Dreamscape by HollyDB

tradotta da ~Flo83. Completa.

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  1. katespuffy
     
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    La conferma di Holly per tenere online la fanfiction:
    You can keep them up, but I do ask, from here on out, that you ask me before translating anything else.

    *fanart di HollyDB*

    dreamscape



    Capitolo I

    I sogni iniziarono quella notte.

    Il suo corpo era esausto, i muscoli urlavano per un bagno caldo pieno di bolle. La sua mente era bloccata a ripetere. Ogni volta che chiudeva gli occhi, rivedeva la lotta. Sentiva ogni parola, sentiva ogni pugno, riviveva ogni umiliante secondo e non era il meglio.

    Uccideva cacciatrici, aveva detto Giles. Il tipo che aveva chiamato se stesso Spike uccideva cacciatrici. Ne aveva fatto una carriera, ed evidentemente, era la ragione per cui era qui adesso. Perché lei era la Cacciatrice, e lui uccideva cacciatrici. Era quello che faceva.

    Era forte. Non aveva mai fronteggiato un vampiro, un altro oltre Angel e alcuni dei sicari più anziani del Maestro, che non fosse stata in grado di uccidere al primo tentativo. Spike era anziano, si, ma non anziano come altri. Non anziano come Angel, e non anziano come Luke o Darla o qualsiasi dei buffoni con i denti a punta che le avevano provocato dolore l'anno precedente.

    Era forte. Molto forte. Più forte di qualsiasi vampiro avesse fronteggiato. Diavolo, Buffy non era convinta che non avrebbe trasformato Angel in un mucchietto di polvere se quella fosse stata la sua aspirazione. Le poche volte che avevano lottano l'uno contro l'altra piuttosto che fianco a fianco, lei aveva sempre avuto la meglio.

    Sebbene quello poteva essere spiegato piuttosto facilmente. Angel aveva la stupida idea che Buffy avesse bisogno di essere protetta – che fosse l'eterna damigella, e farle del male avrebbe sconvolto l'equilibrio dell'universo. Non importava che lei, o si, fosse morta meno di sei mesi fa. No, Buffy era definitivamente un piccolo delicato fiorellino.

    Per quanto fosse un bel ragazzo, Angel sapeva essere irritante come l'inferno quando se lo metteva in testa.

    Qualcosa che aveva senza dubbio passato al Signor Sexy Vampiro Inglese. Mentre raccoglieva i resti della Serata Genitori-Insegnanti, Angel aveva confessato che Spike era uno dei suoi vampiri-bambini, o qualsiasi fosse il termine che aveva usato per descriverlo. Quindi il suo più-o-meno-ragazzo era del tutto responsabile del suo attuale dolore nel culo. L'attuale incredibilmente sexy e oh molto spietatamente crudele dolore nel suo culo.

    Non poteva sfuggirgli. Si faceva la doccia e lui era lì. Si lavava i denti e lui era lì. Si cambiava nel suo pigiama di flanella e lui era lì. La faceva a pezzi, si beffava del dolore che aveva causato ogni qual volta lei trasaliva, mormorando piccole battute pungenti, promettendo che la prossima volta che si fossero visti avrebbe usato il suo sangue come colluttorio.

    Buffy tremò violentemente e scosse la testa, lasciandosi cadere pesantemente sul materasso, trasalendo e mordendosi il labbro inferiore per trattenere il gemito al contatto con l'aria. Le cose sarebbero sembrate migliori domani. Una volta che le sue spalle avessero smesso di far male e il dolore nel suo fianco non avesse pulsato ogni volta che si voltava.

    Un lungo sospiro vibrò tra le sue labbra. Le cose sarebbero sembrate migliori domani.

    Dovevano.


    *~*~*


    Lui fu la prima cosa che vide quando entrò nella stanza.

    “Ciao dolcezza” strascicò lui, gli occhi azzurri scintillanti mentre la valutavano. “Simpatico vederti qui”

    Buffy batté gli occhi e gelò. Era in piedi in quella che sembrava essere una stanza di motel. C'era un letto nel mezzo della stanza. Un letto irrilevante, ma ciò nonostante un letto. Un letto che sembrava fosse stato appena scoperto dal servizio in camera, privo però delle mentine al cioccolato decorative. Buffy era in piedi nell'angolo più lontano, intrappolata tra il muro e uno scrittoio scrivania. E nel piccolo stretto spazio di corridoio che conduceva all'uscita c'era Spike.

    Spike.

    Che diavolo ci faceva qui quell'idiota?

    Non che importasse... cosa ci faceva lei qui?

    “Dove diavolo siamo?” domandò Buffy.

    “Motel 6, per quanto posso aver capito”

    “E... tu sei qui, perché?”

    Il vampiro scrollò le spalle, facendo scivolare una mano nella tasca dello spolverino e recuperando un pacchetto di sigarette. “E' il mio sogno” ribatté lui. “Tendo a comparire nei miei sogni. Inoltre... immaginavo saresti stata qui”

    “Davvero?” replicò, battendo gli occhi per la sorpresa. Poi scosse forte la testa. “E – scusami, il tuo sogno?”

    La fronte di Spike si corrugò mentre accendeva. “Beh” disse lentamente. “Si”

    “Ti piacerebbe!”

    “Mi... piacerebbe? Mi piacerebbe che le mie notti fossero trascorse in un sudicio buco con la ragazzetta che ucciderò?” Ci fu una lunga pausa, dita snelle strofinavano il mento in finta meditazione. “Hai ragione, amore. Questa è un vera cosa eccezionale”

    Buffy fece uno sforzo per ignorare il flusso rapido di adrenalina che le passò per le vene, tremando forte e scuotendo la testa. Non importava cosa – non importava che fosse in piedi nel mezzo di un'illusione, a parlare con un vampiro la cui polvere sarebbe stata molto presto nel suo passato – rifiutava di lasciare una qualsiasi incarnazione di Spike avere la meglio su di lei. Se la spuntava nei suoi sogni, che speranza aveva nella realtà?

    Giles diceva sempre che la mente combatte il novantanove per cento della battaglia. E fino ad ora, lei aveva pensato che fosse un mucchio di cazzate per vecchietti. Forse questo era il modo in cui la sua mente le faceva sapere che il suo osservatore non era così disperatamente disperato come appariva la maggior parte del tempo.

    Forse il modo per battere Spike era conoscerlo.

    Buffy si tirò indietro e sobbalzò. Okay, era seriamente confusa. Anche se aveva senso, non era reale. Era un qualche matto tipo di sogno post-battaglia, che aveva come protagonista la rovina nuova di zecca della sua esistenza. Non c'era davvero molto da capire. Non importava quanto reale sembrasse o apparisse. La stanza di motel era reale quanto la fatina dei dentini, e solamente per metà altrettanto credibile.

    “Sei solo un pessimo perdente, vero?” controbatté Buffy quando capì che non aveva parlato da alcuni, imbarazzanti reali attimi. Dio, anche i suoi sogni da cacciatrice non riuscivano a replicare il modo in cui gli occhi di un vampiro bruciavano mentre valutavano la preda – e a meno che Angel stesse facendo un cameo, i suoi sogni non erano mai specifici. Specialmente per quanto riguardava la gente – o i devastantemente-sexy-ma-oh-così-cattivi succhiasangue – che erano nuovi nella sua vita. Gli occhi di Spike erano luminosi e brillanti, e Dio l'aiutasse, ma la inghiottirono per intero. Per un minuto, avrebbe potuto giurare che stesse affogando nell'oceano.

    Aveva occhi meravigliosi. Quegli occhi meravigliosi l'avevano distratta la prima notte – la notte quando le aveva battuto le mani ed era uscito dall'ombra. Invece di essere la normale versione di sé sagace e sarcastica, non aveva fatto niente di più che fissare con sguardo assente e lanciare domande sciocche. Fortunatamente lui aveva mostrato i denti aguzzi stanotte; non ci sarebbe stata possibilità di perdersi in quegli occhi se fosse apparso come qualsiasi altro vampiro che aveva polverizzato ogni santa notte.

    “Non ho perso niente” replicò Spike, leccandosi le labbra. “Non so come sei abituata a farlo, Cacciatrice, ma io non sono il tipo da wham-bam-grazie-signora. Quando inizio qualcosa, intendo godermi ogni maledetto minuto” Si fermò e fece correre quegli occhi peccaminosi sopra il suo corpo in un modo che la fece contrarre e sentirsi molto consapevole delle sue parti di sotto. “Sarai un vero banchetto. Non vedo l'ora di avere un assaggio”

    “Preparati a rimanere deluso”

    Lui ghignò. “Grandi chiacchiere per una ragazzina la cui mamma è dovuta arrivare di corsa a salvare. C'è una parola per la gente come te, amore. Sai qual è?”

    Lei roteò gli occhi, cercando con forza di sopprimere un brivido. “Oh per favore” ribatté lei, incrociando le braccia, il corpo teso. “Non dirmi che le donne forti e moderne ti indimidiscono”

    “Al contrario, non c'è niente di meglio” ghignò Spike, succhiando forte dalla sua sigaretta. “Più combattono duramente, migliore è il loro sapore”

    “Sei disgustoso”

    “Salve” Sventolò la mano, gli occhi ristretti. “Vampiro”

    “Già. E vuoi fare un pazzo tentativo su quanti del tuo tipo ho trasformato in piccole particelle di polvere negli ultimi tre anni?” ribatté Buffy, dondolando entusiasta sui talloni. “Mi dispiace- non mi ispiri di schiacciare il pulsante Antipanico. Allora hai messo sotto sopra la Serata Genitori-Insegnanti. La grandezza? Non la vedo. E hey! Mi hai anche fatto un favore. Mia madre è molto impressionata da come la qui presente ha trattato il tuo sedere”

    Quello, almeno, riuscì a far sciogliere la suprema presunzione nei suoi occhi sexy in indignazione. Buffy onestamente non era sicura di quale preferisse.

    “Oi!”

    Scrollò le spalle e deglutì rigidamente, facendo del suo meglio per nascondere quanto forte stesse tremando. Anche sapendo che era un sogno, non poteva evitare di tremare come la proverbiale damigella. Era stupido; Spike non poteva raggiungerla lì - non quando era una finzione della sua molto stanca ma infinitamente iperattiva immaginazione. “Beh, se non riesci a sopportare la verità”

    “La verità?” sbraitò lui, soffocando una risata incredula. “La tua definizione di verità deve essere un maledetto spasso. La verità è che tua mamma è la sola ragione per cui il tuo corpo non sta marcendo nel mio freezer. Se altro, sei stata superata da un umano di mezza età e dolorosamente nella media. Un umano che poteva essere ucciso. Si è intromessa stupidamente in una situazione ed è stata fortunata. Pensi che accadrà di nuovo? Pensi che sarà fortunata ogni volta? Pensi che sarà sempre lì a coprire la schiena della Cacciatrice?” Aspettò e sorrise quando fu ricompensato da un freddo silenzio arrabbiato. “E' quello che pensavo. Scusa, passerotto. Deve bruciare questo”

    Buffy deglutì di nuovo, mettendo da parte la sua rabbia. E mio Dio, era un errore quello. La rabbia era la sola cosa che la tratteneva dalla precisione dietro le sue parole. Lei davvero non voleva pensare a quanto avesse ragione. Spike l'aveva davvero sulla punta delle dita, e lei sarebbe stata una cacciatrice ad una sola pulsazione di vita se sua madre non si fosse messa in mezzo e fosse diventata tutta ascia.

    Non c'era veramente niente da dire per confutare, quindi decise di lanciargli indietro le sue parole e sperare che bloccassero. “E io che pensavo che volessi assaporare la caccia – da qui me che sono non morta”

    Spike scrollò di nuovo le spalle, le labbra che massaggiavano la sigaretta come un amante. Lei fece del suo meglio per ignorarlo. Era sexy abbastanza senza concentrarsi su delle parti del corpo specifiche.

    “E' giusto” concordò lui. “Ma se pensi che questo significhi che avrei buttato via un regalo, sei fuori di testa. Inoltre, una volta che questo ballo è finito, ho la prossima ragazzetta da fare fuori. E se non arrivo lì in tempo, c'è sempre la prossima dopo quella. Le possibilità non finiscono mai per me, vedi. Questa è la cosa buona riguardo le cacciatrici. Una tira le cuoia e la prossima viene Prescelta e il gioco ricomincia di nuovo. L'unica cosa che cambia sei tu- cosa ti porta al ballo”

    I suoi occhi fecero di nuovo la cosa del rastrellare, e quelli non erano affatto brividi che correvano lungo la sua spina dorsale. No. Prossima domanda, per favore.

    “Non vedo l'ora del round numero due” concluse lui.

    “Non è che i vampiri non vedano l'ora di raggiungere la loro fine polverosa, vero?”

    Spike ridacchiò e scosse la testa, e dannazione se non era il più infuriante stupido che avesse mai visto. C'era niente che lo metteva a disagio?

    “Hai del fegato” mormorò lui. E gah, lei non avrebbe dovuto reagire con lui come una qualche scolara malata d'amore. La sua voce avrebbe dovuto inspirarle repulsione- non allegria. Avrebbe dovuto stringere i pugni per la rabbia, non le cosce per l'eccitazione. Lui ghignò solo, sapendo senza dubbio esattamente cosa stava facendo, e fece un passo in avanti. “Mi piace il fegato”

    “Già. Ora chiedimi se me ne frega qualcosa”

    Il ghignò s'allargò. “Ecco il maledetto esempio”

    Un piccolo, pietroso ringhio le stuzzicò la gola e lei lanciò le braccia verso l'alto per l'esasperazione. Questo era definitivamnete un lato negativo dei sogni realistici. Non era stata mai così infastidita mentre dormiva. “Quindi è questo, allora?” domandò lei, le sopracciglia che si alzavano. “Vieni qui per uccidermi, cosa che sei determinato a fare tormentando i miei sogni e sparando colpi contro mia madre. Beh, io-”

    “Non illuderti, passerotto” tagliò corto Spike con un nitrito. “Non ho mai detto che sono venuto qui per te”

    Lei corrugò la fronte, la rabbia che si scioglieva in confusione. “Ma pensavo-”

    “Cosa?”

    “Giles ha detto che cerchi cacciatrici”

    Gli occhi di Spike si restrinsero. “Chi diavolo è Giles, e come fa-”

    “Il mio Osservatore, genio” Buffy roteò gli occhi. “Dio, per qualcuno che si vanta quanto fai tu, penseresti che sei in grado di accoppiare un ovvio nome Inglese con una occupazione molto Inglese”

    Lui si accigliò attorno alla sigaretta, poi la lanciò a terra e la schiacciò sotto l'anfibio. “Pensi che ti lascerò fare la sveglia perché questo è un sogno, vero?” disse lui, la voce pericolosamente morbida. “Pensi che non ricorderò quanto sei una stronza reale, o ti lascerò stare solo pechè questo non è reale. Ho notizie per te, Cacciatrice... ai vampiri non interessa molto della dannata logica o della ragione”

    “Davvero?” Lei sbatté gli occhi. “Potresti avermi imbrogliato”

    “Posso tenerti in vita fino a quando mi piace, sai. Ho imparato dal dannato migliore” Si fermò e ghignò. “Sarebbe il tuo amoruccio. L'orsacchiotto gigante con le zanne che ti ha accompagnata a casa stanotte”

    Buffy roteò gli occhi. “Per favore. Se pensi di spaventarmi con le storie dell'orrore di-”

    “Ovviamente non ne hai sentita nessuna, altrimenti saresti già spaventata abbastanza”

    “Continua a sognare”

    Lui nitrì. “Lo farei se potessi, amore. Non sei esattamente l'idea che ha un tipo di divertimento. Oltre all'uccidere e tutto il resto”

    “Wow... vediamo, se a me importasse qualcosa di quello che pensi, questo farebbe veramente male”

    Spike ghignò di nuovo, maledetto. Odiava quel ghigno. Era del tutto accondiscendente e del tipo super fastidioso 'So-qualcosa-che-tu-non-sai'. E comunque era proprio da terza elementare, giusto?

    “Riesco a capire perché ad Angelus piaci” ronfò lui, gli occhi che facevano ancora una volta la danza verticale. E no, definitivamente lei non perse il modo in cui indugiarono sul suo seno. Anche nei suoi sogni, i ragazzi erano completi pervertiti. “Preferisce che le sue donne combattano con lui”

    Buffy rabbrividì, la mente che la portava automaticamente lungo un sentiero che non voleva percorrere. Dall'incidente di Darla lo scorso anno, aveva fatto del suo meglio onestamente per ignorare sia Angel che il suo passato meno-che-rispettabile. E okay, aspettarlo in giro per il Bronze non era esattamente il modo migliore per mostrare il suo miglior intento; né schiacciarsi contro Xander al punto in cui aveva imparato più del dovuto sull'anatomia maschile di quello che le interessasse al momento. Niente di quello significava che le sue intenzioni non fossero delle migliori.

    “La strada per l'inferno è pavimentata di buone intenzioni, gattina” punzecchiò Spike.

    “Ugh. Molto cliché?”

    Lui scrollò le spalle, incurante. “I clichés diventano clichés perché la maggior parte di loro contiene verità”

    “Mordimi”

    “Oh, lo farò. E se sarai una brava piccola cacciatrice, potrei anche renderlo divertente per te. Solo un pò, si?” Un'espressione sognante gli sommerse gli occhi, e lui tremò forte per un buono scoppio di anticipazione. “Ahh. E Angelus può avere un posto in prima fila. Guardare la sua donna urlare il nome di un altro uomo prima-”

    “Ugh!”

    Lui socchiuse gli occhi. “Cosa?”

    “Pensi davvero che-”

    “Sei mai stata morsa prima?”

    Il secondo in cui le sue parole toccarono l'aria, il segno del Maestro sulla sua gola iniziò a bruciare. Buffy soffocò un piagnucolio e colpì con la mano sopra la cicatrice, facendo del suo meglio per ignorare i violenti brividi che la stavano improvvisamente facendo desiderare un cestino in cui vomitare. “Si” disse lei con voce strozzata, mancando a mala pena la sorpresa che riempì gli occhi di Spike. “Si... e non c'è stato niente... di orgamisco in questo”

    Seguì un freddo silenzio, ma a lei non importava. La sua mente era stata trascinata indietro alla Bocca dell'Inferno. Alla caverna in cui aveva vagato così stupidamente. All'improvviso, le sue braccia furono pesanti per il peso di un'invisile balestra. Le sue gambe furono coperte da un abito bianco. Scoccò un tiro pessimo e, per tutto il suo allenamento, per tutti i vampiri che aveva ucciso e i mostri che aveva sconfitto, tuttavia perse. Perse senza combattere valorosamente. Sparò con la balestra ma non riuscì a colpire i suoi occhi. Con ogni battito, lo vedeva, e perdeva ogni volta ancora una volta.

    “Chi?” chiese Spike piano, tirandola fuori dal suo sogno ad occhi aperti. Dal suo sogno dentro un sogno. E per quanto lo odiasse, non poté evitare la gratitudine che le riempì le vene il secondo in cui incontro di nuovo i suoi occhi. “Chi ha avuto un assaggio di te?”

    “Il Maestro”

    Dio, perché gli stava dicendo questo?

    Perché è un sogno. Non è reale.

    Non importava. Sembrava abbastanza reale.

    “Sarebbe diverso con me” disse Spike. E poi fu vicino, Dio, era così vicino. Un altro passo, e i suoi seni sarebbero stati contro il suo torace. E forse perché sapeva che era un sogno, non combatté né si tirò indietro. Non cercò di recuperare lo spazio che lui aveva rubato. Il freddo che aveva sentito nella caverna-anche se ricordando la caverna – era scomparso. Spike era in piedi di fronte a lei, e dannazione se non odorava di buono come qualsiasi uomo avesse mai incontrato.

    I sogni sono ingannatori.

    “Sarebbe diverso” ripeté lui, facendo correre il dito indice sopra la sua cicatrice sbiadita. “Al Maestro non importava molto se godevi, credo”

    La sua gola divenne improvvisamente rauca. “E-e a te?”

    “Oh si. Quello è metà del divertimento, dolcezza” Una pausa. Quando parlò di nuovo, la sua bocca era proprio sul suo orecchio. “Mi prenderei il mio tempo con te. Cacciatrice Uno e Due sono stati lavoro con un pizzico di piacere. Tu... tu, Cacciatrice... penso che sarebbe proprio il contrario”

    Lei deglutì. Forte. “Davvero?”

    “Non ho sognato delle altre” replicò lui con una semplice alzata di spalle. “Nient'affatto. E tuttavia tu sei qui. In questa stanza. Con me”

    “Non è reale” gli ricordò lei.

    “A maggior ragione per godere di te” Poi fece di nuovo un passo avanti, e i suoi seni furono schiacciati contro il suo torace, e qualcosa di suo-qualcosa molto dura di suo-era contro il suo stomaco. Un'ondata di calore la inumidì in mezzo alle gambe; all'improvviso, si sentì molto bollente e molto... bagnata. E appiccicosa. Come guardare una parte sporca in un film, solo ingrandita di un centinaio di volte.

    “Ti farò implorare per quello, Caccatrice” ronfò Spike. “Ti spoglierò e ti legherò. Pensi che mi odierai ancora quando ti scoperò con la lingua? Quando le tue succulente tette saranno tra le mie dita? Quando strofinerò la tua clitoride fino a quando sarà consumata per l'uso?”

    Oh. Santo. Dio. Stava per svenire. Dio, stava proprio per fare la cosa tipica da ragazza e svenire. Nel suo stesso sogno. Davanti all'allucinanzione del suo attuale peggior nemico. Non c'era abbastanza umiliazione nel mondo.

    Ma Dio, come poteva qualcuno biasimarla? Il suo viso era bollente ed era più che un po' stordita. Spike si muoveva contro di lei mentre parlava, strofinando quella che doveva essere la sua erezione nella sua pancia e facendo correre gentilmente le mani su e giù lungo le sue braccia. Le stava dicendo come avrebbe usato il suo corpo prima di ucciderla, e lo stava facendo mentre le accarezzava la pelle con una gentilezza che controbilanciava la crudeltà innata nelle sue parole. E lei gli stava rispondendo.

    Sono malata.

    “Ti porterò al limite così tante volte, che mi implorerai di fare il salto”

    Lei deglutì. Forte. “Lo speri”

    “E' una promessa, amore. Non un desiderio. Mi amerai prima che questo sia finito. E il secondo in cui succederà...”

    Per il modo in cui aveva gemuto quando lui aveva gentilmente affondato i denti nel suo collo, sarebbe potuta essere una star dei film porno. Era un gemito da mettere fine a tutti i gemiti – uno che sarebbe potuto essere seguito solo da vergogna. Solo che non c'era tempo per la vergogna. Le mani volarono istintivamente ai suoi avambracci, i fianchi si inarcarono verso l'alto con bisogno straniero. Era in fiamme- stava bruciando in modi in cui non aveva mai bruciato prima. E Spike era lì. La bocca di Spike era sulla sua gola- sul segno del morso che il Maestro si era lasciato dietro. Ringhiò sulla sua pelle, evidentemente lanciando fuori dalla proverbiale finestra quello che era stato pronto a dire per il desiderio di farla impazzire ancora più di quello che aveva già fatto.

    Questo era malato e contorto e Dio, ne voleva di più. Aveva bisogno che lui le togliesse i pantaloni e sentisse tra le sue gambe. Aveva bisogno che lui facesse qualcosa per alleviare il fuoco che aveva liberato nel suo corpo. Aveva bisogno-

    “Cacciatrice”

    Aveva bisogno che lui dicesse il suo nome.

    E forse perché sapeva che era solo un sogno- che tutto attorno a lei sarebbe tornato normale nel secondo in cui avrebbe aperto gli occhi- Buffy semplicemente smise di preoccuparsi. Smise di preoccuparsi del tutto. Non era reale. Niente era reale. Non avrebbe potuto essere biasimata per qualcosa che non era reale. Per aver fatto qualcosa nella sua mente mentre dormiva.

    Non sarebbe stata biasimata per niente qui dentro.

    Quindi prese a pugni i suoi capelli e lo tirò via dalla sua gola, ignorando il condiviso piagnucolio di protesta che gli uscì dalle labbra. “E' Buffy” ringhiò, poi gli attaccò la bocca con la sua. E immediatamente, qualsiasi minuscolo frammento di dubbio che questo non fosse reale fu bandito, perché non c'era nessun uomo che poteva mai sapere di così buono. Era peccato e decadenza; era lussuria e fuoco. Sapeva di sigarette e whisky, di sangue e pelle. Sapeva di tutto quello che aveva sempre giurato di non volere mai. Era pericolo. Era cattivo.

    Era suo.

    “Cacciatrice...” piagnucolò lui, succhiandole il labbro inferiore nella bocca.

    “Buffy” ringhiò lei di nuovo. “E' Buffy”

    Spike annuì furiosamente, soffocandola in un altro bacio. “Buffy” acconsentì lui. “Buffy”

    “Va bene”

    Le mordicchiò le labbra. “Buffy”

    “Uh huh” La lingua strofinava la sua con un fuoco che non aveva mai sentito prima. Non con uno di quei ragazzi ridicoli della sua vecchia vita; non con Owen. Non con nessuno. Neanche con Angel. Il suo Spike-sogno buttava ogni aspettativa da ragazzina fuori dalla sua testa, e sapeva senza causa o ragione che questo non l'avrebbe sentito di nuovo. Non nella realtà. Non con nessun altro che non fosse lui. Con Spike.

    Era sbagliato, ma era un sogno. Era solo un sogno. I sogni non erano reali.


    Poi qualcosa accadde. Qualcosa le rubò il sogno dalle dita. Qualcosa di orribile abbastanza da essere qualificato come realtà. Spike gelò e si strappò via da lei con un ringhio arrabbiato, spingendola in una buca di infinito freddo. Lei gelò, il cuore martellante. Il rifiuto le spaccò le vene. Ogni centimetro di lei era intorpidito.

    Spike…

    “Pensi che sia così facile?” ringhiò lui, spingendola contro il muro, gli occhi ardenti di giallo. “Pensi che mi distrarrai con-”

    “Spike—”

    “Non mi faccio i resti di Angelus, biondina. Non più” La colpì di rovescio con la mano, e il colpo le roteò la testa all'indietro con dolore che sembrò tutto tranne che sognato. “Non puoi farmi... Io l'ho spezzata. Lei non è più sua. Non puoi farmelo dimenticare questo. Non puoi farmi volere te”

    Lei?

    Buffy sbatté gli occhi. “Spike, io non-”

    “E se pensi che puoi tentarmi con quella tua piccola fighetta succosa solo perché è sua, sei alla ricerca di un brutto risveglio”

    “Io non-”

    “Non ti voglio. È un maledetto miracolo che qualcuno lo faccia”

    E con quel colpo incandescente alla sua autostima, Spike si voltò e imperversò a grandi passi nel corriodio, lasciandola solo con l'eco tuonante dei suoi passi.

    Passi che non potevano allontanarsi da lei abbastanza velocemente. Neanche nel suo sogno.

    Buffy non era mai stata così grata di svegliarsi in tutta la sua vita.

    NDA--nota dell'autrice:
    [QUOTE]Nota dell'autrice: State attente... questo capitolo contiene uno scenario non-consensuale. Mi dispiace, ma dato che stiamo trattando con uno Spike senz'anima e molto cattivo, non vedo il modo per evitarlo basandomi sul mio scenario. E a dire la verità, non penso di averlo reso abbastanza cattivo, ma non è questo il mio obiettivo. Per me, il seguente è un non-con strano... e dico questo perché sono stata in grado di scriverlo. Il non-con mi da fastidio oltre ogni ragione, ma sono stata in grado di scrivere questo senza problema. Ognuno è diverso, però, e quello che non dà fastidio a me può essere molto fastidioso per qualcun altro. Solo consideratevi avvertiti.

    Per quelle che sono familiari con la mia scrittura... tutto quello che posso dire è, fidatevi di me. Non vi guiderò male. Questa è stata scritta per la ficathon di San Valentino, dopo tutto. =)

    [/QUOTE]

    Capitolo II

    Non sapeva come reagire quando chiuse gli occhi la notte successiva e si ritrovò di nuovo nella stanza di motel. Una parte di lei se l'era aspettato; aveva trascorso il giorno cercando di sezionare il suo incontro con Spike come faceva con tutti i suoi sogni di cacciatrice. Non senza sorpresa, i suoi sforzi erano stati poco utili. Non c'era davvero modo di assegnare significato all'incontrare casualmente il nemico nel subconscio. Spike non aveva parlato in codice, e non le aveva detto niente che non avesse capito da sola.

    La sola cosa che non riusciva a spiegare era stato il bacio. E a dire la verità, Buffy non era sicura che volesse spiegarlo. Aveva già riconosciuto Spike come un gran figo; non c'era senso a negarlo. Come femmina eterosessuale, era moralmente obbligata a toccarsi il proverbiale cappello alla eccitantezza dell'eccitante.

    E Spike era definitivamente il più eccitante. Senza dubbio.

    Tuttavia, bellissimo com'era, non era il primo vampiro sexy che aveva incontrato. C'erano stati alcuni bellocci, e ora erano polvere. Questo era quanto. Non gli aveva mai rivolto un secondo pensiero una volta che erano andati. Perché avrebbe dovuto? Il lavoro occasionalmente rendeva necessario cacciare delle bellezze per gli occhi, e carini com'erano, era sempre quello che arriva facilmente e se ne va facilmente.
    Il suo apprezzamento dell'occasionale vampiro eccitante andava oltre la stima. Il suo apprezzamento non si era mai tradotto in sogni di natura sessuale.

    Questo si sommava all'essere fuori di testa. Molto fuori di testa. Non aveva mai fatto un sogno sessuale su un vampiro – neanche su Angel. E anche se il suo sogno non conteneva veramente sesso, era tuttavia più vicino a quello di quanto avesse mai, erm, sognato. Quindi si, trovare il nemico attraente abbastanza da sbavarci nel sonno? Si, era da fuori di testa. E le dava tipo fastidio che il sogno fosse finito prima che avesse potuto vedere dove avrebbe portato il bacio. E poi, naturalmente, era irritata con se stessa per essere in primo luogo infastidita. Spike era il nemico- un cattivo, disgustoso vampiro che aveva immerso le mani nel sangue della cacciatrice ogni volta che aveva potuto.

    Riguardo la scorsa notte, il suo interesse per Spike aveva oltrepasato il suo stato corrente come nemico mortale e l'apprezzamento per la sua bellezza. E più provava a convincersi che era solo un sogno, più arrabbiata con se stessa diventava.

    Il giorno l'aveva lasciata un po' più stanca e confusa, e la sera non sembrava essere migliore. E non era davvero sicura di come reagire quando si ritrovò nella stessa stanza quella notte. La stessa stanza di motel, fino alla lampada sul comodino. Tutto era lo stesso.

    Spike era in piedi vicino al letto, a guardarla come se la stesse aspettando. Come se la stesse aspettando da ore. I suoi occhi furono la prima cosa che vide.

    “Di ritorno qui ancora?” chiese lui, il tono secco, il corpo teso per la tensione.

    Buffy si leccò le labbra e mosse il peso da un piede all'altro. “Così sembra”

    Quello fu tutto ciò che disse. Il silenzio si allungò tra di loro.

    Un lungo sospiro le rotolò giù dalle spalle e crollò stancamente contro il muro. Onestamente non sapeva se non parlare fosse meglio di parlare; mentre non voleva sul serio pensare a quello che era successo la notte prima più di quanto non avesse già fatto, ignorarlo non rendeva la tensione nella stanza meno palpabile. Spike era lì, e sogno o no, era reale abbastanza per lei.

    Lui era reale, e il fuoco che le accendeva nello stomaco doveva ancora spegnersi.

    Dio, non sapeva come doveva comportarsi con questo. Spike aveva scosso le sue fondamenta. Spike aveva fatto si che lei lo volesse. Come sulla terra doveva polverizzare qualcuno per cui provava desiderio? Provava desiderio così malamente che le sue labbra ancora formicolavano e le sue mutandine erano bagnate al solo pensiero di quello che avevano quasi condiviso.

    In ricordo di un sogno.

    Ma non sembrava un sogno, o una fantasia. Non per lei. Non durante il giorno, e non adesso. Era in piedi in un motel straniero con il suo nemico mortale, e sembrava reale. Sembrava così reale che stava diventando sempre più difficile convincersi che il suo corpo era davvero nel suo letto. Che era avvolta nelle coperte e Mr Gordo era rimboccato al sicuro sotto il suo braccio. Lo sapeva quello, ma non rendeva la stanza di motel meno reale. Era davvero nella sua camera ed era anche davvero qui. Era davvero con Spike.

    La sua vita era così oltremodo fottuta.

    La notte andò avanti circondata di silenzio. Spike sedeva sul bordo del letto con la schiena verso di lei. Non parlò di nuovo. Né lo fece lei. Sederono solo, insieme ma lontani. Senza parlare. Senza guardarsi l'un l'altro. Senza neanche combattere perché, a qualche livello, sapevano che non avrebbe portato alcun bene. Non c'era niente da fare nel frattempo che aspettare che la chiamata del giorno li strattonasse alla realtà che aveva senso.

    Le notti di Buffy continuarono a quel modo per settimane. Viveva la sua vita come faceva sempre, sapendo che Spike l'aspettava nel suo sonno. Qualche volta parlavano. Qualche volta stavano seduti, divisi dal silenzio più imbarazzato possibile. Non era né piacevole né spiacevole. Era semplicemente lì. Il suo sogno ricorrente ma sempre cambiante.

    Il sonno una volta era stato il suo paradiso - il suo posto dove i mostri non potevano darle la caccia, a parte l'occasionale sogno proferito. Ora i suoi sogni avevano aperto un varco in una duplice realtà. Non c'era nessun luogo dove poteva andare per riposare.

    Stranamente, Buffy non aveva sentito il bisogno di dire dei suoi sogni a Giles. Non c'era niente da guadagnare- nessuna conoscenza da scoprire. I suoi sogni non erano profetici- semplicemente erano.

    Tuttavia, i sogni erano suoi. Completamente suoi. E non era dell'umore di condividerli.

    Così viveva come se niente fosse cambiato, perché apparentemente, niente era cambiato. Di giorno, andava a scuola e ad allenarsi in biblioteca mentre Giles sfogliava vecchi libri polverosi e le diceva quanto il mondo era condannato a meno che lei fermasse l'ascesa di tal dei tali. Mentre Xander faceva del suo meglio per dare fastidio ad Angel quando era in giro colpendo il vampiro ripetutamente sulla testa con un giornale arrotolato. Mentre Willow entrava illegalmente nei files della città e sfondava firewalls. Mentre il mondo andava avanti intorno a lei.

    La routine si ripeteva ogni giorno fino al crepuscolo. Fino a quando Buffy spiava il sole che tramontava attraverso la finestra più vicina, si alzava e diceva agli Scoobies che doveva fare la ronda, e scompariva fino alla mattina successiva.

    La sua giornata continuava oltre le ronde. La sua giornata continuava nei suoi sogni.

    Era ogni notte. Ogni singola notte. Ogni notte fino ad Halloween.

    Poi tutto cambiò.


    *~*~*



    Ci volle un'eternità per addormentarsi.

    Buffy non sapeva quanto le cose sarebbero cambiate il secondo in cui aveva visto Spike di nuovo nella realtà. Si era aspettata di essere nervosa, ma oltre quello, non c'era modo di predire come avrebbe reagito. La cosa pericolosa, sapeva, era di confondere il vero Spike con lo Spike che vedeva nei suoi sogni. Dopo tutto, non si scontravano l'un l'altro dalla Serata Genitori-Insegnanti. Tutto quello che sapeva di lui – nella realtà – proveniva dalle poche informazioni che Angel era stato disposto a rivelare e dalle pagine dei libri polverosi di Giles.
    Non conosceva Spike. Per niente.

    Ma nella sua mente, aveva trascorso molto tempo con lui. Molto tranquillo tempo, concesso, ma tempo comunque. Ed era dannatamente difficile non mischiare le due cose.

    Vedere Spike quella notte, dopo che Giles le aveva assicurato che Halloween era la giornata in cui le cose malvagie riposavano, l'aveva messa fuori gioco. Non aiutò che lui l'avesse stretta in un angolo in un palazzo abbandonato mentre era posseduta dal suo costume da ragazzina. Non aiutava che avesse visto qualcosa nei suoi occhi – qualcosa oltre stai per essere la cena.

    Aveva visto qualcosa.

    Ma quello era stato ore fa, e ora era nel suo letto. Era a letto, tremante, e incapace di dormire.
    Perché sapeva che Spike sarebbe stato lì.

    Spike, che si era appoggiato a lei stanotte con le zanne scoperte. Spike, che aveva strofinato il suo cazzo duro contro il suo bollente corpo in fiamme. Spike, che era sembrato quasi tradito quando l'incantesimo di Ethan era finito e la Cacciatrice era tornata in piena forza.
    Spike nella realtà. Spike nei suoi sogni.

    Ci volle un'eternità per addormentarsi.


    *~*~*



    L'aria si ruppe con un urlo assordante, e anche prima che gli oggetti sfocati nella stanza potessero prendere forma, si ritrovò sbattuta sul pavimento con un vampiro ringhioso che le sedeva a cavalcioni sul sedere. Un vampiro ringhioso che non aveva assolutamente nessuno scrupolo a schiacciare il suo cazzo duro con crudeltà contro il suo sedere. Le tenne il braccio destro premuto contro la schiena e il sinistro bloccato a terra prima che potesse anche solo pensare a prenderlo a pugni per allontanarlo, e quando si piegò in basso, si assicurò che sentisse ogni centimetro del suo corpo duro contro di lei.

    “Pensi che puoi solo fare questo?” domandò lui, le zanne che le sfioravano il lobo. “Pensi che puoi solo andare via? Pensi-”

    La rabbia le infiammò il torace. Andare via? Salve! Era stato a secondi dall'affondare i denti nella sua gola prima che l'incantesimo di Ethan andasse in fumo; per non parlare del fatto che era stato lui quello che aveva abbandonato. Lui l'aveva lasciata dopo, oh si, aver cercato di ucciderla.

    “Non che questo importi” disse lei da terra, “Ma sei tu quello che-”

    “Non voglio dire quello, tu esasperante ragazzetta!”

    “Beh perdonami per non leggere nella tua ovviamente squilibrata mente!” Lei trattenne il fiato quando lui la voltò, e poi – oh Dio – era proprio sopra di lei. Le sue gambe le avevano intrappolato le cosce e il suo cazzo la stava strofinando intimamente attraverso i loro vestiti. I suoi occhi erano spalancati e splendenti di una sinfonia assuefante di rabbia imbevuta di lussuria.

    “Non puoi andare via da questo” ringhiò lui, le mani che si sistemavano sopra la sua camicia da notte e la strappavano via prima che lei potesse spremere fuori un rantolo. E poi era sdraiata lì, sotto di lui, i seni nudi esposti all'esame accurato dei suoi affamati occhi in conflitto. “Non puoi...” continuò lui, le dita che tracciavano una soffice traccia su per il suo addome. “Non puoi solo far finta che questo non stia accadendo”

    “Non sta accadendo” sparò indietro lei, sebbene la sua voce non fosse così forte come avrebbe voluto. “Non è così”

    La sua sanità mentale dipendeva da quella consapevolezza eloquente. Questo non era reale. Niente di questo lo era. Non stava accadendo. Non c'era nessun universo nel quale si sarebbe trovata bloccata sotto un arrabbiato vampiro cattivo, i seni molto nudi e i capezzoli che si indurivano sotto lo sguardo del suddetto vampiro. Questo non era reale. Non poteva esserlo.

    “Te l'ho detto quella prima notte” ringhiò Spike, “i vampiri non hanno bisogno di razionalità. Non abbiamo bisogno di logica. Abbiamo bisogno solo di una ragione, grande o piccola. Reale o immaginaria” La sua testa si abbassò, la lingua si arricciò attorno ad uno dei suoi capezzoli, e un piacere oltre qualunque cosa avesse mai sentito esplose nel suo corpo. Oh mio Dio, questo doveva essere un sogno. Doveva esserlo. Tutto quello che aveva fatto era stato leccarle il seno e lei era già bollente e...

    “Oh mio Dio” piagnucolò lei, spingendo il seno contro la sua bocca. “Oh mio Dio. Ohhh...”

    “Mi sbagliavo, vero?” mormorò Spike, i fianchi che si muovevano ritmicamente contro i suoi così che il suo cazzo colpisse il suo centro ad ogni spinta. E Dio, se fosse diventata ancora più bollente, i pantaloni del piagiama di flanella le si sarebbe direttamente squagliati addosso. “Maledetto inferno...”

    “Sbagliato?”

    “Non ti ha toccato. Non così” I suoi occhi incontrarono quelli di lei mentre la sua lingua tornava in gioco, leccandole di nuovo il capezzolo prima che la mano sinistra si allungasse tra di loro. “Angelus non si è divertito con te”

    Un bizzarro miscuglio di divertito sdegno le corse dentro le vene. “Non è affare-”

    “Lo sto rendendo affare mio” sbraitò Spike, gli occhi lampeggianti. “E lui non ti ha toccato”

    “Lui ha toccato” ribatté Buffy con una rabbia che non sentiva veramente, soffocando un gemito e spingendosi sfrenatamente contro il suo cazzo ogni volta che lui cercava di allontanarsi. Ogni centimetro di lei era in fiamme, e solamente lui avrebbe potuto calmare le fiamme. “Ha toccato parecchie volte. Ha toccato così tanto-”

    Il pavimento tremò per il forte rumore del suo pugno. “Basta!”

    “Oh, per niente”

    “Non può avere anche te!” ringhiò lui, mordendole un seno. “Quel segaiolo avido non può avere anche te!”

    Il dolore si scheggiò nel suo corpo, ma era solo secondario al piacere. Era malata. Era da ricoverare in manicomio. La stava mordendo, e tutto quello che riusciva a fare era frignare e strofinarsi contro la sua erezione coperta come una pornostar malata di sesso. “Oh Dio!”

    Spike la liberò con un ringhio, scuotendo furiosamente la testa. “Lo sapevo. Lo sapevo maledettamente. Sapevo che venire qui era un grande, maledetto errore” Accentuò la sua rivelazione con altri pugni al pavimento, e tutta lei si ruppe in tremiti nervosi. “Sapevo che lei... il secondo in cui avesse appreso...”

    E di nuovo con la menzione di questa sempre sfuggente lei. Chi era lei? E perché Spike era così maledettamente preoccupato per lei?

    E perché a Buffy importava qualcosa?

    La risposta alla terza domanda era un po' più semplice da ottenere, ma non la fece sentire neanche un po' meglio.

    Deglutì forte. “Chi?”

    “Non importa” ringhiò Spike. “Lei non è qui”

    Ma lei lo era. Spike l'aveva portata con lui; la portava sempre con lui. Era quello che lo teneva silenzioso la maggior parte delle volte – quello che lo riduceva al silenzio ogni notte, tranne che per la prima. Chiunque lei fosse, era una costante fonte di dolore avvolta in quello che Buffy poteva solo ritenere fosse amore.

    Solo che Spike non era con lei; lui era con Buffy. Stava strofinando il suo cazzo contro la fica bagnata di Buffy, stava stuzzicando i seni di Buffy con la bocca. Ma la sua mente non era con Buffy. La sua mente era con l'altra. La donna che aveva imparato qualcosa di potente abbastanza da spingere Spike in una frenesia di gelosia.

    Il che, di conseguenza, era abbastanza da spingere Buffy in una frenesia di gelosia.

    Non c'era niente nella sua vita che avesse senso ora.

    “No” mormorò Buffy, la voce tremante. Alzò il palmo della mano alla sua guancia, il suo interno tremante quando lui lentamente alzò la testa per incontrare i suoi occhi. E quello che vide lì – il dolore e l'oltraggio lottavano con macchie di ammirazione e meraviglia – fu abbastanza per spianare montagne. “No, non è qui. Lei non è qui, Spike. Sono solo io”

    “Cacciatrice...”

    Per lunghi secondi, rimasero fermi come una casa divisa. Notte e giorno. La divisione eterna tra luce e buio. C'era qualcosa nei suoi occhi che lei non aveva mai visto prima; qualcosa che andava oltre la comprensione. Oltre qualsiasi cosa avesse mai toccato. Sembrava così perso in quel momento. Così dolorosamente perso – come se ogni cosa vera che avesse mai imparato si fosse rivelata una bugia. Come se ogni realtà fosse improvvisamente stata resa fantasia.

    La affascinò, guardare una guerra ingaggiata dietro gli occhi di un uomo. E lei lo vide – vide tutto. Vide quanto voleva odiarla, e quanto confuso qualsiasi cosa questo fosse lo avesse reso. Vide tutto, e era così tragico che si ritrovò quasi commossa fino alle lacrime.

    Il momento scomparve, e al suo posto rimase solo la lussuria furiosa. Spike ringhiò di nuovo, mordendole le labbra e liberando il suo cazzo in un lampo. “Sei tu” scoppiò, gli occhi sanguinanti. “Si si, sei tu. Una qualche gustosa cacciatrice che vuole solo avere la sua fica riempita da-”

    “Spike!”

    I suoi sopraccigli si diedero aria di superiotirà, una maliziosa occhiata umiliante gli allungò le labbra. “Da me, eh? Scusa, amore. Non scopo cacciatrici. Le uccido. Non puoi farmi dimenticare fingendo. Comportandoti come se ti importasse”

    I suoi occhi si spalancarono. “No. No, Spike, per favore-”

    “Mi vuoi, Cacciatrice? Vuoi sapere com'è venire scopata a morte da un vampiro?” Le morse di nuovo le labbra. “Angelus non te lo mostrerà mai. Non quella stupida scusa di un cucciolo che è diventato”

    “Non intendevo quello” piagnucolò Buffy, odiandosi per star sembrando così indifesa. Così pateticamente damigella e femminile. Non era una debole cosa piagnucolante; era la Cacciatrice. Era Buffy Summers, Cacciatrice di Vampiri. E non era il tipo di cacciatrice che si faceva piccola davanti ai vampiri.

    Farsi piccola davanti ad un vampiro in un sogno? Quant'era patetica?

    “Cos'è che non intendevi, Cacciatrice?” domandò Spike, avanzando lentamente sul suo corpo fino a che il suo cazzo le batté sul mento. “Non importa. Non mi interessa. Apri la bocca”

    Il corpo di Buffy si irrigidì per l'indignazione. “Sei – mmmpff!”

    “Posso sempre divertirmi un po'” disse soddisfatto, roteando i fianchi e trascinando lentamente la sua lunghezza tra le labbra di lei prima di sbattere giù di nuovo. “Considerando che questo è il mio sogno e tutto il resto”

    “Mmnnauuah!”

    “Hai una piccola bocca calda” Un lungo gemito spezzò l'aria, e spinse il suo cazzo ancora più a fondo dentro la sua bocca così che la sua punta le sfiorasse il retro della gola. “Maledetto inferno, Cacciatrice...”

    Gli occhi di Buffy si riempirono di lacrime, il corpo tremante per la combinazione di ribrezzo e desiderio vergognoso. La parte di lei determinata a tenere la sua psiche di questa pseudo-realtà sbiadì completamente, e tutto divenne con precisione reale. La sensazione dell'erezione di Spike che le spingeva in bocca, i bollenti uggiolii che gli venivano strappati dalle labbra, e il modo umiliante in cui il suo corpo rispondeva.

    Principalmente quest'ultima cosa.

    “Mi domando se sei davvero così bollente” disse con voce stridula lui, le sue spinte diventate più forti. “Mi bruceresti proprio. Succhiami, piccola. Succhiami forte”

    Si ritrovò ad obbedire ciecamente, la lingua sollevata ad accarezzare la parte inferiore del suo cazzo mentre questo pompava dentro e fuori la sua bocca, le sue palle che le sbattevano contro il mento ad ogni spinta. Era, dichiaratamente, la più strana sensazione che avesse mai sperimentato – qualcosa di cui aveva solo letto nei romanzi rosa scadenti. Qualcosa che aveva sempre sospettato non avrebbe mai voluto fare, non importa quanto avesse amato l'uomo in questione. L'intera cosa sembrava così degradante – un'idea non aiutata dal fatto che Spike le stava a cavalcioni del viso e spingeva se stesso così a fondo nella sua bocca che doveva trattenersi dal soffocare.

    Questo è umiliante, pensò, le lacrime le si versavano lungo le guance. Spike l'aveva bloccata nel suo subconscio, e le stava scopando la bocca.

    Non riesco a respirare.

    Ma non lo combatté. Non poteva.

    C'era una piccola, parte malata di lei che se lo stava godendo troppo. Si stava godendo qualcosa che la legge avrebbe definito come stupro – godendo i gemiti che gli sfuggivano dalle labbra e sapere che era lei la ragione. Che lei gli stava dando piacere. E la consapevolezza che se lo stava godendo – nonostante le lacrime che le correvano lungo le guance e la fiamma bollente di vergogna che le bruciava la pelle – glielo facevano odiare per ragioni che non aveva niente a che fare con Spike e tutto a che fare con il suo corpo traditore.

    Perché Angel non l'aveva mai fatta sentire così? Con tutti i suoi tocchi gentili e i suoi dolci baci, lei non aveva mai preso fuoco per lui – non come bruciava per Spike. Il ricordo delle labbra di Spike sulle sue – falso o no, sogno o no – l'aveva seguita per giorni. E ora con il suo cazzo nella bocca, con i suoi fianchi che sbattevano contro di lei, con i brontolii di estasi che gli ondeggiavano il corpo, lei si strinse disperatamente al suo oltraggio. Perché se non fosse stata oltraggiata, cosa ne sarebbe stato di lei?

    Malata. Dio, sono così malata.

    Non c'era niente a impedirle di lanciarlo via dal suo corpo. Le sue braccia non erano bloccate. Avrebbe potuto sbatterlo contro il muro in un lampo. Avrebbe potuto prenderlo a calci in ogni centimetro del suo non morto sedere. Avrebbe potuto fargli pagare l'averla privata di dignità e anche di più.

    Avrebbe potuto. E l'avrebbe fatto.

    “Così bello” piagnucolò Spike, strofinandosi contro la sua lingua. “Oh si, gattina. Proprio così. Leccami per bene”

    Buffy piagnucolò lamentandosi, il suo corpo disobbediente si rilassava e diventava duttile sotto di lui. La sensazione di lui che spingeva dentro la sua bocca aveva in qualche modo oltrepassato il limite da invasivo a qualcosa che non voleva capire bene. E prima che capisse cosa stava accadendo, una mano traditrice si era allungata tra le gambe del mostro, le dita che sfioravano il sacco delle sue palle con una combinazione di curiosità e nervosismo. L'anatomia maschile era una cosa talmente estranea a lei; oltre i crudi disegni lasciati sul suo banco a scuola e le figure prive di fantasia che il comitato scolastico aveva approvato per i suoi libri di testo, era stata lasciata agli eufemismi spesso divertenti nei succitati romanzi porno per donne. E mentre una parte di lei si teneva alla possibilità che la sua immaginazione esausta potesse allontanarsi da lei, la parte più grande – la parte che stava iniziando a dubitare che questo fosse affatto un sogno – riconosceva che le sensazioni, almeno, erano molto reali.

    Il cazzo di Spike era nella sua bocca, la sua punta vellultata le bucava il retro della gola con ogni feroce spinta dei fianchi. Anche se la stanza intorno a lei fosse rimasta immaginaria, quello era davvero molto reale.

    “Oh cazzo” boccheggiò lui, sgroppando forte contro il suo tocco esploratorio, i fianchi che roteavano per creare frizione contro le sue palle. “E' così bello”

    Buffy batté gli occhi rapidamente. “Dafvero?” chiese attorno a lui, e quasi saltò fuori dalla sua pelle quando lui le rispose con una calda risata.

    “Si, amore. Davvero” Poi, senza avviso, la sollevò, l'erezione che le usciva fuori dalla bocca. E con suo sorpreso imbarazzo, la prima cosa che le passò per la mente fu un grido di protesta.

    Ancora divisa fra due realtà. Non c'era possibilità che si sarebbe mai lamentata della perdita delle parti maschili di Spike nella sua gola. Nuh uh. Parlare della cosa più schifosa tra le schifose. Specialmente quando lui l'aveva forzata a prenderlo dentro.

    “Maledetto inferno, sono un tale babbeo. Un tale maledetto coglione” borbottò lui, rotolando via da lei, la mano avvolta attorno alla parte superiore del suo braccio. “Mi spiace”

    Altro battito di occhi. Si era davvero appena scusato?

    “Non hai davvero mai, vero? Cazzo, io non... davvero non l'hai mai preso in bocca prima” Non era una domanda, sebbene i suoi occhi brillassero come se avesse realizzato qualcosa di importante – qualcosa a cui non aveva veramente creduto prima. E poi, con sua sorpresa, il suo viso crollò con qualcosa che sembrava molto come vergogna. Un vampiro... che provava vergogna.

    Per quello che le aveva fatto.

    Non durò, naturalmente. Spike ricordò se stesso prima che lei potesse parlare. Prima che lei potesse concentrarsi abbastanza a lungo sul concetto di rimorso da parte di una cosa cattiva. E in un battito, qualsiasi traccia di pentimento era scomparsa, e lui la stava guardando di nuovo. Non con colpa o orgoglio, ma con calma comprensione.

    “E' giusto, non è vero?” incitò. “Cacciatrice...”

    La pelle di Buffy arrossì e lei annuì lentamente. Non l'aveva preso da nessuna parte, ancora meno in bocca. Aveva pensato che la sua mancanza di esperienza fosse conoscenza comune, anche solo perché una studentessa di liceo vergine era più che una rarità. Anche nelle piccole città, immaginò di averlo praticamente tatuato sulla fronte.

    Un lungo, torturato gemito lacerò l'aria. Gli occhi di Spike tremolarono chiudendosi. “Sono un coglione” mormorò. “Sono un tale maledetto coglione. La tua prima volta... non sarebbe dovuta essere così. Non con me. Non con... sarebbe dovuta essere... ma Cristo, perché per l'inferno maledetto dovrebbe importarmi? Non è come se questo fosse reale, giusto? Non è come... io non...”

    Lei trovò la combattuta confusione nella sua voce stranamente confortante.

    La sua fronte si corrugò e le zanne si ritirarono, gli occhi sciogliendosi da giallo a blu mentre si approfondivano per la comprensione. “Sei... tu e Angelus non avete mai...”

    Buffy si dimenò impacciata. “Non è come se fosse affar tuo”

    “Ho appena avuto il mio cazzo nella tua deliziosa piccola bocca, Cacciatrice. Io dire che è diventato affare mio”

    “Non l'ho chiesto io quello!”

    Un lento, diabolico ghignò gli solleticò la bocca. “Forse no” concordò lui, gli occhi che la scorrevano per la lunghezza. “Ma l'hai adorato”

    Era il suo sogno, quindi sarebbe dovuta essere in grado di controllare quanto forte il suo cuore stesse battendo o quanto rossa la sua pelle diventasse. “Ugh! Ti piacerebbe tu... tipo pervertito”

    Gli occhi di Spike brillarono. “Non devo sperarci” replicò lui, leccandosi quelle sue peccaminose labbra. “Riesco a sentirne l'odore”

    Oh Dio. Il sangue di Buffy gelò, le cosce si premetterono insieme istintivamente. Poteva davvero odorare quello? Lei odorava? Essere tutta eccitata e infastidita la faceva odorare eccitata e infastidita? Non c'era una roccia grande abbastanza per strisciarci sotto se quella era la verità.

    Perché prima quella notte, bloccata sotto Spike con i suoi occhi demoniaci che la trapassavano, le sue zanne luccicanti in brevi lampi di luce lunare, non si era mai sentita così eccitata in vita sua. Non fossero stati presenti Angel e i suoi amici, avrebbe potuto fare qualcosa di imbarazzante – tipo esplorare le labbra di Spike per vedere se i suoi sogni erano o meno accurati.

    “Non sei mai stata davvero toccata?” ripeté Spike con aspettativa, facendo correre una mano lungo il suo braccio nudo. E proprio così, lei ricordò che stava sedendo accanto a lui con le tette tutte gaie e in mostra. Tuttavia, prima che potesse buttarsi protettivamente le braccia sopra il torace, uno dei suoi seni fu nel palmo di Spike, e la sua resistenza si sciolse al minimo tocco delle sue dita contro il capezzolo.

    “Sei purezza” mormorò lui, quasi stordito. “Maledetto inferno, Cacciatrice, sei...”

    La nota di quasi riverenza nella sua voce era un tale allontamento da qualsiasi cosa avesse sentito da lui, e la fece tremare più forte di quanto avesse voluto ammettere. Sarebbe stato così facile cedere. Il modo in cui la stava toccando... lo sguardo nei suoi occhi... il tremore nella sua voce. Non aveva idea di cosa stava accadendo o perché. Perché lui improvvisamente la guardava come se fosse stata toccata dal Paradiso quando, solo pochi minuti fa, non aveva avuto riserve sul forzarsi nella sua bocca. E Dio, il suo comportamento stava davvero facendo un numero sulla sua mente. Era confusa riguardo a lui e confusa riguardo la sua confusione. Non ci sarebbe dovuta essere nessuna discussione interna. Non ci sarebbe dovuto essere nient'altro che repulsione, ma non riusciva ad odiarlo. Neanche dopo questo.

    Lui era un mostro ma c'era di più; e sarebbe stato così semplice. Così semplice dimenticare che le aveva fatto del male. Dimenticare che era un vampiro – un vampiro con una lista piena di uccisioni di cacciatrici, per non parlare di ossessione. Aveva anche un'altra donna nella sua vita – una che amava.

    Qualcosa di affilato le si conficcò nel cuore.

    “Non sono pura” mormorò lei.

    “Cazzate. Sono un vampiro, amore. So qualcosa riguardo all'impurità” Spike sorrise di un sorriso che non raggiunse esattamente i suoi occhi. “Tu non sei nient'altro che pura”

    Qualcosa era cambiato. Lei non sapeva cosa, ma qualcosa era cambiato. Era andato via il bastardo senza cuore di prima; era seduta con un uomo completamente diverso. Uno che la guardava con qualcosa oltre la lussuria spinta dall'odio. Uno che la guardava con... qualcosa.

    “E a te... piace la purezza?” domandò Buffy, trasalendo. “Voglio dire... vampiro e tutto il resto, giusto? Non mi sembra che la purezza sia-”

    “Io...” Spike batté gli occhi e scosse la testa, incontrando di nuovo il suo sguardo con una titubanza che la sorprese. Come se stesse cercando di conciliare pensiero con sentimento. Riusciva quasi a vedere la battaglia svolgersi – una che non riusciva a toccare, a mala pena esserne testimone. Una oltre i piani della logica comprensione.

    I loro occhi rimasero bloccati per un lungo momento. Così tanto che Buffy dimenticò che era mezza nuda, e che la mano di Spike rimaneva al suo seno. Tuttavia, il silenzio che li divideva la rese dolorosamente consapevole di sé, e prima che potesse fermarsi, il suo sguardo cadde sul grembo di lui. Sul cazzo duro che giaceva sopra il suo stomaco.

    “Ohh—umm...”

    Spike ghignò, l'altra mano che cadeva, le dita piegate a strofinarsi la lunghezza orgogliosamente. “Ti è piaciuto prima, vero?” mormorò. “Puoi combattermi quanto vuoi, dolcezza, ma la verità è un po' più difficile da nascondere, vero?”

    E velocemente – molto velocemente – la sua conscenziosità ritorno. “Io non-”

    “Invece si. È okay che ti piaccia, gattina. Non c'è nessun altro qui che tu ed io... per qualche maledetta ragione” Spike sospirò. “E non possiamo neanche fidarci troppo, vero?”

    “Non pensi sia un sogno?”

    “Non so più cosa penso. Sembra reale... questo è maledettamente certo” Si fermò, poi le liberò il seno così bruscamente che lei non poté evitare il lungo gemito di protesta che le sibilò tra le labbra. “Lui non ti ha toccata” mormorò lui, afferrandole il polso e portando la sua mano al suo cazzo. “Non ha... questo ti rende mia, gattina”

    Buffy esalò lentamente, gli occhi spalancati innamorata di quello che stava vedendo. Dio, di quello che stava facendo. Con molta poca provocazione, si ritrovò ad arricciare il pugno attorno alla sua lunghezza, tastandolo nella sua mano. Era così grosso. Così... beh, grande, per mancanza di una parola migliore. E sebbene non avesse niente con cui offrire una base per il confronto, aveva l'idea che la dimensione di Spike fosse il tipo di cosa che avrebbe provocato a molti ragazzi un complesso di inferiorità da mettere fine a tutti i complessi di inferiorità. O forse sembrava grande solo a lei – non sapeva. Tutto quello che sapeva era che la sua erezione era nella sua mano e la riempiva in tutti i rapporti.

    Aveva appena detto che era sua. Lei apparteneva a lui. Una cacciatrice intelligente avrebbe discusso con lui. Una cacciatrice intelligente avrebbe iniziato una lotta. Una cacciatrice intelligente gli avrebbe fatto sapere, senza mezzi termini, che non sarebbe mai appartenuta ad una cosa cattiva.

    Lei in qualche modo dubitava, comunque, che qualcuna delle sue sorelle morte fosse stata nella sua posizione. A sognare se stessa in una nuova realtà con un vampiro che voleva ucciderla. Un vampiro la cui mano copriva la sua, persuadendola a pompare la sua erezione lentamente. Un vampiro i cui occhi continuavano a guizzare dai suoi seni nudi alla vista della sua mano che tirava il suo cazzo.

    No. Nessun'altra cacciatrice aveva sperimentato questo. Questo era qualcosa che apparteneva a Buffy, a Buffy soltanto.

    Spike gemette, spingendo in alto a tempo con i colpi della sua mano. “Oh Dio” piagnucolò. “E' perfetto, ecco”

    “Cosa?” mormorò lei. “Cosa-?”

    “Solo continua così” mormorò lui, lampeggiandola con un ghigno rassicurante. Un ghigno che lei non colse; era troppo incantata dai movimenti della sua mano. Come poteva un qualcosa così piccolo dare a qualcuno un tale piacere? Tutto quello che faceva era toccarlo, e in qualche modo lo trasformava in un vampiro balbettante. Un vampiro balbettante i cui balbettii la rendevano più eccitata ogni minuto. I lamenti e i gemiti che gli fuoriuscivano dalle labbra le facevano bruciare gli interni quasi all'orlo del dolore. La sua fica era zuppa e i suoi nervi stavano ronzando, e se lui non l'avesse toccata presto, era sicura che si sarebbe sciolta in un mucchio di gelatina di cacciatrice.

    “Cazzo, sei così calda” boccheggiò Spike, gli occhi che roteavano in alto. “Così... Dio, così perfetta”

    Perfetta?

    “Devo venire. Devo...” Di nuovo, arricciò le dita attorno al suo polso, fermando i suoi movimenti. “Toccami dove hai fatto prima” ordinò, la voce roca.

    “Dove-”

    Lui le guidò la mano di nuovo ai suoi testicoli. “Stringimi gentilmente... oh Dio, si” Un lampo di pura euforia gli bagnò il viso, e lanciò la testa all'indietro con un lungo, torturato gemito. “Ora la tua bocca. Metti la sua bocca su di me”

    Buffy batté gli occhi. “Io-”

    “Proprio come prima, amore. Dio, per favore” I suoi occhi si spalancarono per la disperazione. “Ti dirò quando allontanarti, si? Non ti verrò in bocca. Io solo... sei così bollente. Ho bisogno - “

    C'era ogni possibilità che avrebbe rimpianto questo domani. Sogno o no, fare quello che Spike chiedeva spingeva tutto oltre la linea di confine nel reale. Rendeva ufficiale che fosse qualcosa che anche lei voleva. Ed era così – lo voleva qui. In questo posto composto di nulla. Non c'era un mondo fuori queste mura. Non c'era niente tranne una stanza di motel, e qualcosa che continuava a portarla qui.

    Qualcosa che continuava a portarla qui. Era impossibilitata a fare altro tranne che rispondere alla sua chiamata.

    Spike le tolse i capelli dal viso quando la sua bocca si tuffò verso il suo cazzo, il suo tocco gentile che faceva poco più che confonderla maledettamente. Ma non si fermò a pensare – era troppo affamata di quello che lui le offriva. Invece, la sua lingua si piegò per prova attorno alla sua punta, bevendolo tra le sue labbra.

    “Oh Dio” piagnucolò lui, inarcandosi verso l'alto e incintando il suo cazzo più a fondo nella sua bocca. “Sei così calda”

    “Mmmm…”

    “Non durerò” boccheggiò lui. “Devo venire. Ho bisogno di venire così maledettamente tanto. Stringimi, gattina. Non essere spaventata di farmi male. Non mi romperò”

    Lei annuì, la mano alle sue palle che si ricordò di sé. La sua bocca era titubante nelle sue esplorazioni, assistita dalla gentile spinta dei fianchi di lui. Non aveva idea se lo stesse facendo giusto, o se ci fosse addirittura un modo giusto di farlo. Ma si ritrovò a danzare con lui senza tempo – seguendolo quando lui iniziava a scivolare via da lei, determinata a tenerlo dove lo voleva. La sua lingua massaggiò la sua parte inferiore quasi rudemente, poi si prese tempo per sfiorargli la lunghezza mentre lui si pompava tra le sue labbra.

    Le piaceva questo – questa senzazione di controllo. Le piaceva avere Spike contorto sotto le sue azioni. Le piaceva sapere che avrebbe potuto ridurlo ad essere da un tale potere e autorità ad una confusione piagnucolante solo con la sua lingua e labbra. Diavolo, le stava anche iniziando a piacere il sapore della sua pelle. Tutti i pensieri di perversione o di sbagliato furono gettati da parte. Questo non era degradante affatto.

    Non quando lo faceva nel modo in cui voleva farlo.

    Naturalmente, tutto quello sarebbe potuto essere messo in questione con una semplice parola.

    “Stop!”

    Buffy gelò, gli occhi spalcanti viaggiarono verso l'alto. La sua bocca, tuttavia, rimase testardamente bloccata attorno a lui. Si sarebbe fermata quando diavolo si sarebbe sentita di fermarsi, grazie molte.

    “Stop!” boccheggiò Spike di nuovo. “Devi fermarti. Devo venire. Non vuoi - “

    Oh. E lui l'aveva fatta fermare per quello? Perché? Non pensa che avrebbe potuto farcela?

    Gliel'avrebbe mostrato.

    Gli occhi ristretti in segno di sfida, Buffy soffiò e lo succhiò più a fondo che poté. Quello che non era riuscita a prendere in bocca, lo massaggiò in maniera incoraggiante con la mano libera. Lo tirò dentro fino a quando la sua testa fu ancora una volta premuta contro il retro della sua gola. E, senza cerimonie, iniziò a deglutire forte attorno a lui. Gli era piaciuto abbastanza prima; qualcosa le diceva che questo l'avrebbe mandato oltre il limite.

    Gli occhi di Spike si allargarono così tanto che sembrò quasi doloroso. “Buffy!”

    Allora quello era ciò che ci voleva per fargli ricordare il suo nome. Lei ghignò soltanto attorno a lui e continuò a deglutire. Deglutì mentre lui sgroppava selvaggiamente dal pavimento. Mentre lui tremava e gemeva. Mentre si riversava nella sua gola, rendendo il suo nome una preghiera con ogni inutile respiro che gli lasciava le labbra.

    Questo determinò il suo destino. La sua vita non sarebbe stata la stessa dopo questo. La realtà non importava più. Non con Spike che la guardava come faceva ora. In quel modo.

    “Buffy” ansimò. “Mio Dio”

    Tutto era cambiato. Era accaduto così in fretta, ma tutto era cambiato.

    E non c'era ritorno indietro.

    Capitolo III

    Spike era stato pronto a farle qualcosa prima che lei si svegliasse; Buffy ne era certa. L'espressione annebbiata nei suoi occhi si era sciolta da una di shock in una di ammirazione, punteggiata da scintille di gentilezza, poi il fuoco si era di nuovo acceso di lussuria quando aveva odorato l'aria. Si era leccato le labbra con quella sua lingua appassionata e aveva aperto la bocca per parlare...

    Poi il pugno di sua madre aveva battuto di peso sulla sua porta e il mondo di sogno attorno a lei era svanito. In qualche modo, la notte le era sfuggita. Un minuto, era con Spike e quello successivo era tornata nella sua camera, e tristemente da sola per di più. Non c'erano occhi che la bruciavano. Nessun accento sexy che le mormorava cose sconce nell'orecchio. Nessuno Spike. Nessuno Spike da nessuna parte. E a parte la tenacia di sua madre che la trascinava fuori dal letto e nella doccia prima che fosse in ritardo, tutto era tranquillo.

    Buffy non era certa di come fosse riuscita a superare il giorno. Mentre logicamente sapeva che non aveva fatto niente di male, non poteva evitare il modo in cui il suo interno arrossiva di colpa ogni volta che pensava ad Angel o... beh, ad Angel. Non era come se potesse controllare i suoi potrebbero-anche-non-essere-sogni bizzarramente realistici.

    Fu il realismo che infine la colpì. Dopo la scorsa notte - dopo essersi svegliata con un lago di fuoco tra le gambe - Buffy era tutto tranne che convinta che ci fosse qualcosa di falso riguardo il tuo tempo con Spike. Tutto era troppo reale - troppo specifico. Non c'erano svolte matte o idiosincrasie a caso; anche la stanza era la stessa. Sempre la stessa. I sogni non erano mai così specifici - non le importava se viveva sulla bocca dell'inferno più infernale. Stava succedendo qualcosa. Aveva trascorso ogni giorno durante l'allenamento ad imparare su Spike, e ogni notte in compagnia di Spike. Non c'era niente di falso in questo. Niente di falso affatto.

    Si domandò se Spike pensasse a lei così tanto quando era sveglio. Si domandò se pensasse affatto a lei.

    E se non avesse pensato a lei prima, si domandò se l'avrebbe fatto ora. Oggi. Specialmente oggi. Era stato pronto a farle qualcosa. Qualcosa di indubbiamente sconcio ma davvero molto bello. Non c'era stato odio nei suoi occhi. Nessuna ripugnanza. Nient'altro che confusione e innegabili scintille di desiderio. Buffy riconosceva il desiderio quando lo vedeva. Poteva essere biologicamente vergine, ma non c'era modo che lo fosse mentalmente. Da quando Angel era entrato nella sua vita, aveva rivolto al sesso più e più di un pensiero sebbene - non necessariamente sesso con lui, perché oltre ad alcuni gustosi baci, non avevano condiviso niente. Beh, aveva ballato come una puttana in calore contro uno Xander molto eccitato solo per far impazzire Angel, ma questo non li rendeva esattamente anime gemelle. La rendeva una stuzzichina. Una grande, schifosa stuzzichina.

