
    Spike seguiva la sua dea bionda come ipnotizzato. C’era un posto dove non sarebbe andato insieme a lei? C’era qualcosa che non avrebbe fatto per farle piacere?
    Buffy arrivò sul pianerottolo e aprì silenziosamente la porta della sua camera. L’aria era carica di tensione, di attesa.
    Spike la raggiunse e la seguì all’interno della stanza in penombra. Si chiuse la porta alle spalle.

    Eccoli lì, uno di fronte l’altro. Fiocamente illuminati dalla luce lunare che filtrava dalle imposte. Lei, bionda, minuta, grandi occhi verdi, l’aria da bambina innocente, l’abbigliamente da provocante donna vissuta.
    Lui, dalla figura sottile ma muscolosa, dai pentranti occhi color oceano, la bocca sottile e ben delineata.
    Erano perfetti.
    Perfetti l’uno per l’altra, perfetti per stare insieme.
    Perfetti senza parlare.
    Buffy si appoggiò appena sul letto, senza distogliere lo sguardo da lui, anzi, attirandolo con gli occhi.
    Spike si sfilò lentamente lo spolverino, lasciandolo cadere su una poltrona lì accanto, e come sotto l’effetto di un messaggio subliminale, si sdraiò dall’altro lato del letto, sistemandosi accanto a lei.
    Buffy si lasciò avvolgere dalle calde e forti braccia di Spike, raggomitolandosi contro il suo petto. Restarono così per lunghi istanti. Poi Buffy ruppe il silenzio: “Sento il tuo cuore…” mormorò, chiudendo gli occhi “… è bellissimo”
    Spike accarezzò la testolina bionda posata sul suo torace: “Tu hai rubato il mio cuore molto tempo fa, piccola. E se adesso batte, è solo grazie a te” le sussurrò piano.
    Quelle parole accesero qualcosa di sopito in lei. Buffy si tirò su per guardarlo in viso. Lui sostenne il suo sguardo. E ancora una volta non ci fu bisogno di parlare.
    Le loro labbra si incontrarono in un bacio immenso, puro, vero, selvaggio. Le loro lingue sembravano lottare per la supremazia, le loro bocche si prendevano e lasciavano di continuo, ma senza mai interrompere davvero la loro danza.
    Con un’abile mossa, Buffy si sistemò a cavalcioni su di lui, continuando a baciarlo con forza. Le piccole dita affusolate accarezzavano il volto di Spike, si tuffavano tra i suoi riccioli ossigenati e, ben presto, scivolarono esigenti lungo la T-shirt nera, giù fino al bordo inferiore, fin quasi all’apertura dei jeans.
    Quello fu il segnale definitivo per Spike. Se fino a quel momento era rimasto un po’ passivo, per paura di ferirla in qualche modo, di spingersi più in là di quanto le non volesse, bè, adesso era il momento di darsi da fare. Di far emergere il selvaggio demone che era ancora in lui.
    Così, con una mano l’attirò maggiormente a sé, mentre l’altra scivolava avidamente su per le sue cosce, insinuandosi nella corta camicia da notte color glicine che la ragazza indossava. Spike raggiunse il bordo ricamato degli slip e iniziò a giocarci, allentando l’elastico con le dita, lasciando scorrere la mano lungo un fianco.
    Buffy mugolò di piacere quando Spike scese a baciarle il collo, le spalle, il petto, lottando dolcemente per spingere la lingua nella sua scollatura. Buffy lo fermò un attimo, gentilmente, per sollevargli la T-shirt e lasciarla scivolare via dalle braccia muscolose. L’indumento cadde a terra, mentre Spike premeva il suo torace nudo contro i seni sporgenti della Cacciatrice, facendola ansimare lievemente.
    Spike la baciò con foga, premendola istintivamente contro le proprie cosce, attirandola per i glutei levigati. Buffy ricambiò il suo bacio gemendo, mentre le mani di Spike risalivano lungo tutto il suo corpo fino a spogliarla del baby-doll.
    Quando furono finalmente pelle contro pelle, Spike rischiò di perdere il controllo. La desiderava così tanto, e lei era così dannatamente bella, vestita solo delle mutandine, che accarezzò l’idea di sbottonarsi i jeans e prenderla subito, in quel preciso momento. Ma il galantuomo ottocentesco insito in lui gli impose di andare per gradi. Ricominciò a baciarla, accarezzandole i fianchi e risalendo verso il seno, impossessandosi dei suoi capezzoli e torturandoli dolcemente con le dita.
    Buffy si sentì svenire. Era dannatamente eccitata. Lo voleva, voleva sentirlo dentro di sè, voleva sentirlo ansimare e mormorare deliziato il suo nome. Imperterrita, lasciò correre entrambe le mani giù per il petto scolpito di Spike, diretta verso un punto preciso: il piccolo bottone di bronzo che chiudeva i Levi’s scuri. Sfidando la stoffa spessa e rigida, iniziò ad estrarre il bottone dall’asola, ma Spike le bloccò la mano e la disarcionò di colpo, lasciandola cadere distesa al suo fianco.
    Prima che avesse il tempo di dire qualsiasi cosa, lui si gettò su di lei, chinandosi sul suo viso affinché le loro labbra si sfiorassero mentre le parlava: “Stai giocando con il fuoco, Cacciatrice!” l’avvertì in un mormorio minaccioso, la voce roca per l’eccitazione. Buffy rimase per un attimo interdetta: tutto quello a cui riusciva a pensare era l’erezione di Spike che premeva contro il suo ventre, mandandola in tilt. Dawn era nella stanza accanto, e sicuramente non era una buona idea lasciarsi andare in quel modo… ma non riusciva a fermarsi.
    Spike la baciò prepotentemente sulle labbra, poi scese lungo il collo e il seno. Prese a succhiarle con vigore un capezzolo, mentre con la mano proseguiva il suo cammino lungo il corpo di Buffy, diretto verso le sue gambe. Le pallide dita tracciarono i contorni dei fianchi e delle anche, accarezzando soavemente il lato esterno delle cosce, per poi correre impazienti verso l’interno.
    Buffy divaricò istintivamente le gambe, per consentire a quelle magiche dita maggior libertà di manovra, mentre affondava una mano nei capelli di Spike, premendo la sua testa – e la sua bocca – contro i propri capezzoli turgidi di desiderio.
    Spike sfuggì gentilmente alla sua presa e risalì verso il volto di Buffy, baciandola con passione spasmodica, mentre la sua mano destra si stanziava tra le cosce di lei.
    Buffy soffocò nel bacio un gemito di godimento, quando Spike affondò un dito in lei, nella sua femminilità bagnata, cogliendola di sorpresa.
    Spike interruppe il bacio e si scostò quel tanto che bastava per guardare la sua amante in faccia. Buffy aveva il respiro affannoso e un’espressione inequivocabilmente compiaciuta: doveva piacerle parecchio quello che stava accadendo tra le sue gambe… “Tra poco ti piacerà ancora di più, vedrai!” pensò Spike, percorrendo con la bocca tutto il corpo di lei: scivolò dal collo all’addome, passando per le spalle e il seno, soffermandosi appena un attimo in più sul dolce profilo arrotondato del petto. Quando arrivò al basso ventre, sentì Buffy irrigidirsi istintivamente. Così decise di non andare subito al sodo, e iniziò a posarle piccoli, teneri baci sulla pancia e le anche, fino a farla rilassare completamente.
    Buffy aveva gli occhi chiusi per l’estasi, e la testa totalmente abbandonata sul cuscino. Le labbra morbide di Spike, le sue dita delicate, la sensibilità dimostrata nel non voler accorciare i tempi le stavano regalando una beatitudine indescrivibile. Ciò che rendeva Spike diverso da tutti gli amanti che aveva avuto, era la sua eclettica, sorprendente capacità di passare dalla passionalità più selvaggia alla più soave dolcezza, nell’arco di pochi istanti. Buffy tese un braccio verso di lui e gli passò una mano tra i piccoli ricci biondi, accarezzandolo per incitarlo a continuare.
    Spike alzò lo sguardo per incontrare ancora un volta quello di Buffy. Il tenero sorriso che le vide dipinto in volto lo colpì. Lei non l’aveva mai guardato in quel modo. Non gli aveva mai sorriso con un simile… affetto. Sembrava così serena… e non era mai stata più bella.
    Sarebbe rimasto a contemplarla per secoli, ma Buffy emise un lamento insoddisfatto e inarcò appena la schiena, avvicinando il proprio corpo a quello di Spike, in una movenza così sfacciatamente sensuale che l’ex vampiro perse il controllo. Senza più esitare, scese ad accarezzare con le labbra gli umidi slip bianchi, scostandoli gentilmente con i polpastrelli, per avere completa libertà. Buffy trattenne il fiato, mentre la bocca di Spike si posava morbida sul suo clitoride, catturandolo con le labbra, succhiandolo a tratti, sempre con maggior intensità, fino a farla sospirare di piacere.
    Spike si tirò su per un attimo, con gran disapprovazione di Buffy. Risalì fino al bordo degli slip e glieli sfilò con studiata lentezza, depositando piccoli baci lungo le sue gambe tornite, man mano che le mutandine scivolavano via. Quando riprese il suo posto, tra le cosce della Cacciatrice, la sentì gemere con impazienza. Spike sorrise impercettibilmente. Sapeva cosa voleva, cosa gli stava chiedendo. Così si chinò nuovamente su di lei e la penetrò con la lingua.
    Buffy sobbalzò all’indietro, senza riuscire a trattenere un roco mugolio d’estasi. La lingua di Spike cominciò a muoversi sempre più veloce, sempre più forte dentro di lei. Aprì per un attimo gli occhi, e la visione della testolina platinata che si muoveva tra le sue gambe le diede un brivido. Tremò leggermente e richiuse gli occhi, mentre Spike intensificava il ritmo, inebriandosi del suo sapore, del suo profumo. Buffy era al limite: “Spike…” ansimò, assecondando i movimenti di lui con il bacino. Spike si rese conto che, così facendo, lei sarebbe venuta, e lui non voleva. Non così presto…
    Così si rialzò di colpo, lasciando Buffy prossima al rilascio, e risalì fino a raggiungere il suo viso, baciandola per farle sentire il suo stesso sapore sulle labbra. Buffy ricambiò il bacio, ma poi lo allontanò fissandolo con eloquenza. Sembrava contrariata. Spike sorrise con malizia e le parlò all’orecchio: “Non avere fretta, tesoro… voglio farlo durare molto a lungo…”
    Quello che accadde subito dopo lo spiazzò. Con tutta la sua forza da Cacciatrice, Buffy lo spinse via e si sdraiò su di lui, premendo i capezzoli sodi contro il suo torace: “Vediamo se adesso cambi idea…” pensò, determinata a ripagarlo con la stessa moneta.
    Ignorando l’inguine che fremeva insoddisfatto per il mancato orgasmo, s’impossessò della bocca di Spike, avvertendo ancora su di essa l’aroma della propria femminilità, mentre le mani di lui le circondavano la vita, scivolando verso i glutei. Conscia della posizione vulnerabile, Buffy si liberò dalla presa e si sedette a cavalcioni su di lui, decisa a ristabilire i ruoli.
    Spike la guardò incantato. Era divina, lì, seduta sui suoi fianchi, in tutta la sua nudità, senza vergogna, né paura, né reticenze. Sembrava Ishtar, splendida dea babilonese della fertilità e della guerra: da un lato, benevola protettrice degli innamorati, dall’altro, terrificante demone della lotta. Era sempre stata così, la sua Cacciatrice. Dio, l’amava così tanto!
    Era terribilmente erotica la sensazione di essere del tutto inerme, completamente in suo potere; per questo, quando Buffy iniziò a sbottonargli i jeans, la lasciò fare, rilassandosi contro il cuscino.
    Le mani di lei liberarono il bottone dall’asola e corsero alla zip, tirandola lentamente giù. Voleva tenerlo sulle spine. Voleva spingerlo al limite e poi tirarsi indietro, come aveva fatto lui con lei.
    Mai mettersi contro Buffy Anne Summers.
    Senza pensarci due volte, lasciò scivolare la mano nei pantaloni di lui, constatando con una certa soddisfazione quanto fosse eccitato. Sfilò senza fretta i jeans, lasciandoglieli correre lungo le gambe. Spike si lasciò sfuggire un gemito deliziato quando Buffy cominciò a togliergli i boxer. Il suo tocco, le mani di lei che catturavano le sue parti più sensibili, erano magia pura.
    Buffy guardò Spike e sorrise tra sé della sua espressione beata. Peccato che prima l’avesse fatta arrabbiare… ora doveva pagare.
    Spike aveva gli occhi chiusi, quando sentì qualcosa che lo fece trasalire.
    La bocca di Buffy era scesa sul suo membro tumescente, le morbide labbra ne avvolgevano la punta, baciandolo con dolcezza, come fosse stato una bocca. Presto il bacio acquistò passione, e Spike si ritrovò ad ansimare, completamente soggiogato da quella magica donna. Buffy avvolse completamente la sua virilità con la bocca, succhiando con vigore, mitigando poi con dolci leccate, perfettamente consapevole dell’effetto devastante che i suoi gesti stavano avendo su Spike. L’ex vampiro, infatti, gemeva disperatamente per la dolce tortura inflittagli. “…Buffy…” mormorò, sospeso tra Paradiso ed Inferno.
    “Buffy, mio angelo maledetto…”
    Quando fu sul punto di perdere il controllo, Spike emise un basso ringhio – un souvenir del suo precedente status vampiresco – e capovolse con uno scatto le posizioni.
    Buffy ansimò per la sorpresa di ritrovarsi improvvisamente schiacciata contro il materasso, il corpo ormai del tutto nudo di Spike premere contro il suo.
    Poi, un sussurro. Una flebile minaccia: “Non avresti dovuto farlo, Cacciatrice…”
    Buffy non potè fare a meno di sorridere, nel constatare di aver pienamente raggiunto il suo scopo: Spike era arrivato al limite, ecco il perché di quella reazione improvvisa.
    Ormai c’era solo un’ultima cosa che entrambi bramavano.
    E quella cosa illuminò come una richiesta gli occhi blu dell’uno, e si riflesse come una concessione negli occhi verdi dell’altra.
    Buffy divaricò appena le gambe, e Spike affondò in lei, ansimando leggermente per la voglia di possederla che lo stava dilaniando. Mentre le loro bocche si incontravano, la loro unione veniva cementata da spinte dapprima lente e profonde, poi sempre più veloci e convulse. Buffy si morse le labbra per non gridare, e Spike, intuendo il “problema” – non che, fino ad allora, si fossero particolarmente preoccupati di Dawn! – la baciò, permettendole di annegare in altre labbra il suo puro godimento.
    L’apice li colse quasi contemporaneamente, travolgendoli, stremandoli, inondando i loro corpi e cullandoli in balia dell’alta marea di sensazioni di cui stavano godendo.
    Ancora in preda alla spossatezza, Spike si abbandonò contro il seno di Buffy, sentendo i loro respiri affannati – una volta tanto, all’unisono – e provando un’ indescrivibile pace.
    “Ti amo Buffy” sussurrò, lasciandosi cadere al suo fianco, ad occhi chiusi.
    Non ricevette risposta.
    Ma, se solo i suoi occhi avessero incontrato quelli della sua amante, allora avrebbe capito.
    E sarebbe stato perfetto.
    Come erano loro.
    Finalmente, di nuovo uniti.
    Completi.
    Lei, piccola e dai grandi occhi innocenti.
    Lui, dalla figura muscolosa e sottile, gli occhi color oceano.
    Insieme… senza parlare.
    Eppure…

    Perfetti.





    h 09:40 A.M – Il mattino dopo

    Ed era sorto il sole.
    L’interminabile notte era passata, e la vita aveva ripreso il suo solito, lento scorrere.
    Come se nulla fosse cambiato.
    Ma lo era. Oh, se lo era!
    Buffy si rigirò svogliatamente nel letto, stropicciandosi delicatamente gli occhi con una mano. Si sentiva completamente spossata.
    Che ore erano? Fece per voltarsi verso il comodino, verso la sveglia, ma qualcosa glielo impedì.
    Trasalì e si tirò a sedere su di un gomito, per guardare meglio.
    Poi sorrise.
    Al suo fianco, Spike giaceva ancora profondamente addormentato, rannicchiato lungo il bordo del letto. Nudo, fatta eccezione per quel paio di boxer neri che la decenza gli aveva suggerito di indossare, prima di addormentarsi.
    Buffy sfiorò con lo sguardo quei bicipiti scolpiti, quei pettorali tonici, quegli addominali levigati, e si morse il labbro inferiore, come faceva sempre quando era nervosa o eccitata. O tutt’e due le cose.
    Si chinò a posare un lieve bacio sulla spalla candida che le stava accanto, incapace di resistere alla tentazione di marchiare nuovamente quel corpo perfetto con le sue labbra. Era suo. Solo e soltanto suo. Voleva gridarlo al mondo.
    Improvvisamente, Spike si girò verso di lei, ancora ad occhi chiusi, emettendo un miagolio assonnato. Buffy sorrise, mentre lo vedeva aprire lentamente gli occhi.
    “Buongiorno” sussurrò Spike, battendo più volte le palpebre per assicurarsi di ciò che vedeva. Era reale! Era Buffy, era lì, ed era reale! Solo due notti prima si era addormentato tutto solo nel suo triste loft di Los Angeles, e adesso era lì. Nel letto della sua Cacciatrice. Non riusciva a crederci.
    Lei si sdraiò di nuovo per essere alla sua stessa altezza, e si specchiò in quel vortice azzurro che erano i suoi occhi. Gli occhi del suo amante. “Buongiorno. Dormito bene?” chiese sottovoce.
    Spike le sorrise teneramente: “Come un bambino. E tu?”
    Buffy ricambiò il suo sorriso e annuì impercettibilmente. Allungò un braccio verso di lui, teso ad accarezzargli con dolcezza una guancia. Spike socchiuse gli occhi: “Buffy…”
    Lei gli si avvicinò, continuando a sfiorare il suo profilo: “Shh… non dire niente” gli sussurrò, prima di avventarsi sulla sua bocca con rinnovata passione.

    “Oh, davvero, non hai idea di quanto sia elettrizzata!!! Voglio dire, chi se lo aspettava?? Non so neppure come sia successo… ma, in fondo, a chi importa? E’ come… come tornare ai vecchi tempi! Come se fossimo ancora a Sunnydale. Giuro, sono così contenta! E loro… dovresti vederli… sono così carini! E insaziabili… Dio, ma non si stancano proprio mai?? Non solo mi hanno tenuta sveglia tutta la notte con il baccano che hanno fatto, ma adesso si sono chiusi in bagno per “fare la doccia”, e sono dentro da secoli!!! Sul serio, ho avuto appena il tempo di salutarlo, che quella ninfomane l’ha sequestrato!” Dawn si lasciò cadere sul letto, spostandosi il cordless nell’altra mano: “Cosa??? Amore, ma che dici????” rise, divertita e un po’ scandalizzata dalla malizia di Giulio. Quei racconti su Buffy e Spike sembravano averlo… ispirato. “Bè, farai meglio a darti una calmata… non vorrai che la tua sorellina scopra che razza di depravato sia il suo adorato fratellone??!” rise ancora, sistemandosi meglio il cuscino sotto la testa.
    In quel momento il suono del campanello la interruppe: “Oh, suonano alla porta. Sarà Sheila che è venuta a prendermi per fare un giro… devo andare. Ti chiamo più tardi. Ti amo anch’io… ciao!”
    Dawn riagganciò e si precipitò fuori dalla stanza. Nel farlo, passò davanti la porta chiusa del bagno e sorrise melliflua, non potendo fare a meno di notare i gemiti soffocati che provenivano da quella direzione. “Tze… assatanati!” borbottò divertita, scendendo di corsa le scale.
    Arrivata all’ingresso, spalancò la porta: “Ehi Shei…” ma le parole le morirono in gola.
    Per la seconda volta in meno di ventiquattr’ore le toccò restare senza fiato sulla porta di casa.

