The Ground Beneath Her Feet

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    Eccomi con una fanfiction rigorosamente Spuffy. (Mi mancavano moltissimo)

    Crossover: BTVS/BONES

    Per quanto riguarda la linea temporale: Questa storia è collocabile in un inizio AU della 6° stagione di BONES. Per intenderci, Booth è stato in Afghanistan ma non ha incontrato mai Hannah, né ha intrapreso una relazione con lei. Brennan è tornata a lavorare al Jeffersonian senza il suo aiuto perchè il nostro eroe è murato a casa da un permesso temporaneo e da una ferita di guerra.
    Per quanto riguarda il Whedonverse: tutto AU.

    I pairings sono Booth & Brennan; Spike & Buffy.

    Disclaimer: I personaggi non mi appartengono. Li uso per puro imbizzarrimento fangirlistico.

    Buona lettura!










    L’uomo uccide per nutrirsi, uccide per vestirsi, uccide per ornarsi, uccide per attaccare, uccide per difendersi, uccide per istruirsi, uccide per uccidere.

    De Maistre






    The Ground Beneath Her Feet









    1. Ifigenia







    È dolce veder la luce; e tu non mi costringere
    a veder quello che sotterra giace.

    Ifigenia in Aulide [Euripide]











    Il telefono tra le mani era solido e tiepido, coperto di sudore. Buffy lo stringeva forte, quasi in preda agli spasmi di una febbre improvvisa.
    La televisione continuava a trasmettere un notiziario che avrebbe dovuto interessarla. Nelle orecchie, però, echeggiava solo un ronzio lontano, continuo e fastidioso. Le immagini sembravano distorte, rallentate, incomprensibili. Un alone di luce oscurava ogni cosa, ferendo gli occhi aperti e fissi della giovane donna.
    Fece per posare l’apparecchio nella custodia, quando un capogiro la sorprese. Si sostenne appoggiandosi al divano, respirando con calma. Le servirono un paio di minuti per tranquillizzarsi. Rassicurata, si alzò nuovamente e, di corsa, si diresse al bagno. A vomitare l’anima.
    Il cellulare aveva cominciato a squillare, vibrando sulla superficie del comodino in camera da letto. Ingoiando, con la gola riarsa dallo sforzo, si rannicchiò contro il water per un minuto. Stretta stretta, come una bambina.
    Infine, chiamò a raccolta tutte le energie.
    Si precipitò a rispondere.




    La scena del crimine era stata sigillata prima del suo arrivo.
    La polizia locale allontanava file di curiosi, spingendoli dietro transenne immaginarie fatte di braccia e toraci. Dal fondo della strada provenivano i rumori delle ambulanze, il suono delle sirene spiegate. Non si riusciva a comprendere quasi nulla.
    “ … e quando l’hanno trovata?” urlò Buffy all’ufficiale che la scortava.
    L’asfalto scivoloso rendeva goffi i movimenti e rallentava l’andatura.
    “Un paio d’ore fa. La chiamata era anonima, non siamo riusciti a capire da dove provenisse.”
    “Una donna anziana?”
    “Esatto.”
    Buffy si fece largo nella folla, superando poliziotti e assistenti della scientifica. Giunse sul luogo del ritrovamento e fece una smorfia per il cattivo odore che impregnava l’aria. Tre cassonetti stracolmi di rifiuti erano stati gettati al suolo. Nel cumulo immondo di sporcizia, giaceva il corpo senza vita di una ragazza, nudo ed esposto.
    Lo fissò senza emozione, cercando di imprimere nella mente ogni minimo dettaglio, dalla postura del cadavere all’ambiente circostante.
    “Grazie, capitano. Avremo bisogno dei vostri uomini per qualche ora, il tempo di organizzarci col trasporto del cadavere e il rilevamento degli indizi.”
    “Non si preoccupi. Terremo a bada questo macello. Piuttosto, sa dirmi se anche questa è opera sua?”
    Buffy scosse il capo, stringendosi al cappotto.
    “Prima di darle risposte, vado a sentire i miei collaboratori.” concesse soltanto, allontanandosi.
    Una testa rossa brillava nella penombra del vicolo, china sul cadavere martoriato della giovane ritrovata.
    “Will, che abbiamo?” esclamò Buffy, attenta a non avvicinarsi troppo.
    Aveva messo, inavvertitamente, un paio di scarpe a cui teneva molto. Non avrebbe voluto macchiarle con sangue e schifezze assortite.
    “Giovane donna sulla ventina. Segni di catene sui polsi e sulle caviglie, qualche abrasione, contusioni sparse. È stata abbandonata intorno alle prime luci dell’alba. Pare che non ci siano testimoni. In mezzo ai rifiuti, nessuno sembra essersi accorto del cadavere. Solito modus operandi: l’ha tenuta segregata per un po’ e poi l’ha uccisa, spezzandole il collo. Nessun segno di violenza sessuale. Almeno … ad una prima visione superficiale. La ragazza è bionda.” concluse Willow Rosemberg, voltandosi in direzione della collega.
    Buffy roteò gli occhi e strinse le labbra.
    “Pare che sia tornato a colpire.” borbottò mesta.
    “Non ne sei convinta?”
    “Assolutamente! È lui. Il maledetto ha deciso di dare il suo contributo alla mia felicità odierna. Pessima giornata. Iniziata di merda, rimasta nella merda.”
    Willow si fece avanti, gettando al vento i guanti sterili usati. Assieme a Buffy, si diresse alla prima automobile disponibile.
    “Che è successo?” domandò, scrollandosi di dosso le gocce di pioggia che le inumidivano il cappotto.
    “Niente.” cercò di lasciar correre la collega, gesticolando vaga.
    “Sei arrabbiata perché questo caso verrà affidato agli strizzaossa del Jeffersonian?”
    “Sì … no … non è quello. Ho raggiunto un accordo con Giles. Gli strizzaossa ci servono, altrimenti non troveremo il bastardo neanche tra cent’anni. Il caso, però, rimarrà sotto la mia supervisione.”
    “Whoa! Lavorerai con quelle attrezzature e con quel personale?!”
    “Eh.”
    Willow si parò di fianco all’amica, prendendola per le braccia, scuotendola come una bambola rotta. Lei roteò gli occhi, fintamente svenevole, sospirando rassegnata.
    “Voglio dire: ma tu ti rendi conto? Conoscerai Temperance Brennan!”
    “Temperance chi?”
    “Un’antropologa di fama mondiale. La migliore che … senti, quella donna è un mito. Ho letto alcune delle sue ricerche e devo dire che, anche se non sono ferratissima nel campo dell’antropologia forense, lei mi sembra un autentico genio. Sei fortunatissima!”
    “Tu sei fortunatissima. Non preoccuparti che te la presento questa Turbolence cosa …”
    “Temperance.”
    “Quello che ho detto! Adesso, devo andare da Giles. Rapporto, rapporto, rapporto e, poi, presentazione agli strizzaossa.”
    Con uno starnuto, Buffy si diresse all’auto.




    “Abbiamo ottenuto un accordo importante. Ho parlato con Hacker e lui è disposto a …”
    “… concedere la piena collaborazione delle forze in campo.” ripeté Buffy, con voce infantile e lamentosa.
    Rupert Giles si fermò al centro dell’ufficio.
    Portò le braccia ai fianchi e tolse gli occhiali, per dedicarsi ad una pulizia sommaria delle lenti. Un gesto che, da sempre, gli concedeva qualche secondo per frenare l’arrabbiatura e riflettere, distendere i nervi.
    “Abbiamo a che fare con un serial killer, è troppo chiederti un poco di serietà? Sai anche tu come funzionano queste attribuzioni di competenza. La situazione è talmente delicata che il tuo cattivo umore dovrà essere tenuto a bada. Per giorni. Sino a quando non arriveremo a prendere il Cacciatore.”
    Buffy si portò una mano ai capelli e chinò il capo, simulando dispiacere.
    “So perfettamente come funziona, Giles. È tutto questo parlare e fare rapporto e rendere conto degli sviluppi ad ogni cazzata che mi dà sui nervi! Sono abituata a … rilassare certe regole. Mi serve a concludere l’indagine.”
    “Che adesso dovrai chiudere attenendoti rigorosamente alla procedura. La posta in gioco è troppo alta. Anche il Texas entra nelle questioni di giurisdizione.”
    “Lo so.”
    “Il caso deve rimanere qui, Buffy.”
    “Lo. So.”
    Le porte dell’ufficio si spalancarono e fecero il loro ingresso il procuratore Caroline Julian e Andrew Hacker. Il vicedirettore del FBI strinse la mano a Buffy, sorridendo mellifluo.
    Lei intercettò l’occhiata sarcastica della Julian e la ricambiò, aggrottando le sopracciglia.
    “Vicecapo Summers! È un onore per l’FBI collaborare con lei! Siamo coscienti dei successi delle sue indagini. In assenza del nostro Seeley Booth, lei sembra essere una più che valida sostituta.”
    “Non sono la sostituta di nessuno. Il caso è mio. Stavolta, grazie alla gentile collaborazione offerta, riuscirò a sbattere le chiappe del Cacciatore in galera e definitivamente.”
    “Questo è l’atteggiamento giusto, biondina.” s’intromise la Julian, poggiando una pila di documenti sulla scrivania di Giles che, pronto, riprese occhiali e pezzuola. “Voglio aggiornamenti puntuali, niente sbavature nelle indagini, piste pulite e un mare di prove tali da sopravvivere a tutte le giurie e le revisioni di questo mondo.”
    “Sono qui per garantirgliele, signora.”
    “Eh, sì … andiamo a conoscere il resto della squadra, zucchero.”




    I corridoi del Jeffersonian erano immensi, illuminati dai neon e puliti oltre ogni umana comprensione.
    Percorrendoli, Buffy si trovò a ripensare ai primi distretti dove aveva prestato servizio, alla minuscola stanzetta degli interrogatori in centrale e, soprattutto, alla nuova sede della Polizia di Stato che non sarebbe mai stata ultimata. Il mondo era un covo di ingiustizie e trattamenti impari.
    Marciò impettita, raggiungendo la sala principale, dove avveniva l’esame dei resti umani. Ad attenderla, un ristretto gruppo di uomini e donne. La squadra della Brennan.
    “Eccoci qui, signori e signore.” annunciò il procuratore a gran voce. “Immagino che avrete sentito parlare del ritrovamento del cadavere di qualche ora fa. Supponiamo che il responsabile dell’omicidio sia il Cacciatore, il noto serial killer. Questa signorina qui …” Buffy fece un passo in avanti. “… È il vicecapo Summers, del dipartimento di Washington. L’indagine le appartiene. Mi aspetto la massima collaborazione e disponibilità. Dobbiamo catturare uno psicopatico che ha a carico tre omicidi accertati.”
    “Io lavoro con le ossa!”
    L’obiezione venne mossa da una giovane donna altissima e molto bella.
    Vedendola avvicinarsi, Buffy si sentì pervadere da una specie di complesso di inferiorità per la sua bassezza, una sensazione che non provava dai tempi delle medie. Spalancò gli occhi, impressionata.
    “Io lavoro con le ossa.” ripeté, secca, la dottoressa Brennan. “Da quello che ho potuto sentire, si tratta del ritrovamento di un cadavere integro, in perfetto stato per un’autopsia. Anche le precedenti vittime di questo Cacciatore non sono scheletri.”
    “Dolcezza,” puntualizzò la Julian. “Questo caso ti tocca. Le precedenti vittime staranno perdendo peso e, se servirà fare un’autopsia qui, la faremo. C’è una prima volta per tutto.”
    “Inoltre …” s’intromise Buffy, arrossendo impercettibilmente. “Inoltre.” ribadì, riacquistando presenza di spirito e inflessibilità. “Abbiamo due scheletri che risalgono a sei anni fa. La firma pare essere quella del Cacciatore, ma questo ce lo dovrete confermare voi. Il vostro contributo nell’analisi dei resti sarà fondamentale per scovare e assicurare alla giustizia un pericoloso criminale.”
    “Certamente.” replicò una collaboratrice dell’antropologa forense.
    Buffy le fece un cenno di gratitudine.
    “Perché questo caso è così importante? Perché dobbiamo occuparcene noi? Non sono abituata a …” continuò la Brennan, quasi infastidita.
    “E dovrai adeguarti, invece.” interruppe il procuratore. “A breve arriveranno documenti, rapporti, cadaveri e ossa. Voglio chiudere questo caso una volta per tutte.”
    Buffy rimase sola con la squadra della Brennan.
    Imbarazzata, cominciò con le presentazioni.




    “Permesso?”
    L’ufficio di Temperance Brennan era la cosa più bella – spaziosa e pulita – che Buffy avesse mai visto in vita sua.
    Si sporse col capo, cercando di inquadrare ogni piccolo dettaglio. Dall’arredamento squisito ai particolari di design. Ancora una volta, la mente fu costretta a tornare al pensiero della futura sede delle indagini, destinata a rimanere immaginaria.
    “Avanti. Stavo leggendo alcuni rapporti in attesa che arrivassero i resti.” fece Brennan , allontanando lo sguardo dal computer acceso.
    Buffy si sedette e prese la mano della dottoressa, stringendola cordialmente.
    “Non ci siamo ancora salutate come conviene. Buffy Summers, vicecapo del dipartimento di polizia di Washington.”
    “Temperance Brennan, migliore antropologa forense che avrà modo di incontrare nel corso della sua carriera.”
    Buffy rise, rallegrata da quella che credeva essere una prova di umorismo da parte della dottoressa.
    “Non so perché lei rida. Non era una battuta, ma una constatazione oggettiva.”
    Buffy tacque immediatamente e portò le mani alle ginocchia, mordendosi le labbra.
    “Pensavo che …”
    “I miei modi diretti tendono a spiazzare la gente. Questa, almeno, è la tesi di Booth.”
    “Booth?”
    Ignorando completamente la domanda, Brennan mostrò a Buffy la schermata del computer.
    “Stavo guardando il rapporto riguardante il penultimo cadavere. Questo assassino imprigiona le vittime, le immobilizza con le catene e spezza loro l’osso del collo.”
    “È esatto. Tutte le vittime sono giovani donne, dai diciotto ai venticinque anni, bionde. L’assassino le rapisce, le tiene imprigionate per qualche mese e, poi, ne fa ritrovare il cadavere. Di solito è la voce di una donna ad avvertire la polizia del ritrovamento.”
    “Non è la donna il serial killer?”
    “No. La donna sembra molto anziana. Le ossa del collo risultano spezzate con forza, manualmente. Dobbiamo cercare un uomo adulto, capace fisicamente di compiere una tale violenza.”
    “Capisco. Esaminerò personalmente i resti per precisare le modalità degli omicidi.”
    “La ringrazio.”
    Buffy strinse il tessuto dei jeans, pensosa.
    Volgendo lo sguardo alla dottoressa Brennan, fece caso agli orecchini che portava. Pendenti etnici in pietra verde, bellissimi e rari.
    Si sentì in dovere di aggiungere altre informazioni al caso.
    “Sulle donne … sui cadaveri non rimangono tracce che possano condurci al luogo dove il criminale tiene prigioniere le sue vittime. Pensiamo che per tutte sia lo stesso posto, ma non sapremmo come trovarlo.”
    “Hodgins è molto utile in queste situazioni. Coi mezzi di cui disponete alla polizia sareste capaci di fare un’analisi più dettagliata?”
    Ecco …”
    “Anche questa è una constatazione oggettiva.”
    “Certo.”
    Silenzio di tomba.
    Dal corridoio provenivano le voci degli addetti dal trasporto dei resti.
    “Oh! Devono essere arrivati!”
    “Sì!”
    “Andiamo!”
    “Assolutamente!”
    Imbarazzate, Buffy e Brennan si diressero alla porta.
    La dottoressa dovette fermarsi per una precisazione.
    “Senta, vicecapo Summers ...”
    “Mi dica.”
    “Non sono abituata alla collaborazione con altri agenti di polizia. Da anni lavoro in coppia col mio partner, Seeley Booth. Entrambi siamo riusciti a ricreare quell’intesa che, in natura, serve a due organismi per portare a termine il medesimo compito. Onestamente, dubito che con lei si riproporranno le stesse condizioni. Cionondimeno, assicurerò la piena disponibilità delle mie competenze.”
    “Ahem … sì! Cioè … capisco. È normale.”
    “Non perché lei non mi sia simpatica! In realtà, non la conosco assolutamente.” precisò la dottoressa Brennan, assolutamente candida.
    Buffy si passò una mano tra i capelli.
    “Il caso era mio e … ho già sentito parlare di questo Booth. Non voglio calpestare i piedi a nessuno, mi creda. Non è mia intenzione.”
    “Booth è a casa sua, disteso a letto, reduce da un’operazione al ginocchio. È appena tornato dall’Afghanistan e ha ottenuto un mese di permesso. Non vedo come potrebbe calpestargli i piedi.”
    Certo. Intendevo … non cercherò di ricreare nulla di quello che avevate lei e il suo fidanzato …”
    “Booth non è il mio fidanzato.”
    Disorientata e a corto di argomenti, Buffy decise di troncare la conversazione.
    “Forse è meglio dedicarci alle vittime.”
    “La seguo.”