    Da quando Spike le era piombato nella vita, aveva avuto a malapena tempo per Angel. I suoi pensieri erano occupati da un diverso vampiro. E ora che avevano condiviso qualcosa - qualcosa che era iniziato come una violazione vera e propria ma che aveva condotto a qualcosa di dolce e gravemente indefinito - non sapeva cosa pensare. Tutto quello che sapeva era che non vedeva l'ora di andare a dormire.

    Non riusciva da aspettare, ma ne aveva allo stesso tempo timore. Non c'era modo di dire cosa avrebbe portato la notte. Cosa la luce del giorno e le ore lontano da Spike avrebbero fatto al suo modo di vedere. Poteva aver deciso che era disgustato da se stesso per aver permesso che lei lo toccasse - per averle lasciato prendere il controllo di qualcosa che sarebbe dovuto essere brutale e degradante. Poteva non dirle niente affatto, come era stata la norma per settimane. Non c'era modo di dire con Spike. Era imprevedibile.

    C'era una soluzione facile a questo, naturalmente. Solo dirlo all'Osservatore. Dire a Giles che le sue notti non erano più sue, e non lo erano state da quando Spike aveva iniziato a scombinare tutto. Dire a Giles che, fino alla scorsa notte, aveva pensato che fosse puramente un sogno, ma che aveva appreso cose - sentito cose - che nessun sogno poteva replicare. Avrebbe potuto dirlo a Giles, e lui avrebbe colpito i libri. Avrebbe o trovato una profezia o un antidoto o qualcosa per spiegarle la sua molto strana vita in un modo molto teorico e obiettivo. Se l'avesse detto a Giles, non c'era nessuna possibilità che avesse visto di nuovo Spike nei suoi sogni.

    E quello era perché teneva la bocca chiusa. Non si sarebbe arresa. Non sarebbe corsa via. Oh no. Spike sarebbe stato lì stanotte.

    Non ci sarebbe stato lo spingere del pulsante pausa. Nessuna fuga.

    Anche se ogni nervo del suo corpo si agitava per il terrore.


    *~*~*


    Buffy non sapeva come sapeva che la donna che aveva visto con Angel era la sfuggente lei di Spike; solo lo sapeva. Concesso, l'intera cosa Angel-parla-ad-un-vampiro-senza-polverizzarlo era stata un grande aiuto nel mettere insieme il puzzle. Non c'era da domandarsi se la donna era della nazione dei nonmorti; Angel era stato stranamente strano riguardo la sua famiglia, o qualsiasi termine matto alla Anne Rice i vampiri usassero per descrivere quelli nella loro linea di sangue. Non aveva neanche tentato di fare fuori Spike le poche volte che si erano fronteggiati – non nel modo 'polvere-alla-polvere-cenere-alla-cenere', comunque. Forse era un qualche bizzarro effetto collaterale dell'anima. Perché Spike e Dru erano i suoi... figli, o qualcosa del genere, Angel si sentiva responsabile per le vite perse dalle loro zanne.

    Una cosa era certa: se la donna che aveva visto con Angel era la ragazza di Spike - o colei che amava nel suo modo vampiresco, c'erano seri problemi che aspettavano solo di traboccare. Perché il modo in cui guardava trasognata Angel era in nessun modo platonico. C'era della seria lussuria lì. Grandi mucchi di seria lussuria. La donna-vampiro si sarebbe spogliata nuda e scopata Angel sotto le barre della giostra se lui l'avesse chiesto.
    E per qualche ragione, a Buffy non importava. A lei non importava. Si stava arrampicando a letto dopo una ronda piuttosto priva di eventi - a parte la soap opera vampiresca - e non le poteva importare di meno che il suo presunto tesoro fosse lì fuori con un'altra donna. Non le importava.
    Non le importava perché sapeva che stava per vedere Spike stanotte.

    Non era più una questione di se, e se fosse stata veramente onesta con se stessa, non lo era mai stata. Oh certo, aveva fatto finta di fingere che lui potesse non comparire nei suoi sogni, sapendo sempre, naturalmente, che sarebbe stato lì il secondo in cui avesse chiuso gli occhi. Lo stavano facendo da settimane ora; era il loro appuntamento fisso. Sarebbe stato lì. E sarebbe stato sgradevole o meraviglioso o completamente silenzioso. C'era ogni possibilità, dopo l'incontro esplosivo della scorsa notte, che lui potesse non dire niente affatto. Che il silenzio a cui si era a malincuore abituata avrebbe ancora una volta dominato la sua serata.

    Non voleva questo. E non era sicura neanche di volere che lui parlasse. Beh, okay, era ansiosa di vederlo, ma non sapeva come avrebbe dovuto sentirsi al riguardo. Riguardo il suo ovvio stato mentale malato se riusciva a prevedere di trascorrere ancora un'altra notte in compagnia di un assassino. Un assassino che, non meno di ventiquattro ore fa, le aveva ficcato il cazzo in bocca e aveva spinto contro il suo viso così forte che era rimasta genuinamente sorpresa del non essersi svegliata con la mascella dolorante questa mattina.

    Ma non era durata. Era stato così arrabbiato la scorsa notte; così incredibilmente arrabbiato. Ma non era durata. E per il tempo in cui la notte stava per raggiungere la sua conclusione, l'aveva guardata come se fosse preziosa. Come se fosse stata toccata da Dio.

    La scorsa notte l'aveva confusa. Dio, confusa e ancora più che confusa. E sapere che avrebbe visto Spike e fronteggiato ancora più confusione le faceva temere il sonno ma allo stesso tempo si struggeva per esso.

    Oh si. La sua vita era svitata.

    Ma per qualche ragione, non riusciva a spingersi a cambiarla.


    *~*~*


    Spike arrivava sempre prima. Era sempre lui quello ad aspettare. Quello seduto sul letto, che fissava attentamente l'angolo da cui lei si materializzava sempre. Era qualcosa da cui lei era arrivata a dipendere - la promessa della sua presenza. Perché non importava quanto queste notti insieme la confondessero, c'era anche una qualche misura di conforto in loro. Anche notti volatili e potenzialmente dannose come l'ultima.

    C'era così tanto nella sua vita che non le apparteneva. Questo si. Per quanto contorto e pericoloso com'era, era erale. Ed era suo. Nessuno avrebbe potuto portarlo via.

    Spike era, come al solito, sul bordo del letto, le mani strette e gli occhi luminosi di contrizione. Non aspettò che lei si mettesse insieme. Invece, aprì la bocca e disse, “Mi spiace”. E le ci volle tutto quello che aveva per non cadere.

    Buffy batté gli occhi, stordita. “Tu cosa?”

    “Sono dispiaciuto” disse di nuovo lui.

    “...davvero?”

    “La scorsa notte... non ero io, Cacciatrice. Non fino...” Una lunga, torturata risata gli si strappò dalla gola. “Mi dispiace, va bene? Non avrei dovuto farlo. Non importa perché non avrei dovuto farlo - solo non avrei dovuto” Fu silenzioso per una battuta, sebbene non riuscì a trattenersi dal contrarsi sotto il suo esame accurato. “Lasciamo solo stare. Si? Hai bisogno di ogni maledetto dettaglio?”

    Buffy si leccò le labbra ed esalò lentamente. Grande. Due secondi qui e stava già tremando come una tettonica a placche. “Ogni dettaglio... di cosa, esattamente?” chiese lentamente. “Conosco i dettagli della scorsa notte. Che altri dettagli ci sono?”

    Spike aprì la bocca per rispondere, poi si fermò e corrugò la fronte. Non ci fu niente per diversi lunghi secondi senza fine.

    E poi qualcosa accadde. Qualcosa di molto strano.

    Spike rise. Rise sul serio. Piano all'inizio, e poi forte. Rise fino a quando il suo corpo tremò. Rise fino a quando il suo riso divenne così alto in tono che lei avrebbe messo in discussione la sua sanità mentale se non stesse già mettendo in discussione la propria. Era sia rilassante che snervante; vedere Spike ridere. Non sapere se fosse divertito o devastato. Non sapere perché le importava sul serio, e temere la risposta alle sue stesse domande.

    “Siamo una maledetta coppia, vero?” domandò lui, allargando le braccia disperatamente. “Non so cosa fare, Cacciatrice. Fottimi, ho finito le idee. Provo con la violenza, e tu mi baci. Cerco di ignorarti, e tu... tu siedi solo lì... con me ma non con me, si? Non posso maledettamente desiderare che te ne vada. E poi la notte scorsa, ho cercato di... Dio, non so nemmeno io cosa stavo cercando di fare. Solo... vederti, e poi vederti... sono scattato” Espirò, le spalle che rotearono all'indietro. “E perché diavolo mi importa? Perché mi distruggo il fottuto cervello cercando di superare l'idea che posso averti fatto male? Sei il nemico, giusto? Dovrei voler fare uno spuntino con le tue interiora, ma il pensiero di cosa ho fatto...” Una risata torturata e pietosa riempì l'aria. “Se ci fosse una qualche giustizia nel mondo, saresti sei fottuti metri sotto di me e ora potrei dimenticare...” Venne meno inutilmente, lasciandola ad annegare nei suoi occhi azzurri. “Potrei semplicemente andare avanti”

    Stava parlando in circoli attorno a lei, confondendo i suoi già confusi pensieri in un mal di testa martellante. “Andare avanti?” domandò lei, tremante. Non c'era niente nel linguaggio del corpo di Spike che potesse avvertirla che era nei guai; non sapeva neanche se potesse farle del male qui, oltre la sensazione di una non esistente ferita. “Non capisco...”

    “Non riesco a toglierti dalla mia maledetta testa” mormorò lui, gli occhi che si chiudevano. “Non importa dove sono. Con... con chi sono. È sbagliato. Non sono un qualche cucciolo con un'anima imbottita su per il sedere. Non voglio pensare a te, ma quello che il vecchio Spike vuole non importa più. Mi tormenti, Cacciatrice. Sei con me tutto il maledetto tempo, e non riesco a scappare. Quando mi sveglio, sei lì. Quando mangio, sei lì. Quando dormo, sei lì. Sei sempre lì. Sempre” Si fermò. “In cento anni, non ho mai guardato un'altra donna. Posso essere l'unico vampiro monogamo in tutto il maledetto mondo, ma non ho mai voluto nient'altro. Anche quando lei lo voleva. E improvvisamente tu sei... improvvisamente sei tutto quello a cui penso”

    “Non volevo esserlo” mormorò Buffy, sperando contro ogni speranza che lui non sentisse la bugia nella sua voce. La bugia che tradiva la sua incertezza – la parte di lei che era combattuta tra amare e odiare questo. “Dio, Spike, non ho idea di cosa sta succedendo. Tutto quello che so, vado a dormire e sono qui”

    “Anche io” replicò lui tristemente.

    “Quindi lo pensi anche tu?”

    Spike alzò lo sguardo, inarcando un sopracciglio inquisitorio. “Penso cosa?”

    “Che... beh, che stiamo condividendo i sogni. O che... sia reale?” Si morse il labbro inferiore incerta, il suo interno tremava per l'ombra che gli era caduta sul viso. “Voglio dire, ovviamente non è reale reale. Perchè... sono davvero molto rimboccata nel mio letto adesso. E-e tu sei... dovunque sei”

    Lui scosse la testa forte. Troppo forte. Forte abbastanza perché lei sapesse immediatamente che lui aveva rivolto a questa possibilità molti pensieri. Molto più probabilmente, l'aveva capito molto prima di lei, ed era stato molto contento di rimanere bloccato nella negazione. “No” mormorò furiosamente. “Questo è impossibile”

    “Una delle cose che ho imparato vivendo sulla Bocca dell'Inferno: niente è impossibile”

    “Io non-”

    “Lei era con Angel stanotte” Buffy gelò, gli occhi spalancati per l'orrore. Da dove erano venute quelle parole, non lo sapeva; solo doveva dire qualcosa. Doveva dire qualcosa per togliergli questo gusto in cui pensava che doveva rimanere fedele anche nella sua testa ad una puttana-vampira non fedele. E concesso, annunciare qualcosa in quel modo non era stata probabilmente la mossa migliore, ma aveva bisogno che uscisse. Aveva bisogno che lui sapesse.

    “Lei cosa?” disse con voce stridula Spike. Non si preoccupò di chiedere a chi si riferisse. Era lì - uno dei tanti elefanti non riconosciuti nella stanza. “C-come lo sai?”

    “L'ho vista. Beh, immagino fosse lei. Non so” Si leccò le labbra nervosamente, muovendo il peso da un piede all'altro. “Ma era con Angel e lui non stava... sai... uccidendola” Un freddo attimo di silenzio si allungò tra loro. Buffy deglutì forte e lentamente alzò la mano destra per dimostrare un'altezza approssimativa. “Così alta. Magra. Capelli scuri. Molto... umm... carina”

    “Tappati la bocca!” scoppiò Spike, sebbene lei sapesse immediatamente che era più per dolore che per rabbia. “E' una fottuta dea”

    Le mani di Buffy si alzarono a mo' di difesa. “Io non-”

    “Non sei degna di leccarle la sporcizia dal fondo delle scarpe, Cacciatrice. Non vali neanche il sangue nel tuo corpo. Tu -”

    Ogni parola squarciò un taglio profondo nella sua pelle. “Non volevo... guarda, era lì. Li ho visti. Io - “

    “Con Angel”

    Lei annuì, il movimento quasi impercettibile. “Si, era con Angel. Io sono... Dio, non so più cosa sono. Solo... pensavo dovessi saperlo”

    “Pensavi dovessi- “

    “Si!”

    Il mondo ruotò fuori dalla sua asse. Un secondo, Spike la fissava e ansimava per la furia, gli occhi oceano in fiamme con frammenti di giallo mentre tentava di far rientrare il suo demone; il secondo, s'era precipitato attraverso la stanza, catturandole il viso tra le mani, e schiacciando la bocca alla sua. E quello fu. Quello fu il proverbiale momento. Tutto attorno a lei si confuse. La lingua di Spike le scivolò tra le labbra, e con un lungo piagnucolio, lei divenne completamente sua. Non c'era nessun sapore nel mondo che potesse rivaleggiare con il suo; e più ne aveva, più affamata diventava. I limiti divennero sfocati e la sua bussola morale quasi svanì. Questo non sarebbe potuto succedere a meno che non fosse almeno in parte giusto... vero?

    La parte di lei a cui importava qualcosa divenne sempre più piccola e piccola. Forse niente di questo significava qualcosa – non sapeva. Tutto quello che sapeva era che Spike era premuto intimamente contro di lei, strofinandole la lingua con la sua mentre le sue labbra facevano l'amore con la sua bocca. Il suo cazzo duro si strofinò contro la sua fica coperta dal pigiama, provocando piccoli, involontari pigolii dalla sua bocca e agitando un fuoco che aveva acceso quella prima notte riportandolo alla piena gloria. La sua pelle era bollente dappertutto. Il suo sangue scorreva per l'eccitazione. Era bagnata e in fiamme allo stesso tempo, e mentre la tortura era dolce, il suo corpo implorava il sollievo.

    Spike era l'unico che potesse darglielo.

    “Cacciatrice” piagnucolò lui, facendo scivolare una mano tra di loro, le dita che danzavano in tocchi di piuma sopra il suo stomaco piatto. “Dio mi aiuti, ma ti voglio così tanto”

    “Mnnaguh.”

    Okay, così quella non era una parola. Si aspettava davvero che parlasse coerentemente mentre lui la baciava fino a strapparle via le labbra?

    “Sai di così fottutamente buono” boccheggiò Spike, succhiandole il labbro inferiore tra i denti. “Potrei limonarti per ore”

    Non sapeva cosa significasse, ma con quel tono, avrebbe avuto poca difficiltà a convicerla a fare qualsiasi cosa.

    “Cristo, come mi torturi” mormorò lui, le dita scivolate sotto la cintura dei suoi pantaloni di pigiama di flanella. “Ti voglio ogni secondo. Ogni maledetto secondo di ogni giorno. Mi hai maledettamente stregato. Voglio la tua dolce fica avvolta attorno al mio cazzo. Voglio farti diventare cremosa così tanto, sarai rovinata per chiunque altro. Sarai mia”

    “Ohhhh mio Dio”

    “Lo vuoi, vero, Cacciatrice?”

    “Buffy” disse senza respiro lei, prendendo a pugno un po' dei suoi capelli. “E' Buffy”

    Gli occhi di Spike divennero lucidi, il dito indice che scivolava ancora di più verso sud. “Buffy” mormorò lui. “Buffy... sei mia, capito? Angel non ti tocca”

    Lei sapeva che la richiesta sarebbe sembrata irrazionale alla luce del giorno, ma Dio, non gliene poteva importare meno al momento. Il suo tocco stava scivolando più vicino a dove aveva bisogno di lui, ricoprendo un sentiero di fresco sollievo sopra la sua pelle altrimenti in fiamme. “Okay” pianse lei. “Okay”

    “Dillo, Buffy. Lascia che lo senta”

    Lei buttò la testa all'indietro e gemette, le labbra di Spike istantaneamente depositarono bollenti baci bagnati lungo la sua gola. “Tua” piagnucolò lei disperatamente. “Spike... oh mio Dio...”

    “Odori di così dolce”

    “Guh...”

    “Volevo assaggiarti dalla scorsa notte. Sei scomparsa”

    Buffy scosse la testa. “Mi sono svegliata”

    “Non farlo”

    Dio, se solo fosse stato così semplice. “Non voglio. Voglio rimanere”

    Spike si tirò indietro bruscamente a quello, gli occhi fiammeggianti. “Vuoi rimanere qui?” chiese dolcemente, tremando improvvisamente, l'espressione ammirata che lei aveva adorato la sera prima che cadeva di nuovo sul suo meraviglioso viso. “Vuoi rimanere con me?”

    Buffy piagnucolò impotente e annuì, spingendo i fianchi in avanti nella speranza che la sua mano fosse attirata più in basso. La stava a mala pena toccando – aveva bisogno che la toccasse ovunque. “Si” esalò lei, ma aveva già dimenticato la domanda. “Io-”

    Fu una buona cosa che lui gemette e le coprì di nuovo la bocca con la sua, perché lei non aveva la minima idea di cosa stesse per dire. Solo che sarebbe stata probabilmente una massa balbettante di incoerenza. Lui la fece sciogliere con il suo bacio, le mani che abbandonarono la ricerca delle sue parti femminili per afferrarle i fianchi e angolarla contro le spinte intense del suo cazzo coperto dal denim. “Devo assaggiarti” mormorò lui tra i baci. “Devo sapere di cosa sa la purezza”

    “Oh Dio”

    “Voglio affondare la mia lingua in quella fica. Assicurarmi che nessun altro ti abbia avuta prima”

    “Oh Dio.”

    Spike si tirò indietro, gli occhi brillanti. “Sei bloccata a ripetere?”

    “Non ne ho idea” rispose lei onestamente, senza mezzi termini, la mente annebbiata. “Dio, sto bruciando”

    “Lo dirò maledettamente io” Con un ultimo affamato bacio, si tirò indietro di scatto e la spinse all'indietro fino a che le sue gambe colpirono il materasso. Fu su di lei di nuovo il secondo in cui cadde, coprendole il corpo col suo, facendo correre le mani su per il suo addome fino a che ebbe un monticello di seno-di-Buffy in ogni palmo. “Queste sono mie” ringhiò, succhiandole uno dei capezzoli attraverso la sua sottile camiciola. “Nessuno le tocca”

    “Nessuno. Oh Dio”

    Lui ghignò di soddisfazione, e prima che lei potesse ammiccare, aria fredda le toccò la pelle e la sua camiciola non ci fu più. “Bene” disse lui facendo le fusa, la lingua le stuzzicava la pelle sensibile con un delizioso ringhio. “Sei così fottutamente perfetta”

    “Perfetta?”

    “La mia perfetta, bollente piccola cacciatrice” Le sue labbra si mossero lungo la valle tra i seni, le mani stringevano a pugno la cintura dei pantaloni di flanella. “Ti darò una bella occhiata ora” Sfiorò con un altro bacio il lato di uno dei suoi seni, la lingua schioccò fuori per un breve assaggio. “Mia cacciatrice”

    La possessività nel suo tono la rese solo più bollente. Buffy piagnucolò e annuì con foga, alzando i fianchi mentre lui le toglieva la stoffa lungo le gambe. E poi, per la prima volta nella sua vita, fu sdraiata completamente nuda di fronte ad un uomo. Un uomo il cui cazzo aveva assaggiato. Un uomo i cui baci ancora le bruciavano le labbra. Un uomo che era suo nemico.

    Il suo nemico...

    “Mio Dio”

    C'era qualcosa nella voce di Spike che la scuoteva all'interno. Buffy tremò e alzò gli occhi proprio mentre il retro delle sue nocche le sfiorava la pelle nuda. Stava fissando la sua fica come un uomo posseduto, gli occhi roventi di lussuria. “Buffy...” mormorò. “Tu...”

    Lei arrossì brillantemente quando vide cosa lui stava osservando. “Gonne corte. Calci alti” spiegò in fretta. “Io... sai, solo sembrava - “

    “Così bella”

    Buffy si fermò e arcuò un sopracciglio. “E' bella? Beh... questo è... questo è, umm, carino, ma non ho mai-”

    Lo sguardo di Spike guizzò verso l'alto, gli occhi accesi la inghiottirono per intero. “Credimi, amore” mormorò. “E' bella. Sexy come l'inferno, anche”

    “E per qualche ragione, meno costosa di una semplici ceretta bikini” La sua pelle stava letteralmente per prendere fuoco se fosse diventata ancora più bollente. “Davvero ti piace...?”

    Lui ghignò e strofinò la guancia contro la sua fica senza peli. “Così morbida. Così maledettamente dolce. Sai altrettanto di dolce così come odori?”

    “Spike...”

    “Scopriamolo”

    Poi, senza cerimonie, affondò la lingua nel profondo dentro di lei, e il mondo intorno si dissolse in una marea di colori. Scintille le esplosero sulla pelle, mentre un gemito inumano le si strappava dalla gola. Il suo corpo era in fiamme, il sangue ribolliva di un'esaltazione così pura che doveva essere illegale. E prima che sapesse cosa stava facendo, le sue cosce si chiusero attorno al suo viso, i fianchi sgropparono in alto per convincere la sua lingua ad andarle più a fondo nella fica. “Oh mio Dio!” ansimò. “Oh mio Dio!”

    “Mmm...” Spike fece le fusa, sorridendo di un ghigno puramente cattivo, la lingua demoniaca che si ritirava dalla sua dolonte apertura bagnata prima di affondarci ancora. “Lo prendo come se avessi ragione? Nessun altro ti ha avuta qui?”

    “Spike... oh Dio, per favore!”

    Se altro, il suo ghigno divenne più grande, la sua mano sinistra le scivolò sopra il fianco. “Ti piace questo, piccola?” mormorò, tirandosi indietro appena leggermente e leccandosi le labbra. “Cazzo, sai di buono”

    Il suo viso era in fiamme. “Io.. davvero?”

    Spike grugnì ma non rispose, piuttosto andò ancora più a fondo con la lingua dentro di lei, il pollice che si sistemava sulla sua clitoride. “Ho ragione, vero?” ringhiò, massaggiandola gentilmente, gli occhi che scorrevano lungo la lunghezza del suo corpo che si contorceva fino a che i loro sguardi si bloccarono. “Nessuno ti ha mai fatto questo prima”

    Di nuovo, lei dovette chiedersi se lui davvero si aspettasse una risposta coerente. D'altra parte, la risposta che le rotolò fuori dalle labbra non era in un linguaggio che conosceva. Supponeva di doversi considerare fortunata che Spike fosse fluente in aggrovigliati, incomprensibili gemiti di piacere. Fortunata e molto, molto gelosa. Aveva imposto il suo marchio su di lei, ma dopo che tutto questo fosse finito lui si sarebbe svegliato con un'altra donna al suo fianco.

    Questo non era tutto suo. Spike aveva preso possesso del suo corpo e, nonostante la logica, stava ottenendo anche la strada nel suo cuore. E la consapevolezza era abbastanza da ucciderla, perché sapeva, nonostante quello che condividevano, che non sarebbe mai stato suo. Stava con lei solo per passare il tempo. E Dio, si odiava così tanto perché se ne preoccupava. Perché pensava a cosa sarebbe accaduto nelle ore in cui non erano insieme. Perché sapeva, una volta che avesse lasciato qui, che la parte di lei era che stata divisa prima che arrivasse stanotte non sarebbe più stata in discussione. Anche con la brutalità a cui lui l'aveva sottoposta la notte prima, la dolcezza che le aveva mostrato dopo – associato al modo in cui la sua bocca stava facendo l'amore con lei ora – lo avevano assolto da ogni male nel suo cuore. E non gliene importava niente di cosa quello la rendesse. Di quanto fosse malato. Di quanto fosse sbagliato. Non le importava. Non adesso. La parte di lei che voleva così disperatamente odiarlo era morta, e la sola cosa rimasta da fare era aspettare fino a quando il suo cuore fosse bello e rotto.

    Spike era un vampiro prima ai suoi occhi. Lui odiava questa cosa tra di loro. La odiava così tanto. E anche se la sua bocca la stava toccando adesso con adulazione, sapeva quanto questa tenerezza lo dovesse offendere. Tenerezza per lei. Tenerezza che normalmente riservava per un'altra.

    Questo non era permanente, ma aveva lasciato un marchio permanente. Tutto quello che riusciva a fare era goderselo ora e sperare che non facesse troppo male quando avrebbe ricordato chi era, e quanto facile sarebbe stato ucciderla adesso.

    Buffy aspirò un sospiro e gemette il suo nome ad alta voce, i fianchi che si inarcavano sopra il letto mentre la sua lingua le affondava di nuovo nella fica. Le cose che le faceva... nessuno avrebbe mai dovuto toccarla in quel modo. Nessuno. Sarebbe strisciato dentro la sua pelle e si sarebbe messo a proprio agio. La sua vita non sarebbe mai più stata la stessa.

    “Maledetto inferno” respirò Spike in lei, la sua lingua le leccava la fessura, inghiottendola con gli occhi quando urlò di nuovo. “Sai di divino”

    Quella era la seconda volta che si riferiva al suo gusto. L'idea che avesse anche un gusto distintivo le fece sciogliere via la pelle dalle ossa con una strana combinazione di umiliazione ed intrigo. Tuttavia, per il modo in cui lui stava succhiando i suoi succhi come un uomo affamato, decise che avrebbe potuto avere il suo gusto cosiddetto divino quanto voleva. “Io...oh... oh mio... Spike...”

    “Nessun altro assaggia questa fica” ringhiò lui, il pollice che le massaggiava la clitoride in piccoli cerchi prima di sospirare in concessione e liberarla per fare spazio alla sua bocca. E il secondo in cui la sua perla gonfia fu succhiata tra le sue labbra, un urlo sfrenato da donna toccò l'aria in una voce che lei a mala pena riconobbe come sua. “Nessuno, Buffy”

    “Unnnhg!”

    “Angel pensa anche solo ad avvicinarsi così a te, e il segaiolo è polvere. Capito?” La sua lingua si abbandonò a lunghe, sensuali leccate della sua torturata clitoride, due dita che le scivolavano tra le labbra della fica e gentilmente spingevano dentro di lei. E Dio, la sensazione composita la stava distruggendo completamente. “Questo miele è mio”

    Lei voleva stabilire che se Angel non avrebbe potuto avvicinarsi a lei allora anche la vampira-puttana di Spke era allo stesso modo off-limits. Ma quelle parole non vennero; annuì invece, soffocando un singhiozzo e spinse la fica contro la sua bocca, spingendo le sue dita ancora più a fondo in lei.

    “Sei così maledettamente stretta” mormorò Spike tra i colpi della sua lingua. “Non vedo l'ora di sentirti attorno a me. Che mi inghiottisci. Che mi bruci così bene”

    “Oh Dio”

    Era disperata dal mantenere gli occhi su di lui – assuefatta, com'era, alla vista del suo viso meraviglioso seppellito tra le sue gambe. E ora era quasi convinta che fosse reale – o reale quanto lo permetta un sogno – il pensiero che lui le stesse veramente leccando la carne proibita e bevendo i suoi succhi femminili era quasi troppo da trattare. Anche alla vetta della popolarità, Buffy non si era mai vista come il tipo di ragazza a cui i ragazzi avrebbero voluto fare questo; aveva ascoltato con invidia le amiche ai tempi della Hemery mentre discutevano degli intervalli lascivi che si erano godute con i rispettivi ragazzi, senza mai pensare che sarebbe capitato a lei. Neanche quando aveva incontrato Angel. Ora Spike la stava succhiando così forte che era sicura avrebbe preso fuoco. Che non ci sarebbe rimasto niente di lei dopo questo.

    “Mi lascerai entrare qui, vero, Cacciatrice?” mormorò Spike, liberandole la clitoride con una leccata d'addio, le dita che scivolavano fuori dal suo buco dolente mentre la sua lingua affondava di nuovo dentro di lei. “Avvolgerai questa deliziosa carne attorno al mio cazzo. Sia qui dentro che lì fuori. Avrò bisogno di assaggiare ogni centimetro di te”

    L'idea da sola la fece singhiozzare. Avrebbe lasciato che la avesse; sapeva che l'avrebbe fatto. Ma questo l'avrebbe rovinata per chiunque altro, e tutto troppo presto lui sarebbe tornato di corsa da quella che veramente voleva e lei sarebbe rimasta a prendersi cura di un cuore a pezzi.

    Questo era accaduto troppo in fretta. Si era persa troppo dannatamente in fretta.

    “Lascerai che ti scopi, Buffy?” disse lui con voce roca, la spinta fissa della lingua dentro e fuori dalla sua fica e il modo in cui le dita giocavano con la sua clitoride l'avvicinavano pericolosamente all'orgasmo buttando giù i muri attorno a lei. “Mi lascerai mostrarti quanto può essere bello? Lascerai che ti renda mia? Completamente mia?”

    Dio, lo era già. Non l'aveva già provato questo?

    “Voglio scoparti così tanto. Ho bisogno di sentire questa deliziosa fica sul mio cazzo. Stringermi fino a che maledettamente scoppio” Le pizzicò la clitoride e succhiò forte la sua apertura, gli occhi brillanti di ogni urlo che le erompeva dalla gola. “Così meravigliosa, sei. Così maledettamente meravigliosa”

    “Spike... Io...” Tremò così forte che quasi pianse, le sue cellule si combinarono più vicino sull'ambiguo limite di qualcosa che non aveva mai sentito prima. Le figure si sfocarono attorno a lei prima che i suoi occhi vennero accecati dal bianco, i nervi frementi e l'estasi. “Io... oh...”

    “Vieni per me, piccola” le ordinò lui con voce roca, strofinandole la clitoride così velocemente che lei immaginò potesse rompersi. “Vieni sulla mia lingua. Inzuppami per bene”

    Poi, senza avviso, le ossa della sua faccia cambiarono e lui immerse la sua lingua demoniaca così a fondo dentro di lei, che lei vide le proverbiali stelle. E fu quello; Buffy buttò la testa all'indietro e fece un ritornello del suo nome, i fianchi che spingevano pazzamente sopra il materasso. Il suo corpo sfrigolò ed esplose, immerso così a fondo in onde di piacere senza fine che stava ansimando in semplici secondi in memoria di come respirare. Durò un'eternità ma fu finito troppo presto. Sentì Spike succhiarle la fica, sentì le sue dita muoversi sopra la sua clitoride viscida e sensibile, e quasi gridò per un dolore mischiato a piacere. Sudore le si allineò sulla fronte e il torace le faceva male per il peso violento dei suoi ansiti. E nel tempo in cui il mondo le tornò, era stordita dalle sensazioni.

    Spike rimase dov'era, appoggiando la guancia contro il suo stomaco e facendo correre gentilmente le dita tra le labbra della sua fica – toccandola ma non. Raffreddando le fiamme che aveva acceso nel suo corpo, ma continuando nello stesso tempo a tenerla pericolosamente vicina al punto di ebollizione.

    Era persa. Dio, era così persa per lui.

    Era un mondo crudele quello che l'aspettava oltre il sogno. Adesso, ci voleva tutto quello che aveva per trattenersi dallo sciogliersi in un caos di lacrime. Se altro, aveva bisogno di tenersi insieme per proteggersi dal morso beffardo della sua lingua spietata. Dovesse mai Spike scoprire quanto con esattezza lei gli appartenesse, avrebbe usato l'informazione per ridurla fino a quando non fosse rimasto niente. Fino a quando la tacca che voleva sulla sua cintura fosse fermamente al suo posto. Fino a quando lei fosse stata nient'altro che un nome in un Diario di Osservatore – un avvertimento storico per la futura generazione di cacciatrici.

    Buffy tremò forte e implorò l'universo per la forza. Ci avrebbe pianto sopra tutta la mattina. Solo non ora.

    Per favore non ora.

    “Non so cosa sia questo, Cacciatrice” mormorò Spike, colpendo il silenzio e sfiorandole con un piccolo, tenero bacio lo stomaco. “Mi sta o uccidendo o portando alla vita... e cazzo se so quale dei due”

    Lei intrecciò le dita tra i suoi capelli e sospirò, non dicendo niente.

    Se avesse parlato, si sarebbe tradita.

    Anche più di quanto avesse già fatto.


    TBC :woot:

    Edited by strawberry85 - 9/7/2012, 17:33
     
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    Capitolo IV

    Niente nella sua vita era normale. Niente. Non la sua scuola, non il suo lavoro, non i suoi amici – diavolo, poteva provare, e anche sua madre sarebbe stata molto non normale. Niente nella sua vita si adattava al disegno di una normale teenager. Quindi non era poi così sorprendente quando un vecchio per-così-dire-amico si trasformava in un cattivo del tipo voglio-vivere-per-sempre senza coscienza e doppiogiochista. Lui voleva così tanto essere immortale che l'aveva sul serio rintracciata e aveva fatto un patto con il diavolo dietro le sue spalle. Un patto che l'avrebbe resa davvero molto morta e avrebbe assicurato al corpo di lui di continuare a camminare, senza preoccuparsi dell'incarnazione.
    Buffy doveva ancora decidere se era stata o meno fortunata che Ford avesse deciso di andare da Spike. La giuria non aveva ancora molto deciso. Anche adesso, seduta sul bordo del suo letto, gli eventi della nottata che si ripetevano continuamente, non riusciva a decidere se era grata che fosse di Spike il viso che aveva fissato quella notte.

    Più tardi, era stato molto chiaro che Spike non aveva avuto occhi che per lei. Infatti, la corrente elettrica che le aveva attraversato il corpo il secondo in cui i loro sguardi coincisero le faceva ancora tremare le ossa e ronzare la pelle per la felicità. Dal secondo in cui lui si era precipitato dentro, tutti gli altri attorno a loro erano sfumati via, e c'erano solo lui e lei. Solo Spike e Buffy.

    E quando avrebbe chiuso gli occhi quella notte, lui sarebbe stato lì. Spike sarebbe stato lì. Ad aspettarla.

    Spike era arrivato abbastanza vicino ad ucciderla stanotte, ma non l'aveva fatto. Non l'aveva uccisa quando avrebbe potuto. L'aveva guardata davvero molto come un predatore, e non come l'appassionato amante che l'accarezzava la notte. Nient'affatto come l'uomo il cui tocco etereo la seguiva ad ogni passo. E tuttavia, non c'era una parte di lei che non aveva tremato al pensiero di cosa l'aspettava una volta che il sonno si fosse sistemato su di lei.

    Tutto era una macchia confusa. Tutto quello che Buffy aveva saputo per certo era che un secondo, Ford era stato dietro di lei, cercando di metterla fuori gioco con un piede di porco sulla testa. Il successivo un'esplosione faceva tremare il bunker e improvvisamente veniva circondata da un gruppo di vampiri dalle zanne facili.

    L'interruzione non aveva affatto rallentato Ford. Aveva a mala pena ammiccato. Il banchetto sugli idioti-in-divenire stava per cominciare, e lei non poteva fermarlo perché le sue mani erano state legate da un pazzo umano con niente da perdere. Era il tipo di ansia che avrebbe potuto stimolare le menti più deboli in una lotta di inspiegabile volontà e forza – e sebbene il vantaggio bizzarro di Ford fosse dovuto più all'elemento sorpresa, la faceva ancora tremare il fatto che non fosse stata in grado di metterlo a terra.

    Forse perché era umano e lei non era solita avere a che fare con gli umani cattivi. In più quando aveva avuto il piede di porco inarcato verso l'alto sopra la testa, e i suoi occhi avevano brillato di disperazione folle che avrebbe reso assassini tra i santi, la mente le si era azzerata. Regalmente azzerata.

    Buffy sapeva, logicamente, che avrebbe dovuto rotolare via o calciare Ford nello stomaco o fare qualcosa di anche lontanamente simile al difendersi – all'ultimo secondo. L'aveva fatto. Il recupero era una parte enorme del combattimento, e certe concessioni dovevano essere fatte quando cambatti qualcuno che era solito essere tuo amico. Qualcuno per cui eri solito avere una cotta. Tuttavia, anche sapere che avrebbe rotolato al sicuro sui suoi piedi con noncuranza, non rese meno degno di brividi il ringhio possessivo che venne lanciato nell'aria. La cosa successiva che sapeva era che Ford era scomparso, atterrato da un furioso vampiro.

    “Tu non la tocchi!” aveva gridato Spike, trascinando il ragazzo in piedi e lanciandolo forte contro la più vicina partizione. “Come osi toccarla!”

    Lei sarebbe dovuta essere commossa non fosse stata così scossa. Ma non aveva avuto abbastanza tempo per rimuginarci sopra – Spike aveva dimenticato Ford il secondo in cui l'aspirante cattivo aveva perso i sensi, e invece aveva voltato i suoi occhi gialli su di lei.

    Non c'era tempo per quello comunque. Non c'era tempo per considerare quanto lei amasse cosa quella bocca le aveva fatto dopo che il mondo si era addormentato – c'erano delle persone da salvare. Stupide, persone stupide, ma ciò nonostante persone. Buffy aveva sbattuto appena gli occhi – era balzata su di lui, pugni roteanti, gambe calcianti. Tutto aveva seguito l'istinto, il ricoscimento del dolore completamente tenuto fuori. Sapeva che lui la stava colpendo – che le sue zanne erano vicine alla sua gola e non sarebbe stato un errore se lui le avesse graffiato la pelle.

    La parte logica del suo cervello le aveva urlato che lui non avrebbe esitato ad ucciderla. La donna guidata dall'emozione non era stata così sicura. Infatti, la donna guidata dall'emozione si era presa le sue soddisfazioni spingendo i fianchi contro quelli di Spike ad ogni opportunità, godendosi il modo in cui i suoi occhi si erano spalancati e le sue labbra si erano curvate in un ghigno prima che spingesse in risposta.

    E in quel modo, la realtà era sfumata via. Improvvisamente non era affatto in un bunker; era contro il muro nel loro hotel condiviso. Il posto in cui si incontravano ogni notte. Stava guardando negli occhi dello Spike del Sogno, solo con il brivido aggiunto che fosse reale. Era un sogno che prendeva vita. Stava vivendo la sua fantasia – catturata nelle acque oscure tra illusione e realtà.

    Poi le sue mani le erano scivolate sotto le cosce, e si erano mossi insieme contro il muro più vicino. Buffy si era tesa ed inarcata contro il corpo duro di Spike, piagnucolando disperatamente mentre lui le aveva schiacciato il suo cazzo duro contro il centro dolente. Non aveva saputo quando i ringhi da predatore che gli rimbombavano nella gola fossero diventati piccoli ringhi di piacere, o quando la rabbia era deflutiva dai suoi occhi, lasciandola sola sotto il peso di pura smania. Tutto quello che aveva saputo – in quel momento – era che era reale. Questo era qualcosa al di fuori dei sogni. Questo era Spike nel Mondo Reale. Spike nel Mondo Reale stava strofinando il cuo cazzo contro la sua fica. Spike nel Mondo Reale l'aveva intrappolata tra se stesso e un muro, e le stava facendo cose senza toccarla – cose che molto velocemente l'avrebbero fatta urlare per qualcosa che di sicuro non era terrore o dolore.

    Supponendo, naturalmente, che gli Scoobies non fossero apparsi. Cosa che fecero. Gli Scoobies, più un osservatore e un vampiro con l'anima. E poi il mondo era tornato indietro ruzzolando, e Buffy fu colpita da una forte dose di realtà. Ricordò allora dov'era – e cosa stesse facendo. Più importante, cosa non stesse facendo. Gli aspiranti stavano diventando stuzzichini per vampiri e lei stava permettendo al capobanda di strofinarsi su di lei contro un muro. Stava permettendo a Spike di spingerla vicino ad un orgasmo imbarazzantemente grande mentre la gente attorno a lei sanguinava.

    Spike era tornato se stesso quasi nello stesso esatto minuto. Le ombre di aspirante tenerezza che gli avevano chiazzato gli occhi erano svanite altrettanto velocemente, rimpizzate da un urlo furioso mentre la buttava con fredda a terra.

    Quello era avvenuto ore prima, e il suo corpo stava ancora fremendo. Tutti i sui fan – Ford incluso – erano andati via con le loro vite. Angel l'aveva interrogata riguardo cosa era accaduto con Spike, ma lei non aveva nessuna risposta. A mala pena lei stessa sapeva cos'era successo.

    La sua mente era confusa. Il resto di lei era solo terrorizzato.

    Terrorizzato e davvero molto eccitato.

    Se questi sogni non smettevano di confonderle la realtà, si sarebbe fatta uccidere. Se stessa o qualcun altro.

    Forse era ora di parlare con Giles. Forse.

    Solo che non ne aveva la forza. Non stanotte. Non voleva pensare più stanotte.

    Voleva solo riposare.


    *~*~*


    Convinzione che svanì il secondo in cui i loro cocchi si incontrarono. Calore le avvampò sulla pelle, persuadendo il fuoco che aveva iniziato solo alcune ore prima in un inferno violento. Tutto il bisogno di razionalità – di logica – svanì in un macchia confusa di vorace lussuria. Sapeva solo che aveva bisogno di lui. Moltissimo. E adesso.

    Un piagnucolio accentuò la sua voce e si svelò nell'aria, saporito con raucedine che aveva pensato solo donne di mondo ed esperte avrebbero potuto replicare. Era sia straniero che familiare. Sia un conforto che un brivido. Non era lei ma non sarebbe potuto essere nessun altro. Era Buffy personificata – bloccata tra realtà e fantasia.

    Adesso, era nel sogno, e aveva bisogno di lui.

    “Spike...”

    Il ringhio di risposta del suo vampiro la rese solo più bollente. Il suo torace le venne premuto contro i seni nell'istante successivo, le sue mani forti strette attorno alla parte superiore delle braccia. Un roco, “Ho bisogno di te”, mormorato sulla sua pelle proprio prima che lui schiacciasse le labbra sulle sue. E Dio, come ci si aspettava che lei volesse il bene quando peccare era così delizioso? Lui la consumava senza provare, la sua lingua le esplorava le labbra in un modo che prometteva di compromettere tutti i suoi segreti, la bocca si muoveva contro la sua come se stesse recitando poesia. Stava facendo un'opera del suo corpo, e lei era incapace di non seguire il suo comando.

    “Così maledettamente bollente, sei” ringhiò lui, liberandola solo abbastanza per trasformare la sua camicia da notte in due pezzi rovinati di tessuto. Mentre era stata insopportabilmente a disagio sotto i suoi occhi solo notti prima, Buffy si ritrovò a spingere i seni nelle sue mani in attesa, trattenendo un lungo gemito quando le punte delle sue dita le pizzicarono i capezzoli. Poi la sua bocca fu al suo orecchio, le fredde vibrazioni della sua voce che la scuotevano fino al centro. “Volevo scoparti così tanto stanotte”

    Le ginocchia di Buffy quasi si piegarono. “Oh Dio”

    “Mi hai fatto dimenticare di me stesso. Mi hai fatto dimenticare perché ero lì” La sua testa si tuffò ancora, premendole una serie di baci bollenti lungo la gola e sopra la pelle fino a quando la sua bocca si avvolse attorno ad uno dei suoi seni, stuzzicandola senza fingere pietà. La sua mano sinistra le cadde tra le gambe, le dita che le danzavano lungo il fianco con tocchi leggeri come piuma che tradivano il suo scopo. “Separa le tue gambe per me, piccola”

    Buffy buttò la testa all'indietro e obbedì senza pensare. “Per favore” boccheggiò. “Ho bisogno...”

    “Oooh, niente mutande?” scherzò lui, gli occhi illuminati. “Cattiva ragazza”

    Lei annuì con urgenza e gracchiò un altro, “Bisogno” con una voce che difficilmente sembrava come sua.

    “So di cosa hai bisogno” ringhiò Spike, mordicchiandole la bocca, allargandole le labbra della fica. “Stai solo implorando per averlo”

    “Oh Dio!”

    Lui si tirò indietro, gli occhi brillanti che assorbivano il suo viso in fiamme. “Se vuoi ricevere, amore” disse facendo le fusa, toccandole la clitoride con il dito indice, uno strano ghigno gli allungava le labbra al lamento che ricevette in risposta da lei. “Devi dare”

    Le mani di lei volarono immediatamente alla fibbia dei suoi jeans, tirando rapidamente per liberare la cinta e strattonando la lampo con un fervore che l'avrebbe imbarazzata se gliene fosse importato qualcosa. Non era così - l'unica cosa che le importava era il fatto che il grosso cazzo di Spike era nella sua mano, e ora avrebbe potuto provare a farlo ansimare e gemere e far si che la volesse quanto lei voleva lui.

    Avrebbe potuto farglielo amare abbastanza – queste ore rubate tra la notte e il giorno. Avrebbe potuto fargli amare questo. Gliel'avrebbe mostrato. Gli avrebbe mostrato che lei era molto migliore della zappa-vampira che divideva il suo letto quando non erano insieme.

    Avrebbe. Avrebbe.

    “Per l'inferno maledetto” ansimò Spike, la fronte che cadeva sulla sua spalla. “Buffy...”

    Buffy si fermò poi con un cipiglio, la mano che cessava i suoi movimenti. Qualcosa non andava. Questo non era giusto. Aveva bisogno di qualcos'altro.

    La testa del vampiro saltò su. “Maledetta civetta”

    “La tua maglietta” spiegò lei velocemente. “Via”

    Lui gelò e alzò un sopracciglio. “Via?”

    “E i tuoi jeans”

    “Tu mi vuoi...”

    La sua pelle prese fuoco, ma non le importò. Sapeva cosa voleva; Spike le stava dando sempre più sicurezza di sé per chiedere cosa voleva. “Si”

    Un ghigno totalmente illegale gli allungò le labbra. “Ooh, cos'è questo?” disse lentamente Spike, facendo correre una mano lungo il suo torace fino a che la punta delle sue dita stava massaggiando leggermente la base del suo cazzo. “La Cacciatrice vuole occhieggiare il mio corpo sexy?”

    Per il fiume che la allagava tra le cosce, fu stupita che fosse in grado di rimanere in piedi. O di ricordare come camminare. E anche se l'ultima cosa di cui lui aveva bisogno era un aumento di ego, Buffy si ritrovò ciò nonostante ad annuire. “Si. Se io sono nuda, devi essere nudo anche tu. Questo è un sogno nudo. Lo giudico un sogno nudo”

    “Beh, certamente” Lui le fece l'occhiolino e raggiunse il bordo della sua t-shirt, fermandosi a scorrere la lingua sui denti nel modo in cui sapeva ora che la mandava fuori di testa. “Non voglio infrangere le regole”

    “Assolutamente” concordò Buffy senza fiato. E poi la sua voce l'abbandonò. Spike era in piedi di fronte a lei nudo. Completamente nudo. Non erano mai stati del tutto nudi insieme prima, e l'intimità del momento la portò quasi in ginocchio. Era una grande mossa per lei – una mossa molto grande. Non sapeva se lui avrebbe capito o se gli fosse importato quanto grande fosse quella mossa, quindi se lo tenne per sé. Solo lei scossa dal significato dell'essere nuda con un uomo per la prima volta. L'ultimo stadio prima dei riti di passaggio che si accumulavano velocemente e attraversavano il limite che la separava dall'adolescenza all'essere donna. Un limite che era sempre più certa che volesse oltrepassare con Spike, non importa quanto fosse sbagliato. “Queste regole sono... molto... ummmm...”

    “Importanti?”

    “Si. Quella parola”

    Il ghigno di Spike si allargò e allungò le braccia, scoprendosi orgogliosamente al suo sguardo apprezzante. “Beh, eccomi qui” disse facendo le fusa. “Ti piace quello che vedi?”

    Piacere non iniziava neanche a coprirlo. Buffy era senza fiato, terrorizzata, e oltre modo eccitata. Spike era, in una parola, un capolavoro. Il tipo di uomo che non esiste tranne che sulle copertine dei romanzi e nelle pagine centrali di Playgirl. Il tipo di uomo che era sempre al braccio di una modella potente in un minuscolo bikini; non con lei. Non con la normale-tranne-che-per-la-cosa-della-caccia Buffy Summers. Dalla lastra di marmo da cui era stato intagliato il suo torace ai muscoli nodosi nelle sue braccia allo stomaco piatto attira baci e tonico giusto prima della orgogliosa sporgenza del suo cazzo... si, era piuttosto molto perfetto.

    Ma non avrebbe potuto dirglielo, e non poteva mantenersi in silenzio. Decise per qualcosa nel mezzo, ma tutto quello che venne fuori fu, “Buahh...”

    Spike sogghignò e si stiracchiò, chiaramente godendosi ogni secondo. Sapeva che avrebbe dovuto smettere prima che la sua testa diventasse così grande da farlo volare via dalla stanza, ma Dio, non poteva fermarsi. Il suo momento quasi chiave stava venendo condiviso con un dio greco. Chi sano di mente avrebbe potuto biasimarla?

    “Vuoi provare di nuovo?” domandò lui scherzosamente.

    “Io-ummm... non ti calcerei via dal letto per mangiare crackers, questo è dannatamente certo”

    Gli occhi di Spike guizzarono e lui fece un passo in avanti, improvvisamente di nuovo molto vicino, la punta del suo cazzo che le sfiorava lo stomaco. “Ti posso assicurare, Cacciatrice” mormorò lui, sospirando quando la mano di lei si avvolse di nuovo attorno al suo cazzo, “quando sono a letto con te, crackers sono l'ultima cosa che mangerò”

    “Spike!”

    “E urlerai molto anche questo” disse strascicando le parole, sfiorandole con un bacio sorprendentemente dolce le labbra. “Una tale piccola bollente mano. Accarezzami più forte, passerotto. È così maledettamente bello...”

    “In questo modo?” replicò lei senza fiato, la piccola mano che pompava la sua dura lunghezza a tempo con gli ansiti che gli rotolavano fuori dal torace. Nonostante l'entusiasmo intrinseco nelle sue parole, la parte più grande di lei era nascosta sotto le insicurezze da vergine. “Io... io non...”

    “Così è perfetto, cioé. Sei così bollente. Così dannatamente bollente” Le sfiorò con le labbra il mento con qualcosa che sembrava essere tenerezza, gli occhi luminosi voltati verso l'alto. “Non ho mai pensato che qualcuno potesse essere caldo come te”

    La pelle di Buffy arrossì. “Spike...”

    “E' così bello. Proprio così. Accarezzami proprio così”

    Fece come le chiedeva. Dio, avrebbe fatto qualsiasi cosa avesse chiesto. Non voleva mai smettere di toccarlo; non con i suoi occhi lucidi e le labbra che le baciavano sonetti sopra la pelle. Non con questi preziosi momenti con lui isolati nel piacere e nel calore – in qualcosa che avrebbe potuto fingere fosse tenerezza fino a quando la dura luce del giorno le avrebbe servito la proverbiale secchiata di acqua fredda. Fino a quando avesse dovuto tornare indietro alla sua vita e fronteggiare i freddi fatti della realtà.

    “Voglio scoparti così tanto” mormorò Spike, mordicchiandole l'orecchio, le dita che scivolavano tra le labbra della sua fica ancora una volta, catturandole la clitoride e massaggiandola con una combinazione di passione e tenerezza che lei non sapeva esistesse. “Hai una qualche idea di quello che mi hai fatto stanotte? Come è stato avere le tue gambe attorno a me? Sapere che eri tu? Sapere che... che era reale?”

    Buffy boccheggiò, la mano che si stringeva attorno al suo cazzo. A dire la verità, non voleva pensare a quello che era successo nel bunker – per non essere costretta in una spirale verso il basso di auto-esaminazione – ma il ricordo di lui premuto intimamente contro di lei era abbastanza da scacciare via del tutto le sue convinzioni.

    Sfortunatamente, Spike o non colse la sua riluttanza a riflettere su quello che era successo stanotte o non gliene importava. Si tirò indietro lentamente, gli occhi scintillanti che la consumavano interamente. “Lo volevi anche tu, vero, gattina?” domandò. “Non puoi mentirmi. Il tuo odore... eri dannatamente zuppa. Così bollente e pronta per me. Volevi il mio cazzo dentro la tua stretta fichetta, vero? E quando sei arrivata a casa... non vedevi l'ora di addormentarti. Non vedevi l'ora di essere qui così che potessimo fare questo”

    Lei amava e odiava contemporaneamente la verità nelle sue parole. Non c'era nessun posto dove nascondersi qui; Spike vedeva attraverso ogni sguardo distolto. “Spike...”

    “Dimmi che mi vuoi” mormorò lui.

    Davvero non avrebbe lasciato stare fino a quando non avesse avuto la sua dignità in un vasetto, vero? Buffy piagnucolò, la testa che cadeva sul suo torace dove la bocca velocemente si occupò bagnando la sua pelle eccezionale di baci affamati. “Spike...” respirò ancora lei, i denti che scivolavano sopra uno dei suoi capezzoli. “Dio...”

    “Dimmi che ami questo” mormorò lui. “Dimmi che ami cosa ti faccio. Dimmi che vivi per sognare...”

    Buffy offrì un cenno convulso, la bocca affondante per impulso sulla sua. Dio, amava il sapore dei suoi baci. Il modo in cui gemeva e si scioglieva in lei – il modo in cui la sua lingua danzava con la propria mentre le labbra si muovevano insieme. La baciava come se stesse morendo di fame, e lei fosse l'unica a poter spegnere la sua sete.

    “Si” urlò lei nella sua bocca, ignorando la protesta della sua coscienza. “Oh, si...”

    Lui ringhiò e le morse il labbro inferiore, le mani che le si chiudevano di nuovo attorno alla parte alta della braccia mentre la trascinava verso il letto. Poi lei fu sulla schiena, distesa davanti a lui con le gambe allargate e la sua fica bagnata dolente per il desiderio. Il suo cuore tuonava e il sangue correva veloce. Dal modo in cui la considerò, la mano che pompava la lunghezza del suo cazzo mentre gli occhi lucidi scorrevano sopra il suo corpo, lei sapeva a cosa stesse pensando. Dio, lei voleva quello che lui stava pensando. Voleva sapere com'era avere un uomo dentro di lei; avere Spike dentro di lei. Voleva spingersi oltre quella soglia finale. Lo voleva – ma Dio, la parte di lei che era terrorizzata e ancora molto una bambina non riusciva a conciliare richieste e desideri da donna. Non ora. Non con facilità.

    Specialmente con le cose così confuse.

    “Cazzo, se non sei meravigliosa” borbottò Spike. “Una tale bella fica. Tutta rosa e bagnata...”

    “Spike-”

    “Così maledettamente bagnata per me”

    “Spike... Io... non penso... non posso... con l'effettivo... ummm” Buffy arrossì forte, distogliendo velocemente gli occhi dal bagliore di delusione che gli attraversò il viso. “Io solo...”

    “Tu mi vuoi” ribatté lui.

    “Si. Ma abbiamo cercato di ucciderci l'un l'altro stanotte. Abbiamo-”

    Spike si accigliò, sporgendo il mento verso la porta della minacciosa camera di motel. La porta che conduceva in nessun posto. La porta che, per tutti gli intenti e gli scopi, serviva come un portellone per la fuga di sicurezza. “Lì fuori, si” concordò lui lentamente. “Ma-”

    E proprio così, l'illusione andò in frantumi. Buffy si spezzò internamente, fredda distruzione le infilzò le vene. Era così facile per lui, suppose lei. Facile per lui dividere in compartimenti la sua vita; quello che era qui dentro e quello che era lì fuori. Ma lei non riusciva a farlo. Non riusciva a fare sesso con Spike qui solo per averlo poi che cercava di ucciderla la prossima volta che si incontravano faccia a faccia. Non riusciva; l'avrebbe spezzata completamente.

    “Amore, nel caso non l'avessi notato, nessuno dei due è andato molto avanti”

    “Si, ma per quanto?” domandò lei, improvvisamente arrossata dall'imbarazzo che la fece allungare per prendere un cuscino dalla testa del letto. Spike non le impedì di coprirsi, e lei ne fu grata. Questa non era il tipo di conversazione che avrebbe potuto avere nuda. “Io non posso... Spike, non posso stare... con te qui e vivere con te che cerchi di rovinarmi là fuori. Non posso”

    “Cacciatrice-”

    “Ti svegli accanto a qualcun altro. Io no. Io non... Dio, da quando abbiamo iniziato... questo, non ho neanche guardato Angel-”

    Le narici di Spike si allargarono. “E farai meglio a non farlo”

    “Ma – è esattamente questo! Ti aspetti che io sia fedele a... qualsiasi diavolo questo sia quando tu non molto tempo fa urlavi quanto migliore sia qualsiasi-sia-il-suo-volto” Buffy si tirò a sedere sui gomiti secondo un impulso; vale a dire perché era difficile discutere con qualcuno mentre si è sdraiati nudi sulla schiena, coperti da un cuscino o no. Concesso che sedere la portava a livello d'occhio con il suo cazzo, il che faceva davvero poco per la sua risoluzione, ma riuscì ad ignorarlo. “Come... non so cosa stiamo facendo qui. Non lo so. Ma non posso dormire con te qui dentro e poi guardarti negli occhi domani quando cerchi di uccidermi. Non sono fatta così”

    “Non possiamo neanche essere certi che questo sia reale” ribatté debolmente Spike, sebbene qualcosa di nuovo gli fosse passato sul viso. Come se le sue parole avessero portato alla luce problemi che lui non aveva previsto, il che la faceva tentennare perché era tutto quello a cui lei riusciva a pensare. E faceva male pensare a quanto forte lei si torturasse; perché a lui neanche importava farle tali richieste mentre viveva come gli piaceva. “Non possiamo -”

    “Se non è reale... pensi che entrambi avremmo reagito l'uno all'altro così come abbiamo fatto stanotte?” chiese Buffy piano. “Voglio dire, sei eccitante, certo, ma non ho l'abitudine di saltare addosso ai miei nemici mentre la gente attorno a me sta venendo ferita”

    Spike arcuò un sopracciglio. “Quindi riguarda questo?”

    “Tutto riguarda questo! Non posso... come puoi chiedermi di rimanere fedele ad un sogno all'esterno se quello che facciamo non è reale? E si...” Alzò una mano, anticipando il suo argomento. “Lo so. Logica. Vampiri. Non mischiabili. Credimi, quel promemoria è davvero arrivato” Buffy fece una pausa. “E tuttavia... non è giusto. Non è giusto, Spike. Tu stai con... lei e io sono... sono solo qui. Mentre tu sei con lei. Ad aspettare di addormentarmi. Sperando che non mi uccidi così che possa continuare a vederti nei miei sogni. Hai idea di quello che questo mi sta facendo?”

    “Buffy... Io...”

    Dio, sembrava così combatutto. Così completamente combattuto. Combattuto tra il confortarla e l'urlare per la rabbia. Combattuto tra il prenderla tra le braccia e il ridere tanto da cacciarla dalla stanza. Combattuto tra così tante cose – nessuna delle quali avrebbe potuto esprimere. Infine, Spike sospirò e roteò le spalle all'indietro. “Io non... cazzo, io... non so cos'è questo”

    “Neanche io”

    “E onestamente, passerotto, non so se ci sia un modo in cui possa ucciderti ora. Voglio volerlo fare, ma no. Hai così tanto mandato all'aria la mia testa. Tutto quello che vedo ora sei tu” Deglutì forte, il dolore gli illuminava gli occhi. “E lo odio, ma lo amo anche. Amo sapere... che sei qui quando dormo. Non so cos'è questo”

    La vista di Buffy si offuscò con le lacrime che provenivano dal nulla, il sollievo le purificava il corpo. “Davvero?” piagnucolò lei. “Davvero, Spike?”

    Lui sorrise con scarso entusiasmo. “Si. Davvero”

    “Allora... Dio, non so” mormorò lei. “Non so più. Dobbiamo scoprire una volta per tutte se tutto questo è reale. Voglio dire... a questo punto, sono piuttosto dannazione certa che debba esserlo... ma dobbiamo... c'è un modo per farci un segnale l'un l'altro?”

    Spike inarcò un sopracciglio. “Non pensi che strofinarsi l'un l'altro serva come-”

    “Beh-”

    “Voglio dire, se vuoi provare questo di nuovo, maledettamente certo, non lasciare che ti fermi”

    Lei gli fece una smorfia. “No... non dovrebbe essere qualcosa... qualcosa così. Dovrebbe essere qualcosa... come una parola in codice? Forse una frase? O qualcosa. Qualcosa che tu e io non diremmo altrimenti. Non l'uno all'altro, comunque. E non mentre combattiamo, il che contempla che lo faremo”

    Lui ghignò dolcemente. “Sei maledettamente magnifica quando combatti”

    “Non cercare di cambiare il soggetto”

    “Non lo sto facendo. Sto solo affermando un fatto” Poi, impulsivamente, intrecciò le dita nei suoi capelli e tuffò la testa per catturarle le labbra, e la tenezza dietro il suo bacio determinò il destino del suo cuore. Se questo era reale allora lei apparteneva veramente a lui. Cuore, corpo, anima; tutto. La possedeva completamente. Non c'era ritorno da questo.

    “E cosa riguardo...”

    “Hard day’s night” suggerì Spike. Non aveva liberato la sua stretta su di lei, e lei non stava per chiedere di farlo.

    “La canzone dei Beatles?”

    Lui scrollò le spalle. “Sembra buona come qualsiasi altra cosa, giusto? A meno che ti ritieni il tipo che si lancia spontaneamente in un numero musicale nel bel mezzo di una lotta, il che, mentre potrebbe essere divertente, non sembra verosimile”

    Aveva ragione; lei aveva suggerito un codice e lui ne aveva fornito uno. Uno che non era probabile venisse fuori in nessun altro contesto. E se ciò fosse stato, avrebbero potuto discutere un altro codice in un altro sogno. Per ora, comunque, era perfetto. Era perfetto.

    “Va bene” mormorò lei, annuendo. “Questo funziona”

    “Va bene. La prossima volta...” Spike la strattonò in avanti ancora per un altro bacio, la sua mano libera che tornava al suo cazzo. “Questa volta, voglio-”

    “Non posso-”

    “Non entrerò in te. Io solo...” Guardò in basso quasi scusandosi, liberando la sua erezione. Si fermò, fissandola interrogativo negli occhi, poi tirò via il cuscino con lenta intenzione che le fece rifiorire di nuovo il fuoco nel suo sangue. In secondi, la sua mano prendeva a coppa la sua fica, le dita le massaggiavano le pieghe ancora zuppe, scivolando sopra la carne tenera fino a che il polpastrello del suo pollice le strofinava pigri circoli contro la clitoride. “Voglio... lasciami provare questo, si? Ci fermeremo se non ti piace. Solo... ho solo bisogno di sentirti”

    “Sentire...?”

    “Ti farò stare bene, gattina” disse lui facendo le fusa, lasciandosi cadere velocemente in ginocchio, il viso a livello con la sua fica. Una lunga leccata della sua fenditura, e lei fu irrevocabilmente persa. “Ti farò stare così bene”

    “Spike...”

    “Lasciami avere questa cosa sola” disse Spike piano, toccandole con la lingua la clitoride. “Lasciami...”

    Non c'era modo che potesse negargli qualcosa. Era una triste realizzazione, ma non la rendeva meno vera. Meno valida. Tutto quello che voleva lei glielo avrebbe dato. Se l'avesse baciata e le avesse detto che voleva fare l'amore con lei, lei avrebbe ceduto. Riserve a parte, avrebbe ceduto. E la uccideva sapere che potesse essere così debole dove niente era importante, men che meno un vampiro cattivo su cui lei non aveva precedenti pretese. Lui non le apparteneva, non come lei lo faceva a lui.

    Temeva di essere quasi innamorata di lui; innamorata di un sogno. Un sogno che non era un sogno. Un sogno che non poteva ricambiarla. E tuttavia, tutta la consapevolezza di questo mondo non avrebbe potuto capovolgere questa innata conoscenza. Non avrebbe potuto far sentire la sensazione nel suo stomaco meno debole. Non avrebbe reso il suo cuore più leggero. Non c'era niente che gli avrebbe negato. Niente.

    Quello non la fermò, comunque, dallo strillare un terrorizzato, “Spike!” quando si inginocchiò su di lei sul letto, il cazzo annidato tra le sue labbra vaginali, le palle appoggiate contro il suo ano. “Io-”

    “Fidati di me, piccola” gemette lui. “Solo... lasciami sentire questo”

    Lei trattenne il fiato ma non rispose; aspettando, ogni nervo nel corpo in fiamme. Aspettò con straziante meraviglia mentre lui sospirava per il piacere, agganciando le braccia sotto le sue e appoggiandosi in avanti fino a che la fronte fosse contro la sua spalla. Poi iniziò a muovere i fianchi contro di lei, facendo scivolare la lunghezza del suo cazzo contro la sua fica, e il mondo attorno a lei scomparve.

    “Oh mio Dio” boccheggiò Buffy, graffiandogli le spalle. “Oh mio Dio”

    “Così bollente. Così maledettamente bollente”

    Non c'era un centimetro di lei che non bruciasse. Che non sfrigolasse alla sensazione di lui che si muoveva intimamente contro di lei. Le sua palle le colpivano il culo ad ogni spinta meravigliosa dei suoi fianchi, il cazzo le massaggiava la carne bagnata in un modo in cui le sue mani non avrebbero mai potuto. Le braccia di Spike erano attorno a lei e la sua fronte era sulla sua spalla. Se il cuore le avesse battuto più forte era sicura le avrebbe spezzato il torace.

    Lo stava stringendo e per quel mometno, avrebbe potuto quasi credere che fosse suo.

    “Dio, Buffy...”

    “Unhh...”

    “Tu davvero non sai quanto potere hai su di me, vero?”

    Non la lasciò a rimuginare sopra questo; il suo peso era scomparso l'istante successivo, la sua erezione era di nuovo accoccolata nel suo palmo sinistro. “Devo venire” boccheggiò, affondando due dita dentro di lei con l'altra mano, spingendo a tempo con i colpi che dava al suo cazzo. “Posso...?”

    “Spike?”

    “La tua pancia”

    Lei annuì prima che capisse che non sapeva cosa volesse dire, e poi fu troppo tardi. Con un gemito tremante, lui si riversò sulla sua pelle, e la vista, unita all'espressione sul suo viso, fu abbastanza da innestare il suo stesso orgasmo. Buttò la testa all'indietro e spinse i fianchi in maniera impazzita contro le sue dita, onda dopo onda di estasi che la reclamavano per intero. Fu finito prima che iniziasse ma sembrò durare intere vite, e l'effetto fu così vertiginoso che lei temette di poter perdere conoscenza.

    Perdere conoscenza in un sogno.

    “Sei così meravigliosa” mormorò lui. La mano che cercava di lei quasi distrattamente, le dita che le spalmavano la sua venuta sulla pelle.”Così maledettamente meravigliosa quando vieni”

    “Dio...”

    Spike espirò lentamente. “Voglio fare questo lì fuori” continuò, massaggiando il fluido appiccicoso su per l'addome fino a che le prese a coppa il seno. “Voglio toccarti così... fuori da questa stanza. Fuori dove è... e mi sta maledettamente facendo uscire fuori della mia maledetta testa. Pensare a te come faccio. Volere le cose che voglio. Sto andando a male ed è tutta colpa tua. E non riesco a fermare... non riesco a fare niente. Stai consumando tutto e voglio...”

    Buffy aspirò, chiudendo gli occhi tremolanti. Lui non finì il suo pensiero, e lei non premette sul problema. Più lui diceva, più dichiarava, più lei aveva da perdere. Più puntava su un futuro che non avrebbero avuto mai. L'amore che lui non avrebbe mai sentito per lei.

    “Buffy...” Il tono nella sua voce era quasi reverenziale, le sue dita appiccicose le pizzicarono un capezzolo una volta prima di trascinarsi verso il suo stomaco piatto. “Ti sto marchiando, piccola. Ti sto marchiando dappertutto”

    Lo stava facendo. Dio, lo stava facendo. Lei l'aveva fatto venire, e lui le stava marchiando il corpo con la sua venuta. La parte di lei che sarebbe dovuta essere disgustata era completamente sopraffatta dal battere del suo cuore e dal fiume che si stava ingrossando di nuovo tra le sue cosce. Era stata relegata ad essere nient'altro che una proprietà, e non le importava. Non le importava cosa la rendesse amare questo.

    “Pensi a me la metà di quanto io penso a te, gattina?” domandò lui con voce roca, mentre gentilmente le massaggiava la sua venuta sulla clitoride. “Trascorri i tuoi giorni desiderando di essere qui? Aspettando che il sole vada giù? Dimmi la verità, adesso”

    “Oh Dio!”

    “Questa non è una risposta, amore”

    Buffy si ritrovò ad urlare, “Si!” prima che la sua mente strapazzata ricordasse la domanda. “Oh Dio, si!”

    “Ti ecciti in classe? Pensando a... questo?”

    La sua mano destra le scivolò sullo stomaco mentre l'altra le lavorava la fica, dita desiderose di pizzicarle il capezzolo. E fu troppo. Dio, fu troppo. Era già lucida e dolorante da quanto avevano appena condiviso, e ora lui la stava facendo venire di nuovo. Solo col toccarla, stava per spedirla a spirale oltre il limite. Nel frattempo, utilizzava il suo potere su di lei per sbloccare tutti i suoi piccoli sporchi segreti.

    “Spike... oh Dio, per favore!”

    “Lo fai?”

    Lei annuì disperatamente. “Gnnaaugh!”

    Il suo respiro mancò. “Sei vicina di nuovo” disse con voce stridula lui, il pollice le accarezzava la perla scivolosa mentre gli occhi la inghiottivano per intero. “Solo per questo? Solo per il mio toccarti?”

    “Spike...”

    “Lo sei, vero?”

