EROS

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    Donne, cittadine, romane! (?)
    L'avevo promesso ed eccomi, eccomi qui. Con una nuova fanfiction relativamente breve ma intensa, NC17.
    Femslash.
    Sì, lo so: non lo so.
    Desideravo provare a scrivere qualcosa del genere da tempo, ormai. In questi giorni mi sono convinta di aver trovato la chiave "giusta". Spero solo di non aver toppato alla grande.
    Attendo il vostro giudizio, a questo proposito.

    Dunque, la fanfiction è, come ho detto, femslash. *le piace ripetersi*
    Pairing: Buffy/Faith
    Cronologia: Dopo Chosen e NFA, da qualche parte nel futuro, con qualche spoiler lievissimo sull'Ottava Stagione che non conterà molto in questo universo parallelo.

    Che altro?
    E' una storia di passione, erotica, infatti il titolo è vago ma ci ciccia dentro che è una bellezza.
    Si comporrà di quattro parti, secondo le previsioni attuali.
    Fatemi sapere se devo continuare con questo scempio.


    Buona lettura!








    Eros







    Il corpo del demone giaceva al suolo, inerme. Una ferita profonda curvava la sagoma scura, dai contorni irregolari, spezzandola all’altezza della schiena. Il pungiglione sulla fronte, arma d’attacco della creatura cieca, si stava dissolvendo in una nuvola di vapore schiumoso, turchese.
    Faith strinse le labbra disgustata. Un puzzo insostenibile insozzava l’aria.
    Bestemmiando per il sangue che le sporcava gli stivali, si appoggiò ad una parete di mattoni. Esausta, si concesse del tempo per ammirare il proprio operato di morte e accese una sigaretta.
    La prima boccata di fumo fu dolce e salvifica.
    Chiuse gli occhi e sciolse la presa sulla Falce, rimirando il bagliore sinistro della lama. Abbottonò meglio la camicetta nera, di lino, che indossava per proteggersi dall’umidità.
    Soggiornare ad Est aveva grossi svantaggi in termini climatici.
    Piogge monsoniche e pomeriggi di caldo sfibrante si alternavano, togliendo fiato e pazienza ai poveri visitatori.
    Risoluta, la cacciatrice gettò la cicca e si incamminò per le strade del corso principale, affollate di negozietti e ristoranti di pesce.
    Ogni cosa, in quel dannato paese, odorava di riso fritto e malaria.
    “C’è da impazzire.” mormorò a se stessa, con un broncio amaro.
    La pensione dove alloggiava non era distante.
    Si fermò a comprare focaccine e dolcetti di riso con cui cenare.
    Ammazzare le stimolava l’appetito.



    Chiuse la porta della camera alle sue spalle, togliendo la maledetta camicia di lino.
    Sentiva la pelle pungere per il sudore e l’afa. Aveva anche l’impressione di essere stata morsa da un migliaio di zanzare bastarde.
    “Merda!” sussurrò, mordendosi le labbra.
    La stanza era silenziosa e scura.
    Buffy dormiva, nel letto matrimoniale circondato da vaschette colme di ghiaccio e acqua.
    Ogni finestra era sigillata dalla zanzariera, una lampada da campeggio rimaneva accesa tutta la notte per scongiurare il pericolo delle punture di insetto.
    Nonostante le precauzioni, Faith continuava ad attendere il giorno del suo ricovero in ospedale. Era certa che, con la fortuna che aveva, si sarebbe ammalata entro la fine del soggiorno.
    “Sei tornata …” sibilò Buffy, muovendosi appena.
    Colpevole del risveglio, Faith imprecò sottovoce.
    Calciando via gli stivali, si stese tra le lenzuola. Percorse con le dita la schiena della compagna.
    Buffy era letteralmente gommosa per il sudore.
    Aveva scacciato a forza i capelli lunghi, ammassandoli nella parte superiore del cuscino, che risplendeva luminosa nell’oscurità. Indossava una vestaglietta sottilissima, di seta bianca, che aveva sollevato per il caldo.
    Faith sfiorò le gambe toniche da cacciatrice, prima di portare le braccia dietro la nuca.
    “È andata bene, non preoccuparti.” esordì, tranquilla. “Il coso azzurro e schifoso è steso a terra e viaggia felice e contento nel paese dei morti.”
    “È stato facile?”
    “Ne ho viste di peggiori.”
    “Avrei voluto accompagnarti, magari mi sarei divertita. Invece sono dovuta rimanere a marcire in questo posto!”
    Faith non disse nulla.
    Si voltò a scrutare il profilo femminile, aggraziato e sensuale, della compagna.
    “Doccia?” propose a mezza voce.
    “Dio, sì!”



    Era un periodo che facevano quindici docce al giorno.
    Occidentali viziate, non si sarebbero mai abituate alla calura vietnamita. Non avrebbero mai imparato a risparmiare l’acqua.
    “Ho parlato con Willow.” fece Buffy, aggiustando i flaconi dello shampoo all’interno del box doccia.
    Nuda, aveva raccolto i capelli con una molletta gigante, per non bagnarli.
    Faith osservava con languore la curva candida della sua schiena.
    “Che ha detto?”
    “Che è felice, forte. Sempre più potente.”
    “God save the Queen!” esclamò la cacciatrice bruna, spogliandosi dei pantaloni e delle mutandine, avvicinandosi a Buffy che regolava la temperatura dell’acqua. “Non capisco perché non la lasci fredda e basta. Si muore!”
    “Smettila! Un pochino bisogna riscaldarla comunque.”
    Poco convinta, Faith si riempì le mani di bagnoschiuma e cominciò a massaggiare le spalle contratte dell’amante.
    Adorava la pelle di Buffy, tanto morbida ed elastica, sempre profumata di un sentore naturale che non dipendeva da creme e saponi.
    Grazie ad un incantesimo, l’aveva sfiorata senza barriere, nel tepore rilassante di un bagno caldo; grazie ad un miracolo, le era stato concesso di toccarla ogni notte, nell’intimità.
    Il desiderio segreto dell’adolescenza era stato esaudito. Un desiderio cupo, pieno di rancore, a tratti doloroso.
    “ … dice di tornare presto.”
    “Cosa?” domandò Faith, distratta.
    “Vuole che torniamo.”
    “Willow?”
    “Xander!”
    “Ah …”
    Buffy si voltò e sollevò il mento, orgogliosa.
    “Non hai ascoltato una parola di quello che ho detto, vero?”
    Faith, pessima bugiarda, si limitò a scuotere il capo.
    “Lo sapevo! Aspetta. Sei sporca di sangue.”
    La cacciatrice bruna si arrese. Abbandonò le mani lungo i fianchi e lasciò a Buffy l’onere di toglierle di dosso gli schifosi fluidi corporei del demone.
    Sospirò lievemente quando le mani della compagna le strinsero il seno, con un intento vagamente erotico che non seppe se assecondare.
    L’amante chiarì ogni dubbio girandosi nuovamente.
    “Quindi torneremo in America …” riprese Faith, lievemente delusa.
    “Chi lo dice?”
    “Ti reclama la Scooby Gang! Non risponderai alla chiamata?”
    Buffy non rispose.
    Si morse le labbra e sciolse i capelli, biondi e fluenti.
    “Aiutami a lavarli, dai.”



