Ghosts Appear and Fade Away by HollyDB

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    Mrs Boreanaz

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    beh questa ficlet mi è stata passata da kate (quindi è colpa sua se l'ho tradotta :P ) e quindi mi pare giusto dedicargliela!

    ed è pure molto bella, spero di averla tradotta bene!

    Quindi grazie a Kate
    All autrice che ha dato il permesso
    e a chi commenterà -_-

    buona lettura!!

    Ghosts Appear and Fade Away

    by HollyDB

    Tradotta: Tania (strawberry85)
    Subject: Buffyverse
    Pairing: Spike/Buffy
    Warning for: No
    Raiting: PG-13 (per alcune parole e suggerimenti di contento per adulti)
    Genere: Romance; Angst.
    Storyline: Immediatamente dopo 7X22 Chosen (La Prescelta)
    Lunghezza: Ficlet
    Summary: Una profezia. Una scelta. Un vampiro martire, e la cacciatrice che lo ama.
    Disclaimer: Appartiene tutto a Joss Whedon & Co.
    Link dove trovare la ff originale: http://spikeluver.com/SpuffyRealm/viewstory.php?sid=27736

    Traduco con il permesso dell'autrice.

    SPOILER (click to view)
    PERMESSO AUTRICE: Sure! Go ahead. And thanks for asking.


    *~ * ~ *


    Non si era mai sentito un eroe. Non la notte che avevano combattuto contro la dea dell’inferno. Non la notte che lei era scesa dalle scale. Non la notte che un demone gli aveva toccato il torace, riempiendolo con un’anima. Non la notte che si era appoggiato su una croce. Stava ripensando a delle cose che potevano sembrare eroiche, ma non si era mai sentito come un eroe. Mai sentito come un campione. E oggi non era un’eccezione.

    Intellettualmente, Spike sapeva che lei avrebbe obiettato, ma scommetteva che avrebbe concordato su alcune cose. Non importava il ciondolo luccicante sul torace o le parole con le quali lei glielo aveva dato. Non importava che lei gli aveva dato la vagina e era ritornata a casa da lui. L'immagine delle loro bocche fuse insieme lo avrebbe seguito, indubbiamente, dovunque per l’inferno maledetto stava andando. Era giusto. Faceva un male cane, ma era giusto. L'aveva sempre saputo che non lo sarebbe mai stato. Non importava quello che faceva, quello che sacrificava, non lo sarebbe mai stato.

    Aveva provocato troppi danni. Le aveva fatto troppo male. Un'anima non poteva rincollare le cose insieme, e neppur nessun desiderio poteva farlo.

    Ma almeno sarebbe morto come un campione, anche se non si sentiva neppure lontanamente così. Buffy l'aveva scelto e lui era il suo. Il suo campione. Il campione della cacciatrice. Lui aveva fatto la sua scelta, e con questa la pace venne. Pace, dolore, e altre cose nel mezzo.

    Faceva male sapere che questa sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto il suo viso. Ma la vita apparteneva a lei — come era sempre stato. Lei lo aveva. Lo possedeva. Era il suo da amore, odiare, o scopare. I loro destini erano intrecciati e lui supponeva che sarebbe stato così per sempre.

    “Vai.”

    “No,” protestò lei. “No, hai fatto abbastanza. Puoi ancora—”

    Si, pensava di poter ancora. Poteva andare via. Fermarlo. E forse i cattivi avrebbe smesso di arrivare. Forse, ma quello non sembrava probabile. Questa era l’unica cosa buona che poteva fare per lei. Oltre trovare un'anima, prima di sanguinare la sua penitenza attraverso le sue lacrime— questa era l’unica cosa che poteva fare. Solo lui poteva occuparsene.

    Là fuori c’era una vita che l’aspettava per essere vissuta. E anche se era senza lui, era ciò che le avrebbe dato.

    “No, li hai respinti,” le rispose lui. ”Adesso tocca a me fare pulizia.”

    I muri si stavano sbriciolando. Non ci sarebbe stato più niente da lasciare tra pochi minuti. Tutti lo sapevano— la bocca dell’inferno era andata. Finita. Il sole splendeva e il primo era stato colpito sul sedere. Sunnydale era ufficialmente chiuso per gli affari.