    “Oh mio Dio!” piagnucolò lei, spingendo i fianchi contro la sua mano, lacrime di piacere le bruciavano lungo le guance. Fuoco le correva nelle vene, macchie di luce bianca le oscurarono completamente la stanza. Poi fu solo Spike. Le dita di Spike che spingevano dentro la sua fica zuppa, ricoprendole l'interno con la sua essenza. Il pollice di Spike che le torturava la clitoride mentre gli occhi affamati di Spike la consumavano interamente. Lui gemette quando lei gemette e boccheggiò quando lei boccheggiò, e quando lei tremò in un altro orgasmo accecante attorno alle sue dita, il suo urlo di piacere fu quasi affogato dal suo sospiro soddisfatto.

    Durò un'eternità ma finì ancora troppo presto. Il mondo lentamente baluginò, e lei si scoprì rannicchiata nelle braccia di Spike quando il mondo tornò indeitro, la testa cullata sulla sua spalla. Le sue dita le danzavano pigramente lungo la lunghezza del braccio, i respiri faticosi la distruggevano completamente, ma lui non parlò. La tenne stretta ma non parlò, e lei ne era lieta. Se avesse parlato, sarebbe stata forzata anche lei a parlare, e non sapeva cosa dire. Dio, dubitava potesse formare parole che avessero senso in un qualsiasi linguaggio razionale.

    Non sapeva cos'era appena accaduto; la sua mente era intontia, il corpo sazio e meravigliosamente esausto. Dalla lotta. Dalla sua interna guerra civile. Dalle fenomenali altezze che aveva raggiunto e dalla paura dell'inevitabile caduta.

    La caduta, tuttavia, per ora poteva aspettare. Spike era con lei. Per questa breve veduta nella fantasia, lui era con lei.

    Non avrebbe pensato a cosa avrebbe portato la prossima lotta. Non avrebbe.

    Spike era con lei ora. E se l'avesse uccisa, l'avrebbe reso abbastanza.

    Capitolo V

    Il suo successivo incontro con Spike avvenne a spese di un'altra incrinatura nel suo cuore lentamente a pezzi. La loro danza sembrava un perpetuo un-passo-avanti-due-passi-indietro, solo che i passi all'indietro, nel suo caso, sembravano più come spinte spacca-torace. Ogni notte seguente il loro incontro post-bunker aveva solamente rimandato la causa persa che era la sua imminente distruzione emotiva. E ora, bloccata nella stretta dei vampiri che Willy La Spia aveva nel suo libro paga e custodita dagli assassini di Taraka, i suoi occhi furono immediatamente attirati dalla donna meravigliosa all'altare della chiesa. Era appena palmo a palmo al quasi nudo Angel, che sembrava picchiato e miserevole quanto Buffy si sentiva.

    Willy non aveva mai avuto un giorno più orgoglioso nella sua vita, considerò lei. Stava conducendo un gruppo di vampiri per raggiungere un vampiro maestro con quello che pensava fosse forza a seguito. Tuttavia, dall'irritato ringhio che si allungò dalle labbra di Spike, Buffy poté dire che sarebbe diventato velocemente una spirale in discesa per il dolore-nel-culo cittadino. Ma non le importava. Non poteva importarle. I suoi occhi erano sul premio: il suo amante vampiro, il suo cosidetto ragazzo vampiro, e la donna vampiro che era in piedi tra loro.

    Fu solo in qualche modo confortante quando gli occhi di Spike vacillarono un po' incontrando i suoi.

    “E' giorno di paga, amico” disse Willy allegramente. “Ho la tua cacciatrice”

    Buffy lottò contro l'urgenza di nitrire. Forse era tutto il tempo di qualità che aveva trascorso con Spike che l'aveva resa così pronta a leggerlo. Più probabilmente, l'umano al suo fianco era un burattino incredibilmente stupido che non sapeva distinguere un vampiro arrabbiato da un buco nel terreno.

    Un punto che fu esattamente provato il secondo successivo. “Hai sbagliato?” sbraitò Spike, fermandosi solo a pochi secondi dall'affondare nella giugulare del proprietario di bar. “La porti qui? Ora?”

    “Hai detto che la volevi” replicò Willy, il volto mortificato, la voce tremante e una mano nervosa che passava attraverso i capelli.

    “Questo non è quello che ho detto!” scattò Spike. Se Willy non fosse stato attento, sarebbe davvero finito con la gola squarciata e senza battito cardiaco. “Com'è che non l'hai capito questo? La cerimonia di Dru-”

    “Guarda, ascolta, c'è una ricompensa sulla sua testa, e in caso non l'avessi notato, amico, non sono esattamente attrezzato per trattenere una cacciatrice. Gabbie, si – hanno tenuto lì Angel impedendogli di scappare. La Cacciatrice è un affare diverso. La volevi – l'ho sentito. Eccola qui”

    Se altro, la ripetizione del cosidetto desiderio di Spike fece solamente infuriare di più il suo vampiro. E se Buffy non fosse stata occupata con la formulazione di un piano di fuga che includeva Angel in carne ed ossa e non in polvere, sarebbe stata completamente devastata, piuttosto che molto schiacciata.

    In quell'istante, doveva distrarsi dall'evidente disprezzo di Spike. Doveva pensare a qualcosa – qualsiasi cosa – per rimettere la mente in riga. Così i suoi occhi si posarono su Angel, e prima che potesse fermarsi, il suo nome le era rotolato fuori dalle labbra quasi dolorosamente.

    Non era sua intenzione, ma il suo sussurro fu abbastanza per catturare l'attenzione di Spike. E no, non trovò diletto nel bagliore di gelosia che gli illuminò gli occhi. Nient'affatto. Non era tempo per certe cose.

    Dio, era un tale disastro con delle priorità che erano proprio esposte dappertutto.

    “Si” ringhiò lui, facendo un pericoloso passo nella sua direzione. Non c'era niente di giusto in questo. L'ultima volta che era stato così vicino, aveva avuto il suo cazzo nella bocca e le sue palle nelle mani. E stanotte, se entrambi fossero sopravvissuti, sarebbero venuti insieme con la stessa appassionata furia che seguiva sempre i loro combattimenti. Lui le avrebbe sussurrato cose che avrebbe dimenticato all'arrivo della mattina. Cose che lei sapeva lui intendeva sul serio quando era con lei, ma solo quando era con lei.

    Cose che tuttavia lei non era del tutto sicura fossero reali. Non avevano ancora avuto occasione di provare il codice; dall'espressione sul viso di Spike, stanotte non sarebbe stata la loro notte. Supponendo che gli importasse abbastanza per distogliere la mente dal rituale di rivitalizzazione della sua preziosa Drusilla per rivolgere un qualche pensiero alla sua amante delle ore notturne. Supponendo che lei avesse ragione tanto per cominciare, e che i suoi sogni fossero veri e non solo sogni. Ma Dio, a quest'ora, se non fossero stati reali allora qualcosa non andava. Qualcosa non andava sul serio.

    “Dà fastidio anche a me” continuò Spike con naturalezza, mentre lanciava uno sguardo sbadato oltre la spalla. “Vederlo così. Altri cinque minuti, comunque, e Angel sarà morto, così... presumo”

    Le sue parole furono abbastanza per farla scattare indietro al presente – darle ancora un'altra ragione per prendere a calci il suo stesso culo per l'avere la mente costantemente su qualcuno che avrebbe ormai aver polverizzato non fosse per il fatto che era disperatamente innamorata di lui.

    “Spike” protestò lei piano, solo per avere il braccio strattonato in un severo rimprovero da uno dei vampiri dietro di lei.

    Forse fu il modo in cui disse il suo nome; una strana luce riempì gli occhi di Spike. Niente che lei riconobbe, ma a questo punto, qualsiasi cosa diversa era un bene. “Devo dire, Cacciatrice” disse lui facendo le fusa, scorrendo la lingua sopra la punta affilita di una zanna. “Pensavo avessi rovinato la festa, ma averti qui... a guardare il suo tesorino friggere via diventando niente... sapere che il vostro ultimo bacio era stato il vostro ultimo” A quello i suoi occhi si infiammarono, e il cuore le saltò in gola. “Beh... puoi aver appena salvato la vita del vecchio Willy. Questo è... oh, qual è la parola... delizioso”

    Stupidamente, il suo primo istinto fu di chiarire quella che sembrava un'affermazione. “Aspetta. Noi non abbiamo-”

    E oh grazie a Dio, la cavalleria arrivò. Un altro secondo e si sarebbe imbarazzata al punto in cui la morte sarebbe stata la migliore alternativa. Una Kendra piroettante sulla schiena apparve improvvisamente nella chiesa, e la cosa successiva che Buffy seppe, i vampiri servitori erano a terra e lei era stata spinta contro Spike, la forza dell'impatto che spinse entrambi a terra.

    Kendra non perse tempo; fu al fianco di Buffy il secondo successivo. E con sollievo, la presenza di una cacciatrice responsabile che-non-aveva-sogni-nudi-su-vampiri-che-la-volevano-morta riuscì a dare l'effetto giusto alla testa di Buffy. Non si permise di godere della sensazione del corpo di Spike contro il suo; era in piedi di nuovo il secondo successivo, e più che pronta a prendergli a calci il culo se solo avesse fissato il suo collo in un modo che non le piaceva.

    L'entrata troppo ostentata ma molto ben accetta di Kendra, tuttavia, aveva catturato con successo l'attenzione di Spike.

    “Chi diavolo è questa?” sbraitò, lanciando a Buffy un'occhiata quasi accusatoria mentre l'altra cacciatrice lo afferrava per la camicia.

    In qualche modo, il suddetto sguardo non ebbe effetto su di lei. “E' il tuo giorno fortunato, Spike” sputò lei.

    “Due cacciatrici!” annunciò Kendra con orgoglio prima di colpire la sua mascella.

    “Nessuna attesa!” aggiunse Buffy, piantando un pugno molto arrabbiato nel suo stomaco oh-così-baciabile. E ce ne sarebbero stati di più da dove veniva il primo se i suoi sensi di ragno non l'avessero diretta indietro alla stronza armata di pistola e agli altri servi pagati.

    L'Ordine di Taraka. Gli assassini che non smettevano fino a quando il loro obiettivo era morto.

    “Perché?” domandò lei, strofinandosi gli occhi con forza e maledicendo se stessa per essere così dannatamente patetica. Odiava la debolezza. Dio, odiava la debolezza. E non si era mai sentita così debole nella sua vita. Non come una ragazzina proveniente da una famiglia distrutta, non come una teenager preda degli ormoni, e certamente non come la Cacciatrice. Tuttavia Spike, la cui tenerezza l'aveva fatta sciogliere quanto la sua durezza l'aveva fatta sanguinare, riusciva a renderla un balbettante stereotipo in secondi.

    Odiava essere debole.

    E tuttavia, odiarlo non lo fermava.

    “Perchè, Spike? Io... io pensavo...”

    Lui riusciva a malapena a guardarla.

    “Mi odi così tanto?”

    “No” replicò lui con voce roca, sebbene i suoi occhi tradissero un odio per se stesso alla risposta. “Buffy, io...” Si fermò, inalando bruscamente. “Dru. E'... è stata lei. L'ha fatto lei. Li ha mandati dietro di te. L'ha visto nei suoi Tarocchi. Una bella distrazione per tenerti fuori dal quadro così...” Si interruppe e divenne preoccupantemente silenzioso, la sua espressione tormentata. “Le ho detto... detto di non farlo. Le ho detto che eri mia da... non l'ha presa bene. Di te che sei... per l'inferno maledetto. Gattina, io non -”

    “Giles dice che dovrei evitare di farmi vedere. Correre. Non ho mai corso via da un problema; non una volta. E Dio, sono la Cacciatrice. Come si suppone -”

    Con sua sorpresa, lui annuì. “Lo fai solo. Il tuo osservatore ha ragione. Questi sono bastardi disgustosi, piccola. Disgustosi, brutali bastardi. E si, sei forte... più forte di qualsiasi di loro... ma non sai mai da dove provengono. Solo... evita di farti vedere fino a quando riesco a trovare il modo per richiamare il colpo”

    Buffy gelò, non osando sperare. “Tu... tu farai-”

    “Naturale. Sto cercando una maledetta via di uscita da quando lei ha detto che li avrebbe mandati dietro di te” Le catturò il viso tra le mani e le baciò via le lacrime. “Te l'ho detto. Cazzo, l'ho detto a lei. Tu sei mia. E fino a quando avrò capito cosa questo significa, esattamente, ho bisogno di tenerti bella e calda e viva” Spike sorrise con dolcezza, la bocca che si tuffava verso sud, mordicchiandole il seno mentre una mano maliziosa ricercava tra le sue gambe. “E qui. Proprio qui”

    Ovviamente, dalla loro probabilmente-reale discussione, Spike non era stato in grado di fare qualsiasi progresso con il richiamare del colpo. La signora poliziotta pazza aveva tuttavia trovato il tempo di passare a scuola durante la settimana della carriera e sparare alcune scariche attraverso un corridoio affollato.

    All'inizio, la signora poliziotta pazza si era dimostrata frustrantemente forte per un'umana. Non c'era modo che i membri umani dell'Ordine di Taraka contassero su forza naturale. O faceva il pieno di steroidi o c'era un qualche potere demoniaco infuso nelle sue vene con forza stranamente potente. La signora poliziotta pazza le aveva ripagato ogni pugno. Ogni calcio. Ogni tutto che Buffy le aveva lanciato contro. Era dannatamente irritante, e se Giles e la compagnia non si fossero precipitati dentro e preso di sorpresa i vampiri-schiavi in recupero sarebbe potuta essere in un mondo di dolore.

    Com'era, l'entrata degli Scoobies diede a Buffy il vantaggio di cui aveva bisogno. Il ginocchio batté forte contro gli addominali della non così assassina poliziotta, lasciando la donna senza fiato e completamente impreparata a bloccare il calcio in faccia.

    “Ora ora, Sergente” scherzò Buffy, sentendosi stranamente giocosa. “Qualcosa mi dice che questo non è nella definizione di protocollo legale”

    Okay, allora non era lo scherzo più scherzoso. Era tuttavia più di quello che aveva fatto nelle scorse settimane.

    E fornì abbastanza punti di divertimento necessari. Come un falso poliziotto potesse sembrare così offeso da qualcosa così stupido, non lo sapeva. Tutto quello che le importava era il fatto che si era appena occupata della mano vincente. Quando la poliziotta si precipitò di nuovo su di lei, facendo roteare fuori dalla manica una lama, Buffy batté gli occhi a mala pena. Si piegò, rotolò, e si piegò di nuovo. Buttò a terra la poliziotta con un veloce giro di gambe, e la mandò a traballare nel muro quando cercò di tirarsi su. Era bello, dopo essersi sentita debole e pateticamente ragazzina per così tanto, lanciare in giro un essere super – dai metodi sconosciuti – come una bambola di pezza.

    Kendra, tuttavia, non stava avendo la stessa fortuna con Spike. E mentre Buffy era sollevata che non dovesse fare qualcosa di totalmente imbarazzante tipo salvare la vita dello stupido vampiro, allo stesso modo non stava per prendersi sulle spalle la responsibilità della morte di una cacciatrice.

    Perciò, quando Kendra scattò all'indietro in piedi a seguito di un potente calcio nello stomaco, Buffy prese una veloce decisione.

    Meglio perdere un avversario facile che assicurasi che tutti rimangano in vita.

    E non-polverizzati.

    “Cambio!” urlò lei, buttandosi a terra.

    Kendra non esitò. Rotolò sopra la schiena di Buffy e fu sui suoi piedi proprio in tempo per mandare la poliziotta appena recuperata di nuovo contro il muro.

    Buffy notò appena. Il suo torace si sollevò, il sudore le pizzicava gli occhi, e Spike era di fronte a lei. E poi tutto si fermò. Tutto. Almeno, sebbene il mondo caotico turbinasse attorno a loro, loro erano soli. Era sola con Spike – Spike Vero. Lo Spike contro cui si era strusciata nel bunker perché la realtà e la fantasia erano troppo vicini per fondersi insieme all'occhio molto confuso della sua mente.

    Aveva bisogno di sapere se il suo Spike si nascondeva da qualche parte dentro quegli occhi demoniaci. Era così certa che ci fosse; aveva solo abbastanza dubbio rimasto per mettersi in questione, ed era così stanca di mettersi in questione.

    Il segno. Il codice. Uno di noi-

    “Preferisco combattere te, comunque” strascicò Spike, leccandosi le labbra avidamente.

    Che strano momento per eccitarsi. E tuttavia, non poté evitarlo. Un ghigno le tremò sulle labbra e annuì in accordo. “Reciproco”

    “You’re makin’ a hard day’s night outta my work.”

    Successe così velocemente che quasi inciampò. Buffy onestamente non sapeva cosa si fosse aspettata. Una pausa drammatica. Un sopracciglio tremolante. Un'occhiolino. Non c'era niente. Niente. Nient'altro che parole. Le parole che aveva desiderato sentire dalla notte in cui avevano deciso quello stupido codice. Erano lì. Erano allo scoperto. Nell'aria. E qualsiasi dubbio persistente fu bandito dalla purezza della conoscenza.

    Il momento si allungò un'eternità. Spike stava ansimando forte quasi quanto lei, studiandola come se si fosse sbriciolata se lui avesse battuto gli occhi. E lei non riusciva a guardare altrove. Ogni nervo nel suo corpo era stordito. Il pavimento sul quale stava in piedi tremò sotto i suoi piedi. Era accaduto; era finalmente accaduto. E il cielo l'aiutasse; non sapeva cosa fare. Spike Vero e Spike Sogno erano uno, e tutto quello che voleva era correre nelle sue braccia e implorarlo di mandare via la cattiveria. Di pulire il ringhio dai suoi occhi a favore della gentilezza che era arrivata a ricordare con tenerezza.

    La realtà non era così clemente. Spike era comandato da una diversa serie di regole fuori dal loro mondo di sogno. Non avrebbe potuto prenderla tra le braccia – possibilità erano che non l'avrebbe fatto anche se ne avesse avuto la scelta. Non qui fuori. Non in un mondo dove erano definiti dai loro titoli.

    “Spike...”

    Il suo nome le rotolò via dalle labbra prima che potesse fermarsi. Il silenzio tra loro era dannatamente troppo. Ne aveva abbastanza del silenzio da durare una vita.

    Gli occhi di Spike si allargarono e una strana sensazione di calma lo bagnò. “Buffy...”

    Le ginocchia quasi le si piegarono e le lacrime le allagarono gli occhi. Dio, era vero. Era davvero vero. Questo era lo stesso Spike che la baciava la notte. Che le sussurrava poesia all'orecchio mentre le sue dita le manipolavano la clitoride. Questo era il suo Spike. Nel mondo reale.

    Cosa significava? Aveva un senso qualcosa di questo?

    E anche nel mezzo della sua confusione spezza mente, trovò rassicurante che neanche Spike sembrasse avere le risposte. Tutto era in discussione ora, e improvvisamente non c'erano assoluti. La lunghezza del silenzio imbarazzato tra loro durò probabilmente solo secondi nella realtà, ma tutto si era rallentato attorno a lei. Sapeva che gli Scoobies erano in pericolo. Kendra stava trattando con la poliziotta. Giles stava sparando frecce con la sua balestra. Angel stava lentamente morendo. Sapeva tutto questo, e il periodo tra conoscenza e azione sembrò infinito. Non riusciva a muoversi. Era letteralmente gelata sul posto – fissando Spike mentre il mondo intorno a lei mostrava una vera definizione di movimento al rallentatore.

    Gli occhi di Spike tennero stretti i suoi per un lungo momento, poi si voltò lentamente per guardare l'altare. Il posto dove Angel e Drusilla erano appesi insieme. Si fermò ancora, fissando di nuovo Buffy, lo sguardo pesante e perso. Voleva dire qualcosa per confortarlo, ma non c'era niente da dire. Il mondo stava crollando a pezzi attorno a loro e tutto quello che potevano fare era guardare.

    Forse, allora, non fu così sorprendente quando raggiunsero l'unanime decisione senza dire una parola. Si voltarono sulla stessa nota, cadendo in un veloce passo verso l'altare. Spike fece scivolare il pugnale cerimoniale fuori dal palmo della sua ragazza; le mani di Buffy erano occupate dalla cinghia di pelle che legava insieme i vampiri. Lavorarono in silenzio; Buffy ignorò gli sguardi mezzi storditi e interrogativi che Angel le sparava contro, e Spike ignorò lo sguardo ubriaco di potere di Drusilla. Niente sembrava importare a quel punto – niente salvo raccogliere la gente reciproca e andare il più lontano possibile l'uno dall'altra per capire che diavolo era successo. Per andare in territorio neutrale fino a quando si fossero visti di nuovo.

    “Stanotte” disse Spike bruscamente, lanciandole un'occhiata veloce mentre si trascinava Drusilla tra le braccia. “Parleremo stanotte”

    Il suo cuore sobbalzò. “Stanotte” concordò, prendendo Angel mentre cadeva.

    La chiesa stava andando a fuoco. Kendra stava velocemente facendo uscire tutti, ma Buffy non riusciva a muoversi. Rimase paralizzata dallo shock, per non dire bloccata dal peso di un vampiro intensamente indebolito. Quindi cadde in ginocchio con Angel sospeso mezzo morto nel grembo. E mentre sapeva che doveva muoversi, l'intera lei era troppo stordita per agire.

    Era vero. Questa cosa con Spike era vera. I sogni erano veri.

    Allora anche il suo amore per Spike era reale.

    Oh Dio.

    Spike stava attualmente trasportando la sua ragazza – la sua vera ragazza – verso la salvezza, e Buffy era innamorata di lui. E troppo persa con la prima linea di quella consapevolezza per considerare anche la possibilità che Kendra avrebbe preso per sé il fermare Spike dallo scappare. Alzò gli occhi giusto in tempo per guardare quello che sembrava essere un vecchio quadro fracassarsi nella testa di Spike, e guardò con orrore mentre lui barcollava e precipitava in un antico organo a canne. Caddero detriti e il fuoco si allargò, e poi fu finito.

    In secondi, fu finito.

    L'urlo che le bruciò le labbra quando l'organo si lamentò in protesa, ondeggiò, e alla fine crollò sopra il suo vampiro caduto portò il silenzio che l'aveva tormentata a vita. Tutto attorno a lei si fermò. Tutto.

    Buffy lo notò appena. Fredde lacrime le caddero lungo le guance. Ogni nervo nel suo corpo doleva. Le orecchie le ronzavano. Spike era morto.

    Spike era morto.

    Spike era morto.

    E tutto quello che riusciva a fare era piangere.


    *~*~*


    Di tutti gli scenari che aveva concepito forzarla a dare la notizia a Giles della sua attività notturna, non era mai stato perché il suo cuore era in rovina. Mai perché il vampiro di cui era innamorata – la cosa cattiva che lui era – era morto per mano di un'altra cacciatrice. Queste erano cose che probabilmente non avrebbe potuto sapere. Cose che non sembravano reali, anche se si erano svelate proprio davanti ai suoi occhi incrostati di lacrime.

    La cosa di Giles era che uno non poteva mai dire con esattezza come avrebbe reagito. Si era aspettata rabbia e urla e molta pulitura di occhiali. Si era aspettata l'urlo ai suoi piedi di un paio di a-cosa-stavi-pensando uniti a non-posso-credere-che-mi-hai-tenuto-nascosto-qualcosa-del-genere. Si era aspettata tutto tranne quello che ricevette.

    Un fazzoletto. Un bicchiere di acqua. La promessa di mentenere il suo segreto un segreto.

    Una domanda. C'era niente che potesse fare?

    Una riposta. No, ma grazie.

    Tutto quello che Buffy voleva era andare a casa e dormire. Aveva bisogno di dormire. Quando dormiva, lo vedeva. Sarebbe stato lì. Avrebbe saputo che stava bene.

    Ma non disse a Giles quello.

    Una volta arrivata a casa, saltò completamente la sua routine di preparazione notturna. Nessuna doccia post combattimento. Nessuna pulizia dei denti. Nessun controllo delle ferite per assicurasi che avesse smesso di sanguinare. Non si cambiò neanche col pigiama. Si tuffò nel letto e fece la lotta con il suo cuore rumoroso, aspettando che il sonno venisse.

    Successe proprio prima dell'alba. I suoi occhi divennero finalmente pesanti e la realtà svanì nel nulla. E quando mise piede nella loro stanza di motel solo per trovarla vuota, ogni centimetro di lei collassò nel più freddo dolore che avesse mai sentito. Buffy scoppiò in lacrime, si schiantò in ginocchio a terra, e pianse fino a svegliarsi.

    Capitolo VI

    Buffy non voleva andare a dormire la notte successiva. La paura di entrare nella stanza da sola consumava tutto, e lei non credeva che il suo cuore potesse sopravvivere ad un'altra devastante scommessa. Mentre rimanendo sveglia, la speranza rimaneva allo stesso modo viva. Speranza che si fosse sbagliata. Che Spike o aveva lasciato la stanza-sogno prima che lei fosse arrivata, o che fosse rimasto incoscente, e quindi incapace di raggiungerla. Funzionava anche in quel modo? Il sonno era comparabile all'incoscenza, o si stava trattenendo con falsa speranza?

    Falsa speranza a questo punto era meglio di nessuna speranza affatto. La chiesa era andata distrutta in fiamme con Spike e Drusilla intrappolati sotto l'organo a canne. Lui le aveva detto che avrebbero parlato. Avevano appena scoperto, una volta e per tutte, che i sogni erano reali – che erano condivisi e reali – e avevano bisogno di parlare. Avevano bisogno...

    Buffy rimase a casa da scuola quel giorno. Non riusciva a sopportare il pensiero di fronteggiare i suoi amici o di incorrere in Angel mentre faceva la ronda accanto a Kendra di notte. Temeva che le sue emozioni irrazionalmnete sbilanciate da donna vincessero sul buonsenso, e potesse fare qualcosa di monumentalmente stupido tipo strangolare l'altra cacciatrice fino a che perdesse i sensi. E mentre il pensiero aveva più che una giusta parte di fascino, non poteva biasimare Kendra per quello che era accaduto. Diversamente da Buffy, Kendra aveva fatto il suo lavoro. Spike e Drusilla erano due vampiri molto pericolosi, e Kendra aveva fatto il suo lavoro.

    Kendra non sapeva che Buffy era innamorata di Spike, e anche se l'avesse saputo, non importava. Buffy innamorata di Spike non lo discolpava dai suoi peccati o lo rendeva meno di un mostro. Piuttosto, in qualche modo rendeva anche lei un mostro, perché non le importava. Non le importava cosa lui fosse. Era arrivata a conoscere l'uomo dentro durante le scorse settimane, e il suo cuore stanco amava la tenera creatura che viveva dentro la bestia altrimenti cattiva. Lo amava senza rima o ragione, e non si sarebbe negata la verità quando la verità era tutto quello che ora sapeva.

    Naturalmente, la razionalità prevaleva sulla sua isteria interna. La razionalità si impantava con la fatica. E dato che la depressione la teneva piuttosto tormentata tutto il giorno, al momento in cui la luce del giorno sfumava nell'oscurità, gli occhi pesanti di Buffy diedero vinta la battaglia alla fatica, e cadde in un profondo sonno.

    *~*~*


    La sua testa scattò in alto il secondo in cui lei apparve attraverso il muro del motel-sogno. Il secondo in cui i loro occhi si scontrarono, la più potente ondata di sollievo che avesse mai sentito le inondò le vene, piegandole le gambe e chiudendole la gola con un singhiozzo che l'avrebbe soffocata se non avesse boccheggiato il suo nome. In un battito, il suo corpo fu purificato dall'oscurità. Per un meraviglioso secondo poté fingere che nient'altro importava. Non i gradi di separazione tra loro, non il sangue nel suo passato e i fantasmi nel suo futuro; neanche Drusilla, per la quale lui aveva rischiato tutto per salvarla mentre faceva l'amore con il corpo di Buffy con la sua bocca e mani di notte. Tutto quello che importava era che lui era vivo. Spike era vivo.

    “Spike!” singhiozzò Buffy, mancando l'espressione tormentata sul viso di lui – troppo desiderosa della sicurezza del suo abbraccio. “Sei... sei qui. Sei davvero qui” Gli buttò le braccia attorno al collo e nascose il viso nell'incavo del suo collo, tremando forte mentre singhiozzi di puro sollievo le comandavano ogni cellula del corpo. “Ero così spaventata. Io... io non... non sapevo. Dio, sono così dispiaciuta, non sapevo...”

    Spike rimase in piedi fermo nelle sue braccia, respirando con difficoltà mentre lei gli tremava contro, sebbene non fosse sicura se i suoi tremiti fossero genuini o semplici echi dei propri. Lui doveva ancora toccarla – piuttosto rimaneva in piedi lì nel suo abbraccio maldestro, senza parlare. Senza parlare mentre lei singhiozzava il suo peso in lacrime e silenziosamente mormorava la sua riconoscenza alle stelle.

    “Non sapevo” disse di nuovo con voce strozzata Buffy. Dio, non riusciva a smettere di tremare. “Non sapevo. Non... ero lì e poi Kendra... lei...”

    “Kendra?” echeggiò Spike piano, la sua voce cadde su di lei come la risposta ad una preghiera. “L'altra?”

    Lei annuì tristemente, incapace di incontrare i suoi occhi. “Lei non sapeva”

    “E quello importa, passerotto? Davvero credi che alla tua amica sarebbe importato un maledetto qualcosa se avesse saputo?” Spike esalò lentamente e toccò la sua fronte con la propria. La durezza nel suo tono fu bilanciata dalle mani che lentamente le risalivano la schiena. “E' una cacciatrice”

    “Lo so. Lo so. Io non...” Buffy scosse forte la testa; non riusciva più a sopportarlo. Aveva bisogno di prove che fosse reale. Aveva bisogno di prove che non stesse avendo allucinanzioni in un sogno. Quindi, con convinzione, tirò indietro la testa solo leggermente e gli prese a coppa le guance, la bocca che cercava quella di lui con disperazione legata a brama. Fu difficile trattenersi dallo scoppiare in lacrime di nuovo il secondo in cui la lingua di lui incontrò la sua. L'istante in cui il suo freddo, familiare gusto le riempì la bocca. Piagnucolò nel suo bacio, la sua bocca affamata cercava con forza di consumarlo per intero. Voleva strisciare dentro di lui come lui aveva fatto con lei – voleva che sentisse questo. Aveva bisogno che lui sentisse questo. Sentisse il battito rimbombante del suo cuore e il sapore delle lacrime sulle sue labbra e capisse quanto oltre era andata. Quanto non ci fosse punto di ritorno ora. Non per lei, e dannazione, neanche per lui. L'idea di dividersi da lui ora era insopportabile. Ora da quando aveva assaggiato come sarebbe stata la vita senza Spike. Alcune ore l'avevano quasi uccisa – andare via da lui del tutto avrebbe segnato la sua completa rovina. Non avrebbe potuto farlo.

    Lo amava troppo.

    “Buffy...” Spike raggiunse dietro il suo collo, avvolgendo le mani attorno ai suoi polsi, anche se la sua bocca non poteva fermarsi dal rubare baci dolcemente morbidi dalla sua. “Cacciatrice... basta”

    I suoi occhi si spalancarono, il suo intero essere si immerse nel freddo.

    Cacciatrice?

    “C-cos'è questo?” domandò lei, odiando quanto la sua voce tremasse. Odiando il suo cuore perché adornava le sue spalle piuttosto che rimanere bloccato chiuso nel suo torace. Odiando come lui potesse vedere tutto quello che lei sentiva quando lei vedeva così poco. Anche quando lui mormorava piccole adorazioni nella sua pelle e le diceva quant'era bella, sapeva così poco di lui. Lui diceva di essere consumato dai pensieri di lei, ma lei non poteva crederci. Lui diceva che trascorreva i suoi giorni pensando alla notte – alle poche ore gloriose in cui sarebbero stati insieme – ma lei non poteva crederci. Non poteva credere a niente. Non se lui fosse disposto a sacrificare tutto per salvare un'altra donna. Non se lui stava ancora dividendo il letto di Drusilla.

    Spike scosse la testa, gli occhi che cadevano al pavimento. Poi quasi come un ripensamento alzò lo sguardo di nuovo, sembrando esattamente come se avesse realizzato solo allora che lei era nella stanza con lui. Un silenzio denso di significato riempì l'aria, profumato solo dai loro respiri prolungati. Si sentiva così aperta a lui – così esposta. Lui era in piedi lì cercando i suoi occhi e non c'era niente con cui lei potesse nascondersi. Lui vide tutto.

    Ci fu solo un po' di soddisfazione quando lui alzò la mano verso la sua guancia bagnata e lei sentì quanto forte stesse tremando.

    “Tutto questo?” mormorò lui, la voce roca per lo stupore. “Tutto questo... questo è per me?”

    Buffy annuì tra le lacrime. “Non sapevo, Spike” replicò lei. Dio, odiava l'incrinatura nella sua voce. Si sentiva così tremendamente vulnerabile, e non c'era niente che potesse fare al riguardo. “Non sapevo cos'era successo. S-se eri vivo o... non sapevo. E quando mi sono addormentata, non eri qui. Non eri... non sapevo cosa pensare”

    “Tramortito, amore. Tutto qui. Una tavola maledettamente grande ha colpito la mia capoccia e tutte le luci si sono spente. Avrei scommesso, comunque, che se avessi tirato le cuoia per bene, non saresti venuta qui affatto”

    Le sue guance s'arrossarono. Non aveva neanche considerato la possibilità. “Io... io non...”

    “Dru è tornata in piena forza” disse lui, il tono basso. “Lei è... lei è tornata. Proprio come era prima che la maledetta folla mettesse le grinfie su di lei a Praga. Ho fatto quello per cui sono venuto qui” Guardò lentamente in basso. “A parte questo cosa con te, naturalmente. Ho sempre creduto che avrei avuto la tua testa il secondo in cui Dru fosse tornata a...” Venne meno e si voltò altrove, stringendo la mascella. “La tua amica mi ha messo su una maledetta sedia a rotelle”

    Buffy gelò. Una sedia a rotelle?

    “Non è niente di permanente. M'è solo scattata la schiena quando il soffitto è venuto giù. Niente che un paio di mesi non sistemeranno”

    Lei avvertì che il suo tono era irriverente per amore di autoconservazione, quindi probabilmente lei non aiutò spiattellando, “Mesi?” in un tono che non era altro che incredulo. C'erano volute due settimane perché guarisse il suo primo osso rotto post-chiamata. L'idea che Spike potesse essere intrappolato in una sedia a rotelle per mesi quando era un essere superiore - quando aveva forza oltre la forza - l'aveva lasciata completamente stordita.

    “Si” strascicò lui. “Era un organo maledettamente grande”

    “Spike, io non-”

    “Lo so che tu non, amore. Ma Cristo, eravamo entrambi maledettamente fuori dal gioco, vero?” Scosse forte la testa, facendo un passo definitivo lontano da lei. “Noi non abbiamo-”

    “Cosa stai dicendo?”

    “Mi hai fatto perdere la concentrazione. Tutto sembrava essere così chiaro. Così fottutamente chiaro, e ora...” Spike sospirò e si voltò a guardarla di nuovo, evidentemente confortato dal distacco, anche se proveniva nella forma di solo un paio di piedi. “Era semplice, si? Venire a Sunnyhell, prosciugare la Cacciatrice, tirarle fuori lo stomaco per la cena di festeggiamento mia e di Dru. Poi tu inizi ad invadere i miei sogni e tutto diventa confuso. Hai mandato all'aria la mia vita, Cacciatrice. Penso cose che io... penso...” Una risata quasi isterica gli si strappò dalla gola. “Penso cose che mi faranno impazzire come Dru se non metto in chiaro la testa”

    Poteva pure averle affondato il pugno nel torace e tirato fuori il cuore. Sarebbe stato meno doloroso. Buffy non sapeva cosa fare – era letteralmente paralizzata dall'agonia. Il suo torace rimbombava. La sua bocca divenne secca. I suoi occhi si riempirono di lacrime ma non aveva la forza per piangere. Un centinaio di nulla sussurrati iniziarono a ripetersi crudelmente nella sua mente torturata – cose che lui le aveva detto, promesse che probabilmente non aveva neanche capito di aver fatto. Promesse fatte con le sue mani. Promesse che aveva sigillato con la sua bocca. Promesse di vivere di azioni senza parole.

    Dio, era una tale stupida. Non si era pensata ingenua abbastanza da sperare – aveva pensato di aver fatto un buon lavoro preparandosi per l'inevitabile caduta. E tuttavia, per il dolore schiacciante nel suo torace e le lacrime che le pungevano gli occhi, furono testimoni del vacillare di una torre di aspettativa provocato dal logorio della fredda realtà. Spike non la voleva – non come lei voleva lui – e non l'aveva mai fatto.

    “Io... io pensavo...” Tirò su col naso pateticamente, odiandosi sempre più mentre i secondi passavano. “Pensavo... hai detto che mi volevi”

    Spike le offrì un cenno stoico. “E' così, amore. Questo è il maledetto problema”

    “Non era un problema prima!”

    A questo lui si voltò bruscamente verso di lei, inarcando un sopracciglio. “Lo pensi davvero?” domandò. “Sei scema? È un maledetto miracolo che non mi sia impalettato per il fatto che ti voglio così tanto come faccio. Per il pensare a te come faccio. Per lo stare sdraiato sveglio, desiderando di essere addormentato così che possa toccarti. Sei dappertutto. Sei in tutto quello che faccio. In tutto quello che dico. Ogni maledetto pensiero che mi passa per il mio fottuto cervello è consumato da te” Si interruppe e scosse la testa con una risata senza allegria. “Dovrei solo farla finita. Spezzarti il collo, bere alla mia salute, e andarmene maledettamente via da questa schiavitù prima che tu ti intrufoli ulteriormente nella mia testa. Forse allora avrei un momento di pace”

    “Non dici sul serio” mormorò lei, implorante. “Mi avevi detto-”

    “Oh, mi sento piuttosto male al riguardo. Non frainterdermi, amore, sarai una ragazzetta maledettamente piuttosto difficile da superare non importa da che parte oscilli il pendolo. Probabilmente sognerò di te per secoli” Spike si fermò e accennò tra di loro. “Ma questo? Questo alla fine farà solamente a pezzi uno di noi, e dannatamente sicuro non sarò io”

    “Ma tu mi hai detto... mi hai detto...” Non le importava che stesse piangendo ora. Non le importava che il suo cuore a pezzi fosse in mostra. Che lui vedesse quanto persa di lui era. La stava distruggendo, e lei non poteva fermare l'emorrargia. “T-tu mi hai detto...”

    “Caccatrice-”

    “Se questo non significa niente per te, allora perché-”

    “Perchè significa qualcosa!” urlò lui, provocato – improvvisamente – oltre il limite di qualcosa di monumentale. I suoi occhi risplenderono di oltraggio, ogni tick nel suo corpo la testimonianza della sua pazienza debole. Sembrava insieme come se volesse sia strangolarla che baciarle via le labbra, e visibilmente odiava se stesso per l'esitare nella decisione. “Questo è il maledetto problema, o non hai ascoltato affatto, stupida ragazzetta? Significa qualcosa. Come in nome di Dio sei entrata?” Si colpì di piatto il cuore. “Fotterti sarebbe dovuto essere facile. Sarebbe dovuta essere una maledetta passeggiata. Diavolo, sarebbe dovuto essere un fottuto spasso. Non ho chiesto questo! Tutte queste...” Spike si interruppe di nuovo. “Mi sono svegliato mezzo uomo nelle braccia della mia sire, e il nome di chi ho detto? Di chi ho chiesto? Chi voglio lì? Mi stai rovinando – stai rovinando tutto – e finisce ora. Finisce tutto ora”

    La sua vista affogò in un oceano di lacrime implacabili, le gambe tremanti che combattevano per mantenere l'equilibrio. Non c'era niente da dire – cosa avrebbe potuto dire? Le sue notti erano fiorite sulla promessa di ogni tocco di Spike, di ogni bacio, e si era persa senza capire che la battaglia era finita. Come avrebbe potuto sperare di rimanere così distante quando lui le rifiutava il diritto? Come avrebbe potuto sperare di preservarsi dall'angoscia quando lui aveva reclamato un diritto su di lei sopra tutti gli altri? L'aveva rovinata, lentamente e deliberatamente, e ora lui era furioso con lei per cosa lei aveva fatto a lui.

    E tutto quello che lei aveva fatto era amarlo.

    Quanto a lungo rimasero in piedi così lei non lo sapeva. L'aria era fredda contro la sua pelle. Le sue guance erano macchiate di lacrime che i suoi occhi stanchi non riuscivano a smettere di versare. Era insignificante ed esposta – virtualmente nuda di fronte a lui. Nuda in modi in cui non era stata prima. Lui aveva finalmente svelato l'ultima parte di lei che aveva cercato di tenere segreta. Di tenere nascosta dall'essere messa in ridicolo. Era colpa sua l'essersi innamorata di lui, ma era di lui per aver permesso che accadesse. Per essere così meraviglioso nel loro santuario – per averla fatta credere, anche con riluttanza, che aveva ragione di credere oltre il sogno.

    Poi qualcosa cambiò. Alla caduta di uno spillo, qualcosa cambiò. La rabbia si dissipò dalla stanza – il viso crudele del Vero Spike fu rimpiazzato dal tocco tenero del suo amante di sogno. E quando lui disse il suo nome, quando le sue labbra si separarono con un piccolo, riverente, “Buffy...” ci volle tutto ciò che aveva per trattenere i pezzi dal rompersi ancora una volta.

    L'improvvisa morbidezza nella sua voce era un'illusione, lo sapeva, ma non la fece tremare di meno.

    “Buffy...” Lui era proprio di fronte a lei prima che potesse battere gli occhi, prendendole il viso fra le mani, le labbra che le baciavano via le lacrime. “Buffy... Dio, per favore non piangere”

    Se altro, la sua supplica fece solo arrivare le lacrime più forti. “Cosa ti aspetti?” domandò lei con indignazione, cercando con forza di distinguere i contorni del suo viso attraverso la foschia. “Tu... ogni notte qui... cosa... non so. Non... non avevo intenzione di sconvolgerti la vita, Spike, davvero non volevo. Io non... tu mi hai detto solo... non capisco cos'è successo!”

    Spike tremò e sospirò, scuotendo la testa. “Non riesco a capirci qualcosa neanche io, amore” replicò lui piano.

    “Hai detto che non avresti potuto uccidermi ora. Mi hai detto -”

    “E questo si presume lo renda migliore, allora? Sei la maledetta Cacciatrice e io...” Si interruppe con un sospiro pesante, gli occhi esausti e stanchi. “Ho chiesto di te, Buffy. Nelle sue braccia, eri tu che chiamavo. Non volevo questo! Io non volevo... Dio, hai una qualche idea di quanto sarebbero facili le cose per me se potessi ucciderti? Hai una qualche idea di quanto voglio voler...” Spike si tirò via di nuovo con un riso beffardo – un riso che velocemente si sciolse in qualcosa che sembrava sospettosamente come un singhiozzo. “Non ho chiesto questo”

    “E io si?” domandò Buffy. “Ho cercato così tanto di darti spazio. Ti ho lasciato sbraitare sul possedermi e ho... ti ho dato più di quanto abbia mai dato a qualcuno. Ho condiviso con te più di quanto abbia mai condiviso con qualcuno. E -”

    I suoi occhi lampeggiarono di rabbia. “Cacciatrice -”

    “Tu mi hai detto... Ho fatto tutto quello che volevi che facessi, Spike. Tutto. E – e tu hai l'audacia di pensare che tutto riguardi te? Che questo non stia uccidendo me?” Mosse di scatto la testa, un altro fiume di lacrime piovevano sulle sue guance. “Mi ha distrutta. Sapere che era tutto da parte mia. Che venire qui era solo un'altra opzione per te nel caso in cui la tua ragazza reale non fosse disposta. Sapere che stavo mettendo in pericolo le vite di tutti quelli che conosco perché non potevo... non potevo ucciderti. Diamine, non potevo neanche combatterti. E volevo far del male a Kendra così tanto l'altra notte per aver fatto quello che ha fatto... e il colpo è, aveva ragione! Aveva ragione a farlo! Tu sei... sei cattivo e un assassino e mi sta uccidendo!”

    Il fuoco morì un po' negli occhi di lui, ma lei non riusciva a sopportare la vista della pietà. Davvero non poteva. Non quando sapeva che non c'era niente dietro. “Buffy -”

    “Quindi non... come osi venire qui e dirmi che sto rovinando la tua vita! Che sono io quella che ti confonde le cose. Non ho chiesto questo neanche io. Ma ho lasciato che mi governassi. Ho lasciato che mi rendessi tua. Ti ho lasciato... ho fatto tutto quello che volevi e in qualche modo io sono la ragione...” Buffy si voltò, tremando forte. “Non fingere che sia difficile per te, Spike. Ho sacrificato tutto per questo... per qualunque cosa era disposto a darmi. E sono morta l'altra notte quando l'organo è caduto”

    Lei onestamente non sapeva cos'era accaduto. Un secondo era in piedi lì a parlare con lui – a dirgli cose che non doveva, ammettendo tutti i suoi segreti – e il successivo, le mani di Spike erano strette attorno ai suoi avambracci e la sua bocca stava devastando la sua. E fu quello. L'ultima parte di lei che si aggrappava alla sanità morì. Lui non poteva continuare a farle questo. Non poteva continuare ad odiarla con le parole e ad amarla con il suo corpo. Lei non assaggiò niente del suo precedente risentimento. Niente dell'odio che aveva così ardentemente sparso per la stanza a spese del suo cuore ferito. Assaggiò solo Spike – solo le sue labbra peccaminose e la sua lingua di seta. Assaggiò disperazione e disperazione, angoscia e speranza. Assaggiò le sue stesse lacrime e mandò giù i suoi lamenti con una fame che non avrebbe potuto negare, anche se ogni centimetro di lei si sbriciolava.

    L'avrebbe uccisa. Forse non nel modo in cui aveva progettato, ma l'avrebbe fatto. L'avrebbe uccisa facendo sì che lei lo amasse. Il suo amore per lui l'avrebbe uccisa.

    “Cacciatrice” boccheggiò lui trai baci, succhiandole avidamente la lingua. “Buffy. Cosa mi hai fatto? Dio, cosa hai fatto? Cosa mi avresti fatto se te l'avessi lasciato fare?”

    Lei era così stanca di piangere. Così tremendamente stanca. Odiava il bruciare nei suoi occhi e l'odore stremato di lacrime che inquinava l'aria. Era così disgustata dal piangere. Così dannatamente disgustata.

    Ed era stanca di correre. Era stanca di danzare attorno a questo problema. Attorno a lui. Attorno a tutto. Forse – solo forse – se lui avesse saputo come lei sentiva le cose sarebbe cambiato. Forse avrebbe capitolo quanto lei era persa. Quanto questo le stesse costando. Quanto i suoi baci la tenevano in pezzi mentre lei tentava di rimetterli insieme. Forse.

    Fu un momento di debolezza. Niente di più. Ma doveva vedere.

    Non ci sarebbe stato nient'altro da perdere.

    “Ti avrei amato, Spike” mormorò, forzandosi a mantenersi diritta, anche se la bocca di lui gelò contro la sua per lo shock. Allora non riuscì a guardarlo – non riuscì a toccarlo. Non poteva essere tenuta quando lui seppe. L'ultimo limite era stato oltrepassato; era fuori ora e non c'era ritorno indietro.

    La sua risposta viveva in una parola. Una parola.

    “Cacciatrice-”

    Caccatrice.

    Il pezzo finale di lei fu staccato via. Buffy si sciolse nel dolore, e scattò svegliandosi il secondo successivo con un singhiozzo schiacciante.

    Ed ecco qui. Era tutto fuori. Lui sapeva. Lui sapeva.

    E avrebbe usato la sua conoscenza per distruggerla.

    *~*~*


    Buffy non voleva sapere come appariva mentre si avvicinava a Giles la mattina successiva. I suoi occhi erano infiammati e rossi, la fatica reclamava ogni muscolo nel suo corpo. Era nervosa per il caffé che si era forzata a bere e così esausta per l'aver evitato il sonno che temeva di poter collassare.

    Ma non poteva dormire. Non ora. Non quando Spike sapeva. Non poteva fronteggiarlo di nuovo.

    “Buffy?” chiese Giles, sistemando gli occhiali sopra il volume antico che stava studiando, gli occhi spalancati per la preoccupazione. “Cosa c'è che non va?”

    Un sorriso dolorosamente privo di allegria le allungò il viso, facendole dolore le labbra. “Non va?” ripeté lei. “Cosa le fa credere che qualcosa non vada?”

    “La scuola non inizia tra altri novanta minuti, e so che non sei qui per l'allenamento” Fece una pausa significativa. “E' Spike?”

    Giles non aveva bisogno di una risposta – soltanto menzionare il nome del vampiro aveva fatto ancora una volta riempire di lacrime i suoi occhi esausti. Dio, se avesse pianto un'altra dannata lacrima...

    “Ho bisogno di qualcosa” disse lei, esplicitamente evitando il suo sguardo. “Ho bisogno... ho bisogno di qualcosa che terrà lontani i sogni”

    “Lontani?”

    Buffy si morse il labbro e annuì, pregando che non facesse ricerche. Pregando che non chiedesse domande. Ammettere i suoi sentimenti a Spike le era costato tutto – ammetterli a Giles, oltre quello che già sapeva, l'avrebbe resa completamente sola. “Io solo... ho bisogno di qualcosa... che mi lascerà dormire senza sognare” Tremò forte, combattendo per il controllo. “Mi aiuti?”

    “Naturalmente”

    Furono i suoi occhi che lo fecero. I suoi occhi la fecero peggiorare di nuovo. La gentilezza. La compassione. L'amore. Giles l'amava. Era il suo padre surrogato, e lui l'amava. Naturalmente l'avrebbe aiutata.

    Era così bello sapere che era amata che non rimase altro da fare se non piangere.

    Capitolo VII

    Il ciondolo che Giles scoprì per lei funzionò come un incanto – il che, Buffy suppose, era il punto. La notte lasciava scivolare la catena attorno al collo e si svegliava il giorno successivo rinfrescata, ringiovanita, e completamente senza sogni. Non c'era nessuno Spike a spezzarla. Nessuno Spike ad accarezzarle la pelle con le sue mani e la sua bocca. Nessuno Spike a riempirle il cuore di tacite promesse. Nessuno Spike a distruggerla con quello che sapeva – la realizzazione derisoria che lei si era permessa di innamorarsi di lui quando lui non si era permesso di contraccambiare il suo amore.

    Non c'era nessuno Spike. Solo riposo.

    E le mancava. Le mancava così tanto, e si odiava perché le mancava così tanto.

    Il paio di settimane che seguirono l'incidente alla chiesa furono vuote di tutto. Le ronde erano tranquille, la scuola divenne un noioso esempio di ripetizione, e i suoi amici la evitavano senza preoccuparsi di spiegare perché, sebbene non era che lei avesse bisogno di un disegno. Il suo umore che seguiva l'incapacità di Spike – che seguiva la notte in cui le aveva detto quanto odiava quello che lei gli stava facendo – non era esattamente invitante, e loro erano ancora storditi fino alla stupidità per la sua reazione al crollo dell'organo a canne.

    Sebbene sapesse che doveva essere ferita dal loro comportamento evasivo, lei tutta non riusciva a farsene importare un accidenti. Mentre le sue notti rimanevano tranquille e il suo sonno indisturbato, la sua mente rifiutava di trattenersi dal ritornare al vampiro che possedeva il suo cuore.

    Le cose che aveva detto... le terribili cose che aveva detto.

    Nell'assordante silenzio, Buffy non poté fare a meno di chiedersi cosa sarebbe cambiato. Come sarebbero state le cose se Spike non avesse invaso i suoi sogni la notte in cui aveva attaccato la scuola. Se avessero continuato come nemici. Se fosse stata in grado di vederlo come il suo avversario e non come il suo amante. Se non avesse mai assaggiato il peccato delle sue labbra o conosciuto la semplice beatitudine delle sue mani sul suo corpo. Se fosse stata in grado di guardarlo in modo spassionato – come un ostacolo da superare.

    Spike era un avversario formidabile con o senza il vantaggio emozionale. Forse non era stata la sola ad ammorbidirsi con lui a causa di questa cosa che avevano condiviso. Forse era viva solo perché Spike non riusciva a spingersi ad uccidela. Non con le sue mani. Di sicuro non gli importava di distruggerla con le sue parole, ma aveva avuto possibilità su possibilità per concludere la sua vita e le aveva sempre evitate prima che potesse portarle a termine. Se non avessero condiviso i sogni, uno di loro sarebbe stato morto ora?

    Lei stava respirando solo perché a Spike piaceva il modo in cui gemeva per lui? E se era così, cosa sarebbe successo quando lui fosse guarito? Quando le ossa rotte che lo tenevano confinato fossero riparate, e le sue ronde non fossero più tranquille e non movimentate? Era stato così duro l'ultima volta che avevano parlato. Così appassionatamente spassionato. L'aveva fatta a pezzi con le parole, l'aveva rimessa insieme con i baci, e aveva guardato mentre lei si scavava una prematura tomba con il peso della sua ammissione di cuore.

    Buffy tremò e si strofinò gli occhi, sorpassando lateralmente una lapide mentre voltava per andare a casa dopo un'altra ronda noiosa. Solo alcuni vampiri stanotte – tutti principianti e nessuna sfida. Angel non si era neanche più preoccupato di nascondersi in giro. Non che lei lo biasimasse, naturalmente, data l'immensamente fredda natura della sua spalla nelle ultime settimane. Da quando i sogni erano cominciati aveva praticamente ignorato il suo aspirante ragazzo, anche all'inizio quando il tocco di Spike era arrivato con forza brutale piuttosto che con la tenerezza di cui si era innamorata. La tenerezza che era morta quando l'organo si era fracassato; tenerezza che non avrebbe visto di nuovo.

    Tenerezza che le dava e per la quale Spike si odiava.

    Sarebbe stato più gentile se lui avesse tentato di strapparle la gola, o avesse fatto qualcosa che avesse tirato linee definitive. Quello le avrebbe dato una ragione per odiarlo così il suo cuore non avrebbe urlato per la maledizione di amarlo.

    C'era qualcosa di non amabile in lei? Qualcosa che non aveva – qualcosa che la sua umanità le evitava di vedere? La natura esigeva che le loro relazioni consistessero di sangue e odio. Lui era un mostro senz'anima, responsabile per chissà quante morti e il possessore di una coscienza libera da colpa. Lui era la personificazione di tutto quello che lei odiava – tutto quello che le era stato inculcato di combattere e distruggere. Lui era un cattivo non pentito, e lo ostentava ogni volta che poteva.

    Ma da qualche parte dentro il killer c'era un uomo. Un uomo che il demone non era stato in grado di ridurre al silenzio. Un uomo che era molto umano – un uomo che l'aveva toccata e le aveva sorriso e baciato le labbra mentre le stofinava la clitoride e le mormorava quant'era bella. Non c'era niente di inumano nello Spike di cui lei si era innamorata. Era la dicotomia tra le due facciate – poli opposti che componevano lo stesso essere. Entrambi lati di lui che giocavano un ruolo essenziale in chi era.

    L'uomo la voleva. Mentre il suo cuorpo doleva per la ferita del suo rifiuto, mentre i suoi occhi erano infiammati per il pianto, non c'era dubbio nel suo cuore che Spike la voleva. Oltre la semplice conoscenza basata sulle parole che aveva detto – le confessioni arrabbiate che le aveva urlato contro mentre si convinceva a mettere fine alla sua vita – lei sapeva che lui la voleva in qualche forma oltre il fisico. Lui la voleva solo come sua amante compiacente; la voleva per essere la donna a cui rivolgersi ogni volta che Drusilla non si sentiva di darla. La voleva per essere qualcuno con cui poter godere del sesso e il fatto che lei era una cacciatrice giocava un ruolo funzionale nella sua attrazione. Se fosse stata la classica vecchia Buffy a lui non sarebbe importato un'accidenti. Non le avrebbe rivolto una seconda occhiata.

    Quindi oltre il fisico, era lo scopare una cacciatrice. Lui amava l'idea del frutto proibito; solo non amava l'idea dell'amare il frutto in sé.

    L'aria fredda della notte asciugava le sue guance bagnate. Buffy tremò forte, incrociando le braccia, gli occhi incollati a terra mentre camminava il sentiero imparato a memoria verso casa. Forse stava guardando troppo con attenzione. Forse non c'era affatto niente di speciale in lei. Certo, poteva cacciare vampiri con il meglio di loro, ma sapeva davvero come essere femminile? Come essere una donna? Il suo passato era disseminato da così pochi casi in cui si era occupata di relazioni mature con il sesso opposto. Il suo ragazzo a Los Angeles – che scherzo. Tutto quello che lei e Tyler avevano mai fatto con qualche misura di successo era litigare riguardo a quanto lei non fosse disposta a darla, anche se tutti gli altri ragazzi lo facevano. Lui l'aveva accusata di essere un pesce freddo, tra le altre cose – tutta apparenza e nessuna azione. Era pubblicizzata come un affare, aveva detto lui, ma il prodotto in sé era guasto.

    All'epoca, Buffy lo aveva cancellato completamente come un idiota che voleva il sesso e non sapeva accettare un no come risposta. Il suo ego ne aveva sofferto un po'; era stata, dopo tutto, una delle ragazze più popolari della scuola fino a quando non era stata bollata come piromane. Anche allora, comunque, le parole di Tyler non avevano ferito affatto. Non era come se lei avesse voluto essere una piromane – non aveva avuto scelta. Era la Prescelta. L'Unica. La Cacciatrice. I vampiri erano cattivi e dovevano essere uccisi e lei aveva ritenuto che il fuoco fosse il metodo migliore per uccidere quando erano in numero drasticamente maggiore.

    Quella notte, aveva intravisto negli occhi la sua stessa mortalità e aveva capito quanto facilmente la sua vita potesse finire. Ma era ancora viva. Tre anni erano passati come la Cacciatrice – non che tenesse il record o altro, ma non era niente su cui starnutire. Era ancora viva. Era viva abbastanza da mangiare, bere, respirare, e piangere. Era viva abbastanza da arrampicarsi in camera sua grazie all'albero fuori la sua finestra – quello in apparenza piantato con la specifica intenzione di entrare di nascosto in casa. Era viva abbastanza da togliersi i vestiti, fare una doccia veloce, indossare il suo pigiama preferito e andare a letto. Era viva abbastanza da far scivolare una catena attorno al collo e toccare col dito il ciondolo cullato tra i suoi seni. Era viva abbastanza da desiderare il mattino così che la sua mente non fosse occupata da questi pensieri fastidiosi. Così non sarebbe rimasta sveglia tutta la notte a domandarsi se la sua mancanza di femminilità e la sua sovrabbondanza di cacciatrice erano veramente il problema che Tyler aveva ritenuto che fossero. Se Spike non poteva amarla – o amare stare con lei – era a mala pena una donna punto.

    La sua esperienza come Donna Buffy era completamente finita la notte in cui aveva polverizzato il suo primo vampiro. Merrick si era preso la parte di lei indicata ad imparare come amare ed essere amata, le aveva dato in cambio un paletto, e le aveva detto che il suo futuro consisteva essenzialmente nell'appartenere a lui. Così quando era arrivata a Sunnydale, sapeva le regole degli appuntamenti – come giocare il gioco – ma c'era sempre la voce pignola nella sua testa che prometteva una mancanza di qualsiasi tipo di futuro. La Donna Interna aveva fallito con tutti i ragazzi che avevano mostrato interesse all'inizio. C'era stato Xander, sebbene non si vedesse ad uscire con lui a meno che non fosse essenziale per popolare il pianeta dopo un olocausto nuclerare. C'era stato Owen, che aveva amato la Cacciatrice e aveva pensato che la Donna fosse una sciocca – anche se era stato troppo carino per dire altrettanto. E c'era stato Angel. Angel che, all'inizio, sembrava interessato solo alla Cacciatrice; era stato solo molto più tardi – anche dopo l'iniziale baciarsi – che lei aveva iniziato a credere che lui potesse volere anche la Donna.

    Buffy non sapeva come giocare il gioco. La Donna iniziava a perdere, dominata completamente dal comando della Cacciatrice. La sua vita era definita da cosa lei era mentre veniva ignorato chi lei fosse. Che ne sapeva lei dell'amare, tranne capire che amava Spike? Che ne sapeva lei del dare piacere a qualcuno, tranne capire che voleva dare piacere a Spike? Che ne sapeva lei dei cuori a pezzi, tranne capire che il suo era a pezzi?

    Come poteva sperare di paragonarsi ad un vampiro che non era definito da chi era perché i vampiri non avevano questi dilemmi etici? Come poteva essere all'altezza di una donna che sapeva esattamente come essere una donna?

    Non lo sapeva. Forse non era destinata a saperlo.

    Tutto quello che sapeva di sicuro – adesso – era che il suo cuscino sarebbe stato di nuovo zuppo di lacrime. La sua notte sarebbe stata ancora senza sogni. Si sarebbe svegliata ancora rinfrescata ma infelice.

    Si domandò se Spike si stesse sognando ancora nella stanza. Se pensava a lei affatto mentre era lì, o se era grato che avesse finalmente fatto la sua uscita.

    Si domandò quanto tempo aveva fino a quando lui camminasse di nuovo.

    Si domandò.

    E dormì.

    Ma non sognò.

    *~*~*


    Rimase in piedi di fronte allo specchio per lungo tempo, fissando i suoi occhi fino a che gli oggetti sullo sfondo svanirono in una massa turbinante di colore senza forma. Fino a quando le sue pupille non sembrarono più pupille e il suo viso divenne così poco familiare che a mala pena riconobbe se stessa.

    Buffy aveva sperimentato la sua quota di brutti compleanni. Questo era definitivamente il peggiore.

    Non sapeva perché diciassette sembrava un tale rito di passaggio. Come qualcosa che la spingeva oltre quella soglia finale, urlando che se non avesse imparato ancora ad essere umana – una donna – i suoi anni successivi avrebbero avuto poca speranza. Non era come se quando si diventa diciassettenni accade qualcosa di speciale, oltre che l'accesso ai film vietati ai minori. Beh, l'accesso legale – il tipo che viene senza dover mostrare un sorriso civettuolo e battere i suoi occhi da ragazzina.

    Film vietati ai minori. Il culmine del suo diciassettesimo compleanno.

    Non aveva mai sentito di qualcuno che aveva una crisi di età a diciassette anni. Forse era uno scherzo di natura. Tutto quello che sapeva adesso – in piedi davanti allo specchio a fissare un'estranea – era che aveva ferito qualcuno a cui teneva. Qualcuno che avrebbe potuto amare se le cose fossero andate diversamente.

    E l'aveva fatto perché voleva sentire qualcosa. Sentire qualsiasi cosa. Sentirsi degna come donna. Perchè, dopo tutto, se non avesse imparato ad essere una donna quando aveva diciassette anni, non c'era speranza per lei negli anni vuoti a venire.

    Angel meritava più di quello. Era stato così paziente con lei. Così gentile e comprensivo. Non l'aveva spinta per una spiegazione riguardo lo sfacelo con Spike, anche se i suoi occhi avevano tradito una conoscenza più profonda delle parole. Non le aveva chiesto appuntamenti o cercato di baciarla o altro che suggerisse che era ancora interessato a lei come donna, se davvero lo era stato. No, dopo che l'iniziale periodo di evitazione era finito, Angel era emerso sperimentalmente dalle ombre come suo compagno di ronda. Suo amico. Qualcuno che la faceva sentire protetta in un mondo dove era sempre più consapevole che l'immobilità di Spike sarebbe stata presto una cosa del passato, e poi avrebbe dovuto fronteggiare l'uomo che amava sul serio. In questo mondo e non in un posto di sogni abbandonati.

    Non sapeva come sapeva che Spike era ancora in città – solo era così. Lo sentiva ovunque andasse. Stasera non era stata eccezione. Stasera, infatti, l'aveva spinta oltre il limite.

    Non c'era scusa per quello che aveva fatto. Per quanto male aveva trattato Angel.


    Buffy tremò, il riflesso che si offuscava sotto il peso delle sue lacrime. Non aveva idea di come sarebbe stata in grado di guardarlo di nuovo in viso. Dio, non sapeva neanche cosa aveva pensato di realizzare. Non sarebbe potuta essere sotto l'illusione che l'avrebbe fatta sentire meglio, perché non c'era mai stato un punto più basso. Era sporca – era più in basso della sporcizia. Si era sfregata la pelle quattro volte adesso da quando era arrivata a casa e ancora soffocava nella sporcizia.

    Almeno prima la sua sofferenza era stata la sua. Ora ci aveva trascinato anche Angel. Aveva ferito un amico perché voleva sentire. Voleva una prova. Voleva una conferma.

    Principalmente, comunque, voleva un castigo. Spike le aveva praticamente proibito di guardare Angel all'epoca quando gliene importava. E parte di lei – la parte più grande – la parte che non poteva più tenere silenziosa – voleva fargli male. Voleva sapere se toccando Angel avrebbe fatto sanguinare Spike nel modo in cui lui l'aveva fatta sanguinare. Se lui si sarebbe consumato in agonia ogni secondo da sveglio della sua fiduciosamente ora miserabile esistenza perché lei aveva fatto qualcosa di intimo con un uomo che non era lui.

    Buffy non aveva dato ad Angel la sua verginità. Quella parte di lei, ancora ora, la sentiva riservata a Spike. Il suo cuore non poteva capire di darsi ad un altro. Ma aveva toccato Angel nel modo in cui aveva toccato Spike. Aveva finto che lui fosse qualcun altro. Aveva finto di poterlo amare, ed era venuto fuori limpido e chiaro nella sua esecuzione.

    Lo aveva preso nella bocca perché Spike lo amava quando lei lo faceva. Il suo scalpo bruciava dove le sue dite si erano intrecciate nei suoi capelli, e si domandò se sarebbe diventata sorda per la ripetizione crudele della sua mente dei suoi lamenti euforici. Non c'era parte di lei che non era ricoperta da sporcizia.

    La sua mente aveva immaginato qualcun altro. Il suo cuore aveva voluto qualcun altro. Era quella consapevolezza combinata con il disgusto per se stessa che le aveva impedito di dargli la sua fica. Diavolo, gli aveva negato persino un bacio. Tutto era stato così insensibile, così freddo e distante. Si era pulita la bocca con il retro della mano mentre si tirava su sulle gambe traballanti. Angel si era allungato verso di lei, o per abbracciarla o per reclamare la sua bocca, non sapeva quale, e lei si era voltata sui tacchi e aveva fatto una corsa matta verso il santuario della sua stanza.

    Era un mostro. Aveva dato ad Angel un secondo di felicità prima di tirarglielo via. E ora era lì in piedi – che fissava l'estranea vivente nel suo specchio e si domandava se la sua pelle sarebbe mai stata pulita.

    Si domandava se Angel potesse mai perdonarla per averlo usato così crudelmente come aveva fatto. Per aver cercato di convalidare se stessa come donna ferendo qualcuno a cui probablmente non importava un'accidenti del cazzo di chi succhiava. E se l'avesse fatto – se a Spike fosse importato – sarebbe stato solo perché la sua amante era sua proprietà e non gli piaceva dividerla con gli altri bambini.

    Buffy era così tremendamente disgustata da se stessa che riusciva a malapena a muoversi. Tuttavia in qualche modo, riuscì a trascinarsi in doccia un'ultima volta. Riuscì a cambiarsi nel suo pigiama e ad arrampicarsi nel letto.

    I suoi occhi erano così pesanti che si addormentò il secondo in cui la sua testa toccò il cuscino.

    Il ciondolo, nascosto sotto un mucchio di biglietti di compleanno, fu dimenticato.

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    Capitolo VII

    Il ciondolo che Giles scoprì per lei funzionò come un incanto – il che, Buffy suppose, era il punto. La notte lasciava scivolare la catena attorno al collo e si svegliava il giorno successivo rinfrescata, ringiovanita, e completamente senza sogni. Non c'era nessuno Spike a spezzarla. Nessuno Spike ad accarezzarle la pelle con le sue mani e la sua bocca. Nessuno Spike a riempirle il cuore di tacite promesse. Nessuno Spike a distruggerla con quello che sapeva – la realizzazione derisoria che lei si era permessa di innamorarsi di lui quando lui non si era permesso di contraccambiare il suo amore.

    Non c'era nessuno Spike. Solo riposo.

    E le mancava. Le mancava così tanto, e si odiava perché le mancava così tanto.

    Il paio di settimane che seguirono l'incidente alla chiesa furono vuote di tutto. Le ronde erano tranquille, la scuola divenne un noioso esempio di ripetizione, e i suoi amici la evitavano senza preoccuparsi di spiegare perché, sebbene non era che lei avesse bisogno di un disegno. Il suo umore che seguiva l'incapacità di Spike – che seguiva la notte in cui le aveva detto quanto odiava quello che lei gli stava facendo – non era esattamente invitante, e loro erano ancora storditi fino alla stupidità per la sua reazione al crollo dell'organo a canne.

    Sebbene sapesse che doveva essere ferita dal loro comportamento evasivo, lei tutta non riusciva a farsene importare un accidenti. Mentre le sue notti rimanevano tranquille e il suo sonno indisturbato, la sua mente rifiutava di trattenersi dal ritornare al vampiro che possedeva il suo cuore.

    Le cose che aveva detto... le terribili cose che aveva detto.

    Nell'assordante silenzio, Buffy non poté fare a meno di chiedersi cosa sarebbe cambiato. Come sarebbero state le cose se Spike non avesse invaso i suoi sogni la notte in cui aveva attaccato la scuola. Se avessero continuato come nemici. Se fosse stata in grado di vederlo come il suo avversario e non come il suo amante. Se non avesse mai assaggiato il peccato delle sue labbra o conosciuto la semplice beatitudine delle sue mani sul suo corpo. Se fosse stata in grado di guardarlo in modo spassionato – come un ostacolo da superare.

    Spike era un avversario formidabile con o senza il vantaggio emozionale. Forse non era stata la sola ad ammorbidirsi con lui a causa di questa cosa che avevano condiviso. Forse era viva solo perché Spike non riusciva a spingersi ad uccidela. Non con le sue mani. Di sicuro non gli importava di distruggerla con le sue parole, ma aveva avuto possibilità su possibilità per concludere la sua vita e le aveva sempre evitate prima che potesse portarle a termine. Se non avessero condiviso i sogni, uno di loro sarebbe stato morto ora?

    Lei stava respirando solo perché a Spike piaceva il modo in cui gemeva per lui? E se era così, cosa sarebbe successo quando lui fosse guarito? Quando le ossa rotte che lo tenevano confinato fossero riparate, e le sue ronde non fossero più tranquille e non movimentate? Era stato così duro l'ultima volta che avevano parlato. Così appassionatamente spassionato. L'aveva fatta a pezzi con le parole, l'aveva rimessa insieme con i baci, e aveva guardato mentre lei si scavava una prematura tomba con il peso della sua ammissione di cuore.