    Terminata la doccia, tornarono a letto.
    Buffy aprì il cassetto della biancheria intima, intenzionata a mettere qualcosa addosso. Faith la fece desistere con un cenno convincente e malizioso.
    Si stesero sul materasso, scacciando via le lenzuola.
    Faith aprì la confezione dei dolcetti di riso e banchettarono in silenzio, nell’oscurità della stanza.
    Dalle tapparelle abbassate filtrava il brusio della città instancabile, il bagliore opaco dei lampioni accesi.
    La cacciatrice bruna si accoccolò sul ventre della compagna, lasciandosi carezzare come una bambola preziosa.
    Insoddisfatta, cominciò a stuzzicare Buffy, pizzicandole il seno, solleticando l’addome teso.
    Tra una risata e un gemito di insoddisfazione, fece stendere l’amante sotto di sé, tra i cuscini gonfi. Strinse i polsi sottili e giocò ad una prova di forza che Buffy avrebbe potuto sovvertire con facilità. Percorse con la lingua l’incavo del collo della cacciatrice, le sue clavicole appuntite, il torace tremante.
    Costrinse Buffy ad un’immobilità sofferta e si impose su di lei, sfiorandole la pelle coi capelli soffici.
    “L’ho vista, ieri.”
    “Di che stai parlando, Faith? Muoviti, santo cielo …”
    “L’ho vista al tempio. Satsu.”
    Buffy trattenne il respiro e scrutò con rinnovato interesse l’espressione dell’amante.
    Nei suoi occhi scuri brillava una luce ardente, spaventosa.
    “Ho provato una gelosia che non ti dico. Mi sono accorta che è bella, aggraziata ed elegante come te. L’ho detestata e desiderata allo stesso tempo.”
    “Non voglio sentire questo …”
    “Avrei voluto stringerla per vedere se sapeva ancora di te.” continuò Faith, imperterrita, baciando le dolci curve del seno offertole. “Se le sue labbra erano morbide come le tue, se odorava ancora di pesca ed albicocca … Certe volte vorrei che tu non fossi mai stata toccata. Vorrei che non respirassi neanche, senza di me.”
    La presa ai polsi si fece più violenta e, di colpo, meno salda. Tremante.
    “Vorrei tanto che ti mancasse il fiato.” ripeté Faith, improvvisamente malinconica. Spenta.
    Buffy si fece avanti.
    Stese l’amante sul materasso e si vendicò con gli stessi baci appassionati.
    “Detesto le tue crisi di gelosia, sei sempre la solita bambina invidiosa.”
    “E tu sei sempre colei che ottiene tutto. Tutto.” replicò Faith, le labbra socchiuse per il piacere. “Ora vuoi me.”
    Buffy si spinse in lei, prepotente e appassionata.
    La sentì fremere e rabbrividire al suo tocco. Baciò il volto liscio, le guance calde e arrossate, gli occhi gonfi e cerchiati per la mancanza di sonno. Si inarcò e nascose il capo nell’incavo del collo della compagna, stringendola a sé. La cacciatrice gemette e trattenne un urlo roco. La baciò ancora. Teneramente.
    “Vorrei che tu sentissi quello che sento. Vorrei che non respirassi senza di me.” ansimò Faith, esausta.
    Buffy non disse nulla.
    Chiuse gli occhi, tra i capelli scuri che profumavano di rosa.







    1.




    Love is a banquet on which we feed












    Quando aprì gli occhi, Faith si rese conto di essere rimasta sola nel letto vuoto.
    Buffy Summers riservava le solite, piacevoli sorprese mattutine.
    Mai una volta che si lasciasse andare alla pigrizia, al piacere di un risveglio condiviso. Mai una volta che si facesse sorprendere impreparata alle carezze dell’amante sveglia. Sempre in campana, the Chosen One.
    Non che a Faith importasse, chiaramente. Non era una rompipalle e non avrebbe fatto scenate patetiche da mogliettina affranta.
    B era libera di andarsene quando cazzo voleva. Non portava fedi, non aveva fatto promesse ipocrite, non aveva mai domandato nulla. Si comportava semplicemente da adulta in una relazione adulta.
    Faith avrebbe dovuto tenerlo a mente più spesso, soprattutto quando gli eccessi di gelosia le offuscavano la capacità di giudizio e rendevano Buffy, ancora una volta, la rivale lontana, il modello da invidiare, la studentessa dolce e ammirata.
    Miss goody two shoes.
    Le veniva da ridere al solo pensiero della ragazzina diciottenne che l’aveva quasi mandata all’altro mondo.
    Le veniva da ridere, quando riusciva a pensare al passato con leggerezza.



    Annoiata e sveglia, la cacciatrice si alzò dal letto e si diresse alla doccia.
    Nel corso della notte, la temperatura era scesa leggermente, rinfrescando l’aria. Per la prima volta dopo settimane, il sonno era stato pieno, rilassato. Odoroso del corpo amato stretto al proprio.
    Faith non poteva che sentirsi sollevata.
    Tanto più che lei e Buffy erano tornate all’abitazione in collina, isolata e placida, sulle rive del Mekong.
    I fiumi dovevano avere un effetto calmante.
    Erano trascorse due settimane piacevolissime, serene. Buffy aveva concesso a se stessa una tregua dagli impegni e si era premurata di tornare a casa ogni sera, per cena.
    Evidentemente, la pace stava per finire. Il ritorno in America si avvicinava sempre di più.
    Chiuse il getto della doccia e avvolse il corpo bagnato in un telo di spugna. Senza asciugare i capelli, si diresse in cucina, attirata dal brusio di due voci.
    Buffy era stata a fare la spesa. Buste colme di frutta troneggiavano sul tavolo, mentre la cacciatrice chiacchierava con la giovane domestica vietnamita, in un francese molto americanizzato.
    Decisamente americanizzato.
    Faith ghignò e si servì una fetta d’anguria.
    La ragazzina vietnamita si dileguò nel giro di qualche minuto.
    “Buongiorno a te, B!” salutò Faith, a bocca piena.
    La compagna roteò gli occhi con fare esasperato e allontanò la frutta dalle sue grinfie.
    “Ehy! Credevo fosse per me!”
    “È per stasera! Ho invitato le ragazze ad unirsi a noi.”
    La triste fine della pacchia doveva essere più vicina del previsto, se Buffy si concedeva incontri nostalgici e tavolate pseudofamiliari.
    “Sei pronta a dire addio alle tue bambine?” fu l’attacco sarcastico, lievemente velenoso, dell’amante.
    Buffy scosse il capo, per nulla turbata.
    “Non capisco per quale ragione dovrei dir loro addio. E non sono le mie bambine!”
    “Come no! Raccontatela, B! Mi accorgo perfettamente del cipiglio orgoglioso che rivolgi alle tue pupille, durante gli addestramenti. Forse sei contenta di aver trovato ragazze sveglie, preparate, che non si tirano le asce sui piedi. Io dico che ti sei affezionata. Ne hai della mamma chioccia ...”
    “Sono cacciatrici in gamba e basta! Che male c’è ad apprezzarle? Inoltre, ti ricordo che sei tu ‘la mammina divertente’, io sono più una matrigna severa e rompipalle.”
    Faith non trattenne la risata.
    Si avvicinò alla compagna e rubò un’altra fetta d’anguria.
    “Sei pronta a lasciarle?” ripeté, imperterrita.
    “Chi ha detto che devo lasciarle?”
    “Succederà, è inevitabile. Del resto, non credo proprio che tu voglia marcire in questo posto sperduto. Ti conosco: sei pronta a tornare a LA. Non fa per te la vita ritirata.”
    Buffy si morse il labbro, pensierosa.
    “Certo che voglio tornare a casa.” affermò decisa, prima di allontanarsi. “Vestiti. Abbiamo un sacco di cose da preparare.”



