A new beginning

spuffy, post chosen

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  1. MrsBadGuy
     
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    Non è che abbia molta stima di questo lavoro, ma è stata la prima cosa in assoluto che io abbia scritto, anni fa, che non si trattasse di una pagina di diario.
    La correggerò in onore del forum, per poterla postare -quasi- senza vergogna :D
    Buona lettura.



    A NEW BEGINNING





    PAIRING: Buffy/Spike

    TIMELINE: Post Chosen. Non tiene conto della 5° stagione di Angel.

    SUMMARY: Buffy si è lasciata la voragine alle spalle e si è rifatta una vita a Roma. Ma qualcosa la tiene ancorata al passato.

    RATING: Verde.

    FEEDBACK: Perchè no :)

    NOTE: E' stata la mia prima ff, il mio primo scritto. Ha più un valore sentimentale, che altro!




    Prologo


    I turok-hun avanzano velocemente verso di noi. Come un'ondata di terrore e malvagità, sembra ci vogliano fagocitare.
    Il cuore mi martella nel petto, cerco di farmi coraggio.
    Non ho paura di morire, quella mai.
    Ho già provato la morte e, francamente, a volte mi ritrovo ancora a rimpiangerla.
    Immaginare la morte delle persone che amo: è questo il mio vero terrore.

    La battaglia procede feroce e spietata. L’incantesimo di Willow ci rende tutte forti, ma cos’è la forza senza l’esperienza? Tante potenziali cadono davanti ai miei occhi.
    Poi all’improvviso la luce, la tua voce che mi chiama, disperato. In un lampo tutti i turok-hun sono polvere.

    -Hai fatto abbastanza, vieni anche tu.
    -No, tu li hai battuti e io farò pulizia.

    La mia confessione d’amore, sempre troppo scarna, troppo semplice per te, che meriti di più.
    I tuoi occhi colmi di felicità e di gratitudine, ricchi di mille promesse che avresti voluto mantenere, ma che si stanno dissolvendo davanti a te, davanti a noi.
    Quegli occhi che tante volte mi hanno parlato, raccontandomi verità a volte scomode. Quegli occhi che non hanno mai conosciuto il rimpianto, perché nel bene e nel male, hai sempre agito col cuore. Il tuo cuore che non batte.

    Come ti invidio Spike. Anche io vorrei poter dire di aver agito col cuore, e non avere rimpianti nella mia vita. Quante cose, ora, sarebbero diverse.
    Quante volte avrei potuto vivere, e non sopravvivere.

    Ma perché farmi comandare da questa stupida razionalità che non mi ha mai portato niente, se non sofferenza?
    Le nostre mani infuocate si dividono per una scossa di terremoto, ma io non posso lasciarti qui.
    Prendo il gingillo alla Liz Taylor, come l’hai definito tu, e te lo strappo dal collo.
    La luce finisce, tu mi guardi con gli occhi fuori dalle orbite, non capisci, in realtà neanche io capisco cosa sto facendo. Ti prendo ancora per mano e cominciamo a correre veloce, su per le scale, i corridoi, il tetto, e con un balzo siamo sul pullman.
    Quando ci fermiamo a guardare i resti di una vita che non ci appartiene più, tu mi prendi per mano. I tuoi occhi in questo momento sono di nuovo colmi di speranze e promesse, per me, solo per me, mi interrogano in una danza di sguardi che ci porta lontano da tutto e da tutti.
    - Certo che è vero…- e tu questo lo sai.


    ***




    - BUFFYYYYYYYYYYYY!!!!!!!!!!!


    La voce di mia sorella mi riportò alla realtà. Mi svegliai con fatica, strizzando gli occhi alla luce che entrava dalla finestra.
    Era il suo primo giorno al college di Roma, e da settimane cercava in tutti i modi di trasmettermi un po' della sua eccitazione per la nostra nuova vita.
    Non si rendeva affatto conto che era solo lei a vivere, in quella villetta nella periferia della capitale italiana.

    Quella che conducevo si poteva chiamare vita, Spike?

    Mi avvolsi nella vestaglia che Dawn mi aveva regalato, di un allegro celeste perlato che io detestavo, ma che a detta sua mi donava tantissimo, e scesi a preparare la colazione.
    Da tempo, i miei sogni non mi sorprendevano più.
    All’inizio, quando eravamo ancora ospiti in Inghilterra da Giles, mi svegliavo di notte in preda ad una strana calma che mi accompagnava nel momento successivo al mio risveglio, credendo che fosse la realtà.
    Poi tutto si dissolveva, quella profonda sensazione di calma e beatitudine si frantumava come un vetro, riportandomi alla mia vita. La conseguenza erano ore di pianto chiusa in camera, nascosta dal mondo, da sola, a pensare, e come al solito a rimpiangere…

    Poi ne feci l’abitudine.
    Anzi, la notte diventò il mio spiraglio di luce, i pochi momenti in cui sentivo di vivere davvero.
    Ma è mai stato diverso?
    In fondo, la mia vita alla luce del sole è sempre stata un triste surrogato di qualcosa che non avrei mai avuto.
    Trasportando tutto nei miei sogni, avevo solo facilitato ancora la mia esistenza.

    ‘Ma voglio che tu sappia che io ti ho salvato, non quando contava purtroppo, dopo. Ogni notte nei miei sogni io rivivo tutto daccapo, ma in modo diverso. Sono sempre più veloce, reattiva. Dozzine di volte, sempre in modi diversi. Ogni notte io ti salvo.’
    Già, ogni notte io ti salvavo.





    :huh:
     
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    Io ti impedirò di bulleggiare questa storia, sappilo! è__é

    Quando la lessi la prima volta mi emozionò. Credo fortemente che RTS (chi non ha letto non capirà l'abbreviazione! XD) sia molto più buffiana nei contenuti, perché più corale, perché sposta l'attenzione su altri temi e personaggi, ma questa storia ha un qualcosa e sono contentissima di rileggerla.
     