    “Si chiamava Sarah Newman, ventiquattro anni. Impiegata in un negozio di fiori, stava organizzando il suo matrimonio, che si sarebbe dovuto celebrare a giugno. Scomparsa da due mesi, è l’ultima vittima del Cacciatore.”
    Buffy poggiò i palmi distesi sul tavolo dell’autopsia, dove il cadavere pallidissimo e gonfio della ragazza giaceva come addormentato.
    “Come potete vedere, la firma è chiara e riconoscibile.”
    “C’è stata anche la telefonata della donna?” s’informò Hodgins, interessato.
    “Sì. Tutto come da copione.”
    “Bene, cercherò di rilevare ogni residuo che possa dirci dove la vittima è stata tenuta prima dell’omicidio.”
    “Le pulisce per bene, lava anche le …”
    “Non si preoccupi. Per quanto la pulizia possa essere coscienziosa, nulla sfugge all’occhio del Re del Laboratorio.”
    Angela sorrise maliziosa, schiaffeggiando debolmente la spalla del marito.
    “Dice sempre così e ha ragione. Non si preoccupi, vicecapo Summers.”
    “Grazie.”
    “Ossa? Per me?”intervenne Brennan.
    C’era, negli atteggiamenti della dottoressa, una tale mancanza di malizia, una spontaneità, che non smetteva di sorprendere Buffy, abituata ad avere a che fare coi mentitori più incalliti.
    Il vicecapo procedette ed indicò le generalità dei due scheletri sui tavoli da esame.
    “Perfetto. Posso cominciare a lavorare. La informerò degli sviluppi, dottoressa Summers.”
    “Mi tenga aggiornata. Torno in centrale a scandagliare la vita privata delle vittime, nella speranza di incappare in qualcosa di significativo.”
    “Buon lavoro.”
    “A voi.”
    Non appena Buffy fu abbastanza lontana da non sentire, Hodgins s’avvicinò al resto del gruppo, ad Angela in particolare.
    “Quella lì era Buffy Summers!”
    “Quindi?” domandò incuriosito Wendell, preparando alcuni campioni da analizzare.
    “Io … ma non leggete i giornali?! È famosa per alcune inchieste e ha anche distrutto la carriera al senatore Wilkins, rendendo pubblici certi suoi affari loschi …”
    “E per questo è una donna degna di ammirazione!” scherzò Angela, divertita.
    “Altroché! Dovreste ricordare un episodio di cronaca che la rese celebre e sbatté la sua faccia su tutti i notiziari. La Summers aveva appena sedici anni. Venne rapita da un pazzo fanatico, pseudo emulo di Charles Manson, che si faceva chiamare ‘Il Maestro’. Riuscì a fuggire e a liberare altre ragazzine come lei. In seguito, si scoprì che era stata proprio Buffy a pugnalare a morte Il Maestro, dando agli ostaggi il tempo per scappare.”
    “Diamine! E aveva solo sedici anni?”
    “Sì. E dovevate vedere la coltellata che ha sferrato! Ho letto delle vecchie testimonianze: un uomo non avrebbe saputo fare di meglio.”
    Angela spalancò gli occhi, sorpresa.
    “Sembra così minuta, indifesa …”
    “L’apparenza inganna. E Buffy da vittima è diventata carnefice, a soli sedici anni.”




    In macchina, Buffy ebbe un altro capogiro.
    Decise di fermarsi a prendere qualcosa da mangiare, perché svenire in centrale non sarebbe stato dignitoso né professionale.
    Il telefono squillò ed era Dawn che la rimproverava con un messaggio vuoto, senza testo.
    Digitò il numero della sorella, prendendo un grosso respiro.
    “Pronto? Dawn?”
    “Lavori.”
    L’affermazione secca fece serrare gli occhi di Buffy.
    Era già arrivata in centrale. Aveva bisogno di tempo per sostenere quella conversazione e non poteva permettersi di perdere neanche un secondo.
    “Ascolta …” cominciò, il più conciliante possibile.
    “No! Non ti voglio ascoltare! Non ti voglio ascoltare proprio! È la seconda volta che dai buca e mi sono veramente stancata di te e del tuo immenso egocentrismo!”
    “Dawn, non ho tempo adesso …”
    “Era venuto per noi, Buffy. Era venuto per te. E tu, come sempre, non hai voluto incontrarlo, mettendo in mezzo il tuo stupido lavoro! La tua missione!”
    “Non posso parlare. Sono in centrale. Non l’ho fatto di proposito a mancare l’incontro con papà. Forse non avete acceso il televisore, ma il Cacciatore ha colpito ancora.”
    “Sì, ripetitelo. Ripetiti che è questione del Cacciatore, dello Squartatore, del Macellaio … ormai sappiamo come sei fatta e neanche stavolta ti sei smentita.”
    Buffy strinse le labbra, inviperita.
    Avrebbe dovuto mettersi in ginocchio al ritorno a casa, per giustificare un’assenza che non dipendeva da lei.
    “Non ho tempo ora. Scusami.” tagliò corto, terminando la telefonata.
    Gesto che la sorella le avrebbe fatto pagare a caro prezzo.
    Fece per dirigersi in ufficio, quando il cellulare vibrò per la seconda volta. Il messaggio di testo era di Winifred Burkle, nome che terrorizzò e fece impallidire Buffy.
    Ripensò al malore del pomeriggio, bloccandosi nel bel mezzo del corridoio.
    Scelse di spegnere il cellulare.











    Note Nerd ~


    - Ifigenia è un personaggio della mitologia greca. Figlia di Agamennone, è protagonista di una famosa vicenda tragica. Il padre, infatti, deve sacrificarla per consentire alle navi dirette a Troia di partire. Sinteticamente potremmo dire che Ifigenia rappresenta il prototipo della "vittima innocente".

    - I capitoli di questa fanfiction saranno intitolati alle eroine del teatro antico greco.

    - Il "Pessima giornata. Iniziata di merda, rimasta nella merda.” pronunciato da Buffy è un omaggio ad una bella frase dell'Ottava Stagione di BTVS. L'originale è. "Bad day. Started bad, stayed that way."

    - Il titolo della fanfiction è anche il titolo di una famosa canzone degli U2. Bisogna ringraziare Bono.










    2. Ecuba





    O re, luce degli Elleni suprema,
    commuoviti, la man vendicatrice
    a questa vecchia porgi

    Ecuba [Euripide]







    Dopo una nottata intera trascorsa ad esaminare vecchi documenti nella buia sala interrogatori della stazione di polizia, il Jeffersonian sembrava maestoso. Ancora più imponente del giorno precedente, più pulito, tecnologicamente attrezzato e silenzioso.
    Buffy strizzò gli occhi, attenta a non rovinare il trucco, e procedette in direzione del laboratorio scientifico della dottoressa Brennan.
    Anche la famosa antropologa forense aveva rinunciato alle ore di sonno per lavorare ed aveva provveduto ad aggiornandola puntualmente con sintetici e precisi messaggi.
    In particolare, intorno alle nove e trenta del mattino, le aveva chiesto di precipitarsi nel suo studio per poterle riferire di persona importanti novità. Buffy aveva avuto solo il tempo per cambiarsi e lasciare un frettoloso messaggio di scuse a Dawn.
    Messaggio che sarebbe finito nel cestino della carta da riciclo.
    “Vicecapo Summers.” mormorò Buffy a mo’ di saluto, introducendosi nella stanza utilizzata per l’esame delle ossa. “Mi aveva detto di avere scoperto qualcosa.”
    “Infatti è così.” sussurrò la dottoressa, armandosi di lente di ingrandimento. “Venga più vicina e le faccio vedere.”
    La Brennan indossava i guanti sintetici e stava esaminando, coscienziosa, il teschio di uno scheletro perfettamente conservato. Buffy si fece avanti, socchiudendo gli occhi per concentrarsi sulle fratture nella superficie del teschio indicate dall’antropologa.
    “Vede queste lesioni?”
    “I graffiettini?”
    “È una terminologia impropria. Immagino la usi per comprendere il senso della mia domanda.”
    “È così. Mi parli dei graffi … delle lesioni.”
    “Sono danneggiamenti dello scheletro pre mortem che non abbiamo riscontrato in nessuna delle altre vittime.”
    Buffy si tese, aggrottando le sopracciglia.
    “Di chi è questo scheletro?”
    “I resti appartengono al secondo cadavere in ordine cronologico. Ho esaminato personalmente gli altri ed ho rilevato una significativa differenza nel modus operandi dell’assassino.”
    “Che ha fatto?”
    Brennan riprese il teschio, ruotandolo di trenta gradi in modo da mostrare quello che pareva un foro.
    “Questa lesione ci suggerisce che la morte è avvenuta prima che venisse spezzato il collo della vittima. In sostanza, è questa rottura della parete del cranio la causa del decesso. Le microfratture ci dicono che la vittima ha sbattuto ripetutamente il capo contro degli oggetti contundenti e contro una superficie rigida. È un particolare sostanziale, visto che nelle altre vittime non si riscontra.”
    “Quindi, se ho capito bene, l’assassino l’ha prima sbatacchiata a destra e a manca, facendole colpire qualcosa di duro, la ragazza si è spaccata la testa ed è morta. Successivamente lui le ha spezzato il collo.”
    “È esatto.”
    “E nessuna delle altre vittime ha ricevuto lo stesso trattamento? Come fa a sapere che la ragazza non è caduta o ha fatto un’altra triste fine?”
    “La compressione del lobo parietale suggerisce l’intervento volontario di qualcuno. Vede?” domandò Brennan, mimando di premere il teschio contro il tavolo. “Come se qualcuno avesse tenuto in questa posizione la vittima. Tutti gli altri scheletri presentano delle lesioni e dei danneggiamenti diffusi, ma niente di simile.”
    Buffy aggiustò i capelli che sfuggivano alla coda, meditando silenziosamente.
    “Pare che l’assassino si fosse accanito con questa donna in particolare. Con ogni probabilità, l’avrà sorpresa mentre tentava di scappare. Nella colluttazione ha avuto la meglio ed ha usato talmente tanta violenza contro la ragazza da ucciderla. In seguito ha comunque inscenato il solito rituale dell’omicidio.”
    “La sua ricostruzione è compatibile con le prove che abbiamo rinvenuto.”
    “A questo punto deve trattarsi per forza di un uomo!”
    Brennan annuì debolmente e introdusse il vicecapo nell’ufficio della collega.
    “Lei è Angela Montenegro. Saprà chiarirle meglio quello che abbiamo scoperto circa la fisicità dell’assassino. Glielo mostrerà.”
    “Mostr … cosa?”
    Angela sorrise gentilmente e condusse Buffy dinnanzi ad una specie di schermo tridimensionale nel quale si muovevano con due sagome.
    “Sembra di stare al cinema!” esclamò il vicecapo, impressionata.
    “È un gioiellino che ho realizzato di persona. Ci consentirà di comprendere effettivamente la dinamica dell’omicidio. Le spiego come: ho calcolato la distanza delle lesioni nel corpo della seconda vittima che, per la cronaca, si chiamava Sally e lavorava in un asilo nido. Le ferite ci suggeriscono che la ragazza doveva trovarsi in ginocchio, in questo modo, con entrambe le braccia a proteggere il capo.”
    Nello schermo, una delle figure fittizie, la più minuta, si abbassò sino ad accucciarsi, stretta tra l’altra sagoma ed una parete invisibile.
    “Ho calcolato anche la potenza dei colpi, la loro profondità, la forza utilizzata per assestare il …”
    “Salti pure lo scientifichese. A che conclusioni è arrivata?”
    “Deve trattarsi di un maschio adulto, alto circa un metro e ottantacinque per novanta chili di peso.”
    “Uno che ci sa fare.” mormorò Buffy. “I pugni, i colpi … non sono mai assestati a caso. Una tale precisione è frutto della pratica nelle arti marziali.”
    “Esatto.” aggiunse Brennan, attenta ai movimenti delle figure luminose. “Inoltre, la torsione della seconda vertebra cervicale è immediata, istantaneamente mortale.”
    “Non commette errori, non sgarra di un passo. Solo con la seconda vittima ha avuto un eccesso di follia, probabilmente provocato dal comportamento di quest’ultima. Pulisce i cadaveri con precisione e inscena l’abbandono senza lasciare traccia. Deve trattarsi di un poliziotto o di un ex militare. Il modo in cui uccide è troppo specifico, disciplinato.”
    “Booth saprebbe uccidere un uomo in quel modo!” intervenne, con tono leggero, la dottoressa Brennan. “Anche se gli omicidi commissionatigli prevedevano l’uso del fucile a grandi distanze.”
    Buffy si voltò ad occhi spalancati, non del tutto certa di avere udito bene.
    Fu Angela a precisare l’affermazione dell’amica.
    “Faceva il cecchino. Per il governo.”
    “Ah! Addestramento militare.” puntualizzò il vicecapo della polizia. “L’uomo che stiamo cercando deve averne avuto certamente uno.”




    Uscirono dal Jeffersonian intorno alle tredici e quaranta, dopo aver esaminato per l’ennesima volta vecchi rapporti di polizia e scheletri femminili.
    Il procuratore Julian non aveva smesso un secondo di stare addosso a Buffy, esigendo continui ragguagli sulla situazione e ripetendo a macchinetta le regole auree per il successo di una buona indagine. La donna, abituata a lavorare col famoso Seeley Booth, non si sentiva tranquilla a lasciare un caso tanto importante nelle mani di una funzionaria di Stato che neanche conosceva bene. Per fortuna, esisteva la razza dei Giles: diplomatici conciliatori sin dal 1887.
    Senza, Buffy Summers sarebbe morta, travolta da pile di documenti.
    La dottoressa Brennan raggiunse l’automobile del vicecapo, dopo l’ennesima telefonata.
    “Qual è la prossima mossa, quindi?”
    “Ho intenzione di interrogare la madre di questa Sally, la seconda vittima, per ricavare ulteriori informazioni. La figlia potrebbe essere la chiave dell’indagine visto che ha subito un trattamento diverso rispetto alle altre vittime. L’assassino poteva conoscerla personalmente, intrattenere con lei un rapporto più intimo.”
    “Prima, nell’ufficio di Angela, lei ha sostenuto la tesi della violenza accidentale provocata da un tentativo di fuga.”
    “Quella è l’altra ipotesi. Vagliamo tutte le piste, senza escludere niente a priori. Non mi convince il modo il cui questo Cacciatore sceglie le sue vittime.”
    “Che significa?”
    “Glielo spiego … a pranzo? Ha nulla in contrario se ci fermiamo a mangiare qualcosa?”
    “Assolutamente. Comincio ad avere fame e questo era il momento in cui Booth staccava dal lavoro.”
    Buffy si morse le labbra, ma non aggiunse nulla.
    Lasciò che la dottoressa la precedesse, indicandole il locale da scegliere per la pausa.