    Sulla soglia c’era Angel.



    h 10:45 A.M. – Il fattore “ex”

    Il vampiro bruno sorrise affettuosamente. Dawn sgranò gli occhi, sconcertata: “Angel! Che ci fai qui?!”
    Angel sorrise: “Sto bene, Dawn, grazie! Anch’io sono molto contento di rivederti, dopo tutto questo tempo! E tu come stai?” ironizzò.
    Dawn non riusciva a spiccicare parola. Nello stesso istante in cui aveva visto Angel sulla porta aveva immaginato quello che sarebbe successo appena Buffy e Spike… Altro che Apocalisse!
    “Oh… io… certo che sono felice di rivederti!” esclamò abbracciandolo goffamente.
    Angel la strinse con affetto, poi la scostò appena da sé per guardarla meglio. Quando parlò, i suoi occhi scuri brillavano: “Oh, piccola, come sei cresciuta… e come sei bella! Sei un’incantevole donna, ormai… proprio come tua sorella e tua madre” aggiunse con dolcezza.
    Dawn chinò appena il capo, commossa per essere stata paragonata alla mamma. Nessuno avrebbe potuto farle un complimento più bello. Ma sapeva di non meritarlo: “Se solo valessi un decimo di quello che valeva lei…” mormorò con un sorriso triste sul bel volto da donna.
    Angel le sorrise allo stesso modo, con quanta più tenerezza paterna gli fosse possibile. Del resto, anche se non vedeva spesso Connor, l’istinto paterno era pur sempre parte di lui.
    Ritenendo più opportuno cambiare argomento, assunse un tono spensierato e ingiunse: “Allora? Non mi inviti ad entrare?”
    Dawn asciugò in fretta la lacrima dispettosa che le era scivolata lungo la guancia, nel sentir nominare sua madre, e si riprese: “Certo, vieni” esclamò, arretrando di qualche passo per permettere al vampiro di entrare.
    Angel oltrepassò la soglia e si guardò intorno, mentre Dawn chiudeva la porta alle sue spalle. Alla sinistra dell’ingresso c’era un piccolo soggiorno, arredato in modo semplice e accogliente. A destra, invece, la cucina, piuttosto ariosa, dal mobilio moderno. Con sorpresa, notò che la disposizione delle stanze era la stessa della vecchia casa di Revello Drive.
    “Sembra che vi siate sistemate bene” osservò, con l’aria di un possibile acquirente in perlustrazione “Mi piace questo posto. E’ un quartiere tranquillo, e la casa è deliziosa” aggiunse sorridendo.
    “Scusa, ma se stai pensando di trasferitici, dovrò darti una delusione!” pensò Dawn, divertita dall’esilarante pensiero di una convivenza tra Buffy, Angel e Spike. “Un momento. Non so nemmeno se Spike è qui per restare” si disse subito dopo. Anche se l’atteggiamento di sua sorella sembrava non lasciare dubbi in proposito…
    “Dawn?” la chiamò Angel, riscuotendola dai suoi pensieri.
    “Cosa?”
    “Ti ho chiesto dov’è Buffy”
    Quelle parole la gettarono nel panico: “Oh… ehm… Buffy, certo! Io… credo che stia… facendo la doccia, al momento” concluse, pregando qualche misteriosa entità ultraterrena affinché Angel salutasse e se ne andasse. “Vattene! Lei non ha più bisogno di te! Smettila di incasinarle l’esistenza ogni volta!” avrebbe voluto gridare.
    Purtroppo, però, Angel non fece una piega: “D’accordo. Vorrà dire che l’aspettero qui”
    Dawn emise qualche suono strozzato, tentando disperatamente di formulare una scusa qualunque che tenesse il vampiro bruno lontano da quella casa - e da sua sorella - almeno finchè c’era Spike. Ma non riuscì ad articolare niente di comprensibile: “No! Cioè… dovresti… io credo… insomma… lei… tu…”
    Angel la guardò come se parlasse un’altra lingua – in effetti…: “Dawn, cos’hai? Cosa stai cercando di dirmi?” chiese, mentre il campanellino d’allarme nella sua testa (lo stesso che l’aveva spinto a precipitarsi a casa Summers in pieno giorno, con l’ausilio di una vecchia coperta rattoppata) iniziava a trillare pericolosamente.
    Dawn prese fiato e si morse il labbro. Non sapeva se toccasse a lei dirglielo… ma, presto o tardi – anzi, molto presto – Angel avrebbe ugualmente saputo di Buffy e Spike… quindi, tanto valeva prepararlo alla notizia.
    Prepararlo alla notizia?
    Ma certo! Erano Buffy e Spike quelli da avvertire! Così avrebbero deciso loro cosa fare, e lei non sarebbe stata più coinvolta in alcun modo.
    “Scusa un attimo, Angel…. vado di sopra a… annunciare a Buffy la tua presenza, così non ci metterà una vita! Sai, in quel bagno ci passa le ore…” “Soprattutto quando con lei c’è un suo ex, decisamente sexy, nudo e consenziente!” aggiunse mentalmente.
    Angel sembrava un po’sorpreso: “Non preoccuparti, non è necessario! E poi, sai, preferirei farle una sorpresa!”
    “Se non li avverto, vedrai che sorpresa!” pensò Dawn, ignorando deliberatamente le parole del vampiro e dirigendosi verso le scale.
    “Dawn? Ma… mi hai sentito?” chiese Angel, perplesso.
    Dawn rispose affacciandosi alla ringhiera delle scale: “Certo, ma sai com’è… Buffy detesta le sorprese! E poi, ad aspettarla, rischi di diventare vecchio!” aggiunse, senza neanche rendersi conto di quello che aveva detto.
    Angel restò ad aspettarla mentre spariva al piano di sopra, cercando con tutte le forze di zittire quel dannato campanellino che continuava a suonare, sempre più forte, nella sua testa. “Smettila! Non essere ridicolo! Se anche fosse riuscito a raggiungerle, Buffy non gli avrebbe mai permesso di rimanere! Sicuro! L’avrebbe sbattuto fuori a pedate, quello stupido ossigenato!” continuava a ripetersi, come un mantra. Peccato che, ogni volta, diventava sempre meno credibile…

    Man mano che si avvicinava al bagno, Dawn sentiva i gemiti di sua sorella – che cosa IMBARAZZANTE! – aumentare di volume, e pregò che Angel non avesse un udito tale da percepirli anche dal piano di sotto. “Ma tu guarda un po’ che mi tocca fare… e magari adesso se la prenderanno pure perché li ho interrotti!” pensò stizzita.
    Arrivata davanti la porta, bussò con forza, sperando di riuscire a farsi sentire nonostante il suono dell’acqua scrosciante (oppure, per meglio dire, nonostante i due amanti fossero palesemente e rumorosamente impegnati…).
    Bussò di nuovo. Non ottenne risposta. Bè, a meno di non considerare i sospiri di Buffy come tale. Decise allora di ricorrere alla linea dura: “Rag… ehm… Buffy, ci sono… visite!” esclamò.
    Finalmente i mugolii si interruppero. Poi: “Chiunque sia, se ne vada al diavolo!” ringhiò Spike, lasciando intendere di non avere la minima intenzione di interrompere la sua attività.
    Dawn sbuffò, mentre la voce della sorella gridava: “Chi è?”
    “E’ proprio questo il bello!” “Bè, detto in una sola parola… Angel!”
    Tutto quello che le arrivò all’orecchie fu un grido di Buffy (“Angel???”) e un ruggito di Spike (“Porca put…” prontamente soffocato dallo “Spike!” di Buffy). Dopodichè si udirono dei rumori soffocati, intervallati da qualche imprecazione maschile, e finalmente la porta si aprì.
    “Angel è qui??” chiese Buffy, comparendo sulla soglia. Spike le era accanto, poggiato contro lo stipite, e, come lei, era vestito solo di un accappatoio bianco.
    Dawn si sforzò di distogliere l’attenzione dal muscoloso torace di Spike, come sempre in bella mostra, e annuì freneticamente: “Non solo è qui… è nell’ingresso” precisò, facendo segno agli altri due di parlare sottovoce.
    Spike però era del tutto incapace di esprimere la sua rabbia in silenzio: “E che diavolo c’è venuto a fare qui Mister Martirio?” sbottò, velenoso. Non riusciva a mandare giù che quella piattola fosse venuta a rovinargli tutto… Le cose con Buffy stavano andando così bene, e di certo non avevano bisogno delle lamentele di quel rompipalle come sottofondo, mentre facevano…
    La voce di Buffy interruppe il corso dei suoi pensieri: “D’accordo, io… Spike, immagino che Angel sappia che sei partito, no?”
    Spike sbuffò: “Altrochè! Non che non abbia tentato di impedirmelo, ma per mia fortuna non c’è riuscito” “Neanche uno schiacciasassi ci sarebbe riuscito!” pensò.
    Dawn decise che ne aveva davvero abbastanza: “Bene ragazzi, visto che adesso non avete più bisogno di me, io vado a fare un giretto… una corsetta… qualunque cosa, purchè mi tenga lontana da questa sovraffollata casa per un po’!” concluse, cominciando a scendere le scale.
    “Dawn, aspetta!”. Si voltò.
    “Dì ad Angel che arrivo subito, e che per favore mi aspetti in soggiorno” disse Buffy, ignorando la smorfia contrariata sul volto di Spike.
    Dawn assentì e andò di sotto, mentre sua sorella trascinava Spike in camera da letto.

    Una volta dentro, Buffy chiuse a chiave la porta e si tolse l’accappatoio, di fronte agli occhi di un deliziato Spike: “Se volevi riprendere da dove avevamo interrotto, bastava dirlo dolcezza!” esclamò perlustrando il suo corpo con sguardo mellifluo, avvicinandosi a lei con fare sensuale.
    Buffy lo fulminò con lo sguardo, e indossò in fretta e furia della biancheria intima che aveva appena estratto da un cassetto: “Non fare il cretino, devo vestirmi. O preferisci che vada da Angel nuda?” lo provocò, ben sapendo quale sarebbe stata la reazione a quelle parole.
    Spike contrasse la mascella per la rabbia: “Non avrai sul serio intenzione di parlare con lui, vero?” la apostrofò, del tutto incapace di contenere la collera.
    Buffy gli lanciò un’occhiata a metà tra l’annoiato e l’esasperato: “Non essere ridicolo!”
    A quelle parole, Spike emise un sospiro di sollievo, ma ciò che Buffy aggiunse subito dopo lo freddò: “Certo che ci parlo. E’ venuto a trovarmi, e non capisco proprio cosa ci sia di male ad usare un minimo di cortesia nei suoi riguardi.”
    “Buffy, l’ultima volta che sei stata cortese con Angel l’hai baciato!” le fece notare Spike, sperando che lei non si rendesse conto di quanto la cosa lo facesse ancora star male.
    Per un attimo, Buffy si sentì terribilmente a disagio. Dopotutto, lui aveva ragione: “Piantala con questa storia. Era solo un saluto! Un innocente, banale, innocuo saluto! E in ogni caso, stavolta non accadrà” concluse, sentendosi in dovere di rassicurarlo, in qualche modo.
    Ma Spike non sembrava affatto tranquillo: “Già, certo, perché sono sicuro che quando Mister Occhi da Mucca sbatterà la sue folte ciglia nella tua direzione, tu non cadrai di nuovo ai suoi piedi, come hai sempre fatto!” sbottò, rendendosi conto un istante più tardi di aver parlato troppo.
    Buffy, infatti, lo fissò con durezza. L’aveva ferita. Ancora una volta. Dio, possibile che non cambiava proprio mai? “Sai che ti dico, Spike? Non sono affari tuoi. Non vedo proprio perché dovrei giustificarmi con te, tu… stupido, arrogante, geloso vampiro!”
    “Ex vampiro” la corresse prontamente lui “Te ne sei già dimenticata? Basta l’arrivo di Super Animan a mandarti in pappa il cervello!” ringhiò, ferito dall’insensibilità che lei, ancora una volta, stava dimostrando.
    “Oh, ma sentitelo! Come se tu non fossi del tutto ammattito, l’ultima volta che la tua folle ex è tornata in città!” si difese Buffy, afferrando con un gesto rabbioso un top rosa e voltandogli le spalle per vestirsi.
    Spike la agguantò per un braccio costringendola a voltarsi: “Peccato solo che quando io sono con la mia ex, impazzisco per te, mentre quando tu sei con Capellone, io divento meno di zero!” urlò.
    Buffy accusò il colpo in silenzio, turbata. Era questo che Spike pensava? La conosceva davvero così poco da credere questo? Ma no, in fondo non era colpa sua. Era stata lei a farglielo credere sempre. A metterlo in secondo piano ogni volta che si profilava all’orizzonte un suo ex, tutto morale e predicozzi. Era stato così con Riley, e adesso non poteva permettere che accadesse con Angel. Non si era forse ripromessa che, se mai ne avesse avuto la possibilità, si sarebbe comportata in modo molto diverso, con Spike? Bene, era giunto il momento di passare dalle parole ai fatti. Lo guardò negli occhi, quei fanali blu pieni di rabbia e amarezza, e prese la sua decisione: “Non è così. E te lo dimostrerò. Ti voglio al mio fianco, mentre parlo con Angel. Così potrai sincerarti della mia buona fede, e farti passare una buona volta tutte queste fisime!” concluse, notando con piacere che lui era rimasto colpito.
    Spike la scrutò con attenzione per assicurarsi che non scherzasse, ma era mortalmente seria. Incredibile. Naturalmente aveva già deciso che non avrebbe mai lasciato la sua Buffy sola con quel pervertito del suo Gransire… ma che lei volesse renderlo partecipe al colloquio, bè, era tutt’altra storia! Recuperando un minimo di lucidità, obiettò: “Ne sei sicura? Insomma, sai bene che uno dei due non sopravviverà all’incontro, vero?”
    Buffy sorrise leggermente: “Bè, lo sai, ho sempre avuto la curiosità di chiudervi in una stanza e lasciarvi combattere!”
    Lui le restituì il sorriso, uno di quei sorrisi speciali che riservava solo a lei: “Certo, magari servendoci di qulalche tipo d’olio, dico bene?”
    “C’è qualcosa di noi, di me, che non ricorda?” si chiese Buffy, toccata.
    Solo allora si rese conto che Spike era ancora in accappatoio, ed Angel li… bè, “la”… aspettava di sotto. Non c’era tempo da perdere: “Già. In ogni caso, diamoci una mossa. Mettiti qualcosa addosso e scendiamo” lo incalzò, infilandosi in fretta una gonnellina di jeans.
    “Oh, scusa, non sia mai detto che si faccia aspettare Vostra Barbosissima Altezza!” sbuffò lui con ironia.
    Rassegnato, fece per togliersi l’accappatoio, ma un’imbarazzatissisma Buffy lo bloccò subito: “Che diavolo fai?!”
    Con pazienza esagerata, Spike sospirò e rispose: “Quello che mi hai detto, tesoro, mi spoglio e mi rimetto qualcosa addosso!”
    Buffy si sentiva una vera idiota, ma non poteva fare a meno di provare disagio all’idea che lui si cambiasse proprio davanti i suoi occhi: “Bè, era sottinteso, non qui!”
    Spike inclinò la testa di lato e inarcò il sopracciglio sinistro, come faceva sempre quando era sorpreso o divertito: “E perché mai?” chiese mellifluo.
    Buffy era ormai paonazza: “Bè, perché… perché qui ci sono io!” esclamò, tesa come una corda di violino.
    Spike le si avvicinò lentamente, mordendosi un labbro, gli occhi che brillavano di lussuria: “Tesoro, considerato che fino a poco fa stavamo facendo la doccia insieme – e questa è la versione per i minorenni… - non ti sembra che il tuo pudore sia un po’… come dire… fuori luogo?” le sussurrò all’orecchio, sorridendo beffardo.
    Imbarazzata oltre ogni limite, Buffy lo spinse via e si affrettò a voltargli le spalle, mentre Spike, ghignando, si liberava dell’accappatoio e si guardava intorno alla ricerca di qualcosa da mettersi. Non trovando nulla, sbottò: “Si può sapere dov’è la mia roba?”
    Buffy fece per voltarsi, ma rammentò appena in tempo che lui era ancora nudo. Così, sempre dandogli le spalle, spiegò: “Se ti riferisci ai tuoi bagagli, sono rimasti di sotto. Quanto all’altra roba…. bè, è ancora in bagno” concluse, con una punta di imbarazzo.
    Spike sospirò e afferrò l’unica cosa lontanamente simile ad un indumento maschile trovato nella stanza: il suo spolverino, adagiato sulla spalliera della poltrona. Chiudendolo alla meglio per celare le sue nudità come poteva, uscì dalla stanza, per poi ricomparire un minuto dopo, vestito come al solito di jeans e t-shirt neri.
    “Allora, possiamo andare?” sbuffò, tanto per ribadire quanto la faccenda lo disturbasse.
    Buffy incontrò i suoi occhi nello specchio e smise per un attimo di pettinarsi: “Che c’è?” chiese, incuriosita dal modo strano in cui Spike la stava guardando.
    “Non credi di essere un po’ troppo vestita? Voglio dire, quella gonna sarà lunga almeno quattro centimetri… e la scollatura del top nasconde quel piccolo neo sul seno destro che è tanto carino, e che piacerebbe moltissimo ad Angel! Non che non lui l’abbia già visto, ovvio!” sbottò, incapace di trattenersi.
    Buffy si voltò di scatto verso di lui, il pettine ancora in mano, l’aria truce: “Spike, piantala, prima che cambi idea e decida di chiuderti in soffitta!”
    “Non lo faresti mai” mormorò lui, sicuro di non essere udito.
    Buffy posò il pettine e afferrò il braccio di Spike, trascinandolo di peso fuori dalla stanza: “Vuoi mettermi alla prova?!” esclamò, prima di spingerlo giù per le scale.








    h 11:00 A.M. – Infiammabili

    Rumore di passi. Sempre più vicini.
    Angel sorrise istintivamente, e si alzò dal divano su cui si era accomodato durante l’attesa.
    Stava per rivedere la sua Buffy… Ripensò al bacio che si erano scambiati in occasione della sua ultima visita a Sunnydale, e fu scosso da un brivido.
    In quel momento, la porta si aprì e lei comparve.
    Bella come sempre, più radiosa del sole. E sexy. Molto sexy.
    Angel le sorrise, e lei ricambiò il gesto, avanzando nella sua direzione.