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  3. MrsBadGuy
     
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    <_<
    Io non capisco dove lo prendi TU tutto questo amore per questa ff! Io in molti punti la trovo anche tremendamente OOC!
    Comunque correggendola (anzi, molti punti li sto riscrivendo...non credevo di riuscire a farlo :D ), sto cercando di evitare gli strafalcioni... non posso fare miracoli, ma almeno arginare il danno!
    Corretto anche il primo capitolo!


    1° capitolo


    -Allora Buffy, l’entrata è alle 8.00 in punto. Quindi fai in fretta perché non voglio arrivare in ritardo il mio primo giorno. L’uscita è alle 14:10.
    Le 14:10, ti rendi conto??????? Al liceo di Sunnydale a quell’ora eravamo a metà delle lezioni! E poi tutte le lezioni si svolgono in una sola aula, capito? Non dovrò cambiare aula ogni ora! Che bello! All’inizio ci sarà una professoressa che mi aiuterà con la lingua e…Buffy ma mi ascolti?
    Soffocai uno sbadiglio, e avevo già voglia di ucciderla.
    -Dawn, guarda che c’ero anch’io nella segreteria della scuola a parlare con il preside. Non c’è bisogno che mi ripeti tutto! E poi guarda l’orologio, non sono neanche le 7:00! E ci vogliono solo 5 minuti per arrivare da qui a scuola con la macchina! Ho tempo anche per farmi un bel giro turistico in macchina!
    -Ma mi stai prendendo in giro?- mi disse, in tono stizzito.
    -No, ma come ti salta in mente? Comunque, parliamo seriamente, appena esci da scuola c’è il pullman che ti porta direttamente in hotel, c’è la fermata di fronte. Io stacco alle 14:30, e poi andiamo a pranzo. D’accordo?
    Dawn annuì con una frittella tra i denti, e corse su a prepararsi.
    La guardai con un misto di emozioni: non avevo nessun dubbio sul fatto che se la sarebbe cavata.

    Io avevo trovato lavoro alla reception di un albergo. La paga era ottima, gli orari comodi. Non avevo nessun rapporto con i miei colleghi, se non quello che imponeva la buona educazione, e andava benissimo così.

    Dopo circa mezz'ora eravamo entrambe pronte. Ci misi poco ad accompagnare Dawn a scuola, ed eravamo in netto anticipo. La lasciai comunque davanti all'entrata, e lei non perse tempo, avvicinandosi a delle sue coetanee.
    Rimettendomi alla guida mi persi distrattamente nelle canzoni che trasmettevano alla radio.
    Col tempo avevo imparato a cancellare ogni mio pensiero col sorgere del sole.
    Non era una cosa che mi costava fatica, soprattutto da quando mi trovavo a Roma. Semplicemente vivevo in modo meccanico, ripetevo le mie azioni -a volte anche i miei discorsi- giorno dopo giorno, senza nessuna pretesa.

    Arrivata al bancone salutai tutti con un mal pronunciato buongiorno, e mi misi subito al lavoro dietro la mia scrivania.
    Il giorno prima ero riuscita a sbrigare tutte le pratiche, perciò mi restava una buona mezz'ora di tempo prima che cominciasse l'andirivieni dei clienti. Ne approfittai per rispondere all'email di Willow.
    Lei si trovava in Africa, a studiare delle misure di conoscenza e autocontrollo del suo potere. Da sola.
    Kennedy era partita con lei, ma l'aveva lasciata poco tempo dopo, dopo una violenta discussione.
    In realtà, dalle sue parole, avevo l'impressione che, semplicemente, non si fossero trovate.
    E' sempre molto facile infatuarsi di qualcuno. Ma trovarsi è ben altra cosa.
    Avevo sempre evitato di dirlo direttamente a Willow, ma Kennedy non mi era mai piaciuta.
    Troppo infantile per la mia amica, troppo... diversa da Tara.

    Tara... un'altra anima sacrificata. Un altro immenso dolore.

    Xander invece girava il mondo, dopo aversi lasciato con un biglietto in cui ci diceva che non voleva pensare a niente.
    Probabilmente, anche lui, non si era ancora ripreso dalla morte di Anya.

    Giles, intanto, si trovava ancora a Londra, a rimettere in piedi il Consiglio. La nuova missione era cercare le cacciatrici risvegliate in tutto il mondo, aiutarle a capirle il loro potere e guidarle. Non aveva tanti collaboratori, ma era speranzoso. Fra i suoi fedeli restava però Andrew, intenzionato a diventare un ottimo Osservatore.
    Lui e Dawn si sentivano periodicamente, con lunghe telefonate. Non mi dispiaceva: vedevo quanto questo mettesse di buon uore mia sorella.
    Lei aveva ripreso a vivere.
    Io non ancora.

    Con lei non facevo mai il nome di Spike. In realtà, dopo il cratere, non l'avevo più nominato, in base ad un tacito accordo preso con gli sguardi.
    Sapevo quanto morivano dalla voglia di sapere cosa era successo prima della distruzione, ma fortunatamente avevano avuto il tatto di non farmi domande.
    Anche io, per quanto all'inizio fosse difficile, evitavo semplicemente il pensiero. Era tabù, anche con me stessa. Forse anche per questo, di notte, il mio inconscio si ribellava, dandomi tutte le immagini che cercavo di cancellare.
    L'unica eccezione, la feci poche settimane dopo essere arrivata a Roma.
    Stavamo ancora sistemando la casa, e Dawn, stanca, era uscita a fare un giro, ‘per sentire l’aria italiana’.
    Io ero da sola e guardavo fuori dalla finestra. Mi chiedevo se lui fosse mai stato nella ‘città eterna’…non gleilo avevo mai chiesto.

    Quante cose c'erano, di lui, che non sapevo, che non avevo mai voluto sapere.
    Conoscevo poco, in fondo, di Spike. Mentre lui... lui mi conosceva meglio di chiunque altro, anche meglio di me stessa.

    Mi senti, amore mio? Spike, mi senti?
    Lo senti questo dolore che mi lacera l’anima e mi fa soffocare?
    La senti questa solitudine che circonda come un mantello nero il mio cuore e mi toglie il respiro?
    Mi guardi da lassù? Mi proteggi ancora, come hai sempre fatto?