    Le portate arrivarono di fretta, compatibilmente con l’affollamento del Diner.
    Buffy ringraziò, afferrando forchetta e coltello. Pronta a gustare l’insalata mista identica a quella della dottoressa Brennan.
    “Sembra buona.” mormorò dolcemente, dimentica dell’aura di spietatezza da vicecapo della Polizia.
    Brennan si servì un primo boccone.
    “È molto buona.” confermò, coprendo le labbra col tovagliolo. “È la prima volta.”
    “La prima volta?”
    “Che qualcuno al mio stesso tavolo, nella pausa pranzo dall’indagine, ordina un’insalata vegetariana. Booth avrebbe preso qualcosa con la carne.”
    Buffy assaggiò una patatina, immergendola lentamente nel ketchup.
    “Viene sempre con lui in questo posto?”
    “Ovviamente frequentano il locale anche i membri della mia squadra, molti ricercatori del Jeffersonian e degli individui che non conosco. Il tavolo, però, lo condivido sempre con Booth. È la nostra occasione per aggiornarci.”
    “Parlate solo di lavoro?”
    Brennan s’imbronciò, quasi pensierosa.
    “No.” rispose infine, senza concedere ulteriori precisazioni.
    Il telefono di Buffy squillò; era Dawn, che informava la sorella di un esame appena sostenuto.
    “Booth sarebbe stato contento di una notizia simile. Nella sua scala di valori, la famiglia assume un ruolo principale, cruciale.”
    Stavolta, Buffy non si poté trattenere dal porre una domanda.
    “Lei tiene molto a questo Booth, vero?”
    “Siamo partners da anni e siamo amici.” concesse Brennan, infilzando pomodorini e lattuga.
    “Mi scusi. È l’istinto del poliziotto o qualcosa del genere. Mi sono subito resa conto di essere la mera sostituta di una persona degna di fiducia.”
    “È così.” replicò Brennan, ancora una volta senza minima traccia di sarcasmo o cattiveria.
    Buffy sorrise, spizzicando le patatine salate.
    “Lo ha menzionato decine di volte nel corso della giornata. Le manca.”
    “Probabilmente la distanza temporale dall’ultima indagine e il complesso di abitudini che avevamo creato mi portano a sentire la mancanza di Booth. È una cosa antropologicamente contemplata e accade anche gli animali che, nel tempo, riescono anche ad assumere le espressioni dei padroni. Un rapporto interpersonale, caratterizzato da un gran numero di ore trascorse insieme, crea un legame tra i soggetti. Questo legame provoca una specie di … malinconia. Non saprei come definire l’emozione. Non ho dimestichezza nel campo.”
    “Neanche io, ma malinconia mi pare un termine appropriato. Amarezza, anche. E vuoto.”
    Brennan aggrottò le sopracciglia, dubbiosa.
    “In realtà, non comprendo bene la distinzione tra emozioni diverse. Mi sembra una categorizzazione imprecisa, arbitraria.”
    “È come con la legge. Si basa sull’analogia dei casi, non sull’identità. Solo che … anche l’analogia è difficile da trovare nelle questioni di cuore, perché sono tutte dannatamente incasinate ed incomprensibili a chi non le vive. E, di solito, chi c’è in mezzo è talmente preso da non riuscire a fare il punto della situazione. Si lascia trascinare e basta.”
    L’espressione del vicecapo sembrò oscurarsi.
    Brennan osservò il cambio repentino con attenzione scientifica, sebbene le esercitazioni con Sweets avessero ampiamente dimostrato la sua incapacità nell’interpretazione dei segnali.
    “Sono convinta che Booth, in una discussione simile, avrebbe insistito sul possesso di una chiave universale di comprensione dei sentimenti. Un codice comune, che permette la comunicazione tra gli uomini e, in ultima analisi, il dominio di un’emozione sulle altre: l’amore.”
    Buffy rise, versandosi dell’acqua minerale nel bicchiere.
    “È buffo come lo dice!”
    “Risulto buffa in determinate occasioni.”
    “Non è un’offesa! È che lei mi sorprende! Non ho mai incontrato una persona capace di tanta … insomma, non sono molti a … certamente non io.”
    “A fare cosa?”
    Il vicecapo della polizia addolcì lo sguardo empaticamente, senza specificare il senso delle sue parole. Continuò a mangiare, servendosi del pane. In silenzio.
    “Credo che il suo collega sia molto importante per lei. Mi scusi se continuo ad insistere, ma … beh, il Papa quante volte al giorno lo nominerà Gesù Cristo? Cinque? Sei?”
    “Deduce che Booth sia importante dal fatto che l’ho menzionato ripetutamente?”
    “Non solo. Lei attribuisce un grande valore alle sue parole e le ascolta, profondamente. Penso sia una cosa straordinaria che, spesso e volentieri, non succede neanche tra amanti. Si può amare o odiare qualcuno attribuendo un’importanza superficiale alle sue opinioni. L’odio, l’amore … vanno e vengono. Si può amare senza fidarsi.”
    “Come è possibile?”
    “Non sono un’esperta e non leggo filosofia, ma la vita mi ha insegnato che l’amore è quasi sempre l’anticamera o l’altra faccia dell’odio. Di fatto, la natura della sensazione che si prova è quella. Odio e amore hanno la stessa snervante capacità di resistenza e offuscamento della razionalità. Quanto alla fiducia … non ha niente a che fare con le emozioni ed è un casino quando manca e la persona che abbiamo di fronte ci tiene comunque nel palmo della mano.”
    Brennan rifletté sulle parole del vicecapo.
    Erano opinabili quanto quelle di Booth, eppure non avevano la stessa carica di persuasione carismatica. Non le avrebbe ricordate nei particolari, non le avrebbe serbate nella memoria come le premesse irrazionali dell’amico.
    Stava operando una distinzione arbitraria, consapevolmente.
    “Booth avrebbe detto qualcosa di più carino, vero?”
    “Avrebbe ribadito uno dei concetti su cui fonda la sua morale. Risultano soddisfacenti, spesso. Confortanti, quasi.”
    “Non ho esperienza di relazioni sentimentali confortanti. Però, potrei scrivere un libro sulla passione e l’amore e i guai che, inevitabilmente, arrivano in fila.”
    “In realtà, penso che neanche Booth abbia esperienza di quello in cui crede.”
    “Allora perché lo reputa tanto affidabile?”
    “È una questione di fede, ho imparato. Il segreto sta nella speranza che certe concezioni riescono a trasmettere. Forse … vorrei semplicemente poter sperare.”
    “Vorrei sperare anch’io.” concluse Buffy.
    Al termine del pranzo, si diressero a casa della madre di Sally Brown.




    Parcheggiarono di fianco ad un parco giochi e si diressero all’abitazione della vittima, poco distante. Una donna sulla cinquantina, bruna e stanca, venne loro ad aprire.
    “Vicecapo Summers della polizia di Washigton, dottoressa Brennan del Jeffersonian Istitute. Vorremmo farle qualche domanda circa l’omicidio di Sally.”
    La signora Brown inclinò il capo come per deglutire faticosamente.
    Si fece da parte, invitando le ospiti ad accomodarsi.
    “Entrate pure.” pronunciò a bassissima voce.
    Le precedette, avvolgendosi nella giacca di lana, e salutò il figlio minore che usciva per andare al lavoro.
    Buffy intercettò lo sguardo in quello del ragazzo e lesse un odio totale, malcelato, bruciante.
    Si accomodò nel salotto, accanto a Brennan che già discuteva con la madre dalla seconda vittima.
    “Abbiamo ragione di pensare che sua figlia possa essere la chiave per catturare il Cacciatore. È stata uccisa in un modo diverso dalle altre vittime.”
    La signora Brown sprofondò nella sedia, preda di un improvviso torpore.
    “Ci avevano detto che …”
    “Sono emersi nuovi indizi. A quanto pare, Sally ha opposto resistenza al suo aggressore.”tagliò corto Buffy, riprendendo in mano le redini della conversazione.
    Era abituata al pieno controllo e alla gestione esclusiva delle testimonianze. Lavorare con qualcuno che anticipava le sue mosse le risultava estremamente fastidioso ed inopportuno.
    “Ci avevano detto che … che non aveva sofferto!”
    “Non crediamo che abbia sofferto molto. In ogni caso presenta delle cicatrici e delle lesioni che suggeriscono un tentativo di resistenza.”
    “Stava cercando di scappare?”
    “Probabilmente.”
    La signora Brown si portò una mano al volto, seguendo silenziosamente il corso dei pensieri. Lucida, ribadì un concetto più volte ripetuto.
    “Ho sempre detto che non si sarebbe arresa senza lottare.”
    “Sì, signora. Vuole, per favore, parlarci del giorno del rapimento? Lo ricorda?”
    “Perfettamente. Sally era appena uscita dall’asilo. Aveva cominciato a fare i turni pomeridiani dalle tredici alle sedici e trenta.”
    “Da quanto tempo faceva quei turni?”
    “Un mese. Ogni volta che usciva dalla scuola chiamava me o il fidanzato. Tornava a casa intorno alle cinque, cinque e trenta, e rimaneva a cenare o usciva col ragazzo.”
    “Era il ragazzo ad accompagnarla a casa?”
    “John, il fidanzato, passava a prenderla quando poteva. Il più delle volte, Sally tornava con la metro.”
    “Capisco. Era abitudinaria sua figlia? Coscienziosa?”
    La signora Brown rivolse alle ospiti uno sguardo freddo, tagliente.
    “Sally era una ragazza sveglia, perbene. Non avrebbe accettato caramelle dagli sconosciuti, se è questo che pensate.”
    “La sua espressione sottintende l’accettazione di lusinghe o favori da parte di estranei.” precisò Brennan. “Sally era propensa ad un comportamento del genere?”
    “Molti lo hanno chiesto. È assurdo come si cerchi di dare alla vittima la colpa di essere vittima. Immagino sia tranquillizzante per la Polizia.”
    “Non è tranquillizzante.” intervenne Buffy. “Abbiamo bisogno di comprendere le modalità dei rapimenti, sono il passo più pericoloso nello schema d’azione del killer. Se scopriamo come riesce a far sparire le ragazze, potremo fermarlo.”
    “E poi?” esclamò la donna, affranta dal dolore. “Poi cosa farete? Lo metterete in carcere? Vitto e alloggio gratis?”
    “Signora, non spetta a noi …”
    “Invece sì. Dovrebbe spettare a voi! Siete il braccio della giustizia e dovreste punire chi commette simili atrocità. La vostra mano vendicatrice dovrebbe portare misericordia e pace nella mia casa.”
    Un silenzio amaro accompagnò lo sfogo rabbioso.
    Fu Brennan a prendere parola.
    “Quello che chiede è razionalmente impossibile. Non è compito della polizia portare pace nella sua casa. Nel nostro Stato, però, vige ancora la pena capitale. Se desidera la morte dell’assassino, potrebbe trovare consolazione nel fatto che essa è possibile.”
    La signora Brown strinse le labbra.
    Buffy e Brennan posero ancora qualche domanda.




    “Geniale la battuta sulla pena di morte!” sussurrò Buffy, appena fuori dalla casa della vittima.
    Un’idea le stava ronzando nel cervello, avrebbe dovuto fare qualche chiamata.
    “Non era una battuta. Era una constatazione oggettiva.”
    “Quindi lei crede nell’efficacia della punturina?”
    Brennan disinserì l’allarme dell’auto e aprì lo sportello.
    “Lei è contraria?”
    Buffy non rispose.
    Digitò il numero dell’ufficio e trovò Xander all’altro capo della linea.
    “Grazie a Dio, ci sei! Ascolta, ho bisogno di un favore: controlla per l’ennesima volta i legami tra le vittime del killer. So che non è mai venuto fuori niente, ma tu assecondami! Non mi convince il modo in cui questo tipo sceglie le ragazze. È troppo calcolatore! Prevede gli scenari al millimetro, assume rischi consistenti, ma non lascia nulla al caso. È paziente e ragionevole. Non credo che vada appresso alle prime bionde che gli passano sotto il naso. Poi, metti qualcuno a guardia della signora Brown e del figlio. Mi hanno fatto una strana impressione, soprattutto il ragazzo. Non vorrei che si facessero venire in mente idee malsane. Manda Tara. Okay, okay. A dopo, Xan.”
    Brennan ascoltò la conversazione telefonica col massimo interesse.
    “I parenti delle vittime di omicidio esprimono spesso desiderio di vendetta o rivincita. Perché questi sono tanto speciali da meritare supervisione?”
    “Non saprei dirlo. Puro istinto.”
    “L’istinto non ha basi logiche.”
    “Lo so, ma ho bisogno di seguirlo per fare il mio lavoro. È un po’ come andare a caccia. Se non riesci a fiutare a primo colpo che aria tira, come fai a catturare la preda?”
    Brennan considerò l’ultima affermazione con curiosa attenzione.
    Prese il proprio telefono, che squillava.
    “Hodgins? Sì. Arriviamo subito.” Rivolgendosi al vicecapo di polizia, le fece cenno di salire sull’auto. “Hodgins ha trovato dei frammenti compatibili nel cranio della seconda vittima e sul cadavere dell’ultima.”
    “Credevo le pulisse per bene! L’ultima, poi, era in mezzo allo schifo più totale. Come ha fatto ad identificare … le cose?”
    “Hodgins è molto preciso e sono sicura che troverà interessante quello che ha da dirle.”
    L’auto di servizio partì sgommando.







    Note Nerd ~



    - Ecuba è la protagonista di una tragedia di Euripide. Moglie di Priamo, Re di Troia, dopo la vittoria dei greci viene fatta prigioniera. Addolorata per l'assassinio della figlia Polissena e la perdita degli altri figli, deciderà di farsi giustizia da sola.

    - Lo svolgimento delle indagini tenta di essere verosimile e coerente. In realtà, neanche io so che sto scrivendo. ù____ù Anni di polizieschi e romanzi gialli hanno devastato il mio cervello. X3









    3. Elettra





    E il mio delirio
    non cesserà sinché duri lo spasimo,
    sin ch'io tragga il respiro.
    Elettra [Sofocle]










    Finalmente sola nel suo ufficio, Buffy poté rilassarsi un momento.
    Sospirando pesantemente, si spogliò della giacca e tolse le scarpe. Stanchissima, si sedette sulla poltrona e stese i piedi sui rapporti del coroner come una ragazzina ribelle, del tutto incurante. Estrasse da un cassetto una collana di perle e cominciò a giocherellarci, separando ed unendo le pietre bianche.
    Ogni perla sembrava riflettere la sua immagine in modo diverso, distorto. Nella patina opaca riluceva l’oro dei suoi capelli come una macchia informe.
    Chiuse gli occhi, nauseata dalla visione.
    Controllò le chiamate al cellulare e si accorse che, per l’ennesima volta, Fred Burkle aveva provato a contattarla. Cancellò immediatamente il promemoria, s’imbatté in un messaggio vocale nella casella di segreteria.
    Eliminò anche quello.
    Provò a digitare un messaggino pieno di tenerezza per Dawnie, ma abbandonò l’idea all’istante. Non era il genere di persona capace di manifestazioni d’amore spontanee, un messaggio più affettuoso del solito avrebbe scatenato il panico e la sospettosità della sorella minore.
    Sospirò, impotente.
    Un gran dolore le serrava lo stomaco e avrebbe dato qualsiasi cosa per indossare un pigiama e seppellirsi a letto. Non poteva. Non finché un pazzo omicida attentava alla vita di povere ragazze innocenti.
    A tradimento, le venne in mente una se stessa lontana. Bionda, ingenua. Pensò a come sarebbe stato morire per mano di uno psicopatico come il Cacciatore.
    Le sue fantasticherie vennero interrotte da un bussare insistente.




    “Avanti.” mormorò il vicecapo, ricomponendosi di fretta, indossando le scarpe. “Oh! Perfetto! Sono già controfirmati?”
    Temperance Brennan fece il suo ingresso, armata degli ultimi rapporti redatti, che Buffy stava indicando. Era stata precisa e puntuale: una grande professionista.
    “La dottoressa Saroyan ha provveduto personalmente. Non avrete alcun problema dal punto di vista burocratico.”
    “Grazie a Dio. Si accomodi e facciamo il punto della situazione.”
    Brennan si sedette e rifiutò le caramelle gommose offerte dal vicecapo in segno di ospitalità. Dispose al centro della scrivania il rapporto di Angela e quello di Hodgins.
    “Quindi …” cominciò Buffy, esitante. Hodgins e Montenegro le avevano riempito la testa di chiacchiere, informazioni e dettagli. Non credeva di ricordare tutto e la confondevano determinati passaggi. “Nel cranio di Sally Brown sono stati rinvenuti frammenti di legno identici a quelli individuati in mezzo al pattume che circondava l’ultimo cadavere nel luogo del ritrovamento ...” spiegò lentamente, fissando Brennan in attesa di un cenno esplicativo che l’aiutasse a comprendere l’esattezza della sua ricostruzione. Il fatto che la dottoressa fosse abituata a mantenere sempre la stessa espressione di serena indifferenza totale non aiutava. “ … Non potevano essere pezzi di legno provenienti della spazzatura … ”
    “No. La qualità del legno corrisponde, le scaglie sono assolutamente compatibili. Si tratta di legno utilizzato nella realizzazione delle botti dove fermenta il vino. Hodgins ha rilevato tracce di …”
    “Non dica i nomi scientifichesi. Mi spaventano. Botti per il vino, giusto?”
    Brennan aggrottò le sopracciglia, sorpresa dalla brusca interruzione. Riprese a spiegare, cercando di essere sintetica.
    “Esatto. Il legno è sempre molto particolare perché ha lo scopo di impreziosire l’aroma della bevanda.”
    “Per fortuna non bevo.” sussurrò Buffy. “Okay, fin qui ci sono. Le ragazze dovevano essere tenute nascoste in un posto che aveva a che fare col vino, con la sua produzione. Una cantina, magari. Il sotterraneo di un ristorante o di una azienda del settore. Montenegro che diceva a proposito delle telefonate dell’anziana donna?”
    “Esaminando le registrazioni, Angela è arrivata a dedurre che il punto da cui partono tutte le chiamate deve trovarsi in aperta campagna. In sottofondo, sono chiaramente udibili suoni agresti, versi di animali.”
    “Giusto. Rumori della natura. Natura, vino, botti … cosa ci suggeriscono? Probabilmente, dobbiamo concentrarci sui vigneti, sulle proprietà agricole. È lì che vengono nascoste le ragazze.”
    “È altamente probabile.”
    La porta dell’ufficio si spalancò di colpo, senza salutare, entrò Xander Harris, collaboratore del vicecapo Summers.
    “Xan. Bussare.” lo rimproverò Buffy.
    “Salve capo, salve dottoressa Brennan.” articolò il tenente, improvvisando un inchino goffo. “Ho scovato qualcosa di importante tra queste vecchie cartacce.”
    “Cosa hai trovato?”
    “Cercavo tracce di possibili collegamenti tra le vittime. Come al solito, non è emerso nulla di significativo. Ma. Tutte le ragazze, in momenti differenti della loro vita, hanno frequentato la chiesa cattolica Saint Thomas.”
    “Che ci facevano in una chiesa cattolica? Una delle vittime mi pare fosse protestante, un’altra metodista.”
    “Ci andavano a pregare, Buffster! Nelle questioni di fede si può avere un tentennamento, aprirsi e conoscere altre confessioni diverse dalla propria.”
    “Okay, quindi tutte queste ragazze hanno frequentato la stessa chiesa. Di che intervallo di tempo stiamo parlando?”
    “Da sette mesi a sei anni fa.”
    La dottoressa Brennan socchiuse le labbra.
    “Un periodo di tempo compatibile con l’omicidio della prima vittima.”
    “Aspettate, aspettate! Una delle ragazze era texana ed è stata ritrovata in Texas. Come la mettiamo?”
    “Era tornata ad Austin, a casa dei genitori, da otto mesi. Un anno prima aveva affittato un appartamento a Washington e si era iscritta ai corsi di musica sponsorizzati dalla Saint Thomas.”
    “Saint Thomas. Come ci è sfuggita questa balena in mezzo alla spiaggia?”
    “Era un legame davvero debole. Per alcune delle vittime si parla di una frequentazione di appena un paio di settimane.”
    “Sufficienti al nostro killer. Adesso le cose cominciano a tornare. Andiamo a scomodare le alte gerarchie dello Stato Pontificio e …”
    Buffy s’imbronciò e cercò lo sguardo della dottoressa Brennan.
    “La offenderebbe rompere i gingilli alla Chiesa?”
    Brennan fece spallucce, spalancando gli occhi chiari.
    “Oh. No. Rompere i gingilli vuol dire formulare domande indiscrete, mettere in dubbio l’onestà morale dei prelati e coinvolgerli in un caso di pluriomidicio?”
    “Più o meno.”
    “No, non mi offende. Non credo nelle religioni organizzate.”
    Buffy fece spallucce e trovò le chiavi dell’auto in un batter d’occhio.
    “Prendiamo la mia! Guidi lei, se vuole.”