    Oltre la collina, al di là degli alberi e della vegetazione rigogliosa, scorreva il fiume.
    Faith lo fissava assorta, rapita.
    Seduta sul pavimento legnoso, scalza e coi capelli bagnati, godeva della brezza fresca sul viso. Furono i passi dell’amante a rompere il quieto silenzio della sua pausa.
    “Che fai qui seduta?”
    “Un cazzo.”
    Buffy si avvicinò piano e si sedette dietro di lei.
    “Raffinata come al solito.” ironizzò, paziente.
    “Sono una principessa, che ci vuoi fare.”
    “Questa l’hai già detta un paio di volte.”
    Faith chiuse gli occhi e sospirò.
    Il profumo di Buffy era sempre dolce, di pesca e albicocca. Amava sentirlo nell’aria, sulle lenzuola del loro letto, negli oggetti e nelle armi che maneggiava. Rendeva tutto più reale, l’odore di pelle.
    “Più tardi mi aiuti con la frutta?”
    “La domestica ti fa fare solo quello, vero?”
    “Mi ha proibito di avvicinarmi al pesce!”
    Faith sorrise.
    Le piccole dita della compagna si erano intrufolate tra i suoi capelli. Buffy aveva preso una spazzola morbida, per pettinarla.
    Di tanto in tanto, amava riservarle quel trattamento da bambola, da sorellina minore. Dell’istinto materno di B c’era poco da lamentarsi.
    “Se dovessimo tornare negli States …”
    Faith riaprì gli occhi.
    “Se dovessimo tornare … tu vorresti stabilirti a Los Angeles?”
    “E lo chiedi a me? Come se il mio parere contasse qualcosa! Ci trasferiremo in qualche maledetta città con qualche maledetta bocca dell’inferno sotto il liceo! Io ti seguirò e tu farai la brava Chosen One, al comando della sacra truppa con la sacra missione.”
    “Sei divertente, sai? Proprio divertente …”
    “Scusa. Cosa vuoi che ti dica? Sappiamo entrambe che non saremo noi a scegliere. Quindi? Chi se ne fotte! Mi va bene qualsiasi buco, eccetto quello schifo di Cleveland. Se andiamo là mi sparo, B. Dovrai raccogliere i brandelli del mio cervello dal parquet in salotto.”
    Buffy rise.
    Le sue mani tremarono leggermente.
    “Questo non cambierà mai. Tu accetti il nostro destino meglio di me.”
    “Siamo cacciatrici, ragazza! Non possiamo romperci le palle dietro mutui e stronzate burocratiche.”
    “Io l’ho fatto, quando è stato necessario. E … sai? Lo faccio ancora. Una parte di me non si abituerà mai ad una vita senza punti fermi. Nutro ancora la segreta speranza di svegliarmi un giorno da persona normale. Forse, non riesco a dimenticare gli anni lontani in cui lo ero veramente.”
    Faith si leccò le labbra, impassibile.
    “Io non lo sono stata mai. Non sono mai stata una ragazza normale.”
    La conversazione si concluse.
    Buffy posò la spazzola e si dedicò al massaggio dei capelli dalla compagna. Immerse il naso nella sua nuca.
    Inspirò forte.




    [La citazione iniziale è di Patti Smith ~ Because the Night]







    2.






    La cena con le giovani cacciatrici si concluse tardi.
    Chiassosa e familiare, fu un’occasione di confronto per Buffy e Faith, abituate ad incontrarsi con le ragazze prevalentemente per questioni di lavoro.
    Buffy si dimostrò brillante e simpatica. Dimentica dell’aura da leader inflessibile, semplice ragazza alle prese con l’alcool di riso.
    Faith la canzonò tutto il tempo, lamentandosi della sua scarsa capacità di tolleranza ai liquori.
    Rimasero sole intorno alle due di notte, quando il cielo si sgombrava dalle nuvole scure e la luna faceva capolino.
    Nel giro di mezz’ora, riuscirono a rassettare decorosamente la cucina e il salone principale. Spensero le luci, esauste, e si diressero in camera da letto.
    Faith precedette Buffy. Aprì la porta, con galanteria.
    “A cosa devo questo onore?” rise la compagna, voltandosi a guardarla.
    Faith la spinse contro la parete, eloquente.
    “Diciamo che è un preliminare a quello che sto per farti.” scherzò, sfilando la sciarpa di seta colorata che nascondeva il collo di Buffy.
    Sotto il tessuto sottile, la pelle candida, ornata dall’oro di due collanine.
    Faith baciò la linea della giugulare e tolse i gioielli delicatamente, strappando un gemito soddisfatto all’amata. Si sentì prendere il volto e venne attirata in un bacio deciso, pieno di passione. Sorrise.
    “Lo sapevo che non eri del tutto stanca.”
    “Ho una buona resistenza sotto sforzo, apocalissi e tutto.”
    Faith ghignò, impudica, e cominciò a sfilare il vestito scuro di Buffy, dedicandosi alla pelle pian piano rivelata, riempiendosi le mani del piccolo seno coperto.
    Buffy le scompigliò i capelli affettuosamente e sciolse i propri.
    La costrinse ad indietreggiare in direzione del letto, si sedette a cavalcioni sopra lei che si stendeva, spogliandola della maglia nera, togliendole il reggiseno. Baciò le curve morbide e generose. Sfilò via i pantaloni ingombranti.
    Faith le carezzò il viso e la costrinse a guardarla.
    Rimase in silenzio, a fissarla intensamente. Poi rise.
    Spinse Buffy contro i cuscini, stringendola e baciandola voracemente. I suoi movimenti si fecero frenetici, quasi violenti. Ancora una volta, Faith si sentì sovrastare dal desiderio di possesso, dall’ossessione che l’aveva accompagnata negli anni dell’adolescenza. Ossessione per una donna, tanto irraggiungibile e adorata, che otteneva ogni cosa, compresa l’attenzione esclusiva dell’unica rivale possibile.
    Buffy ansimò e si aggrappò a lei, socchiudendo i luminosi occhi verdi. Lasciò scivolare una mano nello spazio ristretto dei corpi intrecciati, ma venne bloccata.
    “Aspetta, B. Lasciami fare.”
    Faith riprese il controllo della situazione.
    Tese in alto le braccia della compagna, intimandole silenziosamente di afferrare la testiera del letto, ed estrasse, dal comodino, un paio di manette.
    Ghignò maliziosa all’indirizzo dell’amante che tratteneva il respiro, incerta.
    “Le puoi spezzare, sai?”
    “Lo so.” replicò Buffy, improvvisamente seria e timorosa. “Lo so.” ripeté più decisa, offrendo i polsi da legare.
    Faith non si fece pregare. Assicurò Buffy alla testiera del letto e tornò a baciarla.
    Sei bellissima.” dichiarò, percorrendole il corpo magro, sudato e tenero. “E sei mia, adesso. Sei mia.” aggiunse, quasi stupita.
    Languidamente, carezzò la linea che dal mento conduceva all’ombelico di Buffy, al suo addome liscio. Schiuse le gambe della compagna e la prese dolcemente, con le dita.
    Lei si spinse in avanti, con forza, mordendosi le belle labbra piene.
    “Dillo che sei mia.” comandò Faith, tremante di passione. “Dillo almeno una volta! Io ti amo. Anche tu provi lo stesso?”
    Buffy si tese allo spasimo.
    Forzò la presa sulle manette e nascose il volto nei cuscini.
    Sentì le lacrime di Faith sul collo e singhiozzò di dolore.
    “Sin dal giorno del nostro incontro, non ho fatto che pensare a te. Sei diventata il centro della mia esistenza, capisci? In galera, nei miei sogni, c’eri sempre e solo tu. Capisci?”
    Buffy rabbrividì e continuò a muoversi contro le dita dentro di lei, che le davano piacere nonostante tutto.
    Una tristezza immensa le colmò il cuore.
    Pianse.
    “Faith …” sussurrò, piangendo.
    Come una bambina, senza ritegno.
    Era dunque arrivata al punto di non ritorno. All’apice della passione che, sapeva, avrebbe condotto inevitabilmente alla fine e al dolore. E lei – lo sapeva - avrebbe continuato ad amare.
    Avrebbe amato Faith fino alla morte, allo stesso modo in cui amava Angel e Spike e gli amici che erano la sua famiglia. L’avrebbe amata, consumandosi e soffrendo, di un amore devastante.
    L’avrebbe amata.
    Senza misura. Per sempre.
    Consapevole del proprio destino, la cacciatrice smise di lottare e sospirò, offrendosi passivamente, chiudendo gli occhi gonfi di pianto.
    Il respiro di Faith era cambiato, si era fatto più veloce, agitato. I suoi capelli morbidi ricadevano sparsi sul viso, le mani vagavano senza sosta.
    D’un tratto, Buffy si rese conto d’essere libera. Le manette erano sparite, chissà come, e lei era stretta in un abbraccio consolatorio, contro il corpo della salvatrice che la chiamava e la cullava, preoccupata.
    Si sentiva inerme. Felice, in una pace fittizia.
    Faith la cullava.
    “Buffy … Buffy … ascoltami …”
    Tornò in sé nel giro di qualche secondo e scostò l’amante con violenza, d’impulso.
    L’allontanò e si sedette sul letto, accanto al comodino.
    Alla luce della lampada vide i segni sui polsi, rossi e lividi. Il sangue fluiva lentamente dalle escoriazioni, macchiando la pelle chiara.
    Serrò i denti, in preda alla rabbia.
    Faith fece per avvicinarsi e lei si voltò, implacabile.
    “Chiedimi scusa e ti uccido.” mormorò, prima di chiudersi in bagno.