    Buffy tremò e si strofinò gli occhi, sorpassando lateralmente una lapide mentre voltava per andare a casa dopo un'altra ronda noiosa. Solo alcuni vampiri stanotte – tutti principianti e nessuna sfida. Angel non si era neanche più preoccupato di nascondersi in giro. Non che lei lo biasimasse, naturalmente, data l'immensamente fredda natura della sua spalla nelle ultime settimane. Da quando i sogni erano cominciati aveva praticamente ignorato il suo aspirante ragazzo, anche all'inizio quando il tocco di Spike era arrivato con forza brutale piuttosto che con la tenerezza di cui si era innamorata. La tenerezza che era morta quando l'organo si era fracassato; tenerezza che non avrebbe visto di nuovo.

    Tenerezza che le dava e per la quale Spike si odiava.

    Sarebbe stato più gentile se lui avesse tentato di strapparle la gola, o avesse fatto qualcosa che avesse tirato linee definitive. Quello le avrebbe dato una ragione per odiarlo così il suo cuore non avrebbe urlato per la maledizione di amarlo.

    C'era qualcosa di non amabile in lei? Qualcosa che non aveva – qualcosa che la sua umanità le evitava di vedere? La natura esigeva che le loro relazioni consistessero di sangue e odio. Lui era un mostro senz'anima, responsabile per chissà quante morti e il possessore di una coscienza libera da colpa. Lui era la personificazione di tutto quello che lei odiava – tutto quello che le era stato inculcato di combattere e distruggere. Lui era un cattivo non pentito, e lo ostentava ogni volta che poteva.

    Ma da qualche parte dentro il killer c'era un uomo. Un uomo che il demone non era stato in grado di ridurre al silenzio. Un uomo che era molto umano – un uomo che l'aveva toccata e le aveva sorriso e baciato le labbra mentre le stofinava la clitoride e le mormorava quant'era bella. Non c'era niente di inumano nello Spike di cui lei si era innamorata. Era la dicotomia tra le due facciate – poli opposti che componevano lo stesso essere. Entrambi lati di lui che giocavano un ruolo essenziale in chi era.

    L'uomo la voleva. Mentre il suo cuorpo doleva per la ferita del suo rifiuto, mentre i suoi occhi erano infiammati per il pianto, non c'era dubbio nel suo cuore che Spike la voleva. Oltre la semplice conoscenza basata sulle parole che aveva detto – le confessioni arrabbiate che le aveva urlato contro mentre si convinceva a mettere fine alla sua vita – lei sapeva che lui la voleva in qualche forma oltre il fisico. Lui la voleva solo come sua amante compiacente; la voleva per essere la donna a cui rivolgersi ogni volta che Drusilla non si sentiva di darla. La voleva per essere qualcuno con cui poter godere del sesso e il fatto che lei era una cacciatrice giocava un ruolo funzionale nella sua attrazione. Se fosse stata la classica vecchia Buffy a lui non sarebbe importato un'accidenti. Non le avrebbe rivolto una seconda occhiata.

    Quindi oltre il fisico, era lo scopare una cacciatrice. Lui amava l'idea del frutto proibito; solo non amava l'idea dell'amare il frutto in sé.

    L'aria fredda della notte asciugava le sue guance bagnate. Buffy tremò forte, incrociando le braccia, gli occhi incollati a terra mentre camminava il sentiero imparato a memoria verso casa. Forse stava guardando troppo con attenzione. Forse non c'era affatto niente di speciale in lei. Certo, poteva cacciare vampiri con il meglio di loro, ma sapeva davvero come essere femminile? Come essere una donna? Il suo passato era disseminato da così pochi casi in cui si era occupata di relazioni mature con il sesso opposto. Il suo ragazzo a Los Angeles – che scherzo. Tutto quello che lei e Tyler avevano mai fatto con qualche misura di successo era litigare riguardo a quanto lei non fosse disposta a darla, anche se tutti gli altri ragazzi lo facevano. Lui l'aveva accusata di essere un pesce freddo, tra le altre cose – tutta apparenza e nessuna azione. Era pubblicizzata come un affare, aveva detto lui, ma il prodotto in sé era guasto.

    All'epoca, Buffy lo aveva cancellato completamente come un idiota che voleva il sesso e non sapeva accettare un no come risposta. Il suo ego ne aveva sofferto un po'; era stata, dopo tutto, una delle ragazze più popolari della scuola fino a quando non era stata bollata come piromane. Anche allora, comunque, le parole di Tyler non avevano ferito affatto. Non era come se lei avesse voluto essere una piromane – non aveva avuto scelta. Era la Prescelta. L'Unica. La Cacciatrice. I vampiri erano cattivi e dovevano essere uccisi e lei aveva ritenuto che il fuoco fosse il metodo migliore per uccidere quando erano in numero drasticamente maggiore.

    Quella notte, aveva intravisto negli occhi la sua stessa mortalità e aveva capito quanto facilmente la sua vita potesse finire. Ma era ancora viva. Tre anni erano passati come la Cacciatrice – non che tenesse il record o altro, ma non era niente su cui starnutire. Era ancora viva. Era viva abbastanza da mangiare, bere, respirare, e piangere. Era viva abbastanza da arrampicarsi in camera sua grazie all'albero fuori la sua finestra – quello in apparenza piantato con la specifica intenzione di entrare di nascosto in casa. Era viva abbastanza da togliersi i vestiti, fare una doccia veloce, indossare il suo pigiama preferito e andare a letto. Era viva abbastanza da far scivolare una catena attorno al collo e toccare col dito il ciondolo cullato tra i suoi seni. Era viva abbastanza da desiderare il mattino così che la sua mente non fosse occupata da questi pensieri fastidiosi. Così non sarebbe rimasta sveglia tutta la notte a domandarsi se la sua mancanza di femminilità e la sua sovrabbondanza di cacciatrice erano veramente il problema che Tyler aveva ritenuto che fossero. Se Spike non poteva amarla – o amare stare con lei – era a mala pena una donna punto.

    La sua esperienza come Donna Buffy era completamente finita la notte in cui aveva polverizzato il suo primo vampiro. Merrick si era preso la parte di lei indicata ad imparare come amare ed essere amata, le aveva dato in cambio un paletto, e le aveva detto che il suo futuro consisteva essenzialmente nell'appartenere a lui. Così quando era arrivata a Sunnydale, sapeva le regole degli appuntamenti – come giocare il gioco – ma c'era sempre la voce pignola nella sua testa che prometteva una mancanza di qualsiasi tipo di futuro. La Donna Interna aveva fallito con tutti i ragazzi che avevano mostrato interesse all'inizio. C'era stato Xander, sebbene non si vedesse ad uscire con lui a meno che non fosse essenziale per popolare il pianeta dopo un olocausto nuclerare. C'era stato Owen, che aveva amato la Cacciatrice e aveva pensato che la Donna fosse una sciocca – anche se era stato troppo carino per dire altrettanto. E c'era stato Angel. Angel che, all'inizio, sembrava interessato solo alla Cacciatrice; era stato solo molto più tardi – anche dopo l'iniziale baciarsi – che lei aveva iniziato a credere che lui potesse volere anche la Donna.

    Buffy non sapeva come giocare il gioco. La Donna iniziava a perdere, dominata completamente dal comando della Cacciatrice. La sua vita era definita da cosa lei era mentre veniva ignorato chi lei fosse. Che ne sapeva lei dell'amare, tranne capire che amava Spike? Che ne sapeva lei del dare piacere a qualcuno, tranne capire che voleva dare piacere a Spike? Che ne sapeva lei dei cuori a pezzi, tranne capire che il suo era a pezzi?

    Come poteva sperare di paragonarsi ad un vampiro che non era definito da chi era perché i vampiri non avevano questi dilemmi etici? Come poteva essere all'altezza di una donna che sapeva esattamente come essere una donna?

    Non lo sapeva. Forse non era destinata a saperlo.

    Tutto quello che sapeva di sicuro – adesso – era che il suo cuscino sarebbe stato di nuovo zuppo di lacrime. La sua notte sarebbe stata ancora senza sogni. Si sarebbe svegliata ancora rinfrescata ma infelice.

    Si domandò se Spike si stesse sognando ancora nella stanza. Se pensava a lei affatto mentre era lì, o se era grato che avesse finalmente fatto la sua uscita.

    Si domandò quanto tempo aveva fino a quando lui camminasse di nuovo.

    Si domandò.

    E dormì.

    Ma non sognò.

    *~*~*


    Rimase in piedi di fronte allo specchio per lungo tempo, fissando i suoi occhi fino a che gli oggetti sullo sfondo svanirono in una massa turbinante di colore senza forma. Fino a quando le sue pupille non sembrarono più pupille e il suo viso divenne così poco familiare che a mala pena riconobbe se stessa.

    Buffy aveva sperimentato la sua quota di brutti compleanni. Questo era definitivamente il peggiore.

    Non sapeva perché diciassette sembrava un tale rito di passaggio. Come qualcosa che la spingeva oltre quella soglia finale, urlando che se non avesse imparato ancora ad essere umana – una donna – i suoi anni successivi avrebbero avuto poca speranza. Non era come se quando si diventa diciassettenni accade qualcosa di speciale, oltre che l'accesso ai film vietati ai minori. Beh, l'accesso legale – il tipo che viene senza dover mostrare un sorriso civettuolo e battere i suoi occhi da ragazzina.

    Film vietati ai minori. Il culmine del suo diciassettesimo compleanno.

    Non aveva mai sentito di qualcuno che aveva una crisi di età a diciassette anni. Forse era uno scherzo di natura. Tutto quello che sapeva adesso – in piedi davanti allo specchio a fissare un'estranea – era che aveva ferito qualcuno a cui teneva. Qualcuno che avrebbe potuto amare se le cose fossero andate diversamente.

    E l'aveva fatto perché voleva sentire qualcosa. Sentire qualsiasi cosa. Sentirsi degna come donna. Perchè, dopo tutto, se non avesse imparato ad essere una donna quando aveva diciassette anni, non c'era speranza per lei negli anni vuoti a venire.

    Angel meritava più di quello. Era stato così paziente con lei. Così gentile e comprensivo. Non l'aveva spinta per una spiegazione riguardo lo sfacelo con Spike, anche se i suoi occhi avevano tradito una conoscenza più profonda delle parole. Non le aveva chiesto appuntamenti o cercato di baciarla o altro che suggerisse che era ancora interessato a lei come donna, se davvero lo era stato. No, dopo che l'iniziale periodo di evitazione era finito, Angel era emerso sperimentalmente dalle ombre come suo compagno di ronda. Suo amico. Qualcuno che la faceva sentire protetta in un mondo dove era sempre più consapevole che l'immobilità di Spike sarebbe stata presto una cosa del passato, e poi avrebbe dovuto fronteggiare l'uomo che amava sul serio. In questo mondo e non in un posto di sogni abbandonati.

    Non sapeva come sapeva che Spike era ancora in città – solo era così. Lo sentiva ovunque andasse. Stasera non era stata eccezione. Stasera, infatti, l'aveva spinta oltre il limite.

    Non c'era scusa per quello che aveva fatto. Per quanto male aveva trattato Angel.


    Buffy tremò, il riflesso che si offuscava sotto il peso delle sue lacrime. Non aveva idea di come sarebbe stata in grado di guardarlo di nuovo in viso. Dio, non sapeva neanche cosa aveva pensato di realizzare. Non sarebbe potuta essere sotto l'illusione che l'avrebbe fatta sentire meglio, perché non c'era mai stato un punto più basso. Era sporca – era più in basso della sporcizia. Si era sfregata la pelle quattro volte adesso da quando era arrivata a casa e ancora soffocava nella sporcizia.

    Almeno prima la sua sofferenza era stata la sua. Ora ci aveva trascinato anche Angel. Aveva ferito un amico perché voleva sentire. Voleva una prova. Voleva una conferma.

    Principalmente, comunque, voleva un castigo. Spike le aveva praticamente proibito di guardare Angel all'epoca quando gliene importava. E parte di lei – la parte più grande – la parte che non poteva più tenere silenziosa – voleva fargli male. Voleva sapere se toccando Angel avrebbe fatto sanguinare Spike nel modo in cui lui l'aveva fatta sanguinare. Se lui si sarebbe consumato in agonia ogni secondo da sveglio della sua fiduciosamente ora miserabile esistenza perché lei aveva fatto qualcosa di intimo con un uomo che non era lui.

    Buffy non aveva dato ad Angel la sua verginità. Quella parte di lei, ancora ora, la sentiva riservata a Spike. Il suo cuore non poteva capire di darsi ad un altro. Ma aveva toccato Angel nel modo in cui aveva toccato Spike. Aveva finto che lui fosse qualcun altro. Aveva finto di poterlo amare, ed era venuto fuori limpido e chiaro nella sua esecuzione.

    Lo aveva preso nella bocca perché Spike lo amava quando lei lo faceva. Il suo scalpo bruciava dove le sue dite si erano intrecciate nei suoi capelli, e si domandò se sarebbe diventata sorda per la ripetizione crudele della sua mente dei suoi lamenti euforici. Non c'era parte di lei che non era ricoperta da sporcizia.

    La sua mente aveva immaginato qualcun altro. Il suo cuore aveva voluto qualcun altro. Era quella consapevolezza combinata con il disgusto per se stessa che le aveva impedito di dargli la sua fica. Diavolo, gli aveva negato persino un bacio. Tutto era stato così insensibile, così freddo e distante. Si era pulita la bocca con il retro della mano mentre si tirava su sulle gambe traballanti. Angel si era allungato verso di lei, o per abbracciarla o per reclamare la sua bocca, non sapeva quale, e lei si era voltata sui tacchi e aveva fatto una corsa matta verso il santuario della sua stanza.

    Era un mostro. Aveva dato ad Angel un secondo di felicità prima di tirarglielo via. E ora era lì in piedi – che fissava l'estranea vivente nel suo specchio e si domandava se la sua pelle sarebbe mai stata pulita.

    Si domandava se Angel potesse mai perdonarla per averlo usato così crudelmente come aveva fatto. Per aver cercato di convalidare se stessa come donna ferendo qualcuno a cui probablmente non importava un'accidenti del cazzo di chi succhiava. E se l'avesse fatto – se a Spike fosse importato – sarebbe stato solo perché la sua amante era sua proprietà e non gli piaceva dividerla con gli altri bambini.

    Buffy era così tremendamente disgustata da se stessa che riusciva a malapena a muoversi. Tuttavia in qualche modo, riuscì a trascinarsi in doccia un'ultima volta. Riuscì a cambiarsi nel suo pigiama e ad arrampicarsi nel letto.

    I suoi occhi erano così pesanti che si addormentò il secondo in cui la sua testa toccò il cuscino.

    Il ciondolo, nascosto sotto un mucchio di biglietti di compleanno, fu dimenticato.

    Capitolo VIII

    Forse se fosse stata in grado di mandar giù il suo rantolo, avrebbe desiderato di essere sveglia.

    La testa di Spike scattò su, le intensità combattute dei suoi occhi blu oceano indavagano in lei con un'intensità che le toglieva il fiato. Stava seduto su un angolo del letto, fronteggiando il muro che era servito per settimane come suo punto di entrata nel loro luogo di incontro segreto, e il minuto in cui i loro sguardi si incontrarono lei sentì ogni nervo di protesta scontrarsi con ogni nervo di sollievo. Dio, voleva correre nelle sue braccia e singhiozzare mentre lui la cullava avanti ed indietro; voleva urlargli contro e colpirgli il torace e domandare di sapere perché aveva lasciato che si innamorasse di lui. Perché l'aveva lasciata affondare così miseramente in un sentimento che non avrebbe mai contraccambiato. Voleva fare così tante cose.

    Principalmente, voleva svegliarsi.

    Spike balzò in piedi, gli occhi lampeggianti di sollievo-pieno-di-oltraggio. “Dove per l'inferno maledetto sei stata?” domandò, precipitandosi in avanti.

    Ogni cellula nel suo corpo era sconvolta e vicina all'esplosione. La sua vicinanza unita con la sua anima stanca e dominata dal senso di colpa le fece versare lacrime lungo le guance in un attimo. Buffy si chiuse completamente, la schiena si scontrò con il muro dietro di lei. Il suo corpo era combattuto – diviso tra l'agonia di amarlo e quanto amarlo le costasse. Non riusciva a guardarlo negli occhi. Non riusciva a fissare il viso dell'uomo che sarebbe stato il suo assassino. I suoi muscoli erano intontiti e la sua volontà era esausta – non sarebbe riuscita a combatterlo se lui avesse attaccato, e non avrebbe potuto nascondersi.

    Lui l'avrebbe fatta a pezzi e non ci sarebbe stato niente che lei avrebbe potuto fare per fermarlo.

    “Oh no” ringhiò Spike, afferrandole il mento e strattonandole il viso verso l'alto. “Non riuscirai a fare questo. Non riuscirai a scomparire per tre maledette settimane e poi fingere di essere timida con me. Dove cazzo sei stata?”

    La sua pelle si agitò e il suo corpo tremò. “Puoi biasimarmi?” mormorò lei. “Dopo l'ultima volta... tu volevi questo”

    “Stronzate”

    “Hai detto-”

    “Fanculo quello che ho detto! Io non -”

    E fu quello. La proverbiale ultima goccia. Buffy non poté più sopportare il suo peso – tutto le si precipitò addosso. Le sue gambe s'accartocciarono e sarebbe collassata se non fosse stata per l'improvvisa presenza delle mani di Spike che le afferravano i fianchi. Il diluvio dietro i suoi occhi si liberò con un singhiozzo, e tutto attorno a lei sfumò.

    “Non posso fare questo” pianse, la voce combattuta tra un sussurro e un lamento. La sua gola era già infiammata per il pianto che non riusciva a fermare. “Non posso. Mi stai uccidendo. Questo... tutto... mi fai a pezzi e poi mi tocchi come... come se importassi. Come se ti importassi. Mi hai accusata di rovinarti la vita e poi... e ora sei arrabbiato con me per averti lasciato da solo? Ho fatto esattamente quello che volevi! Ho fatto esattamente quello che hai detto... ti ho dato tutto. Mio Dio, ti ho dato... e mi sta uccidendo. Vederti mi uccide. Non vederti mi uccide. Queste ultime settimane -”

    “Buffy-”

    “Ho allontanato tutti. I miei amici. Giles. Dio, Angel...” Il freddo le bucò gli interni e lei si accartocciò di nuovo, ed era ancora supportata dalle mani autorevoli del suo vampiro. “Gli ho fatto così male-”

    Spike si irrigidì. “Cosa hai fatto?”

    Sebbene l'avesse a malapena sentito, la risposta pronta le rotolò via dalle labbra. “Volevo dimenticarti. Volevo fartela pagare. Volevo sentire -”

    “Cosa hai fatto?” Il ringhio nella sua voce la fece scattare alla realtà, e sebbene sapesse che sarebbe dovuta farsi piccola di fronte alla possessività brutale nei suoi occhi, l'intera lei non poteva richiamare abbastanza volontà per farsene importare. “Maledetto inferno, Buffy, lo ucciderò. Hai permesso che ti scopasse? Hai -”

    “No. Non sono riuscita a farlo” E poi, solo perché voleva farlo sanguinare, perché voleva validare quello che aveva fatto in qualche modo anche se la colpa rimaneva stabile, aggiunse, “Gli ho fatto un pompino” in una voce che sembrava tutto tranne che la sua.

    L'urlo fuorioso di risposta di Spike fu immensamente gratificante, sebbene la lasciasse vuota. Lanciò il pugno attraverso il muro accanto alla sua testa, le ossa nel suo viso mutarono mentre le sue zanne scendevano. “Tu sei mia!” ringhiò. “L'ucciderò fottutamente. Lo giuro diavolo, il segaiolo è polvere. Nessuno ti tocca. Nessuno!”

    “Tua?” ripeté Buffy incredula, una risata mezza matta le si strappò dalle labbra. “Tua, Spike? Quando? Quando hai deciso? Durante il tempo in cui pensavi che non sto rovinando la tua vita? Volevo che ti facesse stare male. Volevo farti sanguinare perché mi stai uccidendo. Mi stai uccidendo e a te non importa. Ti importa solo che non sarò qui a scoparti quando la tua vera -”

    “Smettila!”

    “- ragazza non è dell'umore. Volevo farti male... Sapevo che Angel ti avrebbe fatto male, e volevo farti male. Ma invece ho fatto male ad Angel... e a me. Ho fatto male a me stessa più che fare male a te. Io -”

    “Smettila!”

    “Io-”

    Lui la interruppe schicciandole le labbra sulle sue, zanne e tutto il resto. E l'ultimo laccio della sua volontà si spezzò completamente. Due strade che convergevano in un bosco giallo e lei aveva tirato giù ogni sentiero con convinzione assortita. Non c'era da combatterlo – il suo cuore non aveva la forza e il suo corpo non aveva la volontà. E allo stesso tempo, la parte di lei con abbastanza testa per protestare del peso della conoscenza capiva che non poteva combattere per tirarsi fuori da questo. Non dai suoi baci peccaminosi o dal tenero modo derisorio in cui le sue mani le accarezzavano la pelle. Non dai gentili mormorii che le borbottava contro le labbra o dal modo in cui il suo corpo tremava quando faceva le fusa per il piacere. Lei lo amava e lo odiava per quello – per non permetterle di rifuggire da questa cosa che la stava distruggendo.

    Poi qualcosa accadde – qualcosa che non avrebbe potuto prevedere. Qualcosa che fece tremare di soggezione il pavimento sotto i suoi piedi; qualcosa che le fece battere il cuore con un po' di speranza piuttosto che con disperazione. Spike strappò via la bocca dalla sua, un singhiozzo gli strozzò la gola mentre il suo volto demoniaco scivolava via. E quando i loro occhi coincisero di nuovo, non c'era niente dell'odio che l'aveva tormentata come strascico del loro ultimo disastroso incontro. Niente del risentimento pungente o del desiderio di avere il desiderio di porre fine alla sua vita. Non c'era nient'altro che dolore bagnato di rimorso. Lui appariva esattamente come se lei gli avesse appena lanciato l'ultima corda di salvataggio, e come se avesse solo adesso per aprire gli occhi e vedere cosa il rifiutarla gli sarebbe costato alla fine.

    “Buffy” boccheggiò, l'oceano nei suoi occhi umani che finalmente veniva fuori, cristallizzandosi in lacrime. “Mio Dio, mi dispiace così tanto. Mi dispiace così tanto”

    L'incredulità portò via ogni tipo di risposta dalle sue labbra. Non c'era nient'altro che potesse fare tranne che fissare.

    “Non dicevo sul serio” balbettò lui, afferrandole le guance e bagnandole il viso di morbidi baci. Le sue labbra la consumavano come un uomo affamato, bevendo le sue lacrime e lasciandola bruciare con un desiderio oltre la fame. “Non come volevo. Non volevo... cazzo, non so cosa volevo. Ma non riesco a sopportarlo questo. Non riesco maledettamente a sopportarlo”

    La sua voce si spezzò. “Spike-”

    “Queste ultime settimane senza di te...”

    “Era quello che volevi!”

    Spike scosse la testa e si strappò via, le lacrime che gli cadevano lungo le guance la affascinavano completamente. Per una qualsiasi ragione, lei aveva pensato che lui fosse incapace di piangere – per lei, comunque. E mentre voleva credergli – voleva credere che le lacrime fossero genuine e la contrizione non fosse falsa – la parte più grande di lei stava ancora sanguinando dalle frustate che le parole di lui le avevano tagliato nella pelle. Un inganno di questa grandezza sembrava indegno di Spike, ma lei era troppo affaticata per credere a niente secondo un valore apparente. Specialmente a qualcosa così – a qualcosa che il suo cuore voleva più di tutto; qualcosa che nella sua mente sapeva non avrebbe mai potuto avere.

    “Non sapevo cosa volevo” replicò lui, la voce a malapena udibile. “Tutto quello che so è che non posso fare niente senza di te. Ogni notte io... il tuo viso... i tuoi occhi. So che ho fottuto tutto, amore. Lo so. Ma non posso...”

    “Tu... e Dru-”

    Lui scosse di nuovo la testa, più forte questa volta. “Non c'è un io e Dru. Non più”

    Qualcosa di duro cadde dentro di lei e non fosse stata già contro il muro, sarebbe collassata per l'angoscia. Naturalmente. Le spiegazioni abbondano. Se Drusilla aveva finito con lui, lui non avrebbe avuto nessun altro posto dove andare. Nessuno affatto per riempire lo spazio vuoto accanto a lui. E dato che Spike sapeva come Buffy si sentiva riguardo a lui, forzarla ad occupare il suo letto avrebbe comportatto nessuno sforzo.

    Voleva urlare per l'ingiustizia del mondo, ma tutto quello che riusciva a fare era deglutire forte. “Non c'è?”

    “No. Non posso...” Un lungo sospiro stanco gli rotolò via dalle labbra. “La mia vita è sottosopra a causa tua. So che non ne avevi intenzione, gattina, ma è il modo in cui sono accadute le cose. La guardo e tutto quello che vedo sei tu. Fottimi se riesco a darci un minimo di senso... tutto quello che so è che quando lei... lei fa sembrare come se mi volesse davvero per la prima volta in anni, e io non voglio lei” Stava tremando così forte che lei pensò che potesse cadere a pezzi proprio davanti ai suoi occhi, ma quando lui riuscì ad alzare lo sguardo e a bloccarlo con il suo di nuovo, c'era una risoluzione che lei non aveva mai visto prima. “Io non voglio lei. E non ho mai non voluto lei. Mai. È stata il mio tutto per oltre un secolo. Mi ha salvato dalla mediocrità... è la mia creatrice, e ogni volta che mi tocca, non riesco fottutamente ad accettarlo perché non sei tu.” Un lungo battito fermo si depose tra di loro. “Lei non è te. Lei non è quello che... non è te”

    Buffy esalò lentamente, gli occhi spalancati lo attiravano dentro, ogni nervo del suo corpo vibrava di speranza velata. “Cosa stai dicendo?”

    “Cosa sto...” Spike si interruppe, arracando visibilemente per il controllo. Rimase silenzioso per un minuto prima che una risata innaturale gli squarciasse il corpo, e si voltò altrove alla fine, facendo correre una mano tra i capelli. “Non so. Non so più niente. Mi hai occupato, Cacciatrice” Si fermò. “Buffy. Non c'è rimasto niente di me. Sei nascosta così a fondo dentro che tutto quello a cui riesco a pensare ormai sei tu. Sto uscendo fuori di testa... pensando a te. Sapendo...” Si fermò di nuovo, un altro lungo sospiro gli fece roteare le spalle. “Sapendo quello che ti ho detto. Cosa ho fatto. Guardarti piangere e sapere che ero io la ragione. Ho voluto impalettarmi così tante volte a causa di questo. E la stronzata di questo è... volevo che tu mi odiassi. Non importa quello che ho detto. Pensavo che se ti avessi spinta via forte abbastanza, mi avresti lasciato stare. Il mio mondo non ha più fottutamente senso se non voglio Dru. Se lei non è il mio tutto” Spike si fermò bruscamente, gli occhi lucidi e tormentati. “E lei non lo è. Non più. Ti ho fatto male, e questo è quello che mi fa a pezzi. Sapere che...”

    Buffy non poté evitarlo; scoppiò in lacrime. Le forme attorno a lei turbinarono e si mescolarono di nuovo, e non riuscì più a distinguere niente. L'ondata di emozione per le montagne russe sui cui lui l'aveva mandata. Gli eventi catastrofici di prima quella notte – farsi del male a causa di Spike, e far del male subito dopo a qualcun altro. E ora era qui. Era nella stanza che aveva evitato con l'uomo che possedeva il suo cuore, e lui le stava dicendo cose su cui non si era permessa di fantasticare. Cose oltre il surreale – cose che il suo cuore voleva disperatamente credere, ma che il suo cervello non permetteva.

    “Oh Buffy...” Lui le prese a coppa di nuovo le guance, le labbra che le accarezzavano le sue con una tenerezza che lei non aveva sperato di toccare ancora. “Dio, sono un tale idoita. Per favore non piangere”

    Avrebbe potuto implorare tutto quello che voleva; le sue lacrime non erano esattamente sotto il suo controllo.

    “Sono così dispiaciuto. Così dispiaciuto per tutto” Lei lo sentì sospirare contro di sé; sentì il bacio gentile con cui le sfiorò la fronte mentre le sue mani scivolavano lungo la gola e le spalle fino a che non la stava più tenendo. Fino a quando furono separati da gradi – gradi che sembravano miglia. “Non ho mai avuto intenzione di questo. Lo giuro. Tu solo... mi hai consumato. Non sapevo come trattarlo”

    “E ora cosa?” riuscì lei tra i singhiozzi. “Sai come trattarlo e sei dispiaciuto? Okay... ma cosa succede quando ti perdono e tutto è... ricominciato? Cosa succede quando inizi ad odiarmi di nuovo? Non posso sopportarlo, Spike. Questo è... so che non sono il tipo di ragazza che vuoi. So che quello che abbiamo è solamente qui-”

    “Non voglio questo”

    “Adesso” concordò Buffy, annuendo con foga. “Ero... prima dell'incidente, tu eri così-”

    “Dolcezza, l'incidente ha cambiato la mia vita”

    “La mia anche”

    Se fosse vissuta per sempre, non avrebbe mai dimenticato l'espressione meravigliata sul viso di Spike alla sua ammissione sussurrata. Era qualcosa che lui sapeva, naturalmente. Qualcosa che lei gli aveva detto l'ultima volta che avevano parlato – qualcosa che lei gli aveva detto prima che lui la facesse a pezzi. Ma c'era una linea sottile tra sapere e capire – una linea che si conosceva solo avendo viaggiato su entrambi i sentieri. In un istante, Spike capì. Capì tutto, e lei lo seppe perché lo guardò mentre lo capiva. Guardò la luce riempirgli gli occhi, insieme con il senso di colpa e la tristezza.

    “Sono così dispiaciuto, piccola” mormorò lui, gli occhi offuscati di nuovo. “Non volevo sentirlo. Ero così egoista. Non volevo sentire come ti ha rovinata. Tutto quello che so è che mi sono svegliato volendoti. Avendo bisogno di te. Avevo bisogno che tu fossi lì con me. Ho chiesto di te. Ha cambiato tutto. Non sapevo a che diavolo stavamo giocando prima; non sapevo che le cose erano cambiate per me. E mi uccide sapere cosa ti ho detto...” Serrò i pugni, chiudendo stretti gli occhi mentre lottava per mantenere la sua collera. “Ti ho mandata da lui”


    “Volevo farti male”

    Le parole non erano destinate a ferire, ma lei non poté evitare l'ondata soddisfatta che le corse lungo la spina dorsale per il dolore dietro gli occhi di lui. Buffy non si considerava una persona vendicativa – davvero. Ma non era abbastanza lontana da quanto era accaduto per distaccare le sue reazioni. Lui le aveva fatto male e lei voleva ora far del male a lui; non importava quanto lo amasse. Le sue ferite non sarebbero state guarite da belle parole e baci di seta. Non quando si era sentita barcollante sul ciglio di una disperazione che tutto consuma.

    “Ci sei riuscita” replicò Spike piano. “Il pensiero di te...”

    “L'ho odiato”

    La mascella di lui si serrrò. “Bene”

    “Avevo solo bisogno di sentire che... che importavo” Un altro sospiro tremolante le increspò le labbra. “Come se... valessi qualcosa. Come donna, sai? Non come ragazza o la Cacciatrice o Buffy o umana o altro... tu sei il primo uomo con cui ho mai... fatto qualcosa del genere. Dentro o fuori dai sogni, questo è... e forse non sono brava a farlo. Forse mi manca la parte che mi rende femminile. Ma io-”

    “Oh Dio”

    “- avevo bisogno di sentire che qualcuno mi voleva. Tu non... io non pensavo tu lo facessi. E Angel -”

    Un ringhio fendette l'aria mentre Spike le prendeva di nuovo il viso a coppa, questa volta attaccando la sua bocca in un bacio infuocato. La volontà di combattere svanì completamente – le due strade nel suo bosco giallo si fusero alla fine. Non c'era condanna nel suo tocco, nessuna revulsione e di certo nessun odio. La sua lingua onorò la sua mentre i suoi pollici le accarezzavano gentili cerchi sulle guance. Lui non fece mossa di toccarla intimamente, anche con la sua bocca che la tirava più vicina ad un inferno di desiderio bruciante. Dio, non avrebbe mai pensato che sarebbe stata di nuovo qui. Con Spike. Ad assaggiare le proprie lacrime sulle sue labbra mentre quelle di lui le si mescolavano in bocca. Non avrebbe mai pensato neanche ci sarebbe arrivata vicina.

    “Buffy...” mormorò lui, la voce tesa. “Dio, mi sei mancata. Mi sei mancata così tanto. Venire qui ogni notte... sperando che saresti tornata da me. Solo...” Si interruppe, premendo la fronte su quella di lei. “Solo sperando che avrei avuto la possibilità di dirti che non intendevo sul serio”

    “Ma invece intendevi sul serio” protestò lei.

    “No, io... io ero così arrabbiato con me stesso. Non volevo sentire questo. Non per te. Non per nessuno tranne... e ora sono combattuto tra l'andare da te così che possa migliorare le cose di persona” Un mezzo sorriso gli distese le labbra. “Hai una qualche idea di quanto sia difficile muoversi di nascosto sulle rotelle?”

    Buffy non poté evitarlo. Ridacchiò, e diamine era bello. “Ed io che pensavo che se mai mi avessi cercata di nuovo, sarebbe stato per uccidermi”

    “No. Dio no” Spike la baciò di nuovo avidamente. “Mai. Lo giuro. Possiedi troppo di me. Il secondo che sono fuori da questa maledetta sedia...”

    “Non polverizzi Angel”

    Lui ringhiò possessivamente e le mordicchiò le labbra. “Ha toccato quello che è mio”

    “Immagino che la cosa 'non-una-proprietà' non attecchirà, vero?”

    “Non ne ha mai avuto la possibilità. Tu sei mia, amore. Tanto quanto io sono tuo”

    Il cuore le saltò nel petto e i muori collassarono attorno a lei. Ci fu un'improvvisa carenza di aria nella stanza, il mondo intorno a lei diventava silenzioso. Era molto possibile che lui non dicesse sul serio; non per cattiveria, perché la storia aveva provato che Spike non era il tipo che manipolava. Lei temeva solo che lui non sapesse cosa voleva, che stesse vivendo per il presente piuttosto che per il futuro reale. Spike non avrebbe saputo la differenza; il suo presente era il suo futuro, e se sentiva qualcosa, l'avrebbe fatto sapere al mondo. Adesso sentiva che apparteneva a lei. Non lo rendeva vero, ma il fatto che lui lo credesse scioglieva la tundra ghiacciata nel suo cuore.

    C'erano un centinaio di cose che sapeva avrebbe dovuto fare, e un'uguale quantità che sapeva avrebbe dovuto evitare. Un centinaio di cose che i giorni seguenti le avrebbero insegnato per bene a rimpiangere. Ma adesso – in questo fuggevole secondo – lui le apparteneva. Lui apparteneva a lei perché lui lo credeva. I giorni a venire avrebbero potuto distruggerla e per bene, ma neanche sapere questo l'avrebbe inclinata. Se lui le apparteneva, lei ne avrebbe approfittato. Questo sarebbe potuto essere tutto quello che avrebbe mai avuto e sicuro come l'inferno non l'avrebbe dato per scontato.

    Buffy piagnucolò e intrecciò le dita nei suoi capelli, attaccandogli la bocca con la propria. Gli morse disperatamente le labbra e mosse guerra alla sua lingua con la propria, divorando il suo sapore. Memorizzando il contatto della sua pelle sotto la propria e la sensazione fredda dei suoi capelli contro la punta delle dita. Spike rimase stordito immobile per circa tre secondi prima di ringhiare e afferrarla per i fianchi, spingendo il suo cazzo duro coperto contro il suo centro.

    “Cazzo, piccola”

    “Spike...”

    Lui l'alzò tra le braccia e la cosa successiva che lei seppe, era che era sulla schiena sul letto, le labbra di Spike le inondavano la gola di baci mentre le sue mani le scivolavano su per le cosce, togliendo delicatamente il materiale sottile delle sue mutandine. “Mi sei mancata così tanto” piagnucolò lui di nuovo. “Così tanto”

    Il suo cuore accelerò di nuovo per l'implicazione delle parole che lui non poteva intendere sul serio. Tuttavia, la consapevolezza non poteva fermarla dallo sperare, e la ripetizione ogni tanto faceva sembrare le bugie come verità. “Davvero?”

    Spike alzò lo sguardo, e l'angoscia che lei vide nascosta nei suoi violenti occhi blu la fece quasi a pezzi. “Davvero” mormorò lui, annuendo in un modo che sembrava mutilato dal dolore. “Avevo torto. Avevo così torto. Riguardo a tutto. Tu non sei il tipo di donna da cui un uomo può semplicemente sandare via, gattina” Sospirò duramente, appoggiandole la testa contro la pancia, la mano sinistra che scivolava sotto il bordo della sua camicia da notte. “Ti ho fatto male, e trascorrerò il resto della mia vita a farmi perdonare per questo”

    Il suo battito cardiaco aumentò. In un altro contesto, le parole sarebbero sembrate melodrammatiche, e forse anche ora lo erano. Ma il suo cuore da ragazzina non poté evitare di andare in estasi. Era un altro incidente del credere che lui credesse. Adesso con le sue dita che le accarezzavano gentilmente l'inforcatura umida delle mutandine, con la sua guancia che le strofinava contro la sua mentre le sue labbra le depositavano una serie di baci contro lo stomaco vestito, lei non poté evitare di cedere al romanticismo. Questo era lo Spike che non avrebbe mai pensato di rivedere di nuovo. Lo Spike che lei pensava fosse morto la notte in cui era crollato l'organo.

    “I ricordi del tuo sapore mi hanno tormentato” mormorò lui, tirandosi a sedere e tirandole lentamente su per il corpo la camicia. Esitò proprio prima di scoprirle i seni. “Buffy?”

    Non c'era nessun desiderio di protesta. Non più. Se questo era tutto quello che avrebbe avuto, ne avrebbe conservato ogni singolo secondo. “Si”

    Spike ringhiò di nuovo e le prese a coppa la fica con la mano destra, l'altra le strappava via la camicia. E il secondo in cui l'aria fredda incontrò la sua pelle nuda, un lungo piagnucolio gli graffiò la gola e lui avvolse la sua bocca affamata attorno ad uno dei suoi seni dolenti, prendendole a coppa il peso dell'altro nel palmo. “Sei così bella” mormorò attorno alla carne, la mano tra le gambe che con attenzione raccoglieva da una parte il tratto di cotone che le proteggeva la fica. Poi la punta delle dita le stuzzicò la fessura, il pollice che le scivolava sopra la clitoride e la massaggiava con una tale tenerezza che tutto quello che volle fare era piangere ancora una volta.

    “Ohh...”

    “Così bella” Le lasciò il seno con un bacio dolce, le labbra che le mappavano un lento sentiero lungo l'addome, ricoprendole la pelle di baci. “Ti voglio sulla mia lingua. Me lo permetterai, vero, Buffy?” Spike non si preoccupò di aspettare una rispsota, invece le stappò via per bene le mutandine, seppellendo il viso tra le sue cosce e inalando bruscamente, leccandole le pieghe bagnate con un ronzio contento. “Prometti che sei ancora mia, dolcezza?” mormorò “Prometti che questa fica non è stata toccata?”

    “Non è stata toccata” giurò lei senza fiato, inarcando i fianchi sul letto. “Per favore”

    “Per favore?”

    “Solo... per favore. Prima di te...” Lei gettò la testa all'indietro e piagnucolò, allargando inconsciamente di più le cosce per lui. “Ho bisogno...”

    Spike si leccò le labbra, le mani le incorniciarono la fica mentre il suo pollice le massaggiava gentilmente la sua dolorante carne femminile. “So di cosa hai bisogno, piccola” replicò lui piano. “Vuoi la mia bocca su di te?”

    Elettricità le si scaricò sulla pelle. Buffy piagnucolò e annuì disperatamente, roteando i gianchi sotto di lui in offerta. “Oh si”

    “Il tuo odore mi ha tormentato. E il tuo sapore...” Tremò, abbassando la testa per far scorrere la lingua per la sua fenditura. “Cazzo, il tuo sapore. Un uomo può diventare drogato di questo sapore. Dio sa che io lo sono” Una pausa. “Sebbene non penso di doverti dire cosa succede se un altro tipo si avvicina abbastanza per avere un assaggio”

    Buffy sospirò, gli occhi che le si chiudevnao. “Io non...”

    “No, tu non. Ma tu... Dio, tu non hai idea, vero?” mormorò lui, schioccandole la lingua sulla clitoride e ghignando per il suo gemito torturato. “Tu non hai idea di cos'era... venire qui notte dopo notte. Volevo smettere ma non sapevo come. Non sapevo... e non sapevo se eri viva o morta o ferita o solo... Ho scommesso che avessi trovato un modo” Le avvolse le labbra attorno alla perla scivolosa di nuovo e succhiò forte. “Un modo per stare lontana da me. Ma non sapevo, vero? Non c'era modo per sapere”

    L'idea che avesse potuto farlo preoccupare le fece riscaldare l'interno. “Tu eri... davvero?”

    “Ero davvero cosa?” meditò lui, allargandole le labbra della fica per leccarle la carne rosa, facendo le fusa per il piacere.

    “Preoccupato”

    Gli occhi di Spike le salirono lentamente su per il corpo fino a quando furono incatenati con i suoi. “Hai abbastanza tempo, passerotto, e tutto ti passa per la mente. Ogni scenario. Ogni possibilità. Ero arrabbiato all'inizio. Maledettamente oltraggiato” Si fermò di nuovo, il suo sguardo tornò alla sua fica mentre le faceva scivolare dentro due dita. “Amo questo” mormorò. “Amo guardarti inzupparmi le dita. Amo guardare una piccola parte di me scomparire dentro di te”

    Lei sperò davvero non stesse dicendo niente di importante, perché l'esplosione di piacere che le esplose nel corpo le fece squillare le orecchie con l'acuto delle sue stesse urla. Era stato così tanto. Ogni notte sembrava eclissare un centinaio di anni. Ed eccola di nuovo qui – stesa nuda sul letto davanti all'uomo che amava, la sua bocca che le venerava la fica. La sua voce che le mormorava parole che non avrebbe mai pensato di sentire nella realtà.

    “Sei così morbida. Così bagnata”

    “Spike...”

    Lui sorrise gentilmente e abbassò di nuovo la testa, leccandole la clitoride con tenera venerazione che le fece tremare gli interni. “Ero arrabbiato all'inizio” ripeté. “Con te... ma in realtà con me. Non sono un'idiota, amore. Sapevo che quello avevo fatto il secondo in cui te n'eri andata. Quello che hai detto... l'espressione nei tuoi occhi...” Un battito fermo si sistemò tra di loro e Buffy tremò. Non voleva nessun promemoria di quello che aveva detto – non ora. Ed evidentemente neanche Spike lo voleva, perché invece di richiamarla sulla sua ammissione, lui rivolse gli occhi alle sue dita che spingevano con un ronzio deliziato. “Mi sono preoccupato dopo che non sei tornata. Non so cosa pensavo... forse solo un giorno ti sarebbe bastato. Ma poi non eri qui il giorno successivo. O il successivo. Quindi... si, ho iniziato a pensare che sarebbe potuto accadere di tutto. E come sarebbe stata colpa mia”

    “Colpa tua?” ripeté Buffy piano, la fronte corrugata. “Come?”

    Spike inarcò un sopracciglio e si leccò le labbra. “Sai come” replicò, gli occhi che non lasciavano la sua fica, sembrando ipnotizzati dalle sue dita che spingevano. “Voglio essere qui dentro così tanto. So che ho fottuto tutto. So che non lo merito. Ma Dio... voglio sentirti attorno al mio cazzo”

    “Spike-”

    “Lo so, amore. E posso aspettare. Te lo proverò. Ti proverò che lo merito. Non importa quanto ci vorrà; sono qui ora. Non farò niente per fotterlo. Non di nuovo” Lentamente ritirò le dita dal suo calore, e il suo gemito di protesa alla perdita delle sue pareti di seta attorno alla sua carne quasi sorpassò quello di lei. “Sono qui ora” mormorò di nuovo, affondando la lingua dentro di eli mentre le catturava la clitoride gonfia tra le dita. “Sono qui, e non andrò da nessuna parte”

    C'erano stati alcuni incidenti rattoppati nel suo passato in cui le parole troppo bello per essere vero fornivano uno sommario accurato di quello che stava provando. Tutto era inferiore a questo momento. Alla lingua di Spike che si spingeva in profondità dentro di lei, attirando i suoi succhi dentro la sua gola mentre le sue dita le manipolavano la clitoride e la mandavano sull'orlo del proverbiale limite con una ferocia che l'avrebbe terrorizzata se non fosse stata così buona. Lui era strisciato attraverso ogni barriera pensabile che lei aveva tentato di costruire nella caduta del loro ultimo incontro, e l'aveva fatto così senza neanche battere gli occhi.

    Lei lo amava, e il suo corpo lo voleva dentro. Più della sensazione esplosiva della sua lingua che spingeva nel suo buco dolente e le sue dita che le massaggiavano la clitoride. Lei voleva oltrepassare il limite finale. Voleva che la marchiasse, e la rapidità della sua resa le fece mettere in questione ogni sfacettatura di se stessa.

    Ma non le importava. Spike era con lei ora. Il suo cuore ferito stava guarendo.

    “Non vai da nessuna parte?” domandò Buffy, intrecciandogli le dita tra i capelli. “Prometti?”

    Spike alzò lo sguardo, respirando irregolarmente, e la vista della sua bocca luccicante la fece tremare. “Prometto, Buffy” mormorò. “Sono tuo. Sono tutto tuo. E io -”

    “E cosa riguardo Dru?”

    Lei rimase stupida dell'essere stata in grado di dire il nome della donna senza sputare chiodi. Specialmente ora. Ora che era vulnerabile verso di lui in ogni senso della parola. Emozionalmente. Fisicamente. Completamente. Era nuda e stesa, la testa di lui appollaiata tra le cosce, e lui la teneva letteralmente nelle sue mani.

    Menzionare proprio la donna che li aveva separati era probabilmente la cosa più stupida che potesse aver fatto. Ma allo stesso tempo, aveva bisogno di sapere. Prima che gli desse l'ultima parte di sé – prima che si sottomettesse a lui completamente – aveva bisogno che lui fosse onesto con lei. Aveva bisogno che lui non urlare al ricordo della sua sire. Aveva bisogno che questo Spike rimanesse con lei non importa cosa veniva detto o fatto.

    Se le stava dicendo la verità – la verità oltre quello che lui credeva fosse vero e quello che era veramente vero – allora aveva ragione. Era suo.

    I secondi tra la domanda e la risposta avrebbero potuto occupare un millennio.

    “Te l'ho detto, gattina” disse Spike alla fine. “Dru non è un fattore”

    “Ma-”

    “Non lo è. Non permetto che mi tocchi, e lei ha smesso di cercare” Le succhiò la clitoride tra le labbra con un lamento deliziato, gli occhi che roteavano all'indietro quando lei urlò e spinse la fica contro il suo viso. “So... non ce la faccio senza di te. Non più”

    Buffy batté gli occhi rapidamente, facendo del suo meglio per ignorare le scintille di estasi che le scorrevano per le vene. Era davvero troppo bravo al distrarla. “Ma e se-”

    “E se neinte. Dico sul serio”

    “Anche -”

    “Cacciatrice, quando sono guarito, me ne vado. La lascio del tutto” Si fermò e permise alle parole di fissarsi, gli occhi che la sfidavano a mettere in discussione la serierà dell'affermazione. Ma lei non avrebbe potuto. Non avrebbe potuto mettere in questione – non avrebbe potuto fare niente. Era stordita oltre la reazione. I suoi nervi ronzavano e il suo corpo pulsava e non poteva fare nient'altro che fissarlo sorpresa. Quando lui fu soddisfatto che lei ebbe capito, sorrise e si sollevò sulle braccia, salendole lentamente su per il corpo e assicurandosi che lei sentisse ogni centimetro di lui attravero il denim che li separava. “Non so cosa farò tuttavia” continuò, pulendosi la bocca con il retro della mano e spingendo il suo cazzo duro contro la sua carne bagnata. “Dove andrò”

    “Andare?”


    Spike inarcò un sopracciglio, un sorriso straziantemente dolce gli solleticò le labbra. Allungò una mano per allontanarle delle ciocche ribelli di capelli dal viso. “Pensi che me ne andrò? Tre settimane lontano da te e ho quasi fottutamente perso la testa. Non posso andarmene”

    “Oh, io non-”

    “Se volevi insegnarmi una lezione su quanto significhi per me, allora -”

    “Spike, non volevo che fosse -”

    Lui la interruppe con un bacio dolce, la lingua le affondò nella bocca, un lamento gli graffiò la gola. “Lo so” mormorò lui. “Ma questo è ciò che è successo. Non sarò stupido abbastanza da lasciarti andare di nuovo. Per quanto mi riguarda, tu sei lei”

    “Io non -”

    “Tu mi ami”

    Ed eccola lì. La tacita nuvola di tensione tra loro finalmente esplose. Era fuori. Dio, era lì tra loro. La sua gola le fece male. Il suo cuore martellò. I suoi occhi si riempirono di lacrime per l'imminenza del rifiuto. Ma non c'era nient'altro che calore negli occhi di lui. Niente a suggerire al suo cuore che stava per essere calpestato per il peccato imperdonabile dell'amarlo. Forse, allora, era davvero così semplice. Forse le cose potevano essere sistemate così facilmente. Forse tutto quello di cui lui aveva avuto bisogno era distanza e tempo. Forse la sua scomparsa aveva davvero avuto effetto su di lui, e in un modo che lei non avrebbe potuto predire.

    “Spike...”

    Le sfiorò con le labbra la fronte. “Tu mi ami” mormorò.

    Le lacrime le si versarono dagli occhi senz'avviso. Era così destetabilmente disgustata dal piangere. “Si” mormorò lei, la voce che sembrava un urlo alle sue orecchie. “Non volevo farlo, ma io -”

    “Tu mi dai qualcosa di così prezioso e io...” Spike tremò forte e premette la fronte a quella di lei, i fianchi incapaci dal trattenersi dal premersi in modo continuo contro quelli di lie, la zip dei suoi jeans che le massaggiava senza pietà la clitoride. “Buffy...”

    “Sono lei?” chiese lei senza fiato. La domanda era tardiva, ma ciò nonostante aveva bisogno di una riposta. E sebbene odiasse quanto sembrava speranzosa, non poteva evitarlo. Aveva bisogno di sapere. Aveva bisogno di sapere così tanto.

    Lui la baciò dolcemente e annuì contro le sue labbra. “Oh si”

    E le lacrime aumentarono di nuovo. Lacrime schifose.

    “Davvero?” ripeté lei, la voce incrinata.

    “Dio, si” Le sue labbra non riuscirono a smettere di accarezzarle la pelle, sottolineando ogni parola con un bacio. “Te l'ho detto – lezione maledettamente imparata. Non lo farò di nuovo. Tu... non mi importa più quanto mi costa. Non averti qui ha... qualsiasi cosa ho detto prima... non riesco ad immaginare niente di peggio di quello che ho attraversato quando non eri qui, e preferirei non provare”

    “Non ti importa?” Alla sua espressione corrucciata, lei si schiarì la gola imbarazzata e chiarì, “La cosa io cacciatrice, tu vampiro. Non capisco come sia passata dall'essere la cosa più importante al non essere affatto importante... ma... a te davvero non importa ora?”

    Spike si fermò a questo, gli occhi improvvisamente annuvolati in riflessione. E istintivamente, Buffy iniziò una ritirata emotiva. Mentre capiva logicamente che qualsiasi risposta dovesse venire con premeditazione avrebbe tradito da parte di lui una mancanza di vera considerazione, gli spazi vuoti tra le sue parole fecero davvero poco tranne riempire il suo cuore ferito di dubbio.

    “Non posso dirlo questo” concesse lui un secondo dopo, le mani le afferravano le spalle quando lei inconsciamente iniziò a lottare sotto di lui. “Buffy... sono ancora un vampiro. Sono ancora cattivo nel profondo del cuore. Sto ancora cercando di assorbire nella mia mente come sei riuscita ad ottenere di entrare così in profondità senza che io lo notassi fino... fino che mi è stato fatto notare. Onestamente non so a cosa stavamo giocando prima. Non so cosa pensavo. E forse stavo sperando che non fosse vero quanto volevo fosse vero. Quando erano solo sogni, non c'era lo stesso in gioco” Spike allontanò gli occhi da quelli di lei, un lungo, pesante sospiro gli corse per il corpo. “Ci vorrà tempo per me. Volevo odiarti più di tutto, ma non posso. Mi hai ancora fottuto la vita ma non me ne importa più. Non so come sono passato dall'essere così innamorato di Drusilla che l'idea di...” Si fermò dal parlare quando realizzò come immobile lei fosse diventata, scegliendo con attenzione le parole. “... e quella era una grande parte. Arrivare a termini con l'idea che il mio amore per Dru non era quello che pensavo fosse. Non sarebbe potuto esserlo... non se era stato così semplice per te infiltrarti dentro”

    Lei stava sia echeggiando di speranza che sanguinando per ferire riaperte – non poteva smettere di ascoltare ma non riusciva a sentire un'altra parte. “Spike, io non posso-”

    “Ascolta solo-”

    “Io non-”

    “Cacciatrice, ci sto ancora lavorando io. Non sarà una corsa semplice qualunque strada prendiamo. Tutto quello che so per certo è che ho bisogno di te”

    Bib c'era mascheramento del tremito nella sua voce. “Bisogno?”

    Spike fece un largo sorriso. “Non ti è entranto in quella tua testa dura? Per quanto fuori di testa sono stato, non lascerai la mia vista. Ed è così, amore. Questo è tutto quello che so. Il resto... scommetto che lo capiremo mentre andiamo avanti”

    E non c'era nient'altro che potesse chiedere di più, vero? Mentre le parole che lei moriva dalla voglia di sentire non erano da nessuna parte vicino alla superficie di una delle sue tante confessioni, quello che le aveva dato sarebbe dovuto essere abbastanza. Lui era con lei, che le cospargeva la pelle di dolci baci e si muoveva contro il suo corpo. Era con lei, perché aveva bisogno di lei – perché questo era dove voleva essere. Perché aveva scelto lei.

    Poi qualcosa di sorprendente accadde. Spike si tirò indietro e mandò a lei – a Buffy – un ghigno nervoso. “Questo è...” iniziò sperimentalmente. “Questo è qualcosa... so che non è proprio quello che vuoi, ma Dio mi aiuti, sto tentando. Io...”

    In casi come questi, non c'era risposta migliore dell'afferrare una manciata di capelli e attirarlo in basso verso le sue labbra, inghiottendolo in un bacio bramoso e impegnativo che non lasciava niente dietro di lei. Era abbastanza. Era più che abbastanza. Era una promessa per qualcosa che non aveva mai pensato avrebbe toccato. Era tutto. Gustare i suoi baci e sapere che ci sarebbe stato qualcosa a cui tornare domani. Divorare i suoi lamenti mentre la sua lingua dichiarava guerra nella sua bocca. Non c'era abbastanza di lui – aveva bisogno di ogni parte che aveva da offrire dentro. Lui la baciò con una bocca che lei conosceva intimamente, e spingendosi contro la durezza cullata all'apice delle sue cosce, il sangue si affrettò e lei seppe che avrebbe attraversato la barriera finale.

    Fu veloce. Così veloce. Ma lui non aveva nessuna ragione per mentirle. Non quando sapeva di avere già il suo amore.

    “Spike” boccheggiò lei tra i baci, le mani che gli strattonavano la maglietta su per la schiena, perdendo per un secondo la sua bocca deliziosa per strappare via una volta per tutte l'indumento. “Voglio...”

    “Dimmi” replicò Spike, le labbra vaganti avvolte attorno ad uno dei suoi capezzoli, la mano sinistra che le trovava di nuovo il seno. “Di cosa hai bisogno, gattina?”

    “Te” mormorò Buffy con sicurezza presa in prestito. “Dentro”

    Capitolo IX

    Il silenzio che seguì l'avrebbe soffocata se Spike non l'avesse guardata con qualcosa tipo meraviglia. Non ci fu nulla per lunghi secondi. Nulla tranne l'espressione meravigliata nei suoi occhi azzurri e i respiri tremolanti che gli rotolavano inutili dalle labbra peccaminose. Era appollaiato tra le sue gambe nude, il cazzo duro confinato nel denim premuto contro la sua fica, e la fissava come se fosse stata baciata dal sole. “Tu...” disse lui dopo alcuni pesanti secondi, soffocato dall'emozione. “Tu vuoi...”

    Lei annuì, sicura che il suo cuore rombante le avrebbe spezzato il torace ad ogni secondo. “Io... io ho bisogno-”

    “Io non...” Spike mantenne i suoi occhi per un minuto in più prima di abbassare la testa, ogni centimetro di lui che tremava. “Cristo, amore, non pensavo... sai che dicevo sul serio, vero? Tutto quello che ho detto. Dicevo sul serio ogni benedetta parola. Non l'ho detto così che mi lasciassi... non mi trasformerò in uno stupido senza cuore se non mi lascerai entrare nella tua fica. Io sono-”

    “Lo so” Le parole erano più coraggiose del sentimento dietro. In tutta onestà, Buffy non sapeva in cosa credeva. Troppo di quello che lui aveva detto sembrava la sua fantasia che diventava realtà. Era mezza convinta che la sua mancanza di sogni l'avesse mandata in qualche tipo di sovraccarico da sogni – in un mondo dove i sogni che aveva rispecchiavano la realtà così attentamente che si sarebbe potuta imbrogliare nel credere che tutto sarebbe andato davvero bene. Ma poi di nuovo, sapeva che tali paure erano ridicole. Spike credeva in ogni parola che gli aveva attraversato le labbra – l'onestà nei suoi occhi non sarebbe potuta essere fabbricata.

    L'aveva presa prima senza preoccuparsi di come si sentiva. Le aveva forzato il cazzo tra le labbra prima quando lei pensava di odiarlo. Se voleva la sua fica così tanto, avrebbe potuto averla senza mormorare promesse sulla sua pelle. Cattivo o no, senza anima o no, Spike non era il tipo di uomo – o vampiro – che avrebbe mentito riguardo cose del genere. Era brutalmente onesto in tutto quello che faceva, come il suo cuore in guarigione avrebbe potuto testimoniare.

    Anche se non l'avesse mai amata, lei sapeva che avrebbe potuto dargli il suo corpo senza rimpianto. Apparteneva a lui completamente – cercare di stare con Angel aveva solo provato altrettanto. Non avrebbe potuto dare la sua verginità ad un qualsiasi altro uomo quando sapeva che apparteneva a Spike. E adesso, sotto le tenere carezze delle punte delle sue dita, il momento sembrava giusto. Forse era affrettato, forse stava abusando di speranza, ma la sua mente l'aveva spinta oltre l'ultima soglia e qualsiasi limite persistente di incertezza era stato bandinto completamente.

    Buffy espirò lentamente e tremò, forzando un sorriso sulle labbra e sperando che i suoi nervi tremanti non fossero completamente in mostra come lei sentiva che fossero. Gli prese a coppa una guancia e annuì. “Spike-”

    Apparentemente, comunque, lui vide qualunque cosa avesse bisogno nei suoi occhi, perché non permise alle parole di lasciarle le labbra. Con un ringhio, l'indecisione nel suo sguardo scivolò via completamente e schiacciò la bocca sulla sua, i denti che le graffiavano le labbra e la lingua attaccava la sua con un entusiasmo che fece tendere con estranea tensione ogni singola cellula nel suo corpo. “Non te ne farò pentire” ringhiò lui, mordicchiandole la gola mentre si faceva strada lungo il suo corpo senza cerimonie. Le morse il seno con un gemito febbrile, facendo scivolare una mano tra di loro per liberare il suo cazzo. “Te lo prometto, piccola, non-”

    Lei cercò di rispondere; cercò davvero. Quello che venne fuori, comunque, sembrò sospettosamente come, “Losccccccioooo”

    Spike le sorrise compiaciuto e la malizia nei suoi occhi rese solamente più marcato il dolore tra le sue gambe, sebbene non fosse sicura se fosse per lo sguardo che le aveva rivolto o per il modo in cui le sue labbra le massaggiavano i capezzoli – succhiando un seno tenero prima di voltarsi verso l'altro. “Scusa, dolcezza. Non l'ho capito”

    La giocosità nel suo tono fece sollevare il peso che lei aveva sul cuore in un secondo. “Stupido” replicò, la voce incrinata mentre la sua mano le trovava di nuovo la fica, le punte delle dita le accarezzavano gentilmente le pieghe umide mentre il resto di lui lottava per mandare i jeans lungo le gambe. Come riusciva a maneggiarle il seno, toccarle la fica, e mettersi prevalentemente nudo allo stesso tempo era oltre lei, ma non stava per metterlo in questione. Era solo grata per l'abilità vampirica.

    “E' solo che amo renderti incoerente” replicò lui pentito, abbagliandola con un veloce ghigno. “Mi è mancato quello sguardo. Il modo in cui i tuoi occhi si allargano. I piccoli rumori che fai” La liberò completamente senza avviso, le mani le trovarono i polsi e la incoraggiarono a mettersi a sedere mentre lui si alzava dal letto. “Lascia che ti guardi, piccola” mormorò lui. “Mi è mancato guardarti”

    Buffy si leccò le labbra, gli occhi che seguivano i movimenti rapidi e bramosi del suo cazzo eretto mentre si tirava via del tutto i jeans. Si, anche a lei era mancato guardarlo. Le era mancato tutto. Le era mancato il modo in cui lui ghignava quando lei gemeva. Le era mancato l'ardore arrogante dei suoi occhi e le parole abbinate che gli rotolavano via delle sue labbra oh-tanto-capaci. Più di ogni altra cosa, le era mancato il modo in cui riusciva a far svanire in un battito tutto il summenzionato solo avvolgendo una mano attorno alla sua erezione.

    “Oh cazzo” boccheggiò Spike, buttando la testa all'indietro e spingendo i fianchi in avanti. “Per favore...”

    “E' mancato anche a te questo?” chiese Buffy incerta, gli occhi palpitarono verso il suo viso, il calore le arrossò le guance. Non sapeva da dove proveniva la sua audacia, ma non stava per mandarla via. Aveva bisogno di sapere che gli era mancato quello che lei poteva fargli sopra ogni altra cosa. Proprio come gli era mancato il suo corpo e, con speranza, il cervello che veniva con questo. Dato il non femminile che si era sentita dal suo rifiuto, aveva bisogno di sapere, come donna, che avrebbe potuto farlo impazzire come lui lo faceva con lei. “Ti è mancato-”

    Gli occhi di Spike si allargarono. “Buffy, ti prego!”

    Lei sorrise e gli leccò la testa setosa prima che la sua mente potesse interferire, e il lamento in risposta che proruppe nell'aria le fece accelerare il sangue di calore. “Lo prenderò come un si” replicò lei, avvolgendogli le labbra attorno completamente. Non lo attirò del tutto dentro la bocca – le piaceva troppo la beatitudine torturata sul suo viso provocata solo dal suo succhiare la punta. Sapere che riusciva a farlo gemere per lei con questo solo...

    Ma non lo fermò quando lui le prese a pugno una manciata di capelli e le spinse il cazzo più a fondo nella bocca. “Cazzo, sei così bollente” gemette, facendo scivolare la sua lunghezza tra le sue labbra fino a quando solo la testa a campana rimase bloccata dentro la sua caverna umida. “Così... Dio, Buffy...”

    Lei non sapeva cosa aspettarsi, ma non era di essere liberata. Non era che il suo cazzo le sfuggisse del tutto dalla bocca. La cosa successiva che seppe, lui l'aveva di nuovo di schiena contro il materasso e Spike era sulle ginocchia, le mani che le scivolavano sotto i fianchi e le sollevava ancora una volta la fica verso la sua bocca affamata. “Mi è mancata questa fica” ringhiò, facendo scivolare su e giù la lingua per la sua fenditura prima che le sue labbra si avvolgessero di nuovo attorno alla sua perla infiammata. “Mi è mancata la tua clitoride. Mi è mancato come gemi per me”

    “Oh mio Dio!”

    Spike ghignò e le allargò le labbra. “Sei così perfetta qui” mormorò, scorrendo l'indice su e giù lungo la sua carne esposta e scivolosa. “Così bagnata. Così rosa” Le inserì un dito dentro, tremando quando lei piagnucolò. “Mi farai davvero entrare? Inzupperai il mio cazzo con questi succhi celestiali?”

    “Si! Si, ti prego!”

    “Non so come funzionerà questo, passerotto”

    Quello divise la nebbia e Buffy si tirò a sedere, un risolino nervoso le corse lungo la spina dorsale. “Allora siamo nei guai” replicò lei, la voce tremante. “Cosa -”

    “Qui. La tua verginità non è...” Spike corrugò la fronte, e mentre lei odiava l'assenza del ghigno appassionato, lui le mantenne il corpo in fiamme con la spinta fissa del suo dito, presto accompagnato da un secondo. “E' così maledettamente difficile ricordare che questo non sta davvero accadendo” E come se fosse la cosa più naturale del mondo, la tua testa si abbassava ogni pochi secondi tra le parole per succhiarle la clitoride. “Che non sei davvero qui... a bruciarmi la pelle sulle dita con il tuo calore e a tremare sotto di me”

    Buffy deglutì forte. Era oltremodo difficile concentrarsi su quello che sapeva essere un buon punto con la sua mano che la trasformava in gelatina. “Questo non... non è buono abbastanza?”

    I suoi occhi si spalancarono. “Ho mai fatto qualcosa per farti pensare questo?”

    Quelle erano parole pericolose. Aveva fatto tanto per farla sentire inadeguata, ma allo stesso tempo, lui sapeva di essere su un terreno ineguale. Inoltre, aveva ragione; non aveva fatto niente per farle pensare che il mondo-sogno non fosse abbastanza per lui, e ad esseri veritieri, quella era una grande parte del problema. Il mondo-sogno era abbastanza per lui, o lo era stato. E non era mai stato abbastanza per lei.

    “No” mormorò lei, “ma-”

    “Fa male, piccola” mormorò lui, gli occhi che cadevano sulla sua fica, la lingua maliziosa che leccava le sue ugualmente maliziose labbra alla vista delle dita che spingevano dentro il suo buco bagnato. “La prima volta per le ragazze... fa male. Ma non so come funziona qui. Se ti farà male qui... e lì fuori”

    “Male?”

    Lui annuì e le leccò di nuovo la clitoride. “Per le piccole dolci cacciatrici” concordò lui. “Non per i cattivi vampiri”

    Un brivido le corse lungo la spina dorsale, legato ad apprensione anche se i suoi fianchi si alzarono per incontrare le spinte assidue della sua mano. “Questo” Respiro affannoso. “Non è... giusto”

    Spike sorrise dolcemente. “Lo so”

    Scintille elettriche le bruciarono nelle vene. “Quindi le ragazze...prendono... la pagliuzza corta”

    Spike ridacchiò e le mordicchiò la carne umida, tendendo le sue pareti interne più larghe per ospitare un terzo dito. “Non ti insegnano niente a scuola, vero?” rfiletté, ghignando.

    “Spermatozoi. Uova. Bambini. Le basi”

    “Quindi lasciano fuori la roba divertente” specificò lui. “Ma si, amore... fa male per le ragazze la prima volta. Ma qui... non so se farà male qui. Se tutte le regole esterne fossero applicate, io sarei su una sedia e non a muovermi in giro come se la mia schiena fosse aggiustata. Non è... non è reale qui. Non nel modo in cui lo vogliamo. Noi non... sembra reale” Tremò e le leccò di nuovo la clitoride, le dita che si arricciavano dentro di lei. “Dio, sembra reale. Ma tu non sei davvero qui. Sei davvero nel tuo piccolo dolce lettuccio... e io sono-”

    “Con lei” disse secca Buffy, i fianchi che sgroppavano.

    “No”

    “Ma-”

    “Dolcezza, siamo a fottute diverse estremità della fabbrica” Spike sospirò e gentilmente le tolse le dita dalla fica, lasciando la sua carne bagnata con una leccata d'addio. “Si è stufata di me che ti chiamo nel sonno. Non importa, naturalmente. Ho lasciato il suo letto prima che avesse la possibilità di cacciarmi via. Ha solo iniziato a ripetere di come tu sei un raggio di sole e di come sono perso per te”

    “Te ne sei andato?” ripeté Buffy, tirandosi a sedere mentre lui si alzava in piedi. “Te ne sei andato prima che lei-”

    “Non sei il mio premio di consolazione” disse Spike fermamente, prendendole la mano e incoraggiandola a voltarsi mentre lui cadeva sul materasso. “Sono qui perché voglio te. Non voglio lei. E sono piuttosto sicuro che siamo già andati oltre questo”

    “Scusa una ragazza a cui era stato detto che aveva rovinato la tua vita di essere un po' insicura” ribatté lei ironicamente.

    Spike si irrigidì e ma non rispose, invece si sistemò alla testa del letto, la schiena contro la testata, le gambe allungate. L'avida sporgenza del suo cazzo riposava orgogliosamente contro il suo stomaco, i suoi occhi affamati le scorrevano il corpo mentre lei si arrampicava sul materasso. “Non c'è niente di cui essere insicuri” mormorò lui, toccandole il seno mentre la sua bocca trovava la soffice colonna della sua gola. Lui gemette contro di lei quando il suo stomaco gli si strofinò contro l'erezione. “Niente”

    “Mi ci vorrà un po'” replicò Buffy, la sua mano ansiosa che blandiva tra di loro, desiderosa di sentire la sua lunghezza strofinarle di nuovo contro il palmo. “Un bel po'”

    Dolore gli balenò sul viso, ma non obiettò. Non importava quanti progressi fossero stati fatti, l'aria tra loro era ancora carica di tensione. “Lo so”

    “Ma mi fido di te” Era un'ammissione pericolosa, lo sapeva; anche con tutto quello che le aveva promesso, anche con la fede che aveva nell'autenticità delle sue parole, fargli sapere quanto esattamente la possedesse – che possedeva sia il suo amore che la sua fiducia – avrebbe potuto facilmente tornare a tormentarla. Stava facendo una serie di balzi incerti nello stesso tempo e sperava che la rete sotto di lei fosse solida come sembrava. Lui sapeva che lei lo amava. Sapeva che la sua verginità apparteneva a lui. Sapeva che possedeva la sua fiducia. Che altro c'era da dargli, a parte il suo sangue?