    E poi il sorriso del vampiro si spense.
    Lasciando il posto ad un espressione di puro orrore.

    Sulla soglia, proprio alle spalle di Buffy, c’era Spike.

    “Ecco spiegato quel borsone nero nell’angolo!”
    Angel sgranò gli occhi, inorridito, e si lasciò sfuggire un gemito strozzato.
    Sia Buffy che Spike notarono la reazione; ma, mentre la prima sospirò, cercando il modo di sbrogliare quella situazione, il secondo si appoggiò allo stipite della porta con un sorriso beffardo che gli increspava le labbra.
    “Ma tu guarda chi si vede! Cosa ci fai da queste parti, amico?” esordì Spike, con aria innocente.
    “Non sono tuo amico!” scattò Angel, come fosse un riflesso incondizionato. Dopodichè il suo sguardo si posò su Buffy, in un misto di rabbia e delusione: “Si può sapere cosa ci fa lui qui?” chiese in tono eloquente.
    Buffy sospirò e chinò il capo: “Angel, io…”
    Ma Spike non le diede modo di finire la frase: “Cosa faccio io qui? Bè, io sono gradito ospite delle sorelle Summers, mentre tu sei solo un intruso che a quest’ora dovrebbe essere nel suo bell’ufficio di Los Angeles!” sbottò, entrando nella stanza a grandi passi, e portandosi al fianco di Buffy. “E comunque, com’è che non ti sei incenerito, venendo qui? Hai forse trovato qualche altro anellino magico?”
    “Spike!” lo ammonì lei, guardandolo con severità. Poi si rivolse al vampiro bruno e prese coraggio: “Angel, Spike è mio ospite”. A quelle parole, Angel fece una smorfia, mentre Spike sorrise con l’aria di un gatto che fa le fusa.
    Ma Buffy non aveva ancora finito: “Spike, Angel è mio ospite” aggiunse con eloquenza, rivolta al biondo, che smise subito la sua espressione tronfia.
    “Quindi” proseguì la ragazza, lasciando vagare lo sguardo dall’uno all’altro “se volete restare qui entrambi, dovrete cercare di comportarvi bene e di essere civili, perché il mio soggiorno non è un ring, e io non ho la minima intenzione di arbitrare una vostra zuffa! Intesi?” concluse, con un tono che non ammetteva repliche.
    I due ragazzi sospirarono nervosamente, squadrandosi reciprocamente con lo stesso disprezzo dipinto in viso.
    Ancora una volta, fu Buffy a prendere in mano la situazione: “Allora Angel, come mai da queste parti?” chiese con un sorriso cordiale, facendo segno al vampiro di accomodarsi sul divano.
    Angel si sedette e sorrise con aria imbarazzata: “Bè, non c’è un motivo preciso. Ne avevamo già parlato, ricordi… volevo solo venire a trovarvi… è un po’ che non ci vediamo, ed è passato un secolo dall’ultima volta che ho visto Dawn”
    Buffy annuì e lo guardò con gratitudine. Angel. Era così contenta di rivederlo, nonostante tutto. Così contenta che fosse tornato, malgrado la loro ultima conversazione dal vivo non fosse stata particolarmente felice per nessuno dei due. Aveva persino creduto di non rivederlo mai più, dopo quello che gli aveva detto a Sunnydale. Ma allora non era ancora pronta per un addio.
    Angel sorrise con dolcezza: “E poi, avevo nostalgia della mia Cacciatrice preferita!” esclamò.
    A quelle parole, Spike - che era rimasto a guardare con aria truce l’adorazione dipingersi sul volto di Buffy - non potè trattenersi e sbuffò: “Oh, ma per favore!”. Buffy lo incenerì con lo sguardo, ma niente poteva placare l’indignazione del biondo: “Prima l’abbandoni nel momento del bisogno, poi torni, la baci, le regali gingilli assassini e la pianti di nuovo!” esplose “E adesso te ne vieni di nuovo con quell’aria da cucciolo innamorato e ti aspetti che lei cada ancora ai tuoi piedi! Bè, scordatelo!” urlò, pronto ad avventarsi sul rivale da un momento all’altro.
    Buffy si alzò di scatto dalla poltrona su cui era seduta: “SPIKE! Chiudi il becco!” ringhiò furiosa.
    Ma Spike aveva sopportato abbastanza, e adesso non risuciva più a fermarsi: “Oh, no, Cacciatrice, ho ancora molte cose da dire! Forse non sai che il signorino qui presente ha fatto di tutto - di tutto! – per tenermi lontano da te, e vuoi sapere perché? Perché aveva una fottuta paura di non poter competere! Perché ancora adesso, dopo tutti questi anni, lui si sente in diritto di decidere cos’è meglio per te - e naturalmente il meglio per te sarebbe lui! E ha avuto anche il coraggio di recitare la parte del buon samaritano, all’aeroporto, quando mi ha fatto il gran favore di lasciarmi partire!” Ormai Spike si era pericolosamente avvicinato ad Angel, che si era alzato e lo guardava dall’alto in basso, gli occhi scuri che lanciavano fiamme.
    Ma il monologo non era ancora finito: “La verità, nonnino, è che sei solo un viscido, borioso, bugiardo, arrogante, sputasentenze depravato!”
    I dieci secondi successivi sembrarono durare un’eternità. Angel indossò la maschera della caccia e colpì Spike in piena faccia, mandandolo a finire dall’altra parte della stanza. Senza dargli il tempo di rialzarsi, gli fu nuovamente addosso; lo sollevò per il collo e lo sbattè contro una parete, ringhiando: “Pensi di essere meglio di me, razza di miserabile?! Povero, patetico, illuso Spikey!”
    Fece per colpire di nuovo, ma una voce lo bloccò.
    “ANGEL! Lascialo andare!” urlò Buffy. Era furente.
    Angel si sentì morire. Per un attimo si era completamente dimenticato della presenza di Buffy. Non avrebbe mai voluto che assistesse ad una scena simile, ma quel pezzente risuciva a fargli perdere il controllo più di chiunque altro!
    Tornato al suo volto normale, mollò di scatto la presa e arretrò di un passo, inorridito da se stesso.
    “Buffy, io…” farfugliò, notando con tristezza la furia dipinta sul bel viso della Cacciatrice.
    La ragazza gli lanciò un’occhiataccia e posò subito lo sguardo su Spike.
    Il biondo si era accasciato contro il muro, pulendosi con il dorso della mano un rivolo di sangue che gli sgorgava dal naso. I suoi occhi azzurri mandavano lampi: “Cos’è che ti fa tanta rabbia, amico? Il fatto che io, un *miserabile, patetico, illuso*, sia diventato umano, mentre tu, *Mister Tormento-e-Senso-di-Colpa, Mi-Danno-Ogni-Giorno-Per-La-Mia-Anima*, no?” ghignò Spike, raddrizzandosi contro la parete. Non poteva che sentirsi soddisfatto per l’espressione delusa sul volto di Buffy. Espressione che, una volta tanto, non era destinata a lui, ma al perfettissimo Signor Primo Amore!
    Angel strinse i pugni, lottando per mantenere la calma. Quel maledetto l’aveva colpito lì dove faceva più male. Aver rinunciato allo Shanshu era uno dei suoi più grandi rimorsi. Sapeva di non aver avuto altra scelta, ma avrebbe dato qualunque cosa pur di non esserci stato costretto.
    Decise di difendersi a parole: “Essere diventato umano non cambia quello che sei in sostanza. Non sei un uomo, e non lo sarai mai!”
    Per Spike, quelle parole furono come dardi incandescenti nel cuore. Furioso, fece per scagliarsi contro Angel, dimentico del mondo circostante, ma qualcosa glielo impedì.
    Si sentì spinto via, allontanato dal vampiro bruno. Gli occorse qualche secondo per rendersi conto di quello che era successo.
    Buffy si era precipitata a dividere i due, prima che attaccassero nuovamente briga. “Smettetela!!!” gridò, il suo corpo esile tremava per la rabbia: “Possibile che, nonostante la vostra età, vi comportiate come due stupidi ragazzini??!” sbottò, gli occhi verdi brillanti di sdegno.
    Entrambi abbassarono lo sguardo, umiliati. Angel, però, non potè fare a meno di notare che Buffy, per dividerli, aveva praticamente abbracciato Spike, e ancora non accennava a staccarsi da lui. Un’ondata di gelosia lo travolse, senza che potesse impedirlo.
    Buffy e Spike si guardarono. Entrambi erano profondamente irritati, ma a quella vicinanza i loro corpi reagirono di conseguenza, creando una palpabile tensione.
    Dopo qualche istante, Buffy si allontanò bruscamente (con gran disappunto di Spike) e si voltò verso Angel, in tempo per notare l’espressione seccata sul suo pallido viso. “Scusaci un attimo” disse, prendendo il biondo per un braccio e trascinandolo fuori “Io e Spike dobbiamo parlare a quattr’occhi” mormorò, chiudendosi la porta del soggiorno alle spalle.



    h 11:10 A.M – Parlare a quattr’occhi

    “Si può sapere che problemi hai??! E dire che ti avevo chiesto di fare il bravo!” inveì Buffy appena furono fuori dalla portata di Angel.
    Spike era furioso: “Io?! Oh, certo, perché è sempre colpa mia, vero?? Il Musone impazzito cerca di soffocarmi, e sono io ad avere qualcosa che non va??!” reagì, avvicinandosi a Buffy con fare minaccioso. “La verità è che per te è inconcepibile ammettere che il Super Perfetto abbia sbagliato, quindi preferisci prendertela con me! Perché tanto Spike sbaglia sempre, giusto? Spike non ne combina mai una buona, Spike dà continuamente problemi! E’ sempre la stessa dannata storia!” ruggì, portandosi così vicino da bloccarla contro il muro.
    Buffy strinse i pugni così forte che le si conficcarono le unghie nella pelle: “Piantala di fare la vittima, e prenditi le tue responsabilità!” sbottò. “Se tu non l’avessi provocato, Angel ti avrebbe del tutto ignorato!”
    Spike schiacciò il suo corpo contro quello della ragazza, incurante dell’eccitazione che stava impossessandosi di lui. I suoi occhi divennero due fessure: “Già, ignorato! Ecco quello che volevate fare: ignorarmi! Bè, sono spiacente, tesoro, ma non amo passare inosservato! Pensavi forse che me ne sarei rimasto buono buono in un angolino, mentre Romeo completava la sua sviolinata? Com’era?” corrugò la fronte, fingendosi pensieroso: “Ah, si: *la mia Cacciatrice preferita*! Mi dà il voltastomaco!” ringhiò, il suo corpo ancora premuto contro quello di Buffy, i loro volti pericolosamente vicini.
    Buffy alzò la testa con aria di sfida. Voleva fargli capire che non si sentiva affatto intimorita, ma appena aprì la bocca per parlare, lui gliela tappò con un bacio violento. Buffy mugolò per la sorpresa, mentre la lingua di Spike affondava in lei. Si ritrovò a ricambiare il bacio senza quasi accorgersene, gettandogli le braccia al collo e stringendolo a sé con foga.
    Spike ansimò pesantemente e si staccò da lei per guardarla. Negli occhi limpidi di Buffy lesse lo stesso desiderio che c’era nei suoi. Senza pensarci due volte, la prese per la vita e la baciò di nuovo, mentre le mani di lei gli accarezzavano i capelli, scivolando poi verso gli zigomi e il collo.
    Senza interrompere il bacio, Spike la sollevò leggermente da terra e la poggiò contro il muro, premendo il proprio corpo contro quello di lei, affinché capisse con quanta forza la desiderasse. Quando sentì Buffy ansimare, si staccò dalle sue labbra e prese a baciarle il collo, lasciando correre la lingua fino alle spalle nude.
    Buffy si lasciò sfuggire un gemito, pregando di non essere udita da Angel. “Spike… no…” sospirò, mentre avvertiva l’erezione di lui spingere tra le sue cosce.
    “Ti voglio, Buffy” sussurrò Spike, muovendosi sinuosamente fra le gambe di lei.
    “No… No!”
    Con grande forza di volontà, la Cacciatrice lo spinse via, rimettendosi in piedi, il respiro ancora affannoso.
    Spike, ansante e visibilmente eccitato, la guardò senza capire. Era sicuro che anche lei lo volesse…
    “Angel” mormorò Buffy.
    Spike sentì una fitta al cuore. Ma certo! Ora che Angel era tornato, lui riceveva il benservito! Non andava neanche più bene per scopare…
    L’espressione truce che gli si dipinse in volto convinse Buffy a spiegarsi meglio: “E’ nella stanza alle mie spalle, nel caso l’avessi dimenticato! Potrebbe sentirci” farfugliò, imbarazzata.
    Spike represse un sospiro di sollievo, nel constatare che era solo quello il problema, e sorrise con malizia: “Bè, forse sentendoci capirebbe come si fa… non è mai stato un asso in questo genere di cose, dico bene?” la provocò, ridendo dell’adorabile rossore comparso sulle sue guance.
    “D’accordo tesoro” continuò, avvicinandosi nuovamente a lei. “Facciamo i bravi fin quando Peaches non se ne va… e poi, quando si sarà tolto dai piedi…” mormorò con un sorriso innocente, ma uno sguardo alquanto lascivo “… riprenderemo il discorso!” concluse, accarezzando con sensualità il collo di Buffy, scendendo fino al decolletè scoperto.
    Buffy gli bloccò la mano, fulminandolo con un’occhiata, ma tutto ciò che ricevette in risposta fu un efebico sorriso.
    “Piantala!” borbottò, allontanandolo da sé e voltandosi per tornare in soggiorno.
    “Ehi ehi ehi!” Spike la afferrò per un braccio costringendola a voltarsi. “Dove stai andando?!”
    Buffy si divincolò e sbuffò: “Dove credi stia andando, genio? Torno di là. Da sola!” aggiunse con eloquenza.
    Spike si accigliò: “Come… perché da sola?”
    Buffy fece una risatina isterica e alzò gli occhi al cielo: “Perché da sola? Perché da sola!? Hai anche il coraggio di chiedermelo! Dopo il casino che hai…”
    “Avete” la corresse seccamente Spike.
    “…avete combinato! E’ chiaro che, nonostante abbiate vissuto insieme per anni, ancora non risucite a stare nella stessa stanza senza attaccarvi, quindi, mi dispiace Spike, ma non puoi restare” concluse Buffy, l’espressione seria e decisa.
    Spike contrasse la mascella e socchiuse gli occhi. Non poteva sopportare di venir tagliato fuori dalla vita di Buffy per colpa di quella testa calda del suo Gransire. “Come vuoi!” sbottò. “Salutami Romeo e dagli la mia benedizione!”
    Buffy chiuse gli occhi sospirando, mentre Spike la superava e saliva le scale a passi pesanti, furioso.

    “Scusami Spike… ma non mi hai lasciato altra scelta”









    ********



    h 11:20 A.M – Ancora una volta, con sentimento

    Buffy rientrò in soggiorno, sospirando. Angel era seduto sul divano, in ombra, ben lontano dalla finestra aperta. Quando vide che era da sola, trasse un sospiro di sollievo. “E Spike?” chiese, fingendo noncuranza. “Credevo che volessi…”
    Buffy scosse la testa: “Non era una grande idea”. Improvvisamente il suo sguardo s’indurì, e incrociando le braccia al petto, sbottò: “E in ogni caso, si può sapere che diamine ti è preso? Insomma, conosciamo Spike: sappiamo quanto è irascibile e impulsivo. Ma tu?!” Buffy inarcò le sopracciglia, e con un certo sarcasmo continuò: “Per quanto ne sappia, tu non sei mai stato così… infiammabile. Bè…” aggiunse accigliandosi “… per lo meno, non la tua versione con l’anima!”
    Sorrisero entrambi a quelle parole, e Buffy andò a sedersi sulla poltrona di fronte al suo ospite. Angel parve per un attimo combattuto, ma poi si decise: “Ad ogni modo, Buffy, mi dispiace per quello che è successo con Spike. Davvero, non so cosa mi sia preso.” sospirò, scuotendo tristemente il capo.
    “Incredibile quanto siano diversi i miei ex! Uno risolve i problemi con il sesso, e l’altro si scusa con l’aria da cane bastonato!” pensò Buffy divertita. Sorrise per rassicurarlo: “Non preoccuparti. Può succedere. Del resto, Spike farebbe arrabbiare un santo!” aggiunse sbuffando.
    Angel abbozzò un sorriso: “Oh, non dirlo a me! Ho passato gli ultimi diciotto mesi a tentare di non ucciderlo, e alla fine mi è venuta l’ulcera!”
    Buffy sorrise, ma nei suoi occhi c’era una punta di malinconia. C’era qualcosa di cui voleva assolutamente parlare con Angel, ma allo stesso tempo aveva paura di farlo. Temeva che non le sarebbe piaciuto quello che avrebbe potuto sentire. “Angel…” cominciò, un po’ incerta. Il vampiro la guardò, in attesa. Prese coraggio: “Perché non mi hai detto di Spike?”
    A quelle parole, il bruno si irrigidì visibilmente. Buffy continuò: “Perché non mi hai detto che era tornato? Perché non mi hai parlato del viaggio a Roma? E perchè hai cercato di impedire che Spike partisse?” concluse, la voce piena di amarezza. Le faceva male parlare in questo modo con lui, spiattellargli in faccia le sue bugie. Ma doveva sapere, conoscere le ragioni che l’avevano spinto a comportarsi in quel modo.
    Più pallido del solito, Angel prese un respiro profondo e iniziò: “Sapevo che me l’avresti chiesto. E so anche di doverti delle spiegazioni”. Si fermò un attimo per riordinare le idee, poi, fissando il pavimento, riprese: “ Quando sono venuto a Sunnydale, l’ultima volta, abbiamo parlato di Spike, e… bè, ricorderai anche tu com’è andata” aggiunse, con un sorriso vagamente imbarazzato.
    Buffy assentì e sorrise tra sé, ripensando a quello strano colloquio. Non avrebbe mai e poi mai pensato di sostenere una conversazione come quella, con Angel.

    “ Ok, forse mi sfugge qualcosa ma, voglio dire, questo è una specie di shock per me! Qui stiamo parlando di Spike! (…) Fantastico. Ora tutti hanno un’anima! (…) Lo sai, sono stato io ad iniziarla. Tutta la faccenda dell’ *avere un’anima*. Prima che fosse questa nuova cosa trendy. (…) Sto ricevendo il benservito per Capitan Ossigenato! Non porta necessariamente via il campione che c’è in me!”