    In macchina era sceso il silenzio più totale.
    Brennan aveva provato ad accendere la radio, ma la musica l’aveva immediatamente infastidita. Era strano viaggiare in auto per lavoro con qualcuno che non fosse Booth. Negli anni, si era abituata ad utilizzare il pretesto del viaggio per parlare con lui, conoscerlo meglio e confrontare le reciproche opinioni sui casi di omicidio e su quelli della vita.
    Booth pretendeva di guidare sempre. All’inizio, aveva trovato indisponente questa sua testardaggine irrazionale, segno di un’educazione maschile basata su forti preconcetti di stampo tradizionale; in seguito, aveva imparato ad apprezzare quel comportamento, quasi come fosse un segno di tenerezza nei suoi confronti, un invito al riposo e alla calma.
    Sapeva di commettere un’associazione logica del tutto priva di fondamento, ma l’ostinata mania di Booth di gestire le situazioni, soprattutto al volante, la faceva sentire protetta. In alcuni casi, aveva trovato infinitamente piacevole chiudere gli occhi e lasciare che fosse lui a portarla a casa. A svegliarla all’arrivo con una carezza.
    “Quindi … collabora da molto con l’FBI?” chiese Buffy.
    Brennan si concentrò sulla domanda senza distogliere l’attenzione dalla strada.
    “Cinque anni, per l’esattezza. In passato ho prestato consulenza nello svolgimento di un assassinio. In quell’occasione ho conosciuto Booth.”
    Buffy annuì, sorridendo timidamente.
    “Scommetto che vi siete piaciuti a prima vista! Come colleghi, intendo … il feeling tra colleghi … quello che ci vuole per … lavorare.”
    Brennan non rispose.
    Seguì l’ennesimo silenzio imbarazzato.
    “Sì.” affermò, a distanza di qualche secondo. “Immagino che … si possa dire di sì. Ho subito constatato la capacità professionale di Booth e alcune delle sue doti migliori, come la forza, l’ironia e l’intelligenza.”
    “Ah.”
    “Lui ha avuto modo di conoscere le mie.”
    “Cosa?”
    “Doti migliori.”
    Buffy annuì ancora.
    Concentrata sulla manopola dell’aria condizionata, elaborò un pensiero impossibile da formulare ad alta voce. Lo rimosse immediatamente, infastidita dalla sua stessa curiosità. Non era il tipo da intromettersi nelle vite private degli estranei che non fossero assassini o delinquenti.
    “E lei?”
    “Cosa? Io?”
    “Lei.” ripeté Brennan, gentile. “Lavora da molto tempo con la stessa squadra?”
    “Secoli! Insomma, Xander e Willow, il tenente e il capitano, hanno fatto la gavetta insieme a me, a Los Angeles. Siamo diventati molto amici. Il capo Giles è il mio mentore da tempo immemore! Sono contenta di aver creato questa sorta di famiglia a lavoro. La loro presenza rende tutto più facile, più piacevole.”
    “Non ha un partner investigativo?”
    “Oh, no! Beh … un vicecapo di polizia ha bisogno solo della sua squadra. Però, ho collaborato spesso con l’FBI e con le altre divisioni del distretto.”
    “Capisco.”
    “In particolare, mi è capitato di lavorare spesso con William Shelby dell’antidroga. Lo conosce? Il tipo strano, soprannominato Spike, che viene dall’Inghilterra. Ci è capitato spesso di fronteggiare fianco a fianco situazioni di emergenza. A Los Angeles ci siamo immischiati in una guerra tra bande e, per poco, non ci lasciavamo le penne.”
    “Si riferisce agli avvenimenti di tre anni fa? Sono stati interessanti dal punto di vista antropologico.”
    “Se lo dice lei! In quel periodo ci fu un contrasto tra famiglie rivali per il controllo dalla parte est della città. La situazione divenne calda e sfociò nell’omicidio del cugino di Ty-G, un pesce grosso della gang che controllava il traffico d’erba. Seguirono una serie di rappresaglie e, nel giro di tre settimane, morirono quasi dodici uomini appartenenti alle bande e tre agenti di polizia. Uno scempio.”
    “Dev’essere stato difficile.”
    “Può scommetterci!” sorrise il vicecapo, memore degli avvenimenti del passato. “Eravamo continuamente sottoposti a pressioni interne ed esterne. Il sindaco emanava un comunicato al giorno, Giles stava letteralmente impazzendo e nessuno ci dava tregua. Aggiunga la malcelata diffidenza tra divisioni di polizia diverse e il gioco è fatto. Per fortuna, c’era Spike.”
    “L’ha aiutata a superare le rivalità di squadra?”
    “Sì. Lui … ha conciliato l’ambiente quel tanto che bastava a permettermi di lavorare. Si è beccato i miei sbalzi umorali e le mie urla da comandante in carica con una pazienza davvero ammirevole. Alla fine, siamo anche sopravvissuti ad uno scontro a fuoco mortale.”
    “Davvero?”
    “Eravamo rimasti chiusi in un edificio in fiamme. Fuori le gang si sparavano addosso. Per uscire abbiamo dovuto forzare una maniglia incandescente, ma non avevamo nulla a fare da scudo col metallo rovente e ci siamo messi in testa di aprire assieme. Abbiamo pianto per il dolore!”
    Buffy mostrò a Brennan la mano sinistra, sfregiata da piccole cicatrici da ustione.
    “Perché avete forzato la maniglia insieme? Poteva farlo solo uno di voi.”
    Buffy annuì, allargando le braccia.
    “Sì, ma …” s’interruppe e rifletté in silenzio. “Non potevo lasciarglielo fare da solo.” spiegò, a bassissima voce.
    Brennan credette di intuire qualcosa dal tono grave del vicecapo e dalla sua postura. Ancora una volta, però, non fu in grado di arrivare ad una conclusione razionalmente plausibile, né tentò di basare uno schema di deduzione su impressioni tanto vaghe. Sweets poteva utilizzare un gesto a spiegazione di qualcosa di implicito, lei era una scienziata e faceva affidamento solo sui fatti.
    “Spike è venuto qui, a Washington. Ha lasciato LA.” il vicecapo si morse le labbra, evitando lo sguardo dell’antropologa forense, osservando il cielo oltre il finestrino. “L’ha fatto per me.”
    “Lei sta dicendo che …”
    “È complicato. Stiamo assieme, ma non … io non …” Buffy prese fiato e terminò la frase in un battito di ciglia. “Gli hanno sparato, ieri. È ricoverato al Memorial Hospital e lotta tra la vita e la morte. I medici dicono che ha perso troppo sangue, che lo sparo ha generato un’infezione. Fred Burkle, una collega di Spike, mi invia continuamente messaggi. È stata lei a chiamare per darmi la notizia.”
    Brennan offrì il proprio appoggio, battendo timidamente una mano sulla spalla del vicecapo Summers. Sapeva quanto fosse difficile concentrarsi sul lavoro nei momenti in cui le questioni personali prendevano prepotentemente il sopravvento.
    Ricordava Booth.
    Il giorno in cui l’avevano ricoverato in ospedale.
    Ricordava la sua espressione spaventata, incerta, vulnerabile; la stretta di mano forte e la richiesta di accompagnarlo in sala operatoria, di non lasciarlo solo; il pallore innaturale del suo volto e le emozioni intense che avevano segnato i giorni di degenza.
    Ricordava il senso di separazione imminente ed il bisogno pressante della sua presenza fisica.
    Ricordava di aver pianto con un abbandono e una passione che appartenevano all’infanzia lontana, colma di dolore.
    “Se lei …” tossì per schiarire la voce, leggermente arrochita. “Se lei vuole andare in ospedale a trovarlo …”
    No.” interruppe Buffy, voltandosi a fronteggiare la dottoressa. Negli occhi verdi, una luce di fredda determinazione. Un distacco quasi inumano. “Non andrò da Spike.”
    Brennan strinse il volante, meravigliata.
    “Le chiedo di non nominarlo più e di dimenticare quello che le ho detto al riguardo. Abbiamo una missione, adesso, e viene prima di ogni altra cosa.”
    Brennan studiò il profilo del vicecapo, il tono di voce, la compostezza della sua postura.
    In una frazione di secondo, Buffy Summers era stata capace di erigere una barriera di vetro tra lei e gli eventi che le stavano sconvolgendo la vita. La sua respirazione era tornata normale, l’espressione si era distesa. Osservava la strada da percorrere colma di inattaccabili certezze, di una rabbia e un odio sacro, inafferrabile.
    Il cellulare di Brennan squillò e la dottoressa si premurò di mettere il vivavoce. Era Angela, che la informava sui nuovi sviluppi del caso.
    “Angela, parla pure. Siamo a pochi isolati dalla Saint Thomas.”
    “Parli dottoressa Montenegro.” incitò Buffy, col tono leggero e coraggioso di sempre.
    “Ascoltate, ho fatto una ricerca incrociata sulle ragazze e sul personale della Saint Thomas: preti, frati, assistenti sociali che la frequentano …”
    “Cosa ha scoperto?”
    “Ho un paio di nomi, ma uno in particolare: Caleb Micheals. Padre Micheals ha officiato alcune messe alla Saint Thomas nel periodo in cui il vescovo stava male. In seguito, ha frequentato sporadicamente la chiesa, organizzando un gruppo di preghiera. Tre delle vittime ne facevano parte. Micheals ha anche prestato servizio in Iraq, come pastore di una divisione di militari di stanza a Najaf. A quanto pare, padre Caleb vantava un rigoroso addestramento militare che gli consentiva di condividere in tutto e per tutto le abitudini dei soldati. Ha anche ucciso un paio di terroristi, beccandosi un’onorificenza.”
    “Un eroe!” mormorò sarcastica Buffy.
    Micheals sembrava corrispondere perfettamente al profilo del killer.
    “C’è di più. Sentite questa e tenetevi forte: padre Caleb possiede un vigneto di proprietà della famiglia. Con lui vive soltanto l’anziana madre.”
    “Cazzo!”
    “Angela, sei in grado di darci le coordinate per raggiungere il vigneto? Potrebbe essere il luogo dove vengono tenute prigioniere le vittime. Padre Caleb potrebbe essere il killer.”
    “Ti invio tutto, dolcezza. Avviso anche la squadra del vicecapo Summers e vi faccio raggiungere. Devo aggiungere un’ultima cosa. Non agitatevi, per favore.”
    “Cosa è successo?”
    “L’agente Maclay, Tara …”
    “Cosa è successo a Tara?”
    “Vicecapo, Tara è scomparsa assieme alla madre di Sally Brown.”
    Gli occhi di Buffy si spalancarono di sorpresa e terrore.
    Il vicecapo deglutì vistosamente e si rivolse a Brennan, concitata.
    “Non abbiamo tempo per aspettare i rinforzi. Se Tara è stata presa da quel pazzo, deve trovarsi al vigneto. Dobbiamo raggiungerla, immediatamente.”
    “Sono d’accordo.”
    “Sentite, non mi sembra una buona idea …”
    “È lontano? Dove si trova?”
    “Si arriva percorrendo la strada statale che conduce alla Saint Thomas. Dovrete girare l’angolo e svoltare al secondo semaforo. Arriverete nel giro di trenta minuti. Vi invio tutto sul GPS.”
    “Perfetto. Avvisa i rinforzi che siamo sulla strada. Serve un mandato. Dì a Xander di procurarsene uno e di muovere il culo alla svelta. Non possiamo perdere tempo, la vita di un’agente dipende da noi.”




    Raggiunsero il vigneto e parcheggiarono oltre il cancello che separava la proprietà terriera da quelle adiacenti.
    Buffy scese dalla macchina in fretta, aprì il bagagliaio ed estrasse una pistola e un giubbotto antiproiettile. Prese quello di riserva e lo passò a Brennan, raccomandandole di indossarlo.
    “Ascolti, dottoressa. Tara è lì dentro, ne sono sicura. Ho intenzione di andare e cercare di liberarla.”
    “Dovremmo almeno aspettare i rinforzi …”
    “Secondo me non c’è tempo. Il killer è stato sempre cauto, paziente. Rapire un agente non è una mossa molto intelligente, soprattutto ora che siamo sulle sue tracce. Qualcosa deve averlo fatto agitare. Magari c’entra la madre della Brown.”
    “In una situazione di tensione, l’assassino ha ucciso la vittima tralasciando il solito rituale. Potrebbe commettere qualcosa di avventato … anche adesso.”
    “Esatto. È quello che intendo. Questo pazzo ha perso il controllo delle sue azioni e io devo agire. Devo salvare Tara, prima che sia troppo tardi.”
    “Vengo con lei.” mormorò Brennan, risoluta.
    Buffy scosse il capo.
    “Non posso coinvolgerla, potrebbe essere pericoloso.”
    “Mi ha fatto indossare un giubbotto antiproiettile.” osservò Brennan, scrutando con determinazione lo sguardo del vicecapo.
    Buffy esitò solo un istante.
    Si allontanò ancora una volta e tornò con un’arma carica nelle mani.
    “Sa sparare?”
    “Sì.”
    “Ha paura?”
    “No.”
    “Allora potrà coprirmi mentre entriamo. Non faccia niente di azzardato e segua i miei ordini. Non dovrei lasciarla venire, farò uno strappo alla regola a condizione che lei agisca solo ed esclusivamente da agente di copertura. Se Caleb dà di matto, ci penso io.”
    “Cosa farà?”
    “Lo ucciderò.”







    Note Nerd ~


    - Elettra è figlia di Agamennone e Clitemnestra. A seguito della morte del padre decide di attuare la propria vendetta con l'aiuto del fratello ed uccidere la madre Clitemnestra e il suo amante, Egisto.
    Hanno scritto su di lei un po' tutti a partire dalla sacra triade: Eschilo, Sofocle ed Euripide.
    In particolare, l'Elettra di Sofocle è una donna determinata, forte, decisa a perseguire il suo obiettivo sino in fondo. Wikipedia dice giustamente che l'odio devasta Elettra, ma le dona anche la forza per andare avanti.
    Tra le "recenti apparizioni" di Elettra c'è da segnalare quella nella canzone di Carmen Consoli. La sua Elettra, però, non ha niente a che fare con l'eroina mitica. E' una prostituta innamorata del cliente che sperimenta la gioia dell'amore e la disperazione dell'abbandono.