    3.





    L’aria della notte era rinfrescata da una leggera brezza che portava con sé l’odore del fiume, il profumo dei frutti esotici e delle risaie colme.
    Buffy chiuse gli occhi e prese un respiro.
    Cercò di richiamare alla mente altri odori, remoti, umidi e freschi. Di erba verde e lapidi di marmo.
    Il demone che la fronteggiava dovette interpretare il suo gesto come un segno di stanchezza. Senza esitazione, si lanciò in un violento attacco frontale.
    “Ci siamo!”
    La cacciatrice bloccò un destro micidiale e tese il braccio sino a torcerlo. All’ennesimo contrattacco, rispose con la forza dei calci. Colpì con precisione, lungo l’addome e alla gola, per sfiancare la creatura mostruosa che aveva bisogno di ossigeno. Si avvicinò gradualmente, sottraendo spazio d’azione all’avversario, cercando un contatto fisico più immediato e decisivo.
    Il demone, alle strette, rispose con un calcio potente e spallate frenetiche, velocissime.
    Buffy non perdette la concentrazione.
    Se l’avversario reagiva in quel modo scomposto era perché si sentiva ad un passo dalla sconfitta e non sapeva come evitare il tracollo. Era tempo di sferrare l’attacco finale e ucciderlo.
    Con un urlo disumano, il mostro si spinse ancora una volta contro di lei, nel tentativo di atterrarla. Buffy si impose con potenza, ferendolo gravemente al capo, provocando una copiosa perdita di sangue. Immediatamente, infierì sulla lacerazione e portò la vittima alla morte.
    Il cadavere ancora tiepido, pesante e animalesco, ricadde sulle sue braccia. Lo gettò nell’erba senza alcuna considerazione.
    Venne applaudita.
    “È eccezionale la tua tecnica, signora! Davvero ammirevole!”
    Buffy sorrise calorosa alla cacciatrice che la elogiava.
    “Grazie, Amm. E puoi chiamarmi Buffy, lo sai.” puntualizzò divertita, avvicinandosi al gruppetto che la seguiva nel turno di ronda.
    Era una piccola abitudine che aveva stabilito a seguito della nascita del suo esercito: organizzare ronde settimanali per fornire alle prescelte una dimostrazione di esperienza utile e addestrarle alla lotta, alla violenza.
    Nel corso del soggiorno in Asia, Buffy aveva avuto modo di intensificare la pratica, spinta da un’apocalisse imminente e mossa dal legame emotivo instaurato con le ragazze.
    Alcune, erano divenute amiche; altre, come Amm, allieve predilette.
    Separarsi da loro non sarebbe stato semplice.
    “Certo, signora.” fu la replica irriverente della ventenne tailandese.
    Buffy rise e le mollò uno schiaffetto sulla spalla. Addolcita, carezzò i capelli di Jun, ragazzina insicura che somigliava tanto a Dawn adolescente.
    Faith scrutò con interesse quell’inattesa dimostrazione di affetto.
    Ghignò alle cacciatrici che la trascinavano per le braccia, pizzicandola e facendole il solletico.
    “Mi mancherà la vostra adulazione, sapete?” considerò Buffy, con un sorriso splendido.
    Solo Faith s’accorse del bagliore oscuro che le offuscava il volto.
    Del lieve tremore che le scuoteva le dita.



    “Moriranno.”
    Il canto delle cicale risuonava nella camera delle amanti, accompagnato dallo sciabordio delle acque torbide del Mekong, dal fremito delle piante di riso scosse dal vento.
    Buffy si era stesa a letto, stancata dall’umidità sfibrante, rannicchiata su se stessa come una bambina impaurita.
    Faith l’aveva raggiunta e si era coricata accanto a lei, attenta a non sfiorarla.
    “Moriranno.” ripeté Buffy, pianissimo.
    Stava piangendo, Faith lo sapeva.
    E, tuttavia, non si azzardava a tendere una mano per rassicurare la compagna addolorata.
    “Non puoi saperlo.”
    “Lo so, invece. Moriranno giovani. Alcune non arriveranno neanche ai vent’anni.”
    Faith si concesse lunghi minuti per scrutare la sagoma ombrosa, ossuta della compagna. Ammirò il riflesso chiaro della luna sui fianchi snelli, sulle caviglie.
    Chiuse gli occhi.
    “Tu sei qui.” constatò serena. “E ne hai affrontate di apocalissi! Hai combattuto contro un dio, contro un vampiro inferocito e potente, contro un mostro gigantesco … hai vinto, sempre.”
    “Io sono morta.” fu la replica secca di Buffy. “Due volte. Se sono ancora qui è merito di Willow e della sua magia. Queste ragazze non verranno mai riportate indietro.”
    “Non sono sole, però.”
    “Come?”
    “Quando noi … quando tu hai ricevuto la chiamata, eri unica, sola. Le giovani cacciatrici che hai addestrato potranno collaborare, aiutarsi a vicenda, sostenersi nella guerra. Non è cosa da poco.”
    “Sarà guerra e soffriranno in ogni caso.”
    Faith sospirò.
    Avrebbe voluto accendersi una sigaretta.
    “Tu …”
    “Cosa?”
    “Niente.” mormorò Buffy, girandosi a guardarla.
    Mosse una carezza lieve prima di chiudere gli occhi.
    “Sei ancora arrabbiata?” chiese Faith.
    “Per cosa?”
    “Per quello che è successo quando …”
    Buffy si tese, indurì l’espressione.
    “Non lo dire.” intimò, seria.
    L’amante non obbedì.
    “Sei quasi svenuta tra le mie braccia.” sospirò, preoccupata.
    Buffy s’alzò dal letto.
    “Perché mi fai questo?!” esclamò, esasperata.
    Con una forcina annodò i capelli gonfi, luminosi. Determinata, passò una mano sugli occhi per cancellare le tracce delle lacrime appena versate.
    “Cosa ti faccio di tanto grave?”
    “Niente. Smettila!”
    Faith si sedette, pronta a sostenere una discussione serrata.
    “Almeno dimmi in cosa ho sbagliato!”
    “Hai pronte le valigie per domani? Credo di aver perso il maglione rosa, forse l’hai preso tu.”
    “Cazzo, B! Non cambiare argomento!”
    “Non intendo parlare di questo, adesso!” sbottò Buffy, spogliandosi della camicetta da notte che indossava. “Dimentichiamo tutto, per favore.”
    Faith strinse le lenzuola, livida di rabbia.
    “Per te è semplice, vero? Quando le cose non ti soddisfano, premi il dito sul tasto apposito e cancelli!”
    “Non parlarmi così!” reagì Buffy, legando bene i capelli che non avrebbe voluto bagnare.
    Faith ghignava, pronta all’ennesima battuta pungente. La frenò, prontamente.
    “È colpa mia.” ammise asciutta. “Tu non hai fatto niente. È solo colpa mia e non voglio più parlarne.”