    Mentre Buffy ricordava con ilarità quella discussione, Angel continuò: “Non avevo capito. Anzi, non avevo voluto capire”. Sospirò. “Insomma, sapevo che Spike era passato dalla tua parte e tutto il resto, ma… E poi non sapevo dell’anima. Immagino che sia stato quello a fare la differenza”
    Buffy aggrottò la fronte: “A che ti riferisci?”
    Angel rispose senza guardarla: “A molte cose. Ai… sentimenti che provavi per lui. Al fatto che l’aveste accettato nelle vostre vite come se fosse un vostro amico. Al sacrificio finale che ha compiuto, alla sua rinascita, e allo Shanshu.”
    Ricordando le parole di Spike, Buffy chiese: “Ma com’è successa… questa storia dello Shanshu, intendo. Spike non è stato un granchè chiaro. Ha detto solo che si tratta di una profezia, che rende umani i vampiri che salvano il mondo” disse in tono vago.
    Angel alzò la testa per incontrare il suo sguardo: “Non vampiri, Buffy. Campioni. Vampiri con l’anima. Vampiri speciali”. Sospirò con aria triste a spiegò: “E poi, non basta salvare il mondo. Bisogna sacrificarsi per farlo, il che è diverso. Come ha fatto Spike” aggiunse in un mormorio.
    Buffy si morse il labbro. Sapeva che quello era un argomento spiacevole per Angel, ma aveva bisogno di chiedergli un’ultima cosa al riguardo: “E tu… Perché non ti è successo lo stesso?”
    Angel chinò di nuovo il capo: “Sono stato io a rinunciarvi. Ho firmato un patto, un patto di sangue. Indissolubile” mormorò cupamente. “Non sarò mai un uomo, Buffy” aggiunse in tono malfermo, alzando la testa per incontrare il suo sguardo.
    Buffy trasalì quando si accorse che gli occhi scuri del vampiro erano lucidi di pianto. Si sentì terribilmente in colpa per averlo spinto ad affrontare quella questione così penosa, e solo per soddisfare la sua smania di sapere. “I miei complimenti, Buffy! Ancora una volta, hai la sensibilità di un elefante!” si rimproverò. “Angel…” sussurrò, allungandosi per accarezzargli il viso, ma il bruno si scostò.
    “Non preoccuparti, Buffy. E’ stata una mia scelta. Ed era necessario” sospirò, strizzando gli occhi per asciugarli. “Comunque, la cosa dello Shanshu… è successo sei mesi fa”
    Buffy drizzò le orecchie.
    Angel continuò: “Alla fine della battaglia contro i Senior Partners… immagino che Spike te ne abbia parlato”
    “Veramente no” pensò lei “Non abbiamo parlato molto da quando è arrivato… Ma lasciamo perdere!”
    Il vampiro bruno proseguì: “Ecco, alla fine della battaglia, lui è svenuto. Nessuno di noi ci aveva fatto molto caso, perché onestamente eravamo tutti un po’ a pezzi… Ma poi Spike si è ripreso e…”
    Buffy terminò per lui: “… ed era umano?”
    Angel annuì: “Già. E anche molto fastidioso. Ha cominciato subito a lamentarsi perché il suo cuore faceva troppo rumore!”
    Buffy sorrise, ringraziando mentalmente Angel per lo sforzo che stava compiendo. Doveva essere davvero doloroso, per lui. Così decise di cambiare argomento: “Capisco. E dopo? Cos’è successo?”
    Angel esitò un attimo prima di parlare: “Ti riferisci a Spike, o in generale?”
    “Entrambe le cose”
    Angel annuì e spiegò: “Bè, per farla breve, abbiamo messo su un nuovo ufficio, dall’altra parte della città. Qualcosa del tipo *Angel Investigations*. Siamo tornati alle sane, vecchie abitudini” sorrise, sapendo bene quanto Buffy avesse disprezzato il suo coinvolgimento con la W&H. “Però, niente più demoni o mostri! Solo investigazione privata. Pedinamenti e cose del genere. I nostri clienti sono per lo più vecchi riccastri paranoici e ossessivi!” concluse sorridendo.
    Buffy ricambiò il sorriso: “Sono contenta per te. Almeno tu sei riuscito a tagliare i ponti con le forze del male!”
    Angel alzò le sopracciglia, un’espressione indecifrabile impressa in volto: “Sono un vampiro, Buffy. Il male è la mia natura!”
    Buffy cercò di alleggerire il discorso: “E io sono una Cacciatrice. Il male è il mio elemento!” Sospirò: “Una gran bella coppia, non c’è che dire!”
    Angel le concesse un sorriso, ignorando i possibili risvolti di quella frase; sapeva che non c’era alcun tipo d’allusione, dietro quelle parole.
    Tornata seria, Buffy azzardò: “Mi hai raccontanto molte cose, Angel, ma ancora non hai risposto alle mie domande”
    Quelle parole gettarono un velo di tensione tra i due. Quando finalmente Angel si decise a parlare, il suo tono di voce era diventato improvvisamente grave: “Hai ragione”. Una pausa. “Voglio essere sincero con te, Buffy”.
    Buffy trattenne il fiato, mentre Angel fece un respiro profondo (non che ne avesse bisogno, ma farlo gli infondeva coraggio): “Ero geloso” confessò. “Semplicemente geloso. Non avevo mai invidiato nulla a Spike, e poi, tutto ad un tratto, cosa scopro? Che si è ripreso la sua anima… che tu lo consideri una specie di eroe… che fa parte della vostra gang, e che…” sbuffò “è nel tuo cuore!” concluse, in tono vagamente sprezzante. Buffy si irrigidì, mentre lui continuava: “Era davvero troppo. E poi, come se non bastasse, me lo ritrovo tra capo e collo a Los Angeles! Dio, avresti dovuto sentire come si vantava per aver sventato l’Apocalisse!” Il suo tono acido cominciava ad innervosire Buffy, ma preferì farlo parlare, per poi intervenire al momento giusto.
    Angel, intanto, era arrivato alla parte più difficile della sua ammenda: “Quando è tornato corporeo avrebbe voluto dirtelo… Ma io…” si bloccò, cercando un modo per essere sincero, senza apparire un bastardo completo. “Io… ho pensato fosse meglio per entrambi… per te e per lui, s’intende… se non l’avesse fatto. Se non ti avesse detto nulla.”
    Buffy strinse le labbra, intimando a se stessa di non esplodere.
    Angel non osava guardarla in faccia, mentre mestamente continuava: “Insomma, sapevo che, ovunque tu fossi, stavi faticosamente cercando di crearti una vita normale… e ho pensato che… semplicemente, non lo volessi tra i piedi. Non pensavo che potesse farti piacere rivederlo… insomma, stiamo parlando di Spike!” concluse con eloquenza - lasciando intendere che bisognava essere davvero pazzi per sentirne la mancanza.
    Ma quelle parole, pronunciate con quel tono sdegnoso, furono la goccia che fece traboccare il vaso, per Buffy. Non risucì più a controllarsi:
    “Esatto Angel, si tratta di Spike. Si tratta del vampiro che mi ha amato al punto di voler indietro la sua anima! Al punto di sacrificarsi per salvare il mondo! Al punto di proteggere mia sorella e lottare fianco a fianco con i miei amici, anche quando lo odiavano a morte! Stiamo parlando del vampiro che mi è rimasto accanto nonostante il dolore che gli ho inferto, che non mi ha mai abbandonata, che ha rinunciato a tutto quello che era affinché lo amassi! Stiamo parlando del vampiro che ha rinnegato se stesso, la sua natura, che non si è vendicato quando le persone a cui tenevo hanno cospirato per farlo fuori! Ma, certo, dopotutto si tratta solo di Spike, dico bene?! Perché mai avrebbe dovuto farmi piacere saperlo vivo?!” esplose la Cacciatrice, gli occhi che lanciavano fiamme, il respiro affannato per il violento sfogo.
    Angel era rimasto impietrito ed immobile a fissarla, sepolto dalla valanga di furia che gli era stata riversata contro. Deglutì silenziosamente, mentre Buffy, che era scattata in piedi senza accorgersene, si lasciò cadere senza più forze sulla poltrona. Si sentiva completamente svuotata. Aveva sputato fuori tutto il veleno che aveva accumulato, man mano che il patetico discorso di Angel andava avanti. Avrebbe voluto dirgli che non aveva nessun dannato diritto di decidere cos’era meglio per lei, proprio come aveva detto Spike.
    Già, Spike. Poverino, l’aveva trattato davvero male. Gli aveva scaricato addosso tutta la responsabilità per lo scontro con Angel, e gli aveva proibito di assistere alla loro conversazione, nonostante – lo sapeva bene – lui ci tenesse davvero tanto. “Perché sono sempre così… ignobile, con lui?” si chiese, affranta.
    Angel era a dir poco allibito. Mai e poi mai si sarebbe aspettato da lei una reazione così violenta. E così… piena di passione. Buffy aveva difeso Spike a spada tratta, animata da qualcosa di molto piò profondo della semplice rabbia. Qualcosa come…
    Rabbrividì.
    Buffy sospirò e si sentì in dovere di riavviare la conversazione: “Scusami, Angel” mormorò, con una pacatezza del tutto estranea al suo recente sfogo. “Non era mia intenzione aggredirti. Ho… perso il controllo”
    Lui accennò un timido sorriso: “Si, bè, a quanto pare non capita solo a me”
    Buffy gli restituì il sorriso, altrettanto imbarazzata. Restarono così per un po’, incapaci di ricucire lo strappo che la scenata di lei aveva provocato.
    Fu Angel ad interrompere il silenzio: “Forse non dovrei neanche chiedertelo, perché sicuramente mi dirai che non sono affari miei, ma…”
    Una pausa. Angel alzò la testa, e guardando Buffy dritto negli occhi, concluse: “… tu lo ami?”
    La Cacciatrice deglutì, a disagio. Perché le facevano tutti quella dannata domanda?! Tara, Dawn, Willow, il sig. Giles, Angel. Per la seconda volta.
    Perché tutti si ostinavano a voler etichettare in qualche modo i suoi sentimenti per Spike? Non potevano semplicemente farsi gli affari loro??!
    Buffy sospirò, esasperata: “Angel…”
    Lui la interruppe: “No, Buffy, dico sul serio. L’ultima volta che te l’ho chiesto non mi hai risposto, e… da allora non ho mai smesso di pensarci”. I suoi occhi scuri la fissarono supplichevoli. “Sei innamorata di Spike?” ripeté, stavolta in tono più deciso.
    Buffy chinò il capo e scrollò debolmente la testa, lasciando ondeggiare i lunghi capelli color miele. Come dargli un nome? Come dare un nome a quell’impagabile sensazione di calore che si impossessava di lei, ogni volta che si specchiava nei suoi occhi cristallini? Come dare un nome a ciò che provava, stretta tra le sue braccia forti? Come dare un nome a quello che sentiva, durante le loro roventi notti d’amore? Come dare un nome a quell’emozione che la travolgeva al solo suono della sua voce?
    “Io non… non so come…” mormorò, cercando disperatamente di trovare le parole più adatte. “A volte penso di detestarlo, però…”
    Angel la guardò a lungo, in attesa: “Però…?” la incalzò, chiedendosi se fosse davvero così ansioso di conoscere il prosieguo della frase.
    Buffy sospirò e si morse il labbro inferiore, nervosa: “… però… mi fa sentire bene, capisci?” concluse, cercando gli occhi del suo interlocutore.
    Angel la fissò. Dolce, piccola Buffy. Così bella, e solare, e forte. Ma non era più sua. Non era più la tenera adolescente alla ricerca del Principe Azzurro, che l’aveva stregato con i suoi occhioni verdi. Ora era una giovane, incantevole donna, libera e determinata. E, forse, innamorata.
    No, non era più sua.
    Sorrise, un sorriso malinconico, ma sincero. Doveva lasciarla libera. L’aveva compreso. Non poteva tenerla legata al fantasma del loro amore. Se lui stesso se n’era liberato, era giusto che lo facesse anche lei. Niente più speranze, stavolta. Niente più “forse, in futuro…” . Scosse leggermente la testa. Era triste, ma era la cosa giusta da fare.
    E Spike… di certo non gli piaceva l’idea della sua Buffy (ok… non era più sua!) con quel folle, ma lui l’amava davvero. A modo suo, certo, ma teneva sul serio a lei. E, del resto, come biasimarlo?!
    Sorrise alla donna che gli stava di fronte, e con una sola parola, le offrì tutta la sua comprensione: “Capisco”
    Buffy osservò Angel con attenzione. Il suo sorriso non aveva niente di ambiguo o cattivo, e il suo tono non sembrava sarcastico. Mentre seguitava ad analizzarlo, sorpresa da quella disinteressata quanto improvvisa dimostrazione di solidarietà, lui le tolse ogni dubbio:
    “Buffy, io non sono venuto qui per tornare con te, o per intromettermi nella tua vita. Contrariamente a quanto pensa il tuo ragazzo, non ho alcuna intenzione di contestare le tue scelte, o di biasimarti” la rassicurò Angel, sfoderando il suo sorriso più dolce.
    Buffy lo guardò per un attimo stranita. Non riusciva a credere alle sue orecchie. Cos’era successo ad Angel?? Tempo prima le aveva fatto assurde scenate di gelosia…

    “Sei venuto qui solo per fare il Dawson con me ogni volta che ho un ragazzo?!”

    … e adesso chiamava addirittura Spike *il suo ragazzo*??
    Non riusciva a trovare nulla di adatto da dire, così lasciò che fosse lui a proseguire:
    “Certo, mentirei se dicessi che adoro saperti con Capitan Ossigenato… ma se lui ti rende felice, che importa quello che penso io?” Angel si alzò in piedi. “Promettimi solo una cosa” aggiunse, mentre Buffy gli sorrideva, colma di gratitudine.
    “Cosa?” chiese lei alzandosi a sua volta. Tremava leggermente. Non era preparata a quello che stava accadendo… ma non poteva sperare di meglio! Angel stava dando a lei e Spike la sua benedizione! Pazzesco.
    Il vampiro le si avvicinò, portandosi a pochi centimetri da lei: “Se Spike ti fa del male… se ti fa soffrire per un qualunque motivo… chiamami” mormorò, accarezzandole dolcemente la guancia. “Così lascerò che la mia infiammabile parte demoniaca venga allo scoperto, per sottoporlo alle torture più atroci!” concluse con enfasi.
    Buffy rise, non tanto per la battuta, quanto per la totale beatitudine in cui si sentiva immersa.
    Angel era stato importante per lei. Lo era ancora. In qualche modo, sentiva che non sarebbe mai riuscita a lasciarsi andare con Spike, se prima non avesse avuto un chiarimento con lui. Se prima non avesse tagliato del tutto i ponti con il passato.
    Ora era successo.
    Ora era pronta.
    Un sorriso radioso le illuminò il volto. Portò la sua mano su quella di Angel, che era ancora sulla sua guancia, e la strinse. Lui ricambiò la stretta, comunicandole con uno sguardo molto più che con mille parole.
    Entrambi sapevano…
    Stavano vivendo il loro dolce addio.

    Angel lasciò andare la sua mano e sospirò: “Bè, credo che il mio lavoro qui sia concluso!”
    Buffy sorrise e aprì la porta, accompagnando Angel all’ingresso.
    Quando furono sulla soglia, il vampiro recuperò la vecchia coperta sdrucita che aveva lasciato cadere, e se la sistemò con cura sulle spalle, sollevandola per coprire al meglio la testa.
    Buffy inarcò le sopracciglia, divertita: “Tu sì che sai come passare inosservato!” scherzò, alzandosi in punta di piedi per aiutarlo ad avvolgersi meglio nella coltre.
    “Oh, avresti dovuto vedere come mi guardavano i tuoi vicini! Ma insomma, siamo sulla Bocca dell’Inferno, e nessuno ha mai visto un vampiro girare di giorno?” protestò Angel, accigliandosi.
    Buffy rise e aprì la porta: “Bè, sai com’è, non tutti sono come te, Angel!”
    Lui le sorrise: “Lo prendo come un complimento”
    “Lo è!” lo rassicurò la Cacciatrice.
    Si abbracciarono.
    “Porta i miei saluti a Dawnie e… al biondino. E abbi cura di te, Summers” si raccomandò il bruno.
    “Lo farò. Vale lo stesso per te… ehm… qual è il tuo cognome?” chiese Buffy, perplessa. Incredibile, dopo anni che lo conosceva, c’erano ancora molte cose che non sapeva di lui.
    Angel le strizzò l’occhio: “Diciamo che è un segreto… ma puoi chiamarmi Harrison”
    “Harrison, allora” concluse lei.
    Improvvisamente, Angel si rabbuiò: “Immagino che questo sia un addio” mormorò, sperando segretamente di ricevere una risposta negativa.
    Ma Buffy fece un sorriso triste e concordò: “E’ probabile…”
    Angel sospirò e la strinse a sé, affondando il viso nei suoi capelli. Buffy posò la testa sul suo petto e chiuse gli occhi. Respirarono avidamente l’uno il profumo dell’altra, per l’ultima volta.
    Quando si staccarono, le loro labbra si incontrarono in un lieve, candido bacio.
    Angel si scostò delicatamente e posò la sua fronte contro quella di lei. “Lo sai, Buffy… una parte di me ti amerà sempre” sussurrò, cercando di ignorare quella fitta di dolore sordo allo stomaco.
    Lei gli sorrise, mentre una piccola lacrima le scivolava lungo la guancia: “Lo so… è così anche per me” mormorò, tirando debolmente su col naso.
    Lui le sorrise, rincuorato. Adesso si sentiva davvero pronto ad andare.
    Si allontanarono. Angel si sistemò la coperta sul capo e sospirò: “Allora, addio Buffy”
    Lei annuì, sentendosi serena per la prima volta dopo tanto tempo: “Addio, Angel”
    Un ultimo sguardo. Solo un ultimo sguardo.
    Poi Angel uscì. Dalla sua casa, e dalla sua vita.
    Di nuovo.
    Definitivamente.
    Eppure, non era triste. Si sentiva bene, piena di speranza e voglia di vivere.
    E più decisa.
    Adesso sapeva cosa fare, e con chi.
    Pensò a Spike, che probabilmente era di sopra, in camera da letto, ancora furioso e imbronciato. Bè, aveva una bella sorpresa per lui!
    Restò in piedi sulla soglia, mentre una figura scura usciva in fretta dal suo giardino.
    Sorrise.

    Ancora non sapeva che, poco distante, non visti, due gelidi occhi azzurri avevano osservato l’intera scena…









     
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    h 11:50 A.M. – Collisione

    Spike era fuori di sé. Non sapeva se fosse maggiore la furia o la disperazione.
    Era successo di nuovo. Ci era ricascata, quella sgualdrina.
    Sentiva il sangue ribollirgli nelle vene. L’immagine di Angel e Buffy avvinghiati continuava ad apparirgli davanti, impressa indelebilmente nella sua retina. E poi, il bacio… quel maledettissimo bacio che, solo mezz’ora prima, lei gli aveva giurato non ci sarebbe stato. Non avrebbe potuto sentirsi più tradito neanche se li avesse sorpresi a letto insieme.
    Appena il Piagnone se n’era andato – naturalmente non prima di aver intenerito Buffy con i suoi occhioni lucidi – Spike era tornato in fretta e furia di sopra. Non voleva che lei lo vedesse appollaiato sulle scale, le orecchie tese e i sensi all’erta, come il migliore dei voyeurs.
    Sospirò pesantemente, cercando di mandare giù quel blocco di cemento che gli aveva ostruito la gola, e si lasciò cadere sul letto. Quel letto che, poche ora prima, aveva diviso con la donna che amava. Deglutì e serrò gli occhi, per bloccare le lacrime che minacciavano di sgorgare da un momento all’altro. Dio, era così ingiusto. Proprio adesso… adesso che si era illuso di aver finalmente trovato la pace, di aver risolto ogni problema, con Buffy. Adesso che aveva seriamente cominciato a sperare in un futuro insieme. Tutta colpa di quel maledetto…
    Quand’era stata l’ultima volta che aveva sofferto in quel modo?