    Edited by Kiki May - 27/2/2011, 21:44
     
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    Oh, non temere,
    contro te non invoco il Dio dei supplici.
    Ti seguirò, perché lo vuole il fato,
    pronta a morire.
    Ecuba [Euripide]








    Armate e attentissime, Buffy e Brennan percorsero la proprietà, nascoste tra gli alberi di vite. La campagna sembrava deserta, non si udiva alcuna voce umana. Buffy comunicava a gesti, in silenzio, voltandosi di tanto in tanto a guardare Brennan, sempre senza distrarsi dal compito principale di sorveglianza ed esplorazione. La dottoressa la seguiva fedelmente, coprendole le spalle.
    Furono necessari dieci minuti di cammino, nel fango riarso tra le radici scure, per raggiungere la casetta coloniale che dominava la collina. Accanto ad essa, imponente e sinistro, sorgeva l’edificio deputato alla conservazione e alla lavorazione del vino.
    Buffy fece segno a Brennan e si mosse velocemente verso il patio della casa coloniale.
    Pianissimo mormorò le istruzioni.
    “Adesso proviamo ad entrare. È qui che abita, suppongo. Al mio tre, apriamo e ci infiliamo in soggiorno. Brennan, dietro di me.”
    “Okay.”
    Agili, le due donne raggiunsero la porta e la aprirono senza bisogno di forzarla.
    Un silenzio spaventoso regnava nell’abitazione di Caleb Micheals.
    Buffy annuì a Brennan e s’introdusse nel salotto, da dove proveniva un crepitio sordo e continuo. Un’anziana donna, seduta su un dondolo in legno, fissava il vuoto come assorta.
    Buffy deglutì, intimorita dalla visione.
    “È cieca.” sussurrò Brennan. “Dev’essere la madre del prete.”
    “Chi siete voi?” domandò improvvisamente la signora. Il volto invecchiato e stanco sembrava cosparso di cenere, pallidissimo alla luce della finestra.
    Buffy rabbrividì ancora una volta, riconoscendo la voce delle registrazioni, quella che informava del ritrovamento dei cadaveri.
    “Chi siete voi … due?” aggiunse la signora, affinando le percezioni che l’aiutavano a compensare la mancanza della vista. “Caleb! Caleb non c’è! Dov’è? Chi siete voi due?”
    Brennan e Buffy non osarono rispondere. Con accortezza, guadagnarono l’uscita.
    Se Micheals non si trovava in casa, poteva essere solo alla cantina, probabilmente in compagnia degli ultimi ostaggi.
    Buffy aprì nuovamente la porta, ma venne bloccata da Brennan che, muta, indicò una fotografia sulla parete del corridoio.
    Caleb Micheals assieme alle vittime.
    Due ragazze mancavano ancora all’appello. Componenti anche loro del gruppo di preghiera organizzato alla Saint Thomas.
    “Torneremo a prendere quell’immagine. Andiamo alla cantina.” mormorò il vicecapo.
    Assieme all’antropologa si mise a correre in direzione dell’altro ingresso. Entrò attenta, lasciando passare la compagna di missione, socchiudendo gli occhi per fronteggiare l’oscurità della stanza.
    Una scala conduceva al sotterraneo, dove dovevano trovarsi le botti di vino.
    Dove le vittime venivano uccise.
    Buffy precedette la dottoressa, impugnando l’arma con fermezza. Se Caleb si trovava all’inizio della scala avrebbe potuto colpirla con facilità.
    Raggiunse il sotterraneo male illuminato, puntando in tutte le direzioni per precauzione. Fece un cenno a Brennan e la ritrovò alle spalle come sempre.
    Un lungo corridoio si apriva ai loro occhi. Da una delle stanze in fondo proveniva un pianto sommesso, il suono di una voce.
    Brennan annuì fiduciosa. Avevano trovato l’uomo e gli ostaggi. Corse assieme a Buffy, per raggiungere la camera scavata nella pietra in cui venivano serbate le botti di media grandezza. Da subito, le venne in mente la qualità delle ferite rinvenute sul capo della seconda vittima, la loro dimensione e angolazione. Ebbe la certezza matematica di aver trovato i margini degli oggetti contundenti che corrispondevano alle lacerazioni.




    “Non avrebbe dovuto cercarmi! Stavo compiendo una missione! Stavo concludendo il mio scopo supremo! Avrebbe dovuto dimenticare la sua sporca figlia e continuare a vivere!”
    Caleb Micheals era al centro della stanza. Un gigante nero e spaventoso, preda di un delirio folle. Alzava le braccia al cielo e benediceva la sacra missione di purificazione di cui s’era fatto protagonista. Urlava contro la madre della vittima, china su se stessa, incatenata ad una parete come una bestia selvaggia.
    “Non avrebbe dovuto cercarmi! Per colpa sua non sarò in grado di purificare le ultime due ragazze! Era questo quello che mi avevano chiesto di fare! Indicare la via! Ed io l’ho fatto!”
    La signora Brown piangeva, spaventata dal monologo invasato cui era costretta ad assistere. Nascondeva il volto tra le mani, addolorandosi per la triste sorte della figlia.
    “Sporche ragazze! Io le ho purificate!”
    Buffy e Brennan si fissarono in silenzio.
    Il vicecapo di polizia l’alzò e si mosse dietro Caleb, puntandolo alla testa. Brennan aggirò la stanza, cambiando la possibile angolazione del suo fuoco di copertura, supportando Buffy da una posizione più riparata.
    “CALEB MICHEALS! È IN ARRESTO PER IL SEQUESTRO E L’OMICIDIO DI CINQUE PERSONE! ALZI LE MANI E SI INGINOCCHI!” urlò il vicecapo a pieni polmoni, stringendo la presa sulla pistola d’ordinanza.
    Il serial killer si voltò a guardarla, sorpreso.
    Con un sorriso ironico, replicò all’ordine ricevuto.
    “Anche tu, sporca donna, vieni nella mia casa e gridi.”
    “Metti le mani in alto e allontanati dalla signora Brown. SUBITO!” scandì Buffy, serrando i denti.
    In una frazione di secondo, ricordò l’ombra del Maestro, la luce folle nei suoi occhi.
    Colma di rabbia e di odio, si morse le labbra, concentrandosi sull’uomo di fronte.
    “MANI. IN. ALTO.”
    “Sei venuta ad impedirmi di portare a termine la mia missione, sgualdrina?”
    Buffy sogghignò malefica. Cominciava a sentire il ronzio degli elicotteri, i passi della squadra che si avvicinava per darle man forte.
    Aveva vinto, ancora una volta.
    “Sai, dovresti moderare il linguaggio. Chi non ti conosce potrebbe pensare che sei un idiota che odia le donne!”ribatté sarcasticamente gioviale, puntando i piedi al suolo. “Ora, allontanati dalla signora, porta quelle fottute mani in alto e mettiti in ginocchio o ti faccio un buco in fronte.”
    “Sei così piccola e indifesa. Se ti tocco con un dito, sei una ragazzina morta.”
    “Toccami con un dito, se ci riesci.”
    Caleb sorrise ancora, sinistro.
    Mosse qualche passo in direzione di Brennan e alzò le braccia, chinandosi. L’antropologa forense lo tenne sotto tiro, con calma e pazienza.
    “Brennan, coprimi. Metto le manette a questo animale.”
    Cauta e diffidente, Buffy avanzò in direzione del killer. A qualche passo di distanza, sferrò tre calci, all’addome, ai testicoli e alla bocca del criminale.
    Caleb gemette di dolore e si stese al suolo, inerme. Con discreta fatica, Buffy riuscì ad ammanettarlo. Spinse il suo volto contro il fango, si mise ad urlare alla squadra che scendeva le scale del sotterraneo.
    “SIAMO QUI! SIAMO QUI!”
    Brennan si precipitò a liberare la prigioniera, dopo aver cercato la chiave giusta tra quelle accanto alla Bibbia del serial killer. Venne travolta in un abbraccio dalla donna terrorizzata, felice di essere sopravvissuta. Reagì goffamente, stringendo leggermente la presa a mo’ di rassicurazione.
    La squadra d’assalto si fece largo nella stanza, premurandosi di accertare le condizioni fisiche della vittima. Bones si allontanò dalla donna e si avvicinò a Buffy, che non mollava l’assassino.
    “Dove diavolo è Tara? Dove l’hai nascosta?!”
    Caleb ridacchiava con la bocca premuta contro il pavimento, piena di sangue e terra.
    “Dov’è Tara?!” ripeté il vicecapo Summers, spingendo il Cacciatore agli agenti perché lo prendessero in custodia.
    Prima di essere portato via a forza, Caleb rispose dolcemente.
    “Nel vino.”
    Buffy e Brennan si guardarono incerte. La dottoressa ebbe un’intuizione fulminante.
    “Deve averla nascosta in una botte!”
    “Nelle … botti?”
    “Mi aiuti a cercarla!”
    Buffy fece segno ad un paio di uomini. Il cadavere di Tara venne scoperto nel giro di qualche minuto. Stipato in una cassa di legno vuota, con la gola recisa.
    “Oh mio Dio!” mormorò Buffy, portandosi una mano alla fronte per frenare un capogiro improvviso. “L’ha uccisa! Siamo arrivate tardi lo stesso!”
    Brennan annuì, esaminando le condizioni del corpo.
    “Il cadavere è stato spostato e ci sono poche tracce di sangue, tenuto conto della ferita. Deve essere stata sgozzata altrove, probabilmente di fronte a casa Brown. In seguito, è stata portata qui per essere nascosta.”
    “L’aveva già … Tara era già morta quando hanno chiamato per avvertire della sua scomparsa?”
    “Molto probabilmente, sì.”
    “Oh Dio.”
    Buffy dovette poggiarsi alla parete, per prendere fiato un secondo.
    Brennan fissò il volto della giovane poliziotta, trattenendo le lacrime.
    “Non deve … aver sofferto molto.” aggiunse a mezza voce.
    Il vicecapo si tenne lo stomaco, sconvolta.
    Determinata, si rivolse ad un agente, afferrandolo per il colletto.
    “Ascolti, deve eseguire i miei ordini alla lettera. Faccia spostare Micheals nelle celle dell’FBI, lo interrogherò personalmente tra qualche ora. Non dica a nessuno, ripeto nessuno, l’esatta locazione del prigioniero. Ha appena ucciso una dei nostri, il dipartimento lo vorrà massacrare, e a me serve un interrogatorio pulito per mandare il bastardo alla sedia elettrica. Mi ha capito?”
    “Sissignora.”
    “Un’altra cosa: cerchi un paio di uomini per sistemare il corpo nel più breve tempo possibile. Scattate le foto e fate quello che dovete fare in fretta. Voglio che l’agente Maclay venga subito composta per il funerale.”
    “Signorsì.”
    “Può andare.”
    Brennan stava già provvedendo alla raccolta di indizi sul cadavere, scrutandolo piena di attenzione, quando entrò il capitano Rosemberg, devastata dal pianto.
    “Willow!”
    Il capitano ignorò l’amica al centro della stanza e si chinò esausta dinnanzi al corpo di Tara.
    “Tara! Tara no!”
    In lacrime, cadde in ginocchio, graffiando la bara di legno che custodiva il corpo della sua amata. L’aveva perduta per sempre. Aveva perso l’anima gemella, la persona che più amava al mondo.
    “Tara!”
    Brennan non riuscì a trattenersi e prese le mani del capitano, accorgendosi che tremavano incontrollabili. Cercò di parlarle, per non lasciarla scivolare sola nel baratro della disperazione.
    “Capitano Rosemberg, mi guardi.”
    “È morta! L’ha ammazzata! L’ha ammazzata!”
    “Capitano, ascolti. La ferita è netta e profonda. Non ha sofferto, non deve essersene neanche accorta.” provò ad articolare, timidamente.
    Detestava il coinvolgimento emotivo nei casi, preferiva rimanere un’osservatrice neutra ed ignorare le condizioni di rinvenimento dei cadaveri. Purtroppo, era in grado di sentire, di comprendere la sofferenza delle vittime.
    Il loro dolore, che non avrebbe dimenticato.
    Willow si abbandonò contro di lei, senza forze, singhiozzando ad alta voce. Buffy che era rimasta in piedi, quasi bloccata dalla scena a cui stava assistendo, trovò il coraggio per farsi avanti. Strinse la mani dell’amica, in un gesto pieno di calore.
    “Willow, andiamo via di qui.”
    “No! Non la lascio!”
    “Will …”
    “Non la lascio. Io resto qui!”
    Buffy dovette allontanarsi.
    Fece cenno ad un agente e alla dottoressa Brennan.
    “Vado a prendere un po’ d’aria.”




    Le avevano dato una bottiglietta d’acqua tiepida, che sapeva quasi di sangue e metallo. Bevve lo stesso, stremata.
    Aveva passato mezz’ora ad urlare ordini, dare direttive, chiedere informazioni.
    Era riuscita a fare trasferire padre Caleb nelle celle dell’FBI dove, presto, sarebbe stato raggiunto dal capo Giles e dal procuratore Julian. Aveva intenzione di lasciar friggere il bastardo per un po’, prima dell’interrogatorio. Aveva bisogno di distacco e controllo emotivo.
    Sorrise a Brennan che la stava raggiungendo. L’antropologa si era offerta di fare un esame preliminare sul cadavere di Tara, nonostante non fosse sua abitudine. A quanto raccontavano un paio di agenti che avevano lavorato assieme a Booth, la dottoressa Brennan pretendeva di avere a che fare solo con le ossa. Un cadavere con la pelle e gli organi al posto giusto sarebbe stato scartato immediatamente da quella strana donna.
    “Il corpo di Tara sarà pronto ad un ulteriore esame e, poi, potrà essere composto per la funzione funebre.” disse Brennan, prendendo posto accanto al vicecapo di polizia.
    A qualche metro da loro, la confusione della scientifica, le squadre che catalogavano le prove.
    “Grazie dottoressa. Sono in debito con lei.”
    “Per cosa?”
    “Per aver accettato di svolgere un esame su Tara. Ha risparmiato una lunga trafila.”
    “La dottoressa Saroyan dovrà comunque …”
    “Sì, lo so. Grazie lo stesso, anche per aver accettato di correre il rischio. Siamo entrate da sole nella cantina di un pazzo omicida, abbiamo avuto fortuna.”
    Brennan annuì.
    “Quando interrogherà Micheals?” domandò, incuriosita.
    Buffy fece un gesto vago, roteando gli occhi.
    “Per adesso lasciamolo rilassare un momento. Prove ne abbiamo, c’è anche il cadavere di un’agente tra le sue botti di rosso corposo. Nessuna giuria gliela farà passare liscia.”
    “Con molta probabilità, Micheals avrà la pena di morte. Credevo che lei fosse contraria.”
    Buffy fece l’ennesimo gesto vago.
    “Ogni regola ha la sua eccezione.”
    Seguì un silenzio tranquillo, pacato, come quello di due persone abituate a lavorare insieme e a comprendere i rispettivi ritmi.
    “La conosceva?” sussurrò Brennan, interrompendo l’attimo di quiete.
    “Chi?”
    “Tara. Mi è parso di capire che …”
    “Tara era la ragazza di Willow, vivevano assieme da anni. Willow è … come una sorella per me.”
    “Capisco.”
    “Non è giusto.”
    Buffy versò a terra il resto dell’acqua, sbarazzandosi della bottiglietta in un lancio.
    “La madre di Caleb … l’ho vista prima che la portassero via. È talmente vecchia e malata che non credo capisca realmente quello che sta capitando. Mi domando se si rendeva conto di quello che faceva suo figlio, se era consapevole di ciò che era costretta a dire nelle telefonate alle centrali di polizia. Non credo che potremo saperlo mai. È davvero troppo vecchia.”
    “Vuole trovare un senso, vicecapo Summers?”
    “Non lo so. Non sono brava con le cose sensate.” sospirò Buffy, scuotendosi dal torpore. In un secondo, si drizzò in piedi e si fece forza. “Devo lavarmi e mettermi a posto per l’interrogatorio. Devo chiamare mia sorella. Non prenderà bene questa cosa.”
    “Mi dispiace.”
    “Dispiace più a me. Non ho il coraggio di parlare a Dawn.”
    Brennan aggrottò le sopracciglia, pensierosa.
    Seguì il vicecapo che si dirigeva alla macchina.