    I pensieri cominciarono a girarmi vorticosamente intorno, e, presa da un attacco d'ansia, mi decisi a chiamare Will, per poter parlare con qualcuno e per non pensare. Riuscii a mettermi in contatto con lei dopo un po’.
    Will era piuttosto euforica perché stava provando nuovi incantesimi ‘purificatori’ e perchè Kennedy sembrava aver accettato l’idea di rimanere con lei in quella tribù.
    Cominciammo a parlare di tutto un po’.
    Poi, all’improvviso, io scoppiai a piangere.
    Non so perché, né come, ma in quel momento tutta la mia sofferenza e la mia insoddisfazione vennero fuori come un uragano.
    Willow non disse niente, ascoltava i miei singhiozzi, colmi di mille parole e colmi di nostalgia.

    Nostalgia di una vita che avevo sempre disprezzato, di un’esistenza che mi aveva dato tanto dolore, nostalgia di mia madre, degli amici che avevo perso, nostalgia di quello che per sette lunghi anni mi aveva fatto da padre, seppur sbagliando a volte, nostalgia dei miei amici.
    Ma, soprattutto, nostalgia di Spike.

    Mi manchi William, Dio sa quanto.

    Chiusi la comunicazione con Willow con un peso in meno nel cuore.
    Lei non mi aveva chiesto niente, aveva capito che, in fondo, non c’era molto da chiedere.




     
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    Per adesso bene. ù_____ù

    Io amo questa fanfic per l'atmosfera che mi fa respirare. *__* Più chiaramente di così non saprei spiegartelo. E' tutta pervasa di nostalgia e dolcezza, scioglie il cuore a leggerla.
    In questo senso si distacca dal modello whedoniano molto più bastardello, e anche perché io ho sempre immaginato che, dopo Chosen e NFA, Buffy avrebbe continuato a guidare i suoi soldati (e Whedon mi ha dato ragione! *C*) però tu sei troppo brava a parlare d'amore.
    E non quando ci arrivi dico le altre ragioni, altrimenti faccio spoiler. ù__ù
     
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  5. MrsBadGuy
     
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    Lo giuro: la finirò!


    2° capitolo

    Quella mattina il responsabile, il Signor Caroli, mi convocò nel suo ufficio dicendomi che un gruppo di ragazzi inglesi sarebbe arrivato all’albergo per un progetto dell’Università, e chiedendomi quindi di essere a loro completa disposizione per qualsiasi cosa. Diedi la mia completa disponibilità senza entusiasmo, tornando alla scrivania.
    Il lavoro da sbrigare mi occupò tutto il tempo, facendo volare la giornata.
    A pranzo io e Dawn ci fermammo in un ristorante italiano, e lei senza fermarsi un attimo mi raccontò della sua giornata scolastica. Era entusiasta di quello che viveva, glielo si leggeva negli occhi.
    Invidiavo la sua euforia. Cercavo, in qualche modo, di prenderne un po’, di farla mia, di lasciarmi contagiare. In fondo, era lei la mia unica, vera famiglia. Mi restava solo lei da proteggere, quindi la sua gioia doveva essere anche la mia.
    Ma non ci riuscivo.
    Non riuscivo a provare e a capire il suo entusiasmo, non riuscivo a empatizzare con lei, e ai suoi racconti entusiastici preferivo allontanare il pensiero, e chiudermi nel mio dolore.
    Quello che era sempre lì, che a tratti non mi faceva respirare.
    Il sole, quel giorno, splendeva alto, illuminando tutto di una luce quasi fastidiosa. Chiusi un attimo gli occhi, quel tanto che bastava per annusare l’aria e concentrarmi sui profumi. La primavera era lontana, ma riuscivo a sentire l’odore che portano i fiori quando stanno per sbocciare.
    Per un attimo mi sembrò di sentire il suo odore nauseabondo di tabacco.
    Strinsi le mascelle, e bevvi un sorso d’acqua per soffocare il nodo in gola.
    Mi mancava anche quello.

    Dawn fermò il suo racconto per rispondere al cellulare, e si allontanò un attimo dal tavolo. Io restai a fissare il mio piatto di pasta al pomodoro con aria assente, quasi contrita.
    Non so per quale giro di pensieri, mi venne in mente il suo sguardo, quando mi vide scendere da quelle scale, al mio ritorno.
    Quello sguardo che, adesso, avrebbe riempito il buco nel mio stomaco, ma che allora non mi provocò niente, se non terrore.
    Pensai al suo dolore durante la mia assenza. Forse nemmeno paragonabile al mio.
    Ma lui aveva ancora la sua forza, la sua promessa per andare avanti.
    Io ero rimasta con un niente tra le mani. Con un pezzo d’anima ridotto in polvere e deposto in un cratere a sud della California.
    Mia sorella tornò al tavolo sorridente, proprio mentre io pensavo che quel tormento non sarebbe mai finito.
    La mia non-vita.


    ***

    Il giorno dell’arrivo del gruppo di ragazzi inglesi, il responsabile mi chiese di andare prima al lavoro. Io avevo messo la sveglia praticamente all’alba, eppure mi svegliai prima di sentirla. Di soprassalto.
    Avevo avuto i miei soliti incubi. Ma quella mattina ci fu un dettaglio diverso, che mi inquietò.
    Mentre eravamo insieme sotto il sole, a tenerci per mano, Spike mi aveva preso per le spalle, cominciando ad urlare con rabbia:
    - Che cosa hai fatto? Che cosa avete fatto? E’ tutta colpa vostra se adesso sto bruciando veramente, è tutta colpa tua!
    Sotto la doccia calda i brividi di freddo non si fermarono, ripensando a quell’incubo. Rivedevo il suo sguardo colmo di odio e terrore che puntava il mio.
    Mai, mai nella mia vita avevo letto quei sentimenti nei suoi occhi.


    Mi odi adesso William? Dall’inferno mi maledici per quello che è successo?
    Fai bene. E’ la stessa cosa che faccio io.