    Considerazioni sull'IC di Buffy (perché sono rompiballe):


    A quanto ho avuto modo di notare nel corso della mia onorata (?) carriera da fangirl-lettrice, risulta particolarmente complicato rendere IC Buffy. Per essere precisa, si alternano diverse visioni del personaggio e le differenze d'interpretazioni sono più spiccate per Buffy che per altri characters.
    Questa cosa mi ha fatta riflettere.
    Personalmente, credo che l'ambiguità di Buffy derivi dal fatto che ci è stato mostrato il lato oscuro della nostra eroina (cosa che non capita quasi mai agli eroi protagonisti di altri telefilm e manga) che è stato un vero lato oscuro e non *muahahaha, vi ucciderò tutti*!
    Inoltre, Buffy è un personaggio che non esprime mai con chiarezza quello che sente (e questa tendenza si è accentuata col passare del tempo) Tentenna, si contraddice, ammette forzatamente la verità e fa qualche cazzata.
    Scrivendo di lei, allora, si deve dar voce più al suo silenzio che alle sue parole. Si deve interpretare il gesto e dare ad esso un significato (egoista, altruista, amorevole, pietoso ...)
    Mi è rimasta impressa una scena, della settima stagione, quando Buffy conversa con Spike e gli chiede di non andarsene perché “non è abituata al fatto che lui non ci sia più.
    Quella è una delle mie scene preferite di sempre e dimostra l'ambiguità di fondo del personaggio che afferma una cosa, ma non specifica, né si sente in dovere di dare altre spiegazioni. Sta zitta.
    Ecco, a me piace interpretare questo silenzio.
    Sarà che - incredibile ma vero - lo sento molto mio, sarà che è una cosa tipicamente femminile. Mi piace che Buffy non dica mai tutto e conservi nel suo cuore la verità circa quello che sente.


    Sempre che abbia veramente capito. (perché non è detto!)








    4 .





    Sulla pista rovente spirava una brezza leggera, che sembrava animare l’aria coi rumori della città vivace e lontana.
    Armate di borse da viaggio, Faith e Buffy si dirigevano al jet privato, luminoso e bianco come un miraggio, che le avrebbe riportate nell’Occidente freddo di cui non sentivano più la mancanza.
    Le giovani cacciatrici le avevano attese e si erano raccolte in cerchio per salutarle, colme di regali d’addio, pensieri e parole di gratitudine. Lacrime.
    Né Faith né Buffy avevano pianto dinnanzi a loro.
    Si piangeva per la morte, lo sapevano, e per la sconfitta.
    Si piangeva da sole.
    Le ragazze erano tanto fragili da meritare protezione e fermezza.



    A qualche minuto dal decollo, Buffy si era già addormentata.
    Faith aveva sospirato annoiata, immaginando il lungo tempo che avrebbe dovuto trascorrere in silenzio, camminando nello stretto corridoio dell’aereo, spulciando tra riviste e nel frigobar.
    Buffy dormiva.
    Singolare come la stanchezza l’avesse vinta all’improvviso.
    Mordendosi le labbra nel tentativo di soffocare il desiderio di una sigaretta, Faith raggiunse il sedile dinnanzi a quello di Buffy. Si accomodò e, per lunghi attimi, rimase a fissare la figura della compagna, candida e teneramente imbronciata nei sogni.
    Osservò il riflesso dorato del sole nei suoi capelli, le piccole mani strette sul grembo in un intreccio che somigliava a quello di una preghiera. Guardò lo splendore del crocifisso che portava al collo e degli orecchini, a due paia, che indossava spesso.
    Ripensò al suo sorriso felice lungo le rive del Mekong e al bagliore scintillante dei suoi capelli umidi scossi dal vento, al sapore delle labbra salate.
    I piedi minuti, come quelli di una ragazzina orientale, che si muovevano scalzi sul pavimento di legno e la veste leggera, di seta, che rivelava la forma dei fianchi magri.
    Il modo in cui il suo corpo si adagiava su un letto, sull’erba profumata, e il respiro che faceva tremare il seno.
    L’odore dolciastro che avrebbe dimenticato.



    Gli occhi di Buffy erano pieni di lacrime mentre scendeva dalla scaletta dell’aereo e, di corsa, volava tra le braccia dell’Osservatore ritrovato.
    Il jet era atterrato nel buio di Los Angeles e la Scooby gang al completo attendeva l’arrivo delle cacciatrici. Willow e Kennedy raggianti, Giles, Xander, Dawn.
    Faith sorrise e si concesse un lungo abbraccio di bentornato con la sorellina minore dell’amante, silenziosa per la commozione.
    Si staccò, carezzando i capelli lunghi e profumati in un gesto che aveva imparato da Buffy.
    La compagna la chiamava, stretta dagli amici più cari.
    “Mi siete mancati tanto … così tanto!” esclamò Buffy, in una risata spezzata dai singhiozzi. “Così tanto!”
    “Parla per te!” ribatté Dawn, col volto umido per il pianto.
    Buffy la baciò sulla guancia e immerse il viso nell’incavo del suo collo.
    “Quest’occasione … è certamente molto toccante.” fece Giles, staccandosi dall’abbraccio collettivo per pulire gli occhiali.
    Quanti lo conoscevano avrebbero saputo interpretare il gesto come un segno di contegno nel turbamento dell’emozione.
    “È il momento più bello della mia vita!” dichiarò Xander. “No, aspetta … anche se non è proprio il più bello è comunque nella top five!”
    Willow gli riservò una gomitata divertita.
    “Accanto alla volta in cui tutte ti volevano saltare addosso per il sesso, vero?”
    “Oh, beh …”
    Buffy scoppiò a ridere.
    “Mi siete decisamente mancati!” ripeté, divertita. “Siete la mia famiglia!”
    Faith sorrise e sentì la mano di Giles sulla spalla.
    Si voltò, mordendo le labbra screpolate dal vento, e fece un cenno all’Osservatore che la guardava con affetto.
    “Sono contento di rivedervi.” ribadì lui, sereno. “Entrambe.” aggiunse, dopo una pausa significativa.
    Faith annuì in silenzio, incapace di fare una stupida battuta ironica per alleggerire la tensione.
    La mano di Giles non la lasciava.