    “Spike?”
    Si tirò su di scatto, pregando che i suoi occhi lucidi non fossero tanto evidenti.
    Buffy era lì, in piedi, sulla soglia, ed era così bella che si sentì morire.
    Dannazione, non l’aveva sentita arrivare.
    Tirò su con il naso e si alzò in fretta, tentando di evitare gli occhi verdi di lei mentre parlava: “Bè? Già finito la chiacchierata con Rocky?” chiese, cercando di apparire il più naturale possibile.
    Buffy annuì e si chiuse la porta alle spalle: “Già. Se n’è andato”
    “Se solo avessi un dollaro per tutte le volte che te l’ho sentito dire!” pensò amaramente Spike, stringendo i pugni senza accorgersene.
    Buffy sorrise e gli si avvicinò lentamente. I suoi occhi brillavano di una luce insolita: “E adesso, non credi sia ora di… riprendere quel discorso?” domandò con malizia, avvicinandosi ulteriormente. Spike si irrigidì, mentre lei gli accarezzava il petto, lasciando correre le mani lungo tutto il suo corpo. Quando si protese verso di lui per baciarlo, però, una zaffata dell’odore di Angel gli arrivò alle narici, e Spike si tirò bruscamente indietro, allontanandola con violenza.
    Buffy sgranò gli occhi, spiazzata, mentre Spike, ora a qualche metro di distanza da lei, la fissava con occhi di ghiaccio. “Cosa…?” mormorò, confusa.
    Spike si sentiva sul punto di implodere. Il pensiero che il bel tenebroso l’avesse eccitata in quel modo lo disgustava. Non voleva il suo corpo, se era stato acceso da Angel. “Non credi che prima dovresti raccontarmi qualcosa, tesoro?” chiese in un ringhio sommesso.
    Buffy si sentì gelare, mentre un’orribile sensazione si faceva strada in lei: “Che vuoi dire? Non… non è successo niente d’importante” replicò, lottando per controllare il tremito nella voce.
    Spike sorrise, un sorriso amaro e collerico: “Oh, davvero? Niente d’importante, dici?”
    Voleva darle un’ultima possibilità di confessare. Se non altro, la sua sincerità l’avrebbe fatto sentire un po’ meno peggio.
    Ma la Cacciatrice non ebbe il buonsenso di dire la verità: “Si! Niente che valga la pena di raccontare. E comunque, ti ho detto che se n’è andato!” sottolineò, per dissipare ogni eventuale dubbio sul loro rapporto.
    Spike contrasse per un attimo la mascella, irritato e ferito dalle ostinate menzogne di lei.
    Poi sorrise. Un sorriso inquietante, che non aveva nulla di umano.
    Buffy fu scossa da un brivido. Se fosse stato ancora un vampiro, lo sapeva, in quel momento sarebbe emerso William il Sanguinario.
    Spike le si avvicinò lentamente, muovendosi con la solita eleganza felina, gli occhi ridotti a due torbide fessure: “Te lo chiedo per l’ultima volta, Cacciatrice. Sei sicura di non voler raccontare niente al tuo Spikey?” mormorò in tono agghiacciante, portandosi abbastanza vicino da poterla toccare.
    Buffy deglutì. L’aveva vista, ne era sicura. Spike l’aveva vista tra le braccia di Angel, e aveva frainteso tutto. Si sentì morire. Come fare a spiegargli che quello era stato solo un bacio d’addio?
    Prima che avesse modo di dire qualunque cosa, la mano di Spike l’afferrò per il collo, sbattendola contro il muro retrostante.
    Buffy ansimò pesantemente, gli occhi spalancati per lo shock. La stretta di Spike non era molto forte, ma il gesto in sé l’aveva sconvolta.
    E lui sembrò pensarla allo stesso modo, perché si ravvide subito, inorridito. Lasciò la presa come se si fosse scottato.
    Fu allora che qualcosa cambiò. Gli iceberg che avevano imprigionato i suoi occhi si sciolsero, e Spike lottò per impedire a se stesso di piangere. Il fuoco della rabbia si era spento in lui, lasciando il posto ad un desolante… dolore? No. Riduttivo. Sentiva il cuore cadere in pezzi, sbriciolarsi in tanti frammenti sanguinanti. Quando riuscì di nuovo a parlare, la sua voce era flebile e incrinata:
    “Perché, Buffy?”
    Lei si sentì mancare. Mai come in quel momento, desiderò poter tornare indietro nel tempo e cancellare i suoi stupidi errori. Baciare Angel era stato solo un modo per suggellare il loro addio, ma questo Spike non l’avrebbe capito. Non dopo tutto quello che avevano passato. E ora lui se ne stava lì, e la guardava, con i suoi magnifici occhi pieni di lacrime, e tutto quello che le chiedeva era…
    “Perché l’hai fatto? Perché, maledizione??!”
    Spike si voltò in modo da darle le spalle. Non voleva farsi vedere mentre si asciugava gli occhi.
    Era al limite. Aveva rotto gli argini. Doveva uscire da quella stanza. Se non fosse scappato immediatamente, non sarebbe più riuscito a controllarsi.
    Stava per imboccare la porta e fuggire, senza neanche aspettare una risposta, quando una voce lo fece capitolare.
    “Spike… io…”
    Si voltò di scatto e avvertì una fitta allo stomaco. Buffy lo guardava con gli occhi lucidi e l’espressione sconvolta, il labbro inferiore che tremava platealmente. “E’… lui se n’è andato, d’accordo? Non lo rivedrò più. E’ stato solo un…”
    Spike completò la frase al suo posto, amareggiato: “… un saluto? Ho già visto questa scena, tesoro! Sai che ti dico? Sono stufo di questi dèjà-vu!” sbottò, e uscì a grandi passi dalla stanza, lasciandosi alle spalle una Buffy impietrita.











    h 11:58 A.M. – Una decisione sofferta

    Il cielo si stava annuvolando. Le strade erano immerse in un deprimente grigiore.
    Buffo il modo in cui la natura partecipava al suo dolore.
    Non sapeva dove stesse andando; ma che importanza poteva avere, a quel punto? Di una sola cosa era sicuro: non sarebbe tornato indietro così presto.
    La prima cosa che aveva fatto, appena uscito da casa Summers, era stata una capatina dal tabaccaio. Erano anni che non fumava più, tranne quando era davvero nervoso. E, a quanto pareva, Buffy aveva il potere di dargli sui nervi meglio di chiunque altro.
    Diede un avido tiro alla sigaretta. Purtroppo, rimuginava, la Cacciatrice aveva un potere immane su di lui. Sapeva spingerlo alla follia. Tirava fuori il suo peggio. Sapeva illuderlo, e poi distruggerlo. Regalargli una speranza, e poi farla a pezzi.
    Lui creava, lei demoliva.
    Imboccò un vicolo secondario. Non si poteva certo dire che, a quell’ora, e in piena estate, Cleveland fosse particolarmente affollata. Tutt’altro. Spike aveva l’inquietante sensazione di camminare in una città fantasma.
    Su uno dei marciapiedi c’erano degli scatoloni abbandonati. Li impilò uno sull’altro e vi si sedette.
    Non sapeva cosa pensare. Da un lato, il fatto che Angel se ne fosse andato sembrava confermare le parole di Buffy. E con Peaches fuori dai piedi, c’era una concreta possibilità per lui.
    Ma dall’altro…
    Si sentiva così tradito. Lei gli aveva assicurato che non sarebbe successo niente con Angel, non questa volta. Gli aveva persino concesso di presenziare alla conversazione, affinché capisse di potersi realmente fidare. Ma poi, dopo averlo sbattuto fuori, aveva ben pensato di dargli il colpo di grazia.
    Perchè, dannazione??! Perché aveva sentito l’impellente bisogno di gettarsi fra le braccia di quell’idiota?? Se davvero si trattava solo di un saluto, come gli aveva garantito… perché doveva baciarlo in quel modo??


    “La maggior parte delle persone non usano le loro lingue per dire *Ciao!*. Oh, suppongo che lo facciano ma…”
    “Non c’erano lingue!”

    Sorrise tra sé. Che conversazione stupida. Proprio come allora, non gli interessava sapere che tipo di bacio fosse stato. Voleva solo capire perché, dopo essere venuta a letto con lui, Buffy si fosse avvinghiata alla Checca. Che diavolo aveva il Capellone di tanto magico??! Perchè gli bastava schioccare le dita per rubargli tutto ciò a cui teneva?
    Strinse la sigaretta così forte da piegarla. Aspirò un’ultima boccata, e la gettò con un gesto rabbioso. Angel era il suo eterno rivale. Avevano combattuto dozzine di volte, non solo fisicamente, e Spike ne era sempre uscito perdente. Buffy era la sua sconfitta più bruciante.
    L’unica vittoria che aveva riportato sul suo Gransire era stata quella dello Shanshu. Ecco perché ne aveva parlato. Era l’unico campo in cui si sentiva il più forte.
    Ma che gli importava di stare alla luce del sole, se non poteva starci con lei? Che gli importava di vivere una vita da umano, se lei non ne faceva parte? Che senso aveva la sua mortale esistenza, se non poteva consacrarla a lei, alla sua dea della guerra e dell’amore?
    Lei, sempre lei, solo lei. Dio, perché era così bella? Perché era così… speciale, così diversa? Perché i suoi occhi brillavano in quel modo? Perché doveva essere così unica? Se solo fosse stata una semplice umana, probabilmente tutta quella dannata storia non sarebbe mai cominciata. O comunque, sarebbe finita diversamente.
    Estrasse un’altra sigaretta dall’ involucro e l’accese. Il fumo acre gli entrò nei polmoni, bruciando.
    Non doveva finire in quel modo. Non doveva finire, non ora che era appena iniziata. Non ora che si erano appena ritrovati. Non dopo aver sofferto per mesi e mesi la sua mancanza, e averla finalmente riabbracciata.
    Dio, era così stanco di farsi del male. Così stanco di illudersi, e sperare, e pensare, e bramare qualcosa che non avrebbe mai avuto. Voleva solo sentirsi di nuovo libero. Si, libero. Era passato troppo tempo dall’ultima volta che aveva provato quella spensieratezza… la certezza di non appartenere a niente e a nessuno. La possibilità di andare ovunque e fare qualunque cosa. La sensazione di superiorità ed egemonia incontrastata che lo faceva sentire il migliore. Non riusciva a credere che 130 anni di bagordi lo avessero portato lì, fatto di lui ciò che era.
    Il cagnolino della Cacciatrice.
    Altra boccata.
    Era passato troppo tempo anche dall’ultima volta che era stato felice, rifletté. Ma poi, lo era davvero mai stato? La sua vita da umano, da William, era un completo disastro. I suoi primi cent’anni da vampiro erano stati inebrianti, ma erano durati si e no un battito di ciglia. E poi, ora che era umano, non riusciva a pensare ad un secolo trascorso tra stragi e distruzione come un periodo “felice”.
    In seguito, poi, quando lui e la sua Venere Nera erano arrivati a Sunnydale, la situazione era precipitata. La Cacciatrice era entrata nella sua vita con la prepotenza di un uragano, stravolgendola, suo malgrado.
    Per colpa sua si era visto portare via Drusila sotto il naso, da Angelus. Per colpa sua era finito in sedia a rotelle. Per colpa sua era partito con Dru, e lei lo aveva lasciato. Sin dal principio, Buffy non aveva fatto altro che causargli disgrazie e problemi.
    E quando si era innamorato di lei… bè, aveva definitivamente detto addio anche solo alla parola “felicità”. Era diventata un’utopia, per lui.
    Alcuni dei momenti passati con lei erano… rifulgenti, ma non duravano mai. Venivano prontamente oppressi, accantonati, dimenticati. Lei riusciva a portarlo in Paradiso, per poi farlo precipitare all’Inferno, anche solo con uno sguardo, o una parola. Lei poteva dargli la vita e strappargliela via. Lei sapeva ucciderlo, lentamente, dolorosamente, inesorabilmente, giorno dopo giorno, ora dopo ora. Quante volte si era strappato il cuore dal petto e glielo aveva offerto su un piatto d’argento. Ma non era mai stato abbastanza, non era mai stato ciò che lei voleva.
    Perché lui non era Angel. Perché lui non era la persona… perché lui non era una persona.
    Quei pensieri lo stavano dilaniando, ma non poteva farci nulla. Doveva ammetterlo. Per quanto potesse essere doloroso, doveva riconoscere che Buffy non lo avrebbe mai amato. Non gli avrebbe mai donato la sua anima, il suo cuore, non avrebbe mai vissuto per lui, respirato per lui. Non si sarebbe mai svegliata ogni mattina ringraziando perché lo aveva al suo fianco. Non avrebbe mai guardato il sole con disprezzo, perché era nulla paragonato alla luce che lui emanava.

    …Perché l’ amore è un altro *sì*
    che non si può pretendere…

    La seconda sigaretta finì ai suoi piedi, mentre, implacabili, le lacrime iniziavano a scorrergli lungo le guance. Non si curò di fermarle. Non c’era nessuno con cui dovesse fingere, ora. Ma era così stanco di piangere.
    Ripensò agli ultimi diciotto, interminabili mesi senza lei. Aveva lottato, riso, pianto, scherzato, sofferto, aveva avuto paura. Ma niente di tutto questo lo aveva fatto sentire vivo. Solo lei ci riusciva. Solo la sua Raggio di sole. Anche se, ogni volta che l’avvicinava, ne rimaneva scottato. Anche se ne usciva sempre con nuove cicatrici.

    … Ti spinge all’angolo di un ring
    ma ti fa vivere…

    Era una schiavitù. Era schiavo di lei, dell’amore che le dava e del dolore che riceveva in cambio. Incatenato da quelle gemme verdi che erano i suoi occhi. Legato indissolubilmente a lei da qualcosa di troppo grande ed etereo per essere definito.
    Ma non poteva andare avanti così. Non era giusto per nessuno dei due.
    Lui non era Angel. Non la lasciava “per il suo bene”, per regalarle “una vita normale”. No. Forse era solo un egoista, ma se se ne andava era per se stesso. Per non consumarsi di nuovo come cera, per non lasciarsi morire. Non riusciva a starle accanto se non poteva averla, e non voleva il suo corpo illusorio se non poteva avere il suo spirito. La vicinanza poteva solo nuocere. Quindi, tanto valeva che se ne tornasse ad L.A, dove, lo sapeva, non sarebbe stato felice, ma almeno non avrebbe subito il tormento di stare con lei senza mai possederla sul serio.

    … E allora amore mio,
    abbraccia questa vita
    nella sua libertà
    con me ti porterò…

    Libertà. Ecco quello di cui aveva bisogno. Ecco quello che si stava prendendo. Ecco quello che le stava regalando.
    L’avrebbe portata per sempre con sé, nel suo cuore, impressa a fuoco nella sua anima. Ma era tempo di lasciarla, di nuovo e per sempre.

    ********



    “Buffy?!”
    Trasalì e alzò la testa di scatto. Sulla soglia, Dawn la stava fissando con aria sorpresa.
    “Dov’è Spike?”
    Buffy abbassò lo sguardo con aria colpevole: “Non lo so. Se n’è andato”
    Dawn sgranò gli occhi, attonita: “Cosa? Se n’è andato? E perché??”
    Buffy si alzò in piedi, schivando abilmente gli occhi indagatori della sorella, e uscì dalla stanza: “Mangiamo qualcosa, ti va?”
    Entrò a passo svelto in cucina, tallonata da Dawn: “Buffy, ma che succede?? Tu e Spike… è colpa di Angel?” chiese, folgorata da un pensiero orribile. “Buffy ha scaricato Spike, e ora Angel si trasferirà qui!”
    Buffy sospirò e strinse i pugni. Stava disperatamente cercando di non pensare a quello che era successo. Continuava a ripetersi che si era trattata solo di una reazione impulsiva, tipica di Spike. Presto sarebbe tornato e le avrebbe dato modo di spiegarsi. E a quel punto tutto si sarebbe risolto.
    Ma per continuare a crederci non doveva ricordare. Non doveva rammentarsi del suo sguardo gelido, mentre le serrava una mano intorno al collo. Non doveva ricordare i suoi occhi delusi e feriti che la scrutavano, una sola domanda impressa a caratteri cubitali.
    PERCHE’?
    Prese fiato e tagliò corto: “Non preoccuparti, d’accordo? E’ una cosa tra me e Spike. Angel se n’è andato” “Anche lui” aggiunse mentalmente.
    Dawn si lasciò cadere pesantemente su una sedia e protestò: “Ma perché? Avete litigato? Non capisco, sembravate così… affiatati!” “Mi vengono in mente parole migliori per descrivere il vostro *affiatamento* mentre eravate sotto la doccia… ma forse non è il momento!” rimuginò.
    Buffy si irrigidì impercettibilmente: “Abbiamo avuto una discussione. Una delle nostre. Ma non è nulla di cui preoccuparsi, davvero” spiegò, in un tono che voleva essere rassicurante.
    Dawn era esasperata. Non sopportava di venir tagliata fuori dalla vita di sua sorella in quel modo. Non era più una bambina, ed era molto più sveglia di quello che lei credeva: “Oh, andiamo Buffy, piantala! Lo sappiamo tutt’e due che, se è arrivato al punto di andarsene, dev’essere stato molto più di una semplice discussione!”
    Quelle parole turbarono Buffy. E se sua sorella avesse avuto ragione? Se Spike fosse stato così arrabbiato da…
    Non poteva neanche pensarci.
    Dawn intanto continuò: “Smettila di trattarmi come una bambina da tranquillizzare, ok? Ho quasi diciott’anni! Buffy…” sospirò “… dopo tutto quello che abbiamo passato insieme… io, tu, gli altri… insomma, vorrei che mi prendessi maggiormente in considerazione, capisci? Che ti confidassi con me, che mi aprissi il tuo cuore, ecco”.
    Buffy si rabbuiò. Aprire il suo cuore. Da quanto non lo faceva… Neppure con Angel era stata sincera fino in fondo. Non avrebbe potuto. Certe verità fanno troppo male per essere rivelate.
    Dawn sbuffò e guardò la sorella: “Allora, vuoi dirmi una buona volta cos’è successo con Spike?”
    Buffy aprì il frigo e tirò fuori del succo d’arancia. Poi si sedette accanto a Dawn e cominciò a raccontare: “Gli avevo permesso di assistere alla mia conversazione con Angel. Ma ad una condizione” spiegò, versando del succo in un bicchiere e passandolo a Dawn, che ascoltava con interesse. “Non doveva darmi problemi, e lasciarmi parlare. Non l’ha fatto” sbuffò, scrollando mestamente le spalle. “Hanno cominciato a darsi addosso come bambini, e alla fine ho dovuto dividerli e mandare via Spike”.
    Dawn sorseggiò pensierosa la sua bibita: “Uhm. Ed è per questo che si è arrabbiato?”.
    “Bè…” Buffy esitò. Non si sentiva pronta a parlare del bacio. Non con la sua saccente sorellina, almeno. “Non ne sono sicura… sai com’è fatto Spike. Non si sa mai cosa gli passi per la testa!” .
    Quella risposta, però, parve non soddisfare Dawn: “… E’ successo qualcos’altro, con Angel?”.
    “… No! No, cosa… No!” protestò energicamente Buffy. “Che altro sarebbe dovuto succedere?”.
    Dawn si strinse nelle spalle: “Ok, ok, calmati! Stavo solo cercando di capire”.
    Buffy si versò un secondo bicchiere d’aranciata e lo mandò giù tutto d’uno sorso. Per poco non soffocò quando sentì Dawn chiederle: “Non è che vi siete baciati, vero?”.
    Cominciò a tossire, e sua sorella sbuffò: “Fantastico, è come pensavo! Buffy…” Dawn le lanciò un’occhiata sprezzante: “… sei una vera frana, lo sai?”.
    La Cacciatrice la fulminò con lo sguardo. Dawn alzò gli occhi al cielo e sospirò: “Allora, fammi capire: tu hai baciato Angel, e Spike vi ha visti, giusto?”.
    Buffy emise un mugolio che voleva essere d’assenso, e sua sorella sbottò: “Bè, non mi stupisce affatto che se la sia presa! Come hai potuto fargli una cosa simile? Ti rendi conto di come dev’essersi sentito?”
    “EHI!” scattò Buffy. “Piantala di farmi la predica, ok? Credi che io volessi farlo arrabbiare, o ferirlo? No che non volevo, ma ormai quel che è fatto è fatto!”
    Dawn la fissò con durezza: “Avresti potuto evitarlo. Sarebbe bastato non gettarsi ai piedi di Angel!”
    Buffy si alzò di botto e strinse i pugni. Era in ebollizione : “Santo cielo, era un bacio d’addio! Non lo rivedrò più, capisci? MAI PIU’! Angel è stato il mio primo amore e… hai idea di quanto significasse per me??” esclamò, in tono di voce pericolosamente alto.
    Dawn la fissò per un lungo istante. Poi azzardò: “E Spike questo lo sa? Sa che è stato un addio?”
    Buffy strinse le labbra: “Non mi ha dato il tempo di spiegargli. Ma gli ho detto che Angel se n’è andato, quindi deve aver capito. E comunque, quando tornerà, gli parlerò”
    Dawn la guardò con aria grave: “Se tornerà” mormorò in tono eloquente.
    Buffy incrociò le braccia al petto con aria seccata: “Certo che tornerà! Sono sicura che sarà qui a momenti” “Oh, ti prego, fà che sia così…” implorò mentalmente.
    Prima che sua sorella potesse ribattere, un rumore soffocato attirò la loro attenzione. Si voltarono entrambe verso la porta, nel preciso momento in cui questa si aprì.