    Mi preparai con estrema lentezza, e andai giù a fare colazione.
    Aspettavo con trepidazione che cominciasse la mia giornata lavorativa, per darmi la possibilità di smettere di pensare.


    3° capitolo


    Il fermento e la confusione in albergo superarono di gran lunga le mie aspettative.
    Il responsabile ci teneva a far trovare l’albergo al massimo splendore.
    Prima dell’arrivo del pullman, mi convocò ancora nel suo ufficio, per farmi una raccomandazione.
    - Signorina Summers le ho già chiesto di essere totalmente disponibile con questi ragazzi, anche perché grazie alla sua madrelingua sicuramente è quella più idonea a questo ruolo. Le devo chiedere un’altra cortesia: all’interno del gruppo ci sarà anche un ragazzo che, a detta del rettore, ha alcuni problemi. Dobbiamo mantenere il massimo riserbo e rispetto, perché sembra essere il pupillo del professor Stevens. Mi fido di lei, so che non mi deluderà.
    Risposi che non ci sarebbe stato nessun problemo, e tornai in reception. Il pullman era finalmente arrivato, e mi aspettavano parecchie registrazioni da fare.

    Mentre raccoglievo i documenti dei ragazzi, vidi il Signor Caroli che seguiva fuori quello che doveva essere il professore, un uomo dall’aria buona e i capelli bianchi.
    Parlottarono a lungo, prima di entrare nel pullman, e uscire qualche minuto dopo con un ragazzo completamente coperto da una lunga mantella e dei grossi occhiali da sole. Il ragazzo fu subito accompagnato nella sua stanza, una camera attigua alla suite del professor Stevens. Il responsabile mi aveva già detto che non necessitavo dei suoi dati, perché sarebbe figurato nella stanza del professore.
    Spostai il pensiero sui ragazzi di fronte a me, che entusiasti continuavano a farmi domande.
    La questione di questo ragazzo malato non mi riguardava minimamente, anche se mi incuriosiva leggermente.
    Sovrappensiero, strabuzzai gli occhi di fronte al ragazzo di fronte a me che ripeteva il mio nome.
    - Buffy? Ti chiami Buffy? Che nome strano! Ciao, io sono Robert. Ti hanno mai detto che sei bellissima? Hai degli occhi che sembrano due diamanti.
    Sorrisi educata al ragazzo che scrutava il mio cartellino, chiedendo i suoi dati. I complimenti continuarono, ma io fui stoica nel mantenere la calma e ignorarlo.

    Al telefono, mia sorella, starnazzava come un’oca. L’avevo chiamata per avvisarla che non avemmo pranzato insieme perché sarei rimasta al lavoro, e quando sentì il motivo, cominciò la sua pazza teoria.
    - Dei ragazzi inglesi? Buffy ma è fantastico, stupendo, meraviglioso! Sai cosa significa questo? Che tu sarai la loro eroina perché l’unica a parlare bene la lingua! Sicuramente ci sarà un bel ragazzo lì in mezzo, è statisticamente provato! Puoi trovarti un fidanzato, capito? Che te ne importa se resta qui solo dieci giorni, sarà una storia di poco conto ma è la tua occasione per tornare nel giro! Su sorellina, hai sex appeal, sfruttalo!
    La mia indignazione inziale alle sue teorie fu sostituita da forte divertimento.
    Sorrisi nel telefono, salutandola.
    La sua ingenuità a volte mi irritava, ma poi finiva sempre per divertirmi.
    Non sapeva che ero un corpo morto. O forse lo sapeva, ma non voleva crederci.
    Io non avrei saputo donare qualcosa di simile ad un sentimento neanche volendo. L’ultima persona che avevo amato era morta nel momento in cui avevo aperto il mio cuore, senza peraltro credermi, e si era portato via tutto.

    Come hai potuto non credermi?
    Come hai potuto non sentire il mio cuore accelerare quando eravamo abbracciati su quel letto?
    Davvero credi che io non ti abbia amato? Che io non ti ami ancora?

    - Sono davvero due smeraldi… Esci con me e fatti guardare alla luce della città eterna Buffy. Posso farti felice…
    Il fantomatico Robert era ancora davanti a me, e per un attimo sentii il terrore scivolarmi freddo sulla pelle al pensiero che avrei passato dieci giorni in quel modo.
    Gli sorrisi, chiedendogli di lasciarmi lavorare, ma lui continuava ad ammirare quegli occhi che, secondo lui, splendevano di luce propria.
    Curioso, dato che io li vedevo come due pozzi neri senza fine.


    Per gran parte del pomeriggio fui impegnata ad inserire i dati al computer e ad occuparmi della partiche relative al soggiorno. I ragazzi erano usciti per una prima ricognizione. Era ormai prima serata quando si buttarono tutti sulle poltrone della hall parlando di quello che avevano visto.
    Io finivo le ultime cose, prima di tornare a casa.
    Risposi al telefono, e mentre davo delle informazioni sulla disponibilità ad una signora, vidi un altro ragazzo uscire dall’ascensore e unirsi al gruppo. Non riuscivo a vedere il suo viso, scorgevo solo i capelli ricci, chiari, un po’ arruffati.
    Salutai meccanicamente la signora, e presi i documenti da portare ai ragazzi.
    Mentre mi avvicinavo, sentivo una strana ansia crescere, inspiegabile.
    Strinsi le mani sudate.
    E non mi accorsi del filo per terra.
    La botta mi diede modo di perdere quell’ansia che mi aveva soffocato un attimo. Sorrisi di vergogna, mentre tutti i ragazzi si avvicinavano e Robert cominciava un monologo dei suoi.
    C’erano un po’ di mani protese verso di me, per aiutarmi.
    Ne presi una, senza pensare.
    E, quando alzai lo sguardo, quello che vidi mi fece perdere i sensi, e rimase solo il buio.





     
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    E' anticostituzionale fermare una storia a questo punto. Per fortuna io so come procede la narrazione! *ride malvagiamente*



    A parte tutto, continuo a trovare questa storia davvero bella, lo sai. E, per certi versi, quasi la preferisco al suo seguito, Return, che pure è molto più whedoniana e corale. Mi ripeto, ma non so che altro dire in questa fase, quando vorrei solo arrivare ai capitoli successivi che a suo tempo mi commossero un sacco.
     