    Un brivido malizioso le corse lungo la spina dorsale. Anche il suo sangue era suo. Anche per quanto le aveva fatto male, c'era niente che non gli avrebbe dato. Seduta a cavalcioni delle sue cosce forti, la mano che gli pompava la lunghezza della sua dura asta mentre i suoi occhi godevano dell'eurofico brillare dei suoi. Non c'era niente che non gli avrebbe dato.

    “Ti fidi di me?” boccheggiò lui, i fianchi che strattonarono in avanti. “Oh Buffy...”

    “Lo so. Non lo meriti”

    “Davvero no” concordò Spike con un cenno. “Immagino sia fortunato che tu mi ami”

    Buffy inalò bruscamente. Non fosse stata per la tenera venerazione nei suoi occhi – lo sguardo che le diceva quanto quelle parole significassero per lui – lei avrebbe sentito che fosse stata presa in giro.

    Ma non lo era. Spike prendeva con serietà quelle parole, e non avrebbe rimandato il suo dubbio, non importa quanto giusta era lei a preservarlo. Così non disse niente, piuttosto si accontentò dei suoi lamenti mentre gli strofinava il cazzo. Non c'era niente da dire – lui sapeva che lei lo amava, e similimente capiva che non lo meritava.

    Non ora, ma stava cercando di recuperare.

    “Buffy...” Senza avviso, le afferrò di nuovo un polso e gentilmente la convinse ad allontanare la mano dalla sua erezione. Lei avrebbe messo il broncio se lui non l'avesse immediatiamente spronata verso l'alto fino a che si sentì appollaiata proprio sopra le sue palle, la base del suo cazzo accoccolata contro la sua fessura e la sua dura lunghezza che le strofinava lo stomaco. E senza avviso, le venne in mente che stava per accadere. Stava per avere un uomo dentro il suo corpo. E mentre non le avrebbe fatto niente a livello fisiologico – mentre si sarebbe svegliata nel suo letto con la sua verginità più o meno intatta – non rendeva quello che stava per succedere meno reale. Non per lei.

    Niente di quello che avevano fatto qui era stato falso. Niente.

    Lui le fece scivolare una mano tra le gambe, l'altra le tremava attorno alla vita. “Tieniti alle mie spalle, gattina” ronfò lui, “e sollevati solo un po'”

    Si sentiva così aperta – così esposta. Le sue gambe erano aperte e la sua carne umida era premuta intimamente contro di lui. Vero, erano già stati così prima, ma l'effetto rifiutava di svanire col tempo. E ora, per la prima volta, avrebbe preso un uomo dentro di sé. Non un uomo qualsiasi: Spike. L'uomo che amava. Il vampiro che amava. Domani mattina sarebbe andata a scuola e sarebbe stata con i suoi amici e avrebbe finto che niente fosse cambiato perché, apparentemente, niente sarebbe cambiato. Niente tranne che tutto.

    “Fammi sapere se fa male, piccola” mormorò Spike, bagnandola di baci lungo la gola, la mano sulla sua schiena che le accarezzava il sedere in modo rassicurante mentre l'altra posizionava il suo cazzo alla sua apertura fradicia. “Andremo tanto piano quanto avrai bisogno”

    Buffy non sapeva cosa aspettarsi dalla sua prima volta. Non era quel tipo di ragazzina ingenua che aveva sognato di fare l'amore con la sua anima gemella su un letto di bianche lenzuola di seta tra uno spargimento di petali di rosa. Fino a Spike, non aveva saputo di essere in grado di quel tipo di amore condiviso tra amanti. L'amore era stato un tale concetto astratto – qualcosa così lontano da qualsiasi cosa lontamente raggiungibile in qualsiasi vita. E mentre sapeva di essere capace di amare – amava sua madre, i suoi amici, il suo Osservatore, e quando non era un idiota, suo padre – l'idea dell'amore romantico, fisico rimaneva qualcosa che bramava ma non aveva mai pensato di toccare. Ora con la punta del cazzo di Spike che le scivolava dentro mentre lui ansimava forte contro il suo seno e gentilmente le accarezzava la clitoride con il pollice, ogni precedente idea, ogni parola imprecisa che aveva mai assegnato all'arte del fare l'amore fu spazzata via da un torrente di estasi.

    “Oh mio Dio” boccheggiò Buffy, le unghie che affondavano negli avambracci di lui.

    “Solo un po' di più” replicò Spike, la voce tesa, la mano sulla sua schiena che spronava il suo sedere ad incontrarlo. Fu solo allora che lei notò quanto rigide fossero le sue gambe, quanta tensione fosse bloccata in ogni muscolo del suo corpo. Lottò per sopraffare la paura – per mettere a terra la voce interiore che le prometteva che non sarebbe mai stata brava abbastanza. Che non sarebbe mai stata femminile abbastanza. Non morbida dove lui aveva bisogno che lei lo fosse e non solida dove a lui piacevano le sue donne che fossero solide. Forse avrebbe fatto la mossa sbagliata e sarebbe stata mandata via dalla stanza ridendo, rendendo reali in merito le sue peggiori paure.

    La Cacciatrice era consumante del tutto, e la Donna rapprensentava nient'altro che il suo sesso assegnato. Dopo tutto, se non fosse riuscita a farlo funzionare in un sogno, che speranza aveva di compierlo nella realtà?

    Buffy era determinata a non farsi comandare dalle sue paure. Non con ogni centimetro di lei immerso nel piacere. Con un respiro tremolante, forzò i suoi muscoli vaginali a rilassarsi, tirò un brusco respiro, e si impalò sul suo cazzo completamente. Bianco le accecò gli occhi e ogni cellula nel suo corpo urlò in estasi. La debole fitta di fastidio svanì quasi istantaneamente – lasciandola solo con la sensazione di lui, grande e grosso dentro di lei. Che la allargava in modi che non aveva mai pensato potesse allargarsi. La sua pelle liscia cullata contro le sue pareti infuocate, a raffreddare il suo fuoco mentre allo stesso tempo aizzava le fiamme a nuove incommensurabili altezze.

    La sua schiena si inarcò e la testa roteò all'indietro. “Ohhh” urlò lei. “Oh... mio Dio”

    “Mio Dio” echeggiò Spike, la testa che colpiva la testata, gli occhi stretti chiusi. “Così bollente. Così fottutamente bollente, sei” Il suo torace si sollevava con ansiti non necessari e lui obbligò i suoi occhi ad aprirsi, inghiottendola nel suo sguardo acceso. “Stai bene, gattina? Nessun dolore?”

    “Io... io...” Buffy scosse la testa, il torace schiacciato dal peso dei suoi ansiti. “No. No. Oh Dio. Oh Dio.” Si morse forte il labbro inferiore e dimenò i fianchi, determinata a creare frizione, desiderosa di sentire la sua carne scivolare contro di lei. “Io solo... mi sento... piena”

    Le parole sembravano ridicolosamente scadenti alle sue orecchie, specie coperte dalla sua voce, ma non le rendevano meno vere. Qualsiasi disagio che aveva inizialmente sentito era stato solo per lo shock dell'intrusione – la sorpresa di avere Spike dentro il suo corpo. Aveva pensato, a qualche livello, che le esplorazioni delle sue dita l'avessero preparata per questo, ma Dio, aveva torto. Così incredibilmente torto. E ora che lo aveva dentro di lei, sentiva finalmente che l'aveva fatto suo – almeno una piccola parte. C'era una parte di Spike dentro di lei che nessun altro avrebbe potuto toccare ora. Anche se, nonostante i suoi migliori auguri, lui le avesse spezzato il cuore, non c'era modo che qualsiasi altra donna potesse avere quello che aveva lei ora.

    “Sei così bella” le mormorò Spike contro le labbra. Il suo pollice rimase posato sopra la sua clitoride, massaggiandola dolcemente. “Sei così bollente. Sei così maledettamente bollente. Sapevo... lo sapevo. Sapevo che eri così bollente, ma Dio...” Le accarezzò le labbra con le proprie, abbandonando il suo fascio di nervi ipersensibile per prenderle completamente a coppa il sedere. “Ho bisogno di te... Buffy...”

    “Cosa?”

    “Muovi...ahhh...” La abbagliò con un sorriso rassicurante mentre lei si sollevava dal suo cazzo, si teneva per un esitante secondo, poi riscendeva di nuovo. “Ohhh, si. Si, così. Proprio così, piccola”

    Questa era un'altra cosa che non aveva mai concepito nella sua prima volta. Mentre era ben consapevole di una verità di posizioni sessuali – okay, tre – non si era mai vista come il tipo da controllare quello che succedeva in camera da letto. Ma eccola lì, che si schiacciava contro Spike mentre lottava per trovare un ritmo che sembrava naturale. I suoi respiri irregolari tradivano il suo nervosismo, ma quando in apparenza vacillava, lui non si accigliava o roteava gli occhi o portava alla vita nessuna delle sue peggiori paure. L'espressione sul suo viso rimaneva riverente, i suoi occhi non lascivano mai i suoi.

    Sapeva perché le aveva dato il controllo. Dopo tutto quello che era successo, ne aveva bisogno.

    “Ecco” mormorò Spike di nuovo, stringendole il sedere e aiutandola a sollevarsi dal suo cazzo. Il rumore di risucchio umido che riempì l'aria tra i loro ansiti condivisi avrebbe dovuto farle arricciare il naso in ripugnanza, ma fece solo diventare più bollente il calore nella sua pelle e il fiume tra le sue gambe più pronunciato. “Oh, cazzo, ecco. Va tanto piano quanto ne hai bisogno”

    Ma lei non voleva piano. La fiamma nel suo corpo era troppo intensa. E dall'incisività nella sua voce, avrebbe potuto dire che lento non era esattamente qualcosa che neanche lui volesse. “Cosa...”

    Le parole non vennero. Non sembrava esserci proprio un buon modo per chiedere a qualcuno come fare sesso, specialmente dato che tutto sembrava parecchio ovvio. Inserire, ritirare, ripetere. Ma i suoi nervi tremolanti e la sua mente galoppante e la sensazione composta di essere divisa dal piacere e appoggiata dalla paura tutto in una volta le facevano segnare un infinito spazio vuoto.

    Grazie al cielo, Spike non la fece specificare. Invece i suoi occhi si ammorbidirono e le sfiorò le labbra con le proprie. “Muoviti solo con me” mormorò, sollevandola dal suo grembo, e la scivolata umida del suo cazzo tra le sue pareti vaginali le fece dimenare i fianchi per il desiderio di bloccarlo dentro di lei e buttare via la proverbiale chiave. “E giù” sospirò lui, affondando di nuovo nella sua fica, la sua punta che sfiorava nervi che lei pensava fossero riservati solamente per fantasie pesanti. Spike le baciò ancora le labbra, poi la sua bocca fu al suo orecchio, la sua voce risonava attraverso ogni sfaccettatura del suo corpo. “E su di nuovo”

    Buffy strizzò gli occhi chiusi, il corpo che saliva e scendeva. “Ohhh...”

    “E' così bello” mormorò lui, tirandole il lobo con i denti. “E di nuovo. Più veloce”

    Si. Più veloce. Più veloce era buono. Più veloce era estremamente buono. Sperava solo di riuscire a sostenerlo più veloce. Buffy annuì severamente, la mente che correva determinata a mantenere il passo con ogni sensazione. Era nervosa e divisa per il piacere, concentrata sulla scivolata umida della sua erezione dentro di lei e, allo stesso tempo, l'espressione sul suo viso. Attenta a qualsiasi smorfia o segno di esasperazione per quanto fosse patetica. Ma non c'era niente. Nient'altro che beatitudine distendeva ogni curva del suo viso. Il suo nome viveva sulle sue labbra, i suoi occhi inghiottiti nel calore blu infinito dei suoi. E in quel momento, era tutto quello che sapeva.

    “Fottuto inferno, sei perfetta” gemette lui, incoraggiandola a rimbalzare più veloce sul suo cazzo. Il colpo umido dei loro corpi che oscillavano insieme echeggiò nelle sue orecchie e servì solo ad alimentare l'inferno in crescita nel suo stomaco. “Così stretta. Dio, sei così... così stretta. Così maledettamente bollente” Le mordicchiò un bacio sulle labbra, convincendola a piegarsi in avanti fino a quando fu distesa fino al punto di rottura. Non c'era modo che non la stessa dividendo a metà, ma lei non riuscì a farsene importare. Non quando il dolore era così bello. Non quando i suoi fianchi iniziarono a sollevarsi dal letto per incontrare le sue spinte. “Come... io come... Buffy?”

    “Io... non ho mai avuto di così... buono” E se questa non era la dichiarazione attenuata dell'anno, lei non sapeva cosa fosse. Desiderò solo di avere un modo con le parole. Qualcosa che rendesse sexy e bollente piuttosto che da adolescente e sciocco quello che sentiva. Voleva dirgli come non avesse mai capito quanto fosse vuota prima – come avesse vissuto la sua vita senza essere completa. Ma sapeva come sembrava alle sue orecchie – figurarsi come sarebbe sembrato a quelle di lui. Non importava che fosse la verità. La verità era del tutto immune ai clichés e alle metafore veramente brutte – alla verità non importava come sembrava, solo com'era. E per quella ragione, imbottigliò la verità dentro di sé e la bloccò in un terreno sicuro. Un posto dove i suoi sentimenti da ragazzina non potessero essere derisi, anche se i resti dei suoi veri sentimenti fecero poca giustizia. “Spike... oh Dio...”

    “Buono?” ripeté lui, ghignando e roteando i fianchi sotto di lei prima di affondarle di nuovo il cazzo dentro. “Solo buono?”

    Colori le esplosero dietro gli occhi. “OH!”

    “Ho aspettato così tanto per te. Così fottutamente tanto”

    Forse era stato tanto. Davvero non ricordava in quel momento. Riusciva a malapena a ricordare il suo stesso nome. Tutto quello che sapeva era che il suo corpo stava galoppando più vicino all'esplosione diversamente da tutto quello che avesse mai provato, e riusciva a malapena a tenere il ritmo con lui. Con la spinta stabile dei suoi fianchi sotto di lei mentre lottava forte per la supremazia che aveva dimenticato di avere già. Sentì il rumore secco e avido delle sue palle contro la sua carne umida ogni volta che lui si inarcava dal letto, sentì il cigolare del materasso sotto i loro corpi che spingevano e tremò per le parole colorite che non era neanche certa Spike fosse ben consapevole di liberare nell'aria bollente tra di loro.

    “Sai di così buono. La mia Cacciatrice. La mia Buffy. Mia mia mia mia”

    Dio, non c'era da discutere su questo.

    “Lo ami questo, vero?” domandò lui, infilando le dita nei suoi capelli e tirandole la testa all'indietro appena abbastanza per farle sentire i gradi di separazione tra di loro. “Ami sapere che sono tuo, quasi quanto ami inzuppare il mio cazzo con i tuoi bollenti succhi di piccola cacciatrice. Vero?”

    Lei annuì prima di sapere cosa stesse facendo, il corpo spinto a supervelocità. Annaspò alla ricerca di equilibrio, rimbalzando senza pietà nel suo grembo, preoccupazioni bannate a favore del piacere che le disfaceva ogni cucitura nel corpo. Spike l'aveva resa assuefatta al pimo assaggio. Non c'era modo che potesse andare avanti senza la sua erezione che la penetrava nel suo sesso bagnato. La sua fica fremette e il suo corpo oscillò più vicino all'esplosione. E fu totalmente persa.

    “Oh Dio” piagnucolò Spike, mordicchiandole il seno. “Buffy...”

    Lei cercò di dire il suo nome, ma le parole erano, come sempre, perse. “Unh-”

    Lui strinse i denti e inarcò la schiena, e più a fondo si nascondeva, più lei voleva tenerlo lì. Iniziò a contrarre ad ogni spinta i muscoli che aveva dimenticato di avere – muscoli che tipicamente conservava per i calci extra alti o per altre manovre estrose da cacciatrice. Muscoli che non aveva mai pensato potessero entrare in gioco per altro. E alla prima contrazione, gli occhi di lui si spalancarono così tanto che lei pensò di avergli fatto male – e fu così fino a quando il suo nome gli si strappò dalle labbra mentre i suoi fianchi iniziavano a dimenarsi in modo pazzo.

    “Oh mio Dio. Oh dio. Buffy Buffy Buffy! Stringimi. Oh Dio, si. Cazzo si”

    “Ohhh...”

    “Così fottutamente buono. Mi farai scoppiare, tu. Oh Cristo” Una mano le liberò il sedere, poggiandosi sul suo addome e bagnandosi alla vista del suo cazzo che affondava ancora e ancora dentro le sue calde profondità. “Dove diavolo...” boccheggiò lui, il pollice che scivolava sopra la sua clitoride viscida, spasmi selvaggi le facevano tremare il corpo, “hai imparato questo?”

    Buffy scosse la testa perché non sapeva che stesse facendo qualcosa, facendo del suo meglio per strofinarsi contro il polpastrello del pollice di lui. La dualità della sensazione stava per distruggerla. La sua lunghezza era dentro di lei, i suoi occhi erano sul suo viso bollente, e le stava strofinando la clitoride gonfia. Non c'era modo. Nessun modo...

    “Buffy—”

    “Spike, per favore!”

    Un ringhio spezzò l'aria e lui la tirò sul suo torace, schiacciando il suo braccio libero attorno al centro di lei e nascondendo il viso nell'incavo della sua gola. “Dimmi” mormorò lui, massaggiandola furiosamente. “Dimmi che mi ami”

    Le lacrime le strinsero la gola e lei non sapeva perchè, solo che la sua confessione proibita le stava uscendo dalle labbra senza esitazione. “Ti amo” pianse, la sua fica che si stringeva mentre i tremiti si impadronivano del suo corpo, estasi accecante le squarciava ogni fibra. Non riusciva a vedere – riusciva a malapena a respirare se non stava urlando il suo nome. I suoi muscoli si contrassero attorno a lui, bagnando il suo cazzo con il flusso del suo rilascio. E lui ricambiò bene quanto ricevette. Le sue zanne stavano improvvisamente pungendole la gola, i ringhi gli rimbombavano nel corpo affievolendosi in lamenti deboli mentre tremava forte e si riversava dentro di lei.

    “Buffy” mormorò Spike, i suoi incisivi che le sfioravano la pelle sudata. “La mia Buffy...”

    Non l'aveva morsa. Aveva pensato che potesse morderla, ma non l'aveva fatto. E con sua sorpresa, non era sicura se la sensazione che si depositava nel suo intenstino fosse sollievo o delusione.

    Cosa significava?

    “La mia Buffy” disse lui di nuovo, i suoi fianchi che ancora spingevano in alto, il suo cazzo che sembrava disperato per quanto di lei, lei potesse dare.

    Lo sciocco vampiro non capiva che lei gli aveva già dato tutto. E forse, per il tempo presente, quella era una buona cosa. Forse.

    Ma mentre il suo corpo tremante tornava a terra, lei seppe che non sarebbe durata. Lui possedeva ogni piccola parte di lei. Aveva rivendicato il diritto, naturalmente, ma lei gli si era data liberamente. E se lui avesse mai smesso di ricordarle che apparteneva a lui, forse allora ci sarebbe stata una vera causa di preoccupazione.

    Per ora, comunque, mentre lui le avvolgeva le braccia attorno al corpo soddisfatto e la stringeva teneramente al suo torace, lei rifiutò di pensare a quello che il domani avrebbe portato. Cosa sarebbe successo nella caduta di quello che avevano condiviso. Quello che lui le aveva dato in cambio di tutto quello che aveva preso. Le parole che lui aveva domandato – le stesse parole che lei gli aveva dato di buon grado. Le parole che lui non aveva ricambiato.

    Il bacio tenero sul suo sopracciglio le disse che lui amava che lei lo amasse.

    E per ora, era abbastanza.

    TBC
     
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    Stupenda *-*
     
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    Capitolo X

    Non fu una sorpresa quando si svegliò da sola nel letto la mattina successiva, ma Buffy non poté evitare lo sprofondamento nel suo stomaco quando il braccio attorno a lei svanì nella luce del mattino. Spike si era stretto dietro la sua schiena proprio pochi secondi fa, facendo gentilmente le fusa nel suo orecchio e facendole cose sempre più sconce con le sue mani perpetuamente in movimento. Ogni pochi minuti la sua bocca affamata si abbassava per esplorarle il collo o i seni o qualsiasi cosa di cui fosse affamato, mormorandole adorazioni preziose contro la pelle. Il suo cuore veniva sistematicamente ricucito insieme, pezzo per pezzo, e per la prima volta in settimane sentiva che il futuro era di nuovo nelle sue mani.
    “Dimmelo di nuovo” aveva mormorato lui proprio prima che lo strattone dell'alba la tirasse via. “Per favore...”

    Non c'era da negargli niente. Buffy si era voltata nelle sue braccia e aveva baciato le sue labbra, portando il cuore negli occhi. “Ti amo”

    Se altro, l'espressione sul suo viso sarebbe rimasta con lei per sempre.

    La notte le aveva dato così tanto. C'era calore sopra le pianure prima gelate del suo cuore e dentro i canali una volta congelati delle sue vene. E sebbene una parte di lei appassiva allo svegliarsi in un letto vuoto, la parte più grande di lei era ringiovanita e caricata di speranza.

    La parte più grande di lei stava cercando di venire a patti con tutto quello che la notte le aveva dato. Come aveva potuto fissare nello specchio solo poche ore fa cosumata da colpa e disgusto di sé. Come poteva fissare ora nello stesso specchio senza affogare nella disperazione. Come poteva pensare di fronteggiare un altro giorno senza collassare.

    Quanto era potuto cambiare nel sonno.

    Le parole di Spike la seguirono attraverso la routine mattutina. Era con lei quando si fece la doccia. Era in piedi nell'angolo mentre si acconciava i capelli. La sbirciava mentre frugava nel cassetto delle mutandine e mise il broncio quando infine lei si vestì. Gentilmente le sfiorò con le labbra le sue prima che lei lasciasse la stanza, promettendole che sarebbe stato lì quando fosse ritornata.

    Buffy fronteggiava il mondo non più vergine. Le sue gambe tremarono quando incontrò gli occhi di sua madre oltre il bancone della cucina; quando Joyce le disse che sembrava diversa. Buffy non sapeva come era diversa, ma in qualche modo, aveva senso. Si sentiva diversa. Ogni passo che faceva le turbava la testa riportandola alla notte magica che aveva condiviso con l'uomo che amava. Tutto ai suoi occhi era cambiato.

    Ma aveva tutto avuto luogo in un reame oltre il mondo fisico. Il suo corpo era tecnicamente ancora intatto. Le mani di Spike non avevano mai vagabondato tra le sue gambe nella realtà. Le labbra di Spike non le avevano mai toccato la clitoride, proprio come il suo cazzo non era mai stato nella sua bocca. Ogni bacio che avevano condiviso sarebbe stato giudicato una fantasia da un osservatore casuale. E a parte l'incontro erotico la notte in cui Billy Ford aveva cercato di venderla, niente di tangile era mai successo tra loro.

    La stupida che così tanto avesse avuto luogo senza veramente aver avuto luogo. Ma poi di nuovo, quei sogni non erano solo sogni. Quello che era accaduto nella realtà aveva solo rinforzato la sua convinzione. C'era qualcosa di più grande a portata di mano. Qualcosa che aveva permesso alle loro menti di incontrarsi.

    Solo non sapeva cosa.

    E in molti modi, Buffy era oltre il preoccuparsi del come o del perché. Sapeva solo quello che sapeva, e si fidava di Giles per riempire gli spazi vuoti che dovevano essere riempiti. Forse c'erano alcune cose che non avevano una spiegazione. Le cose più strane accadevano sulla Bocca dell'Inferno. Tutto quello che sapeva era che tutto era cambiato. Tutto.

    Non era più vergine. Non ai suoi occhi. Spike ora possedeva ogni parte di lei. L'aveva tenuta stretta contro il suo torace con il suo cazzo nel profondo dentro il suo corpo, mormorandole adorazioni nei capelli mentre le sue mani le accarezzavano la schiena. Le aveva sfiorato il viso con piccoli baci, il suo torace aveva rombato con ronfi contenti contro il suo. Le aveva dato tutto in una notte.

    Tranne la cosa che lei voleva di più.

    E mentre fronteggiava il giorno con una ritrovata gioia, Buffy non era sciocca abbastanza da credere che tutto sarebbe andato bene ora che il peggio era in apparenza dietro di loro. Neanche ventiquattro ore erano trascorse da quando aveva sentito le pareti del mondo crollare. Da quando si era creduta un pariah del mondo umano, relegata solo a cacciare i mali che incedevano nella notte e a prevenire l'occasionale apocalisse.

    Da quando aveva ferito uno dei suoi amici in una mossa disperata per provare il suo valore.

    Il peggio poteva essere finito, tuttavia lei doveva ancora avanzare lenta nelle conseguenze. E persino allora non era certa di quanta speranza assegnare al futuro. Dopo tutto, proprio prima che l'organo crollasse era stata ragionevolmente cerca che Spike aveva goduto di quello che condividevano almeno un poco di quanto aveva fatto lei. Aveva sempre saputo di essere la sua seconda scelta – immaginato, comunque – ma neanche nelle camere più oscure del suo cuore, aveva mai immaginato un'esplosione in minima parte simile alla grandezza di quanto era accaduto. Non aveva mai previsto di essere così totalmente sventrata. Non aveva mai previsto l'uomo tenero che era arrivata ad amare usasse le sue parole per tagliare piuttosto che per accarezzare. Anche quando aveva capito che lui alla fine le avrebbe spezzato il cuore, l'aveva previsto a farlo in un modo calmo del tipo scusa-è-finita-ma-almeno-ci-siamo-divertiti. Non con il metodico fare a brandelli di ogni fibra del suo essere. Non con il lanciarle in faccia tutto quello che avevano condiviso – ogni prezioso momento tra loro – come se non avessero significato niente.

    La scorsa notte aveva fatto meraviglie per guarire le sue ferite, ma Buffy non si sarebbe fatta prendere alle spalle di nuovo. Spike avrebbe potuto benissimo decidere che non la voleva dopo tutto, e le settimane che aveva trascorso ad affliggersi per la sua assenza avevano romanticizzato la sua idea del loro tempo insieme. Anche con l'eco delle sue mani sul suo corpo, lei non riusciva a fidarsi che lui si conoscesse abbastanza bene da sapere che intendeva sul serio quello che aveva detto. Non riusciva a fidarsi che non le avrebbe frantumato di nuovo il cuore.

    Come risultato, non vedeva l'ora di rivederlo di nuovo stanotte – così tanto che la faceva tremare. Voleva che fosse notte quasi quanto ne aveva terrore.

    Fortunatamente per Buffy, il giorno era denso di altre cose da temere. Come parlare con Angel. E spiegarsi. E scusarsi. E sperare che ci fosse un modo per cui lui avrebbe capito. Non che lo avrebbe biasimato se non l'avesse fatto; non avrebbe potuto, specie quando non era certa che avrebbe mai potuto perdonare se stessa. Aveva trattato Angel nell'esatto modo in cui sentiva che era stata trattata dall'uomo che amava – come un oggetto per dimenticare qualcun altro.

    Doveva scusarsi con Angel. Per averlo guidato male. Per avergli fatto credere qualcosa che non sarebbe mai potuta essere vera. Per averlo usato per dimenticare i suoi problemi.

    Doveva solo sperare che una scusa sarebbe bastata.


    *~*~*


    Ebbe a malapena il tempo di addormentarsi prima che Spike le prendesse a coppa la guance tra le mani, le labbra che le ricoprirono il viso di preoccupati baci disperati.
    “Stai bene?” domandò lui in fretta. “Non ti ha toccata, vero?”

    Buffy tremò, le lacrime che aveva tenuto a bada per tutto il giorno aumentarono con rinnovato vigore. I suoi occhi erano già fatti a pezzi dal piagnucolare non stop di quelle scorse settimane, e mentre il suo cuore era sollevato che la fonte di questo dolore non fosse l'uomo contro di lei, non poté evitare di sanguinare.

    “Buffy!” ringhiò Spike, afferrandole le spalle e scuotendola forte. “Dimmi che stai bene!”

    “Sto bene” Fu a mala pena un sospiro, ma evidentemente, fu abbastanza. Il panico negli occhi del suo vampiro morì lentamente, sciogliendosi in preoccupazione. “Sto bene” disse lei di nuovo. “Lui... lui non ha... voglio dire, lui... abbiamo lottato e lui... ha detto alcune cose...”

    Gli occhi di Spike si scurirono. “Posso maledettamenete bene immaginarle” disse in tono irato.

    “Come... come hai...?”

    Le parole le mancarono alla svelta. La sua mente non riusciva a comprendere l'idea che Angel come lei lo conosceva era andato. Logicamente sapeva che era la verità; l'aveva visto. L'aveva sentito. Lui le aveva gettato in faccia tutto ed aveve sorriso del suo crollo. E mentre era stata in grado di allontanare la maggior parte dei suoi colpi personali come niente di più che un tentativo di svutorla del rispetto di sé, le parole avevano raggiunto il loro obiettivo. E bene.

    “Adesso, non so quando Spike abbia trovato il tempo per insegnarti quello, ma devo mandare al ragazzo un cesto di frutta.” Ghignò lui e allargò le braccia. “Certamente mi ha cambiato la vita”

    Era lei la ragione. In qualche modo, era lei la ragione per cui questo stava accadendo.

    “E' venuto da noi, passerotto” mormorò Spike, strattandola e riportandola al presente. Si era dimenticata che aveva posto una domanda. “E' comparso prima cosa questa mattina, cazzo, era lì prima ancora che avessi la possibilità di...” I suoi occhi tremolarono chiudendosi, le mani corsero gentilmente lungo la lunghezza delle sue braccia. “Sei sicura che stai bene?”

    “E' lì?”

    Non fu chiesto per sorpresa; in tutta onestà, Buffy si era aspettata che la prima cosa che un nuovo Angel senz'anima facesse fosse tornare dalla sua famiglia.

    Spike offrì un mezzo sorriso e scrollò le spalle. “Probabilmente sta scopando Dru fino a provocare un buco per terra mentre parliamo”

    “Dru?”
    “Non è importante, gattina. Solo -”

    “Dru è con Angel e non è importante?”

    “Non per me” Spike le baciò dolcemente le labbra. “Dimmi che stai bene. Ha detto-”

    La perpetua domanda sulle labbra di Spike, nonostante le sue rassicurazioni, fece sciogliere in calore l'intorpidimento che circondava il suo cuore. La giornata era stata un diavolo di corsa non stop. Era iniziata con quella che sarebbe dovuta essere una dolorosamente imbarazzante visita all'appartamento di Angel e con speranza sarebbe finita con un'altra magica notte nelle braccia del suo amante. Era iniziata così innocemente; come avevano fatto le cose a muoversi così oltre il suo controllo?

    E poi di nuovo, non c'era un come nell'equazione. Sapeva come Angel era diventato cattivo.

    Le sue parole avevano lasciato poco all'immaginazione.

    “Sto bene” mormorò Buffy di nuovo, forzando un sorriso. “Sto bene”

    “Non posso essere lì per assicurarmi che non mi stai mentendo”

    “Non sto mentendo”

    L'enfasi ruppe l'ultimo sforzo della sua volontà, e scoppiò in lacrime. Naturalmente stava mentendo. Come diavolo faceva a stare bene? Come poteva? Con la fitta dei pugni di Angel che le rovinava la pelle, con il peso delle sue battute pungenti che sfregavano sale nelle ferite aperte, con la consapevolezza che era responsabile che la buttava giù... come qualcuno si sarebbe potuto aspettare che stesse bene? Lei era la ragione. Non sapeva perché, ma lei era la ragione. Aveva fatto qualcosa per togliere la parte di Angel che lo teneva legato all'umanità. Aveva fatto qualcosa all'apparenza piccola ed insignificante, e in qualche modo era finita per costarle il mondo.

    Beh, non il mondo. E forse questa era la parte peggiore. Si era addormentata con la speranza nel cuore perché sapeva che Spike la stava aspettando, e Spike avrebbe reso tutto migliore. A Spike non sarebbe importato se lei avesse avuto bisogno di essere debole. Se avesse avuto bisogno di piangere. L'aveva già vista nella sua forma più debole. L'avrebbe stretta se lei glielo avesse chiesto.

    Dio, sperava di si. Le sue emozioni erano troppo logore, e non riusciva a darsi un senso.

    Quando ritornò di scatto al presente, si trovò seduta sul bordo del letto con Spike in ginocchio di fronte a lei, le mani che le tiravano sopra la testa la camiciola, dita ansiose le mappavano la pelle esposta, attente a ferite o lividi. “Cosa ha fatto?” domandò lui. “Lo ucciderò fottutamente. Lo giuro”

    Buffy singhiozzò tristemente e forzò un sorriso. “Spike-”

    “Se ti ha toccata-”

    “A-a-anche s-e l'avesse fatto, t-t-tu n-non potresti vederlo qui. Ric-ricordi?” Lei sollevò una mano al suo viso, godendo dei contorni lisci della sua pelle sotto il suo tocco. Probabilmente era orribile – una massa singhiozzante di incoerenza, una cascata di lacrime che le scendeva lungo le guance. Ma l'espressione negli occhi di Spike la faceva sentire bella lo stesso. “Mondo-di-sogno”

    Gli occhi di lui si illuminarono e le sue narici si allargarono. “Il secondo in cui le mie gambe funzionano-”

    “L-lui n-non ha fatto ni-niente”

    “Stai piangendo”

    “Ho pi-pianto t-t-tanto recentemente” Buffy tirò su col naso forte e si strofinò gli occhi. “Scusa”

    La testa di Spike scattò su da dove stava esaminandole lo stomaco, le mani posate e pronte a tirarle lungo le gambe i pantaloni di flanella. “Non osare scusarti” disse lui bruscamente. “Per quello che ti ho fatto passare-”

    “Spike—”
    “Ma io so cosa... so cosa io ho fatto, gattina. Lo so. Non ho bisogno di nessun maledetto chiarimento” Prese a pugno il punto vita dei suoi pantaloni di flanella. “Ma non posso essere lì ad assicurarmi che non stai sanguinando o peggio. Non so cosa ha fatto il segaiolo, e lui sicuro come l'inferno non sta parlando. Quindi fai meglio ad essere diretta con me, o qualcuno mi aiuti, trascinerò il mio culo rotto fino a casa tua e lo scoprirò da me. Fottute le conseguenze”

    E proprio così fu sommersa da calore, e un'ondata di calma la colpì. “Lo faresti?” chiese lei piano.

    Se altro, Spike sembrò offeso che lei dovesse chiedere. “Naturalmente lo farei, sciocca ragazzetta” replicò lui incredulo, togliendole velocemente i pantaloni del piagiama dalle gambe, lasciando il suo corpo nudo di fronte ai suoi occhi inquisitori. Non aveva indossato mutandine per il letto stanotte, e come sempre, il suo abbigliamento notturno si era portato attraverso il mondo di sogno. Solamente per la prima volta, la sua nudità non era immersa in occhiate di apprezzamento e commenti sporchi; Spike era determinato ad ispezionare ogni centimetro di lei alla ricerca di ferite, nonostante le leggi della razionalità. “Ma dato che non mi piace per niente che la Grande Checca aggiunga alcuni mesi al mio recupero, preferirei sul serio se tu semplicemente me lo dicessi”

    “Che sono okay?”

    “Giusto”

    Un sorriso quasi riluttante le contrasse le labbra. “Vuoi dire quella cosa che sto ripetendo da quando sono arrivata qui?”

    Lui si corrucciò. “In modo non molto convincente”

    “Sto bene, Spike”

    “Non ti credo”

    E non lo faceva. Non lo faceva sul serio. Il panico nei suoi occhi era solo accresciuto dall'urgenza nella sua voce. E senza avviso, si ritrovò a guadagnare l'equilibrio in un mondo di caos per l'unica cosa che sapeva senza domande. Era innamorata di Spike, e questo era perché. Questa gentile compassione che le aveva mostrato ripetutamente prima del rituale di risanamento – prima che tutto le scoppiasse in faccia. Solo che ora era più pronunciata. C'era qualcosa nella sua voce – nella disperazione del suo tocco – che non aveva mai sperimentato prima.

    La colpì allora. Qualcosa che non si era mai veramente permessa di realizzare.

    Spike era preoccupato. Per lei.

    Spike era preoccupato per lei. Oltre al piacere del suo corpo e la cacciatrice che lo ricopriva. Lei stava piangendo e lui era preoccupato. Non riusciva a smettere di toccarla, e non in un modo disegnato per far sfrigolare il suo corpo e volare di desiderio il suo cuore. Era preoccupato per lei. Era preoccupato per la ragazza dentro la Cacciatrice. Era preoccupato per Buffy.

    Voleva piangere di nuovo da capo, ma quello l'avrebbe solo fatto preoccupare di più. E sebbene i suoi occhi si rallegrassero all'idea di versare finalmente un po' di lacrime di felicità, l'intera lei era troppo sfinita per piangere ancora. Aveva finito la sua quota di pianto.

    “Credimi” mormorò Buffy al posto di un altro attacco violento di emozioni, accarezzandogli le labbra con le sue. “Sto bene. Sul serio”

    “Perdona il mio scetticismo”

    “Sto bene ora” Lei sorrise piano. “Sono con te”

    In ritardo, realizzò che era seduta sullo stesso letto sul quale aveva perso la verginità la notte prima, ed era nuda. Spike non aveva fatto una mossa per toccarle i seni oltre all'ispezionarli per le ferite, e per qualche ragione quel dorato pezzo di informazione la commosse oltre il rimprovero.

    Poi i suoi occhi caddero sul torace di lui, che era coperto dalla maglietta nera ordinaria. Spike era sempre vestito quando si incontravano. Sempre. Mentre lei si addormentava e gironzolava nella loro stanza di incontro in pigiama, il suo abbigliamento non cambiava mai. Aveva un modo per proiettare il suo completo standard su se stesso prima di entrare nel loro incontro segreto, o dormiva sempre in jeans? Non vedeva Spike come il tipo da indossare boxer o possedere un paio di pantaloni di pigiama di seta. Di fatto, lo avrebbe immaginato come il tipo di ragazzo che dorme nudo.

    Sarebbe stato un po' stridente, suppose, se avesse incontrato ogni notte uno Spike completamente nudo. Un po' stridente ma non del tutto spiacevole.

    “A cosa stai pensando, passerotto?” mormorò lui, strattandola fuori dalle sue riflessioni.

    Le guance di Buffy si arrossarono. “Tu... niente” Si fermò allora, accigliandosi come se un pensiero sconvolgente le ombreggiasse sopra. “Non ti ha fatto del male, vero?”

    La colpì dal nulla, ma non sapeva perché le ci era voluto così tanto per realizzare che Spike poteva essersi trovato dalla parte tagliente dell'ira di Angel, se le osservazioni pungenti di Angel era qualcosa di cui fidarsi. Non c'era più modo di dubitare se il suo una volta quasi-ragazzo sapesse qualcosa o meno di quello che succedeva tra lei e Spike. Le sue parole lasciavano poco all'immaginazione, e se era alla fabbrica, aveva molta più ragione di preoccuparsi per Spike di quanta ne avesse lui di preoccuparsi per lei.

    Se lui sapeva a cosa lei stesse accennando, Spike non tradì niente. “Fatto del male?” ripeté, inarcando un sopracciglio. “Non sto seguendo”

    “Come... non sto parlando in eufemismi qui. Ti ha fatto del male?” Buffy si tormentò un labbro tra i denti. “Se ti ha fatto del male, avrà il suo sedere preso a calci”

    Un sorriso contrasse le labbra di Spike. “Davvero?”

    “Io... tu...” Non c'era da metterlo in dubbio; non ai suoi occhi. Non importava che lei tenesse la colpa dell'anima mancante di Angel, se avesse scoperto che lui aveva fatto del male all'uomo che amava – un uomo al momento relegato in una sedia a rotelle – sarebbe stato polvere così velocemente che probabilmente si sarebbe strozzato con se stesso. “Diciamo solo” continuò lei, sciegliendo con attenzione le parole. “Non gioco da buona con qualcuno che crea problemi al mio... qualunque cosa tu sia”

    Dovette letteralmente rimangiarsi la parola ragazzo. Spike non era il suo ragazzo. Non in un qualsiasi regno – questo o il mondo reale che stava dormiente proprio fuori il loro sonno. Con tutto quello che aveva già perso, tutto il sangue che aveva già dato, sarebbe stato un giorno freddo all'Inferno prima che permettesse a se stessa di definire verbalmente la loro relazione prima che lo facesse lui.

    Se lui aveva notato il suo annaspare, Spike fu gentiluomo abbastanza da non menzionarlo. Invece, il suo ghigno si allargò soltanto con calore. “Sto bene, dolcezza”

    “Lui sa. Sa di noi”

    “Davvero?”

    Il grido delle campanelle di allarme l'assordò. Se Angel non aveva confrontato Spike riguardo la loro relazione, qualcosa davvero non andava. “Lui mi ha detto che sapeva” protestò lei, occhi spalancati. “Lui-lui ha detto... cosa io-”

    Spike alzò una mano. “Buffy-”

    “Ha detto-”

    “Non sa, gattina”

    Il panico le si allargò nelle vene. Come poteva essere così blasé? Così calmo? Come poteva prendere tutto con un valore apparente? “No” disse lei fermamente, “Ero lì. L'ho sentito. Ha detto-”

    “Stava cercando di sbatacchiarti le catene è tutto” Spike si accigliò, la fronte corrugata. “Com'è che dicono... mente con la verità. Non sa un cazzo. Infatti, Cacciatrice, pensa che ti stia prendendo in giro”

    Buffy sbatté gli occhi. Forte. “Cosa?”

    “Lui pensa sia una tattica. Qualsiasi cosa stia succedendo tra di noi...” Si fermò di nuovo, e lei poté vedere i meccanismi dietro i suoi occhi girare mentre lottava per trovare le parole giusto. “Lui pensa che io... pensa che ti stia portando in giro per prepararmi ad aggiungere un'altra tacca alla mia cintura. La testa di Angelus è maledettamenete grande abbastanza da essere vista dalla fottuta luna, amore, e non è abituato a che nessuno sfidi la sua parola. Non è abituato ad avere torto. È brutto abbastanza che il grande finocchio sia ritenuto un re tra gli altri demoni... i tipi che vedono i vampiri come un insulto ai demoni dappertutto. Angelus riesce a farsi amici e nemici ovunque vada, e la sua parole è buona così come infallibile per gli idioti che non conoscono di meglio. Ho servi che inciampano su loro stessi solo per toccare il segaiolo” Scosse la testa con rabbia, come se stesse cercando di scacciare un'immagine disturbante. “Il punto è, amore, qualunque cosa ti abbia detto era per farti... era per scuoterti. Non sa un cazzo di noi, tranne che questa idea maledettamente divertente che ha che io stia giocando con te per ammorbidirti per la caccia. Far sì che tu mi ami solo un po' così che la lotta sia molto più deliziosa. La tua rovina... pensa, che ti abbia giocata così bene che ti piegherai semplicemente” Gli occhi di Spike si scurirono. “Lui ha maledettamente scordato che non sono come lui, lo stupido arrogante”
    Ci fu un lungo battito di silenzio. “Cosa?”

    Lei sussultò dentro di sé. La domanda era sempre sulle sue labbra, ma non poté evitarlo. E se Spike lo notò o gli importò, non commentò. Prese solo quello che lei aveva detto per ciò che era, e fece del suo meglio per riempire i buchi.

    “Ho ucciso due cacciatrici, passerotto”

    Si, l'aveva fatto. E avrebbe dovuto infastidirla il modo in cui lui ne parlava così onestamente. Il modo in cui era in grado di dire le parole senza battere gli occhi, senza distogliere gli occhi da lei, senza neanche esitare con qualcosa che avrebbe potuto suggerire rimorso. Avrebbe dovuto infastidirla, ma non lo fece.

    E quello fu ciò che la infastidì sul serio.

    “Lui scommette anche che ho un vero bisogno di una rotolata tra le lenzuola da quando quelle di Dru mi sono state tolte così maledettamente tanto” continuò Spike, un lungo sospiro gli rotolò lungo le spalle. “Sa che non scopo in giro. Che Dru è... le sono stato fedele come un maledetto cucciolo. Ma mescola il mio fascino per le cacciatrici...”

    “Fascino?”

    “Non gioco con il mio cibo, amore, e non avrei mai...” Le accarezzò il braccio con dita arricciate, tremando alla sensazione della sua carne sotto la sua. “Buffy, sai che non ti farei mai del male, vero?”

    La rapidità con la quale la sua risposta arrivò avrebbe dovuto terrorizzarla, ma non lo fece. C'era una linea sottile tra inganno e la verità, ma lei sapeva semplicemente dal fatto di amarlo – dal sentiero estenuante che avevano percorso assieme – che qualsiasi cosa lui le mostrasse era il suo vero volto. Se la odiava, glielo avrebbe detto. Se la voleva, glielo avrebbe detto. Se odiava il fatto che la voleva, glielo avrebbe detto. Lo sapeva perché l'aveva visto, e l'inganno a cui Spike si stava riferendo non era semplicemente nel suo modo di essere. Lui non era uno che scopava in giro. Se mai avesse deciso che non la voleva più, lei sarebbe stata la prima a saperlo.

    “Lo so” mormorò lei, sorridendo gentilmente. “Non devi preoccuparti”

    Un sorriso gli scaldò il volto, il sollievo gli illuminò gli occhi. “Oh grazie a Dio” replicò lui, baciandole la fronte. “So... il punto è che lui non sa niente di noi, piccola. Non riguardo a quello che noi davvero... Pensa che io sia la maledettamente migliore arma che ha contro di te. È così certo”

    “Pensa davvero che mi stai giocando?”

    Spike annuì stoicamente. “Non sa niente, dolcezza. Pensa che ti abbia accecata. Pronta a buttarti da un maledetto dirupo per me. Tu... non sa come ti ho avuta, perché non è stato in grado di cogliere uno sbuffo di me dappertutto sul tuo delizioso corpo, ma è convinto che sia riuscito a guadagnarmi un assaggio di te. E questo è...”

    La sua voce si affievolì il che andava proprio bene perché le sue orecchie stavano ancora una volta risuonando dell'eco delle beffe di Angel. Di sicuro non aveva tradito qualcosa come dubbio o indecisione. Era stato così certo; non c'era stato nient'altro che sicurezza nel suo ghigno beffardo. E se avesse convinto Spike a pensare che fosse tutta una scena, per tutta la sua arroganza, Spike poteva ritrovarsi spalle al muro. E lei non avrebbe avuto nessun modo per aiutarlo. “Sei sicuro?” chiese Buffy tremante. “Forse lui vuole solo che tu pensi-”

    “No.”
    La nota definitiva nella sua voce fece tremare il suo interno. “T-tu sembri così... come puoi esserne certo?”

    “Lo sono”

    “Spike—”
    “Ha visto me e Dru, okay?” La testa di Spike cadde senza avviso, le parole le tagliarono la pelle facendole gelare il sangue. Inspiegabilmente, ogni muscolo nel corpo di Buffy si bloccò e i suoi occhi sentirono l'aspettata nuova ondata di lacrime. Non era possibile. Non lo era. Non dopo la scorsa notte. Non poteva essere possibile dopo la scorsa notte. Oh Dio, poteva? Oh Dio. Stava dicendo quello che sembrava stesse dicendo? Dio, era davvero capace di qualcosa del genere? Di svegliarsi dopo la notte che avevano condiviso e prendere la sua passione con sé così che potesse scoparsi la sua ragazza matta.

    Come poteva qualcuno essere così indifferente?

    I suoi pensieri doevano essere in stereofonia, perché la cosa successiva che seppe Spike aveva il suo viso tra le mani e le stava sfiorando baci bisognosi sulla pelle. “No” disse lui in fretta. “No. Non la scorsa notte. Dio, non la scorsa notte. Non per maledettamente tanto tempo. Neanche quando... non ha visto quello che credi lui abbia visto. Non te lo farei mai, piccola. Mai. Non dopo la scorsa notte”

    “Tu non-”

    “No. Buffy—”
    Lei tirò forte su col naso, sentendosi sciocca e frivola ma non poté evitare alle lacrime di rotolare. Il giorno era stato così difficile, e a seguito di una notte magica e piena di emozione come la scorsa, i suoi occhi non sapevano più come trattenersi dal piangere. “Mi dispiace” disse lei piano. “Non intendevo... continuare a fare... questo...”

    Spike le bacio dolcemente le labbra, le mani caderono sulle sue spalle nude. “Buffy... Dio, con tutto quello che ti ho fatto passare, non c'è nessuna maledetta ragione perchè... non hai bisogno di spiegarti con me. Mi hai già dato così tanto. La scorsa notte è stata...” Tremò forte, gli occhi che cadevano sui suoi seni quasi riluttanti, ma scattarono in alto di nuovo come un bambino che non voleva essere colto a fare qualcosa contro cui era stato istruito. “La scorsa notte è stata... più di qualsiasi cosa nella mia vita, dolcezza. E dato che questo... che questo è solo qui, non posso maledettamente aspettare di avere un saggio fuori. Quando non è più un sogno” Si fermò, gli occhi gli si chiusero e il scorpo tremò forte in una lotta apparente per mantenere il controllo. “Quando dico che lui non sa, è a causa di quello che ha visto quando l'ho preparato per il rituale di risanamento di Dru. Non può sapere come mi sento riguardo te, piccola. Non ha visto niente. Dru ha cercato di dirglielo, ma lui non riesce a capire i suoi indivinelli. E quello che ha visto... stavo così tanto cercando di convincermi che non sentivo per te quello che invece...” Si interruppe di nuovo, un respiro tremolante gli vibrò tra le labbra. “Il mio comportamento non era di un uomo infatuato di una ragazza oltre al volere la sua fica e una boccata del suo sangue. Volevo essere quello che lui pensava fossi. Qualcuno che... andava dietro soltanto al vederti morta”

    Era impossibile negare il freddo che si era sistemato su di lei, ma Buffy rifiutò di battere gli occhi. C'erano cose che sapeva già. Cose che erano nel loro passato. Quello che importava era quello che avevano ora. Quello che lui le aveva detto nel dopo. E mentre le parole che lei voleva disperatamente sentire non avevano ancora toccato l'aria – le parole che lei gli aveva già dato – lui le aveva già riempito il cuore di speranza semplicemente con tutto quello che aveva detto. Tutto quello che già la aveva raccontato.

    “Non toccavo Dru” continuò Spike. “Non l'ho fatto da... maledettamente tanto tempo. Ma lui ha visto abbastanza... mi ha visto cercare di convincere me stesso. Immagino che abbia fatto un lavoro buono abbastanza da convincere almeno una persona. Dru non l'ha bevuta. Angelus si”

    Lui non lasciò raccogliere il pensiero. Prima che le parole le si sistemassero persino in testa, Spike le aveva preso di nuovo le guance e le aveva divorato la bocca in un bacio ardente e disperato. Come se le sue parole potessero essere dimenticate sotto il convincimento delle sue labbra e la gentile carezza della sua lingua. E se le sue ferite fossero completamente guarite, lui avrebbe avuto successo. Avrebbe sradicato qualsiasi eco di dubbio da una mente che voleva credergli completamente, e un cuore che era del tutto suo.

    La scorsa notte le aveva dato così tanto, ma lei aveva perso cose che non sapeva fossero in questione al risveglio. Non avrebbe potuto permettersi di perdersi così velocemente – non con la consapevolezza dell'inferno in cui si era messa durante le scorse settimane. “Ma ora” boccheggiò lei tra i baci, le sue mani disobbedienti gli strattonavano la camicia sopra la testa prima che potesse fermarsi. Alle sue mani non interessavano le sue ferite – volevano esplorare il suo torace cesellato, e lei non era che potesse biasimarle. “Ora... tu non lo vuoi ora, vero?”

    Spike gemette per protesta. “Non voglio cosa?”

    “Non...non.. non essere qui”

    “Cazzo no” ansimò lui, toccandole alla fine il seno, colpendole leggermente con i pollici i capezzoli tesi. “Non lo volevo allora. Non essere qui. Voglio sempre essere qui. Con te. Questo è il maledetto problema”

    “Non più, giusto?” chiese lei senza fiato, mordicchiandogli la bocca. Le sue mani rimasero soddisfatte con la lastra di marmo che lui chiamava torace solo per alcuni secondi prima di tuffarsi verso i suoi jeans, molto più interesate nel mattone che lui teneva nascosto nei pantaloni. Spike sentì i suoi motivi immediatamente e saltò in piedi per permetterle l'accesso. Il suo entusiasmo le fece solamente gonfiare il cuore. “Non è un problema ora”

    “No. No.”

    “Tu vuoi questo” disse Buffy con forza, strattonandogli i jeans in basso, il colpetto bramoso del suo cazzo caldo le colpì la mascella. “Vuoi essere qui. Vuoi me. Vuoi me che ti faccio questo”

    “Oh Dio, si” concordò Spike, gli occhi rotolanti all'indietro mentre la sua mano gli circondava la base dell'erezione, i fianchi che scattavano in avanti. “Sempre. Sempre”

    Un piccolo sorriso sicuro di sé le allungò le labbra, la lingua si avvolgeva attorno alla testa setosa del suo cazzo. “Ma non è questo, giusto?” chiese lei piano, pompandogli la dura lunghezza, gli occhi affascinati dai movimenti della sua mano. Come qualcosa all'apparenza così piccola come far correre la sua mano su e giù lungo la sua asta potesse ispirare i gemiti che fremevano nell'aria, non l'avrebbe mai saputo. Ma amava il modo in cui lui si lamentava. Il modo in cui boccheggiava il suo nome come se lei fosse una santa.

    “Cosa... oh Dio” Le sue mani le si intrecciarono tra i capelli, le dita massaggiavano teneramente il suo scalpo. “Buffy... la mia meravigliosa piccola cacciatrice. Mio... Cristo...”

    Lei ghignò, succhiandolo forte tra le labbra. Amava il sapore della sua pelle contro la lingua. Il modo in cui il suo sapore le consumava la bocca. Non c'era niente così – il tentativo maldestro di dimenticare Spike l'aveva fatta solo bramare questo di più. Non era mai stata sciocca abbastanza da pensare che avrebbe potuto affogare il suo ricordo con qualcuno altro mai più.

    “Una tale lingua bollente” gemette Spike, spingendo il suo cazzo più a fondo nella sua bocca. “Dio... leccami. Proprio così”

    La sua pelle si agitò e il suo sangue bruciò, ma non stava per negarglielo. Era troppo assuefatta al suo gusto. Mormorò attorno a lui, facendo scalare una mano tra le sue gambe per prendergli a coppa le palle. La sua bocca viaggiò su per la sua lunghezza fino a che solo la punta di lui le rimase intrappolata tra le labbra, la lingua che esplorava la discesa sensibile nella sua testa, gemendo quando lui gemette.

    “Buffy... Dio, sei così buona. Così maledettamente buona”

    Buffy sorrrise timidamente e velocemente voltò gli occhi dai suoi quando lui la scrutò dal basso, liberandogli il cazzo con un tonfo umido. “Davvero?”

    Lui piagnucolò una risposta incomprensibile e spinse i fianchi in avanti, il cazzo che implorava di rientrare. Non era buono abbastanza, comunque; lei voleva sentire le parole. Lei aveva bisogno di sentire le parole. Aveva bisogno di sentire quanto lui adorasse quello che lei gli faceva. Come lei poteva dargli qualcosa che nessun altro poteva; come questo era più di quanto avesse mai avuto.

    Ma lei sapeva, nonostante il dolore, che quelle parole non sarebbero venute, e non avrebbe potuto pensare male di lui. Non quando lui era stato nient'altro che onesto con lei. “Non importa” aggiunse velocemente, la lingua che leccava un lungo percorso lungo il lato della sua erezione. Se ci fosse stata un po' di fortuna, lui avrebbe dimenticato che lei avesse affatto parlato.

    Spike sbattè gli occhi diverse volte, evidentemente sentendo che qualcosa di importante era successo e lui l'aveva persa. “Buffy?”

    Lei gli succhiò la testa sensibile tra le labbra di nuovo, determinata a distrarlo.

    “Io... ooh Dio”

    Buffy ghignò dentro di lei, la bocca si spostava lentamente lungo la sua lunghezza, i denti che gli sfioravano appena la pelle. Lo attirò dentro più profondamente che poté – fino a che la sua testa le sfiorò il retro della gola. Sapeva che amava quando lei deglutiva attorno a lui, e non perse tempo a contrarre i muscoli della gola attorno al suo cazzo, scintille le divamparono sulla pelle per i gemiti gutturali che squarciarono l'aria.

    “Così buono” balbettò lui, incapace di trattenersi dal tentare di spingersi più a fondo nella sua gola. “Così maledettamente buono”

    “Mmmm…”
    Troppo velocemente, lui chiuse le mani attorno alle sue spalle e la strattonò violentemente mettendola in piedi, inghiottendo la sua bocca con la propria. “Non voglio venire così” disse lui in fretta. “Voglio venire dentro di te”

    Qualcosa che sembrava sospettosamente come delusione le riempì le vene.

    “Mi farai entrare, vero?” chiese Spike, una mano che scivolava tra le sue gambe e le prendeva a coppa la carne umida. E Dio, solo la sensazione delle sue agili dita che le stuzzicavano la clitoride gonfia mandava via tutte le paure alla luce del piacere. “Mi farai entrare di nuovo nella sua dolce fichetta”


    Buffy annuì forte. “Si. Oh Dio...”

    Lui ghignò. “Ma non pensare che puoi nasconderti da me” Le ultime parole cavalcarono un ringhio, enfatizzato da un'improvvisa ondata di disperazione mentre lui la lanciava sul letto e si toglieva del tutto i pantaloni. I suoi occhi assorbirono ogni movimento che il corpo di lei faceva; dall'indifeso aprire delle sue labbra quando sospirò al rimbalzo dei suoi seni mentre atterrava sulla schiena.

    “Cosa-”

    “Quando dico buono, quello che voglio dire è migliore. Il maledetto meglio che abbia mai avuto”

    Non c'era assolutamente modo che lui potesse dire sul serio.

    “Io dico sul serio” replicò lui. “Ogni parola. Nessun altra... Dio, nessun altra ha mai tentato di conoscermi nel modo in cui lo fai tu. Ha mai voluto sapere cosa mi piace... come mi piace essere toccato. Non ho mai smesso di volerti. La tua bocca attorno a me... la tua fica... te. Tutto di te. E la sola ragione per cui ho voluto che ti fermassi era la ragione che ti ho dato. Tu... Buffy...Dio, non so come farò a convincerti, ma se ci vorrà il resto dei miei giorni, mi assicurerò che ti arrivi in quella tua testa dura”

    Lui non permise al pensiero di raccogliersi, il che era forse per il meglio perché se il peso delle sue parole avesse avuto tempo di sistemarsi, lei avrebbe potuto imbarazzare se stessa con un altro scoppio emozionale. Invece, la sua mano sinistra le trovò un seno, distraendola con successo con un tenero pizzico del capezzolo. Lui si leccò le labbra e si bagnò di lei con i suoi occhi, esalando profondamente e sembrando, proprio, come un uomo sull'orlo della perdita del controllo. “Volevo tornare qui il secondo in cui mi sono svegliato” mormorò lui. “Tu te n'eri andata e poi mi sono svegliato”

    Le sue parole fecero cantare il sangue di Buffy. “Volevo tornare qui anch'io” replicò lei, le gambe che si allargavano in un silenzioso benvenuto. Arrossì dal desiderio il secondo in cui gli occhi di lui le passarono sul corpo, la lingua che leccava quelle labbra peccaminose il secondo in cui il suo sguardo si posò sulla sua fica. “Volevo...”

    “Ti sono mancato, passerotto?” chiese Spike, la voce roca. Il materasso si abbassò con il suo peso e poi lui avanzò furtivo su per il suo corpo, sistemandosi tra le sue gambe e assicurandosi che lei sentisse ogni centimetro della sua pelle contro la propria fino a che furono faccia a faccia. Il suo cazzo si annidò nella valle umida tra le sue gambe, i suoi seni premettero pienamente contro il suo torace. Non c'era nascondiglio dai suoi occhi, e lei non l'avrebbe fatto se avesse potuto.

    “Ho desiderato che fossi con me quando mi sono svegliata” ammise lei piano. “Non mi piace svegliarmi sola”

    Un piccolo, triste sorriso allungò il viso di Spike e lui annuì, sfiorandole con un tenero bacio la fronte. “Mi spiace, piccola” mormorò,le labbra che viaggiavano verso la sua guancia, poi il mento, l'angolo della bocca, le labbra in pieno, il cuore pesante nei suoi occhi. E l'emozione che lei vide lì – l'emozione riversata dal suo sguardo – le fece tremare le ossa. “Volevo che stanotte fosse... non so. Volevo...”

    “Per noi?” suggerì lei.

    “Per iniziare” La baciò di nuovo, sembrando incapace di prevenire che le sue labbra le accarezzassero la pelle. “Mi hai distratto con il tuo piccolo corpo bollente la notte scorsa. Non ti ho neanche chiesto come hai fatto ad evitarmi per così maledettamente tanto, così posso assicurarmi che non avvenga di nuovo”

    “Ciondolo”

    “Ciondolo?”

    “Un qualche ciondolo anti-sogni. Ho chiesto a Giles...” Lei si mosse e distolse gli occhi, sentendosi improvvisamente a disagio. “Ho chiesto a Giles di... tenere...”

    Spike inarcò un sopracciglio, non preoccupandosi di nascondere la sua sorpresa. “Il tuo osservatore sa di noi?”

    “Dei sogni. L'ha saputo la notte del rituale. Almeno è quando penso l'abbia scoperto”

    “Come? Noi a malapena sapevano niente allora”

    Buffy si leccò le labbra, incapace di trattenere i suoi occhi dal velarsi. La sorprendeva quanto spesso lo vedesse accadere. Anche dopo che Spike le aveva fatto il cuore in due, le sue notti erano tormentate dalla perpetura caduta dell'organo a canne. La sua gola faceva ancora male per l'urlo che aveva diviso l'aria, i suoi interni ancora bruciavano per il peso schiacciante del suo dolore. E poi quella notte – quando aveva lottato con il sonno finoa che le era arrivato per trovare solo una stanza vuota... non importava cos'era successo da allora – non importava che sapesse che Spike era non morto come sempre era stato – la notte in cui aveva pensato di averlo perso sarebbe rimasta con lei per sempre.

    “Quando... quando è successo” iniziò lei con attenzione, insicura di quanto tradire. “Io... lui sapeva. Sapeva quando l'organo è caduto che qualcosa era... perché io... mi chiese più tardi e io gli raccontai”

    Comprensione infuriorò negli occhi di Spike. “Buffy...”

    “Mi domandò ed era okay con questo... il che, si, un po' strano, ma... e-e io non so se sta ricercando qualcosa o... altro. Ma lui sapeva... c-così quando gli ho chiesto un modo per... sai, smettere di venire qui, lui ne aveva uno” Spezzò il suo sguardo con lui, tremando forte. “Lui... io non...”

    “Buffy... mio Dio”

    Lei non sapeva cosa aspettarsi, ma la tenerezza che caddé negli occhi di lui era veramente l'ultima della lista. La guardò per un lungo, silenzioso minuto, le sue dita le accarezzavano gentilmente le tempie, lunghi brividi gli correvano per il corpo. La toccò con tranquillo riserbo – come se fosse fragile e preziosa, piuttosto che rude e di poco valore.

    Era davvero così commosso all'idea che lei avesse pianto per lui di fronte al suo Osservatore? Non aveva davvero sentito l'urlo assordante che le era scappato dalla gola? Il suo corpo era ancora dolente quando pensava a quella notte. Non ci voleva molto per riportarla indietro – un giro di testa, uno strappo di un muscolo infiammato, e si ritrovava in piedi all'altare di una chiesa in fiamme, a guardare senza possibilità di aiuto mentre l'uomo che amava scompariva sotto il tetto che crollava.

    Aveva pensato che avrebbe tenuto le sue urla silenziosa fino a che fosse rimasta? All'amore non importava della proprietà. All'amore non importava niente che lui fosse il suo nemico e che non avrebbe dovuto piangere per lui. L'amore l'aveva guardato svanire, e il mondo intorno a lei si era spezzato per la disperazione.

    “Sei meravigliosa” mormorò lui, scosso e in apparenza senza parole. “Così meravigliosa” Sospirò e le sfiorò la guancia con le labbra, poi la inghiottì con un bacio gentile. E Dio, lei si sciolse in lui come cera. Lui le diede tutto in un bacio. Nel modo in cui si lamentò nella sua bocca mentre il suo corpo si muoveva contro il suo. Nel modo in cui la sua lingua implorava le sue labbra di entrare. “Così maledettamente meravigliosa” disse lui di nuovo, le mani le prendevano a coppa i seni con un ansito di reverenza, tremando alla sensazione dei suoi capezzoli induriti contro i palmi.

    Poteva la bellezza fare effetto sul serio su un uomo come Spike?

    La sua bocca lasciò la sua, vagandondando verso il basso fino a che le stava premendo baci contro i seni. Non c'era molto per lui lì da baciare, ma se Spike era deluso dalla sua mancanza di scollatura, la sua bocca non lo tradì. Per il modo in cui la sua linga le stuzzicava i capezzoli dolenti e per gli ardenti baci che le cospargeva sulla carne lattea, avrebbe quasi potuto credere che lui intendesse sul serio le sue parole. Avrebbe quasi potuto credere che pensasse che fosse bella.

    “Sono maledettamente stupito” mormorò Spike, facendo scivolare una mano tra loro. Le sue dita le stuzzicarono le labbra della fica prima di avvolgersi infine attorno al suo cazzo.

    “Da cosa?”

    “Da te... Dio, da te” Lui alzò lo sguardo, facendo correre i denti sopra la punta di un capezzolo, la mano tra loro che dirigeva la punta vellutata del suo cazzo a stuzzicarle la clitoride gonfia a tempo con i quasi impercettibili movimenti del suo corpo. “Ti ho dato ogni ragione per mandarmi via a calci. Ti ho mandato... ma tu sei ancora qui” Spike scosse la testa e riprese il suo stuzzicare tormentante del suo corpo, strofinando il suo cazzo su e giù lungo la sua fenditura bagnata e ghignando quando lei boccheggiò e si inarcò sotto di lui. “Tu mi ami sul serio, vero?”

    Ogni angolo del suo essere era in fiamme. “Spike...”

    “Tu mi ami sul serio”

    Lei si sentì di piangere. “E' vero. Lo faccio sul serio”

    La punta delle sue dita le sfiorò la clitoride mentre le sue labbra trovavano il punto delle pulsazioni della sua gola. “Io... Buffy, Dio”

    “Io ti amo”

    Ogni volta che quelle parole lasciavano le sue labbra, lei viveva con la speranza che le avrebbe risentite in risposta. Adesso, bramava il suo amore più di tutto. Tutto. Se le avesse detto che l'amava – se l'avesse inteso sul serio – sarebbe valsa la pena perdere l'anima di Angel. Sarebbe valsa qualsiasi cosa lei dovesse sacrificare. Ma Spike era troppo buono per ingannarla, e lei avrebbe preferito che lui non dicesse niente piuttosto che la schiacciasse con false parole.

    Non erano tornati insieme da molto, se erano affatto insieme. Se lo erano mai stati, o sarebbero mai. Spike non la stava ingannando con false confessioni.

    Lei era solo la ragazza di rimbalzo. E gli uomini non si innamorano della ragazza di rimbalzo.

    Ma per il momento – per questo benedetto momento – sarebbe stato abbastanza per lei. Spike mormorò contro le sue labbra mentre affondava fino alle palle dentro la sua fica, piagnucolando piccole adorazioni che le fecero librare in aria la testa e preparono il suo cuore ad un altro tuffo suicida.

    Aveva venduto Angel per arrivare qui. E domani avrebbe dovuto fronteggiare le conseguenze. Il risultato. Domani avrebbe iniziato a raccogliere i pezzi e a cercare di capire quando le cose erano andate così fuori controllo.

    Domani.

    La notte apparteneva a lei.

    E mentre poteva, avrebbe trascorso quel poco tempo che aveva con l'uomo che amava.


    Capitolo XI

    Anche con un mostro senz'anima che terrorizzava la Bocca dell'Inferno, la vita di Buffy riuscì a cadere in una serie di abitudini. Nei giorni feriali, si trascinava dal letto – di solito inciampando sugli echi di un orgasmo da far tremare la terra – si faceva la doccia, evitava lo sguardo intenso di sua madre al tavolo della colazione, e andava a scuola. Lei e Willow si commiseravano riguardo il cacciare i cattivi e su come entrambe si erano innamorate pazzamente di creature della notte.
    Beh, Willow era quella che parlava di più. Mentre le settimane avevano alla fine estorto una confessione dalle labbra di Buffy riguardo la confusa natura della sua relazione con Spike, era percettiva abbastanza da sapere che la rossa fosse stranita dall'idea di una cacciatrice e di un vampiro che tirava fuori le zanne.

    Anche se le zanne non erano davvero uscite fuori nella realtà.

    Willow non fingeva di capire la relazione di Buffy con Spike, il che andava bene perché Buffy la capiva con difficoltà lei stessa. Tutto quello che sapeva era che lui era lì per lei. Ogni notte, lui era lì per lei. Non sapeva perché. Non le importava sul serio che non sapesse perché; alla fine, il perché e il come non le importavano. Forse erano stati programmati dai Poteri per uccidersi l'un l'altra nei sogni, ma se quello era il caso, i Poteri chiaramente non sapevano maneggiare coloro con cui avevano a che fare. Né Buffy o Spike erano disposti ad essere controllati, e avevano un modo ugualmente incasinato di trattare chiunque tentasse di lanciargli un guinzaglio attorno al collo.

    Lui era lì ogni notte. Sempre per primo. Sempre ad aspettarla. Le sorrideva e si alzava in piedi il secondo in cui lei appariva nella stanza. Poi si precipitava in avanti e le prendeva il viso tra le mani, baciandole le labbra fino ad intorpidirle e la faceva camminare all'indietro fino a che cadevano in un groviglio sul letto. Le sue mani conosceva il suo corpo così bene ora. Ogni notte, si appollaiava tra le sue gambe aperte e la ispezionava per nuove ferite, convinto che si sarebbero trasportate nella loro sub-realtà se Angel fosse riuscito a mettere le mani su di lei.