    Percorsero il tragitto verso casa tra risa e schiamazzi.
    Buffy sembrava aver recuperato l’insensata voglia di divertirsi dell’adolescenza e gli stupidi incantesimi di Willow, creati apposta per infastidirla, non facevano altro che farla ridere di più.
    L’ascensore era rotto e l’appartamento, acquistato dalla strega in vista del ritorno delle amiche, si trovava al quinto piano di un palazzo elegante, appena restaurato. Sulle scale venne fomentata una specie di gara che vide Xander e Buffy arrivare per ultimi.
    Il vicinato sembrò non gradire il baccano: ottimo inizio per le cacciatrici.
    Una volta dentro, Buffy si lasciò andare a nuove dimostrazioni di affetto che provarono quanto duramente avesse patito la lontananza dalla famiglia d’elezione.
    Faith la fissava, beandosi del rossore luminoso sul suo volto.
    Tutto in lei sembrava risplendere.
    La gioia, il suo amore per gli amici, provocavano in Faith un senso profondo di condivisione e gratitudine che, credeva, non avrebbe mai sperimentato. La contentezza della compagna diveniva, per miracolo, la sua stessa contentezza.
    Dopo il brindisi festoso nella nuova cucina, la cacciatrice raggiunse la camera la letto che avrebbe dovuto dividere con Buffy e si sedette sul materasso, silenziosa.
    Le pareti erano ancora spoglie, gli armadi erano vuoti.
    Non si sentiva alcun profumo nell’aria, né il brusio incomprensibile della folla, né lo sfrigolio del riso sulle piastre roventi.
    Faith chinò il capo.
    Carezzò le lenzuola bianche, di cotone, che arredavano il letto intonso. Le scrutò a lungo, stringendo il tessuto morbido tra le dita, stropicciandolo per testarne la consistenza.
    Le lenzuola erano candide e pulite.
    Così candide, talmente pulite
    Sola, Faith pianse.






    5 .






    Faith riaprì gli occhi tra le lenzuola fresche che profumavano di albicocca. Strinse tra le dita il cuscino e prese un respiro.
    Buffy era uscita, lo sapeva, non sentiva la sua presenza accanto.
    Voltandosi assonnata, sbirciò l’ora nella sveglia: le cinque del pomeriggio, era ancora molto presto e si sarebbe annoiata di sicuro senza uccidere niente.
    Alzandosi, diede un ultimo sguardo alla camera da letto, essenziale e luminosa come aveva desiderato la compagna. Rammentò un vecchio sogno da coma e rabbrividì, rimproverandosi mentalmente per la stupidità nel ripescare vecchie memorie inconsce.
    Carezzò le lenzuola, stirandole perché fossero in ordine.



    Il nuovo appartamento era spazioso, freddo per certi versi. Silenzioso.
    Buffy l’aveva arredato secondo il suo gusto e Faith era stata più che contenta di lasciarle carta bianca. Non capiva molto di tendaggi e tessuti e si fidava della compagna, puntigliosa ed elegante nelle questioni di stile.
    Pensierosa, la cacciatrice percorse il corridoio e si diresse in cucina.
    Sola, si sedette accanto al piano cottura. Si servì del succo di d’arancia e giocherellò col margine liscio di una sedia.
    Buffy aveva abbellito le pareti con gli scatti prediletti.
    Dappertutto si scorgevano i volti sorridenti di Willow, Dawn, Xander e Giles, la famiglia d’elezione amata e protetta sopra ogni cosa. Più raramente, anche i ritratti di coppia delle cacciatrici.
    Esitante, Faith si avvicinò ad un paio di foto.
    Ricordava l’occasione in cui erano state scattate.
    Appena arrivate in Vietnam, lei e Buffy si erano perse. Nel domandare informazioni, avevano involontariamente fomentato una rissa – Faith aveva fomentato una rissa, come sempre – e si erano ritrovate a correre per una stradina di campagna non ancora asfaltata. Piene di fango dalla testa ai piedi, avevano raggiunto l’ingresso di un villaggio e si erano accorte di sostare dinnanzi alla sede di uno studio fotografico.
    In preda ad un moto di stupido divertimento, Faith aveva proposto a Buffy di immortalare il glorioso momento sporco e appiccicoso. L’amante aveva cercato di rifiutare.
    Non stava bene nei primi mesi d’inizio della loro relazione, fuggiva continuamente. Ogni occasione leggera, rilassata diventava quasi un pretesto per alimentare il distacco che Faith percepiva con pazienza e timore.
    Persuasa dall’agitazione infantile della compagna, Buffy si era infine convinta ad entrare nello studio, a chiedere un tris di ritratti per due.
    Seduta sulle ginocchia di Faith, così come aveva chiesto il fotografo che la reputava troppo esile e piccola, era scoppiata a ridere di colpo. Si era chinata per un bacio e, senza fiato, aveva stretto l’amante in un abbraccio affettuoso, allegro.
    Anche Faith aveva riso.
    “Il primo ricordo felice.” mormorò la cacciatrice, carezzando la cornice di vetro che proteggeva il sorriso di Buffy.
    Riusciva quasi a sentire il calore delle sue braccia, il sentore salino delle labbra, il fango tra i capelli.



    “Sono tornata!”
    Sospirando di stanchezza, Buffy chiuse la porta di casa e tolse cappotto e sciarpa, poggiandoli sul mobile d’ingresso.
    Si sentiva davvero esausta. L’addestramento con le ragazze l’aveva provata più del solito, sia a livello fisico che emotivo. Desiderava solo riposare e fare un bagno caldo in tutta tranquillità. Non se ne parlava, quella sera, di uscire di ronda.
    “Faith!” chiamò a gran voce.
    La compagna doveva essere in casa. Non rispondeva, però.
    “Faith!” ripeté, agitata.
    Uno strano odore di bruciato catturò la sua attenzione.
    Buffy si diresse in cucina e diede uno sguardo ai fornelli spenti. Velocemente, uscì in terrazza.
    “Sei qui!” affermò, sorpresa.
    Faith era seduta per terra, suoi mattoni candidi del pavimento esterno. Silenziosa, osservava la colonna di fumo che si sollevava lenta per disperdersi nell’aria.
    “Mi hai fatta preoccupare, non rispondevi!” continuò Buffy. “Cosa … cosa stai facendo?”
    “Non volevo spaventarti.” mormorò Faith, voltandosi.
    Dietro di lei, una piccola catasta di formine scure, un modesto braciere per gli incantesimi di fuoco e una bottiglia di liquore trasparente.
    “È magia?” domandò Buffy. “Ti ha chiamata Willow?”
    La compagna sorrise e mostrò un piccolo ometto di legno, un giocattolino per bambini.
    “È una magia senza magia, una cosa inventata da me.”
    “In che senso? Cosa sono quelli?”
    “Simboli.” affermò Faith, scrutandone uno. “Avrei voluto … sai, mi annoiavo e mi sei venuta in mente tu, come sempre. Ho pensato a quanto sarebbe stato bello renderti felice e cancellare tutto quello che ti fa soffrire.”
    “Come?”
    “Questo signore qui, col muso d’acero, è il dolore di Buffy.” spiegò Faith, pensierosa. “Io posso bruciarlo?” chiese a se stessa, gettando il giocattolo nel fuoco.
    La fiamma si ravvivò per un secondo, ritornando ad oscillare al vento.
    “E tutte le responsabilità che non riveli, tutte le cicatrici e le lacrime … posso bruciare anche quelle? Vorrei veder ardere persino Angel e Spike e quelli che ami! Vorrei essere io il tuo fuoco.”
    “Faith, basta!”
    La cacciatrice serrò le labbra, amareggiata.
    “Perché io ti amo così fottutamente tanto, B. Così tanto. Tu sei la cosa più …”
    “Basta.” ripeté Buffy, serrando i pugni.
    Le mancava quasi il respiro e deglutiva, combattendo le lacrime.
    “Sei la donna più bella che io abbia mai conosciuto.” dichiarò Faith, dolcemente. “Sei luminosa, splendente come il sole e mi fai un effetto che ti so dire. Sei la luce dei miei occhi. Accettami, ti prego.”
    Buffy scosse il capo, tremante.
    Si portò una mano al cuore e pianse.
    Faith si fece avanti, senza alzarsi dal pavimento che le anneriva le ginocchia. Sollevò lo sguardo e sfiorò i fianchi dell’amante, le gambe coperte dal lungo vestito nero.
    “Vorrei che tu provassi quello che –“
    “Finiscila!”
    interruppe Buffy, lasciandosi carezzare, piangendo in silenzio. “Come fai a non capire? Io sto bene finalmente! Sto bene, con te.”
    La compagna esitò, stupita.
    “Ti aspettavi che avrei detto il contrario?”
    “Io …”
    “Devi smetterla di mettermi alla prova! Non sono uno stupido test. Io sento quello che tu senti. Lo faccio. Ed è questo che mi toglie le energie per combatterti. Se mai dovessi diventare un mostro …”
    “Buffy –“
    “Se mio destino fosse quello di combatterti ancora … Ho consumato il mio cuore così tanto, Faith. Così tanto. Non c’è parte di me che non abbia amato e continuo a raccoglierne i cocci.”
    “Buffy, mi dispiace ... Mi dispiace.” Ripeté Faith. In lacrime, finalmente consapevole.
    “Non posso essere interamente tua,” dichiarò Buffy, onesta. “Non posso soddisfare il tuo bisogno di possesso. Non potrò mai. Ma ho scelto di vivere con te, capisci? L’ho scelto e lo sto ancora scegliendo,” confessò a mezza voce. “Quindi, ti prego, smetti di bruciare i pezzi del mio cuore. In troppi l’hanno già fatto e quel che rimane a sanguinare sono io.” Terminò cadendo in ginocchio, inerme.
    Avvicinò il volto umido a quello di Faith e pianse sulle sue labbra.
    “Buffy, Buffy … va tutto bene. Adesso ho capito. Va bene così. È perfetto così.
    “Faith …” ripeté, stringendola forte da far male. Forte come una cacciatrice.
    L’amante ricambiò l’abbraccio e immerse il volto nei capelli biondi, morbidi, nell’incavo del collo profumato e tenero.
    Baciò le guance di Buffy, la bocca umida e calda.
    Sciolse il vestito nero, il reggiseno scuro, carezzando la schiena nuda che fremeva al tocco delle sue dita. Cinse il corpo dell’amata e sentì la sua stretta di rimando.
    Salda, energica.
    Forte come una cacciatrice.