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  7. spikina 4ever
     
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    Concordo: Non è democratico! :) Mi piace perchè sei riuscita a rendere l'idea di una Buffy " senza Spike", Adesso voglio sapere cosa succede dopo! :D
     
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  8. MrsBadGuy
     
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    Grazie a Kiki e a spikina dei commenti!
    Che strano sapere che qualcuno ancora ha piacere di leggere....l'ho scritta così tanto tempo fa!
    Comunque più che correzione, è una completa riscrittura (madonna, ma quanto la facevo piangere allora, Buffy? era una vergogna!).
    Non credevo di esserne capace e sono molto fiera di me!
    :D




    4° Capitolo


    Quando riaprii gli occhi, molto faticosamente, non riuscii a mettere subito a fuoco lo spazio attorno a me. Ero in un letto dalle lenzuola blu, che profumavano di bucato appena fatto.
    Nel momento in cui capii di essere in una stanza dell’albergo, mia sorella entrò trafelata dalla porta semi aperta, con l’aria preoccupata e il telefonino attaccato all’orecchio.
    La sua voce mi infastidii e capii in quel momento di sentire la testa che stava per scoppiare.

    Mia sorella aveva già contattato tutti i nostri amici per riferire del mio malore.
    Il risultato, da me poco apprezzato, fu che Wills e Giles sarebbero arrivati la mattina dopo, e Xander al più presto.
    Ero felice di rivederli, certo.
    Ma ero infastidita dal loro modo di fare, da crocerossine. Io non avevo bisogno di niente.

    Dawn aveva lasciato la stanza da poco, dopo avermi invasa con le sue raccomandazioni e i suoi programmi.
    Per fortuna ero riuscita a convincerla di poter guidare, e che quindi sarei tornata sola a casa.

    Il silenzio della stanza mi riavvolse dopo poco, dandomi la possibilità di pensare.
    Rividi le scene confuse degli istanti poco prima di svenire, e sentii un brivido passarmi sulla schiena.
    Rividi gli occhi blu del ragazzo che mi aveva aiutato ad alzarmi, risentii il calore della sua pelle, rividi quei ricci arruffati, gli zigomi spigolosi.
    Rividi Spike, davanti a me.
    In quella stanza dalle lenzuola blu sentii un forte istinto di piangere, sentii una forte paura.
    Ma non lo feci, non restai lì a piangermi addosso.
    In un istante tutti i pezzi del puzzle sembrarono incastrarsi perfettamente, e la cosa mi sconvolse.
    Un ragazzo inglese, con problemi di salute. Che era uscito dal pullman completamente coperto, che non era andato in giro durante il giorno come gli altri. Un ragazzo con la quale bisogna essere discreti.
    Eppure mi mancavano i pezzi più importanti, quelli che mi disorientavano.
    Perché. Come.
    E, soprattutto, il calore della sua mano me l’ero immaginato?
    Mi alzai dal letto con un peso enorme sul corpo, facendo una fatica immane.
    Avevo paura.
    Se quello che pensavo –cosa pensassi, in realtà, non lo sapevo neanche io- era vero, allora significava che quel ragazzo…
    Ma poteva essere possibile che Spike fosse tornato dall’inferno, in qualche modo incomprensibile, e non fosse venuto subito da me?
    Nonostante quello che era successo?
    Nonostante io gli avessi dichiarato i miei sentimenti?
    Mi tornò in mente con prepotenza l’incubo di quella mattina, il suo sguardo che tanto mi aveva spaventato.
    Un altro brivido. Freddo. Lungo la schiena.

    Allora davvero non mi hai creduto, Spike?
    Allora davvero ti resta solo odio?


    Con passo felpato, e i sensi all’erta, arrivai davanti alla suite, la stanza del professore dove alloggiava anche il ragazzo misterioso. Entrai, facendo scattare il mio badge, con molta attenzione.
    La stanza era in perfetto ordine, le valige ancora chiuse. Senza curarmi dei dettagli, mi diressi alla piccola stanza attigua dove dormiva il ragazzo.
    Lì, invece, trovai un grande disordine, le valige disfatte, abiti per lo più scuri buttati alla rinfusa sul letto, la scrivania piena zeppa di fogli con appunti vari e frasi senza senso.
    Si capiva che era rimasto chiuso in stanza per tutta la mattina, non c’erano dubbi.
    Mentre mi avvicinavo al piccolo frigorifero, per trovare prove della sua natura, un foglio attirò la mia attenzione.
    Era diverso dagli altri, la grafia più ordinata, gli spazi rispettati.
    Lessi lo scritto. E il cuore mi balzò in gola.

    Sento sulle labbra un sapore
    Di morte e terrore.
    Vedo intorno a me
    Visi che sanno di morte.
    La luce mi abbaglia e mi ferisce.
    E la notte mi trascina nell’oblio.
    Riccioli dorati mi incatenano
    E mi feriscono.
    Ed io mi perdo in quegli abissi di smeraldo.
    E’ questa la causa delle mie pene?
    E’ questo il motivo del mio dolore?
    Il mio cuore sa
    Il mio cuore conosce
    Eppure respira tuttora l’amore
    Ma la mia anima urla
    Urla ancora di dolore.



    Nel momento in cui la lettura fu terminata, delle voci in corridoio mi spaventarono, così poggiai il foglio sulla scrivania, e mi nascosi dietro la porta. Per fortuna i ragazzi si allontanarono subito, ed io sgusciai fuori dalla stanza senza fare rumore.
    Mentre percorrevo il corridoio in fretta e con lo sguardo basso, andai a sbattere contro il petto di un ragazzo. L’ansia mi avrebbe uccisa, mentre lentamente alzavo il viso.
    Era Robert.
    Tirai un sospiro di sollievo.
    - Hey bellezza, perché sei in giro? Dovresti riposare dopo il malore che hai avuto!
    Sorrisi, più per l’idea che mi era appena venuta, che per farlo felice.
    - Bè si, lo so. Volevo solo scendere al bar a bere qualcosa di fresco. Mi accompagni?
    Non se lo fece ripetere.