    Allo stesso modo, ogni notte le sue ispezioni avevano come risultato un piacere da far arricciare le dita. Spike non si stancava mai di stuzzicarla con le sue mani e bocca. Sembrava che potesse trascorrere ore con la testa tra le sue cosce, portandola felicemente con la lingua fino alle stelle e ritorno. Se stava cercando di far andare via il dolore prestando extra attenzione alla sua fica senza chiedere di ritornare il favore, era sulla strada per una piena discolpa. Sul serio, non c'era alcun modo in cui lei potesse rimanere sospettosa quando lui era al momento la sua roccia. Era la cosa che la tratteneva dal perdere del tutto la testa.

    C'era pace nei suoi sogni anche se la realtà era caotica. Spike era con lei. Lui era lì. La baciava e ogni preoccupazione che le pungolava il cervello si scioglieva nel nulla. Lui era lì. La accarezzava e la teneva e la lasciava essere debole in un mondo dove si supponeva lei fosse nient'altro che forte. Lui era lì.

    Giles aveva smesso di cercare di trovare una spiegazione per le sue attività notturne. Una volta che gli ebbe detto che il ciondolo non era più necessario, la sua preoccupazione per il suo benessere – in cima alla minaccia incombente di Angel e le morti che aumentavano attorno a lei – lo aveva spinto in piena forza in modalità ricerca. Aveva ricercato i sogni dalla notte in cui era caduto l'organo, ma ora che lei aveva ripreso il suo programma di incontrare Spike ogni notte piuttosto che di evitarlo, il bisogno di trovare una causa ai suoi sogni era salito alle stesse in piena potenza.

    Solo senza utilità. Non c'era niente.

    “Io davvero non ho risposta” le disse Giles un giorno, accigliandosi di fronte alla mancanza di preoccupazione sul suo viso. “Un qualsiasi numero di cose sarebbero potute accadere per darti questi sogni. Forse senza saperlo hai espresso un desiderio vicino ad un demone della vendetta. Forse una strega ti ha fatto un incantesimo con risultati piuttosto peculiari. Forse hai guadagnato l'attenzione di una divinità Greca che ha desiderato avere un po' di divertimento a tue spese. Non c'è modo di dirlo, Buffy. La psicologia dei sogni e il misticismo dietro... le possibilità sono infinite”

    Buffy rimuginò la sua rivelazione per un lungo minuto, esprimendo la sua risposta con attenzione. “Sto bene”

    “Stai bene?”

    “Sto bene, Giles. Sto bene e più che bene” Un piccolo sorriso le tirò le labbra. “Lui... lui mi rende felice”

    Il cipiglio di Giles si approfondì. “Non ti stava rendendo felice prima. Tu... Buffy, ti ha reso infelice”

    “Quello era prima. La smetta.”

    “Buffy—”
    “Giles. La smetta”

    E lui lo fece. Non sapeva perché, ma lui lo fece. Forse perché si fidava che lei potesse trattarlo da sola. Forse perché sapeva che lei aveva bisogno di qualcuno. Forse perché pensava che potessero contare su Spike come un'ultima risorsa. Forse perché sapeva che Spike le avrebbe fatto sapere se Angel stava pianificando qualcosa – o sperava, almeno, l'avrebbe fatto.

    Buffy non lo sapeva, ma non lo mise in questione.

    Spike era l'unica costante nella sua vita. E lei lo amava.

    Non importava se lui non l'amava, lei lo amava.

    Sapere che l'avrebbe visto la notte le faceva superare il giorno. E non stava per rinunciarci.


    *~*~*


    Buffy sbatté gli occhi. Forte. Sapeva di aver avuto una giornata strana – una delle più strane in recente memoria – ma non c'era modo di poter pensare che diventasse ancora più strana dopo che era andata a dormire. Se altro, si era aspettata che la coerenza fedele di Spike la tenesse a terra visto tutto quello che era successo da quando si era svegliata. E mentre, si, il Giorno di San Valentino era un giorno per il rispettivo tesoro di uno di fare qualcosa di dolce e romantico, non si era aspettata niente oltre l'ordinario. Il Giorno di San Valentino non l'aveva mai colpita come una festa celebrata dai demoni.

    E tuttavia, Spike era lì. In piedi nel centro della loro stanza speciale.

    Oh si, e stava indossando uno smoking.

    Spike. Con uno smoking. Che sembrava a disagio ma fiducioso, gli occhi che si muovevano con una timida incertezza che le fece attorcigliare lo stomaco e allo stesso tempo scioglierlo. I suoi capelli erano leggermente arruffati piuttosto che lisciati all'indietro, e lei aveva la calda sensazione che fosse dovuto all'osservazione che aveva fatto qualche notte prima riguardo a quanto adorabile fosse con i capelli da letto.

    Il pavimento sotto di lei svanì improvvisamente e Buffy si ritrovò la testa proiettata inspiegabilmente sulle nuvole.

    Qualcuno poteva dire appetitoso?

    “Buon San Valentino, amore” disse lui alla fine, scrollando a disagio le spalle come a presentarsi.

    Buffy sbatté di nuovo gli occhi. “Oh mio Dio”

    Spike cambiò posto, gli occhi che diventavano nervosi. “Io... io non sapevo cosa... io...”

    “Ti sei vestito elegante per me?” chiese lei piano. “Dio, sei bello abbastanza da mangiare”

    Le sue parole mandarono via tutta la tensione, e lui roteò le spalle all'indietro, un ghigno familiare e impertinente gli si allargò sul viso. “Potrei prenderti in parola per quello, gattina” disse facendo le fusa e scorrendo una mano lungo la sua parte davanti e non dando ai suoi occhi nessun possibilità tranne che seguire. La mancanza di denim fornì poco dubbio riguardo a come lei lo stesse colpendo – il suo cazzo era duro e teso alla ricerca di attenzione, tendendo i pantaloni in un modo che le fece arrossare le guance e la sua testa le diceva che era maleducato fissare. Ma i suoi occhi non poterono oscillare. Spike la voleva. Era appena arrivata, e lui era già duro per il suo tocco.

    “Io...umm...tu sei... ummm... in mostra”

    Il ghigno di Spike si allargò e lui si leccò le labbra. “Ti piace quello che vedi?”

    La gola di Buffy divenne secca e lei annuì scioccamente. “Uh huh”

    “Ho una sorpresa per te” disse lui lentamente, facendo un passo in avanti.

    “Come sei riuscito a prendere uno smoking?” spiattellò lei prima che potesse fermarsi.

    Il cipiglio immediato sul viso di Spike le disse chiaramente che lui non si era aspettato di essere messo in questione. “Huh cosa?”

    “Uno smoking. Io... sei andato a dormire in smoking? Angel e Dru non l'hanno trovato molto strano?” Per qualche ragione non riusciva a fermarsi dal chiedere, anche sapendo che stava rovinando quello che Spike aveva cercato di rendere speciale, ma la sua mente inquisitrice non poteva essere negata. “E-e tu sempre... dormi davvero nei tuoi vestiti, o apparsi solo così? Perché io appaio sempre nei pigiama in cui dormo, e -”

    Spike alzò una mano, inarcando un sopracciglio. “Buffy?”

    Lei mise il broncio e diede un calcio al pavimento. “Scusa” disse lei. “E' solo... mi stavo domandando”

    “E solo ora hai pensato di chiedere?”

    “Beh, indossi uno smoking!”

    “Davvero? Lo indosso davvero?”

    Buffy aggrottò le sopracciglia, sebbene non poté evitare il sorriso che le tirava le labbra. Amava quando la stuzzicava. Quando i suoi occhi si illuminarono di malizia e scintillarono come se il mondo attorno a loro non stesse crollando a pezzi. “Si, e sei oltremodo appetitoso. Ma...io sono... massivamente confusa”

    Spike ghignò. “Non penso di voler condividere”

    “Huh?”
    “Mi piace vederti nei tuoi piccoli pigiami da cacciatrice” L'espressione nei suoi occhi era positivamente peccaminosa, e le fece volere di divorarlo dalla testa ai piedi. “Mi piace vederti nel modo in cui nessun altro fa. Rende tutto questo più mio”

    Il broncio di lei si approfondì. “Ancora... con l'ingiusto”

    “E' un sogno, amore”

    “Già, ma avrei potuto vestire in un qualche tipo di lingerie stravagante o altro” Una risatina le lottò nella gola di fronte all'espressione sognante che gli imperversò negli occhi. Com'era che lei ci avesse pensato prima di lui? “Sai... pizzo nero... forse un paio di piccoli fiocchetti rossi posizionati in modo appropriato. Così che tu possa aprire il tuo Buffy-regalo -”

    “E' un sogno” disse Spike con urgenza, la testa che si muoveva con un'impazienza che lo tradì.

    Lei sbatté gli occhi. “Huh?”

    “Sono arrivato qui prima quella notte, giusto?”

    “Tu arrivi sempre prima qui”

    Spike fece cenno di scacciare via con la mano. “Si, si. Beh, sono arrivato qui quella prima notte... nudo, come puoi immaginare”

    Lei sbatté di nuovo gli occhi.

    “...Dormo senza nulla, passerotto”

    Pensieri che aveva fatto settimane prima riemersero senz'avviso, e le sue guance si arrossarono sotto l'influenza di alcune immagini deliziosamente sconvenienti. Immagini sconvenienti con lei coinvolta, naturalmente. Non le piaceva pensare a Spike nudo attorno a Drusilla, specialmente dato che avevano diviso il letto fino a quando era crollato l'organo. E sapendo delle loro attività notturne, non era difficile da immaginare Spike in tempo reale eccitarsi... ed essere toccato da un'altra donna mentre dormiva.

    “Oh.”
    Lui sorrise dolcemente come se stesse leggendo i suoi pensieri, ma non commentò. Invece, le prese il viso tra le mani e le sfiorò con un bacio gentile le labbra. “Ho capito che era un sogno” continuò lui, la voce bassa che le faceva agitare i nervi per l'attesa. “Così mi sono desiderato dei vestiti”

    “Desiderato?”

    “Puoi controllare i sogni, amore. Coloro dalla forte volontà possono, in ogni caso” Si tirò indietro con un occhiolino devastantemente sexy prima di permettere ai suoi occhi di vagare lungo la sua lunghezza. “E tu sei maledettamente forte di volontà come qualsiasi ragazza abbia mai conosciuto. Allora perché non ti desideri in una qualche lingerie sexy come hai menzionato?”

    La sua volontà la abbandonò. Lingerie sexy? Lei? Si sarebbe solo messa in imbarazzo.

    Fortunatamente, Spike continuò a parlare prima che lei potesse protestare.

    “O io potrei solo...” La baciò di nuovo, e il pavimento tremò sotto i suoi piedi. “...darti la tua sorpresa”

    Fu l'ultima cosa che disse prima di sparire.


    *~*~*


    Picchiettare. Cos'era quel picchiettare?

    Un centinaio di cose potrebbero affliggere una ragazza prima che la verità raggiunga la superficie. Tutto quello che sapeva era che Spike era sparito. Era stato lì un secondo, la punta delle dita che le accarezzava il viso, e il successivo era sparito. E in un mondo dove niente era certo, non riusciva a trattenere la sua testa dall'urlare per il panico.

    E se fosse polvere? E se lei avesse sempre avuto ragione e Angel sapeva davvero cosa stava succedendo tra loro? E se, e se, e se.

    Tap tap tap.

    Percorse a grandi passi il pavimento del motel nel mondo di sogno così forte che fu un miracolo che non si scavasse una fossa. Voleva svegliarsi così tanto. Cercò di urlare alla sua testa di smettere, cercò di martellare sui muri, cercò di cantare The Song That Never Ends, cercò di pizzicarsi, cercò tutto sotto il proverbiale sole e niente funzionò. Niente. Sembrava così facile – le poche volte in cui si era forzata di svegliarsi nel passato non aveva richiesto nessun pensiero. Era stato un riconoscimento silenzioso. Una voce dentro che sussurrava, Non posso più stare qui e si era ritrovata sveglia.

    Ora quando Spike poteva essere in pericolo, non riusciva a smuoversi.

    Se l'avesse perso, non si sarebbe mai perdonata. Non poteva perderlo.

    Non poteva.

    Tap tap tap.

    Buffy scattò svegliandosi con un ansito spaccatorace, attorcigliandosi nelle lenzuola e sbattendo forte gli occhi fino a che questi non si abituarono all'oscurità attorno a lei. Era nella sua stanza, sola, ed era sveglia. Spike era stato con lei solo pochi minuti prima, ma era svanito. Era svanito senza una parola. E ora lei doveva -

    Tap tap tap.

    Lacrime in gola, la sua testa scattò in alto con violenza mentre i suoi occhi si posarono sulla finestra.

    “Oh mio Dio”

    In un attimo, le sue parole vennero spazzate via per la sorpresa, il cuore rallentò per il sollievo quando i loro occhi si incontrarono. Per la prima volta da mesi, i loro occhi fecero veramente contatto. Non c'era nebbia tra loro. Nessuna distanza. Il vampiro che aveva combattuto con passione forzata alla chiesa – il vampiro la cui missione era originariamente basata sulla sua morte – era seduto fuori dalla sua stanza. E nonostante tutto, nonostante quello che sapeva di lui ora e tutto quello che avevano condiviso, un brivido di paura le corse lungo la spina dorsale. Reale significava non nascondersi. Non svegliarsi. Reale significava vere conseguenze.

    Reale cambiava tutto.

    E anche sapendolo – sapendo che stava percorrendo un nuovo ed inesplorato territorio – il brivido di paura velocemente lasciò il passo, e tutto quello che sentì fu sollievo. Era il più potente sollievo che avesse mai sperimentato. Il panico bruciante nelle sue vene fu cancellato. Spike stava bene. Lui stava bene. Lui era qui.

    Buffy divenne intontita, il cuore tornò a ritmarsi ad un fragoroso ruggito. Spike era qui. Spike era a casa sua. Non stava venendo ferito da Angel o qualcos'altro del genere. Aveva lasciato il mondo di sogno per venire qui. Per venire a casa sua. E lì era – del tutto reale, non immaginato. Le linee del suo viso erano autentici come il giorno era lungo come erano i contorni freddi del suo corpo familiare. Il suo panico morì e riemerse in un unico colpo, l'ansia che le serrò ogni nervo nel suo stanco essere.

    Ansia che poté fare poco per comandare via l'improvvisa onda di aspettativa.

    Spike sorrise dolcemente e offrì un piccolo cenno con la mano, il che fu abbastanza per interromperla nel suo piccolo sbalordimento. Gambe traballanti incontrarono il tappeto della sua camera da letto, il cuore rombava spietato in un corpo che improvvisamente sembrava piccolo. Spike era qui. Spike era qui. Casa sua. Camera sua. Lui era qui, e Dio, non era mai passata da terrorizzata oltre il sollievo a tremante di nervosismo così velocemente in tutta la sua vita. Le poche volte in cui lei e Spike si erano incontrati fuori dal mondo di sogno non erano andate bene. Lui aveva tentato di ucciderla ad Halloween, le aveva salvato la vita poi si era strusciato su di lei contro un muro in un bunker, era finito in una sedia a rotelle in chiesa; ora era a casa sua. L'uomo che amava era a casa sua. Non c'era durezza nei suoi occhi. Nient'altro che tenerezza da cui era arrivata a dipendere ogni notte.

    Lei tremò mentre toglieva il chiavistello alla finestra e l'apriva. Ma a confronto con la vicinanza dopo così tanto sapendo che era miglia lontano, la sua voce la abbandonò completamente. Semplicemente lo fissò, intorpidita, spaventata che potesse svanire se avesse sbattuto gli occhi. Domandandosi se il tocco delle sue mani fosse gentile come era letale. Domandandosi come le sue labbra avrebbero saputo in un reame dopo non avrebbero potuto nascondersi l'un dall'altro.

    Domandandosi se era qui in realtà, o se la sua mente fosse finalmente collassata per il desiderio.

    L'aria tra loro era sospesa. Lo sentì respirare. Guardò la curva della sua bocca sensuale mentre le sorrideva, gli occhi che la assorbivano. Era così tranquillo che lei iniziò a dubitare che fosse davvero con lei, poi le sue labbra si aprirono e la sua voce cadde su di lei come raso caldo.

    “Sorpresa” disse lui piano, le sopracciglia tremolanti.

    “Ohhh...”
    “La prendo come se non stessi aspettando una visita?”

    Buffy scosse la testa intorpidita, gli occhi che cadeva per assorbirlo. “Non sei su... puoi camminare?”

    “La schiena è tutta riparata”

    “Non me l'hai detto”

    Spike piegò la testa. “Volevo mostrartelo” replicò lui. “Volevo... stai bene?”

    Lei si leccò le labbra e annuì di nuovo, incontrando il suo sguardo e sorridendo timidamente. “Sono solo... sei qui”

    “Sono qui”

    “Perché?”

    Lui inarcò un sopracciglio. “Perché qui è dove sei tu. Potrei... Buffy?”

    Avrebbe dovuto parlare. Sapeva che avrebbe dovuto parlare, ma le parole non vennero. Neanche quando la delusione scivolò sul viso di lui, e lui si mosse a disagio come se solo allora realizzasse che la sua presenza potesse non essere la benvenuta. Era la cosa più lontana dalla verità, naturalmente, ma i suoi nervi sorpresi erano troppo intorpiditi per saltare immediatamente e rassicurarlo. Così tanti mesi lontani – non erano mai stati viso a viso con la conoscenza che avevano ora. E lei non sapeva cosa fare. Dio, senza i sogni, non sapeva cosa fare.

    Si era immaginata il suo prossimo incontro reale un centinaio di volte diverse. Un centinaio di modi diversi. Mai nelle sue fantasie era stata stordita e silenziosa.

    “Sei qui” disse di nuovo, la mentre che rompeva la foschia. Non stava scomparendo. Continuò a battere gli occhi e a boccheggiare e lui era ancora lì. Spike era con lei in tempo reale. “Sei... noi...”

    “Stavo sperando che mi invitassi dentro, amore”

    Buffy sbatté gli occhi. “Oh... oh si” Lei annuì con foga e si fece da parte, un piccolo sorriso che rimpiazzava il cipiglio pensieroso sul suo viso. “Vieni dentro, Spike”

    Avrebbe dovuto allarmarla quanto facilmente venne la decisione, ma dopo che le urla isteriche morirono e lei capì che lui non sarebbe svanito, tutta lei si diede all'esaltazione.

    Sta succedendo. È reale. Sta davvero succedendo.

    Un lungo brivido corse attraverso il corpo di Spike, il suo sguardo divenne ardente. “Solo così?” chiese lui con voce roca, scivolando sotto la sua finestra, gli occhi tremolanti mentre si chiudevano quando entrò nell'aria che apparteneva a lei. “Mi inviti nel posto dove tu...” Alzò gli occhi verso lo stato sgualcito del suo letto e sospirò. “...dormi”

    Buffy deglutì forte e annuì. Ogni cellula nel suo corpo era accordata a lui. Lui si mosse e il movimento si increspò sulla sua pelle. E poi non riuscì a sopportare la distanza tra loro. Lui era nella sua stanza – era nel suo spazio – e non l'aveva mai toccato come un amante. Non aveva mai sentito in verità la su carne sotto la punta delle dita o conosciuto il sapore delle sue labbra. E ora che lui era qui,aveva bisogno di sapere che era reale. Ne aveva bisogno così tanto.

    “Spike?”
    Apparentemente, sentire il suo nome era tutto quello di cui lui aveva bisogno. Spike gemette sconfitto, precipitandosi in avanti e prendendole il viso tra le mani. “Voglio baciarti” mormorò, e per qualche ragione, l'articolazione del suo desiderio fece più per lei di qualsiasi altra quantità di presa che avesse sperato di toccare.

    Desiderio le bruciò negli occhi e lei premette insieme le cosce, annuendo con una disperazione che non riconobbe. “Si. Si.”

    Il secondo in cui le sue labbra sfiorarono le sue, i muri attorno a lei collassarono e lei sentì. Sentì. Spike gemette nella sua bocca e lei lo sentì. Le sue mani le scivolarono lungo le spalle e lei lo sentì. Lui mormorò il suo nome contro le sue labbra, la sua lingua cercava la sua, i suoi fianchi spinsero in alto con un'impazienza che lo tradì. Calore le avvampò in ogni centimetro di pelle.

    Non ne aveva abbastanza di lui – abbastanza di questo. Abbastanza delle lunghe carezze della sua lingua, della danza sensuale delle sue labbra contro le proprie, dei gemiti gutturali che gli graffiavano la gola. Ogni mossa che faceva era avvolta da desiderio – desiderio che lei riconosceva. Desiderio in cui poteva identificarsi.

    Desiderio di lei.

    Lacrime le punsero gli occhi e lei dovette trattenere una risata. Sembrava non ci fosse niente per cui non piangesse al giorno d'oggi. Spike non la voleva, e lei piangeva. Spike la voleva, e lei piangeva. Spike la baciava, e lei piangeva. Presto o tardi, sarebbe diventata una bambina piagnucolante ogni volta che lui si cambiava i calzini. Doveva davvero prendere il controllo delle sue emozioni. Buffy non era solita essere una donna dagli occhi lucidi in nessun ruolo, il che era come sua madre sapeva quando era davvero sconvolta al contrario di quando stava reagendo esageratamente alla ricerca di attenzione. Lacrime per Buffy equivalevano alla forma più cruda di emozione.

    Ora stava piangendo perché stava finalmente baciando Spike. Non era più un sogno. Non lo era. Lui era davvero con lei, e il suo sapore era il benvenuto più caldo che avesse mai conosciuto.

    “Cos'è questo?” chiese Spike piano, alzando una mano alla sua guancia di nuovo, il pollice le asciugava le lacrime. “Non volevo farti piangere, amore”

    Buffy solo rise e pianse più forte. “Sei qui” singhiozzò, non sorpresa quando la fronte di lui si accigliò per la confusione. “Sei davvero qui”

    “Si... pensavo sarebbe stata il tipo di cosa che ti avrebbe reso felice”

    “Io sono...” Come avrebbe potuto iniziare a descrivere come si sentiva? Buffy si interruppe, tremando di estasi avvolta in shock. Ogni fantasia che avesse mai nutrito stava diventando reale. Spike era qui. La sua pelle era sotto le sue dita e il vero sapore di lui le assaporava la bocca. I suoi occhi erano finalmente assorbiti dai propri con nient'altro che desiderio e tenerezza – le qualità nel mondo di sogno che lei era arrivata ad avere care si stavano innalzando di vita. Ogni sforzo nel suo essere fu diviso da beatitudine e allo stesso tempo, sentì di volare in alto oltre se stessa senza nessuna paura dell'inevitabile caduta.

    Per la prima volta la prospettiva di cadere non la preoccupava. Aveva l'immediatezza del momento. Aveva adesso, ed era più di quello che avesse mai pensato di toccare.

    “Sei qui” mormorò lei, insensibile a quanto sciocca sembrasse – quanto infantile e vulnerabile. Niente sembrava importare al momento; Spike era con lei e nient'altro importava. “Io...io...”

    “Sei felice, vero?” azzardò Spike con attenzione, gli occhi che cercavano i suoi. “Queste sono lacrime di felicità?”

    “Si, idiota”

    “Oi!”
    Il suo sguardo si spalancò e lei premette la mano sulla sua bocca, tremando alla soffice sensazione delle sue labbra contro la sua pelle. “Shhh” sgridò lei, le pulsazioni che aumentavano. “Mia mamma”

    Riconoscimento gli scivolò sul viso e lui annuì timidamente, sebbene il suo avviso non prevenne alla sua lingua di prendere una leggera leccata del suo palmo. Il contatto le fece bruciare ogni centimetro. “Scusa” mormorò lui. “Solo attenta ai nomi che dici, si?”

    “Beh attento alle domande stupide”

    “Non fa molto per l'ego di un tipo quando la ragazza inizia a piagnucolare il secondo in cui la bacia” replicò lui anche se la tensione gli rotolava dalle spalle. Lui guardò in basso per raccogliersi, e quando incontrò di nuovo i suoi occhi, la luminosità dell'emozione era così violenta che lei quasi dimenticò di respirare. “Volevo solo essere qui così maledettamente tanto”

    “Davvero?”

    Lui sbatté gli occhi. “Lo dubiti?”

    “N-no. Solo io....” Buffy tremò forte e sospirò, gli occhi che cadevano sul suo torace, le mani che presto li seguirono. Non indossava più lo smoking, ovviamente, dato che era stata una proiezione dei sogni, ma il suo normale abbigliamento era quasi più sexy. Forse perché lei sapeva che era reale. “E' solo...io... con...l'essere reale, e tutto il resto”

    “E' quello che intendevo io, gattina” replicò lei, sorridendo gentilmente, sfiorandole con le labbra la fronte. “Volevo essere qui” Le sue mani corsero su e giù lungo le sue braccia prima di esitare e prenderle a coppa i seni. Quando lei non protestò, i suoi pollici presero a strofinare gentili cerchi contro i suoi capezzoli dolenti. “Volevo sentirti sotto le mie mani” La sua bocca le cadde alla gola, la lingua lappava con foga la sua gola. “Vedere se sapevi di dolce come nei sogni”

    “I-Io...”
    “Mmm....” Lui le stuzzicò i seni per un minuto in più prima di far cadere le mani al bordo del suo top per l'ora dell'andare a dormire. Poi si fermò, gli occhi che cercavano i suoi prima di procedere. “Buffy?”

    La mossa la sorprese; le passate settimane non avevano mostrato nessun senso della proprietà. Si incontravano e i vestiti venivano inevitabilmente tolti. Era come andavano le cose – il modo in cui erano insieme. L'implorazione era inaspettata come era commovente; ci volle molto poco per dedurre il sintomo della sua esitazione.

    Era reale. Non erano più protetti dal velo protettivo di un sogno. Qualsiasi cosa che facevano ora portava il peso della permanenza.

    E sorprendente com'era – anche mentre esploravano la novità dei tocchi reali tra loro – Buffy non era spaventata. Era arrivata a termini con i suoi sentimenti e i posti inevitabili in cui l'avrebbero portata tempo fa. In piedi con Spike nella sua camera da letto, mentre era una volta inaspettata, sembrava troppo giusto per combatterlo, e lei non l'avrebbe fatto se avesse potuto.

    Buffy tirò un profondo respiro ed annuì, sorridendo e alzando le braccia nell'aria, godendo del modo in cui gli occhi di lui si spalancarono e il suo respiro non necessario gli si bloccò in gola. Lui si fermò come se temesse che lei avrebbe ritirato il suo invito, poi prese a pugno il cotone del top e lo trascinò sopra la sua testa con mani tremanti. Mantenne gli occhi di lei per un lungo secondo prima di far cadere lo sguardo sul tessuto nelle sue mani, lanciandolo infine nell'angolo della stanza.

    “Buffy...” Lui piegò le mani, la mascella tesa. Guardò ovunque tranne che lei. “Noi... se noi...”

    “Mia madre dorme”

    Spike deglutì forte. “Si?” replicò, la voce roca, gli occhi incapace di trattenersi dal concentrarsi sui suoi seni un secondo di più. La fissò affamato per secondi senza fine, leccandosi le labbra prima di alzare al testa per incontrare il suo sguardo. “Sta dormendo?”

    Buffy annuì e lottò con l'urgenza di coprirsi. Spike poteva averla vista nuda un centinaio di volte, ma non ci sarebbe mai stato un superare la sensazione dei suoi occhi sul suo corpo. Specialmente ora. Specialmente questa prima vera volta. “L-lei è... umm...una dormiente pesante”

    Il fantasma di un sorriso gli guizzò sulle labbra. “Penserei di si”

    “Oh?”
    “Tutto quell'uscire di nascosto che fai” Spike inalò bruscamente e chiuse lo spazio tra di loro, alzando una mano esitante ad uno dei suoi seni. Le sue dita furono immediatamente attirate al capezzolo, pizzicandola con un brivido condiviso. “Buffy... tu... tu vuoi...?”

    “Si”

    Spike si fermò con speranza. “Non ho chiesto-”

    “Non devi farlo” Lei alzò le mani sul suo torace, spingendo i risvolti del suo spolverino fino a che lui si districò e permise al cappotto di pelle di scivolargli dalle spalle e andare sul pavimento. E mentre lei non sapeva cosa aspettarsi, una parte di lei tremò quando i suoi occhi assorbirono il suo corpo muscoloso. Lui era vestito, naturalmente, ma lei conosceva così bene quel torace. Conosceva le braccia che lo spolverino aveva nascosto. Conosceva Spike, e i suoi sogni non le avevano mentito. “Io... io voglio...” Si fermò, le parole che l'abbandonarono. Esprimere i suoi desideri non era mai stato il suo forte – specie quando era colta alla sprovvista. Ora, con il cuore che le batteva così forte che riusciva a mala pena a continuare a respirare, si fidò del suo corpo con parole che non riusciva a formulare. Non permettendosi un altro momento di pausa, consumò la bocca di lui con una fama che riconobbe appena, versare il suo nervoso piagnucolio in lui come liberazione la bruciò completamente.

    Spike si sciolse in lei con un ringhio, succhiandole la lingua con avidità nella bocca. “Mi fai impazzire” le disse lui, rompendo il loro bacio solo abbastanza per strapparsi la maglia da sopra la testa. “Così tanto che non riesco maledettamente a pensare bene”

    Lei ghignò con una sicurezza che non sentiva. “Siamo pari, allora” replicò lei, gli occhi che cadevano sul suo corpo, posando una mano esitante sul suo torace. “Questo è... è reale. Non più... qui, in questo... in tempo reale, non sono mai arrivata a toccarti”

    Per un secondo lei pensò che lui stesse per obiettare, ma nient'altro che calore passò tra di loro.

    “Non ho mai sentito questo torace” continuò lei coraggiosamente, le dita che gli accarezzavano la pelle. “Mai... riuscita ad assaggiare la tua pelle” Del tutto consapevole che stava echeggiando le sue azioni di prima, la sua bocca si abbassò per mordicchiargli il petto. Non aveva mai giocato con lui nel modo in cui lui aveva fatto con lei – assaggiato la sua pelle, leccato i suoi capezzoli, o adorato il suo corpo, a parte il suo cazzo, come lui aveva adorato il suo. Voleva recuperare per questo adesso. “Mai...”

    “Buffy...”
    Lei sorrise timidamente e lo fece camminare all'indietro fino a quando le sue gambe colpirono il letto, le mani che gli strattonavano la cintura dei jeans. “Non sono mai riuscita a... ad assaggiare il tuo...”

    Gli occhi di Spike perforarono i suoi con un calore che la fece sciogliere in gelatina. “Dio, Buffy...”

    La sua spacconeria svanì prima che potesse dire la parola effettiva. Mentre Spike non aveva problemi a dire piccole sconcezze, lei stava cercando di perfezionare l'arte. Dire cose come cazzo e palle, sebbene sapeva che l'avrebbero fatto eccitare anche solo a sentirglielo dire, era troppo oltre dalla sua zona di conforto che si era stabilita per sé come adolescente. Alla fine, avrebbe cercato di incorporare quello che lei chiamava linguaggio sporco nel suo vocabolario a beneficio di Spike; adesso era una questione di dominare una descrizione verbale di tutto quello che voleva fargli.

    Le sue guance si arrossarono ancora di più, dita tremanti gli aprivano la lampo. “Voglio -”

    “Mi hai”

    Lei inarcò un sopracciglio con un coraggio che non sentiva. “Non mi hai lasciato finire”

    “Puoi avere qualsiasi cosa tu voglia” replicò Spike con urgenza, facendo scattare i fianchi in avanti. “Solo -”

    Le sue parole montarono il gemito più sexy che lei avesse mai sentito, la sua mano si era chiusa attorno al suo cazzo con una bizzarra ondata di nuova familiarità. L'aveva fatto un centinaio di volte. Lo aveva stretto, bagnato la sua lunghezza con la lingua, l'aveva preso nella bocca e aveva deglutito attorno a lui fino ad averlo bevuto con scrupolo. L'aveva fatto senza averlo fatto; ora la sua mano era veramente attorno a lui. I suoi occhi stavano studiando la sua erezione nuda per la prima volta, e tutto troppo in fretta non fu abbastanza. Voleva così tanto di più che solo tenerlo; lo voleva dentro di lei. Voleva il suo cazzo spingere nella sua bocca, lo voleva cullato dentro il suo corpo. Voleva tutto.

    “Voglio assaggiare” disse lei, a malapena consapevole delle sue parole, le mani che gli spingevano lungo le gambe i jeans mentre lui cercava di calciare via le scarpe – uno sforzo collaborativo che lo fece precipitare sul suo materasso con un rimbalzo entusiastico.

    “Buffy...” Il bisogno che infuriava nella sua voce la fece tremare fin nel profondo. Era molto chiaro che lui stesse tentanto di tenersi sotto controllo; il minimo tocco l'avrebbe fatto sbattere pericolosamente vicino al limite, ed era tutto la sua mano. “Per favore...”

    “Per favore?”

    “Ho bisogno...” Lui sospirò pesantemente, gli occhi che la assorbivano. “Io... io so che è... è diverso, si?”

    La sua abilità di leggerla senza sforzo la fece sentire ancora più a disagio. Buffy si mosse con imbarazzo e scosse la testa, leccandosi le labbra. “Non è... beh, si” Non aveva senso mentirgli quando le sue emozioni le decoravano le proverbiali maniche. “Sono... con il reale -”

    Spike deglutì forte e forzò un cenno affermativo. “Buffy-”

    “Ma ti voglio. Davvero” Buffy si piegò in avanti, le labbra che cadevano alla sua gola. Amava il sapore della sua pelle, quasi quanto amava avere il sapore di Spike nella sua bocca. “Solo io...” Le parole le graffiarono la gola, le labbra falsificarono la sua pelle con dolci, amabili baci. Non sapeva quanto fittamente le sue emozioni si riversassero nelle azioni; non sapeva se a Spike importasse neanche che lei cercasse di mostrargli il suo amore tramite il tocco. Tutto quello che sapeva era che lei lo amava, e il suo corpo non poteva spegnere l'amore. Quando era con lui, era tutto quello che poteva fare per trattenere dal rotolarle via dalle labbra come un mantra continuo la sua confessione. “Io non...”

    “Oh Dio” sibilò Spike mentre i suoi denti gli sfregava gentilmente uno dei capezzoli. Poi lui sbatté gli occhi e chiuse le mani attorno ai suoi avambracci. “Cosa? Buffy?”

    “Non sapevo”

    “Non sapevi cosa, dolcezza?”

    Buffy inalò profondamente ed evitò i suoi occhi. Sapeva che lui l'avrebbe rimproverata con sdegno per le sue paure, ma non poté evitarlo. “Non sapevo... che avresti voluto questo... qui”

    Spike sbatté gli occhi scioccamente. “Cos'è questo?”

    “...con me. Senza sogni” Lei accennò tra di loro, sentendosi più piccola ad ogni secondo. “E'-è reale... io non-”

    “Oh per l'amor di Cristo-”

    “Beh, con tutto-”

    “Buffy, pensavo che noi...” Le prese a coppa il mento e le strattonò in viso verso l'altro, forzando il suo sguardo a cozzare con il proprio. “So che sono stato un vero bastardo non troppo tempo fa, e so che merito ogni maledetta oncia di dubbio, ma tu sai che io... non è mai stato riguardo il non volerti. Mai”

    Aveva ragione. Era stato più riguardo il non voler volerla. Non che la distinzione la facesse sentire meglio, ma supponeva fosse solamente giusto mettere tutti i fatti per il verso giusto.

    “Lo so” replicò Buffy un lungo minuto dopo, la voce più coraggiosa di quanto lei si sentisse. “Io...io solo...”

    “Voglio fare l'amore con te” L'emozione nella voce di lui la quasi travolse. “Voglio sentirti attorno a me. Tu sei... Sono perso per te, amore. Sono completamente fottuto e non me ne potrebbe importare di più perché tu sei qui. Sono venuto qui perché so che i sogni... meravigliosi come sono... so che non sono abbastanza per te” Le sue mani le accarezzarono gentilmente la lunghezza dello stomaco, arrivando a fermarsi sopra la cintura dei pantaloni del pigiama. “Non sono abbastanza neanche per me”

    Il sangue accelerò e il cuore le tuonò con speranza che si permise appena di sentire.

    “Non lo sono?” mormorò lei, gli occhi tremolanti si chiusero mentre lui le toccava un seno, il pollice che le dava un colpetto al capezzolo mentre il suo sguardo affamato le divorava il viso.

    Spike deglutì forte e scosse la testa. “No” replicò con voce roca, piegandosi e dando al suo capezzolo una lunga e appassionata leccata. “Sapere che non ti sto davvero stringendo? Che non stai davvero tremando contro di me? E svegliarmi senza di te... senza di te accanto a me e sapere che non ti vedrò di nuovo fino...”

    Il suo viso era un fiume di lacrime. Le sembrò che i suoi poveri occhi non avessero mai una paura. “Spike...”

    “Non è abbastanza. Fregarli a questo punto non è più abbastanza per me” La sua bocca lasciò una serie di baci umidi sull'altro seno, le mani che facevano scivolare i pantaloni del pigiama sopra il suo sedere e lungo le gambe fino a che si raggrupparono attorno alle sue caviglie. “Non posso fingere di volerti morta quando l'idea mi rende...” Completò il pensiero con un ringhio rombante attorno alla sua carne, persuadendola ad aprire le gambe con la mano sinistra, le dita che scivolavano sensualmente tra le labbra della sua fica. “Dio, sei-”

    “Unh...”
    “Non vedo l'ora di assaggiarti” Lui si leccò le labbra e fece l'occhiolino. “Vedere se il tuo miele è dolce qui come lo è nei nostri sogni”

    “No.”
    Spike inarcò un sopracciglio. “No? Non sei altrettanto dolce?”

    “Io volevo... I-io avevo un piano” La sua mano affondò tra di loro, dita ansiose si avvolsero attorno al suo cazzo, godendo della beatitudine che gli offuscò gli occhi. “Volevo... tu lo rendi sempre... per me”

    “Oh Buffy—”
    “Volevo-”

    “La prossima volta” promise lui, baciandola con passione. “Voglio essere dentro di te”

    “Voglio anche quello. Solo io-”

    “Cacciatrice, se noi... questa è la tua... so che è maledettamente ridicolo, per non dire deliziosamente contorto come niente che abbia mai sperimentato, ma tu... tu sei...” Si fermò, sebbene non per mancanza di parole. I suoi occhi invece caddero alla sua fica, dita ansiose le massaggiarono la fenditura fino a che la sua pelle luccicò dei suoi succhi. “Noi non l'abbiamo mai fatto questo. Non qui”

    “Dio, Spike-”

    “Sei vergine qui”

    Lei improvvisamente ebbe l'urgenza di ridere, anche se sapeva che era vero, e l'aveva saputo dalla loro prima notte. Sembrava così assurdo per quanto spesso avevano fatto l'amore. Lei era veramente vergine in questo mondo – nel mondo reale. Il suo corpo non aveva mai conosciuto il tocco di un uomo. E mentre questo era niente che non si fosse già recitata un centinaio di volte, lui aveva ragione: era ridicolo. Erano amanti da settimane. Conoscevano l'uno il corpo dell'altro bene come il proprio. E tuttavia, nel mondo reale, niente di quello aveva mai avuto luogo.

    “Se non siamo attenti, potrei farti male” Lui le toccò col pollice la clitoride con grazia naturale, il movimento così leggero che lei quasi pensò che lui non fosse consapevole delle sue azioni. Le fiamme dei suoi occhi le dicevano il contrario. I tremiti che le attraversavano il corpo lo fecero ronfare di piacere. “Non voglio mai farti male”

    Le mani di Buffy trovarono le sue spalle quando lei non stava guardando, e si stava stringendo a lui come se il mondo sarebbe caduto via se l'avesse lasciato andare. “Mai?” ripeté lei, tremando e sgroppando contro la sua mano prima che potesse fermarsi.

    “Dolcezza-”

    “Quando...unh... quando questo è finito-”

    Spike abbassò di nuovo la testa, stuzzicando i suoi capezzoli impertinenti e desiderosi con la bocca, cambiando all'improvviso per trattare ogni seno con la stessa cura. “Quando questo è finito” replicò lui dolcemente, le mani che le scivolavano ai fianchi, convincendola gentilmente in avanti fino a che lei rischiò o di sedersi a cavalcioni su di lui o di cadergli sopra. Scelse la prima. “Tu ed io... avremo un confronto”

    Il suo cuore si contrasse e il sangue le pulsò per il panico. “Non puoi-”

    “Un delizioso e carino confronto. Preferibilmente da qualche parte lontano da qui con nient'altro che cibo, acqua, sangue e un grande e soffice letto” La guardò con occhi danzanti, la bocca che succhiava con attenzione il suo seno. Dita scivolarono di nuovo tra le sue cosce, esplorando le sue pieghe femminili in un modo che lei conosceva così bene. Amava il modo in cui la massaggiava. Il modo in cui le sue dita spingevano dentro la sua fica per testare la sua preparazione. Per sentire le sue secrezioni femminili rotolargli lungo la pelle. Non aveva mai pensato al suo corpo come all'enigma che Spike sembrava pensare che fosse; lui la stava costantemente ad esplorare, tentando di schiudere i suoi segreti, come se lei avesse qualcosa da nascondere.

    “Ma no, gattina” replicò lui, mordicchiandole il seno e togliendo rapidamente il suo tocco dal suo buco umido. Lui la guardò con un'espressione accesa al suo piagnucolio mentre si avvolgeva la mano attorno al cazzo e lo ricopriva dei suoi succhi. “Non ti farò male”

    “Io—”
    “Tu mi ami. Non voglio mandare tutto all'aria” Trascinò le sue labbra lungo la sua clavicola e su per il suo collo fino a quando la stava di nuovo baciando con sincerità, convincendo il suo corpo verso il basso. Si strofinò contro la sua clitoride come aveva fatto infinite volte, assorbendo avidamente ogni sospiro di piacere che le attraversava il corpo. “Voglio che tu continui ad amarmi”

    “Sempre”

    Spike si tirò indietro giusto un pelo. Giusto così che lei vedesse il blu del suo sguardo oceano mentre la trafiggeva con uno sguardo. “Dimmelo” mormorò lui, la testa del suo cazzo che le divideva la carne rosa e umida. “Dimmelo, passerotto. Per favore”

    Lei non esitò. “Ti amo”

    Un sorriso gli distese le labbra, e lui si tese verso quelle di lei con un bacio gentile. “E sei sicura?” mormorò, anche se le sue mani la spingevano verso il basso, il cazzo che premeva in lei. “Dio, Buffy...”

    “Sono sicura”

    “Farà male, amore. Non come-”

    Non le importava. Aveva aspettato troppo a lungo questo momento. Aveva aspettato troppo a lungo di avere il corpo duro di Spike contro il suo in realtà. Se avesse esitato, se avesse battuto gli occhi, tutto poteva svanire. Il mondo sarebbe potuto finire e a lei non sarebbe importato. Buffy gli attaccò le labbra con le sue e affondò su di lui, sedendosi con la sua erezione nel profondo dentro di lei. Aspettò per l'esplosione di dolore che lui aveva preavvertito, ma non ci fu niente. Nient'altro che il familiare stringersi nella parte bassa del suo stomaco mentre la sua carne si distendeva per accoglierlo. Fu scomodo solo per un secondo prima che il piacere le gorgogliasse nel corpo. Spike versò un debole gemito nella sua bocca e le strinse disperatamente i fianchi. L'estasi si infilò nel suo sangue, l'euforia le scintillò in ogni cellula. Non ci fu un centimetro di lei che non tremò. Ogni angolo del suo corpo echeggiò di estasi. Lo sentì ovunque. Il suo scalpo formicolò, gli occhi fiammeggiarono, la sua pelle tremò, e lui era lì. A guardarla avidamente. Divorando il suo volto con una venerazione che lo tradiva. Per un secondo benedetto, non ci fu nulla tra loro. Gli occhi di lui spalancati studiarono il suo viso, i suoi respiri pesanti si fracassavano contro la sua bocca. Lei si sentì dividersi nel mezzo, e rimettersi insieme allo stesso tempo.

    Era diverso ma era lo stesso. Era meraviglioso. Lei quasi rise quando il familiare pungolio delle lacrime attaccò i suoi occhi. Invece, avvolse le braccia attorno al collo di lui e lo strinse a sé, nascondendo il viso nella sua spalla.

    “Oh Dio” mormorò Spike nei suoi capelli. “Oh Dio”

    Lei non sapeva cosa dire, così ricadde sull'unica verità che sapeva. “Ti amo”

    “Oh Buffy” Lui le baciò la fronte, le mani che le stringevano il sedere mentre lei si alzava dal suo cazzo e si riabbassava. Questa era una danza che conoscevano bene – una danza che avevano perfezionato l'uno con l'altra. E mentre tutto era diverso, c'era così tanto che era rimasto lo stesso. “Hai...qualche dolore, amore?”

    Lei scosse la testa, gli occhi luccicanti. “No”

    Spike inarcò un sopracciglio e le baciò l'angolo della bocca. “Nessuno?”

    “E'...ohh... è un male?”

    Lui ghignò e scosse la testa. “No. Solo io...” Lui sbatté gli occhi e la questione divenne immaginaria il secondo in cui la sua fica si strinse attorno a lui. Un lungo piagnucolio si ruppe nell'aria e la sua espressione si sciolse di nuovo, le mani che seguivano il rimbalzo del suo sedere mentre lei si muoveva in lunghi colpi contro di lui. “Oh Dio”

    Buffy buttò i capelli all'indietro. L'aria attorno a lei bruciava di novità. Era così nuovo – così nuovo, tuttavia allo stesso tempo familiare. Il suo corpo protestò la conoscenza della sua mente, stringendosi quando lei non voleva nient'altro che galopparlo in un buco a forma di vampiro nel suo materasso. “Me l'hai detto così tante volte” mormorò lei, i denti che gli graffiarono le labbra mentre lei spingeva i fianchi contro di lui, “ma... non avevo mai pensato che saremmo stati davvero... qui” Il ritmico scivolare della sua erezione dentro e fuori dalla sua fica le fece sciogliere l'interno. Era circondata da familiarità piuttosto che dai freddi muri impersonali di una stanza immaginata. I respiri contro le sue labbra erano reali, come lo erano i lamenti muti che venivano mormorati attorno a loro.

    “Mai dire mai”

    Le braccia di Spike scivolarono attorno al suo centro e la cosa successiva che seppe, lui la capovolse sulla schiena sul materasso e la stava fissando, appollaiato sui gomiti e accoccolato tra le sue gambe. Non aveva rotto il contatto; il suo cazzo si stava ancora muovendo dentro di lei, colpendola con maestria che solo familiarità condivisa avrebbe potuto permettere. Lui conosceva ogni centimetro di lei così bene. Così detestabilmente bene.

    “Buffy...” Le sue labbra vagarono per il suo viso, roteando i fianchi come se stesse assaporando ogni contorno del suo essere – la sua erezione che colpiva nervi dentro di lei che non era stata ancora convinta esistessero sul serio fuori dal mondo fantastico. Ma i sogni non le avevano mentito – non le avevano dato un falso senso del piacere di questo mondo. I sogni non avevano fatto altro che fornire quello che la realtà non avrebbe potuto permettere.

    “Non pensavo sarebbe stato così” mormorò lui con ardore, le mani che le scivolavano sotto le spalle. “Non pensavo che niente potesse essere così bello”

    Buffy sorrise con speranza, mordicchiandogli le labbra quando la sua bocca affondò alla ricerca della sua. “Davvero?” mormorò.

    “Sei così bollente. Così maledettamente bollente”

    “D-diversa?”

    “No” Lui sorrise e il suo cuore si librò in volo. “E si. Non riesco a... spiegare” La sua bocca cadde alla sua gola, le labbra che le danzavano sulla pelle con animata perizia. “E' diverso, ma Dio tu sei ancora... sei così bella. Così maledettamente bella. Calore liquido, sei. La mia piccola bollente cacciatrice”

    Le sue unghie gli graffiarono le spalle, i suoi fianchi combatterono i suoi per un disperato bisogno di ricatturare il suo cazzo dentro il suo corpo ogni volta che lui si ritraeva da lei. La scivolata umida della sua carne contro le sue pareti vaginali aveva fatto girare la stanza. Era pronta per il completamento; non c'era nient'altro oltre questo. Oltre Spike che la martellava nel materasso. Oltre la sensazione delle sue palle che le schiaffeggiavano il sedere ad ogni spinta. Oltre al cigolio di un letto che non sapeva potesse cigolare così forte. Le pareti di una stanza che aveva in precedenza definito la sua adolescenza si sciolsero mentre lei abbracciava la pienezza della sua femminilità.

    “Cacciatrice” boccheggiò Spike contro la sua bocca, il suo ritmo che accelerava. “Dio...”

    “Spike...”
    “Dimmelo” ringhiò lui, la bocca che danzava verso il basso fino a quando si strinse al suo seno. Una mano le danzò per l'addome, lenta e calma anche se le spinte del suo corpo divennero più impegnative. Lei sentì i suoi respiri tremare contro la sua pelle, sentì i suoi gemiti risuonare nel suo torace alla maniera di un cuore rombante. Lui le rosicchiò un seno e le catturò la clitoride tra le dita, massaggiandola in gentile contrappunto rispetto alle fitte selvagge del suo cazzo. “Dimmi com'è”

    Il suo viso in fiamme arrossì ancora di più. “Spike...”

    “Nessun altro, amore” ringhiò lui, ansimando forte nella sua pelle. “Nessun altro avrà un assaggio di questo”

    “Nessuno” concordò lei senza fiato. L'idea sola era più di quello che lei potesse sopportare. Il suo corpo apparteneva a Spike. Il suo tutto apparteneva a Spike. Lui la possedeva completamente. Lei era sua; sua da scopare, sua da amare, sua da spezzare. Solo lei non sapeva qualche opzione avrebbe scelto alla fine. Come avrebbe considerato il regalo che era lei.

    In questo momento, lei sentiva come se lui volesse amarla. Era una fantasticheria, naturalmente – il romanticismo del giorno avvolto nella magia del momento. Spike era nella sua stanza, nel suo letto, nel suo corpo, che la amava con tutte le parole che rifiutava di dire. L'amore che custodiva da lei.

    Niente di quello importava. Lei gli apparteneva in ogni caso. Era irrevocabilmente persa, e si era consegnata da sola a quel destino.

    “Sei mia” Era un'affermazione piuttosto una dichiarazione; lui stava parlando di qualcosa che già sapeva. Lui divenne vampiro in un attimo, i suoi occhi gialli la consumavano, le sue dita scivoloso le accarezzavano la clitoride velocemente fino a che i colpi, combinati con le spinte del suo cazzo nelle sue profondità calde, la fecero trafiggere dall'estasi in ogni nervo. “Stringimi, gattina” mormorò lui attorno al suo seno. “Voglio sentire quella piccola tua fichetta succosa stringermi... Dio, per favore”

    Un sorriso le stuzzicò le labbra, i suoi muscoli da cacciatrice immediatamente si contrassero attorno a lui. Gli occhi di Spike si chiusero di scatto e lui cedette con un basso gemito, e nella maniera del suo demone, lei non aveva mai visto niente di più bello. Lui assaggiò il suo seno con un'altra lunga, generosa leccata prima di prenderle le labbra con le sue, stuzzicandola con la punta delle sue zanne contro la pelle bollente anche se non arrivò mai vicino a pizzicarla.

    “Oh si” ronfò lui di slancio, le sue parole vennero portate da un piagnucolio. “Buffy... Buffy...”

    “Ho bisogno... bisogno...”

    “So di cosa hai bisogno, gattina” Lui nascose il viso nell'incavo della sua gola, tremando forte. Ogni colpo delle sue dita le mandava saette di luce attraverso il corpo. La tempesta di calore che montava nel suo stomaco era sull'orlo di un'esplosione che simile non l'aveva mai sperimentata. La sua bocca su di lei, le sue zanne che luccicavano nei frammenti di luce lunare che apparivano attraverso la finestra aperta, il suo cazzo che le riempiva la fica ad ogni colpo – era troppo.

    “Voglio sentirti strangolarmi” ringhiò Spike. “Voglio che mi inzuppi con i tuoi dolci...”

    “Spike—”
    “Fallo, Buffy. Vieni per me. Fammelo sentire”

    E dal nulla, il sangue le partì con un desiderio così proibito che lei quasi pianse. Ma come avrebbe potuto negarsi quando questo poteva essere tutto quello che avrebbe mai avuto? Quando la novità del fottere una cacciatrice fosse finita – quando il suo amore per lui non fosse più meritevole di riverenza, e lei fosse diventata una battuta finale nei libri di storia. Si era già venduta così lontano – non c'era nessun senso a trattenersi ora.

    “Ho bisogno di te” mormorò lei, la voce a malapena udibile sopra l'illecito gusto dei loro corpi nudi mentre viaggiava ad alta velocità più vicina all'orgasmo.

    “Mi hai”

    “Ho bisogno... delle tue zanne”

    Gli occhi di Spike si spalancarono, ma il suo corpo registrò appena la sorpresa. Lei non sapeva cosa si era aspettata; una risata, un bacio, l'immediato arresto del loro fare l'amore così che lui potesse assicurarsi di averla sentita correttamente. Niente di quello accadde. Se altro, nell'istante in cui le sue parole colpirono l'aria, la sua mente e il suo corpo si divisero del tutto – il corpo perso nel piacere sciogli ossa mentre lui la distruggeva con ogni spinta, la sua mente correva per recuperare con la magnificenza di quello che aveva appena chiesto.

    Aveva pensato per un secondo che lui potesse chiederle di ripetersi per assicurarsi che fosse qualcosa che voleva sul serio. Lui non lo fece. Invece, un ghigno malizioso gli distese le labbra prima che abbassasse la testa di nuovo, i movimenti lenti e intenzionali anche mentre i suoi fianchi ondeggiavano forte contro di lei. “Sei mia” mormorò di nuovo, e le parole le fecero tremare gli interni nel mezzo di un calore fiammeggiante.

    Poi le sue zanne entrarono nel suo collo, e il mondo intorno a lei esplose in una scorreria di colori. Buffy urlò – era sicura che urlò, solamente nessun suono sfuggì dalle sue labbra. Il suo urlo fu reso muto ma assordante, ogni cellula nel suo corpo era partita mentre il suo corpo si serrava e aveva spasmi attorno a lui. Si sentì prosciugare; sentì i suoi incisivi che tiravano con piacere teso, Spike che la beveva lungo la sua gola. Lui ringhiò attorno a boccate di sangue mentre si riversava dentro di lei, mentre il suo cazzo strofinava la sua carne umida e sensibile. Il piacere la intorpidì fino a quando non rimase altro che un formicolio debole. Fino a quando lei fu consapevole di nient'altro che le sue zanne d'avorio e del peso ben accetto del suo corpo. Lui era dentro di lei in ogni modo possibile, e in qualche modo, non era ancora abbastanza.

    Ma era con lei. Le aveva dato più di quello che pensava avrebbe mai avuto.

    Lui le aveva dato una parte di sé. Il cambio era giusto così; lui possedeva tutto ciò che lei era.

    “Buffy” mormorò lui, le sue labbra morbide le accarezzavano la pelle insanguinata. “La mia Buffy...”

    Lei tremò e gli avvolse la braccia attorno, gli occhi tremolanti si chiusero.

    Forse se l'avesse tenuto stretto abbastanza, forse se l'avesse desiderato abbastanza forte, il mattino non sarebbe mai arrivato.

    Forse lui non sarebbe scomparso.

    Forse questo momento sarebbe durato per sempre.


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    Sono avida di post stasera! Ma VORREI VIVAMENTE FARE I COMPLIMENTI A Flo *__*
    Capitoli più infiniti di questi da tradurre... SEI UNA POTENZA E SIAMO ORGOGLIOSI DI TE!!!


    Capitolo XII

    Un'ondata di delusione accompagnava sempre il suo risveglio, seguita da vicino da un'incommensurabile fitta di perdita. Odiava il sole. Odiava sapere cosa l'aspettava quando i sogni sibilavano nel nulla. Odiava lo sprofondare nel suo stomaco e il modo in cui il calore che le riempiva gli interni veniva spento nel freddo. Odiava sapere che il corpo duro dietro di lei sarebbe scomparso fino a quando la notte fosse caduta di nuovo. Odiava sapere che sarebbe stata sola una volta che le mani del sonno l'avessero completamente liberata.
    Il braccio attorno al suo centro si tese, ottenendo un lungo sospiro dalle sue labbra. Dio, voleva che durasse. Voleva che durasse così tanto.

    “Buffy” mormorò lui, labbra morbide le sfioravano la spalla. “So che sei sveglia, dolcezza”

    Lei inalò bruscamente. Non scomparire. Non scomparire.

    E poi colpì – un'ondata di ricordo si fracassò, le nuvole si aprirono mentre la notte le ritornava. Spike vestito con uno smoking. Spike che scompariva dalla stanza. Spike che picchiettava alla sua finestra. Spike che le mormorava nella bocca mentre la baciava per la prima volta – la prima vera volta. Spike che le prendeva a coppa i seni. Il cazzo di Spike che scivolava contro la sua fessura bagnata. Spike dentro di lei.

    Per la prima volta, si svegliò con una splendida sensazione di dolore che non sapeva di perdersi ad ogni altro risveglio. Le sue cosce erano sensibili, i suoi interni ancora caldi, il suo corpo stretto contro quello di lui. Il torace di Spike era premuto contro la sua schiena, il braccio agganciato sopra la sua vita, il pollice che le strofinava pigramente lo stomaco. Non stava scomparendo perché la scorsa notte non era stata un sogno.

    Spike non era un sogno questa mattina. Era reale.

    Era ancora con lei perché era reale.

    Buffy era così abituata alla formazione di lacrime dietro gli occhi che non notò di star piangendo fino a quando Spike inalò bruscamente e le picchiettò gentilmente la guancia bagnata con le dita. “Cos'è questo?” chiese lui. “Dolcezza-”

    “Non pensavo saresti stato ancora qui”

    “Naturale che sono ancora qui. Dove altro dovrei essere?”

    Buffy lottò con l'impulso di voltarsi nelle sue braccia. Per quanto volesse vedere i suoi occhi e baciargli le labbra, una piccola, oscura parte della sua psiche rimaneva scettica riguardo a che niente di quello fosse reale. Non voleva sfidare il fronteggiarlo solo per vederlo scomparire. “Non pensavo...”

    Spike strinse il braccio attorno a lei. “Non sto andando da nessuna parte”

    Una piccola dose di leggerezza le toccò il cuore. “Neanche quando mia madre entrerà qui, domandando di sapere perché ho un belloccio nudo nel mio letto?”

    I suoi denti le strattonarono il loro, mandandole scosse elettriche attraverso il corpo. “Un belloccio, huh?”

    “Oh sta zitto. Lo sai che sei bellissimo” Lei ghignò e si stiracchiò contro di lui, allargando le gambe senza dissenso alla tenera persuasione della sua mano. Tutto si sciolse quando lui affondò le dita tra le sue cosce. “Unnh... Spike...”

    “Ti senti bene, amore?” mormorò lui, il suo tocco che diventava più sfacciato. In pochi secondi, le sue dita scivolarono tra le labbra della sua fica, esplorando gentilmente la sua umidità. “Nessun... dolorino?”

    “Ohh...”

    “Non sono stato troppo duro la scorsa notte, vero?”

    Solo pensare a cosa avevano fatto la scorsa notte l'avvicinava allo spasmare nella sua mano, e lui l'aveva a mala pena iniziata a toccare. Buffy si morse il labbro e scuoté forte la testa, i fianchi che si muovevano contro di lui di loro volontà. “N-no. T-tu... è stato p-perfetto”

    Le sue labbra furono di nuovo sulla sua pelle senza avviso. “Perfetto?” replicò lui, un ronzio puramente maschile di orgoglio gli solleticava la voce. “Anche questo?”

    Lui affondò i denti nel marchio che le sue zanne le avevano dato senza avvertire, e prima che lei potesse fermarsi, un lungo, rumoroso piagnucolio le si strappò dalle labbra. Esplose di estasi, il bisogno che gorgogliava. Le sue cosce strette bloccarono le dita di lui dentro la sua fica mentre lei girava i fianchi disperatamente contro di lui. “Ohhh mio Dio” boccheggiò lei, mordendosi il labbro con un ansito di piacere. “Oohhh...”

    “Alla bambina piacciono le zanne di papà, io penso” Lui le leccò la pelle sensibile con un ringhio peccaminoso. Poi, con voce piccola, implorò piano, “Mi ami ancora?”

    L'idea che lei potesse fare qualcosa tranne che amarlo a questo punto era quasi da ridere. “Oh si. Dio si”

    “Dillo per me, piccola”

    “Ti amo”

    “Questa è la mia ragazza”

    Le sue parole la resero solo più bollente. “Spike” piagnucolò lei. La logica fu persa allora. Aveva bisogno di sentirlo. Aveva bisogno di lui per alleviare il fuoco che bruciava come un inferno nel suo ventre. Dannate le obiezioni irrazionali della sua altrimenti razionale mente che sua madre era giù lungo il corridoio e si sarebbe mossa presto per iniziare la sua normale routine. Spike era nel suo letto. Stava spingendo le sue dita più in profondità dentro la sua fica e strofinando il suo cazzo contro di lei, e lei aveva bisogno di lui. “Toccami”

    “Ti sto toccando, gattina”

    “Ho bisogno di... più”

    Spike le mordicchiò il segno del morso, dita bagnate scivolarono fuori dal suo corpo dolente. “Hai bisogno di me dentro di te?” chiese lui piano, il pollice che le trovava la clitoride e le favoriva una lenta, tortuosa carezza. Ogni mossa che faceva contro di lei le mandava una diversa scossa elettrica attraverso le vene. Stava bruciando e lui stava alimentando il fuoco. Massaggiandola con lenta premura che tradiva il suo scopo.

    “Spike, per favore!”

    “E tua madre? Non si sveglierà presto?”

    “Non mi importa. Ho bisogno di te” Lei agganciò una gamba sopra il suo polpaccio e lo tirò in avanti così che la testa serica del suo cazzo le strofinasse la fenditura del sedere. “Per favore”

    Spike deglutì forte ed emise un respiro irregolare. “A te può non importare, passerotto” disse lui lentamente, le dita che le abbandonavano la clitoride mentre la mano scivolava verso l'alto sul suo stomaco piatto fino a che prese a coppa un seno. “Ma a me si”

    Buffy sbatté forte gli occhi, la testa che girava. Lui era peggio di qualsiasi donna avesse mai conosciuto per quanto riguardava i segnali contrastanti. Le aveva appena chiesto se lo voleva dentro di lei e ora la stava contrastando e in maniera piuttosto umiliante parlava a favore di questo concetto alieno che a lui importava di cosa poteva accadere se sua madre li avesse interrotti. Era di certo il vampiro più strano che avesse mai camminato sulla terra. E la stava tormentando.

    “Tu.... unh-”

    “Non voglio che interrompa quello che potrebbe essere un momento molto felice per entrambi” Spike le leccò il segno del morso e le pizzicò il capezzolo. “A che ora di solito va via per il lavoro?”

    “Intorno alle otto”

    Spike alzò la testa dal cuscino per scrutare l'orologio digitale che riposava sopra il comodino di Buffy. “Circa un'ora”

    “Potrebbe essere più tardi oggi”

    “Oh?”

    Buffy ghignò, soffocando una lenta risatina. Avvolse le dita attorno al polso di Spike e, non molto sottilmente, tentò di guidare la sua mano di nuovo al suo centro. Per fortuna, il suo vampiro non era il tipo di ragazzo che aveva bisogno di molta persuasione. Senza creare qualcosa che sembrasse una lotta, fece scivolare due dita dentro la sua umidità dolente, il pollice che le trovava di nuovo la clitoride. Ci vollero alcuni secondi di squisito tormento prima che lei ricordasse che lui le aveva fatto una domanda.

    “L-lei h-ha b-bevuto” balbettò, spingendosi contro la sua mano disperatamente. “M-molto”

    “Mmm” rifletté Spike, il cazzo che scivolava di nuovo tra le sue gambe, massaggiandole la fessura bagnata con una noncuranza che le fece pensare che lui fosse solo per metà consapevole di cosa stesse facendo. “Perché?”

    “X-Xander”

    Poteva praticamente sentirlo inarcare il sopracciglio. “Beh” replicò lui, “non è che non possa capire perché il tuo stupido di un amico possa spingere una donna a bere, ma-”

    “C'è stato un... un incantesimo”

    “Mmm?”

    “Ieri. Xander... per Cordy. Lo ha... fatto amare... dalle ragazze”

    La sua testa vellutata scivolò dentro di lei come se avesse una mente tutta sua. “Ragazze?” replicò lui, il tono intenzionalmente neutro. “Tu-?”

    “Yeah-huh” Buffy buttò la testa all'indietro contro di lui e sospirò quando lui fu finalmente collocato del tutto dentro di lei, le sue pareti vaginali che si fissavano forte attorno a lui, determinate ad attirarlo più dentro al suo corpo di quanto fosse possibile. Questa era la completezza; questo era l'essere intero. Era così vuota quando lui non era con lei. “Incantesimo d'amore. Andato. Male.”

    “Il segaiolo ha fatto un incantesimo d'amore?”

    “Solo...uno...piccolo”

    L'incisività pericolosa nella voce di Spike le disse chiaramente che doveva chiarire prima che rischiasse di mettere in pericolo la vita di Xander. Il corpo di lui si tese, e senza avviso le immersioni del suo cazzo dentro la sua fica divennero primitive e disperate. Le obiezioni e le preoccupazioni che avevano vissuto sulla sua lingua solo pochi minuti prima erano morte completamente. La stava marchiando come sua – strofinandole la clitoride e mordicchiandole un sentiero umido lungo il collo. Dio, la stava facendo a pezzi e rimettendo insieme, e lei ne amava ogni secondo.

    “Non era per me!” chiarì lei, sebbene il suo corpo si stesse sciogliendo in un lago di piacere senza fine. Uno Spike geloso avrebbe potuto alzare la testa ogni giorno. Lei amava sapere che poteva renderlo così. Era sbagliato e degradante ma onestamente non le importava un accidenti. Spike la voleva – lui voleva che fosse tutta sua. E questo era più che giusto per lei. “Io... sono caduta... nel fuoco incrociato”

    “L'idiota fa meglio a tenere il suo fuoco incrociato lontano dalla mia donna”

    A questa velocità, non le sarebbe importato se sua madre si fosse precipitata dentro con Giles, suo padre, e il prete locale a rimorchio. Spike stava imponendo il suo marchio, e lei era più che disposta a farsi imporre.

    Il che, si, era ironico. Avrebbe rimuginato su quel particolare pensiero una volta che la nebbia si fosse alzata. Una volta che la beatitudine perfetta non le stesse rivoltando gli interni in poltiglia.

    “Del tutto lontano”

    “Tu sei mia, Buffy”

    Lei annuì furiosamente, spingendosi contro di lui, determinata a ricatturare il suo cazzo ogni volta che lui scivolava fuori dal suo corpo. Non c'era motivo di combatterlo, se mai ci fosse stato. Tutto di lei era perso a lui. Completamente perso. Lui stava martellando in lei, il viso nascosto nell'incavo della sua gola mentre le dita le massaggiavano la clitoride così rudemente che lei sentì la pelle diventare intorpidita. Era forte e veloce – gli schiaffi dei loro corpi andavano verso un crescendo che simile avrebbe fatto tremare i muri. Lei sentì tutto. Sentì i suoi respiri irregolari e non necessari contro la sua pelle. Sentì il colpo delle sue palle contro la sua carne zuppa ogni volta che lui si spingeva dentro di lei. Le molle del suo letto stavano sbuffando e la sua testata stava facendo rumori contro il muro che non aveva mai fatto prima. Sarebbe dovuta essere spaventata o almeno un po' terrorizzata, ma tutto quello che poteva mettere insieme era un rantolo del suo nome.

    Perché lei era sua. Era completamente sua.

    Una indeterminata quantità di tempo dopo, erano sdraiati fianco a fianco sul materasso ben amato, boccheggiando per l'aria e fissando il soffitto. Questo era dove le buone intenzioni andavano a morire.

    Spike ghignò, puntellò un braccio dietro la testa e strascicò orgogliosamente, “Non c'è nessun maledetto modo che non abbia sentito questo”

    Buffy fece una smorfia e si asciugò il sudore dalla fronte. “Io...unhnnah”

    Okay, così non c'era davvero motivo che cercasse di parlare. Era solo imbarazzante.

    “Urli come una maledetta banshee, amore”

    Il calore le bruciò le guance, ma non c'era nessun posto dove nascondersi – così era, a meno che volesse nascondere il viso nel suo torace. E mentre qualcosa le diceva che a lui non sarebbe dispiaciuto così tanto, avrebbe sconfitto lo scopo. Invece, aspettò che il suo cuore palpitante rotolasse ad un ritmo calmo e stabile e che i suoi respiri ritornassero normali piuttosto che schiaccianti per i suoi polmoni.

    “Amo svegliarmi con te” mormorò Spike dopo alcuni silenziosi secondi, le dita che si intrecciavano con le sue. “Non voglio andare via”

    Calore la inondò dalla testa ai piedi, ma non rispose. Come avrebbe potuto rispondere? Anche sdraiata accanto a lui nel suo stesso letto, circondata dalle sue cose e chiusa dall'apparente sicurezza dei suoi muri, si sentiva completamente in suo dominio. La consapevolezza la lasciò precariamente speranzosa. Gli aveva detto di amarlo un centinaio di volte. Spike sapeva che il suo cuore apparteneva a lui; sapeva che era completamente sua. Ed era qui, rannicchiato al suo fianco nel delizioso post del loro fare l'amore. Non sapeva cosa si era aspettata dal loro mattino dopo; diavolo, la maggior parte di lei si era aspettata che Spike scomparisse prima che lei si svegliasse.

    Abbastanza sorprendentemente, non ricordava di essersi addormentata. La sensazione delle sue braccia attorno a lei, le mani che le accarezzavano il corpo, esplorandole i seni e affondando tra le sue cosce, era rimasta con lei per tutta la notte. Aveva pensato di star sognando. Aveva pensato che tutto fosse stato un sogno.

    “Siamo tornati diretti, sai” disse Spike piano, stringendole la mano. C'erano volte in cui lei era certa che lui potesse leggerle la mente. “Il secondo in cui ci siamo addormentati, eravamo di nuovo nella stanza”

    Buffy sbatté gli occhi. Forte. “Davvero? Io non... io non ricordo...”

    “Siamo saltati da questo letto a quell'altro. L'ho saputo il secondo in cui non ho più potuto odorare la tua stanza”

    Il suo naso si arricciò e lei voltò la testa per guardarlo, inarcando un sopracciglio. “La mia stanza odora?”