    Spike apparve sulla soglia, e Buffy sentì un tuffo al cuore.
    “Spike” mormorò, sorridendo senz’accorgersene. “Signore, ti ringrazio! Giuro che d’ora in poi andrò sempre in chiesa!” promise tra sé e sé.
    Ma l’espressione dipinta sul volto del biondo la raggelò.
    Spike la fissò. Quando parlò, la sua voce era dura come il suo sguardo:
    “Non preoccuparti. Sono tornato solo a prendere la mia roba. Me ne vado. Torno ad L.A.”









    h 12:15 P.M. – Maschere

    Per un attimo calò un silenzio di tomba.
    Ma fu solo un attimo.
    “Cosa??! Tu… NO! Spike, no!” esplose Dawn, scattando in piedi.
    Il biondo posò lo sguardo su di lei e i suoi occhi si velarono di tristezza. Gli dispiaceva davvero, lasciare Briciola. Non aveva neanche avuto modo di parlarle, di godere della sua compagnia…
    Ma non avrebbe cambiato idea. Non poteva: “Mi dispiace piccola, ma… devo farlo” sospirò, evitando accuratamente lo sguardo inquisitore della ragazza.
    Dawn era inorridita: “No che non devi! Spike, sei appena tornato! Ci siamo appena ritrovati, e io non…” ma il resto della frase si perse nei singhiozzi isterici che avevano iniziato a scuoterla.
    Spike avvertì una fitta al cuore. Si mosse per abbracciarla, ma la ragazza lo spinse via strepitando: “NO! Tu non puoi andartene! Non lo permetterò! Diglielo anche tu, Buffy!”

    A quelle parole, così colme di disperazione, entrambi i biondi sussultarono.

    Lei era rimasta perfettamente immobile. Poggiata con noncuranza al lavabo, le braccia conserte in una posa abituale, così come le gambe. Il suo volto non tradiva alcun tipo di espressione.
    Ma, se solo i suoi occhi avessero potuto parlare, avrebbero smentito quell’aria indifferente, rivelando, come avevano sempre fatto, ciò che davvero occupava la sua mente.
    E il suo cuore.

    Lui aveva scelto di non guardare. Improvvisamente, sembrava provare una grande attrazione per il pavimento, dal momento che non riusciva a distoglierne lo sguardo.
    Qualunque cosa fosse passata in quegli occhi verdi, non voleva vederla. Non voleva rischiare di… non voleva rischiare.

    Ma all’esortazione di Dawn, entrambi furono costretti ad abbandonare le loro maschere.

    Il suo mondo era crollato. Disgregato nel momento in cui lui aveva aperto bocca.
    Era precipitata dalla gioia più assoluta, dal sollievo più immenso, alla disperazione e all’angoscia più cupe. Nella sua mente, una sola parola, ripetuta all’infinito.
    … NoNoNoNoNoNoNoNoNoNoNoNoNoNoNoNoNo…
    No, non poteva succedere.
    No, non doveva succedere.
    No, non per colpa sua.
    No… no… no…

    Voleva andarsene. Doveva andarsene.
    Non voleva guardare. Doveva guardare.
    Non poteva…
    Quegli smeraldi rivelatori, lo sapeva, avevano potere di vita e di morte su di lui. E non poteva osservarli, senza essere preparato a ciò che vi avrebbe letto. Ma sarebbe mai stato preparato?

    In un attimo, si incontrarono. Non volevano. Non erano pronti. Ma, dio, sapevano che sarebbe successo.
    Spike guardò Buffy. I suoi occhi si erano spalancati per un attimo, e lui aveva visto lo shock che trasmettevano. Ma si erano raffreddati di colpo, appena incrociati i suoi.
    Non riusciva a stabilire cosa stesse pensando in quel momento, ma la conosceva abbastanza bene da sapere che quello non era il suo solito sguardo. Quello altezzoso, fiero, vivace che era abituato a vederle. No. Questo era come velato… appannato. Come se quelle gemme verdi, in realtà, non vedessero affatto. O forse, semplicemente, non volevano vedere.
    Buffy guardò Spike. C’era una sola parola per descrivere ciò che animava i suoi occhi blu.
    Dolore.
    Il suo sguardo era ancor più malinconico di quello di Angel, e la cosa era preoccupante. Non ricordava di averlo mai visto in quel modo. Bè, d’accordo, l’aveva visto soffrire molte volte, in passato, ma era diverso. Quella magica scintilla, che rendeva i suoi occhi differenti da quelli di chiunque altro, non era mai del tutto scomparsa. Aveva continuato a brillare anche nei suoi momenti più bui.
    Mentre adesso…
    Torbidi, spenti, vacui. Rassegnati. Ecco cosa. Rassegnati. Senza speranza, senza vita, senza luce.
    Come mai li aveva visti prima d’allora.

    Perdonami, amore. Perdonami…

    “Buffy…”
    Fu un flebile lamento a ridestarla.
    Dawn la guardava, le lacrime agli occhi, una segreta, ma palese, supplica ad illuminarli.
    Fà qualcosa. Qualsiasi cosa. Solo tu puoi farlo restare.
    Di colpo, Buffy si staccò dal lavandino e fissò Spike, lieta di veder il suo sguardo ricambiato.
    Ora.
    Ma le parole le uscirono di bocca più fredde di quanto avesse voluto: “Andiamo di sopra. Devo parlarti”
    Spike si erse in tutta la sua altezza e annuì. Duro e distaccato. Ben protetto dall’armatura messa su per l’occasione. Anche lui.
    Dawn restò a fissarli impotente, mentre uscivano, una dietro l’altro, ben attenti a mantenere le distanze di sicurezza. Sembravano così diversi dai due focosi piccioncini che erano stati fino a poche ore prima.
    E, con tristezza, si chiese se quella magica alchimia tra di loro fosse destinata a sparire per sempre.


    ********



    Appena la porta si chiuse alle sue spalle, si rese conto di aver fatto un terribile errore.
    Si era messa nei guai con le sue stesse mani. Accidenti alla sua boccaccia! Che razza di idea, parlare in privato! Dawn era la copertura perfetta, l’alibi ideale, e avrebbe sicuramente alleggerito la conversazione.
    Senza contare che, con i suoi begli occhioni azzurri pieni di lacrime, avrebbe avuto qualche possibilità in più di farlo restare.
    Buffy si appoggiò alla porta, alla disperata ricerca di un sostegno fisico, visto che mancava quello morale.
    Spike sembrava non averne bisogno. Si addentrò nella stanza e le si parò davanti, ma tenendosi a debita distanza da lei. “Allora… hai detto che devi parlarmi” esordì, e il suo tono di voce raggelò Buffy. Poche, pochissime volte si era rivolto a lei in quel modo. Calmo, indifferente, vagamente seccato.
    S’impose di non deglutire, mentre assentiva.
    Lui incrociò le braccia al petto con studiata lentezza, mentre mormorava: “Bene. Parla”
    Buffy strinse i pugni e prese coraggio. O, per meglio dire, abbandonò gli istinti omicidi e si sforzò di parlare con lo stesso tono sostenuto di lui: “Non voglio che te ne vada”.
    Semplice, chiara, diretta.
    E arrogante.
    Sai che novità…
    No, tesoro, così non funziona. “Non è una tua scelta. Non mi interessa cosa ne pensi”
    Dio, voleva solo mettersi a urlare. “Bè, temo che dovrai starmi a sentire lo stesso, Spike!”
    Cominciava a spazientirsi davvero. “Va bene, allora!” Alzò gli occhi al cielo con condiscendenza. “Sentiamo: che devi dirmi, ancora?” chiese, con un certo sarcasmo nella voce.
    Mai così. Non l’aveva mai visto così. E non le piaceva affatto. Non sapeva come regolarsi, cosa dire. Ad un tratto, rimpianse amaramente di essere entrata in quella dannata stanza con lui.
    “Sai che ti dico?” ringhiò la Cacciatrice, e il cambiamento nella sua voce fu evidente. “Vuoi andartene? Fallo. Se a te non importa, perché dovrebbe interessare a me?!” concluse in tono un po’ stridulo.
    Si precipitò fuori prima ancora che Spike avesse modo di assimilare le sue parole.


    ********



    Non piangere. Dio, non ci provare neppure! E guai a te se singhiozzi!
    Buffy si chiuse la porta del bagno alle spalle, e si lasciò cadere pesantemente sul bordo della vasca.
    Era andato tutto storto. Lui, così freddo, così arrabbiato, l’aveva spiazzata. E lei aveva fatto ciò che faceva sempre, quando si sentiva minacciata: l’aveva aggredito.
    Non doveva andare così. Doveva convincerlo a restare, e “aprirgli il suo cuore”, come diceva Dawn. Peccato fosse più facile a dirsi, che a farsi. Perché è semplice parlare di qualcosa di certo, concreto, ma è molto più difficile esprimere qualcosa di astratto e, soprattutto, instabile, come i sentimenti.
    E poi, sapeva davvero cosa provava?
    Ripensò alla violenza con cui lui l’aveva spinta al muro, solo mezz’ora prima. In quel momento le era sembrata un’ altra persona. Una persona diversa dall’amante dolce e altruista che conosceva, diversa dal compagno sensibile e spiritoso che aveva imparato ad apprezzare.
    Quasi non sembrava umano.
    Rabbrividì, mentre un’ idea orribile le attraversava la mente.
    Sarebbe riuscita ad amare un uomo così imprevedibile? Un uomo con un passato come quello di Spike? Un uomo che, volente o nolente, avrebbe sempre serbato un lato pericolosamente oscuro?
    Non era sicura di volerlo scoprire.

    Spike si accasciò sul bordo del letto, prendendosi la testa fra le mani.
    Che diavolo gli era preso?
    Non avrebbe voluto trattarla in quel modo… si sentiva un verme adesso, un lurido, ingrato bastardo. Lei lo aveva accolto a braccia aperte in casa sua, e lui come la ripagava? Trattandola come l’ultima delle scocciatrici.
    Ma non aveva potuto fare altrimenti. Se solo avesse ceduto… se solo l’avesse lasciata parlare, sapeva bene come sarebbe andata a finire.
    Aveva bisogno di tutta la sua forza per lasciare Buffy, e la benevolenza di lei poteva solo indebolirlo.
    Peggio ancora, poteva fargli venire dei dubbi. Dubbi sulla ragionevolezza di quello che aveva deciso di fare.
    “Non voglio che te ne vada…”
    Quella semplice frase poteva avere degli effetti sconvolgenti su di lui.
    Soprattutto adesso che, non essendoci più aria di Apocalisse, era fuori discussione l’idea che Buffy lo volesse al suo fianco solo per combattere.
    Era terrorizzato. Terrorizzato da ciò che, una volta, avrebbe desiderato più di qualunque altra cosa al mondo.
    Forse perché, adesso, sentiva di poterlo ottenere.


    ********



    Qualcuno bussò discretamente alla porta.
    Buffy alzò il capo e disse, con voce roca: “Avanti”.
    La sagoma sottile e longilinea di sua sorella si palesò sull’uscio.
    Notando lo sguardo vagamente deluso di Buffy, Dawn la punzecchiò: “Fammi indovinare, avresti preferito qualcun altro!”
    Ma la Cacciatrice aveva un’aria così affranta, che la piccola capì in fretta che non era aria.
    Dawn si morse un labbro e sedette sul bordo della vasca, accanto alla sorella: “Non è andata bene, vero?” chiese, solidale.
    Buffy scosse debolmente la testa e sospirò: “Io… mi dispiace Dawn. So che contavi su di me per convincerlo a restare, ma… a quanto pare, ho perso il mio ascendente su Spike!” commentò, con un’ironia intrisa d’amarezza.
    Dawn sorrise: “E chi ha mai pensato che ce l’avessi?” la canzonò, sperando di tirarla un po’ su di morale con il sarcasmo.
    Buffy abbozzò un malinconico sorriso e restò in silenzio.
    Dawn esitò per un attimo, poi le posò una mano sulla spalla: “Stà tranquilla Buffy. Non permetterò che Spike se ne vada” promise, in tono pacato e deciso.
    Buffy si voltò a guardarla, le sopracciglia inarcate in un’espressione stupita: “E come pensi di impedirlo?” domandò, incerta. Non era poi così sicura che sua sorella potesse far capitolare Spike meglio di lei, ma cosa aveva da perdere?
    “Solo il tuo uomo!” le sussurrò una perfida vocina nella sua testa.
    Dawn si finse profondamente indignata: “Ehi, per chi mi hai preso?” protestò, contrariata. Poi ghignò maliziosamente:
    “Fidati di me, sorellona! Ho i miei metodi!”








    h 12:25 P.M. – Operazione Cupido

    Stava preparando i bagagli.
    Bè, si fa per dire. In realtà non li aveva ancora disfatti. Aveva solo recuperato il borsone lasciato in soggiorno, e l’aveva portato di sopra. Nient’altro.
    Il problema non erano i bagagli, lo sapeva. Sarebbe potuto partire anche subito, era pronto.
    Almeno, fisicamente.
    Quanto a mente, e cuore, e anima, e tutto il resto… bè, sapeva che non sarebbe mai stato pronto. Esiste un modo per prepararsi a qualcosa di simile? Prepararsi a dire addio alla donna che si ama più qualunque altra cosa al mondo?
    Perché con tutti i suoi difetti, le sue colpe, i suoi errori, le sue debolezze, Buffy restava sempre il suo Raggio di sole. Il suo passerotto. La sua Riccioli d’oro.
    Basta, doveva smetterla di rimuginare. Stava solo facendosi del male. Doveva prendere il coraggio a due mani e andarsene, punto. Salutare Briciola, magari, e partire. Salutare Buffy? Non era sicuro che ci sarebbe mai riuscito.
    Proprio in quel momento, mentre se ne stava seduto in poltrona, giocherellando distrattamente con la zip della borsa nera, un grido impetuoso lo fece trasalire:
    “SI PUO’ SAPERE CHE DIAVOLO STAI FACENDO??????”
    Spike balzò istintivamente in piedi.
    Dawn si chiuse rumorosamente la porta alle spalle (eufemismo: in realtà sarebbe stato più giusto dire che l’aveva sbattuta tanto forte da far vibrare le pareti), e gli si piazzò davanti, le mani sui fianchi, l’espressione furibonda. “Cosa credi di fare, eh???!!” lo incalzò, lo stesso tono imperioso nella voce.
    Spike sembrava non essersi ancora del tutto ripreso dallo shock di ritrovarsi la sua potenziale cognatina (zitto cervello!), di fronte a lui, in una posa particolarmente minacciosa, come l’aveva vista solo un’altra volta, in tutta la sua vita…

    “Se fai del male a Buffy… se solo la tocchi… ti sveglierai tra le fiamme”