    Robert era oggettivamente un bel ragazzo, abbastanza muscoloso, con tratti regolari tipicamente britannici. Occhi grigi, capelli giusti, l’accento sexy.
    Non c’era niente in lui che avrebbe dovuto infastidirmi. Tranne il suo egocentrismo.
    Eravamo al bar da quindici minuti e non aveva fatto altro che parlare di se.
    Se quella missione fosse finita con un mio insuccesso, non me lo sarei perdonato.
    Si fermò un attimo per sorseggiare il suo caffè scuro.
    - Sai Robert, ho sentito dire dal mio titolare che fra voi c’è un ragazzo con problemi di salute. Penso di non averlo neanche visto in realtà…
    - Certo che l’hai visto, è il ragazzo dai capelli ricci che ti ha aiutato ad alzarti. Tu però appena gli hai preso la mano e hai alzato lo sguardo, sei svenuta!
    - Ah, capisco. Ma non sembra abbia problemi…
    - No, infatti non sembra neanche a me. Il professore dice di averlo trovato nel giardino di casa sua, mesi fa, sporco e affamato. Ha paura della luce e di notte dorme poco ed ha degli incubi terribili che lo trasformano. Dicono che a volte diventi violento… Anche se sta troppo in mezzo alla gente, dopo un po’ comincia a dire frasi senza senso e a stare male. Non si capisce cosa abbia… Lui non ricorda niente del suo passato. Solo che si chiama William.


    5° Capitolo

    Per la seconda volta, quel giorno, tornai a sentire la testa vuota, il corpo assente. Ebbi paura di avere un altro mancamento, e mi ressi al margine del tavolo, respirando regolarmente. Immagazzinavo aria fino in fondo e la buttavo fuori, regolarmente. Robert non poté non notare il mio stato. Avevo i brividi.
    - Buffy vuoi che ti riaccompagni in camera?
    Feci cenno di si con la testa, e lui fu molto dolce e protettivo: mi prese per i fianchi, sostenendomi fino in camera.
    Poi mi salutò con un sorriso, e mi disse di riposare.
    Per anni, ero stata io la più forte.
    La guerriera dietro la quale tutti si nascondevano, quella in prima linea.
    Avevo sacrificato non solo la mia giovinezza, ma anche i miei sentimenti per dimostrarmi sempre all’altezza.
    Perché era la mia natura.
    Ma quel giorno, su quel letto, mentre Robert mi faceva poggiare la schiena e le gambe delicatamente, mi sentii una bambina.
    E desideravo solo che qualcuno mi spiegasse cosa stava succedendo, e mi dicesse che sarebbe andato tutto bene. Almeno quella volta.
    Con questi pensieri, mentre dai miei occhi scendevano lacrime di frustrazione, mi addormentai di nuovo.

    Mentre ero nel dormiveglia, i miei pensieri si spostarono a Spike, o a William, a quegli occhi, alla sua mano. Immaginai mentre lo fermavo in uno dei corridoi dell’albergo e gli chiedevo cosa ci faceva lì, come era tornato. Mi immaginai mentre, riconoscente, ringraziavo il cielo, o l’inferno, di averlo riportato indietro.
    E, mentre quelle immagini assurde mi giravano in testa, come una nenia mi tornarono in mente anche i versi di quella poesia.

    Riccioli dorati mi incatenano
    E mi feriscono
    Ed io mi perdo in quegli abissi di smeraldo


    Mi svegliai del tutto, con quelle parole in testa. I riccioli, gli abissi di smeraldo, tutto mi faceva pensare che quello era William, e che quei versi indicavano me.
    Ma le domande mi opprimevano, mi soffocavano.
    Come era possibile?
    Ma, soprattutto, se quello era William, Spike, perché non era venuto da me? Se ricordava il mio viso, perché non era venuto subito a cercarmi? Perché era a pochi passi da me, in quell’albergo, e non mi aveva ancora baciata?

    Mi alzai di nuovo dal letto, presa dall’ansia. Non riuscivo a restare lì.
    Le risposte non mi avrebbero cercata, dovevo essere io a trovarle.
    Mi avvicinai di nuovo a quella stanza, con fare circospetto.
    Prima che lui parlasse, sentii i suoi passi alle mie spalle, per cui non fui presa alla sprovvista.
    Fu la sua voce, il dettaglio che mi annientò.
    Era Spike. Era lui. Ed era un estraneo.
    - Signorina, mi cercava?
    Negli ultimi mesi, l’avevo sentita nei miei sogni, ogni notte. Ma udirla in quel momento, con quel distacco, mi fece crollare.
    Io. La Chosen One. Colei che lui aveva prima cercato di uccidere, e poi aveva amato.
    Io, annientata dalla sua voce.
    Mi girai, incontrando i suoi occhi. Dove non lessi niente, se non curiosità.
    Strinsi un attimo le palpebre. Cancellai i ricordi, per un istante. Provai a ritrovare il controllo, e smisi di tremare.
    - Si, in verità la stavo cercando…Volevo ringraziarla per questo pomeriggio. Sa, non ho avuto tregua per tutto il giorno, e quindi la stanchezza ha avuto la meglio sul mio corpo!
    - Non c’è bisogno che mi ringrazi, ora se vuole scusarmi.
    Mi sorpassò, avvicinandosi alla porta della sua stanza. Mi sentii crollare di nuovo.
    - No, aspetta Spike…- dissi, senza rendermi conto di quel nome.
    Lui mi guardò di sbieco, assumendo una strana espressione.
    - Mi scusi, signorina, ma vorrei tornare in camera. E poi mi confonde con qualcun altro, il mio nome è William. E non penso d’averla mai vista.
    - Ma cosa dici? Spike, cosa stai dicendo? – la mia voce prese un tono quasi arrabbiato, che non controllavo. Mi sentivo offesa, frustrata. E terribilmente instabile.
    - Le ho detto che si sta sbagliando, e non mi chiami più quel modo.
    Non sentii il rumore della porta che si chiudeva. Non sentii più niente, in quel corridoio. Mi appoggiai ad una parete, stanca.
    Il suo sguardo assente, estraneo, il distacco nel suo tono di voce. Non riuscivo a spiegarmi quei dettagli. Mi sentivo persa, confusa.