    Spike ghignò e le baciò la punta del naso. “Tu. Il tuo odore è dappertutto in questa stanza. Un uomo potrebbe morire felice qui. Lo sapevo il secondo in cui mi sono addormentato perché la stanza non odorava più di te” Si fermò pensierosamente. “Ma tu eri ancora con me. Eravamo ancora... insieme. Solo... immagini non ci fosse motivo di entrare nella stanza dato che eravamo insieme anche qui fuori”

    Buffy corrugò la fronte e rimuginò su quello che lui stava dicendo. Non c'era niente riguardo quella sistemazione che aveva un po' di senso per lei. “Cosa pensi che sia?” chiese lei piano. “Noi siamo... qualsiasi cosa che ci teneva... con il... cosa pensi che sia?”

    “Brillante”

    Un sospiro esasperato le rotolò attraverso il corpo. “Spike-”

    “No, gattina. Dico sul serio” Lui inalò bruscamente e si voltò affinché fosse appollaiato sul fianco, la guancia appoggiata contro il pugno chiuso e gli occhi che bruciavano nei suoi. Lui la guardò per un lungo, silenzioso battito, poi tentativamente alzò la mano verso la sua pelle, le dita arricciate che correvano lungo la lunghezza del suo stomaco. “Tu... So di essere stato un idiota insensibile quando questo è iniziato. E Cristo, Buffy, non mi perdonerò mai per questo. Mai. Ti ho trattato come una... Sono stato così maledettamente orribile con te. Ma tu sei qui. Dio, sei ancora qui”

    Lei tremò, la mente che balenava indietro senza volerlo alla notte della loro prima vera esplosione. Ritornava ad Ottobre, dopo il più bizzarro Halloween che avesse mai conosciuto, quando Spike l'aveva spinta a terra e le aveva scopato la bocca. Era stato così arrabbiato con lei. Così furioso. E ora era nel suo letto, ad accarezzarle la pelle come se lei fosse qualcosa di prezioso. A penetrarla con occhi intenti ad adorarla.

    Così tanto era cambiato. Così tanto era passato tra loro. Così tanto.

    “Non sapevamo cosa fossero” mormorò Buffy, la voce morbida e il tono indulgente. “I sogni. La ragione per cui noi eravamo... insieme. Ancora non la sappiamo”

    “Io avrei dovuto” insistette Spike piano, un brivido gli reclamò il corpo mentre si appoggiava all'indietro contro il materasso. “Io avrei dovuto saperlo immediatamente”

    Lei corrugò la fronte. Aveva la distinta sensazione che non stessero più parlando della stessa cosa. “Noi... Non capisco”

    “L'ho desiderato”

    Le parole erano così semplici. Così sconvolgentemente semplici. Le mormorò come se non significassero niente. Come se una tale rivelazione non le avrebbe rubato l'aria dai polmoni o avesse fatto tremare le sue ossa. All'inizio, pensò che doveva averlo sentito male. Non c'era modo che lo Spike che aveva conosciuto all'inizio avesse mai voluto qualcosa del genere. Lo Spike che aveva conosciuto all'inizio la odiava, per non parlare di questa cosa pazza che condividevano. Lo Spike che aveva conosciuto non avrebbe mai desiderato questo. Neanche in centinaia di anni.

    E tuttavia, guardandolo, avrebbe quasi potuto credere che lui dicesse sul serio.

    “Tu cosa?” chiese lei in maniera ineloquente.

    Spike stava fissando attentamente il soffitto, le dita avvolte attorno alle sue ancora una volta. L'aria tra loro era diventata così immobile che sembrò quasi fragile.

    “L'ho desiderato” replicò lui piano. “La prima notte. Cristo, eri così magnifica. Il modo in cui ti muovevi...”

    Buffy si mosse a disagio. Ricordava la prima notte in cui l'aveva visto. Dio, il suo corpo ancora formicolava al pensiero di cosa lui avesse visto prima di osservare il suo polverizzare del vampiro nel vicolo. Aveva ripetuto quella notte più e più volte da quando i sogni erano iniziati; ora sapeva che la voce che l'aveva spinta fuori era quella di Spike. Spike che annunciava che qualcuno nel vicolo stava venendo morso. Non l'aveva confrontato con questa conoscenza, ma sapeva che era lui. E sapeva che l'aveva messo in scena solo per vedere come lei si muovesse.

    Buffy lo conosceva bene abbastanza da capire il suo modo di pensare adesso. Lui l'aveva vista ballare con i suoi amici. E se lei si conosceva, probabilmente stava recitando la parte della ragazza difficile-da-catturare-ma-in-apparenza-facile. A Buffy piaceva fingere di non notare quanti uomini la guardavano mentre ballava, ma non era stupida. Aveva già usato il suo corpo a suo vantaggio per far impazzire Angel per quando incontrò la prima volta Spike, e l'aveva fatto ballando con Xander.

    Se lei stava ballando, Spike l'avrebbe notato. Lui era stato lì. L'aveva vista.

    “Se stai parlando del Bronze-” iniziò lei, solo per essere interrotta da un cenno scocciato.

    “No, sebbene fossi abbastanza incredibile anche allora” Si voltò verso di lui con un'occhiata maliziosa di chi la sapeva lungo. “Ma quella non è stata la nostra prima notte, passerotto. Quello è stato uno stuzzichino. Uno stuzzichino fottutamente delizioso, ma non la nostra prima notte. La nostra prima notte è stata alla tua scuola. Quando ti ho toccata per la prima volta. Quando ho visto i tuoi occhi e... Dio, ho desiderato questo. Eri così calda e luminosa e viva. Non eri simile a niente che avessi mai visto o toccato. E ti volevo. Volevo una possibilità di toccarti così” Senza avviso, lui fece scivolare una mano sotto la coperta e le prese a coppa un seno. “Volevo... assaggiarti così. E mi odiavo per questo. Si supponeva avessi la perfezione con Dru, ma non era così. Non conoscevo cos'era la perfezione fino a quando ti ho conosciuta. Quindi si, amore. Ho desiderato questo. Non volevo volerlo, ma l'ho fatto. E quando noi... quella prima notte... quando tu eri lì... Dio, non sapevo come reagire. Non l'ho saputo per lungo tempo. Fino a quando ho capito che ti stavo facendo del male. Fino ad allora io...” Si interruppe, le parole che prendevano una nuova vita di loro volontà. Lei non capì di star trattenendo il fiato fino a quando lui iniziò a parlare di nuovo. “Mi hai rovinato, gattina”

    Buffy si morse il labbro. “Io non intendevo-”

    “E non mi importa” Lui scosse la testa e sorrise con gentilezza. “Mi hai rovinato e non mi importa. Vivo per sognare ora”

    Il respiro di lei si bloccò e i suoi occhi divennero di nuovo lucidi per le lacrime. D'un tratto, le nuvole si diradarono e la luce verso cui lei si stava allungando improvvisamente le baciò la punta delle dita. Il suo corpo si riscaldò per l'esaltazione. Il lucchetto che sentiva così saldamente legato sul suo futuro fu bruscamente slegato, e lei pensò di aver visto qualcosa nei suoi occhi. Qualcosa oltre la lussuria. Qualcosa oltre quello che le aveva dato.

    Qualcosa che avrebbe quasi potuto credere...

    “Spike...”

    Lui si piegò e le sfiorò gentilmente le labbra con le sue. “Buffy, io-”

    La stanza esplose con diversi colpi bruschi alla sua porta chiusa, facendoli saltare entrambi e spalancare per paura gli occhi di Buffy.

    “Oh Dio-”

    “Buffy?” chiese sua madre, la voce smorzata attraverso la porta. “Sei sveglia?”

    A quanto pare nessuna quantità di alcol assorbito avrebbe impedito a Joyce di seguire la sua normale routine.

    Lei era raggelata. Assolutamente raggelata. La sua mente corse e il sangue le pompò ma non riusciva a muoversi. Spike era allo stesso modo intontito, la sua mano le strinse la sua così stretta che lei rimase sorpresa di riuscire ancora a sentirsi le dita. La sorprese; non pensava che lui sarebbe stato uno a cui importasse in un modo o nell'altro se sua madre li beccasse a letto insieme nudi, ma sembrava completamente atterrito.

    Era il peggior momento possibile, ma Buffy si ritrovò involontariamente sopraffatta dall'amore.

    “Dolcezza” la spronò lui piano – così piano che lei a mala pena lo sentì. “Rispondi alla signora”

    “Buffy?”

    Buffy si schiarì la gola, la mente che tornava in sé. “Sono sveglia” disse, gli occhi che si spalancavano di colpo quando sentì quanto rauca fosse la sua voce. Santo Dio, sembrava che le stesse venendo l'influenza. Forse Joyce non l'avrebbe notato.

    Nessuna fortuna. “Tesoro, ti senti bene?”

    “Bene. Sto bene. Mi sto alzando adesso”

    “Inizierò la colazione”

    Buffy sedette immobile fino a quando sentì sua madre allontanarsi dalla porta, e fu leggermente divertita quando sentì Spike emettere un respiro non molto necessario. Quando si voltò a guardarlo, lui era anche più pallido del solito.

    “Maledetto inferno” disse lui senza spinta. “Te lo dico, gattina...”

    Lei fece scattare un sopracciglio soddisfatto. “Sei spaventato da mia madre”

    Spike scosse la testa, non offrendo scuse. “L'ultima volta che ho visto la donna, era in piedi sopra di me con un'ascia a rimorchio. Non sono in attesa di cosa avrà da dire se mi becca a sporcare la virtù di sua figlia”

    “Io sono di buon grado sporcata”

    “Non fa neanche un po' di differenza, gattina. Non per le mamme” Lui si tirò a sedere e aggrottò la fronte alla luce solare che colpita i piedi del letto. “Faresti meglio a trotterellare di sotto. Forse potresti sgraffignarmi uno spuntino già che ci sei” Lui scrollò le spalle senza scusarsi quando lei lo guardò cupa. “Cosa? Andrai lì sotto comunque” osservò lui.

    “Spike-”

    “Faresti meglio ad andare ora, amore. Anche se riuscissi a farcela fino all'armadio prima che lei piombasse qui dentro per vedere cos'era l'arresto, la tua stanza odora di alto paradiso del sesso. Saprebbe che qualcosa è successo qui in un attimo”

    Lei non sentiva niente, ma sarebbe potuto essere dovuto al fatto che era stata nella stanza tutta la notte ed era diventata immune a qualsiasi odore indugiasse nell'aria. “Non sapevo che il sesso avesse un odore” disse lei onestamente. La stanza di sogno non aveva mai odorato. Non uno che lei aveva notato, comunque. Ma poi lei non era troppo occupata con il suo naso quando era con lui – a meno che non stesse considerando di sottolineare quanto buono lui odorasse.

    Spike ghignò e la baciò. “Sei adorabile. Vai.”

    Buffy roteò gli occhi ma non poté nascondere il suo sorriso. Una felicità come niente che avesse mai sentito prima si stava gonfiando in lei, e non poteva trattenersi. “Sei davvero così spaventato da mia madre?” chiese, buttando le gambe oltre il lato del letto e lanciando via la coperta. Era imbarazzata ma si forzò di ignorarlo. Spike l'aveva vista nuda un centinaio di volte. Aveva esplorato ogni sfaccettatura del suo corpo con mani e bocca; non c'era rimasto niente per lui da guardare.

    Ma allo stesso tempo, non era mai stato così. Non era mai stata nuda con lui nella morbida luce del mattino. Non si era mai svegliata con lui accanto a lei. Non aveva mai avuto un mattino dopo. E la conoscenza di Spike del suo corpo non impediva ai suoi occhi di indugiare in occhiate libertine della sua completa gloria nuda. Lui ebbe anche l'audacia di mettere il broncio quando lei scivolò dentro un paio di pantaloni di pigiama di flanella.

    “Preferirei avere le mie parti maschili intatte e capaci di servirti ogni volta che vuoi essere servita” replicò lui, e le ci volle un minuto per ricordare che gli aveva fatto una domanda. “In più speravo che mi avresti lasciato restare oggi”

    Buffy si fermò, la camiciola che era nel corso di far scivolare sospesa goffamente attorno ai seni. “Rimanere?”

    Lui ghignò senza rimorsi, la lingua che faceva un numero coi suoi denti che doveva essere dichiarato illegale. Cosa riusciva a farle senza toccarla – cosa riusciva a farle con un semplice sguardo – era assolutamente peccaminoso. “Penso che possa convincerti a marinare la scuola?” fece le fusa lui. “Il sole è fuori, passerotto. Sono bloccato qui tutto il giorno. Non vuoi che mi annoi, vero?”

    Buffy deglutì. Forte. “Beh” disse lei lentamente, sistemando la camiciola, “Io mi sento un po'... malata”

    Lui ghignò. “Si?”

    “Anche mamma ha detto così”

    “E' quello che ti fa trattenere le urla. Ancora non capisco come lei non abbia-”

    “Mamma più alcol uguale morta per il mondo” argomentò lei con una scrollata di spalle. “Credimi; ho vissuto attraverso il Grande Divorzio del '96. E per quanto forte mia mamma ci ha provato con Xander, ha bevuto tanto”

    Spike inarcò un sopracciglio. “Ci ha provato con Xander?”

    “Te l'ho detto. Incantesimo d'amore andato storto. L'intera stupida città ci ha provato con Xander” Buffy alzò una mano. “Si, anche io. No, come ho detto, non è successo niente. È stato molto signorile a dire la verità. Una volta che ha capito che io ero... tutta posseduta dall'incantesimo d'amore, ha rifiutato di venirmi vicino” Lei corrugò la fronte. “Ma a quel punto era inseguito da tutti. E Willow aveva un'ascia”

    “La rossa?”

    Lei annuì.

    Spike fischiò. “Adesso questo è un pensiero spaventoso”

    Buffy rise compiaciuta e annuì. “Lo dici a me” Si voltò verso la porta, prestando un veloce sguardo al suo riflesso e trasalendo di fronte allo stato arruffato dei suoi capelli. “Probabilmente dovrei sistemarli prima che vada giù”

    “I tuoi capelli da appena stata scopata? Li trovo piuttosto attraenti”

    “Mia madre non lo farà”

    “Il che è perché dovresti sistemarli”

    Buffy ghignò di più e si piegò su di lui, sfiorandogli le labbra con le sue. Sembrava così naturale – svegliarsi accanto a lui. Parlargli mentre si vestiva. Baciarlo per augurare buongiorno. Lo voleva per sempre. Voleva che durasse.

    Voleva mandare maledettamente via da casa sua madre così che potesse saltare sulle ossa del suo vampiro. Il mondo doveva obbligarsi ad andarsene fino a quando non ci fosse stato lei, un letto, e l'uomo che amava.

    Che il resto fosse dannato.

    *~*~*


    Sorprendentemente, sua madre non aveva davvero sentito niente. Neanche un accenno. Non la scorsa notte e non questa mattina. La loro conversazione durante la colazione era stata tesa e in qualche modo imbarazzata – Joyce per il suo disagio riguardo quello che era accaduto con Xander, Buffy per la consapevolezza che aveva un vampiro molto bollente e molto nudo che la aspettava di sopra.

    Ad un certo punto mentre discutevano del piacevole tempo di Sunnydale lei riuscì a convincere la madre che si, si sentiva un po' disgustosa, e a causa della suddetta vergogna di Joyce, lei concordò di lasciare rimanere a casa Buffy senza nessuna discussione.

    Come stavano le cose, Joyce non poteva uscire di casa abbastanza velocemente.

    Il che andava bene per Buffy, perché non poteva andare di sopra abbastanza velocemente.

    Non sapeva cosa aspettarsi quando ritornò nella sua stanza, ma non era di vedere Spike seduto sul bordo del letto, nudo e che si accarezzava il cazzo eretto con occhi che le dicevano che l'aveva trovato esattamente come lui si era aspettato che lei facesse.

    Buffy si bloccò nel vano della porta, la gola improvvisamente secca.

    “Siamo soli?” chiese Spike, la voce resa ruvida dall'eccitazione.

    Lei annuì scioccamente mentre i suoi occhi cadevano sui movimenti ipnotici della sua mano. Non aveva mai visto niente di così bollente. Così naturale. Spike, l'uomo che amava, seduto nella sua stanza – sul suo letto – che pompava il suo cazzo senza vergogna.

    “Non preferiresti che lo facessi io per te?” Gli occhi di Buffy si spalancarono il secondo in cui le parole le rotolarono via dalle labbra. A mala pena riconobbe la sua voce; non c'era modo che appartenesse a lei. Non era una donna lasciva; non era il tipo di persona sessualmente sicura di sé. Non importava quanto lo amasse o quanto avessero già condiviso. La sua sicurezza non era così forte; qualcosa l'aveva completamente posseduta.

    Non qualcosa. Spike. Spike l'aveva posseduta.

    Dio.

    “Cosa pensi?” disse lui con voce roca, le dita che giocavano lungo la sua lunghezza. “Vieni qui, gattina”

    Lei iniziò ad andare avanti, solo per essere fermata da una mano alzata.

    “La tua maglia”

    Buffy sbatté gli occhi e si guardò in basso, un lento ghigno le si allargò sul viso. Forse questa cosa del potere era un vantaggio. Al momento Spike stava ansimando forte abbastanza da farle credere che avesse davvero bisogno dell'aria che risucchiava inutilmente nel corpo.

    “Vuoi che me la tolga?” replicò lei, questa volta forzandosi a non fermarsi in modo imbarazzato per il tono dichiaratamente sessuale della sua voce. Non c'era niente di male in questo. Niente di male affatto. Con Spike, poteva essere sessuale quanto voleva. Lui non l'avrebbe derisa. Non avrebbe roteato gli occhi e fatto una battuta sprezzante. Le sue reazioni a lei erano così forti; così vivide. E dallo loro prima notte insieme – la prima notte in cui avevano fatto veramente l'amore – lui non era stato altro che meraviglioso.

    Spike annuì con entusiasmo, gli occhi concentrati sui seni coperti dal cotone. “Voglio vedere le tue tette” per poco ringhiò, la mano al suo cazzo che tirava con rinnovato fervore. “Per favore, Buffy...”

    “Le hai viste questa mattina” gli ricordò lei, prendendo a pugno il materiale della camiciola e mettendosi tra le sue gambe. Riuscì appena a nascondere il suo ghigno di fronte al lamento di lui. “Non sono così eccezionali”

    Spike sollevò un sopracciglio. “Così dici tu. Sono... deliziose”

    “Sei proprio un ragazzo”

    “Beh, si. Ora dammi le tue tette”

    “Sono troppo piccole” protestò lei.

    Lui le fornì un'occhiata con occhi stretti. “Più di una boccata è uno spreco” replicò lui. “Vorresti che te lo dimostrassi?”

    “Spike-”

    “Buffy, per favore... liberati della maglia”

    Il calore le tinse le guance, ma era impotente nel resistergli. Buffy inalò bruscamente e con lentezza alzò la camiciola sopra la testa, scoprendo i seni al suo sguardo affamato. Spike la fissò impenitente per diversi lunghi secondi prima di alzare gli occhi verso i suoi ancora una volta, un ghigno dissoluto che gli allungava le labbra. Poi si piegò e favorì ad uno dei suoi capezzoli dolenti una lunga leccata.

    “Come dicevo” mormorò, sorridendo largamente per il gemito in risposta di lei, “deliziose”

    Sarebbe dovuta essere vergognosa di quanto forte stesse tremando, ma non lo era. Era inutile tentare di nascondere la reazione del suo corpo, specialmente con la bocca di Spike che le succhiava i capezzoli con attenzione con premura alternata. Le prese a coppa i seni e premette la sua scollatura insieme, lappando le sommità dei suoi globi di carne con un gemito di apprezzamento.

    “Sei così perfetta” sospirò Spike, tirando uno dei suoi capezzoli con i denti, e mandandole shock di piacere bollente legato a dolore attraverso le vene. La liberò con una leccata appassionata, voltando la sua attenzione al seno trascurato. “Così maledettamente perfetta”

    “Non è vero”

    “Si che è vero. Non discutere con me”

    Buffy arrossì, la mano che si allungava in ritardo verso il suo cazzo. Gemette quando lui gemette alla sensazione di sé contro il suo palmo. E molto velocemente, lei realizzò che accarezzarlo non sarebbe stato abbastanza.

    “Spike...”

    “Dio, Buffy...”

    “Lascia andare”

    Com'era possibile per un uomo mettere il broncio mentre succhiava i capezzoli di una donna, lei non lo sapeva. “Perché?” domandò lui attorno ad una boccata di seno.

    Buffy deglutì forte. Mettere in parole le sue intenzioni non era ancora il suo processo forte. “Vedrai”

    Per qualsiasi ragioni, si era aspettata una lotta e non era sicura se essere o meno solleva o delusa quando lui la liberò. Non ci si lasciò rimuginare sopra altrimenti avrebbe perso coraggio. Invece cadde senza cerimonie in ginocchio, appollaiata tra le sue gambe e a livello di sguardo con il suo cazzo.

    Spike succhiò dentro un respiro. “Buffy?”

    Lei ghignò con una sicurezza di sé che non sentiva, le dita che circondavano la base della sua erezione, la mano sinistra che scivolava verso l'alto per prendere a coppa i suoi testicoli. Amava il morbido peso di lui nel suo palmo. Il modo in cui rabbrividiva al minimo tocco. Il modo in cui i suoi occhi la inghiottivano per l'attesa e il desiderio. Non c'era niente così nel mondo, e se avesse avuto cento anni con lui, non se ne sarebbe mai stancata.

    “Mi stavo domandando” si sentì dire, cercando disperatamente di ignorare quanto forte il suo cuore stesse martellando, “se sai di buono qui come lo sei nei sogni”

    Spike la guardò apertamente come uno sciocco, in apparenza molto preso alla sprovvista dalla sua sfacciataggine. Quello andava bene. Era piuttosto sbalordita lei stessa.

    “Buffy-”

    Se avesse esitato un secondo di più avrebbe perso il coraggio. Buffy affondò la bocca e attirò la sua testa sensibile tra le labbra, l'indice che tracciava un lungo, stuzzicante sentiero dalla radice alla punta.

    “Oh Dio” ringhiò Spike, le dita che si intrecciavano tra i suoi capelli. “Oh mio Dio. Buffy!”

    Lei mormorò attorno a lui, spostando lentamente la sua lunghezza di più nella sua bocca. Lui sapeva di così buono. Così buono. Così completamente maschile. Così suo. Proprio ora, proprio qui, lui era suo. E lei lo amava. Amava la sensazione della sua pelle contro la lingua. E sebbene fosse sciocco e il completo opposto di qualsiasi cosa somigliante al femminismo, la sensazione di essere riempita da lui, di dargli qualcosa senza chiedere niente in cambio, la commosse oltre la vergogna. Gli avvolse la lingua intorno, determinata ad esplorare ogni delizioso centimetro mentre lo succhiava in profondità. Per esperienza sapeva che non sarebbe stata in grado di prenderlo del tutto. Era troppo largo e lei era così piccola. Forse con un po' di pratica sarebbe stata in grado di allentare la gola per l'opera, ma onestamente, Buffy amava la sensazione di averlo sia nella bocca che nella mano allo stesso tempo. Amava il modo in cui poteva succhiarlo mentre gli stringeva le palle e accarezzava la parte del suo cazzo che non riusciva a mandar giù. Amava i piagnucolii armoniosi che lui emetteva in aria e il modo in cui i suoi fianchi spingevano in avanti, cercando di reclamare di più della sua bocca. Cercando di reclamare tutto.

    Non avrebbe potuto conquistare quello che già aveva vinto.

    “Oh mio Dio” gemette Spike, le dita che le massaggiavano con amore lo scalpo, i respiri che gli rotolavano dalle labbra come piccole, sincere preghiere. “Tu...”

    Buffy incontrò i suoi occhi, la pelle bruciante. Mai nella sua vita aveva pensato che avrebbe guardato un uomo da quella posizione. Mai aveva pensato che sarebbe stata coraggiosa abbastanza o che avesse abbastanza amore per un uomo da prenderlo nella bocca. E guardarlo mentre la guadava, mentre i suoi occhi si annebbiavano per la passione e al suo nome veniva garantita nuova vita dalle sue labbra, lei trovò che stava cadendo ulteriormente nell'abisso da cui non desiderò mai di liberarsi.

    “Così bollente” boccheggiò lui. “Non hai idea di quanto bollente sia questo, vero? Guardare la tua bocca... mandarmi giù. Lecca la parte inferiore. Oh si...”

    La sua lingua corse diversi giri attorno alla parte inferiore del suo cazzo, gli occhi che rifiutavano di lasciare quelli di lui. “Così?” mormorò lei tra le leccate. “Ti piace questo?”

    “Dio, Buffy...”

    “A me piace questo” Lei sfiorò con un bacio bagnato la sua testa gocciolante, la mano alle sue palle gli favorì una tenera stretta. “Mi piace farlo per te”

    Una risatina strozzata gli si strappò dalla gola. “Sono il ragazzo più fortunato del mondo”

    “Dico sul serio”

    “Anche io, passerotto. Qualsiasi signore che finisce con una donna con il dono di succhiare il cazzo e il beneficio aggiunto di godersela-”

    Buffy lo liberò scioccata, mezza scandalizzata ma del tutto eccitata. “Ugh. Sei un tale...”

    “Ragazzo?” fornì lui ovvio.

    “Maiale!”

    Spike la guardò ammiccante. “Beh... si. Penso che questo sia coperto dalla cosa 'ragazzo'” Usò la sua presa sulla sua testa per dirigere di nuovo la sua bocca al suo cazzo, la punta serica implorava le sue labbra di entrare. “Sono uno sgradevole, rude figlio di puttana, piccola. E ho una dea ai miei piedi. Cosa deve fare un uomo con questo?”

    Lei sbuffò con un'aria di superiorità che non sentiva. I suoi interni stavano bruciando. Le sue parole. Il suo calore. Il suo amore per lui. Tutto stava giocando contro di lei. Non poteva fingere di essere offesa quando in tutta verità era eccitata. “Praticare del contegno?” offrì lei, la lingua che esplorava la fessura nella testa del suo cazzo, la mano avvolta attorno alla base che lo accarezzava con scrupolo. “Mmmm”

    “Oh cazzo”

    Amava le gocce di precoito che lui le forniva, e fece dei piccoli rumori gustosi per assicurarsi che il sentimento fosse trasmesso.

    E diavolo, fu trasmesso. Fu trasmesso così tanto che lui stava sgroppando sul materasso, il cazzo che spingeva disperatamente oltre le sue labbra e in profondità nella sua gola, afferrandole i capelli come se temesse di perdere l'equilibrio. “Non posso... non posso... contenere... quando tu... fai questi suoni”

    Lei ridacchiò attorno a lui, e le vibrazioni della sua bocca fecero solamente aumentare di volume e intensità i suoi gemiti.

    “Gesù, passerotto... dove hai... imparato-”

    Buffy fece scivolare le labbra bagnate su per la sua lunghezza di nuovo, prendendosi il suo dolce tempo, indugiando sulla punta ancora una volta solo per farlo impazzire. Gli stava bene. Sapeva esattamente doveva l'aveva imparato. Dove aveva imparato tutto. “Da te”

    “Oh... giusto”

    La sua voce era così lontana che lei quasi ridacchiò. Invece, la lingua indugiò in un lungo colpo alla sua fessura prima di prendere di nuovo completamente il cazzo nella bocca. Avanti e indietro, avanti e indietro, la mano avvolta attorno a lui copiava i movimenti mentre l'altra massaggiava a ritmo le sue palle. Lo sentì tendersi nel suo palmo. Sentì il suo corpo tendersi mentre i suoi ansiti pesanti raggiungevano il culmine. E seppe esattamente cosa lo avrebbe fatto andare oltre il limite.

    Lo succhiò più profondamente che poté – fino a che lo sentì sfiorarle il retro della gola – e iniziò a contrarre i muscoli attorno a lui. Deglutendo forte, con ardore, esigente. Voleva assaggiarlo così tanto. Qui, in un mondo non protetto da un velo di sonno. Voleva che esplodesse nella sua bocca. Voleva che perdesse il suo prezioso autocontrollo. Voleva che si perdesse del tutto.

    “Oh mio DIO!” urlò Spike, la presa nei suoi capelli divenne quasi dolorosa, ma lei la ignorò. Rimase concentrata sull'espressione aperta e disperata nei suoi occhi e l'involontaria spinta dei suoi fianchi. “Oh... cazzo... così buono. È così... piccola, sto per...”

    Lei gli strinse le palle ancora garantendogli in questo modo il permesso, e quello fu. Spike ruggì, il demone strappò la sua maschera umana mentre si riversava nella sua gola. E Dio, era delizioso.

    Okay, così non era la cosa migliore che avesse mai avuto in bocca. Non lo rendeva meno delizioso, e di sicuro non le sarebbe dispiaciuto farne un piacere quotidiano. Amava il suo sapore semplicemente per il fatto che era lui. Era Spike. Nella sua stanza. Nella sua vita. Nel mondo reale. Lui liberò un centinaio di elogi nell'aria, guardandola con occhi amorevoli mentre lei beveva tutto quello che lui aveva da darle.

    Buffy onestamente non aveva idea di quanto tempo fosse passato. Alla fine, il suo pene le scivolò fuori dalla bocca, ma non prima che lei lo onorasse di un altro morbido bacio. La sua testa trovò la coscia di lui, e lei si posò lì. Godendosi la tranquillità. Godendosi il modo in cui lui ansimava recuperando. Godendosi la tenera sensazione delle sue dita che le massaggiavano lo scalpo con distratta adorazione.

    Non era mai arrivata così vicina a sentire che lui potesse davvero amarla come lo era adesso. Seduta con lui, a condividere il piacere del suo orgasmo anche se la sua fica rimaneva zuppa e dolente per il suo tocco. I suoi bisogni non erano importanti ora. Aveva dato a Spike quello che voleva dargli.

    A quanto pare, comunque, Spike non aveva ricevuto il promemoria. Non ci fu avviso – niente che l'allertasse che lo stato d'animo era cambiato. Un secondo lui era seduto passivamente, e la cosa successiva che lei seppe, era lei quella sul letto. Era sulla schiena, le gambe in aria mentre lui le strappava via dal corpo i pantaloni del pigiama. Poi lui fu in ginocchio davanti a lei, allargandole le cosce.

    “Non mi hai portato la colazione” disse lui, quasi accusatorio.

    “S-scusa?”

    Spike annuì, le sue dita ansiose le allargavano le labbra della fica, scoprendo la sua clitoride gonfia e tenera al suo sguardo affamato. Il sorriso sul suo viso le disse in modo chiaro che aveva trovato qualcos'altro che avrebbe preferito mangiare.

    “Faresti meglio ad essere dispiaciuta” replicò lui, abbassando la teta. “Ho un appetito da lupo, amore. Potrebbe volerci un po' per riempirmi”

    La sua lingua si immerse nel suo buco zuppo senza avviso, spingendo una volta, due, poi leccando un sentiero umido fino alla sua clitoride. Poi la succhiò nella sua bocca e gemette, bagnandola e facendola sentire così stordita dal piacere che lei non realizzò di aver urlato fino a quando il fischio nelle sue orecchie non iniziò a svanire.

    “Spero non ti dispiaccia” mormorò lui, liberando la sua perla bisognosa con un tonfo umido. “Intendo mangiare a sazietà”

    Senza sorpresa, a Buffy non dispiaceva affatto. Non dispiaceva neanche un maledetto po'.

    *~*~*


    Fu una giornata come nessun'altra che avesse mai avuto. E per quando la notte iniziò a scendere, lei seppe che dire addio l'avrebbe fatta a pezzi del tutto.

    Come avrebbe potuto dividersi da lui ora? Ora quando l'aveva avuto nella realtà? Come avrebbe potuto tornare a com'erano state le cose? Come avrebbe potuto tornare ora che aveva assaggiato tutto?

    Come?

    “Non è per sempre, amore” le promise Spike, sebbene rifiutasse di incontrare i suoi occhi. “Noi... Angelus e Dru... li sconfiggeremo”

    “Davvero?” mormorò lei, sentendosi molto piccola. Stava cercando così forte di non guardare la finestra aperta. In secondi, lui avrebbe dovuto scivolare via dalla sua stanza e tornare nella notte, e lei non voleva pensarci. Voleva tenerlo qui. Voleva rivivere il giorno ancora ed ancora.

    Dio, dire addio la stava uccidendo.

    “Naturale che lo faremo” replicò lui. Poi fu in piedi proprio contro di lei, le dita sotto il suo mento e la guidò ad alzare gli occhi per incontrare i suoi. “Pensi che potrei tornare indietro? Te l'ho detto, amore... mi hai rovinato. Vivo per sognare. Continuerò a vivere per sognare. Dovrò farlo ora... solo fino a che potremmo avere questo”

    “Tu lo vuoi?”

    L'incredulità gli riempì gli occhi. “Buffy, per favore-”

    “Sempre? Dopo... dopo che è finito... tu vorrai ancora-”

    Le narici di Spike si allargarono. “Naturale che lo vorrò maledettamente. Naturale che lo vorrò. Ti amo maledettamente troppo per lasciarlo andare. Mi hai sentito? Io ti amo. Dio mi aiuti, Cacciatrice, io ti amo”

    E poi fu su di lei, a consumarle le labbra con le sue, ad inghiottire i suoi singhiozzi euforici mentre il corpo di lei si piegava contro il suo.

    I pensieri si intontirono. Il suo corpo esplose.

    Lui mi ama. Lui mi ama.

    Non ci nient'altro che potesse fare tranne che piangere mentre lui la baciava. Mentre lui le inondava il viso con le labbra e mormorava la sua confessione nei suoi capelli ancora ed ancora.

    “Ti amo. Ti amo, Buffy. Ti ho amato per così tanto...”

    Le sue braccia gli volarono attorno al collo. Non l'avrebbe lasciato andare. Non ora. Non mai. L'aveva appena trovato; non l'avrebbe lasciato. Non per sua madre. Non per Giles. Non per Angel. Non per nessuno.

    Questo era suo. Finalmente.

    Lei non lo avrebbe lasciato.


    TBC
     
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    Capitolo XIII

    Era difficile immaginare che ci fosse stato un tempo in cui lei non avesse visto l'ora di dormire, sebbene logicamente, Buffy sapeva che era successo. Ricordava bene l'agonia di solo poche settimane fa – raggomitolata con il suo cuscino ogni notte, le guance macchiate di lacrime e il buco nel cuore così profondo che il torace le doleva ad ogni respiro. Ricordava il dolore storpiante e gli strappi violenti di pianto. Ricordava il grigio. Ricordava lo squallido. Ricordava di pensare che non sarebbe mai finito, e che non avrebbe mai conosciuto la vita di nuovo senza un tale dolore.

    Ricordava; solo sembrava lontano anni. Sembrava un orrendo incubo. Qualcosa che non era davvero potuto succedere.

    Specialmente adesso.

    Spike l'amava.

    Una settimana era trascorsa dal giorno di San Valentino. Dal magico giorno che avevano trascorso a letto. La bruciatura di piacere del tocco di Spike doveva ancora scomparire, e sebbene ogni cellula del suo corpo dolesse per lui, sentiva finalmente di poter respirare liberamente. Ogni lacrima che aveva versato; ogni dolore che aveva sofferto; ogni male che aveva sopportato... era tutto dietro di lei. La sua angoscia si era trasformata in qualche modo in gioia. Lei lo vedeva quando dormiva. Era sempre lì. Sempre ad aspettarla.

    Sempre con amore negli occhi.

    E mentre le mancava averlo a portata di mano, allo stesso modo Buffy faceva tesoro dei sogni che condividevano. I sogni che le avevano dato tutto. Assolutamente tutto. E se i sogni erano tutto quello che aveva per ora, ne avrebbe goduto ogni minuto.
    “Dobbiamo stare attenti ora” aveva mormorato lui la prima notte. La prima notte con parole tra loro. I suoi ricordi avevano forma nuova dopo il giorno che avevano trascorso insieme. D'ora in avanti, la loro prima volta insieme sarebbe sempre coincisa con la prima volta che lei lo aveva sentito sussurrarle il suo amore. Quando le ombre che erano in agguato sul suo futuro erano state finalmente scacciate, e lei aveva saputo una volta per tutte che non era da sola in questo.

    La loro relazione a quel punto era stata turbolenta nella migliore delle ipotesi. C'era stato freddo e caldo. Lacrime e baci. Fare l'amore così crudele e appassionato che i suoi interni si scioglievano al solo pensiero. Era stato meraviglioso e straziante allo stesso tempo. L'aveva portata dov'era.

    Li aveva condotti alla loro prima notte. La prima notte di qualsiasi cosa il futuro gli avrebbe portato. Tutto quello che sapeva ora era che Spike l'amava. Lei era debitrice della sua felicità ai sogni. La cosa che una volta era stata una maledizione. La cosa senza cui sapeva non avrebbe potuto vivere.

    Specialmente quando non aveva nessuna idea quando l'avrebbe visto di nuovo.

    “Attenti?” replicò lei, accigliandosi verso di lui. Lui era sospeso sopra di lei sul letto, giocava pigramente con uno dei suoi seni e il suo cazzo duro le strofinava l'interno coscia con metodica lentezza che le diceva che lui sapeva esattamente cosa le stava facendo. “Perché?”

    “Angelus sa qualcosa”

    Un brivido freddo le controllò il corpo. “Sa?” ripeté lei, il cuore che improvvisamente galoppava. “Come-”

    Spike ghignò e le pizzicò un capezzolo, gli occhi larghi e bramosi quando lei gemette e si inarcò dal letto. “Non sa un cavolo di noi, dolcezza” disse lui facendo le fusa.

    “Hai appena detto-”

    “Sa qualcosa” chiarì Spike. “Non sa che diavolo farci. Non sa se significa qualcosa. Ti ho già detto che scommetteva sul fatto che ti stessi prendendo in giro, giusto?”

    Buffy si fermò pensosamente, e il battito di silenzio fu abbastanza per invocare un'ondata di panico dietro gli occhi del suo amante. Lei ghignò velocemente per scacciare le sue ovvie paure e alzò la testa per catturargli le labbra in un tenero bacio rassicurante. “Mi ricordo che me lo hai detto” replicò lei piano. “E so che non è vero”

    “Si?” replicò Spike nervosamente, le labbra che sfioravano le sue.

    “Tu mi ami”

    Era una cosa strana, dirgli quelle parole in faccia senza nient'altro che consapevolezza. Si era aspettata per lo meno un po' di paura, ma non ce ne fu nessuna. Non c'era paura da nessuna parte. Sapeva che lui non l'avrebbe rimproverata. Non si sarebbe ritirato e nascosto altrove fino a quando lei avesse iniziato a parlare di qualcos'altro. Lei aveva guardato i suoi occhi e aveva sentito la sua onestà. Aveva sentito il suo amore per lei in ogni tocco. Dietro ogni bacio. Il suo amore brillava ora e lui non faceva nessun tentativo di nasconderlo. E lei sapeva guardandolo che non c'era assolutamente nulla di cui avere paura.

    Un sorriso tenero gli tirò la bocca e lui la baciò di nuovo. Il suo sapore le faceva formicolare ogni nervo nel corpo. “Ti amo” mormorò lui. “Ti amo”

    “Ti amo anch'io”

    “Non lo sapessi” Lui ghignò e le mordicchiò scherzosamente le labbra. “Sei meravigliosa”

    “Non lo sono”

    “Oi! Sono io il tipo che è innamorato di te, quindi non discutere con me” Spike le pizzicò un capezzolo di nuovo con un incorreggibile sorriso compiaciuto. “Il punto è, gattina, sono tornato alla fottuta fabbrica imbevuto nel tuo odore paradisiaco. Eri dappertutto su di me”

    Il calore le riempì le guance. “Ummm... scusa?”

    Il calore che gli imperversò negli occhi le fece sciogliere gli interni in gelatina. “Non esserlo” replicò lui con voce roca. Lei rimase stupida dalla ricchezza di emozione nella sua voce; come riusciva a reagire con tale fervore alla minima insinuazione. Al più tranquillo accenno. “Non scusarti mai per questo. Non potevo lavarti via. È già stato maledettamente difficile lasciare il tuo fianco”

    “Ma se Angel sa-”

    “Non sa”

    La fronte di Buffy si corrugò. “Ma hai appena detto-”

    “Lui sa quello che pensa di sapere, gattina” replicò Spike, baciandole l'angolo della bocca per calmarla. “Ha capito quanto potrà mai capire. Sa di te... di te e del tuo... con me”

    Lei si irrigidì e fece del suo meglio per non sciogliersi quando le sue labbra le tracciarono lungo la gola. Per quanto assuefante fosse il suo tocco – per quanto lei amasse la sensazione dei suoi baci contro la pelle – sapeva che lei sue parole pesavano di più nel significato rispetto all'immediatezza del piacere. Spike era così certo che Angel non sapesse niente. Era così certo. Una certezza come la sua la spaventava. E ora che aveva tutto da perdere, Buffy non era dell'umore per scommettere contro le probabilità. Spike era con lei ora, ma se Angel era davvero al corrente di quello che accadeva sul serio, l'uomo che amava avrebbe potuto ritrovarsi nient'altro che un mucchio di polvere. Il solo pensiero le faceva rivoltare lo stomaco e dolere le cellule. Il solo pensiero avrebbe potuto ridurla in lacrime. Se Spike fosse stato eccessivamente sicuro di sé avrebbe potuto perdere la sua vita.

    E Buffy sapeva che lei non avrebbe mai recuperato. Non dopo questo.

    “Tu pensi davvero che sia tutto qui?” chiese lei piano, cercando e fallendo di trattenere un ansito quando la sua bocca le raggiunse il seno con cui lui stava giocando. Le succhiò un capezzolo dolente tra i denti, la mano che si voltava verso il seno trascurato mentre il ginocchio la convinceva a dividere le gambe per lui. “Tu...pensi...che lui...pensi solo che tu...stia giocando?”

    “Che ti stia fregando” concordò Spike, colpendolo il capezzolo con la lingua. “Che ti stia rendendo così bollente per me che l'uccisione sarà del tutto più dolce” Lui ghignò, gli occhi danzanti. “Sei tutta bollente per me, vero, gattina?”

    Lei boccheggiò e annuì forte prima che potesse trattenersi. Trattenersi non era una possibilità quando la sua bocca e le sue mani erano su di lei. Quando la dura lunghezza del suo cazzo le stava strofinando un sentiero sensuale contro la fica. Non arrivò neanche una volta vicino a penetrarla, e l'attesa dell'invasione del suo corpo fu quasi più dolce della cosa attuale. Quasi.

    “Tu non hai idea di quello che mi fai” mormorò Spike, la mano che le abbandonava il seno per scivolarle lungo l'addome. “Vederti così...”

    Buffy buttò la testa all'indietro e gemette. Che diritto aveva lui di stuzzicarla riguardo cosa lei gli facesse quando lui stava facendo del suo peggio per farla impazzire?

    “Spike...” si lamentò lei. “N-noi dovremmo...s-se lui sa-”

    “Non sa” I denti di Spike scivolarono lungo la tenera carne del suo seno. “Non sa, piccola”

    “C-come fai-”

    Le sue dita le sfiorarono la clitoride, la testa del suo cazzo scivolò tra le labbra della sua fica bagnata. Il suo corpo si divise per il piacere, il bisogno le comandava ogni nervo. Logica e ragione, in tali occasioni, diventavano di poco valore. Tutto quello che sapeva era che era stata un'eternità da quando lo aveva avuto dentro di lei. Qualunque cosa fosse nella sua mente avrebbe potuto aspettare. Avrebbe potuto. Aveva bisogno di lui come aveva bisogno di nient'altro.

    “Shhh” mormorò lui, le labbra che le tracciavano un sentiero umido tornando alla sua bocca. “Dimentica che l'ho accennato. Va tutto bene. Lascia solo che ti ami”

    Poi affondò fino alle palle dentro di lei, e tutte le preoccupazioni secondarie tremolarono via dall'esistenza.

    Quello era stato una settimana fa. Non avevano menzionato Angel da allora. Inoltre, Angel non aveva fatto capolino. La vita era continuata come aveva fatto; Buffy andò a scuola ogni giorno. Faceva il suo allentamento, faceva le ronde, impalettava i cattivi e andava a casa ad incontrare il suo amante nei suoi sogni. Molto spesso, trovava Spike seduto sul letto. Lui alzava lo sguardo il minuto in cui lei compariva nella stanza e la scioglieva con il suo sorriso. Cadevano l'uno nelle braccia dell'altro, mani in lotta per competere su chi avrebbe spogliato l'altro più velocemente.

    Le loro notti erano piene di gioia. Gli eventi che cadevano tra il sonno e il risveglio spesso calmi. Certo, ci sarebbero un vampiro o due. Vampiri che dicevano di essere messaggeri da parte di Angelus, ma mai l'uomo in sé. Buffy continuava ad allentarsi anche se solo per tenersi vigile, perfino mentre diventava sempre più compiaciuta di sé per lo stato tranquillo delle cose, sapeva che Angel non sarebbe rimasto in silenzio per sempre.

    Sapeva che stava aspettando il momento opportuno. Aspettava che lei diventasse del tutto sicura nella sua casa di vetro. Anche se non l'aveva mai visto, sapeva che era lì. Era sempre nell'ombra con una pietra in attesa nella sua mano.

    Spike scuoteva le sue fondamenta ogni notte. Le sussurrava parole che lei non aveva mai pensato di sentire da qualcuno. Amava il suo corpo come se fosse stato messo in questo modo per fare nient'altro. La teneva stretta mentre dormiva, e anche se doveva affrontare i mattini da sola, traeva conforto dalla consapevolezza che alla fine i suoi sogni sarebbero di nuovo stati realtà. La beatitudine che aveva avuto nel giorno di San Valentino un giorno sarebbe stata sua tutti i giorni. Sempre.

    Stavano solo aspettando che Angel facesse una mossa.

    Anche se se Angel non si fosse mosso presto, Buffy aveva ammesso in privato l'avrebbe fatto lei.

    *~*~*


    Il giorno successivo, Angel si mosse in modo grande.

    Buffy era ancora intontita quando arrivò nella stanza. Doveva ancora piangere sul serio. Le lacrime le avevano riempito gli occhi – lacrime di shock, lacrime di pura reazione – ma per qualche ragione si era ritrovata in un limbo fosco tra shock e devastazione. Non ricordava di essersi addormentata e non sapeva se era o meno grata quando la testa di Spike scattò in alto. Il sollievo più puro di qualsiasi cosa avesse mai visto gli si intrufolò negli occhi, e prima che lei sapesse cosa stava accadendo, lui era proprio contro di lei.

    “Stai bene?” domandò Spike, prendendole il viso nelle mani, le labbra che le sfioravano furiosamente con baci la pelle. “Sei bruciata? Ti sei ferita? Dimmi che stai bene!”

    Le ci vollero alcuni secondo perché i suoi pensieri afferrassero la realtà. La sua pelle era un po' bruciacchiata per la vicinanza del fuoco. Stanotte aveva visto Spike in carne – fiamme grandi come un blocco che li separavano. Aveva visto l'espressione sul suo viso e aveva sentito un impossibile brivido di freddo correrle lungo la spina dorsale quando i loro occhi si erano scontrati. Era stato velocemente spinto via da Drusilla, e la distanza tra loro era sembrata infinita.
    Aveva forzato i suoi pensieri lontano da Spike quasi immediatamente. Non era andata alla fabbrica per vedere lui. Era andata per impedire l'attacco suicida di Giles. E tuttavia, vedere l'uomo che amava così chiaramente schierato con i vampiri responsabili del dolore del suo padre surrogato – per il buco nel mondo dove una volta viveva Jenny Calendar – le aveva fatto più male che uno dei colpi che Angelus le aveva inferto stanotte.

    “Dimmi che stai bene, Buffy. Giuro maledettamente-”

    Le labbra di Buffy si divisero, il suo istinto dominante si lanciò immediatamente a rassicurare, ma nessun suono venne fuori. Non poteva dirgli che stava bene – non quando sapeva che stava tutt'altro che bene. Una donna era morta a causa sua. Una donna che il suo osservatore amava. Una donna che Buffy conosceva e vedeva ogni giorno. Una donna il cui più grande peccato era stato nascondere il suo vero nome e scopo nella speranza di prevenire che succedesse la precisa cosa che era successa.

    Jenny Calendar era morta, ed era tutta colpa sua.

    “Lo sapevi?” domandò Buffy, le lacrime che alla fine si versarono. Non sapeva come o perché succedesse ora – perché ci era voluto vedere Spike per far crollare la sua diga interna – ma senz'avviso, stava piangendo forte, grosse lacrime le chiazzavano le guance senza nessun controllo. “Tu-”

    “No”

    Era la risposta che si era aspettata – la risposta a cui credette – ma per una qualsiasi ragione, il suo umore non fu pacificato dalla sua rassicurazione. D'un tratto si sentiva come se fosse in piedi sull'orlo di un canyon e i suoi nervi erano deboli abbastanza da provocare un salto. Niente di quello che sapeva aveva più senso. Un amico era morto. Qualcuno che conosceva. Non un nome senza volto nell'obitorio. Qualcuno che lei conosceva. Un insegnante. La ragazza di Giles.

    “Davvero?” urlò Buffy, logica e oltraggio si scontrarono in un'esplosione di furia senza senso. “Lo sapevi? Lo sapevi?”

    “No” ripeté Spike con calma, alzando le mani.

    Lei lo sentì ma le parole non furono registrate. E in quel momento, il viso dell'uomo che amava si dissolse in qualcosa di irriconoscibile. In qualcosa che, in quel momento, simboleggiava ogni aspetto dell'oscurità che il mondo le aveva mostrato stanotte. I suoi pugni trovarono il torace di Spike, ma anche accecata com'era, i suoi colpi mancavano di convinzione. Spike non la combatté; non cercò neanche di allontanarsi. Rimase solo lì in piedi mentre il suo fuoco interiore strepitava in un'esplosione, e aspettò con calma comprensione fino a quando lei fu troppo indebolita dal dolore per sostenersi.

    “Lui ha ucciso-”

    L'empatia sul viso del suo amante era quasi più insopportabile del dolore che le pesava sul cuore. “Lo so, piccola” mormorò lui, la voce stabile come i suoi occhi. La disperazione che lei aveva visto subito dopo essere entrata nella stanza si era da lungo tempo affievolita. Non c'era nient'altro che calma.

    “Come-”

    Lui le afferrò i polsi e la strattonò in avanti fino a quando fu schiacciata contro il suo torace, la bocca che trovava la sua in un attimo. La mente di Buffy crollò e il suo corpo divenne modellabile nelle sue braccia, la lotta la abbandonò per il freddo desiderio del conforto che solo il bacio di Spike avrebbe potuto fornire. In naturali secondi, stava lottando con lui con i suoi baci, i denti che gli mordicchiavano le labbra e la lingua assaliva la sua per un bisogno irragionevole. Cercò di strappare via i polsi dalla sua stretta – la mente sul binario unico di togliergli i vestiti – ma lui rifiutò di liberarla. La baciò solamente, fiaccando qualsiasi piccola lotta le rimanesse nelle sue ossa stanche. La baciò e la terra smise si muoversi.

    Il tempo non aveva più significato. Buffy non ricordò le loro labbra dividersi. Non ricordò il bacio che Spike le sfiorò sopra la fronte o il modo preoccupato con cui le guidò la testa sulla sua spalla. Non ricordò nient'altro oltre i suoi baci e il calore che le avrebbe dato in un mondo che non era nient'altro che freddo.

    “Non lo sapevo finché è tornato” mormorò Spike, la voce dolce e confortante, anche se reintrodusse la realtà nel piccolo paradiso che aveva costruito attorno a loro. “Non lo sapevo”

    Buffy non risposte oltre all'annuire nella sua spalla.

    “Sono così dispiaciuto” Le baciò la tempia. “Così dispiaciuto, dolcezza”

    Lei annuì di nuovo, ma la mente stava roteando. Sapeva che Spike pensava di dirlo sul serio, e fino a che il suo benessere era interessato, era così. Ma c'era un enorme abisso tra l'essere dispiaciuto riguardo a come toccava lei e l'essere dispiaciuto che una donna era morta. E nonostante quanto amasse Spike, la distanza tra quello che sentiva e quello che lei voleva che lui sentisse era, in quel momento, evidente.

    “Lei era...” Buffy scosse la testa e tirò su forte con il naso, tirandosi indietro. “Lei era... Giles, lei era...”

    “Era la sua ragazza. Lo so questo, Cacciatrice. Angelus l'ha lasciata nel suo letto per una ragione”

    Lei tremò forte al cenno del suo una-volta-quasi-ragazzo, la mente che tornava al fuoco. Al viso di Spike attraverso le fiamme. Al modo passivo in cui era rimasto seduto sulla sedia a rotelle quando lei sapeva dannatamente bene che avrebbe potuto scattare in piedi, impalettare Dru, e aiutarla a finire tutto stanotte. Era difficile conciliare la tenerezza che le mostrava qui alla realtà dell'esterno.

    E prima che potesse trattenersi, la sua voce fu improvvisamente determinata a chiamarlo in causa.

    “Non hai fatto niente per fermarlo” mormorò lei.

    “Non lo sapevo, amore. Giuro che non lo sapevo”

    “Stanotte” chiarì Buffy, alzando la testa per incontrare i suoi occhi, sfidandolo senza parole a fingersi sciocco. “Giles era lì per infliggere grande danno. Angel ha cercato di uccidere lui, poi me. Tu non-”

    Gli occhi di Spike si restrinsero. “Pensi davvero questo?”

    “Ho visto! Non mentire-”

    “Non sto maledettamente mentendo, tu irritante ragazzina” La prese il mento quando lei cercò di guardare altrove arrabbiata, il suo sguardo si intonava alla passione testarda sul suo viso e alla forza nella sua voce. “Dru mi ha trascinato via il secondo-”

    “E tu puoi camminare! Ti ho visto camminare! Non dirmi che non ti è mai saltato in testa di, oh non so, alzarti dalla sedia e-”

    “La stronza mi ha messo fuori combattimento!”

    La mascella di Buffy divenne debole e i suoi occhi si spalancarono. Un momento intervallato da incredulità, sollievo, e – più assurdo di tutto – speranza si allargò tra di loro. Drusilla aveva messo fuori combattimento Spike? Era persino possibile quello? Non era sembrato ci fosse una lotta quando lei lo aveva spinto via dalla stanza, ma poi, Buffy non li aveva visti da vicino. Li aveva visti con il fuoco che correva lungo le travi, con Angelus che la colpiva e Giles che crollava a terra. Non gli aveva rivolto più uno sguardo fuggevole degno di attenzione.

    “F-fuori combattimento?”

    Spike annuì furiosamente, sebbene la sua rabbia ora fosse concentrata altrove. “Brutale stronza” sibilò, la voce puro veleno. “Il secondo in cui sei entrata, ho capito... ma una parte di me stava sperando che il suo osservatore avrebbe eliminato Angelus e che quella sarebbe stata la fine. Stava anche facendo proprio un bel lavoro. Ma Cristo, è successo in fretta. La stanza è saltata in aria, il vecchio si è precipitato dentro, e per quando ti ho vista, Dru mi ha tirato un colpo in testa e le luci si sono spente. Mi sono svegliato sul maledetto pavimento Dio-solo-sa-quanto tempo dopo, coperto dalla testa ai piedi di polvere e mi sono preoccupato maledettamente per te. Se Angelus non si fosse dato arie su come ti avrebbe reso una massa sanguinante la prossima volta che ti avesse vista, sarei corso a casa tua per assicurarmi che stavi bene. Al diavolo le conseguenze”

    Buffy si accigliò e si tormentò un labbro tra i denti. Non aveva visto Drusilla colpire Spike, ma quello non significava che non fosse successo. I loro occhi avevano connesso solo per un fuggevole secondo – un secondo che era sembrato ore, si, ma ciò nonostante un secondo. E tutto quello che ci voleva per decidere della verità da parte di Spike era l'espressione sul suo viso. Era sincero e serio, gli occhi la imploravano di fidarsi. Non c'era niente di falso in qualsiasi tratto della sua espressione, e mentre Buffy sapeva che era pericoloso accettare come dato di fatto la parola di un demone, questo caso non aveva niente a che fare con il fidarsi di un demone e tutto a che fare con il fidarsi di Spike.

    Spike non le avrebbe mentito. Non l'aveva mai fatto. Neanche quando la verità l'aveva fatta a pezzi. Non le avrebbe mentito ora.

    “Okay”

    Lui inarcò un sopracciglio. “Okay?”

    “Okay. Ti credo”

    Un apparente sospiro di sollievo gli rotolò via dalle spalle, ma l'ombra nei suoi occhi rifiutò di scomparire. “Un maledetto peso andato via, questo” sottolineò lui freddamente. “Come hai fottutamente potuto pensare che io-”

    “Spike-”

    “Dopo tutto-”

    Un'altra ondata di freddo le si schiantò dentro, e lei si ritrovò improvvisamente dall'altra parte della scala. “Non lo sapevo! Pensavo di averti perso prima e poi mi hai strappato via il cuore-”

    “Quello era prima-”

    “Che mi amassi. Si, lo so. Ma tuttavia, non puoi biasimare una ragazza perché lo pensa”

    Spike scosse violentemente la testa. “No”

    “Io-”

    “Non era prima che ti amassi, stupida ragazzina” Lui la fissò intensamente per alcuni secondi prima di sacrificare una risata e roteare gli occhi al cielo. E sebbene la sua stretta su di lei non si fosse mai allentata, lei si sentì improvvisamente distante da lui. Distante e in qualche modo allo stesso tempo vicina. “Dio. Pensi davvero che abbia iniziato ad amarti solo il secondo in cui ho detto le parole?”

    La bocca di Buffy divenne secca.

    “Sono innamorato di te da mesi. Da prima che tu lo dicessi. Cazzo, da prima che tu anche solo pensassi di dirlo. Da prima che l'organo cadesse” Spike scosse la testa con un'altra risata brusca e senza entusiasmo e fece correre una mano attraverso i suoi capelli color platino. “L'ho odiato all'inizio. Non ti ho mai mentito al riguardo. Ho odiato il modo in cui mi sentivo riguardo te – il modo in cui mi facevi sentire. Volevo esserne fuori. E poi ne sono stato fuori e ho capito che tutto quello che davvero volevo... tutto quello che avevo sempre voluto... eri tu”

    Non c'erano parole. Niente avrebbe potuto riassumere con precisione lo stupore che le aveva invaso le vene. Buffy lo fissò con sguardo assente, il cuore martellante e la mente che correva rapidamente fuori controllo. Il suo corpo cominciò a tremare. Le forme si sfocarono e i colori si fusero mentre i muri attorno a lei iniziavano a girare. Il concetto era troppo grande per lei da afferrare. Aveva avuto l'amore di Spike per tutto il tempo? Per tutto il tempo?

    “Non volevo amarti” continuò Spike piano. “Non all'inizio. Ma dopo... dopo che sei scomparsa, sapevo che ero disperato per te. Assolutamente disperato. E mi dispiace di non avertelo detto prima. Io non...” Si interruppe e sospirò di nuovo. “Mi dispiace, amore. Non avrei dovuto chiederti così tanto quando ti ho dato così poco. Solo... speravo che sapessi che sarei stato lì, a combattere la battaglia giusta con te se avessi potuto. Il secondo in cui ti ho vista stanotte, tutto quello a cui riuscivo a pensare era raggiungerti. Dru l'ha capito immediatamente, senza dubbio. L'ha sempre saputo. L'ultima cosa che ho visto era te che prendevi a calci in testa il segaiolo. Tutto è diventato buio dopo quello”

    Buffy lo fissò semplicemente, il torace sollevato in un modo che avrebbe fatto vergognare la maggior parte delle eroine. Sapeva che avrebbe dovuto seguire tutto quello che lui stava dicendo adesso, ma nel ronzio di tutto quello che era accaduto – l'oscurità che avvolgeva la morte di Ms. Calendar – sentire la sua affermazione l'aveva fatta crollare ancora una volta. Questa piccola parte di calore in un mondo di freddo significava tutto per lei. Significava assolutamente tutto.

    “Oh Dio...”

    “Sei con me?” mormorò Spike, facendole correre gentilmente le dita tra i capelli. “Dolcezza?”

    “Sono con te”

    “Mi dispiace per l'insegnante, amore, davvero”

    Buffy annuì, tremando forte. “Io...”

    “Non ti ha fatto del male, vero?” Le mani di Spike scivolarono al bordo della sua camicia – una camicia vera questa volta; si era addormentata con i vestiti. “Devo-”

    Lei scosse la testa. La mente rifiutava di muoversi oltre il punto della sua confessione. Non voleva pensare alla realtà che scalpitava attorno a lei. Adesso, tutto quello a cui voleva pensare era il concetto sbalorditivo che Spike l'aveva amata per tutto il tempo. Che le paure che l'avevano inseguita per mesi non avevano davvero avuto motivo di esistere. Spike l'aveva amata. Prima dell'organo. Prima che cercasse di spingerla via. Prima...

    “Buffy?” Le sue dita scivolarono sopra la sua pancia, senza mai azzardarsi verso nord. “Non voglio spogliarti per assicurarmi che stai bene, ma-”

    Lei sbatté gli occhi istupidita e alzò lo sguardo. “Non vuoi?”

    Che cosa totalmente ridicola a cui allacciarsi alla luce di tali eventi.

    Spike sorrise ironico. “Se ti metti nuda, io mi metterò nudo, e vorrò scoparti fino a farti diventare scema”

    “Non sto davvero vedendo dove sta il problema”

    “Non è quello di cui hai bisogno adesso” La baciò dolcemente, appiattendo il palmo contro il suo stomaco. “Quando facciamo l'amore, non voglio questo tra di noi. Ti voglio completamente con me” Spike ghignò, riuscendo quasi a sembrare timido. “Voglio darti di più di... voglio darti conforto oltre a beh... sesso”

    Le parole la fecero sciogliere in una Buffy-pozza di Buffy-gelatina. “Spike-”

    “Ma sarà maledettamente difficile se devo spogliarti del tutto per assicurarmi che il segaiolo non ti abbia fatto del male”

    “Non l'ha fatto”

    La parole risuonarono di falsa verità. Angel non le aveva fatto del male. Non l'aveva toccata. Non aveva fatto niente per lasciare una ferita sulla sua pelle. Certo, aveva messo a segno un paio di buon calci e pugni, ma lei li aveva sentiti a malapena. Era stata troppo occupata a prendergli a calci il sedere.

    Non fosse stato Giles incosciente e bisognoso di essere salvato, Angel sarebbe stato polvere.

    No, Angel non le aveva fatto del male. Non fisicamente.

    Ma lei stava dolendo dentro. Stava dolendo in modo che non necessitavano spiegazione.

    Naturalmente, Spike lo sapeva già questo. E sebbene lui avesse sentito senza dubbio la bugia intrinseca nelle sue parole, non disse nulla. Invece, le sfiorò con le labbra la tempia di nuovo e le mormorò quanto la amava nei capelli. Non la pressò per promesse che non avrebbe potuto fare. Per il momento, esprimeva quello che stava cercando, ed era abbastanza.

    E quando si sarebbe svegliata, lei sarebbe stata sola.

    Il pensiero le fece formare lacrime negli occhi ancora una volta. E prima che potesse fermarsi, mormorò, “Voglio che questo sia reale di nuovo. Voglio che sia reale così tanto”

    “Lo sarà presto” le promise Spike. “Lo sarà”

    Le parole fornirono poco conforto. Con l'abisso formato dall'omicidio di Ms. Calendar, presto poteva anche essere tradotto come mai.

    Oltre le lacrime e il colore, l'odio e l'oltraggio, si muoveva il terrore.

    Era terrorizzata che qualcosa potesse accadere a Spike prima che fosse finito. Era circondato da nemici sotto le apparenze di un alleato. E nonostante le sue rassicurazioni, lei non riusciva a scrollare via la sensazione che Angel sapesse la verità su di loro.

    Voleva Spike fuori. Lo voleva fuori adesso.

    Era solo una questione di convincerlo.



    Capitolo XIV

    Stava ancora tremando quando scivolò nel sonno. Ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva il bagliore giallo furioso dello sguardo penetrante di Angelus. Il sapore dei suoi baci da posseduto non voleva lavarsi via dalla sua bocca. Il ciarlare calloso della sua voce rifiutava di smettere di risuonarle nelle orecchie. Era con lei in ogni mossa che faceva. Ogni innocente battito di occhi. Ogni presa d'aria. Il disgusto le si raccolse nello stomaco al solo pensiero di lui. Aveva bisogno di lavare via Angelus dalla sua vita una volta per tutte.

    Aveva bisogno di Spike. Aveva bisogno di lui ora.

    “Dì al tuo ragazzo che lo vedrò a casa”

    Aveva bisogno di Spike, e aveva bisogno che lui ne uscisse.

    Lui stava camminando a lunghi furiosi passi sul pavimento del mondo di sogno quando lei svanì nella stanza, e il ringhio sulle sue labbra e il demone nei suoi occhi le dissero senza parole che sapeva.

    Lui sapeva tutto.

    “Ho bisogno di te” ringhiò Spike, precipitandosi in avanti e afferrandola per le spalle. I suoi seni furono improvvisamente schiacciati contro il suo torace, e i suoi sensi furono sopraffatti da una potente ondata di lussuria. “Adesso”

    “Spike-”

    “Non parlare”

    C'era qualcosa nel suo bacio che fece sciogliere tutte le componenti razionali del suo cervello. Buffy si piegò senza forze contro di lui il secondo in cui la sua bocca scese sulla sua. Il suo tono era duro ma le sue labbra erano morbide. La pizzicò, la stuzzicò con la lingua, implorando entrata nella sua bocca che lei cedette di buon grado. Le sue mani lottarono con l'orlo della sua camiciola per alcuni brevi secondi infine prima di strappargliela sopra la testa con un ringhio impaziente. I suoi seni si ritrovarono cullati nei suoi palmi freddi, le dita le tiravano i capezzoli mentre la sua bocca si staccava dalla sua per assaggiarle la pelle della gola.

    “Toccami” ringhiò lui, la mano sinistra le afferrava il polso e lo guidava alla sua erezione coperta dal denim.

    La lucidità lottò con il desiderio. Le sue dita tremanti aprirono il bottone dei suoi jeans e tirarono giù la lampo, anche mentre i suoi pensieri guerrieri si scontrarono e stridettero con l'intenzione. Le sue labbra disobbedienti lottarono con quelle di lui per un altro bacio, gemendo quando lui piagnucolò e ringhiò in lei. Non c'era sensazione sulla terra come quella di sapere che effetto aveva su di lui – specie con una semplice carezza della sua bocca.

    “Buffy” Spike sospirò contro le sue labbra, la furia del suo corpo si scioglieva in ammirazione. “Toccami” mormorò ancora, la bocca che le sfiorava l'incavo della gola mentre le sue mani danzavano verso sud. “Per favore...”

    Le sue dita scivolarono sopra la dura sporgenza del suo cazzo con decisa lentezza, gli occhi assorbivano il modo in cui il suo viso meraviglioso si dissolveva per il piacere. “Così?” chiese lei piano.

    “Oh Dio...”

    “Spike-”

    La cosa successiva che seppe, la sua schiena era sul pavimento e Spike le stava artigliando i pantaloni del pigiama trascinandoglieli lungo le gambe. Per abitudine ora non indossava mutandine, e quando gli occhi di lui caddero sulla sua fica nuda, aperta e bagnata per lui, lui gemette di nuovo e cadde tra le sue gambe come calamitato. Ad un certo punto i suoi vestiti si erano dissolti – forse lui aveva desiderato scomparissero, come aveva mostrato di poter fare. Tutto quello che lei sapeva era che lui era appollaiato tra le sue cosce, e la guardava come se fosse caduta dalle stelle.

    “Così bella” mormorò lui, allargandole le labbra vaginali con il dito medio e l'indice, la lingua che leccava avidamente la sua clitoride dolente. “Così rosa e bagnata...”

    Buffy boccheggiò così forte che il torace le fece male e si inarcò da terra, premendo spudoratamente la sua carne gonfia contro la bocca affamata di lui. “Oh Dio”

    “Ho sentito il tuo odore stanotte” continuò lui, la voce ingannevolmente tranquilla.

    Le parole galleggiarono attorno alla sua testa, forse senza senso e suoni che, quando applicati, formavano qualcosa di pericoloso. Buffy sbatté gli occhi con aria sbalordita e alzò lo sguardo, anche se i suoi sforzi furono velocemente ricompensati da un'altra leccata della sua lingua che la fece tornare sul pavimento.

    “Cosa?” ansimò lei, le ossa che si scioglievano al bacio gentile che lui le sfiorò contro la clitoride. “Oh mio Dio...”

    “Stanotte... quando lui è tornato” Le parole furono punteggiate da un ringhio arrabbiato.

    La comprensione la colpì con violenza all'improvviso. “Non era-”

    Fu inutile cercare di parlare, per il secondo successivo, Spike affondò la lingua nella sua apertura bagnata e procedette a farla arrivare ad un livello precedentemente sconosciuto di pazzia. Era ovviamente determinato ad ucciderle le rimanenti cellule cerebrali fino a quando fosse una massa inutile di gelatina di cacciatrice. Ma per il mondo, Buffy non si stava lamentando. Se questa era la sua idea di punizione – non importava la validità di tale punizione – lei l'avrebbe accettata felicemente. E ardentemente. E avrebbe trovato nuovi modi di guadagnarla nel futuro.

    “Hai...una...” ringhiò lui tra furiose e lente leccate, la lingua che affondava nella sua fica con una brama che non conosceva limiti. “...maledetta...idea...”

    “Ohhh!”

    “Di...quanto...”

    La testa di Buffy si mosse con foga avanti e indietro, i fianchi si spinsero fuori dal pavimento in un qualche pazzo tentativo di attirarlo più a fondo dentro di lei. E quando la sua bocca abbandonò la sua fica per ritornare alla sua clitoride, lei fu certa che questo era il mondo in cui lui intendeva farla morire.

    Quello fu fino a quando lui fece scivolare due dita dentro di lei. E fu così; era spacciata. Completamente spacciata. Con un urlo rauco, Buffy tremò forte e venne, inzuppandogli le dita e graffiandogli la testa selvaggiamente con le mani, determinata sia a tenerlo dov'era che a strapparlo via prima che i suoi nervi morissero di piacere.

    Tutto divenne intontito per alcuni secondi. Le sue ossa si erano liquefatte; lei non sarebbe riuscita a muoversi se l'apocalisse ne fosse dipesa. Invece, rimase sdraiata invano, il suo corpo soddisfatto ronzava sotto il tocco fresco di lui. Spike mantenne il suo sguardo con intento sottilmente velato mentre si leccava via dalla pelle la sua rugiada.