    Alle celle di detenzione, situate al terzo piano dell’FBI, si accedeva da un corridoio luminoso, pulito, che dava su un ufficio guardato a vista da un agente di sorveglianza.
    Willow Rosemberg, in divisa, si avvicinò alla sicurezza e chiese di passare, mostrando il distintivo di capitano della polizia di Washington. Lentamente, raggiunse il tavolo a cui sedeva la guardia.
    Sorrise, ostentando una calma innaturale.
    “Sono il capitano Rosemberg. Ho bisogno delle chiavi.”
    “Mi dispiace, signora. Il vicecapo Summers ha dato ordine di non fare passare nessuno. Abbiamo solo un sospettato in consegna al momento. Il vicecapo …”
    “So cosa ha detto! Sono della divisione omicidi anche io, controlli sul suo computer!”
    Il tono del capitano si fece improvvisamente autoritario e l’agente, giovane e inesperto, si affrettò ad eseguire l’ordine, serrando gli occhi per l’imbarazzo.
    “Mi scusi, signora. Non sapevo che …”
    “Adesso.” scandì Willow, inflessibile. “Mi faccia passare immediatamente e chiuda le uscite. Il sospettato è accusato di aver ucciso sei persone, non vorrà mica farlo scappare?”
    “Signora, lei entra da sola?”
    “Non si preoccupi per me.”
    “Ma …”
    “Sono un capitano di polizia. So quello che faccio. Mi lasci passare!”
    “Signorsì.”
    “E chiuda quelle uscite, per l’amor di Dio, o farò rapporto ai suoi superiori.”
    “Provvedo subito, capitano Rosemberg.”
    Finalmente sola, Willow percorse il corridoio pregustando il dolce sentore della giustizia, l’appagamento orgasmico della violenza.
    Il suo cuore sanguinava ancora per Tara e, finalmente, avrebbe potuto provare sollievo.
    Chiuse gli occhi, percorsa da un brivido di anticipazione, da una fitta di dolore inarrestabile. Qualcosa, dentro di lei, urlava.
    L’anima, probabilmente.
    Aveva bisogno di lavare la sofferenza col sangue, di sferrare un colpo, netto e impietoso, al petto dell’uomo che le aveva tolto tutto.
    Superò due celle vuote e raggiunse quella di Caleb Micheals. Come prevedibile, l’assassino era stato incatenato dalla testa ai piedi. Non avrebbe potuto muoversi, non avrebbe potuto chiedere aiuto.
    Stringendo il coltello con gioia febbrile, Willow aprì le sbarre.








    Note Nerd ~



    - Polissena è la figlia di Ecuba, nella tragedia che vede la madre protagonista. Anche Polissena, come Ifigenia, è una vittima innocente della guerra. In particolare, il suo personaggio si contraddistingue per il coraggio e la virtù dimostrati nell'affrontare il destino di morte.

    - Le analogie tra le eroine tragiche e le protagoniste femminili dei capitoli spero siano chiare.

    - I dialoghi tra Buffy e Caleb riprendono, volutamente, i dialoghi originali della serie BTVS. E' un omaggio e non mi approprio del lavoro di nessuno. ù____ù
    *Kiki rotola via vergognosamente*








    5. Medea






    Capisco quale abominio sto per compiere,
    ma più forte dei miei ragionamenti è la passione,
    che è causa dei mali più grandi dei mortali.”
    Medea [Euripide]










    I corridoi dell’FBI erano affollati oltre ogni comprensione. Agenti di sorveglianza, procuratori, viceprocuratori, poliziotti del distretto di Washington, non smettevano di parlare e gesticolare, fomentando un chiacchiericcio fastidioso, ronzante.
    Buffy dovette farsi spazio a gomitate per arrivare alla sala conferenze.
    Il procuratore Julian e il vicedirettore Hacker avevano indetto una riunione per fare il punto della situazione e scegliere la versione che il dipartimento avrebbe dato alla stampa. Giles era già arrivato, così come le due portavoci del Jeffersonian: la dottoressa Saroyan e la Brennan. Buffy aveva perso tempo sotto la doccia, al telefono con una Dawn in lacrime, fuori di sé.
    Stizzita, il vicecapo spintonò un colosso che le bloccava il passaggio e mostrò il distintivo sfoggiando un sorriso falsissimo. Entrò nella sala, preparandosi al peggio. Giles la stava già fissando.
    “Scusate il ritardo.”
    “Non si preoccupi, vicecapo.” mormorò la Julian, con pochissima convinzione. “Ora che ci ha raggiunti possiamo cominciare seriamente.”
    “Sì, il problema è la stampa!” starnazzò Hacker, visibilmente agitato. “Hanno saputo della cattura del Cacciatore e si sono mossi immediatamente per raccogliere informazioni! Avevamo gli occhi di tutta l’America puntati addosso e abbiamo fatto uccidere il serial killer da un capitano di polizia! Un capitano del suo dipartimento, signorina Summers!”
    Rupert Giles frenò lo sfogo uterino con un gesto imperioso.
    “Il dipartimento è mia responsabilità. Ci rendiamo perfettamente conto della gravità della situazione e …”
    “E cosa diremo ai giornalisti che sono qui fuori?” interruppe Hacker. “Ho dato ordine che non si diffondessero le ultime informazioni sulla … fine di Micheals, ma nel corridoio è una chiacchiera continua. Prima o poi uscirà qualcosa!”
    “Questo è chiaro ...”
    “Siamo sotto gli occhi di tutti. Questa bella alzata d’ingegno del capitano Rosemberg avrà ripercussioni sull’agenzia e sulle nostre carriere! Come avete potuto permetterle di compiere una sciocchezza del genere? Era un capitano della polizia!”
    Brennan aggrottò le sopracciglia e provò a fare qualche osservazione.
    “Mi pare che la dottoressa Rosemberg sia ancora capitano della polizia. Non deve essere sottoposta a procedimento disciplinare? Inoltre, la Rosemberg ha visto il cadavere della sua fidanzata in una botte.”
    Il vicedirettore dell’FBI sorrise, mellifluo.
    “Vedi, Temperance, i miei superiori non accetteranno una scusante del genere per il comportamento di un ufficiale di alto grado. Inoltre, i giornalisti e l’opinione pubblica …”
    “Ormai la frittata è fatta!” esclamò la Julian, esasperata. “L’opinione pubblica ci massacrerà in ogni caso. L’unica cosa sensata da fare a questo punto è mostrare trasparenza e rigore nelle operazioni di polizia.”
    “La polizia! Come se non avesse fatto già abbastanza! Ha mandato a morire un’agente e ha permesso ad un altro di uccidere il sospettato!”
    Buffy, che batteva il piede sul pavimento da quando si era accomodata, non si trattenne e passò al contrattacco.
    “Vicedirettore, con tutto il rispetto, sono stata io a dare ordine all’agente Maclay di monitorare gli spostamenti della famiglia Brown. Non potevo sapere, in nessunissimo modo, che il mio ordine sarebbe costato la vita a Tara. In secondo luogo, la polizia vi ha anche aiutati a catturare un pericoloso serial killer, che aveva preso in ostaggio una donna e stava meditando di ucciderne altre due. Come la vogliamo mettere?”
    “La stampa non capirà che …”
    “La stampa, la stampa! Ne parla da mezz’ora come se fosse il problema principale! Abbiamo un capitano di polizia colpevole di omicidio di primo grado! Dov’erano le sue guardie e i suoi agenti di sorveglianza quando Willow pugnalava ripetutamente Caleb Micheals? Avevo dato ordine di non lasciar passare nessuno, Cristo santo! Vogliamo metterla in termini di responsabilità? Chi è responsabile per aver fatto passare Willow Rosemberg?!?”
    Il vicecapo Summers sprofondò nella sua poltrona senza fiato, incazzata nera.
    Giles le lanciò uno sguardo esplicativo e cercò di riportare la conversazione su toni civili.
    “Come ha detto la dottoressa Summers, l’FBI e il dipartimento di polizia sono coinvolti allo stesso modo. Dobbiamo cercare di uscire indenni dalla situazione, piuttosto che farci la guerra a vicenda. Se le nostre carriere ne risentiranno, avremo pagato il prezzo della nostra leggerezza.”
    Il procuratore Julian annuì gravemente.
    “Non resta che istituire il procedimento disciplinare per la Rosemberg e avviare le pratiche burocratiche necessarie al processo. Dobbiamo anche chiudere il caso Micheals. Muoviamoci e vediamo di fare un buon lavoro, per quello che è ancora possibile.”
    Cam Saroyan, conciliante come sempre, propose un ragionevole piano d’azione.
    “Noi possiamo raccogliere e catalogare le prove del caso Micheals, ovviamente aiutati dal necessario numero di collaboratori esterni. Possiamo redigere i rapporti preliminari sull’omicidio del Cacciatore e consegnare le documentazioni sul ritrovamento del cadavere dell’agente Maclay.”
    “Questo è un ottimo inizio, dolcezza.” affermò la Julian, prima di rivolgersi al vicecapo Summers e a Brennan. “Voglio che voi due andiate ad interrogare la Rosemberg. Facciamo quello che deve essere fatto e prendiamo in custodia il capitano. Hacker, voglio che tutto lo schiamazzo qui fuori venga messo a tacere. Abbiamo abbastanza problemi per stordirci di rumore inutile. Entrambi, assieme al capo Giles, redigeremo un breve comunicato stampa e metteremo in chiaro la situazione. Ormai, le condizioni dell’operazione sono umiltà, trasparenza e competenza ed io suono come un dannato manifesto elettorale. Al lavoro, gente!”
    I direttori e il procuratore uscirono dalla sala conferenze e vennero immediatamente travolti da un mare di domande che frenarono a colpi di ordini perentori. Cam salutò Brennan e si precipitò al Jeffersonian ad ultimare i compiti stabiliti.
    Buffy sospirò, rivolgendosi all’antropologa forense che tanto l’aveva aiutata nella risoluzione del caso.
    “Siamo di nuovo assieme.”
    “Dobbiamo interrogare Willow. Ho preparato il fascicolo con le prove ed assistito personalmente all’autopsia sul cadavere di Caleb Micheals.”
    “Okay.”
    “Se la sente di condurre l’interrogatorio? Prima ha detto che Willow era come una sorella per lei.”
    Buffy scosse il capo.
    “In questo momento, è il mio lavoro ad avere la priorità su tutto.”
    “È giusto.”
    Le due donne si diressero alla stanza degli interrogatori.
    Il corridoio era nuovamente silenzioso.




    L’esitazione di Buffy nell’aprire la porta mise in allarme Brennan, intuitiva per stanchezza.
    “È sicura di poter essere una interlocutrice imparziale?”
    Il psicologo dell’FBI, dottor Lance Sweets, acuì lo sguardo, pieno d’interesse, e riformulò la domanda della Brennan.
    Buffy si sentì a disagio, sotto esame quasi.
    Annuì svogliatamente e cercò di sfoggiare l’espressione più marmorea che possedeva.
    “Sono competente e non mi lascerò fuorviare dal rapporto personale col capitano.”
    “Ma sarebbe comprensibile. Qui non si discute la competenza del vicecapo Summers, si ci preoccupa per Buffy.” mormorò Sweets, confortante. “Se si sente pronta, vada nell’altra stanza. Io sarò in questa, potrò vedervi e parlarvi attraverso un collegamento.”
    “Okay. Brennan, andiamo?”
    “La seguo.”
    Sweets sospirò perplesso e diresse l’attenzione alla stanza dell’interrogatorio.
    Willow Rosemberg era già seduta, ammanettata e sorvegliata da un agente.