    Confuso, domandò: “Ma di che cavolo parli??”
    Dawn alzò gli occhi al cielo, esasperata: “Dio, gli uomini sono così snervanti!” commentò, come parlando tra sé e sé. “Spike, sarò molto franca con te” aggiunse in tono pratico. Lui cominciava a preoccuparsi.
    La ragazza continuò: “Voglio una risposta precisa: tu VUOI andartene?” chiese, tagliente, incrociando le braccia al petto con aria da dura, come aveva visto fare per anni a sua sorella (aveva sempre ritenuto questa cosa delle braccia conserte decisamente sopravvalutata, ma sembrava desse un’immagine da vera leader, quindi…).
    Spike restò per un attimo incerto, poi scrollò seccamente la testa. “Allora, è di questo che si tratta” sbuffò. “Sei venuta a farmi capitolare. Bè, risparmia pure il fiato, dolcezza, perché, senza offesa, se non c’è riuscita tua sorella, non vedo come potresti convincermi tu!” concluse con eloquenza.
    Ma Dawn non aveva la minima intenzione di arrendersi. Sarebbe andata fino in fondo e l’avrebbe persuaso. Lo doveva a Buffy, anche se la disapprovava per il suo comportamento.
    Proseguì il suo discorso come se lui non avesse affatto parlato: “Se non vuoi andartene - e io penso che tu NON voglia farlo – devi solo dirlo a Buffy, e chiudere questa stupidissima storia. Se invece vuoi davvero partire, devi spiegarmi perché. E ti avverto che, se cominci a parlare come Angel, sputando scemenze tipo *la lascio per il suo bene*, diventerò molto violenta!” sbottò, e il suo tono di voce non lasciava dubbi sulla sua serietà.
    Spike era allibito, soprattutto per il riferimento così poco amichevole al suo Gransire (anche se non poteva che essere orgoglioso della piccola, per il modo in cui aveva assimilato le sue lezioni sull’irritante idiozia del bel tenebroso!). Gli occorse qualche secondo per trovare qualcosa da dire:
    “Voglio andarmene. Devo andarmene” aggiunse, pentendosi poi immediatamente di quella postilla.
    Dawn ne approfittò per mangiare la foglia: “Lo vedi, cominci a parlare come Angel! Non è che vuoi andartene, è che, per qualche strana e misteriosa ragione che adesso mi spiegherai, pensi di doverlo fare! Bè, lascia che ti apra gli occhi, razza di stupido: lei non vuole che tu te ne vada, e neanch’io, per quello che può valere! E vuoi sapere perché?” i suoi occhi azzurri sembrarono raddolcirsi. “Perché ti vogliamo bene, e teniamo a te. Perché ci sei mancato tantissimo, dopo la tua morte. Perché siamo felicissime di riaverti tra i piedi, e non ti lasceremo andare tanto facilmente!” esplose, sforzandosi di non scoppiare a piangere. Non poteva perdere il suo piglio combattivo, ora che, miracolosamente, sembrava averlo trovato.
    Spike era quasi commosso. Aveva sentito il suo cuore allargarsi, gonfiarsi di tenerezza, man mano che l’arringa andava avanti, convertendosi in una dolce dimostrazione d’affetto. Sorridendo, attirò Dawn tra le sue braccia e la strinse a sé, felice di constatare che la ragazza non sembrava volersi ribellare.
    “Oh, Briciola” sussurrò, baciandole dolcemente la fronte. Dawn si staccò gentilmente da lui, ben sapendo che, se fosse rimasta troppo a lungo nelle sue braccia, avrebbe cominciato a piangere come una bambina, mentre doveva dargli l’impressione di una donna forte e decisa.
    Spike sospirò e fissò il pavimento, sconsolato: “Peccato solo che Buffy non sia del tuo stesso avviso, piccola”.
    Dawn lo guardò perplessa: “Guarda che anche lei ti vuole bene, e…”
    “Lei non mi ama” scattò Spike, stringendo istintivamente i pugni.
    Dawn sussultò, spiazzata dalla brutalità di quella reazione.
    Spike alzò lentamente la testa e abbozzò un sorriso trise: “Lei non mi ama” ripetè, più pacato. “E non posso certo fargliene una colpa. E’ stato splendido rivederla, rivedervi, ma non posso permettere che accada di nuovo. Non posso lasciare che le cose tornino com’erano due anni fa. Io, il suo schiavo compiacente, lei, la mia regina intrattabile, e quella squallida storia che avevamo…” si interruppe, amareggiato. Gli faceva male parlare in quei termini della sua relazione con Buffy, perché lui c’aveva messo tutto se stesso per farla funzionare. Per renderla una storia d’amore, e non solo una serie di selvaggie scopate, da tenere ben nascoste al resto del mondo. Ma sapeva bene che per Buffy non era stato lo stesso, e per quanto la cosa lo ferisse, doveva accettarlo e andare avanti.
    E improvvisamente accadde qualcosa che lo sconvolse.
    Presa da un’ insolita rabbia, Dawn alzò una mano e lo schiaffeggiò con forza, lasciandolo di stucco. La ragazza tremava, e non per dolore, o paura.
    Furia.
    I suoi occhi fiammeggiavano d’indignazione: “Oh, chiudi il becco Spike! Sono stufa di sentire sempre la stessa storia! Buffy non ti ama, non può amarti, non ti amerà mai… bla, bla, bla! Ti sei mai chiesto cosa l’ha spinta fra le tue braccia, anche solo poche ore fa? Ti sei mai chiesto perché ti ha difeso e aiutato? Perché ti ha salvato la vita? E non uscirtene con l’ennesima stronzata (-a questa parola Spike trasalì vistosamente-) sul fatto che aveva bisogno di te in battaglia, perché sappiamo entrambi che non è quello il motivo! Spike…” Dawn lo fissò stancamente, esasperata “… Buffy ti ama, accidenti! Ti ama da morire, e sei un vero idiota se butti tutto all’aria perché la tua dannata anima t’impone di punirti e torturarti in eterno! E poi, sai che ti dico? Puoi punire te, ma non mia sorella! Non puoi decidere per lei, e portarle via ciò che ha di più caro al mondo! Angel ha fatto questo errore una volta, e guarda com’è andata a finire!”
    A quelle parole, Spike non risucì a tenere a freno la lingua: “Certo, com’è andata a finire! Il fidanzatino prodigo è tornato, e lei lo ha baciato!” sbottò, lasciando trasparire tutta la rabbia e la frustrazione che la faccenda gli aveva lasciato addosso.
    Dawn sospirò: “Era un bacio d’addio, Spike! Buffy ha detto che non si rivedranno mai più!”
    Lui sorrise, sardonico: “E le credi anche? Quante altre volte gliel’hai sentito dire, tu? Io troppe!”
    Dawn gli si avvicinò e si sforzò di parlare in tono pacato: “Ma stavolta è la verità. Spike, vuoi sapere perché Buffy ha mandato via Angel?” chiese, con una strana scintilla negli occhi.
    Il biondo scrollò le spalle con indifferenza, ma la ragazza non si fece ingannare dall’apparente menefreghismo: “Perché non è con lui che vuole stare! Perché non è più lui l’uomo del suo cuore! Perché ama te!” concluse con fermezza. Avrebbe voluto prenderlo per le spalle e dargli un bello scossone, accidenti a lui!
    Spike sorrise mestamente e fece spallucce: “Se è così, allora perché non me lo dice?” la sfidò. “Se mi ama tanto, perché non me lo dimostra?”
    Dawn sospirò: “Perché deve prima ammetterlo con sé stessa, Spike. Non è una cosa facile per lei. Sai bene quanto sia rimasta scottata in passato, e le riesce sempre difficile fidarsi di qualcuno al punto da innamorarsene” spiegò, orgogliosa della propria eloquenza.
    “Peccato che questa bella teoria la metta in pratica solo col sottoscritto, vero? Sono sempre io quello di cui è difficile fidarsi, giusto?? Non mi è sembrato che si facesse tutto questi problemi, con quel simpaticone dell’Immortale!” protestò Spike, astioso e ferito.
    Dawn dissentì: “Lei non lo amava. Non l’ha mai amato davvero. Ecco perché è finita”
    Spike colse l’occasione per chiedere delucidazioni sulla faccenda: “Vuoi dire che l’ha lasciato lei?” chiese, ostentando noncuranza.
    Dawn si lasciò cadere sul letto e annuì: “Non ne abbiamo mai parlato, quindi non conosco i dettagli, ma so che è stata lei. Ecco perché ha accettato senza problemi di tornare in America” spiegò. Un’ombra scura le attraversò gli occhi. Le mancava Roma. Le mancava la sua vecchia scuola, benedettamente normale. Le mancavano le sue amiche italiane. E le mancava Giulio. Ma la missione di sua sorella le aveva richiamate all’ordine, e non potevano tirarsi indietro.
    Riscossasi, tornò a concentrare la sua attenzione su Spike e sospirò: “Spike, conosci Buffy. Non aspettarti grandi dichiarazioni ed effetti speciali, da lei. Sarà già un miracolo se riuscirai a farti dire *ti amo*! Ma sappi che, anche se non te lo dice, lei è pazza di te!” concluse, sorridendo.
    Si alzò e si portò di fronte al biondo, che aveva ascoltato il suo discorso in silenzio: “Dammi retta. Non buttare tutto all’aria come hanno fatto Angel e Riley. Non deluderla. E soprattutto…” lo guardò con durezza “… non abbandonarla. Mai.”
    Spike restò in silenzio, turbato, mentre una sorridente Dawn si dirigeva verso la porta.
    La voce del biondo la richiamò: “Dawn!”
    La ragazza si voltò, speranzosa.
    Spike esitò a lungo, poi sospirò: “Io non voglio abbandonarla. Ma se mi vuole… se mi ama… deve dirmelo lei” concluse in tono solenne.
    Dawn sorrise “Stà tranquillo, ci penso io!” S’interruppe, e sghignazzò: “Ho i miei metodi!”


    ********



    Fantastico, ci mancava solo la pioggia.
    Buffy guardò le gocce precipitare al suolo, sempre con maggior intensità, e sbuffò. Odiava i temporali estivi. Fastidiosissimi, e per nulla suggestivi. E poi, non si poteva certo dire che fosse abituata al maltempo. Aveva trascorso quasi la sua intera esistenza in California, e aveva vissuto alla “Valle del Sole”, no?
    Per non parlare del fatto che la pioggia era sinonimo di brutti ricordi, per lei. Tanto per dirne una, pioveva quando si era svegliata da sola in quel letto, dopo la sua prima notte d’amore, e aveva scoperto che il… vampiro con cui l’aveva trascorsa era diventato un mostro.
    Sorrise amaramente, notando l’analogia. Anche adesso che non era più la Prescelta, continuava inevitabilmente a… coinvolgersi con vampiri. “Spike non è più un vampiro” la contraddì una vocina nella sua testa. “E’ un uomo, una persona normale, e non c’è alcun motivo per cui…”
    Ma i suoi pensieri furono interrotti dal rumore della porta che si apriva. Dawn apparve sulla soglia, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro, e Buffy scattò in piedi. Non voleva dare a vedere quanto fosse impaziente, quindi lasciò che fosse l’altra a parlare per prima.
    Ma Dawn si limitò a ghignare, restando ostinatamente in silenzio, tanto da spingerla a sbottare: “Allora??”
    Dawn le fece l’occhiolino: “E’ andata alla grande! Tutto risolto!” anunciò entusiasticamente.
    Buffy sentì il macigno che le aveva oppresso il cuore dissolversi come neve al sole. Ad un tratto, persino la pioggia sembrava stupenda.
    Stava per lasciarsi andare a un sospiro di sollievo, quando Dawn proruppe: “Bè, quasi. Cioè, ci sarebbe solo una cosuccia che…”
    Buffy s’irrigidì. Ecco, lo sapeva che era troppo bello per essere vero. “Cosa?”
    Dawn si morse la la lingua ed esitò a lungo. Poi sparò: “Devidirglicheloami” disse, tutto d’un fiato.
    …………
    Ok, cos’è questo, uno scherzo?
    D’accordo Buffy, stà calma. Vedrai che tra un attimo salta fuori una cinepresa, e uno scemo in doppiopetto ulula “Sorridi, sei su Candid Camera!”
    … No?
    “Devo dirgli che cosa?” gracchiò, incredula.
    Dawn si affrettò ad aggiungere: “Stà tranquilla, non dev’essere mica una gran dichiarazione pubblica, o che so io! Gliel’ ho già spiegato che, anche se lo ami, tu non sei esattamente il tipo sa serenate, e…”
    Buffy la interruppe bruscamente: “Tu gli hai detto COSA??” abbaiò, esterrefatta. No, non poteva crederci. Ma dov’era la telecamera? E lo scemo in doppiopetto?? “Qualcuno mi dica che questo è un incubo…” pregò tra sé e sé.
    Dawn si mise prontamente sulla difensiva: “Ehi, non prendertela con me! E’ lui che ha posto questa condizione. Non sono stata certo io a suggerirglielo! E comunque, che ti costa? Sono solo due parole…”
    Buffy boccheggiò come se non riuscisse a respirare, e si accasciò senza forze sul letto di sua sorella. “Ok” si disse, “facciamo il punto della situazione: ieri ho scoperto che il mio ex, un vampiro che credevo morto e sepolto da più di un anno, è tornato in vita, e per giunta è umano; oggi viene a trovarmi il mio primo amore, vampiro anche lui, che è sempre stato geloso di me, e improvvisamente dà alla mia storia con l’altro - suo acerrimo rivale che ha pestato amaramente - la sua benedizione; oh, e naturalmente, prima di andarsene, dice che mi amerà per sempre! Lo bacio per dirgli addio come si deve, e che succede? Il mio quasi-pseudo-ex ci vede e si trasforma in Mr. Hyde, minacciando di tornarsene da dov’è venuto; e infine, tanto per migliorare la situazione, la mia carissima sorellina ficcanaso gli dice senza tanti preamboli che lo amo, ovviamente senza interpellarmi!”.
    A quel punto non sapeva più cos’altro potesse succederle.
    Sforzandosi di non perdere il controllo (o, se preferite, di non saltare al collo di Dawn per strangolarla), Buffy chiese, in tono di voce pericolosamente calmo: “Dawn, tu hai detto a Spike che io lo amo?”
    “Uh-oh… bè, si! Non credevo ti desse fastidio…” si giustificò la brunetta.
    Buffy non potè contenersi: “Non credevi mi desse fastidio??? Dawn… ti rendi conto di quello che hai fatto????” esplose, alzandosi in piedi di scatto. “Ora Spike penserà che…”
    “… che, cosa? Che lo ami, quando in realtà non è vero? Che sei tanto pazza di lui da dire addio ad Angel, quando invece non lo sei? Che sorridi come un’idiota ogni volta che lo guardi, anche se non è così?” Dawn la fissò, seria. “Andiamo, Buffy! Smettila di mentire a te stessa, e sii realista, una buona volta! Cosa c’è di male nell’ammettere che sei innamorata di Spike, ora che lui non è più un vampiro?”
    Non credeva alle sue orecchie. “Dawn… chi ha mai parlato d’amore??? Chi ha stabilito i miei sentimenti per Spike?? Di sicuro, non io!” esclamò con vigore, sperando che sua sorella cogliesse rapidamente il punto. Non era sicura di riuscire a spiegarsi con maggior eloquenza.
    Dawn sembrava invece ben lontana dal capire: “Vuoi forse farmi credere che non è così? Che la luce che ti vedo brillare negli occhi da quando lui è tornato, è solo frutto della mia immaginazione?” chiese, con un sarcasmo che Buffy trovò insopportabile.
    Ma sua sorella non aveva ancora finito: “Buffy, da quando abbiamo lasciato Roma è cambiato qualcosa, in te. Credevi forse che non me ne fossi accorta? Credevi che non avessi notato la malinconia del tuo sguardo, ogni giorno, al calare del sole?”
    La Cacciatrice restò in silenzio, turbata, mentre l’espressione di Dawn si raddolciva: “Io ho capito, lo sai? Ti ho osservata, ti ho capita. Ho visto il tuo tormento, il tuo dolore, e mi sono sentita così impotente! Perché l’unica cosa che volevi, io non potevo dartela” mormorò, mesta.
    Per la prima volta dopo mesi e mesi, Buffy sentì le sue difese crollare, la sua intimità crudelmente esposta. Sbugiardata, smascherata, spogliata delle sue menzogne e le sue finzioni.
    Eppure, allo stesso tempo, irragionevolmente, provò un dolce, confortante tepore. Poche, pochissime persone al mondo erano riuscite a capirla, a leggere dentro di lei, e la sua sorellina le aveva appena dimostrato di esserci riuscita.
    Senza rendersene conto, la strinse a sé, in un abbraccio di cui entrambe avevano disperato bisogno. Dawn tirò su col naso e, morbidamente sepolta nel collo della sorella, sussurrò: “Ti voglio bene, Buffy”.
    La bionda chiuse gli occhi e sorrise. Erano quelli, lo sapeva, i momenti per cui valeva la pena di vivere. Di sopportare ogni cosa, ogni dolore, superare ogni ostacolo, andare avanti e rialzarsi sempre. Come *lui* le aveva insegnato a fare.
    “Te ne voglio anch’io, piccola”
    Dawn si ritrasse gentilmente e le restituì il sorriso. Ma nei suoi occhi c’era una scintilla che, Buffy lo sapeva, non prometteva nulla di buono. Sogghignando, ingiunse: “Quindi, adesso che ce l’hai, non ti permetterò di allontanarlo, e tornare a deprimerti in solitudine! Di Angel ce n’è già uno!” sghignazzò, pensando all’orgoglio che aveva letto negli occhi di Spike quando, poco prima, aveva parlato allo stesso modo.
    A Buffy occorse qualche secondo per riprendere il filo del discorso, e capire di cosa sua sorella stesse parlando. Ma non le sfuggì il commento al vetriolo sul suo ex… bè, ex-ex.
    Alzando gli occhi al cielo, sospirò: “Tu passi troppo tempo con Spike, ragazzina! Si può sapere cos’è tutto questo odio per Angel, adesso?”.
    Dawn alzò le spalle: “Io non lo odio… è solo che preferisco Spike!” aggiunse, sorridendo maliziosamente. Sembravano passati secoli da quando si era presa quella specie di cotta per il bel platinato…
    Anche Buffy sorrise, sforzandosi per reprimere l’impulso di ribattere: “Anch’io!”.
    Ehi, aspetta un attimo. Ma cosa stava pensando???? Si riscosse in fretta: “E comunque, di che stavi parlando?”.
    Dawn sorrise, serafica: “Lo sai benissimo, sorellona… quello che hai sempre desiderato, da quando ci siamo trasferite qui! Ora ce l’hai, e saresti davvero una colossale idiota a lasciartelo sfuggire così!” concluse, pienamente soddisfatta delle sue abilità oratorie.
    Buffy boccheggiò per qualche istante, incerta su cosa dire; ancora una volta, però, la loquacità di sua sorella le risparmiò la fatica: “Buffy, lui è pazzo di te, e penso che su questo non ci siano dubbi. E, per quanto possa cercare di negarlo, lo sei anche tu!” aggiunse con eloquenza.
    Buffy ammutolì, e Dawn continuò: “Se lo ami – e io ne sono assolutamente sicura – non devi fare altro che dirglielo, e tutto si sistemerà. Lui resterà qui, e finalmente avrete la vostra seconda possibilità! E poi, andiamo Buffy! Cosa preferisci: una vita normale, con un uomo normale, finché noia non vi separi, oppure… Spike?” concluse, con un sorrisetto sfrontato.
    Buffy arrossì impercettibilmente, quando sua sorella le fece l’occhiolino e concluse: “Non so te, ma io saprei bene cosa scegliere!”
    Imbarazzata oltre ogni limite, Buffy le diede un lieve spintone e sbuffò.
    Poi, suo malgrado, sorrise.
    Dawn aveva ragione, su tutta la linea.
    E, si, lei sapeva bene cosa scegliere. Forse per la prima volta, sapeva bene cosa voleva.
    “A questo punto, qualcuno di mia conoscenza accennerebbe ad una parata di tromboni…” pensò, sorridendo tra sé e sé.
    Lanciò un’ ultima, enigmatica occhiata a sua sorella, che ricambiò con lo sguardo più innocente del mondo, ed uscì dalla stanza, il cuore che batteva a mille.
    “Si… ora so cosa voglio” si disse “Devo solo riprendermelo!”

    Nella camera, Dawn si lasciò cadere sul letto, sghignazzando apertamente. Era stata un Cupido favoloso! Poteva trarne una professione per il futuro…
    “L’ho sempre saputo” pensò, compiaciuta “che i miei metodi non deludono mai!”.