    Tornai a casa facendo tutto con lentezza, come se non fossi davvero io. Come se fossi assente.
    Non pensavo, cancellai ogni momento di quella giornata dalla mia mente, per avere il controllo delle mie azioni.
    Bevvi un sorso di latte freddo, poi andai subito a letto, senza neanche cambiarmi.
    Una volta stesa fra le lenzuola, diedi sfogo alla mia mente.
    Rividi tutte le immagini, cercavo qualcosa, un dettaglio anche piccolo, che mi desse una risposta soddisfacente.
    Mentre rivedevo le immagini che mi torturavano, un dettaglio mi colpì con violenza.
    Un baratro. Il baratro di pura tristezza che avevo visto nei suoi occhi.


    6° Capitolo

    La mattina dopo mi svegliai più tardi del solito. Nonostante tutto, avevo avuto una notte tranquilla, un sonno vuoto.
    Dawn era giù uscita, lasciandomi un biglietto sul tavolo.

    Non ho voluto svegliarti, dormivi così profondamente. Prendo il pullman per andare a scuola. A lavoro ho chiamato io dicendo che ti prendevi la mattina libera perché non stai ancora bene. Stai a casa e rilassati un po’, hai il viso troppo stanco! Ci vediamo a pranzo al solito ristorante, ti voglio bene. Dawn.
    P.s. Dimenticavo, oggi arriva Giles. Non preoccuparti, ho già chiamato il taxi che lo porterà direttamente a casa!
    P.p.s. Ti rendi conto di che sorella perfetta hai?


    Sorrisi, rileggendo le parole di mia sorella.
    Feci colazione con qualche fetta di pane tostato e un caffè caldo. Poi misi un po’ di musica, ed entrai in doccia.
    L’acqua calda che mi batteva sul corpo mi distese, mi calmò.
    Non pensavo a niente. I miei pensieri erano del tutto vuoti.
    Facevo tutto in modo meccanico, come una macchina perfetta.
    Mi stesi a letto con l’accappatoio, con la pelle arrossata e calda. In quel momento cominciò una canzone che mi catturò. Espimeva tutta la mia inquietudine, e la mia tristezza.


    Take it take it all away (mi lasci, mi lasci)
    Take my breath away (mi lasci senza fiato)

    Look into my eyes and you’ll see (guardami negli occhi e vedrai)
    I’m the only one (che sono l’unico)
    You’ve captured my love (hai catturato il mio amore)
    Stolen my heart (rubato il mio cuore)
    Changed my life (cambiato la mia vita)
    Everytime you make a move (con ogni tuo movimento)
    You destroy my mind (annienti i miei pensieri)
    And the way you touch (e il modo in cui mi tocchi)
    I lose control and shiver deep inside (mi fa perdere il controllo
    e mi dà i brividi)
    You take my breath away (mi lasci senza fiato)

    You can reduce me to tears (puoi farmi piangere)
    With a single sigh (con un solo sospiro)
    Please don’t cry anymore (per favore non piangere più)
    Every breath that you take (ogni respiro che fai)
    Any sound that you make (ogni suono)
    Is a whisper in my ear (è un sussurro al mio orecchio)
    I could give up all my life (potrei cedere la mia vita intera)
    For just one kiss (per un solo bacio)
    I would surely die (morirei sicuramente)
    If you dismiss me from your love (se mi privassi del tuo amore)
    You take my breath away (mi lasci senza fiato)

    So please don’t go (quindi,ti prego non andartene)
    Don’t leave me here all by myself (non lasciarmi qui da solo)
    I get ever so lonely from time to time (a volte mi sento così solo)
    I will find you (ti troverò)
    Anywhere you go, I’ll be right behind you(ovunque andrai sarò proprio
    dietro di te)
    Right until the ends of the earth (fino in capo al mondo)
    I’ll get no sleep till I find you to tell you(non dormirò finchè non ti
    avrò trovata e non ti avrò detto)
    That you just take my breath away (che tu mi lasci senza fiato)

    I will find you (ti troverò)
    Anywhere you go (ovunque andrai)
    Right until the ends of the earth (fino in capo al mondo)
    I’ll get no sleep till I find you to (non dormirò finchè non ti avrò
    trovata)
    Tell you when I’ve found you (per dirti, quando ti avrò trovata)

    I love you (ti amo)


    Quella parole continuarono a ronzare nella mia testa anche dopo, mentre mi rivestivo.
    Pian piano, il suo viso mi tornò in mente.
    I will found you
    Io ti troverò.

    Io l’avevo trovato. Nonostante le sue parole, niente mi avrebbe fatto credere che quello non era Spike. Ma lui non era con me, lui non aveva risposto al mio richiamo, lui non mi aveva riconosciuto. Lui non si ricordava di me?
    Le domande ripresero con ferocia, non riuscivo più a controllarle.
    E mi davano il tormento.
    Il campanello interruppe i miei pensieri, e dentro ne fui felice.
    Giles mi aspettava davanti alla porta, con una piccola valigia scura ai piedi e un grande sorriso sul viso.
    Mi abbracciò, all’improvviso, lasciandomi interdetta per quel gesto.
    Lo trovai diverso, invecchiato forse. Sicuramente più sentimentale.
    - Ti trovo magra, ragazza mia. Devi avere cura di te stessa, ormai sei una donna!
    Sorrisi, alle sue parole. Si comportava proprio come un padre.
    Mi spiegò che Willow aveva avuto un contrattempo e sarebbe arrivata in serata, e che Dawn gli aveva solo detto che ero stata poco bene, per cui aveva approfittato della cosa per venirci a trovare.
    Ovviamente, mi inondò di domande discrete. Come era da lui.
    Io risposi a tutto educatamente, decidendo di non raccontargli degli episodi del giorno prima.
    Decisi di prendere tempo.