    “Ho sentito il tuo odore su di lui” disse Spike di nuovo, inarcandosi in avanti fino a quando su a carponi. E poi avanzò furtivamente su per il suo corpo con lenta deliberazione, il torace che le sfiorava i capezzoli dolenti e il cazzo che le toccava le labbra scivolose. Il suo corpo scintillò impossibilmente di eccitazione, e prima che potesse fermarsi, gli aveva afferrato le guance tra le mani e aveva trascinato la sua bocca alla propria per un bacio affamato.

    “E'... è stato...i... fantasmi” disse lei una volta che le loro labbra si separarono. Lui stava roteando i fianchi sopra di lei, la punta del suo cazzo toccava ogni piega bagnata e sensibile. Il suo braccio sinistro era piegato sotto la sua spalla, l'altra mano era impegnata tra loro, le dita strofinavano la sua clitoride gonfia con una tenerezza che tradiva il suo intento. “Quello...qualsiasi cosa...”

    “Lo so maledettamente” replicò Spike duramente, gli occhi scuri. “Non lo rende giusto, vero? Non significa che io debba solo-”

    “Non c'è stato niente-”

    “L'hai baciato” Lui le pizzicò gentilmente le labbra. “Lo hai baciato con questa bocca meravigliosa”

    “Contro la mia volontà!”

    “Cacciatrice...”

    “Non sono andata lì per vedere Angel. Sono andata lì perché-”

    Spike annuì, le dita che intensificavano il massaggio tormentoso della sua clitoride mentre il cazzo spingeva separandole le sue labbra vaginali e iniziava ad affondare dentro di lei. E in un istante, ogni dubbio scomparve; ogni paura svanì. La pressione del mondo esterno si dissolse in un nulla meraviglioso. Buffy buttò la testa all'indietro, le braccia che gli si avvolgevano attorno al collo, gli occhi che scacciavano via le lacrime. La pelle sotto le sue dita sembrava reale. Le labbra che la baciavano dolcemente le lasciavano il sapore di lui in bocca. E quando lui si tirò indietro per incontrare i suoi occhi, il cristallino blu mare del suo sguardo arrivò su di lei purificandola con un innegabile senso di pace.

    Lui la consumò con un tenero bacio mentre il suo cazzo scivolava del tutto a casa. Fino a quando lei sentì le sue palle appoggiarsi contro la sua carne umida. Un piagnucolio le brontolò contro le labbra e ogni piccola parte di lei sospirò di completezza.

    “Ti amo” mormorò Spike, la voce roca, i fianchi che ondeggiavano lentamente contro i suoi. La scivolata sensuale della sua lunghezza dal suo corpo la fece precipitare in un abisso di sensazione. “Ti amo così tanto”

    Buffy singhiozzò e gli mordicchiò la bocca. “Ti amo”

    “Ho odiato... sentire il tuo odore... su di lui” ringhiò lui, le sue spinte che diventavano forti nell'arco di secondi, feroce desiderio superava la tenerezza. Desiderio avvampò sul suo viso; un desiderio che lei conosceva bene. Desiderio che lei aveva sentito per mesi prima di capire che aveva quello che aveva avuto quello che voleva per tutto il tempo. Non c'erano fantasmi qui, ma la consapevolezza non andava lontano per quanto riguardava il bandire le futili paure. “Volevo... farlo... a pezzi”

    Lei annuì in modo impotente, le su pelvi si inarcavano dal pavimento con una disperazione selvaggia per ricatturare il suo cazzo ogni volta che lui scivolava dal suo corpo. Lui non le sfuggiva mai del tutto – le sue pareti vaginali erano determinate a tenerlo bloccato dentro di lei. Non c'era completezza se lui non era con lei – se le sue labbra non si muovevano contro le sue, se i suoi occhi non trafiggevano nei suoi. Ne aveva bisogno sempre. Oltre i sogni. Oltre i muri di questa stanza. Sapeva come questo era nella realtà, e aveva bisogno di lui lì.

    Aveva bisogno di smettere di preoccuparsi che cadesse la famigerata altra scarpa. Aveva bisogno di lui. Aveva bisogno di lui fuori da quella tana di calabroni e con lei.

    “Le cose... che ha detto...”

    “Lui sa” mormorò Buffy, gli occhi annebbiati dalle lacrime. Ed era quella. La ragione per cui piangeva la notte. La fredda consapevolezza che strisciava perpetuamente dentro il suo torace. La cosa che minacciava di rubare questo sogno meraviglioso e rimpiazzarlo con un orrendo incubo. Spike la baciò per placare la sue paure, il suo cazzo colpiva nervi nel profondo dentro di lei che non sapeva esistessero. Ma tutto sarebbe potuto finire in un attimo. Lui sarebbe potuto essere strappato via in qualsiasi momento, e lei non sarebbe stata in grado di fermarlo. Lei non sarebbe stata lì a mettere fine ad Angel prima che lui rubasse tutto.

    “Lui non-”

    “Spike, lui sa” Dio, doveva farlo capire. Non avrebbe potuto perderlo. Erano così vicini ad aversi l'un l'altro. Erano così vicini. Doveva farlo capire. “Lui sa di noi”

    “Cacciatrice-”

    “Non posso perderti” singhiozzò Buffy, schiacciando i suoi fianchi verso l'alto. Gli morse disperatamente le labbra, afferrandogli una delle mani per guidare il suo tocco tra i loro corpi che spingevano. Lui colpì furiosamente contro di lei, il suo cazzo colpiva nervi che lei era certa solo lui era destinato a raggiungere. E quando le sue dita le catturarono la clitoride e iniziarono a strofinarla, lei seppe che non sarebbe durata. La sua pelle stava ancora ronzando dall'orgasmo che le aveva dato con la bocca, e ora mentre la faceva ballare verso un altro orlo, poteva solo sperare di riuscire a sopravvivere alla caduta. “Io non posso-”

    Gli occhi di Spike si ammorbidirono, compensando il ringhio appassionato che gli si strappò dalla gola. Le massaggiò la clitoride teneramente, il colpo umido dei loro corpi nell'altrimenti illecito silenzio della stanza la faceva tremare di calore. “Tu non” ansimò lui, “non mi perderai”

    “Tu-”

    “Non... andrò... da nessuna parte”

    L'ansia le artigliò le viscere. “Per favore-”

    “Sei mia. Dio, Buffy... sei... mia” La sua bocca affondò, la lingua le bagnò la gola. “Sei mia”

    “Unh...”

    “Sei mia. Non... ti lascio... andare”

    Ci fu un lampo di ambra e un flash di avorio, e poi il suo corpo esplose di piacere. Lui ringhiò attorno alla sua pelle rotta, assaporando ardentemente mentre i suoi fianchi spingevano pazzamente contro di lei. E Buffy urlò. Urlò fino a quando la sua voce morì in un coro di echi, prendendo a pugni i capelli di Spike e tenendolo alla sua gola. Volendo tenerlo lì – volendo le sue zanne dentro di lei proprio come il suo cazzo era dentro di lei. Voleva ogni possibile centimetro di Spike dentro di lei. Voleva prendere quanto possibile di lui con lei per portarlo nel mondo reale, così che anche quando avesse aperto gli occhi, non fosse davvero sola.

    “Mia!” ringhiò Spike. “Sei mia, Buffy”

    “Oh si”

    “Cazzo...”

    “Si, si, si...”

    “Buffy... mio Dio” frignò lui e le leccò la gola sanguinante, abbracciandola stretta a lui mentre tremava forte e si riversava dentro di lei. Il tappeto dietro la sua schiena le aveva bruciato la pelle ma non le importava. L'accettamento del suo rilascio nelle sue profondità valeva tutto: la puntura della sua gola, i tremori che le prendeva il corpo oltremodo soddisfatto, il peso ben accetto di lui mentre crollava, i suoi respiri freddi e pesanti che si schiantavano contro la sua pelle. Valeva la pena tutto.

    “Ti amo” mormorò lui dopo un indeterminato periodo di silenzio. Si alzò sulle braccia, colpendola con uno sguardo eloquente. “Lo sai questo, giusto?”

    Buffy annuì senza esitazione.

    Spike sorrise gentilmente e le baciò le labbra. “Avrei dovuto dirtelo ogni giorno. Quella prima notte... avrei dovuto dirtelo allora”

    “Lo sapevi allora?”

    “No. Avrei dovuto dirtelo comunque” Ghignò lui, sfiorandole con le labbra l'angolo della bocca. E Dio, lei amava questo. Amava ogni tocco gentile. “Avrei dovuto saperlo che avrei fatto qualsiasi cosa per te”

    Buffy fece una smorfia. “Gee, grazie”

    “E' un complimento!”

    “Uh huh”

    Il ghigno di Spike divenne solo più grande, le sue dita vaganti trovarono il punto sensibile dove l'aveva morsa. L'accarezzò gentilmente per alcuni secondi, attento a qualsiasi segno di dolore alla minima pressione che applicava alla ferita. “Fa male?” chiese quando lei non riuscì a mostrargliene un po'.

    “No”

    Lui si fermò espressivamente, la festa nei suoi occhi scomparve in tranquilla contemplazione. “Bene” mormorò. “E' stato brillante, assaggiarti”

    Un rossore le scurì la pelle. Voleva dire qualcosa di profondo ma le parole le morirono in gola. Non c'era niente da dire. Non quando lui la guardava come se fosse una dea.

    “Dico sul serio, Buffy”

    “Sul serio cosa?”

    “Sei mia” Spike sorrise piano, ma gli occhi non stavano ridendo. I suoi occhi erano colmi di determinazione ed amore. I suoi occhi le dicevano senza mezzi termini quanto intendesse ciò che stava dicendo. “Sei mia, gattina. Esattamente quanto io sono tuo”

    “Lo so” replicò lei semplicemente. Non c'era nient'altro da dire. Non c'era lite con le sue parole, se era questo quello che lui temeva. Buffy aveva saputo di essere sua da tanto, tanto tempo. Più a lungo di quanto volesse considerare. E per quanto riguarda Spike che le appartiene... quello era qualcosa che accettava, anche se non lo capiva. Anche se la sua mente stava ancora cercando di riconciliarsi come un tale infinito mistero potesse così velocemente esplodere in beatitudine. Sapeva che Spike era suo. L'aveva detto lui, dopo tutto, e Spike non le aveva mai mentito.

    Spike l'amava.

    “Lo farò di nuovo quando saremo insieme” continuò lui, le dita che ancora le accarezzavano il marchio sulla gola. “Lo farò fuori di qui”

    “Te lo lascerò fare”

    “Nessuna quantità di lasciare al riguardo”

    Buffy alzò un sopracciglio. “Non pensi?”

    “Vorresti veramente fermarmi?” la sfidò lui.

    “No. Da qui il lasciarti” Lei ghignò del suo cipiglio giocoso e lo tirò in basso per un bacio tenero. “So cos'è, stupido. Salve. Cacciatrice, qui. Cacciatrice con un ragazzo dalle zanne molto facili”

    Gli occhi di Spike si restrinsero, sebbene nessuna quantità di restringimento avrebbe potuto nascondere come danzavano. “Zanne facili?”

    “Mi hai morsa prima!”

    “Morsi d'amore”

    “Stessa cosa!”

    “E... ragazzo?” Il modo in cui la parola gli rotolò dalle labbra la fece tremare. Un sorriso soddisfatto gli si allargò sul viso. “E' carino, cioè”

    “Gee, grazie” replicò sarcastica Buffy.

    Spike scrollò le spalle e rotolò via da lei senz'avviso, attirandola dietro di lui così che fosse sdraiata di traverso sul suo torace. “Non sono mai stato il ragazzo di nessuno” ronfò lui, accarezzandole gentilmente il braccio. “Mi piace il suono di questo”

    Lei nitrì ma allo stesso tempo si rannicchiò contro di lui. “Già. Tu che detenevi il record per la relazione a lungo termine più lunga non è mai stato il ragazzo di nessuno”

    “Non so riguardo il record...”

    Il tono nella sua voce fece indietreggiare Buffy e nascondere il viso nella sua spalla. Anche se era stata lei quella a tirare fuori l'argomento, non le piaceva sentire Spike anche solo riferirsi a qualsiasi cosa lui e Drusilla avessero condiviso negli anni prima che il destino lo portasse da lei. Era stato difficile abbastanza immaginare Spike con l'orribile donna prima; ora che sapeva che lui la amava – ora che lui era suo – qualsiasi minimo accenno alla vita che viveva prima la faceva rattristare in ogni parte.

    Lui si mosse sotto di lei, baciandole la tempia. “Qualcosa non va, gattina?”

    “No”

    Lei sentì la sua bocca allargarsi in un ghigno contro la sua pelle. “Bugiarda”

    “Sta zitto”

    “Non importa comunque” mormorò Spike, sfiorandole con le labbra la fronte di nuovo. “Qualsiasi record lì fuori verrà fatto a pezzi da noi due. Dopo che ti avrò marchiata lì fuori. Fatta mia nel sangue e non solo a parole”

    “Mmm. Marchiaggio”

    “Cosa sai dei marchi?”

    Buffy tirò in dentro un respiro e lottò contro una roteata di occhi giocosa. “L'abbiamo già fatto questo. Si. Succedono dei morsi. Il sangue viene scambiato. Qualcosa riguardo ad un impegno lungo per sempre”

    “E tu sei d'accordo con questo?” chiese lui piano, accarezzandole il braccio. Il tono solenne nella sua voce la fece sorprendere. “La parte del per sempre?”

    “Spike-”

    “E' più lungo di quello che sembra, amore”

    Lei ridacchiò, ma tornò seria velocemente il secondo in cui i suoi occhi incontrarono quelli di lui. “Cosa?” replicò lei. “Per sempre è più lungo di per sempre? Perché per sempre mi sembra abbastanza lungo”

    “Buffy, è serio questo-”

    “Lo so”

    “Richiede più di un pensiero-”

    “Gli ho rivolto più di un pensiero” Buffy inalò bruscamente e si tirò a sedere, incontrando i suoi occhi con un sorriso amabile. “Voglio dire, ho tipo dovuto farlo. Tu vampiro. Immortale. Io umana. Non-così-immortale”

    “Quindi hai rimuginato sopra il marchiare, vuoi dire?”

    “Ho rimuginato sopra l'immortalità”

    Spike le aggrottò la fronte. “Dolcezza, non ci sono così tante alternative a-”

    “Nel mio mondo, ci sono sempre alternative” Lei scrollò le spalle e gli sfiorò con le labbra il torace. “Non ho studiato a lungo. Non ho davvero dovuto farlo. Sapevo immediatamente che se era possibile... se tu avessi voluto-”

    “Cosa vuoi dire se io avessi voluto-”

    “Ti amo. Se c'è una possibilità che non debba abbandonarti, la coglierò”

    Spike ghignò, infilandole le dita nei capelli e massaggiandole gentilmente lo scalpo. “Non cercherò di convincerti a non farlo” mormorò lui, “specialmente dato che pensavo che avrei dovuto convincerti a farlo. Ma... non so neanche io quanto è lungo per sempre, e ci sono stato più a lungo di te”

    “Non mi importa”

    “Tu-”

    Buffy ghignò e tirò fuori la lingua, ritirandola velocemente prima che lui potesse succhiarla nella sua bocca. “Hai detto che non avresti provato a farmi cambiare idea, giusto?”

    Lui non rispose immediatamente, ma il peso nei suoi occhi le disse tutto quello che aveva bisogno di sapere. E se possibile, si ritrovò ad innamorarsi ancora di più di lui ad ogni secondo.

    “Non voglio essere qualcosa che rimandi” disse lui alla fine. “Una decisione che rimpiangi. Non posso... non potrei maledettamente sopportarlo. Il pensiero dell'eternità con te è più di quello che abbia mai pensato... ma Buffy, io-”

    Lei chiuse lo spazio tra loro con le sue labbra, inghiottendo le sue preoccupazioni in un bacio gentile e amabile. C'erano così tante cose che non era brava a trasmettere; così tante cose che desiderava di avere il coraggio di dire. Così tante emozioni a cui desiderava poter dar voce. Tuttavia, anche se possedeva l'abilità di costruire poesia verbale, sapeva che nessuna quantità di rassicurazione avrebbe messo a tacere le paure di lui.

    Erano paure che lei aveva anticipato. Paure che sapeva solo il tempo avrebbe cancellato. E il tempo era una cosa che era determinata a dividere con lui. Per quanto tempo gli avesse concesso il mondo. Fino a quando l'apocalisse avrebbe avuto la meglio su di lei e loro fossero buttati in un vuoto di qualsiasi cosa c'era dopo. E anche allora, lei non si sarebbe divisa da lui. L'avrebbe seguito all'Inferno e avrebbe supplicato il Diavolo in persona per la libertà del suo amante. Avrebbe pagato qualunque cosa le avesse chiesto.

    Alla fine Spike l'avrebbe capito. Fino ad allora, avrebbe solo dovuto fidarsi di lei.

    “Smetti di parlare di cose sciocche” mormorò Buffy quando si separarono, baciandogli la mascella. “Io voglio questo”

    L'emozione gli imperversò negli occhi. “Lo voglio anch'io. Cristo, lo voglio così tanto”

    “Allora non c'è problema”

    Sembrò per un secondo che lui potesse discutere con lei. Non lo fece. Invece, un lento sorriso gli si allargò sul viso e lui la tirò in basso per un altro bacio, le labbra che si muovevano esigenti contro quelle di lei. In pochi secondi si scontrarono in una battaglia non verbale, sfidandosi l'un l'altro con furiosi colpi di lingua e schianti di bocche parimenti affamate. Lei drappeggiò una gamba sopra la coscia di lui e gli strofinò il cazzo gonfio con un ginocchio, ridendo nel suo bacio quando lui gemette contro di lei. Alla fine, quando l'ossigeno divenne cruciale, lei si strappò via con una risatina frivola, desiderosa di credere anche se solo per un secondo che le cose potessero davvero essere così semplici.

    “Sei stupefacente” ronfò Spike con riverenza. “Così maledettamente stupefacente”

    “Ti ci è voluto abbastanza per notarlo” replicò lei scherzosamente, la mano che danzava lungo il suo addome.

    Lui roteò gli occhi di buon grado, ma non senza un'oncia di genuina esasperazione. “Donna-”

    “Tutto quello che sto dicendo è che hai trascorso parecchie notti con quella sgualdrinella, incontrando me e non dicendomi questo-”

    Spike sbatté gli occhi incredulo, sebbene stesse sogghignando compiaciuto. “Torniamo a Dru di nuovo?”

    “Faresti meglio a non farlo”

    “Cacciatrice, cosa devo fare per convincerti-”

    “Un po' di strisciare a terra non ha mai fatto male a nessuno”

    Lui scosse la testa, il ghigno che diventava più largo. “Strisciare? Adoro già il maledetto pavimento su cui cammini! Non è-”

    “Tante notti” replicò lei fermamente, la sua posizione salda. “Con Dru. Mentre sognavi di stare nudo con me”

    “Buffy-”

    “E hey! Ancora con il sognare e la nudità e sei ancora lì”

    Lui le baciò il naso e le afferrò i fianchi, muovendola così che fosse completamente a cavalcioni su di lui, la sua fica premuta intimamente contro i lati della sua erezione. “Amo quando sei gelosa”

    Il ghigno da chi la sa lunga che lui presentava di sicuro non stava aiutando. “Provalo da questo lato” mise il broncio lei.

    “Piccola, devo occuparmi della gelosia ogni volta che mi sveglio” Lui le lanciò un'occhiata perspicace, e lei fu immediatamente mortificata. Era la verità. Doveva guardare Angelus ogni giorno. Aveva un ricordo camminante, parlante, in appostamento e assassino del suo unico e solo incontro sessuale che non aveva sperimentato con lui. Non placava neanche un po' il suo odio e risentimento per Dru, ma alla fine, su un qualche insignificante incredibile livello, li metteva su un terreno di parità.

    E tuttavia, terreno di parità o no, le piaceva sentirsi autorizzata al risentimento.

    “Non ho mai dormito con Angel, comunque” sottolineò lei, la voce piccola. “E' stato... non è mai stato così tra noi. Mai. Non come era con...”

    Spike rimase silenzioso per un lungo minuto, considerando le sue parole. “Non è stato in quel modo tra me e Dru da te”

    “Cosa?”

    “Non ho toccato Dru dalla prima notte con te” continuò lui piano, quasi come se non volesse essere sentito. “Non l'ho toccata da quando... solo non l'ho toccata”

    Il tempo, sembrò, congelarsi. Buffy si trasformò in una statua a cavalcioni su di lui, gli occhi spalancati, il cuore che martellava. Non sembrava possibile. Non con quello che sapeva. Non con tutto quello che lui le aveva detto. Lui l'aveva odiata all'inizio. Dio, lui l'aveva odiata così tanto. L'aveva odiata anche mentre si innamorava di lei. L'aveva odiata con tutto quello che era. Non si sommava; non si accompagnava al fatto che si sarebbe trattenuto dal toccare la donna a cui prima era devoto per Buffy, colei che aveva lottato per così tanto per non amare.

    “Neanche una volta?” mormorò lei, la voce tremante. “Non... neanche...”

    Gli occhi di Spike si ammorbidirono e lui si allungò per prenderle a coppa la guancia. “Dolcezza-”

    “Tu mi odiavi”

    “No-”

    “Anche quando tu-”

    “Lei non era te, gattina. Dopo che ho saputo qual era il tuo sapore...” Lui si tirò a sedere lentamente, le braccia si avvolsero attorno alla sua vita e la aiutarono mentre si sollevava inconsciamente sul suo grembo, le sue pieghe di seta che danzavano sopra la testa sensibile del suo cazzo. “Dopo che ho saputo... quanto...”

    “Ohhh...”

    “Scendi su di me” implorò lui piano, anche mentre lei iniziava la lenta discesa. “Portami a casa.

    Non c'era niente al mondo che avrebbe scambiato per questo. La sua fica si strinse forte attorno a lui, risucchiandolo nel profondo di lei di quanto la fisica potesse permettere. Le lacrime le punsero gli occhi e il suo corpo urlò per la beatitudine. “Sono stata solo io?” chiese lei, sapendo già che lui le aveva detto la verità. Spike le diceva sempre la verità. Sempre. Quando faceva male e quando guariva. Quando bruciava e quando calmava. Non le avrebbe mai mentito. Non riguardo loro. Neanche quando avrebbe dovuto.

    “Solo e sempre” concordò lui, mordicchiandole la spalla, le mani che cadevano sul suo sedere per guidare le sue spinte. “Solo... aspettavo in attesa di te”

    “Spike...”

    “Ti amo. Ti amo così maledettamente tanto...”

    “Spike, tu devi... andartene”

    Lui sbatté gli occhi per la sorpresa e si tirò indietro, dolore confuso scritto sul suo viso. “Cosa?”

    “Gli altri” chiarì lei, contraendo i suoi muscoli nascosti attorno al suo cazzo quelli che era quasi certa fossero lì solo per fargli incrociare gli occhi dal piacere. Per costringerlo a fare qualsiasi cosa lei avesse bisogno, purché lui fosse intrappolato nelle sue profondità bollenti. “Lasciali”

    “Buffy-”

    “Non posso perderti”

    Lui scosse la testa ostinatamente. “Non lo farai”

    “Ma se Angel sa-”

    Un'ombra cadde dietro gli occhi di lui e la sua stretta sui fianchi di lei si strinse, angolando i colpi del suo cazzo forte e in profondità dentro il corpo tremante di lei. “Non. Parlare. Maledettamente. Di. Lui” ringhiò in tono duro. “quando... ti sto scopando”

    Buffy si lamentò e buttò la testa all'indietro. “Oh Dio...”

    “Sei mia”

    “Dio, si”

    Lei rimbalzò con soddisfazione sul suo grembo per alcuni secondi, concentrata solamente sulla scivolata umida di lui dalla sua fica dolente e cercando di manovrarlo per fargli colpire un nervo differente ogni volta che si risbatteva a casa. Ma la nebbia si diradò velocemente - la sua determinazione era più forte del desiderio. Aveva bisogno che lui si allontanasse dagli altri, e non avrebbe accettato un no come risposta.

    “Spike, per favore-”

    “Mia” ringhiò lui in modo gutturale.

    “Si” Era maledettamente difficile concentrarsi quando ogni cellula del suo corpo era in fiamme. Quando l'aria attorno a loro era viva dei licenziosi aromi dei loro corpi ancora una volta. Quando Spike la fissava come se fosse caduta dal paradiso e atterrata sul suo grembo, sul suo cazzo, e aveva proseguito con lo scoparlo fino alla salvezza. Ma lei aveva bisogno che lui capisse...

    Aveva bisogno...

    “Vieni... da me” ansimò lei, i fianchi che si schiacciavano contro quelli di lui. “Per favore”

    Il suo nome gli montò sulla lingua come una preghiera. “Buffy...”

    “Per favore. Per favore. Non posso... se tu...”

    “Io-”

    “Per favore... dì che... li lascerai. Per venire... per venire da me. O solo... lontano. Solo vai lontano, Spike” Lei gli afferrò spontaneamente le guance e gli baciò le labbra, riversando ogni paura nell'unione delle loro bocche. Nelle lacrime che non aveva e sperava non avrebbe mai versato. Nel terrore che viveva in lei ogni giorno e perseguitava ogni secondo del loro tempo rubato. “Non posso... per favore solo... va via... prima-”

    “Cacciatrice...”

    “Prima che ti perda. Per favore!”

    “Buffy... oh Dio...”

    “Per favore!”

    “Va bene. Va bene” Lui sorrise piano – davvero singolare per il modo in cui si muovevano insieme – e la baciò così dolcemente che lei era sicura si sarebbe dissolta. “Va bene. Sono fuori. Andrò via. Lo giuro. Sono via”

    “Ohhh, Spike...”

    “Qualsiasi cosa tu chieda. Solo... oh Dio, cavalcami proprio in questo modo. Mia dolce cacciatrice...”

    Gli occhi di lui brillarono – o erano i suoi? Lei non lo sapeva. Tutto quello che sapeva era il sollievo che le consumava l'interno. Il masso sul suo cuore era rotolato via, e finalmente sentiva che avrebbe potuto respirare.

    Sebbene sapesse che quei respiri non sarebbero arrivati senza limitazioni fino a quando lui non fosse stato libero e al sicuro. Fino a domani notte, quando lo avrebbe visto di nuovo.

    Ma per ora – fino ad allora – avevano questo.

    *~*~*


    Fu attraverso una combinazione di chiacchiere sussurrate tra i lacché su cui Spike aveva ancora potere e l'incursione al museo locale che Buffy scoprì cosa stava progettando Angel.

    Sembrava adatto che Angel volesse tentare di mettere fine al mondo adesso. Gli esami finali si stavano avvicinando, Snyder stava tiranneggiando gli studenti più che mai, e anche se Spike aveva abbandonato la sua famiglia demoniaca proprio come aveva promesso, Buffy era ancora fuori di sé per la preoccupazione. Lui le aveva detto la notte seguente il suo voto che era troppo pericoloso cercare di vedersi, specie dato che la sua assenza avrebbe allertato Angel senza dubbio riguardo dove alloggiasse la sua lealtà. E mentre Spike non temeva un confronto con il vampiro, non era troppo entusiasta delle probabilità di due contro Angelus, Dru, e una legione di loro fedeli seguaci.

    Aveva troppo da perdere ora, aveva detto. Non avrebbe rischiato Buffy per amore dell'orgoglio.

    Era anche preoccupato per lei, sebbene rimanesse silenzioso sulle sue preoccupazioni. Lei lo sapeva, comunque, dal modo guardingo in cui la guardava nei loro sogni. Il modo in cui le sue mani le accarezzavano il corpo, come se si impegnasse per memorizzare ogni centimetro di lei. Ogni notte quando cadeva nella loro stanza segreta, lui la strattonava nelle braccia, la ispezionava alla ricerca di ferite che lei era ancora convinta con avrebbe portato con sé dalla realtà, e domandava dettagli delle sue ronde notturne.

    Lei aveva la sensazione che lui chiedesse i dettagli solo per amore delle apparenze. Troppo spesso, lo aveva sentito con lei mentre camminava nei cimiteri. Non troppo vicino ma mai lontano; sempre a guardarle le spalle. Sempre pronto a balzare in azione. Sempre pronto a salvarle la vita.

    Poi una notte, tutto cambiò.

    “L'abbiamo trovata” disse Buffy a mo' di saluto, entrando attraverso il muro nella stanza di sogno. Come al solito, lui la stava aspettando sul letto, gli occhi colmi di preoccupazione. La sua testa scattò in alto al suono della sua voce. “Willow ed io. L'abbiamo trovata”

    Spike corrugò la fronte e si alzò in piedi. “Cos'è? Comincia dall'inizio”

    “La maledizione. La maledizione di Angel. L'abbiamo trovata. E-era su un dischetto nella... della signorina Calendar... nella stanza dove lei insegnava” Buffy tirò in dentro un respiro e abbassò lo sguardo velocemente. “L'abbiamo trovata. Lei stava... è per questo che è morta, vero? Stava per fare la maledizione”

    “Non lo so, dolcezza. Il grande finocchio e la mia pazza ex non sono stati esattamente cordiali con le informazioni nelle recenti settimane. Te l'ho detto che non avevo un maledetto indizio riguardo niente di quello che era successo tra Angelus e -”

    “Ma se lui sapeva della maledizione -”

    “Allora si. Si sarebbe assicurato che l'insegnante la liquidasse”

    Buffy tremò forte e cercò disperatamente di non concentrarsi sul suo ragionamento insensibile, sebbene fosse difficile quando ogni fibra della sua psiche molto umana urlava una giustificazione. Quindi non solo la signorina Calendar faceva parte della tribù responsabile originariamente della maledizione di Angel, ma stava anche costruendo un modo per mettergli di nuovo le briglie.

    E Angel l'aveva uccisa per questo.

    “Beh, ce l'abbiamo” disse Buffy in modo sobrio. “Abbiamo la maledizione. E Willow pensa di poter... Willow pensa di poterlo maledire di nuovo”

    Spike sbatté gli occhi. “Lei cosa?”

    “Willow pensa di poter maledire Angel di nuovo. Lei è stata... beh, ha fatto le veci della signorina Calendar e a quanto pare ha passato le sue cose da strega. Pensa di poter fare la maledizione” Buffy sospirò e si leccò le labbra, incontrando di nuovo a titolo di prova gli occhi di Spike. “Cosa ne pensi?”

    “Riguardo cosa?”

    “Riguardo il maledire Angel. Renderlo... di nuovo non cattivo”

    Ci fu un lungo silenzio; lo sguardo di Spike si strappò da quello di lei e guardò in basso, la tensione improvvisamente stringeva ogni muscolo del suo corpo meraviglioso. Lei non sapeva perché l'aveva chiesto – aveva sempre avuto la risposta. Da quando lei e Willow avevano scoperto il dischetto. Diavolo, l'aveva saputo da quando Angel aveva perso la sua umanità quale sarebbe stata la visione di Spike sul ritornargli la sua controparte meno cattiva. Angel, nella sua mente, era competizione. E mentre sapeva che Buffy non amava Angel, questo non rendeva l'idea della ricomparsa della metà con l'anima più benvenuta.

    Avrebbe voluto Angel morto, non salvato.

    “Lo farei”

    Il cuore di Buffy si fermò, lo stupore la bloccò sul posto. Lei implorò silenziosamente Spike di incontrare i suoi occhi, ma lui stava fissando risolutamente il pavimento.

    “Cosa?” chiese lei alla fine, smarrita per qualsiasi altra reazione.

    “Ho detto che lo farei. Maledirlo di nuovo, o che altro” Spike si mosse a disagio. “Renderebbe le cose più sicure per te, giusto? Renderebbe le sue possibilità di far finire il mondo... Odio il segaiolo, Buffy. Lo odio così maledettamente tanto. E il pensiero di cosa voi due avete... di lui con te...” Serrò i pugni e rifiutò ancora di alzare lo sguardo. “Ma renderebbe le cose più sicure per te. Fino a quando Angelus è lì fuori... Cristo, tu non lo conosci come me. Pensare a te lì fuori sola ogni notte mentre lui è maledettamente ossessionato da te... sapere-”

    “Spike-”

    “-- Non lo voglio vicino a te di nuovo. Mai. Con l'anima o senza. Ma non sono un idiota cieco, amore. So che sarebbe più sicuro per te se il suo lato più finocchio fosse quello che governa. E questo è tutto quello che mi importa”

    Non fu fino a quando alla fine lui incontrò i suoi occhi che lei capì che lui intendeva sul serio. E proprio in quel modo, l'ultimo pezzo cadde al suo posto.

    Sapeva cosa doveva fare.

    Era solo questione di farlo.




    quote d'ONORE per la fantastica traduttrice, che traduceva nel lontano Natale 2007

    CITAZIONE
    Ragazze, ancora una volta - per l'ultima volta - ce l'ho fatta! :P
    E' tutto il pomeriggio che ci sto su perché volevo finirla prima di Natale ed eccolo qui: l'ultimo capitolo tutto per voi
    Spero che la storia vi sia piaciuta. Io l'ho adorata in lingua originale e spero di essere riuscita a passarvi almeno la metà della sua bellezza

    :lol:

    Capitolo XV

    La maledizione non era più un'opzione. Buffy l'aveva buttata via il secondo in cui i suoi occhi si erano posati sopra la forma caduta di Kendra, distesa in una pozza di sangue sul pavimento della biblioteca. Per questo, per tutto, non ci sarebbe stato perdono. Nessuna seconda possibilità. Il tentativo di restituire l'umanità di Angel aveva fallito. Ora c'era solo vendetta.

    Aveva ucciso la sua amica. Aveva rapito il suo Osservatore. L'aveva resa una fuggitiva. L'aveva fatta espellere da scuola. Le era costato tutto.

    Non c'era rimasto niente. La maledizione era un no-no. Aveva bisogno che questo finisse.

    Aveva bisogno che finisse ora.

    Non aveva visto o sentito Spike dalla notte prima. Angel non l'aveva menzionato durante la loro lotta nel cimitero – quella in cui lui l'aveva attirata con il suo fiammante sacrificio-gramma – e lei non sapeva come prendere il suo silenzio. Angel sapeva che Spike non era nel suo angolo e aveva probabilmente dedotto che non lo era stato dall'inizio. Non menzionare il suo ragazzo era stata una deliberata ed intenzionale manovra. O Angel aveva fatto qualcosa a Spike o stava progettando di fare qualcosa, e sebbene i suoi nervi le stessero urlando di localizzare il suo vampiro, portarlo da qualche parte isolata e mandare via il mondo, Buffy si sforzò di non entrare nel panico.

    Rifiutò di considerare la possibilità che Angel avesse strappato Spike dalla sua vita. Che in cima a tutto quello che aveva già rubato, si fosse preso anche l'uomo che lei amava.

    Rifiutava di considerarlo. Spike era un combattente – un combattente che la amava. Sarebbe stato bene.

    Per Dio, avrebbe fatto meglio ad esserlo. Se non lo era, lei avrebbe fatto a pezzi la città per il dolore. Se i Poteri le portavano via Spike, non c'era modo di dire dove avrebbe portato la sua furia.

    Nel frattempo non avrebbe dovuto pensarci. Non poteva.

    Spike stava bene. Doveva stare bene.

    Il lamento da bloccare il cuore della sirena della polizia fendette la pesante aria notturna. Buffy gelò dall'interno ma continuò a camminare, la schiena verso la macchina della polizia che si avvicinava. Iniziò a mappare l'itinerario migliore per la fogna più vicina a ragione di una fuga veloce. Sapeva che avrebbe superato nella corsa il poliziotto; i suoi proiettili erano una storia diversa.

    In tutta la sua vita, non si era mai immaginata bisognosa di correre più veloce dei proiettili. Demoni, vampiri, la corsa per la fine del mondo – sicuro. Ma mai poliziotti. Mai autorità umane. Mai niente del genere.

    Angel era così totalmente polvere.

    “Ferma lì!” comandò il poliziotto.

    Buffy si voltò, il cuore rimbombante e le orecchie che suonavano. I suoi occhi si posarono immediatamente sulla pistola molto reale nelle sue mani.

    Tutto il razionalismo morì per la paura. Era paralizzata da questa.

    “Metti le mani sopra la testa!” abbaiò il poliziotto. “Fallo!”

    Ore passarono in una questione di secondi. Non c'era nient'altro che lei e la pistola. Lentamente, le sue mani si ricordarono di loro stesse ed iniziarono la lenta salita sopra la testa; era così fissata che non notò il ringhio arrabbiato che trafisse l'aria fino a quando l'arma in questione fu in volo. Si librò in volo fino al pavimento con un'incauta caduta, ma per quando lo sbattere rumoroso raggiunse le sue orecchie, la pistola fu l'ultima cosa nella sua mente.

    Il ringhio territoriale di Spike la consumò completamente. Ringhiò qualcosa di intellegibile mentre il suo piede si fracassava nel mento grassoccio del poliziotto, poi di nuovo mentre afferrava pugni dell'uniforme e lanciava l'uomo sulla sua macchina, rendendolo incosciente.

    In un lampo, lui le girò attorno, la cattiveria nei suoi occhi che scivolava in calore mentre due parole molto gradite gli rotolavano dalla lingua peccaminosa.

    “Ciao dolcezza”

    Buffy rimase in piedi gelata per un altro lungo secondo, il sollievo che le si allargava nel corpo stanco ed esausto mentre gli occhi si bagnavano di ogni meraviglioso centimetro. C'era un taglio sopra il suo occhio sinistro e la pelle pallida della sua guancia sinistra si stava gonfiando impossibilmente in un nodo di porpora e rosso. Non c'era nient'altro che forza nel suo atteggiamento – forza e determinazione. Ma era ferito. Qualcuno lo aveva ferito.

    Spike era con lei ma qualcuno lo aveva ferito.

    “Raccogli le mosche, amore” mormorò lui, le labbra ferite che si tiravano in un sorriso. “Non dirmi che non sei felice di vedermi”

    “Spike” singhiozzò lei, strattonandosi velocemente e tornando in sé. E prima che potesse battere gli occhi, si ritrovò nelle sue braccia, la bocca che premeva baci disperati e bisognosi sul suo viso. Si diresse su ogni riscaldata porzione di pelle, su ogni taglio sanguinante. Assaggiò rame e divenne più arrabbiata con la consapevolezza. Qualcuno lo aveva ferito. Aveva ferito il suo Spike.

    Se Angel non era polvere prima, lo era adesso.

    “Cosa è successo?” domandò lei, non fermandosi abbastanza per sentire una risposta. Non riusciva a smettere di baciare la sue bellissima carne rovinata. Non che a lui sembrasse dispiacere; anzi, le sue braccia si erano chiuse attorno alla sua vita e la sua bocca stava esplorando ogni centimetro di lei che riusciva a raggiungere. “Cosa-”

    “Ci è voluto maledettamente tanto-”

    “-cosa ha fatto-”

    “-per andare via”

    Buffy gli baciò le labbra disperatamente. “Cosa ti ha fatto?”

    “Questo? Nient'altro che un graffio”

    “Spike!”

    Lui scrollò le spalle in modo controllato, la bocca più interessata al leccarle la gola, un ronzio gli rimbombava nel torace. “Mi sono scontrato con alcuni vecchi amici” replicò lui. “Una piccola rissa. Niente di più”

    “Stai sanguinando!”

    Saltò in mente dal nulla a Buffy che questa era la prima volta che vedeva Spike, toccava e baciava Spike, dal giorno di San Valentino. Dalla notte in cui lui l'aveva toccata come un amante nel mondo vero. Era la prima volta che sentiva la sua pelle sotto la punta delle dita e assaggiava le sue labbra con le proprie da mesi. Si erano visti così frequentemente, ma non si erano toccati da quella che sembrava un'eternità.

    Sarebbe finita stanotte. Questa distanza forzata. Dopo la battaglia, sarebbero potuti andare da qualche parte insieme. Lei non avrebbe dovuto mai più svegliarsi da sola.

    Non che sua madre avrebbe approvato, ma quella era tutta un'altra questione.

    “Si? Dovresti vedere l'altro tipo” Spike si fermò pensosamente, riattirandola a sé e fuori dalla sua riflessione inopportuna. “Sarebbero tipi, a dire la verità. Plurale. Non importa esattamente, gattina. Sono polvere. Avrei immaginato che Angel sapesse che ci vuole più di una manciata di maledetti amichetti per fermarmi”

    Buffy sbatté gli occhi. “Amichetti?”

    Ci un un brusco, quasi offeso cenno del capo. “Giusto” concordò brevemente lui. “Scommetto che Dru era troppo occupata con l'incursione, giusto? A rubacchiare l'Osservatore?”

    “Come sai-”

    “Gli amichetti tendono a cianciare. Maledettamente tanto. Una delle ragioni per cui finiscono sempre polvere”

    Lei deglutì forte, la mente in corsa. Il mondo era in una rotazione senza fine. Spike era l'unica costante – che la stringeva, trattenendo il terreno sotto i suoi piedi dal rubarle l'equilibrio. “Giles?” echeggiò lei, la voce a malapena un sussurro. “Loro... loro hanno Giles?”

    “Il segaiolo non è riuscito a capire come svegliare il vecchio Stoney. Immagino che pensi che la tortura farà parlare il vecchio” Spike sospirò e le baciò le labbra. “Non lo ucciderà fino a quando il bibliotecario non parla”

    “Non lo farà” disse Buffy con fede. “Se Giles sa come... non parlerà”

    “Allora non morirà. Verrà torturato a morte, ma non morirà”

    Un'immagine, ingiustificata, del suo padre surrogato sanguinante e legato ad una sedia le balenò nella mente. I suoi interni si indurirono ancora per la rabbia. Fu calmata solo per un secondo dalla rassicurazione che sarebbe stato ancora respirante per quando si sarebbero precipitati al palazzo. Quelli che avevano nuociuto al suo Osservatore avrebbero assaggiato la morte.

    Tutti quanti. I seguaci. Angel. Dru. Tutti quanti.

    Buffy trattenne la lingua. Uccidere Dru avrebbe conficcato un cuneo tra lei e Spike che non voleva considerare, ma non c'era alternativa. Niente che la dissuadesse. Dru aveva ucciso Kendra. Dru aveva trascinato il suo Osservatore in una camera di tortura. Dru non sarebbe andata via da questo. Lei ed Angel sarebbero diventati polvere insieme, e i loro resti avrebbero ostruito la loro strada nelle viscere dell'Inferno.

    “Dopo che il mondo sarà salvato, ti aspetterà una lavata di testa” le disse Spike, attirandola fuori dalla sua fantasticheria omicida. “Sei andata dietro ad Angelus? Da sola?"

    “Io-”

    “Cristo, Buffy... hai una qualche idea...” Una lunga pausa si allungò tra di loro. Spike scosse la testa e lentamente la allentò dalle sue braccia. “Quando questo sarà finito” continuò, la voce tesa come se stesse cercando di tenere il controllo, “tu ed io faremo una piccola chiacchierata”

    “Tu ed io faremo una piccola cosa, va bene”

    Lui ghignò nonostante se stesso. “Insolente”

    “Lui ha Giles”

    Spike annuì e si voltò con lei mentre lei si girava nella direzione del palazzo. Dietro di loro, il poliziotto stava iniziando a gemere e a risvegliarsi sul cofano della macchina. Dovevano andare via – e adesso.

    “L'Osservatore ha la lotta in sé, amore. L'ha picchiato per bene il segaiolo, se la memoria non mi inganna”

    “Lui è ancora-”

    Lui annuì di nuovo, la mano che trovava il retro della sua schiena. “Lo tireremo fuori, amore”

    Si, l'avrebbero fatto. Avrebbero portato Giles al sicuro. Non avrebbe perso nessun altro. Non il suo vampiro. Non il suo Osservatore. Nessuno.

    Il pavimento sarebbe stato disseminato dalla polvere dei suoi nemici.

    Stanotte, si sarebbe liberata del passato, e sarebbe stata finalmente libera di abbracciare il futuro al suo fianco.

    Stanotte, avrebbe sistemato tutti i debiti.

    *~*~*


    Buffy aveva sfidato ancora una volta l'arresto per assicurarsi che i suoi amici stessero bene, e Spike era stato piuttosto inflessibile che lei non l'avrebbe fatto di nuovo. Quindi guardò da una distanza sicura mentre lui trasportava il suo Osservatore semi cosciente attraverso le porte del pronto soccorso. La uccideva non essere lì con lui. Più delle ferite sul suo corpo e il taglio che perdeva sangue lungo il braccio sinistro – lo stesso Spike aveva tentato di chiuderlo con la bocca, provando così che il mito dei vampiri e dei poteri guaritori della loro saliva era a dire il vero solo un mito. Voleva essere sicura con Giles mentre veniva trasportato via. Voleva vedere il suo viso ed essere rassicurata dal caldo orgoglio nei suoi occhi che stava sul serio bene. Non sarebbe stata soddisfatta fino a quando non l'avesse visto.

    Era vivo, comunque. E per promessa di Spike, sapeva che sarebbe rimasto in quel modo.

    Buffy si tese verso alcune altre questioni che aveva mentre Spike si prendeva cura del suo padre surrogato. Chiamò sua madre, rassicurando la donna isterica che sua figlia non era un'assassina, e le disse che avrebbe evitato la casa per alcuni giorni. Almeno fino a quando Xander, Cordelia, o qualcuno non correntemente all'ospedale potesse fornire ai detective una dichiarazione che la discolpava da sospetto numero uno.

    Era meglio tenersi occupati. Se si fosse fermata e permessa che gli eventi delle passate due ore fossero assorbiti, era sicura che il suo corpo si sarebbe dissolto in tremiti e si sarebbe persa in urla isteriche che avrebbero minacciato di assordare qualsiasi pensiero razionale che le fosse rimasto. Se si fosse fermata, avrebbe rivissuto in continuazione gli ultimi minuti di Angel, e quello era qualcosa che non avrebbe fatto.

    Quello che era fatto era fatto. Non si torna indietro. E mentre apprezzava la cosa definitiva, c'era una parte di lei che si era ripiegata immediatamente nel lutto. Non importava cos'altro, Angel come lei lo aveva conosciuto non aveva meritato il suo destino. Era morto, naturalmente. Lui e la sua controparte senz'anima erano da lungo andati.

    Era difficile immaginare un modo in cui avesse potuto respirare liberamente. Aveva temuto di affrontare Angel per così tanto, e senza nient'altro che un battito di occhi, era finito.

    Era finito.

    Buffy sospirò e incrociò le braccia, andando su e giù dal telefono a gettoni prima di chiamare sua madre ancora una volta per una rassicurazione di cui non aveva bisogno. Voleva Spike.

    “Dolcezza?”

    Lei saltò e si voltò. “Oh”

    “Oh?”

    “Stavo pensando che ti volevo e...” Sorrise in modo imbarazzato e gesticolò. Per qualsiasi ragione, sembrava che fossero stati separati per ore piuttosto che per minuti. E per quanto nervosa e insicura fosse, aveva bisogno di lui al suo fianco senza colpa. “Eccoti qui”

    La bocca di Spike si tese in un tenero sorriso e lui annuì, avvolgendole un braccio attorno al busto e attirandola vicina così che potesse baciarle la fronte. “Sta bene” disse piano. “Stava parlando coerentemente e tutto il resto quando me ne sono andato. Mi ha detto di portarti da qualche parte e scomparire per alcuni giorni”

    “Davvero?”

    “Beh, penso che sia questo quello che avrebbe detto se avesse capito il fatto che non sono più il fottuto nemico” Lui ghignò sarcasticamente, gli occhi illuminati quando lei ridacchiò. “Penso di averlo avuto vicino all'essere convinto per quando ho incontrato il tuo amicone paffuto e lui mi ha accusato di aver fatto fuori te e l'altra cacciatrice”

    Buffy roteò gli occhi. “Xander” borbottò. “Mi spiace”

    “Era solo preoccupato per te”

    Un sorriso dolce le allungò le labbra. “Devi essere anche più stanco di me”

    “Ero solo più desideroso di tornare da te e leccare il tuo delizioso corpo che pestare il tuo amico flaccido” Spike le baciò la fronte di nuovo e la strinse al suo fianco. “Andiamo a casa”

    Nient'altro al mondo sembrava migliore al momento. “Dov'è casa?” chiese lei stancamente.

    “Per il momento, lo squallido posticino in cui sto” Lui scrollò le spalle. “Non è il Ritz-Carlton, amore, ma ha una tv e un bagno. Per non parlare del grande letto comodo”

    Buffy sospirò, lo sfinimento si allargava attraverso ogni cellula del suo corpo esausto. Non le importava dove andavano fino a quando lui era al suo fianco. Il mondo stava ancora girando vorticosamente attorno alla sua testa confusa e i suoi pensieri correvano contro la realtà per conciliare tutto quello che era accaduto nelle scorse ore. Non aveva smesso di tremare, e a quel punto dubitava che l'avrebbe mai fatto.

    Era finito, comunque. Era finito. E non appena la polvere si sarebbe depositata, tutto sarebbe andato bene.

    *~*~*


    Nei giorni successivi, Buffy avrebbe saputo che Willow aveva pianificato di fare l'incantesimo di restituzione dal conforto e dalla sicurezza del suo letto di ospedale. L'incantesimo non era mai avvenuto, naturalmente, e Angel era stato polvere insieme a Drusilla in un impeto di rabbia accanto ad una statua di pietra che aveva rifiutato di svegliarsi. Giles era rimasto fermamente silenzioso sul secreto di come liberare l'ira di Acathla; sarebbe morto piuttosto che essere privato della sua conoscenza, e se Spike non fosse entrato con violenza quando l'aveva fatto, c'era stata una buona possibilità che lei avrebbe perso il suo Osservatore nel tiro incrociato.

    Come stavano le cose, la battaglia finale era stata piuttosto anticlimatica. I migliori seguaci di Angel avevano assaggiato la polvere quando avevano tentato di fare fuori Spike. L'egomaniaco non si era aspettato di vedere di nuovo il biondo vampiro, e di sicuro non si era aspettato che Buffy imperversasse sembrando pronta a fare del serio danno. No, aveva pensato che avesse tutto il tempo del mondo. Tempo per estrarre il segreto di come svegliare Acathla da Giles, e poi tempo a sufficienza per fare un po' di ricerca di suo se il silenzio resistente di Giles si fosse dimostrato una condizione veramente permanente.

    Angel si era ridotto in polvere con lo shock che gli bruciava negli occhi. Aveva lanciato un'occhiata al paletto che sporgeva dal suo torace e poi rialzato gli occhi sul viso determinato di Buffy, e si era dissolto in un centinaio di particelle color bronzo. Proprio come qualsiasi altro vampiro. Niente di spettacolare. Niente di veramente eccezionale. Alla fine della giornata, era solo un altro vampiro. Lei lo aveva ucciso. Lui se n'era andato. Angel se n'era andato.

    E così aveva fatto Drusilla.

    Ma non per mano sua.

    Spike non aveva menzionato cosa era accaduto da quando aveva lasciato il palazzo, e Buffy non avrebbe sfidato l'argomento con lui. Lui non aveva reagito molto mentre guardava la donna a cui si era devoto sbriciolarsi nel nulla. La sua mascella si era stretta e lui aveva emesso un lungo sospiro, ma non c'era stato niente di più.

    Ciononostante, il silenzio era spesso la più alta forma di comunicazione. Buffy non sapeva cosa dire quindi decise che non avrebbe provato. Tutto quello che sapeva era che Drusilla aveva cercato di ucciderla come risultato dell'impalettamento di Angel. Aveva gettato Buffy a terra, graffiando e urlando, follia gialla distesa nei suoi occhi demoniaci, e zanne rivelate in un modo che apparteneva davvero solo ai film horror. Era il viso del vampiro che Buffy non si era mai aspettata di vedere; Drusilla era sempre sembrata composta ed elegante, anche se era fuori di testa.

    Non aveva mai colpito Buffy come il proverbiale animale.

    La polverizzazione di Angel, tuttavia, l'aveva ridotta ad una bestia ululante. Aveva colto Buffy talmente di sorpresa che sapeva senza dubbio che sarebbe stata morta se Spike non fosse stato lì.

    Se Spike non avesse ringhiato e spinte il suo paletto caduto attraverso la schiena della sua ex amante.

    Era accaduto velocemente. Troppo velocemente per ripensarci o altro. E mentre Buffy aveva già deciso di mettere fine alla non vita di Drusilla, non aveva saputo cosa aspettarsi dal risultato.

    Non era questo. Non era l'imbarazzante consapevolezza che Spike aveva ammazzato la donna accanto a cui aveva trascorso un secolo. Una donna che una volta venerava. Una donna che, per tutti gli intenti e gli scopi, aveva solidificato la sua caduta nelle braccia di Buffy.

    Ci sarebbe stato tempo per riflettere nei prossimi giorni, sospettò lei. Adesso, voleva solo riposare.

    Riposare e celebrare.

    C'era qualcos'altro; una paura tacita che si nascondeva nel profondo della sua psiche; una che Buffy non voleva neanche aprire ma allo stesso modo qualcosa che lei sentiva dovessero discutere. E mentre Spike la scortava oltre la soglia della sua camera di motel – una vera camera di motel, una non confinata nei recessi dei loro sogni – lei trovò i nervi che danzavano vero la pazzia.

    I sogni li avevano portati insieme. Non l'avevano fatto questo fuori dai sogni. Non sul serio.

    Una relazione consisteva in più di momenti rubati alla fine della giornata. Lei voleva Spike nella sua vita se lui voleva farne parte. Lei lo voleva a fare la ronda con lei, a ballare con lei, a ridere con lei, litigare e allenarsi con lei; voleva tutto. Voleva i bonus aggiunti di averlo nella sua camera da letto come pure al suo fianco. I sogni li avevano portati insieme; poteva fidarsi della realtà per assicurarsi che niente li avrebbe strappati via?

    “Non è molto” disse Spike, dando un colpetto alla lampada al lato del letto. La piccola quantità di luce non si allungò lontano nella stanza, ma d'altra parte lei non era interessata a fare il tour. Buffy voleva solo riposare, e voleva farlo nelle braccia del suo amante. “Copre le basi, e cos'altro. Non mi ero mai aspettato che ti avrei portato qui”

    Lei si leccò le labbra, il cuore martellante. C'era una tensione nella voce di lui che lei non aveva mai sentito prima, e per un mezzo istante, pensò che lui potesse essere nervoso com'era lei. Buffy respinse l'idea altrettanto velocemente, ricadendo sulla consapevolezza che tutto era cambiato. Non c'erano barriere qui. Niente a proteggerli l'uno dall'altra. Niente a scacciare la consapevolezza e niente dietro cui nascondersi.

    La consapevolezza era sia esilarante che terrificante. Lei non sapeva se ridere o piangere, il che era proprio lo stesso, dato che era spaventata di diventare isterica se avesse emesso un suono.

    “Buffy?” Spike fu improvvisamente proprio di fronte a lei, i suoi occhi azzurri che la consumavano per intero. Non c'era condanna lì; nessun risentimento per essergli costata la sua sire. Invece, c'era solo tenerezza e preoccupazione. “Sei con me, gattina?”

    La sua gola si strinse e il polso accelerò, ma riuscì a trovare la voce lo stesso. “Che succede ora?” domandò con voce roca, appoggiandogli una mano sul torace.

    “Beh... come la vedo io...” Abbassò la testa e sfiorò le sue labbra con le proprie e il leggero sapore di lui le fece sciogliere gli interni in calore liquido. “Ti ho per me stesso ora, si? Nessun sogno traballante. Nessuna traccia di tua madre nascosta dietro la porta. Solo tu... ed io. Penso dovremmo saltare in doccia e lavare via la battaglia”

    La battaglia. Sembrava quasi innocuo. Come se niente fosse cambiato. Come niente fosse diverso.

    Solo che tutto era diverso.

    “Tu...” Buffy si leccò le labbra e sospirò. “Tu pensi... che sarà diverso ora?”

    Spike piegò la testa interrogativo, le mani le facevano scivolare con attenzione lo scialle sopra la testa. “Diverso?”

    “Tu... io... nessun sogno”

    Lui la considerò per un lungo silenzioso secondo prima che la comprensione trapelasse in avanti. Poi quasi altrettanto inesplicabile, una fitta di divertimento si scontrò con l'adorazione nei recessi dei suoi occhi. “Sarà splendente, amore” le promise lui dolcemente. “Io non... non sono al mio meglio adesso, ma te lo giuro, saremo splendenti insieme”

    “Hai ucciso-”

    Le parole vennero dal nulla e non furono ridotte al silenzio. Il suo subconscio, sembrava, fosse troppo inflessibile riguardo al mettere tutti i pezzi insieme sulla scacchiera, a dispetto di quello che voleva il suo conscio. Tuttavia, la luce negli occhi di Spike non si affievolì al breve ricordo di quello che era accaduto. Se altro, la determinazione lì si indurì in qualcosa di più forte di niente che lei avesse mai testimoniato prima.

    “Lei stava cercando di farti del male, passerotto” replicò piano Spike, stringendosi nelle spalle. “Non dico che non abbia bruciato... fare quello che ho fatto. È stato così. Maledettamente giusto, l'ho fatto. Ma ti amo. Al diavolo se so qualcosa oltre questo. Io amo te. Sono così innamorato di te che è fottutamente difficile ricordare che non ho bisogno di respirare a volte. Dru... lei ha cercato di farti del male. Se fossi solo rimasto lì in piedi... Cristo, non mi sarei mai perdonato”

    Gli occhi di Buffy si annacquarono impossibilmente di lacrime. Si pensò troppo debole per piangere; ma si era sbagliata. Sembrava che avesse torto su così tante cose. E se altro, decise in quel momento che non avrebbe mai più sottovalutato il suo amore per lei. Il loro inizio poteva essere stato accidentato, ma non c'era nient'altro che onestà e amore tra di loro adesso. Ora e per il resto dell'eternità.

    Dopo tutto, Spike non le aveva mai mentito. Non l'aveva fatto ancora e lei sapeva non l'avrebbe mai fatto.

    Mai.

    “Questa non è la fine di niente, dolcezza” mormorò lui, lanciandole a terra il pullover prima di portare le mani al bordo della sua maglietta. “Finalmente ti ho qui. Sei davvero qui...” In secondi lei fu nuda dalla vita in su tranne per il reggiseno sportivo che indossava, e lui velocemente la privò anche di quello. Poi i suoi seni furono nelle sue mani, i pollici che le stringevano i capezzoli mentre i suoi respiri irregolari si scontravano contro la sua gola. “Sei davvero qui. Questa non è la fine di niente. No... Dio, no...”

    La sensazione era una cosa strana. La sensazione aveva un modo di muovere i limiti di tempo e spazio. Era per la sensazione delle labbra di Spike sulla sua pelle che Buffy non notò la sua lenta, metodica rimozione dei suoi vestiti. Era per la sensazione delle mani di Spike che le accarezzavano il corpo che Buffy non registrò la caduta sul materasso. Era per la sensazione del cazzo di Spike che scivolava tra le sue labbra vaginali bagnate che Buffy non registrò la vita delle sue zanne fino a quando lui mormorò il suo nome. Fino a quando lui non la blandì verso di lui con un gentile sussurro, la punta delle dita che le accarezzavano gentilmente il viso.

    “Dimmi che mi ami” mormorò lui.

    Buffy boccheggiò quando lui tuffò una mano tra di loro, le sue pelvi si inarcarono via dal materasso e contro le sue dita vagabonde. Lui le trovò la clitoride in pochi secondi, i suoi occhi affamati divorarono il suo piacere come se fosse il proprio.

    “Ti amo” ansimò lei, sgroppando forte sotto di lui. “Dio, Spike, ti amo così tanto”

    “Davvero adesso?”

    “Oh Dio, si...”

    Un sorriso gli attraversò il viso mentre la bocca si avvicinava alla sua gola. Avrebbe dovuto terrorizzarla; lui era completo demone al momento. Le rughe vampiriche segnavano la sua fronte e lo splendore giallo dei suoi occhi – tutto di lui era mostro. Ma era il suo mostro, e lei lo amava.

    E per Buffy, quello era tutto ciò che importava.

    “Vi vuoi ancora, piccola?” chiese Spike piano, la testa del suo cazzo che le accarezzava le labbra mentre le sue dita le massaggiavano la clitoride. Scintille di euforia le si allargarono sulla pelle bollente, e senz'avviso lei fu completamente vigile. Lo sfinimento che aveva comandato ogni muscolo nel suo corpo era improvvisamente non esistente. “Mi vuoi dentro di te?”

    “Unh... Spike...”

    Un sorriso gli si distese sopra le labbra meravigliose. Poi lui la baciò, e la tenerezza dietro la carezza la fece sciogliere ancora una volta.

    Aveva ragione. Dio, aveva così ragione. E lei non avrebbe dubitato di nuovo. Non c'era fine per loro. Nessuna fine a questo. La battaglia era finita, ma loro erano solo all'inizio. E fino a quando avrebbero avuto l'uno l'altro, sarebbero sempre stati.

    “Ti voglio marchiata mia” fece le fusa Spike, gli occhi lampeggianti quando lei si lamentò e si inarcò sotto di lui. “Ricordi cosa ti ho detto?”

    Lei annuì forte, un rantolo soffocato le si strappò dalla gola. “Per sempre”, ansimò lei.

    “Lo vuoi ancora?” chiese lui, la voce calma ma tesa, gli occhi ambrati splendenti di bisogno. “Mi vuoi ancora per sempre?”

    “Sempre”

    Un ringhio appassionato squarciò nell'aria mentre la testa di lui scendeva. Lui le leccò le labbra e le baciò la bocca mentre il suo cazzo scivolava contro la sua carne scivolosa, bagnandosi nella sua umidità e facendola uscire fuori di testa come mai era stata. “Ti amo” mormorò lui. “Dio...”

    “Per favore...”

    Lui annuì con energia mentre affondava dentro di lei, gemendo ad alta voce contro la sua pelle e stringendola così forte che il mondo sarebbe potuto scomparire via. Il piacere le divise gli interni, la sua fica si tese e serrò contro il suo cazzo, determinata a tenerlo bloccato dentro il suo calore umido per sempre.

    Non c'era completezza se non c'era questo.

    “Cazzo, Buffy” gemette Spike, il tuo tocco abbandonava la sua clitoride per risalire il suo corpo, le dita che si intrecciavano con le sue. “Sei così meravigliosa”

    “Ohhh...”

    “Così stretta. Così perfetta” Lui la baciò di nuovo, la bocca scivolava verso il basso fino a quando le sue zanne le sfiorarono la colonna della gola. “Ora, Buffy? Posso renderti mia ora?”

    Le lacrime le punsero gli occhi e lei strinse i suoi muscoli vaginali attorno a lui, la meraviglia dell'invasione del suo corpo che si scioglieva in disperazione per la sensazione scivolosa del suo cazzo che andava dentro e fuori da lei. Aveva bisogno di sentirlo. Aveva bisogno che lui colpisse quel perfetto fascio di nervi nel profondo dentro di lei. Aveva bisogno dei suoi incisivi d'avorio dentro di lei mentre il suo cazzo lavorava la sua fica. Aveva bisogno di tutto quello che lui aveva da darle, e ne aveva bisogno adesso. “Per favore!” La parola uscì fuori come un rantolo implorante. “Per favore!”

    Per un secondo lei pensò che lui potesse stuzzicarla, negarla, farla arrivare ad una irragionevole pazzia prima di darle ciò di cui aveva bisogno. Lei pensò lui potesse, ma lui non lo fece. Invece ci fu un gemito di resa associato al dolore mischiato al piacere delle sue zanne che le tagliavano la pelle. Fece male solo per un secondo – solo un secondo – poi il suo corpo esplose di beatitudine.

    Questo. Questo era suo.

    “Mia” fece le fusa Spike contro la sua gola. “Sei mia, Buffy”

    “Si. Oh si”

    Qualcosa dentro di lei si chiuse e lei conobbe nient'altro che completezza. Era qualcosa che aveva saputo da tanto. Qualcosa che Spike le aveva detto centinaia di volte. Qualcosa che aveva confessato molto prima che sapesse quanto disperatamente lo amasse; prima che anche sognasse di poter essere qui. Sotto Spike mentre lui si muoveva contro di lei. Mentre il suo corpo la spingeva nei regni del piacere che mai aveva pensato di toccare – mai aveva immaginato esistessero.

    E poi lui la stava guidando verso l'alto, la sua mano le prese a coppa il retro del collo e premette la sua bocca contro la carne della sua giugulare. “Mordimi, piccola” implorò lui, i fianchi che ruotavano, il cazzo sistemato nel profondo dentro di lei. “Per favore. Rendimi tuo”

    Lei morse fino a quando il suo sangue le bagnò la lingua, e bevve. E quando lo sentì mormorare, “Tuo”, in risposta al suo reclamo, seppe che era arrivata a casa.

    *~*~*


    Avrebbe potuto trascorrere ore a fare l'amore con lui. A memorizzare ogni angolo del suo corpo meraviglioso. Ad esplorare le cicatrici che il tempo aveva rifiutato di dimenticare con la sua lingua, trovando i suoi punti sensibili al solletico, a strofinare il suo cazzo con le mani e a prenderlo quanto più a fondo fisicamente possibile nella gola. Avrebbe potuto amarlo per ore, e nel risultato della loro unione, non voleva dormire.

    “Vorrò questo ogni giorno” mormorò Spike da dove riposava tra le sue cosce, la lingua che si appropriava di una leccata sensuale alla sua clitoride. “Sai di...”

    Il suo corpo protestò impossibilmente quando la sua bocca le lasciò la fica. Era esausta oltre l'esausto, ma voleva di più. Voleva lui dentro di lei di nuovo. Voleva il suo cazzo tra le labbra e i suoi gemiti risuonarle nella testa. Voleva tutto. Più e più volte. “Non smettere-”

    “Non smetto. Non smetto mai. Non posso... con con te attorno” Lui ghignò e si alzò comunque a carponi, risalendo su per il suo corpo, davvero molto come il gatto che ha mangiato il canarino. “Era uno sbadiglio quello?”

    “No”

    “Buffy...” Spike tuffò la testa e strofinò il viso contro il marchio sulla sua gola. Quello che la proclamava sua davanti a tutto il mondo. “Prenderò questa cosa dell'unione in modo giusto, mi senti? Ad iniziare con... abbiamo appena salvato il mondo e ci siamo scopati fino a diventare ciechi. La mia ragazza ha bisogno del suo riposo di bellezza”

    Buffy mise il broncio ma non aveva la forza di litigare con lui. Invece, soffocò un altro sbadiglio e si rannicchiò contro di lui mentre lui li faceva girare sul fianco, il suo torace premuto contro la schiena di lei, il suo braccio sopra la sua vita. Lei si modellò su di lui come se fossero stati fatti in quel modo.

    Non ci sarebbe stata paura di dove sarebbero andati avanti. Non quando lei aveva già vinto la giornata. Spike era con lei, ed era suo.

    Era davvero suo.

    “Sogni d'oro, gattina” mormorò lui, non senza una dose di ironia.

    Per non essere battuta, lei ghignò e ricambiò con un assonnato, “Un sogno è un desiderio che fa il tuo cuore”

    Lui ridacchiò. “Nessun bisogno di dirmelo”

    “Mmmm” mormorò Buffy, scivolando nell'incoscienza. “Ci vediamo presto...”

    Spike le baciò la gola con un ronfo contento, il braccio si strinse attorno a lei. “Non vedo l'ora”


    Fine


    VOGLIO UNA MAREA DI COMMENTI CHE LODI QUESTA STORIA!<3

     
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  11. Spuffy_Mikela
     
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    Bellissimaaaaaaaaaa!
    u.u
     
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  12. kasumi
     
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    Dunque.. mi sono fermata a metà del capitolo 8 perchè non ce la facevo davvero più a reggere una Buffy così piagnucolosa e palesemente OOC! >____<

    Lo smut del capitolo 2 è fantastico, ma la storia non è granchè.. Incentrata solo su Buffy e Spike (ed i loro sogni), e banale in alcuni punti.. sebbene l'autrice non scriva male, lo devo ammettere.
    Se sono arrivata all'8 è perchè l'autrice non se la cava male con l'introspezione e il modo di farti immedesimare in Buffy!
    Peccato che si è rovinata con la caratterizzazione. Peccato davvero, perchè le storie struggenti mi piacciono.
    Anche il fatto che gli amici evitano Buffy? Naa.. troppo OOC. Non ha senso.
    E Spike? Passi che non sia cattivo come dovrebbe essere nella seconda stagione, ma addirittura scusarsi e dirgli che le dispiace? Persino dopo che Buffy gli ha detto che ha fatto un pomp.. ad Angel per ferirlo? Mah.. °_°
    Quello ha fatto traboccare il vaso! XD

    La traduzione di Flo non è male e la ammiro tanto per aver avuto la pazienza di tradurre tutte queste pagine! *.* Anche se ci sono alcune parole ed espressioni che non ha tradotto bene.

    CITAZIONE
    Quindi il suo più-o-meno-ragazzo era del tutto responsabile del suo attuale dolore nel culo.

    LOL sarebbe una "rottura di scatole" in italiano.

    Mi chiedo però perchè non sono state riportate le note della fiction, che ho trovato in un altro forum e che riporto qui, nel caso kate voglia metterle all'inizio per completezza.

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    Raiting: NC17
    Genere: Romanzo, Angst
    Warnings for: Linguaggio adulto, Sesso
    Pairing: Spike / Buffy
    Timeline: Seconda stagione

    Sommario: Mentre le sue notti sono occupate a combattere il male, i suoi sogni sono tormentati da un devastamente sexy, per non dire del tutto cattivo, vampiro. Il tipo di vampiro che incarna la definizione di frutto proibito; il tipo di vampiro che Buffy può avere solo in sogno. Ma quanto è sottile la linea tra sogno e realtà? E più importante: quanto sottile lei vuole che sia?

    I capitoli sono 15 ma sono molto lunghi.

    Il link indicato al testo originale non funziona più, ma ho trovato questo.
    www.nocturnal-light.net/fanfiction/story/313/Dreamscape/all

    Ciao!
     
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  13. piccola06
     
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    A me è piaciuta tantissimo, è vero che è molto OOC ma sinceramente non me ne importa nulla l'importante e che parli di Buffy e Spike :D Complimenti ad autrice e traduttrice.
     
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  14. cuzza
     
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    Bellissima storia adoro Spike e assolutamente fantastico!come si fa a non amarlo!!!
     
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  15. Redan
     
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    Iniziai a leggere questa storia tempo fa ma poi la abbandonai perchè i personaggi erano troppo OOC. Soprattutto Buffy, è praticamente irriconoscibile. L'ho ripresa però nei giorni scorsi e letta tutta e in fin dei conti la considero una storia carina, soprattutto molto sexy, ma trovo che idealizzi davvero troppo il rapporto tra Buffy e Spike, specie se si considera che qui ci troviamo solo nella seconda stagione.
    Bella, ma poteva essere scritta meglio.
     
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15 replies since 11/4/2011, 19:33   2180 views
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