    6 .





    La voce di Buffy era ridotta ad un sussurro. Un sospiro tremante, sfibrato dagli ansiti.
    Faith la guardava, oltre il mare dei ricci neri che le oscuravano il volto. La carezzava, dolcemente, scompigliando i capelli sudati e sfiorando la fronte umida, segnata dai baci. Stretta a Buffy in un abbraccio senza fine, ascoltava il respiro dell’amante esausta, il battito del suo cuore.
    La compagna sembrava poco propensa a lasciarla andare. Con le gambe intrecciate attorno alla sua vita, la spingeva inesorabilmente ad un’unione completa, indissolubile.
    La cacciatrice coraggiosa e forte, la leader determinata lasciava spazio alla donna insicura e fragile, bisognosa di conferme.
    Faith lo sentiva.
    Buffy si concedeva a lei, storica rivale e nemica acerrima, in modo totale, senza risparmio.
    In un bacio, risvegliava l’istinto di protezione e l’amore indimenticato per la ragazzina sola nella notte che era stata. In un bacio, la passione dolorosa, rabbiosa dei giorni bui in prigione e del coma spaventoso. In un bacio, l’intimità con la sorella cacciatrice, la compagna, amica, eros incarnato.
    Faith sentiva, in ogni fremito che tendeva il corpo di Buffy.
    Sentiva, china a baciare le labbra gonfie e arrossate.
    “Amore …” mormorò pianissimo, tendendosi sulle braccia per rivelare il corpo nudo steso sotto il suo. “Sei bellissima.”
    Buffy sorrise, sfiorandole il naso.
    “Anche tu lo sei.”
    “Tu di più.” sussurrò Faith, concedendosi del sentimentalismo.
    La compagna rise, attirandola in una presa voluttuosa, immergendo il capo nell’incavo del suo collo.
    “Faith, ti manca?”
    “Cosa?”
    “Il fiume, il caldo …” spiegò Buffy, tra i suoi capelli. “Abitare in un luogo remoto e diverso dall’America.”
    “Uhm …”
    “Non mentirmi.”
    “Sì.” disse la cacciatrice, addolcendo lo sguardo. “Mi manca, ma adesso non importa più.”
    “Perché?”
    Faith non rispose, limitandosi a carezzare le labbra imbronciate dell’amante.
    “A te, invece?”
    “Mi mancano le ragazze.” ammise Buffy, intristita. “Mi ero affezionata a quelle piccole combinaguai.”
    “Le puoi rivedere quando desideri.”
    “Non è la stessa cosa e poi … potrebbero non esserci più.”
    “B …”
    “Potrebbero morire, lo sai meglio di me.”
    Faith sospirò e si spinse contro i cuscini, avvinghiando a sé il corpo ossuto e forte di Buffy.
    “Sono meno fragili e sprovvedute di quanto immagini.” osservò, immergendo una mano nella chioma bionda dell’amante.
    “Lo dice la donna che le ha mandate all’inseguimento di un demone maestro senza dir loro nulla!”
    “Dovevano imparare, B! Non è che noi fossimo tanto più informate …”
    “C’era Giles. E Willow! E noi eravamo più preparate –“
    “ … a farci prendere a calci nel sedere.” terminò Faith.
    Buffy ridacchiò e la baciò sul mento.
    “Sembriamo due madri che discutono dell’educazione dei figli.”
    “Un po’ lo siamo, no?”
    “Non lo so. Certe volte mi sembra di aver fatto una gran cosa. Ho dato il potere a queste ragazze e loro sono come … fiorite, mi verrebbe da dire. Alcune sono diventate più forti, migliori. Altre volte, mi sembra tutta una pazzia. Mi chiedo se era davvero necessario immischiarle in una lotta continua per la sopravvivenza dell’umanità. Sai? Ho capito una cosa riguardo al problema di cambiare o meno il mondo: una volta che lo fai, il mondo è veramente diverso.”
    “Ma non è sempre un male. Pensaci B, abbiamo raggiunto risultati eccezionali.”
    La cacciatrice sospirò sonoramente, chiudendo gli occhi.
    Faith la strinse.
    “Quello che tu hai fatto … whoa! È tipo una rivoluzione epica. Il più grande salto lesbico-femminista di tutti i tempi! Dovresti esserne orgogliosa.”
    Buffy scoppiò a ridere immediatamente.
    “L’intenzione era un po’ più nobile, o no?”
    “Lo so. Baciami, ragazza.”
    La cacciatrice si protese e catturò le labbra della compagna in un morbido bacio.
    Scrutò nel fondo degli occhi scuri che la fissavano intensamente.
    “Sai,” cominciò Faith, riflessiva. “Non che io sia stata la più grande cacciatrice della storia, anzi! Ho fatto del gran casino ed ho pure aiutato i cattivi.”
    “Stai parlando di una vita fa …”
    “Il punto è: che fine avrei fatto? Sarebbe stato meglio o peggio senza il potere? Non lo posso sapere, è chiaro. Magari avrei incontrato un cretino qualunque e sarei diventata madre, moglie e tutte quelle cose lì … certe volte, però, penso con assoluta certezza che essere una cacciatrice mi abbia in qualche modo salvata, resa speciale. Per dire, ho conosciuto Angel - e lui era davvero messo male con la storia dell’anima e del senso di colpa! - ma ho capito, grazie al suo esempio, che una vita migliore era davvero possibile. Ho aiutato a salvare il mondo. Ho conosciuto te.”
    Buffy sentì le braccia di Faith che la stendevano tra i cuscini, con cura.
    Prese un respiro e tornò a guardare il viso ombroso della compagna.
    “Ho conosciuto te.” riprese lei, roca. “Senza menzionare i risvolti sexy e quanto io ami quel tuo sedere ben allenato …”
    “Faith!”
    “Che c’è? Come se fossi un’estranea!” ghignò Faith, divertita.
    L’amante rise, pizzicandole i fianchi.
    “Dicevo, senza menzionare il sesso, lavorare con te mi fa sentire davvero utile. Aiutare queste quindicenni incasinate che una mattina si svegliano e sono capaci di prendere a pugni i muri … insomma, forse è veramente questo il mio destino.”
    Buffy sorrise ancora.
    “Vieni qui.” mormorò, gentile.
    Prese il volto dell’amante e lo riempì di baci. Si strinse a lei, allacciando i corpi in abbraccio appassionato.
    Faith era calda, sapeva di rose e spezie proibite.