    Mentre eravamo al solito ristorante, e Dawn non faceva che parlare, mi tornarono in mente le parole di quella canzone, poi lo sguardo di William, e la sua voce.
    Fui presa da un bisogno improvviso.
    Dovevo sapere, scoprire qualcosa che mi desse pace, che mettesse a tacere la mia testa.
    Se non era lui, ok.
    Se era lui e non voleva più saperne di me, ok anche questo. Ma dovevo avere delle certezze.
    Senza aspettare il dolce, lasciai il tavolo e corsi via, nonostante le proteste di Dawn e gli sguardi indagatori di Giles.
    - Buffy, cara! Pensavo saresti rimasta a casa oggi! Sei ancora così pallida! Prenditi il giorno libero, devi riprenderti, qui ce la facciamo, non preoccuparti!
    - Grazie Signor Caroli, è molto gentile a preoccuparsi per me! In realtà sono tornata perché ieri ho dimenticato il portadocumenti in camera. Mi sono fatta accompagnare da un parente, perché altrimenti non posso neanche guidare!
    Feci il mio migliore sorriso, spostando i capelli dalla spalla, era un trucco che riusciva sempre. Lui mi fece ancora qualche riguardo, poi mi disse di salire a prendere le mie cose.

    Mi avviai subito alla sua camera, per non perdere tempo.
    Senza pensare. Agivo e basta. Ero una guerriera, del resto.
    Bussai con cautela, e una flebile voce mi disse di accomodarmi.
    Lo trovai davanti alla porta del bagno, con un jeans e una camicia semiaperta, i capelli bagnati. Sembrò stranito quando mi riconobbe.
    Decisi di parlare prima di essere sbattuta fuori, ignorando l’imbarazzo.
    - Ehm… salve. Io voglio scusarmi con lei per quello che è successo ieri. Sono mortificata, davvero. L’ho scambiata per un mio vecchio amico e sono stata maleducata e sfacciata. Deve perdonarmi.
    Le parole mi uscirono frettolose, e non riuscivo a staccare lo sguardo dalle mie mani sudate che si contorcevano. Dovevo avere un aspetto imbarazzante.
    Dopo qualche istante di silenzio alzai lo sguardo, e stranamente lo trovai sorridente, uno sguardo quasi dolce.
    - No, sono io che devo chiederle scusa, non avrei dovuto usare quel tono. Anche lei mi ricorda qualcuno che… e questo mi ha innervosito. Ricominciamo da capo, le va?
    Nel dirlo, mi porse la mano. E a me tornarono a tremare le gambe.
    - Io sono William, piacere.
    Presi quella mano, e sentii un brivido. Era calda. Più della mia.
    - Piacere mio, Buffy.
    - Ok, Buffy. Io sto andando giù per pranzare, e sarò solo dato che gli altri ragazzi pranzano fuori. Che ne dici di tenermi compagnia?
    Non riuscii a rispondere, feci cenno di si, e poi uscii dalla stanza, per permettergli di finire di prepararsi.
    I pensieri avevano smesso di girare vorticosamente.
    Era rimasto il nulla, e una grande emozione.

    Qualche minuto dopo eravamo al ristorante dell’hotel. A chiacchierare.
    Lui, mentre mangiava con appetito ogni cosa gli porgessero, mi parlava di Roma, della sua storia, di quanto ne era affascinato, di quel cielo sempre blu.
    Io, mentre bevevo il mio frappè, lo ascoltavo entusiasta, allucinata da tutta quella situazione.
    Io e William eravamo due ragazzi normali che chiacchieravano.
    Se in quel momento fossi stata davvero lucida, avrei persino sorriso di quell’immagine.
    Mentre parlavamo, dalla finestra arrivò un raggio di sole a illuminarci.
    Non me ne resi conto subito, ma quando lo intravidi sulla sua fronte, ebbi l’impulso di toccarlo. Forse per salvarlo, forse per vedere se stava bruciando.
    Ovviamente non successe nulla. Lui strabuzzò solo un attimo gli occhi, come se niente fosse.
    E io, intanto, mi persi nel suo viso. Illuminato.

    Mentre beveva il caffè e mangiava un tiramisù che, a parer suo, lo stava facendo rinascere, mi fece una richiesta che mi lasciò basita.
    - Buffy, devo chiederti un favore. Io non sto uscendo molto, perché i miei compagni rientrano nel tardo pomeriggio, sono troppo stanchi per fare altro. Sapessi, sono dei pigroni! Mi piacerebbe vedere un po’ la città… che ne diresti di accompagnarmi stasera? Una semplice passeggiata!

    Alle 21.25 ero davanti all’hotel che lo aspettavo.
    Per la prima volta da quando tutto era cominciato, non c’erano domande che mi tormentavano. Non c’erano terrore, paura e frustrazione ad annebbiarmi la mente.
    C’era solo l’aspettativa che si ha quando si aspetta qualcuno, l’emozione di vederlo uscire e raggiungerti con un sorriso.
    C’erano delle emozioni normali, da persone normali.
    Non mi interessava più sapere come era tornato, se davvero era lui, perché era successo.
    Non mi interessava più niente.
    Per quella sera volevo solo essere una ragazza normale, con un ragazzo normale.






    PS
    La canzone il cui testo è scritto nel sesto capitolo, è dei Queen.
    https://www.youtube.com/watch?v=1EItjStW-Z8
     
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    Le Allegre Comari
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    Davvero è una completa riscrittura?
    Io non la ricordo molto diversa, ma la verità è che dovrei rileggerla probabilmente, per accorgermi dei cambiamenti. Le scene le ricordo tutte nitidamente: Buffy che legge la poesia di William, lui che reagisce in modo curioso al suo vecchio nome pronunciato da lei, lui che le chiede di uscire insieme. E' bello poter rileggere questi momenti e, sì, probabilmente Bufy piangeva troppo per i suoi standard, nella prima stesura, e questo era un po' OOC, ma tutta l'atmosfera romantica riprende il filo della Settima Stagione di BtVS, quella in cui lei si avvicina di più a lui.
    Menzione d'onore: Spikino che mangia con soddisfazione. Riesco a vederlo.
     
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