    “Perfetto, ci siamo.” mormorò Buffy, accomodandosi e facendo un cenno all’antropologa forense.
    Preso un profondo respiro in sordina, fu pronta a cominciare. Prima, però, domandò alla guardia di lasciare la stanza e di togliere le manette al capitano Rosemberg.
    “Non fuggirà, non si preoccupi.” ordinò, falsamente conciliante.
    In realtà, una minima opposizione polemica l’avrebbe indisposta gravemente. In quelle condizioni non poteva permettersi alcun intralcio.
    “Vada fuori.” aggiunse, prendendo tempo a fissare il fascicolo.
    Willow la scrutava, distesa e pacifica, con entrambe le mani poggiate sul tavolo.
    “Dunque, capitano Rosemberg.” cominciò Buffy. “Sa benissimo perché ci troviamo qui. Lei sarà accusata dell’omicidio di primo grado di Caleb Micheals. La commissione disciplinare la radierà dal servizio e dovrà scontare la sua pena in prigione.”
    “Sì, lo so.” rispose per la prima volta Willow, completamente neutra, quasi come se la situazione non la riguardasse.
    “Sono qui per condurre un interrogatorio che avrà lo scopo di accertare lo svolgimento dei fatti. La dottoressa Brennan mi assisterà, ponendole domande e chiarendole i punti cruciali riguardanti le prove fisiche.”
    “Sì.”
    “Cominciamo con la descrizione dei fatti. Dottoressa Brennan, prego.”
    L’antropologa prese la parola.
    “Il cadavere di Caleb Micheals è stato rinvenuto mezz’ora dopo il suo omicidio, alle ore ventidue e quarantaquattro. È stato lo stesso capitano Rosemberg ad aprire le uscite che aveva provveduto a bloccare dall’interno. Il cadavere presenta ripetute lacerazioni e lesioni da arma da taglio. Il coltello, come i vestiti della dottoressa Rosemberg e le altre prove, è stato preso in consegna ed esaminato dal personale del Jeffersonian. È l’arma del delitto al di là di ogni ragionevole dubbio. Le modalità dell’omicidio sono le seguenti: Micheals era incatenato alle mani, ai piedi, al collo. Non poteva reagire ad un’aggressione. Ha provato a domandare aiuto, ma l’ingresso era bloccato e gli agenti non sono potuti intervenire. L’agente Rosemberg ha sferrato due pugnalate all’addome, alle braccia, al petto, provocando innumerevoli lesioni, la rottura di arterie e vasi sanguigni e compromettendo gli organi vitali. Il colpo che ha causato la morte è stato inferto al volto, nella cavità dell’occhio sinistro. Post mortem sono state inferte altre due coltellate, sempre al viso.”
    Willow sorrise compiaciuta.
    “È una ricostruzione puntuale. Se posso aggiungere qualcosa: Caleb ha sorriso vedendomi arrivare. Forse pensava che scherzassi, forse era talmente pazzo da non avere il minimo interesse all’autoconservazione. In ogni caso, alla prima coltellata ha riso. Anche alla seconda. Poi, ha cominciato a realizzare quello che stava capitando e si messo a domandare aiuto. L’omicidio si è fatto più divertente.”
    “Non usi questa terminologia, capitano!” esclamò Buffy, serrando le labbra.
    “Sono sincera. Sto confessando.”
    “Ci stanno registrando. Cerchi di mantenere un minimo di decoro.”
    “Lo sto facendo.”
    Buffy sbatté il fascicolo sulla scrivania, decisamente arrabbiata.
    “Va bene, come vuole lei! Ha deciso di confessare? Ci spieghi il movente!”
    Willow rise innaturalmente, spalancando gli occhi per lo stupore.
    “Mi stai prendendo in giro, vero?”
    “No. Serve per la registrazione. Deve dire tutto a voce alta.”
    “Oh, come volete! Il movente è uno soltanto: il bastardo meritava di morire.”
    “Per favore, più specificatamente.”
    “Più specificamente? Posso dire che Caleb Micheals ha ucciso cinque donne, sequestrandole, rinchiudendole in una cantina lurida, terrorizzandole e spezzando loro l’osso del collo! Ha rapito una donna innocente, madre di una delle vittime, ed ha ucciso …” la voce del capitano si incrinò impercettibilmente. “… ha ucciso l’agente Tara Maclay, sgozzandola.”
    “Lei e l’agente Maclay eravate intime?”
    Willow prese un respiro e strinse gli occhi, sino a farsi male.
    “Vivevamo assieme, avevamo una relazione.”
    “Da quanto tempo?”
    “Cinque anni.”
    “Conoscevate le rispettive famiglie? Avevate reso pubblica la vostra relazione?”
    “Sì, maledizione! Sì! Abbiamo rivelato sin dal principio quello che c’era tra noi! Siamo state anche penalizzate, all’inizio!”
    “Avete potuto instaurare lo stesso una relazione stabile.” continuò Buffy, imperterrita.
    “Ci amavamo.” replicò Willow, asciutta. “I rapporti della disciplinare non ci spaventavano più di tanto.”
    Brennan rifletté sulle ultime parole del capitano.
    “Lei … ha ucciso Caleb Micheals per vendetta?” provò a chiedere.
    “Giustizia.” puntualizzò Willow. “Mi dica una cosa, dottoressa: è stata una morte dolorosa o Caleb poteva soffrire di più?”
    Buffy batté un pugno sul tavolo.
    “Non risponda alla domanda.”
    “Perché … ripensandoci, è durato tutto troppo poco. Avrei potuto prenderla con più calma.”
    Il vicecapo Summers si alzò e si diresse al vetro divisorio, velocemente. Con violenza, poggiò entrambe le mani sulla superficie liscia e si rivolse agli agenti e allo psicologo nell’altra stanza.
    “Interrompete le registrazioni! Spegnete queste cazzo di registrazioni! Ho bisogno di parlare con Willow.”
    Dall’auricolare, dopo qualche secondo di silenzio, giunse la risposta affermativa di Sweets.
    Buffy aggiustò la giacca e si sedette nuovamente.
    “Adesso,” mormorò. “Voglio che parli con me seriamente.”
    Willow aggrottò le sopracciglia.
    “Lo sto facendo, Buffy.”
    “No! Mi stai provocando di proposito in un interrogatorio ufficiale! Questa storia non finirà bene!”
    Il capitano Rosemberg deglutì amaramente.
    “È già finita.”
    “Non dire così, santo cielo! C’è ancora una possibilità per te! Qualsiasi giuria terrà conto del tuo stato emotivo! Avevi visto il cadavere di Tara!”
    “Esatto, Buffy. E ho dato al bastardo che l’ha ammazzata quello che meritava.”
    “Will, se giustifichi l’omicidio di Micheals col fatto che …”
    “MA È COSI’!” urlò Willow, scalfendo il muro di autocontrollo creato per non soffrire. “È così! Lo meritava!”
    Buffy dovette prendere un respiro profondo.
    “Era un assassino psicopatico. Sarebbe stato condannato alla pena di morte. Perché hai dovuto farti giustizia da sola? Perché non hai potuto aspettare?” continuò, cercando di puntare sulla ragionevolezza.
    Brennan rincarò la dose.
    “Le prove che abbiamo rinvenuto dimostrano inequivocabilmente la natura dei crimini di Micheals, la sua completa responsabilità.”
    Willow scosse il capo.
    “Voi non capite. Io non potevo fare altrimenti.” confessò, vulnerabile e sincera. “Qualcosa, dentro di me, era più forte. Il desiderio di vedere Caleb morto era più potente di ogni speranza e la passione era più forte della ragione.”
    Buffy tentò un’ultima, disperata difesa.
    “Così hai rovinato la tua carriera! Hai distrutto la tua vita, anni di lavoro e sacrifici … tutto! Per cosa? Finirai in prigione, adesso!”
    “Pensi sempre in termini pratici, amica mia, ma qui la praticità e la logica non c’entrano. Non avrei potuto vivere un’ora di più, se non avessi messo fine all’inutile esistenza di quel mostro. Lo rifarei? Non lo so dire. Ma ho provato una grande pace, un senso di appagamento totale. Guardate.” mormorò Willow, mostrando le mani. “Non tremano più.”
    Brennan deglutì, costatando la perfetta immobilità dei palmi alzati. Lei aveva stretto quelle mani, aveva sentito il brivido continuo che le scuoteva.
    “Willow, ti scongiuro …” implorò Buffy, trattenendo la collera. “Sei ancora sotto shock. Quando realizzerai quello che …”
    “Smettila!” intimò il capitano, picchiando sulla superficie del tavolo. “Per una volta ho fatto ciò che era necessario! Quanti criminali abbiamo visto, eh Buffy? Anni di servizio spesi a lottare contro i mulini a vento, mentre la gente moriva e soffriva! Noi avevamo il potere per impedire tutto quel dolore e non l’abbiamo usato!”
    “Stai male. Non ti rendi conto di quello che dici.”
    “No! Non sono mai stata meglio di oggi! Mi sembra di comprendere ogni cosa, alla perfezione! E io so che, in fondo al cuore, tu mi capisci.”
    Willow si protese in avanti e puntò lo sguardo in quello sfuggente di Buffy.
    “Mi capisci.”
    Il vicecapo non osò replicare.
    Strinse il fascicolo tra le dita e adocchiò le foto dell’autopsia di Micheals, distrattamente.
    “Anche lei mi capisce, vero dottoressa?” sussurrò Willow, voltandosi verso Brennan. “Lei ha visto quello che Caleb ha fatto a Tara! Lei capisce!”
    Brennan esitò e fece quasi per rispondere. Venne frenata da Buffy che chiudeva il fascicolo e riacquistava la sua aria di indifferenza e rigore totale.
    “Non c’è altro da dire. Abbiamo finito qui.”
    Il vicecapo e l’antropologa uscirono dalla stanza interrogatori.
    Ad attenderle, in fondo al corridoio, c’era Rupert Giles. Buffy si precipitò da lui e ricevette il conforto desiderato, seppure inespresso.
    “Signor Giles, ho cercato di parlarle ma …”
    “Non preoccuparti. Ci penserò io.” replicò l’uomo, carezzando il volto di Buffy con una dolcezza quasi paterna. Brennan si trovò a studiare quel gesto d’affetto in silenzio, piena di concentrazione. “Willow ha bisogno di tempo. Andrò a parlarle io.”
    “Non la ascolterà.”
    “Vedremo.”
    Giles si allontanò e Buffy si lasciò cadere sulla prima poltrona libera, sospirando pesantemente. Brennan la raggiunse. Si sedette accanto a lei.
    “Mi dispiace.” affermò, in un tentativo di gentilezza.
    Il vicecapo Summers fece un gesto vago. Continuò a fissare la porta della sala interrogatori, determinata.
    “Ha fottuto anni di carriera e di vita. È una poliziotta! Se finirà in carcere, come potrà …”
    Buffy si morse le labbra e non osò continuare la frase.
    “È spaventata per la sua incolumità?” domandò Brennan.
    “Sono incazzata nera. E confusa. E disgustata.” rispose il vicecapo. “Sì, sono anche spaventata e lo odio con tutta me stessa. Odio avere paura.”
    “Lo capisco.”
    “Lo sa, dottoressa Brennan? Spike, in una situazione del genere, direbbe che siamo tutti una massa di maledetti ipocriti, che Willow ha fatto quel che doveva fare.”
    “E lei lo crede?”
    Buffy si voltò, spalancando gli occhi, inquieta.
    “Io sono un poliziotto.” sussurrò, deglutendo.
    Brennan dovette intrecciare le mani sulle gambe e spendere qualche secondo in silenzio. Avrebbe voluto evitare la strana, urgente curiosità che la sopraffaceva.
    Non poté trattenere una domanda.
    “Davvero non vuole andare a vedere il suo collega?” chiese, la gola serrata dalla commozione.
    Il vicecapo Summers scosse il capo.
    “Ora più che mai.”
    “Davvero?”
    “Non servirebbe a niente.”
    “Ma potrebbe non vederlo più … vivo.”
    “Lo so.”
    Seguirono lunghi minuti di imbarazzante silenzio. Brennan ebbe modo di riflettere sull’atteggiamento del vicecapo, sulla sua determinazione cieca e la devozione al lavoro che considerava quasi una missione.
    Ammirava la dottoressa Summers per la lucida caparbietà nel perseguire la strada, spesso dolorosa, della giustizia. Ammirava il suo distacco emotivo, la necessaria abilità nello stabilire gerarchie e priorità.
    Per gran parte della vita, lei stessa si era imposta un comportamento simile, riuscendo in modo eccellente. Continuava a considerare primario l’impegno speso in una professione capace di dichiarare, inconfutabilmente, la verità dei fatti. Continuava a sentire la necessità di un limite che consentisse alla ragione di mantenersi pura, scevra da ogni passione.
    Una ragione appassionata sarebbe stata inutile, viziata nella forma e negli scopi, incapace di dirsi propriamente scientifica.
    Eppure, nella voce di Buffy, che tanto stimava, c’era un gelo ed una solitudine così profonda da spaventare. Non avrebbe voluto conoscere una tale solitudine anche lei. Non dopo
    “È certa della sua decisione?” insistette, riformulando la domanda precedente.
    Per qualche oscuro motivo aveva bisogno di sapere.
    Buffy prese fiato e sussurrò qualcosa di simile ad un “no”, che non ripeté a voce alta.
    “Perché … sa?” aggiunse Brennan, esitante. “Io vorrei vederlo Booth. Vorrei tanto vederlo.”







    Note Nerd ~


    - A Medea non credo che servano presentazioni. E', forse, l'eroina tragica più famosa o una delle più famose in assoluto. La sua vicenda - bellissima! Andatela a vedere o leggetela, se potete - è un ritratto vero e potente delle passioni più oscure che segnano l'animo umano.


    - Volendo associare Medea ad un personaggio del Whedonverse, non troverei character migliore di Willow Rosemberg. Anche per lei un omicidio dettato dalla furia devastatrice della vendetta. Willow, assieme ad Angel, è forse il personaggio più "tragico" creato da Whedon.

    - Il cammino delle nostre protagoniste, Buffy e Brennan, è giunto al bivio. Al prossimo capitolo, il finale.








    6. Antigone








    "Non sono nata per condividere l’odio,
    ma per amare con chi ama."
    Antigone [Sofocle]











    Brennan ritrovò il vicecapo Summers nei corridoi del Memorial Hospital di Washington, seduta in un angolino candido e solitario, con una bottiglietta d’acqua tra le mani e lo sguardo stanco, perso nel vuoto.
    Nell’irrazionale curiosità di sapere come sarebbe andata a finire la sua storia, l’antropologa aveva raccolto informazioni circa il ricovero di William Shelby, tenente dell’antidroga trasferitosi da Los Angeles. Aveva scoperto che la terribile infezione, provocata da uno sparo a bruciapelo, stava lentamente guarendo. L’abbondante perdita di sangue sarebbe stata arginata da trasfusioni e riposo. Spike sarebbe sopravvissuto.
    Non avrebbe dovuto interessarsi tanto alla vita privata di una donna che conosceva da tre giorni, se ne rendeva conto. Non avrebbe dovuto intromettersi sino a presentarsi in ospedale. Però, era lì. In piedi. Tra le infermiere.
    “Buonasera, vicecapo Summers.” salutò, richiamando l’attenzione di Buffy.
    La poliziotta si voltò di scatto, quasi spaventata.
    “Buonasera.” replicò, rassicuratasi.
    Nel suo tono di voce nessuna traccia di fermezza, piuttosto una vulnerabilità quasi infantile, malcelata, tradita dagli occhi.
    “Si vuole sedere un pochino?” domandò Buffy, giocherellando col tappo della bottiglietta.
    Brennan accolse l’invito e lei poté spiegare in breve la situazione.
    “È sveglio da ore. Adesso è stabile. I dottori dicono che sta bene … meglio. L’infezione era brutta e la perdita di sangue copiosa, questo perché ha dovuto aspettare delle ore prima di ricevere soccorso da una volante libera! Maledetto sindaco che non concede più fondi! Lunedì mi sentirà!”
    Brennan elaborò una riflessione sul problema dei finanziamenti pubblici, che non espresse ad alta voce.
    “Come possiamo fare il nostro lavoro senza mezzi sufficienti a disposizione? Col rischio di rimanere stesi sul ciglio di una strada?!” esclamò il vicecapo, visibilmente alterata. “Credo di essere molto gelosa del suo laboratorio, dottoressa. I corridoi sono tanto puliti.”
    “La manutenzione è necessaria per mantenere l’ambiente sterile.”
    “Ha ragione.”
    Buffy prese un sorso d’acqua, che l’aiutò a schiarire la voce arrochita. Pareva avesse pianto, ma il suo volto era asciutto.
    “Come va col caso?”
    “Le prove sono state consegnate per la registrazione. Lei dovrebbe saperlo. Si è assentata dall’ufficio solo un’ora fa.”
    Facendosi coraggio e cercando in tutti i modi di trovare parole adeguate all’occasione, Brennan si concesse di interrogare il vicecapo della polizia, per aiutarla a chiarire a se stessa alcuni punti oscuri relativi al suo rapporto col tenente Shelby.
    “È qui da un’ora. Non è entrata a vedere come sta lui?” domandò, comprensiva.
    “No.”
    “Ha intenzione di farlo?”
    Buffy non rispose e Brennan si morse la lingua.
    “Mi scusi,” sussurrò. “Io … non sono davvero capace di fare questo. Sono una scienziata. Non capisco le emozioni, non conosco le frasi migliori da utilizzare in queste situazioni, non riesco ad entrare in empatia con la gente. Non sono Booth.” sospirò, sconfitta.
    “È bello poter parlare con qualcuno.” la riprese Buffy, dolcemente. “Non mi succede tanto spesso e, a dire il vero, è colpa mia se non accade. Non importa se lei non è Booth, anzi! Trovo che sia confortante averla qui accanto. Non potrei immaginare compagnia migliore in questo momento.”
    Bones socchiuse le labbra in un moto di meraviglia.
    “È sincera? Non preferirebbe la sua amica Willow o sua sorella Dawn?”
    “Willow è momentaneamente occupata, per così dire, e Dawn è troppo … non posso esporla a tutto questo. Il mio compito è proteggerla.” Il vicecapo tacque, socchiudendo gli occhi. “Certe volte penso a loro … alla squadra, alla mia famiglia. Penso a come sarebbe se mi vedessero in questo stato, indifesa e stanca. Sono sicura che non lo potrebbero sopportare, per questo mi trattengo. O, forse, ho semplicemente paura di mostrar loro chi sono veramente. Sono una codarda, quando si tratta di certe cose.”
    Brennan non provò ad aggiungere nulla e Buffy scoppiò in una risata lacrimevole, spezzata. Espresse un pensiero che covava da lunghi minuti, bloccata sulla sedia di plastica nell’angolino candido.
    “Litigheremo.”
    “Chi?”
    “Io e Spike. Appena entrerò nella sua stanza a vedere come sta. Litigheremo, come sempre. Allora, riacquisterò tutto lo smalto necessario ad interpretare il ruolo del vicecapo d’acciaio. Mi servirebbe proprio.”
    “Ha paura?”
    “Lei non ne avrebbe al mio posto?”
    Brennan tacque e intrecciò le dita sul grembo, riflessiva. S’imbronciò, meditando di comprare qualcosa da tenere tra le mani. Uno snack o una minerale, per esempio.
    “Il fatto è che …” riprese Buffy, impercettibilmente. “Il fatto è che è davvero complicato tra me e lui. Abbiamo fatto un grande casino e ci siamo letteralmente fottuti il cervello a vicenda. Gran parte della responsabilità è mia. Ho sempre creduto … mi sono sempre imposta di pensare che … non sapevo se fidarmi, e così ho reso le cose difficili più del dovuto. Ed è stato tutto talmente veloce, confuso e violento, che non ho avuto modo di realizzare quello che stavo facendo. Ho ferito Spike e mi sono fatta male, volontariamente. In realtà, non so se valga veramente la pena. Non lo so.”
    “Ferire Spike?”
    “Amare qualcuno.”
    Brennan tacque, colpita.
    “Vale la pena, dottoressa? Dopo quello che ha visto ieri notte, vale ancora la pena? Al di là del dolore, dei tradimenti e delle ferite, è davvero così importante amare?”
    Il vicecapo fece spallucce, serrando gli occhi arrossati.
    “Ho speso così tante energie in relazioni fallimentari che credo di aver esaurito tutta la pazienza. Buffy-riserve a secco, provate qui all’angolo! Sono davvero stanca del prezzo che si deve pagare e non capisco neanche se sia una contrattazione ragionevole. Le persone tradiscono, uccidono, abbandonano … è come investire in un titolo già crollato. Non ha senso.”
    Brennan dovette annuire.
    “Forse, il problema è che ho perso per sempre l’innocenza che mi permetteva di innamorarmi. Non ne sarò più capace.” confessò Buffy, passandosi una mano sul volto.
    Sorrise, ironizzando sulla vena melodrammatica della sua stessa confessione. Non era abituata a parlare dei propri sentimenti, quando lo faceva si sentiva sempre stupida. Impreparata. Il clown di una cattiva improvvisazione.
    “Oh! Che grande tragedia qui! Devo smetterla. Non ho mai detto così tante parole in cinque minuti. Pensò che mi si seccherà la gola per ore.”
    “Booth dice che l’amore serve a rompere le leggi della fisica.” sospirò Brennan. “E serve a rendere completi gli esseri umani. A vivere, in sintesi. A vivere realmente.”
    “Ed è davvero così?”
    “Non lo so.” ammise l’antropologa, scuotendo il capo. “Dovrei … toccarlo.” sussurrò riflessiva, colpita da un’immediata, intima rivelazione. “Dovrei toccarlo.”
    Buffy prese fiato.
    In silenzio, scrutò l’espressione della dottoressa e ne ricavò una caparbietà che la spinse ad alzarsi dalla sedia.
    “Dove va?” domandò Brennan.
    “Da Spike.”
    “Finalmente ha deciso?”
    Buffy sorrise ancora, timidamente.
    “Devo ancora varcare la porta della sua stanza. Sarà difficile. Però, è inutile rimanere qui. Ed è anche noioso! Devo andare da lui.”
    Brennan annuì. S’alzò e tese la mano al vicecapo della polizia di Washington.
    A Buffy.
    “È stato un piacere conoscerla.”
    “Piacere mio.” mormorò la poliziotta, stringendo la presa. La mano di Brennan era molto più grande della sua. Forte e pulita, come solo la verità in determinati momenti. “Spero di incontrarla di nuovo, un giorno. È stato un privilegio poter lavorare con lei.”
    “Anche per me.”
    “Buona fortuna.”
    Bones scosse il capo.
    Silenziosa, fissò la piccola figura femminile che si faceva strada tra i corridoi dell’ospedale. Abbassò lo sguardo e si ritrovò in possesso di una bottiglietta d’acqua, mordicchiata e ammaccata.
    Pensò di prendere un taxi e raggiungere, finalmente, il suo Booth.