    * Il dialogo è coerente con lo sviluppo dei personaggi nell'Ottava stagione di BTVS.
    In particolare, la frase che pronuncia Buffy circa il cambiamento del mondo è realmente pronunciata dalla Chosen One a fumetti.










    ~ Epilogo .





    “Dunque avete deciso di rimanere.”
    Buffy si voltò e sorrise al signor Giles, prendendogli una mano.
    “Sì. Sentiamo molto la mancanza delle ragazze e, in tutta sincerità, vorremmo poter prendere un aereo ogni sera per raggiungerle e salutarle di persona. Però … questa è casa nostra, e ci attende un’altra missione impegnativa. Rimarremo. E poi, qui abbiamo voi.”
    L’osservatore annuì.
    Carezzò la cacciatrice e si servì dell’altro tè, rimanendo comodamente seduto sul divano.
    I ragazzi erano usciti a comprare le provviste e l’albero di Natale. Presto, il quieto soggiorno della sua dimora sarebbe diventato teatro di scontri e chiasso inenarrabile. Meglio godere a fondo della pace concessa e della presenza di Buffy.
    “Sarò sincero anche io,” dichiarò, composto come solo un inglese. “Sono felice che abbiate scelto così.”
    Buffy sorrise ancora e Giles si sentì colmare di gioia.
    Qualcosa, nella ragazza che tanto amava, risplendeva di luce nuova.
    Di vita, d’amore.
    “Ho anche notato una cosa,” riprese lui, attento. “Parli al plurale, Buffy.”
    La cacciatrice arrossì e scosse il capo.
    “Beh …”
    “È una buona cosa, non trovi?”
    “Sì, è davvero buona.” mormorò, infine.
    “Vi faccio i miei auguri.”
    “Grazie, Giles.”
    Buffy si riscosse e si alzò, risoluta.
    “Vado a vedere che combina la mia dolce metà ... Wow. È davvero strano dirlo: dolce metà! Però è strano bello e non strano forte come … giovani soldati che combattono in un’organizzazione militare segreta o il preside Snyder!”
    Giles rise.
    La sua ragazza era decisamente tornata.



    Faith era in cucina.
    Coperta dal maglione nero che quasi si confondeva coi capelli scuri, si stava occupando della pelatura delle patate per l’insalata e l’arrosto.
    Buffy ridacchiò, osservandola con circospezione.
    “Non fare quella faccia, B.” intimò la compagna, senza alzare lo sguardo.
    La cacciatrice sorrise, poggiandosi allo stupite della porta.
    “Che faccia sto facendo?”
    “Non ti vedo, ma ti conosco.” replicò Faith, concentrata nel suo compito.
    Buffy si avvicinò lentamente e la fece voltare.
    “Guardami, allora.”
    Faith trattenne un sospiro che mutò in ghigno.
    Negli occhi di Buffy intravedeva il bagliore oscuro e profondo del potere, riscaldato da una sfumatura inedita, umana, che apparteneva solo a lei. La pelle morbida, avvolta nel tepore dorato e bianco della lana, sapeva di albicocca, di un sentore inebriante e tenero, femminile.
    “Sei occupatissima!”
    “Dawn mi ha chiesto di dare una mano.” mugugnò la cacciatrice. “Lei sta andando a prendere del pane e altre cose. Non ne usciremo vivi da questo pranzo.”
    Buffy rise, cingendole la vita.
    “Immagino che, al suo ritorno, assegnerà anche a me qualcosa da fare!”
    “Immagini bene.”
    Pigra, Buffy si fece di lato, premendosi contro la schiena di Faith.
    “Guarda come sei disordinata ...” mormorò, sfiorando i ricci mossi, ribelli, che volavano in ogni direzione. “Lascia che ti aiuti a sistemarli.”
    Come una bambola, la cacciatrice più giovane rimase ferma, godendo dei brevi massaggi della compagna che la pettinava e le acconciava i capelli.
    “Ecco fatto!” mormorò l’improvvisata parrucchiera, perfezionando una comoda coda bassa.
    Faith la ringraziò con un bacetto e tornò a pelare le patate.
    Buffy ridacchiò e immerse il volto nel suo maglione.
    “Cosa ridi adesso?”
    “Niente.”
    “Cosa!”
    “Mi sembri una moglie affaccendata.”
    “Attenta a come parli, dolcezza. Sono capace di prenderti a calci nel sedere anche in questa circostanza.”
    “Come sei cattiva!” esclamò Buffy, poggiando un piccolo cofanetto scuro sul piano cottura.
    Faith lo scrutò, incuriosita.
    “Cosa –“
    “Sono per te.”
    La cacciatrice prese l’astuccio e lo aprì, rivelando un paio di orecchini di smeraldo, minuscoli e preziosi.
    “È il mio regalo?” chiese d’impulso, osservando i gioielli.
    “No, il tuo regalo andrà sotto l’albero come tutti gli altri.” replicò Buffy, rigorosa. “Questi li ho visti dopo averlo acquistato. Ero indecisa se prenderli coi rubini, credo che il rosso ti doni più del verde, però … potrò prenderli coi rubini in un’altra occasione. San Valentino, magari. Il tuo compleanno, anche.”
    Faith si voltò, senza parole per lo stupore.
    “Quindi … non sono il mio regalo di Natale?”
    “No! Ma puoi pensarlo, se ti fa stare meglio!”
    “B, quando sfotti sei –“
    “Credo di non aver bisogno di ragioni particolari per comprare qualcosa di carino alla mia fidanzata.” disse Buffy, lentamente.
    Faith si ritrovò ad arrossire.
    Chinò il capo, nascondendosi imbarazzata. Non era abituata a mostrare tanto apertamente un sentimento come la vergogna o la commozione.
    Buffy chiuse gli occhi, abbracciandola con trasporto.
    “Sei stupida, amore mio.” dichiarò, sentimentale a suo modo.
    Faith piegò la bocca in una smorfia.
    “Sai,” cominciò, possibilista. “Visto che mi ami così tanto, potresti darmi una mano con queste patate …”
    “Non sfidare la sorte, Lehane.”







    Dolceamara Invincibile Creatura



    Edited by Kiki May - 14/5/2014, 14:44
     
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