    ********


    h 12:50 P.M. – I won’t let you leave

    Aveva aspettato. Naturalmente, aveva aspettato.
    Non che c’avesse davvero creduto, ovvio. Sapeva che non sarebbe successo. E poi, aveva preso una decisione, e non l’avrebbe cambiata. Levare le tende, ecco cosa avrebbe fatto.
    Ma aveva aspettato.
    Non per alimentare stupide, inutili, false speranze, no. Solo perché, ormai, aspettare non gli pesava nemmeno più. Era diventato un maestro nell’arte dell’attesa.
    Sospirò, lanciando l’ennesima occhiata al borsone nero abbandonato ai piedi del letto. Erano tutti lì, i suoi bagagli. Li aveva preparati in gran fretta, e non aveva ritenuto necessario portare tutta la sua roba. Poteva sempre farsela spedire da Angel. Oppure, cosa più probabile, andare a prenderla di persona. Dopotutto, non voleva rischiare di ricevere un pacco-bomba, invece dei suoi vestiti.
    Ad ogni modo, adesso non ne avrebbe più avuto bisogno.
    Guardò la sveglia sul comodino. Doveva sbrigarsi, a chiamare la compagnia aerea. Aveva già rimandato abbastanza, cullandosi nella patetica illusione di… non doverlo fare.
    Ma doveva.
    Si sedette sul bordo del letto, guardando il telefono a muro di fronte a lui. Doveva chiedere il permesso, per utilizzarlo? Si, bè, probabilmente avrebbe dovuto. Non poteva, però. Sapeva che Briciola non gliel’avrebbe mai consentito, visto il tipo di telefonata che aveva intenzione di fare. E con Buffy era fuori discussione parlare. Così, non restava che una cosa da fare.
    Si alzò e raggiunse l’apparecchio. Estrasse dalla tasca posteriore dei jeans un foglietto di carta e lo spiegò. Sollevò il ricevitore e se lo portò all’orecchio, mentre le dita agili e sottili spaziavano sicure sulla tastiera, componendo il numero riportato sul post-it.

    La porta era chiusa, cosa che le sembrò alquanto strana. Preoccupante, in un certo senso.
    Doveva bussare? Aggrottò la fronte. Poi scosse con impazienza la testa. Insomma, era casa sua!
    Aprì lentamente la porta.
    Spike stava parlando al telefono, e Buffy notò immediatamente la sua aria furtiva.
    “… Atwood. Signor William Atwood” disse il biondo, incontrando il suo sguardo e irrigidendosi visibilmente. “Los Angeles, esatto. Non importa, basta che sia il prima possibile”.
    Los Angeles. Los Angeles. Il prima possibile. Il prima possibile.
    Buffy sgranò gli occhi, mentre la realtà le piombava addosso come un macigno.
    Non era riuscita a fermarlo.
    Non era riuscita a fermarlo.
    Non era riuscita a…
    “Ne è sicura? Nemmeno in classe turistica?”
    Buffy trattenne il fiato.
    Forse…
    Spike sbuffò, continuando a rivolgersi alla giovane donna della compagnia aerea: “E quando partirebbe il prossimo?”. Una pausa. “Va bene, d’accordo. Seconda classe? Perfetto” Si voltò, in modo da dare le spalle a Buffy. “Carta di credito. Pago direttamente lì, se non è un problema… Certo, grazie”. Spike si girò nuovamente, puntando gli occhi su Buffy. “Arrivederci”.
    Riagganciò, e la fissò.
    Lei era sulla soglia, accigliata. Ma sempre incantevole, con i lunghi capelli color miele lasciati cadere morbidamente sulle spalle, i luminosi occhi verde ambrato, la bocca rossa e carnosa, come il più tenero frutto del peccato.
    Voleva ricordarla così, la sua Cacciatrice. La terza. L’unica.
    Sorrise tristemente, senza quasi accorgersene. Dio, come avrebbe fatto a tornare alla vita di tutti i giorni, dopo averla rivista?
    Buffy strinse le labbra: “E così, hai prenotato il volo” mormorò, incrociando le braccia al petto, in un gesto che le dava sempre coraggio. E Dio solo sapeva quanto ne avesse bisogno, in quel momento.
    Spike fece schioccare la lingua e annuì: “Già. Purtroppo non ho trovato posto sul prossimo, tra venti minuti. Ma prenderò quello successivo, fra meno di un’ora” comunicò, asciutto.
    “In ogni caso, stà tranquilla, non ho intenzione di trattenermi qui. Vado alla stazione degli autobus” aggiunse, glaciale.
    Buffy si conficcò con forza le unghie nella pelle del braccio. Doveva pur sfogarsi in qualche modo, anche se avrebbe di gran lunga preferito farlo su quello strafottente, ottuso biondino che le stava di fronte. “Non vedi l’ora di allontanarti da me, a quanto vedo” commentò, a denti stretti, sforzandosi di controllare il tremito nella voce.
    Spike si sentì diviso a metà. Parte di lui voleva solo negare, smentire quella amara considerazione, per poi prendere tra le braccia la donna che amava, e non lasciarla andare mai più.
    Ma l’altra parte urlava, graffiava, squarciava dentro di lui, affinché mantenesse quel po’ d’orgoglio, non ancora calpestato dal troppo amore. “Non sono stato io ad allontanarmi, Buffy” mormorò, fissandola intensamente.
    Spike vide il labbro inferiore di lei tremare, mentre ribatteva: “Io sono qui. Non vado da nessuna parte. Sei tu quello che vuole solo mettere più distanza possibile tra di noi”.
    Era terrorizzata. Non riusciva a capacitarsi di quello che stava accadendo. Proprio adesso che lei aveva compreso tutto… adesso che non aveva più dubbi, angosce, paure… lui – l’unico che l’era sempre, sempre stato vicino - voleva abbandonarla. Era un orribile scherzo del destino.
    Spike sorrise tristemente, scrollando la testa: “Ti sbagli, tesoro. Io sono con te da sempre, e lo sai”. La guardò, e il sorriso si spense: “Tu non lo sei mai stata. Sei tu quella lontana, amore. E io non sono più sicuro di riuscire a sopportarlo”.
    E sulla scia di queste parole, infilò la porta ed uscì, trascinandosi dietro la borsa nera.

    Per la seconda volta, Buffy rimase impietrita a fissare il punto occupato da lui fino a pochi attimi prima.
    Le parole di Spike le bruciavano dentro.
    “Sei tu quella lontana, amore. E io non sono più sicuro di riuscire a sopportarlo”
    Ma, più di ogni altra cosa, bruciava in lei la consapevolezza che lui avesse ragione.
    Lo era. Lo era sempre stata.
    Lontana.

    “Mi sono sempre tagliata fuori. Ho sempre… essere la Cacciatrice mi ha reso diversa. Ma è colpa mia se sto così. Le persone cercano sempre di connettersi a me, ma io… sguscio via. Tu dovresti saperlo!”

    Oh, altrochè se lo sapeva! Lui lo sapeva meglio di chiunque altro. Ma non gliel’aveva mai fatto pesare. Tutt’altro. Aveva cercato di aiutarla… di tirarla fuori dal baratro d’apatia in cui era caduta. Di strapparla a quella dannosa torre d’avorio in cui si era rinchiusa con le sue stesse mani.
    E c’era riuscito. L’aveva avvicinata, avvicinata sul serio. Le era entrato dentro.
    Ma adesso…
    Non riusciva a credere che quello che avevano potesse svanire così. Non voleva credere che fossero bastati il tempo e la lontananza, a demolire quella meravigliosa empatia che aveva sempre caratterizzato il loro rapporto.

    … I never thought that
    the time and the distance
    between us
    made you so much colder…

    No. No. NO!
    Non poteva permetterlo. Non poteva.
    Forse Spike pensava che fosse il caso di gettare la loro storia alle ortiche, ma lei non gliel’avrebbe concesso.
    No! Doveva prima passare sul suo cadavere!

    Furiosa, uscì quasi di corsa dalla stanza. Si precipitò giù per le scale e si immobilizzò.
    Aveva creduto di trovarlo di sotto, magari con Dawn, che lo supplicava di non andarsene.
    Ma non c’era nessuno.

    No.
    Maledizione, no!
    Non poteva essere partito proprio sotto il suo naso, mentre se ne stava in camera sua a rimuginare e a piangersi addosso!
    Senza pensare a nulla, incurante del temporale che ancora infuriava all’esterno, si precipitò all’ingresso e spalancò la porta.

    Il sollievo fu immediato.

    Spike se ne stava in piedi, sotto la pioggia battente, nel bel mezzo del vialetto. Perfettamente immobile, bagnato fradicio.
    Le dava le spalle ma, lo sapeva, poteva sentirla arrivare.
    Buffy sospirò pesantemente, e uscì sul portico.

    “Spike!”

    Lui si voltò. E lei vide che il suo bel viso era rigato di lacrime.
    Lacrime e pioggia.












    h 1:10 P.M – Coming Clean

    Buffy scese in fretta i tre gradini della veranda e gli si avvicinò.
    Tremavano.
    Entrambi.
    “Spike…” ripeté lei in un sussurro. Il nodo che le si era formato alla gola nel vederlo piangere sembrava impedirle di dire qualunque altra cosa.
    Lui la fissò a lungo, con un’intensità tale da farle sciogliere il cuore.
    Poi parlò.
    “Che cosa vuoi ancora da me, Cacciatrice?”
    In altre circostanze, quella frase l’avrebbe ferita. Sicuramente. Forse l’avrebbe anche fatta arrabbiare.
    Ma non questa volta.
    Il tono in cui erano state pronunciate, era più eloquente delle parole stesse.
    La voce era roca, mesta. Rassegnata. Rotta dal dolore.

    … Let the rain fall down
    and wake my dreams…

    Buffy mosse un altro passo nella sua direzione: “Voglio te. Voglio che resti” sussurrò, sforzandosi di ricacciare indietro le lacrime che premevano per uscire.
    Ma Spike non si accorse di quanto calore ci fosse in quelle parole:
    “E che motivi avrei per restare, eh?” replicò, amaro.
    Quelle parole furono un colpo al cuore, per Buffy: “Io, Spike! IO! Non sono più un motivo sufficiente?” gridò, resa più aggressiva dalla delusione.
    Lui non l’amava più. Era l’unica spiegazione possibile. Certo, probabilmente provava ancora qualcosa per lei, nel ricordo dei sentimenti nutriti in passato, ma…
    No, non poteva crederci. Non voleva.
    Spike era la sua Stella Polare. Il suo unico punto fermo in quel gran casino che era la sua vita. Il suo amore era il fuoco che era arso in lei durante l’ultima battaglia, dandole le forza di rialzarsi dopo quella coltellata allo stomaco. E dopo la coltellata, meno fisica, ma altrettanto dolorosa, infertale dai suoi amici la notte prima dell’Apocalisse.
    Non avrebbe accettato che tutto questo finisse.

    … Let it wash away
    my sanity…

    Spike sorrise rabbiosamente. Buffy Summers era una stupida. Troppo cieca per vedere il suo dolore, troppo sorda per sentire il suo amore. Non era altro che una patetica, viziata, ragazzina egoista.
    Ma lui l’amava, maledizione.
    L’amava così tanto che parole come orgoglio e raziocinio perdevano di significato, quando era con lei. L’amava così tanto da gioire anche delle pene che gli causava. L’amava così tanto da trovare il proprio universo nei suoi occhi.

    Solo che per lei non era così.
    “Il tuo egocentrismo è senza limiti, tesoro!” esclamò, con un’ ironia che ferì entrambi. Dio, non voleva essere così crudele, così insensibile. Ma non poteva fare altrimenti.
    C’era solo una piccola, minuscola, dannatissima cosa che aveva sempre desiderato da lei.
    Ma lei non poteva dargliela.
    Buffy sentì distintamente il suo cuore cadere in pezzi. Allora, era così. Era così che si era sempre sentito lui, quando, anni prima, lei non perdeva mai occasione per distruggergli ogni speranza.
    Faceva male.
    Dio, faceva malissimo.
    Si sentiva esplodere. Parte di lei voleva solo piangere e urlare, pestare i piedi come una bimba capricciosa per ottenere ciò che voleva.
    L’altra parte…
    L’altra parte era fuoco allo stato puro. Era rabbia. Era odio. Era sangue. Era violenza.
    Era la Cacciatrice.

    …’Cause I wanna feel the thunder
    I wanna scream…

    Non vide arrivare il colpo.
    Si ritrovò pochi attimi dopo col viso in fiamme, scagliato qualche metro più in là, miracolosamente ancora in piedi.
    Spike si raddrizzò, incespicando sull’asfalto bagnato. Si sfiorò lo zigomo incandescente, e alzò lo sguardo.
    Buffy non era più in sé. Nei suoi occhi si leggeva l’isteria più assoluta: “E’ questo quello che pensi??? E’ questo quello che pensi??! Credi che io ti voglia qui solo per gratificare il mio ego??”
    Lui contrasse la mascella, gli occhi ridotti a due fessure: “Perché, non è così?” ribattè in un ringhio.
    Una lacrima le solcò la guancia. Una sola, però: “NO! Maledizione, no!” urlò, la voce spezzata a sua volta.
    “E allora PERCHE’??!” Spike non riuscì più a contenersi. “Perché ti ostini a tenermi incatenato qui?? Perché non riesci a lasciarmi andare? Perchè non puoi farmi vivere la mia vita??”

    “Perché TI AMO!”


    Calò il silenzio. L’unico suono percepibile era quello della pioggia che cadeva.

    … Let the rain fall down…

    Tremavano.
    Entrambi.
    Ora più che mai.
    Lui aveva smesso di respirare.
    Lei aveva iniziato ad ansimare.

    Spike non riusciva a muoversi. Si sentiva completamente paralizzato.
    “Tu… cosa?” sussurrò, attonito.
    Possibile che avesse semplicemente capito male? Che lo smodato desiderio di udire quelle parole avesse portato il suo inconscio a fargliele sentire sul serio?

    No.

    Buffy sorrise, incurante delle lacrime e le gocce di pioggia che le rigavano il viso.
    Dio, era stato… liberatorio. Non credeva si sarebbe sentita così, ad “aprire il suo cuore”.
    “Ti amo, Spike” mormorò, sorridendo radiosa. “Ti amo, e non ti lascerò andare via, come ho fatto in passato. Non commetterò di nuovo gli stessi errori. Dopo la tua morte, ho giurato a me stessa che, se mai ne avessi avuto la possibilità, mi sarei comportata in modo molto diverso, con te.” Si interruppe, rabbuiandosi per un attimo. “E mi dispiace per quello che è successo con Angel. Dico davvero. Non avevo intenzione di ferirti, ma…”
    “Buffy!”
    S’interruppe e alzò timidamente lo sguardo. Certo, era stato facile parlare, fissando per terra. Ma non era sicura di riuscirci ugualmente, con gli occhi azzurri di lui puntati addosso.

    Riusciva a sentirla.
    Di nuovo.
    Come l’ultima volta che aveva ascoltato quelle parole.
    La sua anima.
    Pungeva anche un po’…
    Le si avvicinò lentamente, ancora scosso da tremiti. La pioggia s’infiltrava attraverso i vestiti, gelandolo, ma si sentiva avvolto da un calore bruciante.
    Era successo.
    La sua Buffy… ora era sua.
    Davvero sua.
    Forse lo era diventata solo adesso, forse molti anni prima. Forse lo era sempre stata.
    Ma non aveva importanza.
    Non riusciva a ragionare. Se ne fosse stato capace, probabilmente si sarebbe lasciato prendere dai dubbi, e avrebbe finito col rovinare il momento più bello della sua vita.
    Già.
    Il momento più bello della sua vita.

    “Dillo di nuovo”.

    Un sussurro intriso di preghiera.
    Buffy sorrise, avanzando lentamente sotto la pioggia. Verso di lui.
    “Ti amo, Spike”.

    Dio, era vero. Era reale.
    Lo sentiva.

    Sempre più vicini. Sempre più vicini.

    … I’m coming clean…

    Le loro labbra ad un soffio, adesso.
    Persi l’una nell’altro, annegati nei rispettivi sguardi.
    Così pieni di grazia.
    Così pieni d’amore.
    Pazzi d’amore.

    Lui la strinse a sé, piano, con delicatezza, come se avesse paura di distruggerla.
    Tremava.

    Lei gli accarezzò dolcemente il viso, maledicendosi per non averne saputo cogliere già da molto tempo la perfezione.
    E poi lo baciò.

    E fu come doveva essere.
    Come non era mai stato.
    Come era sempre stato.

    Poi, una sola parola, ad interrompere l’incanto.

    “Resta”.

    Buffy sfiorò ancora una volta le labbra di Spike con le proprie. Poi si rannicchiò contro il suo petto, respirando a pieni polmoni quel profumo forte e muschiato che, ormai da anni, significava solo una persona per lei.

    Lui le accarezzò i capelli, ancora piacevolmente intontito dall’intensità degli ultimi momenti.
    … Rifulgenti…

    Restò in silenzio, ma lei sapeva.
    Sapeva che non l’avrebbe lasciata mai più.

    … I’m coming clean…

    Si separarono a malincuore.
    “Rientriamo in casa. Ci prenderemo un accidenti se restiamo qui!” mormorò Buffy, mentre la pioggia s’infittiva intorno ai due amanti.
    Spike sorrise: “Oh, a me piace la pioggia” replicò, attirandola nuovamente fra le sue braccia.
    Buffy esitò per un istante. Poi sorrise a sua volta.
    “Anche a me. Ora piace anche a me”.

    Lui sorrise e le passò un braccio attorno alle spalle, chinandosi a baciarle dolcemente i capelli.
    Lei gli fece scivolare un braccio intorno alla vita, e così, insieme, si avviarono verso casa.

    Non era mai stato facile, tra di loro. Forse non lo sarebbe mai stato.
    Ma ora c’era qualcosa di solido, per cui lottare.
    Qualcosa di vero.
    Una seconda possibilità da non sprecare.

    Il destino aveva fatto la sua scelta.





    “Tutto ciò che accade, accade secondo un destino”
    R. Cariffi



    Fine.




     
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    Il mio nome è Kness Jane, dal Canada, desidero condividere la mia testimonianza con il pubblico su ciò che questo grande uomo chiamato grande MUTABA ha appena fatto per me, questo grande uomo ha appena mio perduto Ex marito mi riportò alla con sua grande magia entro 48 ore. Ero sposata con mio marito Alani Evans, siamo stati insieme per molto tempo e ci è piaciuto molto noi stessi, ma quando ero in grado di dargli un figlio per 2 anni ha lasciato me e mi ha detto che lui non può continuare più quindi ora stavo cercando modi di convincerlo a tornare fino a quando un mio amico mi ha parlato di questo grande uomo e ha dato il suo contatto email [email protected] poi non ci crederai quando ho contattato questo grande uomo sui miei problemi ha preparato e un incantesimo molto forte per me e porta mio marito perso indietro entro 48 ore, e dopo un mese mi manca il mio periodo mensile e siamo andati per un test e il risultato ha mostrato che ero incinta. sono contento che oggi sono una madre di una bambina, grazie ancora una volta il grande MUTABA per quello che avete fatto per me. Contatto con lui il suo [email protected] email privata se siete fuori là passando attraverso uno qualsiasi di questo problemi o situazioni difficili nella tua vita. o è possibile aggiungere che il grande uomo su +2348054681416 si possa aggiungere lui su Whatsapp.
     
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3 replies since 7/7/2012, 22:01   529 views
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