    Buffy deglutì, scacciando l’amaro sentore della paura in fondo alla gola. Si bloccò come paralizzata, ad un passo dalla camera di Spike.
    Grazie al distintivo aveva raggiunto il reparto ed era entrata, violando le regole sulle visite serali. L’ironia della sorte le aveva consentito di infrangere norme col simbolo stesso della loro difesa. Avrebbe riso sulla cosa, non fosse stata tanto tesa e preoccupata.
    Non era per niente pronta.
    Non aveva preparato neanche un piccolo discorso introduttivo, un pensierino d’apertura, magari costellato da qualche scusa. Spike voleva le sue scuse? Avrebbe dovuto chiedere perdono per non essersi presentata in ospedale, non appena saputa la notizia della sparatoria?
    Strinse gli occhi, inviperita. Non aveva mica guardato la televisione sul divano per tre giorni! Aveva avuto un caso importante che …
    Sbuffò rumorosamente, imbronciandosi.
    Stava continuando a posticipare l’incontro a forza di stupidi flussi di coscienza. Maledetta lei e la sua smania di rimuginare nei momenti meno opportuni. Maledetto il suo ex! L’aveva contagiata con la sua mania! Che non la prendeva mai. Solo davanti alla porta di …
    “Oh, dannazione!” esalò, stringendo la maniglia.
    Era ora di tagliare la testa allo schifosissimo toro.
    Entrò silenziosa, sbattendo le ciglia nell’oscurità della camera.
    Spike giaceva in un letto singolo, solitario. Illuminato appena dal neon, sembrava fragile e sciupato come non mai. Pallidissimo, emaciato, aveva le labbra screpolate e gli occhi cerchiati dalla stanchezza. I suoi zigomi parevano ancora più appuntiti. La sua magrezza era quasi insostenibile.
    Era sempre stato tanto magro, Spike? Domandò a se stessa il vicecapo della polizia, avanzando lentamente verso il letto.
    Un sussurro del paziente la bloccò.
    “Era ora.” mormorò Spike, voltandosi a guardarla. Il sorriso accennato, dipinto sul suo viso, lo rendeva attraente. Quasi bello. “Ho sempre pensato che … coi tuoi tempi, saresti arrivata.”
    Buffy sentì una stretta allo stomaco ed interpretò male le parole del suo amante.
    “Volevo vederti e sei venuta.”
    Un tremito continuo si diffuse dalle mani alle gambe. Il vicecapo di polizia provò l’impulso, innegabile e potente, di uscire dalla stanza, chiudersi la porta alle spalle e fuggire quella situazione che tanto la metteva alla prova. Non era per niente pronta, cazzo. Non avrebbe potuto reggere un tale confronto.
    “Non sentirti in colpa.” ammonì Spike. “Ti conosco. Non mi aspettavo un’attesa più breve. Siediti accanto a me, adesso.”
    Buffy eseguì meccanicamente.
    Avvicinò una poltroncina di plastica al letto del tenente, mantenendo una certa distanza di sicurezza. Aveva bisogno di una possibilità di fuga per tutte le eventualità. Aumentò leggermente l’intensità della luce. Le pupille di Spike si dilatarono in modo percettibile. Lei poté rimirare il pallore innaturale della sua pelle.
    Un groppo doloroso le serrò la gola.
    “Sapevo che saresti venuta.”
    “Sono qui.” tagliò corto, combattendo la commozione. La infastidiva che Spike potesse vederla in uno stato pietoso come quello. La infastidiva più di ogni altra cosa al mondo. Avrebbe voluto mostrarsi ai suoi occhi più forte e inattaccabile che mai.
    “Hai un’aria stanca …”
    “A te hanno sparato. Come ti senti?”
    “Come uno che dovrà mangiare in bianco per mesi.”
    Per la prima volta dal suo ingresso, Buffy sorrise di cuore. Una lacrima le percorse il volto, nascondendosi tra le labbra rosse.
    Spike la vide e fece finta di nulla. Contento.
    “Non sarà così male, vedrai.” aggiunse lei, ironica.
    “Tu, certamente, non allevierai le mie sofferenze. Sei una pessima cuoca.”
    “Non sono tenuta a cucinare per te.”
    “Sono un uomo ferito.”
    “Sei uno stupido e basta.”
    Tacquero.
    Buffy ripensò alle circostanze della sparatoria e si sentì invadere dalle domande, del bisogno di spiegazioni e rassicurazioni. Involontariamente, strinse la mano di Spike.
    Lui cercò di ricambiare con la poca forza che aveva.
    “Sto bene.” mormorò, apprensivo.
    Buffy passò al contrattacco con la voce falsata dalle lacrime.
    “Non te l’avevo chiesto.” replicò, risultando poco credibile.
    Intrecciò le dita nelle dita di Spike e rimirò le piccole cicatrici da bruciatura che condividevano. Le venne da piangere. Si trattenne, stoica.
    “Stai attento la prossima volta.” ammonì, con tutta la determinazione possibile.
    Aumentò l’intensità della stretta per un attimo, poi sciolse il contatto, portandosi le mani al petto, in una posa difensiva. In un istante, percepì tutta la pressione delle parole non dette, dei sentimenti taciuti, del terrore appena vissuto.
    “Non sono pronta al fatto che tu non ci sia più.” ammise, tremante.
    Spike chiuse gli occhi, emozionato. Quella confessione maldestra valeva quanto una dichiarazione d’amore, lo sapeva. In tutta la sua vita, il tenente inglese non aveva mai incontrato una donna tanto ostinata, testarda, orgogliosa e reticente. Era quasi inevitabile che si innamorasse di lei.
    “Non sono pronta al fatto che tu non ci sia più.” ripeté lei, senza fiato.
    “Non me andrò.”
    “Bene.”
    “Vuoi stenderti qui, stanotte? Il letto è spazioso.”
    “Oh Dio, sì!” sospirò Buffy, togliendosi la giacca.
    Lentamente, si fece spazio tra le coperte, attenta a non pesare su Spike e non farlo muovere più del dovuto. Trovata la posizione giusta, si accucciò di lato e immerse il capo nell’incavo del suo collo.
    Complice l’odore di Spike, un’ondata di lacrime la travolse, inarrestabile, e Buffy pianse come una bambina. Provò a trattenersi, respirando forte. Quando sentì una mano sui capelli, dolce e carezzevole, non poté resistere un minuto di più.
    “Piangi pure.” mormorò Spike. “Non ti vede nessuno.”
    “Mi vedi tu!”
    “Fa niente. Non è la prima volta.”
    “Vorrei che non mi vedessi mai così.”
    “Non dire sciocchezze. Io ti amo, sai?”
    Buffy tossì per l’affanno e Spike la baciò e la strinse a sé, saggiando la consistenza morbida del suo corpo.
    “Sono state … delle giornate davvero … pesanti. Davvero pesanti …” ansimò lei, tra un singulto e un altro.
    Non parlò della morte di Tara, né dell’arresto di Willow. Non parlò dei suoi incubi, del ricordo Maestro, della preoccupazione soffocante e di una cantina scura. Del volto folle di un assassino che avrebbe ucciso con le sue stesse mani.
    Pianse soltanto, lasciandosi purificare della potenza delle lacrime.
    Lamentosa come una bimbetta, aggiunse solo una confessione necessaria.
    “Prima che tu … abbiamo litigato. Io e Dawn. Ancora.”
    Spike rise sino a sentire dolore.
    “Ma un pochino! Poco!”
    “Certo, passerotto.”
    “È così come dico!”
    “Certo.”
    “William …”
    Esausta, Buffy chiuse gli occhi senza riuscire a completare la frase. Poco importava. Nelle orecchie già risuonava il quieto respiro dell’amante, profondo, intervallato da sospiri impercettibili. Sulla fronte pungeva la barba sfatta e contro le labbra, il tessuto del pigiama. Anche l’oscurità si era fatta piacevole.
    Stese una mano, la mano segnata, sul torace di Spike.
    Oltre la pelle, batteva il suo cuore.




    Da qualche minuto aveva cominciato a piovere. Piccole gocce luminose picchiavano contro i vetri del taxi, ritmicamente.
    Brennan fissava assorta il paesaggio circostante, lo spettacolo di Washington splendidamente immersa in un bagliore offuscato. Col cellulare stretto nelle mani, ripercorreva nella memoria le strade che portavano a casa di Booth.
    Così, nel cuore della notte, lo aveva chiamato, avvisandolo che sarebbe andata da lui per vederlo. Il suono della sua voce, preoccupato e arrochito dal sonno, aveva risvegliato in lei qualcosa di inspiegabile, dolce e pungente allo stesso tempo, che partiva da un punto imprecisato dello stomaco diffondendosi in tutto il corpo, come un rimedio caldo.
    Booth l’aveva sommersa di domande, rinfacciandole una sfumatura curiosa nel suo tono di voce. Nel suo? Come era possibile?
    Era Booth quello con la voce strana, rinvigorente. Due parole, e lei si era sentita prendere dalla frenesia e dalla gioia. La gioia. Ne aveva disperato bisogno dopo gli ultimi eventi.
    Il taxi la lasciò in fondo alla strada. Pagò il conto e scese, senza ombrello, nel temporale.
    Chiuse gli occhi. Nel silenzio, sentì l’acqua scivolare lungo tutto il corpo, impadronendosi di ogni centimetro della pelle coperta. Le braccia, le spalle, le gambe, l’incavo del seno. Inclinò il voltò e assaggiò le labbra inumidite, dolciastre.
    Sospirò, richiamando alla mente vaghe conoscenze antropologiche. Rifletté sul valore dell’acqua negli antichi riti di purificazione. Curiosamente, sentiva di capire, proprio a livello emotivo, il valore della pioggia. La catarsi offerta dal cielo per cancellare il sangue che insozzava la terra.
    Corse d’impulso e raggiunse il palazzo prescelto, salendo le scale velocemente, nel buio.
    Booth le aprì la porta, teso dall’apprensione. L’aspetto della collega lo preoccupò ancora di più.
    “Bones, per la miseria! Cosa ti è successo?”
    “Ho percorso la strada a piedi. Non avevo l’ombrello.”
    “Ma io dico … entra immediatamente o ti ammalerai! Cosa è successo?!” ripeté Booth, spalancando la porta in un muto invito.
    Brennan notò che neanche lui aveva acceso la luce.
    Ad illuminarlo c’era solo il tenue bagliore della scala, giallastro, quasi arancione, che conferiva al volto di Booth una consistenza tutta particolare. Da toccare, quasi.
    Alzò una mano che venne rintracciata e scostata da quella di Booth. Il compagno si sporse a carezzare i suoi capelli fradici, corti e gocciolanti, scostando le ciocche ribelli appiccicate sulla fronte.
    “Hai le occhiaie e sei pallidissima. Devono averti spremuto come un limone, i maledetti della Polizia! Ho sentito il telegiornale e ho scoperto il caso a cui stavi lavorando. Avresti dovuto dirmelo, santo cielo! Sarei corso da te, congedo o non congedo! Guardati, ti hanno fatta entrare nel covo di un serial killer psicopatico! Se ti fosse successo qualcosa …”
    “Come sai che sono entrata nella cantina di Micheals?”
    “Cosa credi che abbia fatto per tutto questo tempo? Telefonate, maledizione! Stupide, inutili, frustranti, telefonate!”
    Brennan sorrise e sentì le mani di Booth lungo il collo, oltre il colletto della camicia.
    “Tu dovresti …”
    Mi sei mancato.” mormorò lei, senza giri di parole.
    Booth si bloccò e la fissò, spalancando gli occhi.
    “Mi sei mancato tanto.” ribadì Bones, convinta. “Non saprei come dirtelo meglio, quindi lo dico e basta. Avrei voluto dirlo anche al tuo ritorno dall’Afghanistan. Anche … da tanto tempo.”
    L’agente del FBI deglutì, paralizzandosi.
    Con un gesto brusco, si fece indietro e lasciò avanzare Brennan nel corridoio dell’appartamento. Chiuse la porta con un calcio. Si abbandonò contro la parete.
    Le mani di Bones erano ferme all’altezza del suo addome. Le dita lunghe sfioravano involontariamente il tessuto della canotta, il bordo del pigiama, provocandogli piccoli brividi d’anticipazione.
    “Che è capitato?” ripeté senza fiato, come un disco rotto.
    “Ho visto cose orribili in questi giorni e tu non c’eri. Avrei voluto parlartene perché mi aiuta, ma non l’ho fatto, né lo farò adesso.”
    “Dimmi, invece. Mi preoccupa sapere che qualcosa ti ha … ferita e che io non posso fare niente al riguardo. Permettimi di proteggerti.”
    “Non potresti proteggermi da me stessa, né da quello che può scatenare l’amore.”
    “Bones …”
    “Dolore, Booth. Dolore e follia.”
    Booth deglutì, spaventato dal tono solenne dell’affermazione. Spalancò gli occhi per la sorpresa, quando la compagna riprese a parlare, animata da una nuova consapevolezza.
    “È insensato voler spezzare le leggi della fisica.”
    “Cosa?”
    “Se anche l’amore fosse una passione oscura, forse … è come un principio inevitabile della fisica, che si applica ai corpi e muta il loro corso e l’intensità del loro moto.”
    Brennan si fermò di colpo.
    Le mani di Booth si erano sul suo viso, calde e solide, e le guance avevano preso fuoco.
    “Ho bisogno di te per comprendere le leggi e i principi di questa forza estranea. Ho bisogno di te perché sei la giusta misura.” confessò, emozionata. “Tu non permetterai che io mi perda.”
    Lui si sporse e, in un atto di estremo contegno, la baciò su un sopracciglio.
    “Grazie.”
    “No, Booth. Davvero.”
    Lei lo spinse più in basso, all’altezza della bocca. La consistenza umida dei suoi vestiti si fuse col tepore di un abbraccio. Il giaccone cadde sul pavimento e Booth si frenò e la strinse senza risparmio, forte forte.
    Brennan stese il palmo aperto sul suo torace liscio.
    Oltre la pelle, batteva il cuore.








    Per amare con chi ama.

















    Note Nerd ~




    - Antigone è la protagonista di una bellissima tragedia di Sofocle. E' un'eroina che si oppone all'ingiusto editto di un tiranno, Creonte, che impedisce la sepoltura del cadavere del fratello Polinice. La tragedia di Sofocle rappresenta il contrasto tra legge di natura e legge positiva. Antigone risponde ad una legge morale più forte di quella degli uomini, molto profonda. Antigone è anche "la bianca", perché è un simbolo di amore e compassione.

    - Per i nerd del Whedonverse: Angel fa una piccola comparsa! No, scherzo! XDD E' citato! Chi conosce la storia saprà localizzare la citazione fatta con intento scherzoso e simpatico. *spuccia il Flagello brontoloso*

    - La "dichiarazione" di Buffy è una citazione di una battuta, pronunciata Buffy stessa nell'episodio 7x14. Mi è piaciuto tanto quel momento. Ho voluto rendere omaggio.

    - "La giusta misura" di cui parla Brennan è, incredibilmente, la giusta misura in senso greco. Ora, non sappiamo se Brennan ha pronunciato le due paroline di proposito e consapevolmente. Ma ci stava un sacco ed era in tema. ù__ù

    - Journeys ends in lovers meeting.




     
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  3. katespuffy
     
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    Ho amato quasi tutte le tue storie, in un modo diverso ognuna ma l'ho fatto.
    Ma più di tutte, in questa Au tu sei riuscita a descrivere il Buffyverse; ogni personaggio ha trovato spazio, in un contesto totalmente diverso, hai trovato posto per il temperamento, il carattere, la passione di ogni personaggio. Buffy, Willow, Spike, Tara. Io non ho mai seguito Bones, ma la complicità di due personaggi freddi e distaccati, così occupati a raggelarsi da mettere da parte le emozioni, sentendosi quasi incapaci di averle. Questa storia è il tuo capolavoro, qui non è questione di prendersi meriti non propri. Tu hai avuto la capacità di carpire a pieno il messaggio, i valori di BtVS e di trasportarli nella tua creazione, nella tua mente, nel tuo cuore e nella tua vita.
    E in quelle dei noi lettrici..

    Mi inchino come al solito, fiera di aver letto questa storia, che solo tu potevi scrivere e che non poteva deludermi....
     
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2 replies since 27/2/2011, 19:56   326 views
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