    E lui sarebbe rimasto.

    “Buffy, vieni!” Gridò Faith.

    “Vai,” Disse Spike. “Penso che la scuola sia sospesa per questa maledetta estate..”

    La paura nei suoi occhi lo sciolse. “Spike!”

    “Dico sul serio! Devo farlo io.” Alzò la mano per impedirle di strattonarlo verso la libertà, ma lei non gli diede uno strattone. Invece, i suoi occhi si riempirono di lacrime mentre allacciò le dita alle sue. Lui sentì il suo palmo contro il suo. E con un finale botto, esplosero insieme in una fiamma.

    Lei stava piangendo. Lei stava piangendo per lui.

    “Ti amo.”

    Il calore lo spezzò a metà. Il suo stomaco si contorse. Sbatte gli occhi pieni di lacrime. E in quel momento, per la prima volta nella loro lunga relazione si erano veramente compresi l’un l’altra.

    Se lui glielo avesse chiesto, lei sarebbe rimasta. Ma non lo avrebbe mai fatto. Non se c'era una vita da essere vissuta.

    Non c’era nessun modo migliore di morire. Il fuoco di Buffy che scorreva attraverso lui, i suo occhi che splendevano, l’amore sulle sue labbra.

    Amore per lui.

    Ma non poteva averlo. Non adesso.

    “No, non è vero,” rispose, distaccato, non sentendo le sue parole ma intendendole lo stesso. “Ma grazie per averlo detto.”

    Ci fu un'altra scossa.

    Poi lei se ne era andata.

    *~ * ~ *

    “Sostienigli la testa!”

    “E’ un uomo completamente adulto, Xander non un neonato.”

    “Bene… si stava inclinando.” Una pausa impacciata. “Voglio dire, andiamo. Non deve essere comodo.”

    C’era della morbidezza. Poi freddo. Qualcuno gli aveva messo sul sopracciglio della stoffa bagnata. Il pavimento sotto il suo corpo era grezzo e si muoveva, dandogli una scossa ogni pochi secondi con la forza di una svolta improvvisa. L'odore di gomma e sporcizia riempiva l'aria. C’era un leggero senso di familiarità, anche se non aveva nessuna base per paragonarlo.

    “Ho preso la sua testa,” lei disse agli altri, anche se per come era gentile la sua voce, lui sapeva che non stava veramente parlando con loro. Poi fu alzato contro un caldo grembo. Mani dolci gli presero il viso ferito. “Io c’è l'ho.” Un dito si muoveva leggermente e tracciò un taglio sul suo viso. Pungeva ma lui non fremette.

    Lui non fece niente.

    Lui non poteva.

    Lui era morto.

    * ~ * ~ *

    Era in una caverna. Conosceva quella caverna. I muri erano dipinti e l'aria era soffocante; c'era un vampiro in terra. Un vampiro con due occhi neri e un torace cicatrizzato. Il vampiro tossì e lottò per l’aria, soffocando mentre cercava di far funzionare i suoi polmoni morti. Apparentemente, l’anima faceva diventare stupido anche il demone più stagionato quando arrivava la consapevolezza. Aveva già capito. È probabile che lui avesse una coscienza fresca, ma era ancora una creatura della notte. Era ancora morto.

    Lui stava singhiozzando.

    Spike guardò se stesso, mondi separati. Uno spiegamento cinematografico di fronte ai suoi occhi, da districare per rivelare cosa c’era al centro. Questo momento. Era tornato a questo momento per una ragione. Si guardava piangere. Guardava le lacrime bollenti che scendevano per il suo viso mentre i singhiozzi gli facevano tremare il torace. Lo sentiva dimenarsi dentro lui— Dio, come lo ricordava bene. Sentendo ogni pollice del suo prima corpo freddo, adesso esplodere per il calore. Calore completamente diverso dal tocco di un amante — calore che era lontano da alcuna sensazione che poteva essere scambiata per tenerezza. Non c’era niente di piacevole. Metti la scintilla dentro e tutto quello che sentirai sarà dolore.

    “Non buono,” il vampiro si lamentò. “Del tutto cattivo. Del tutto sporco.”

    Spike inalò, tremando. Lui era qui per una ragione. Oltre per guardare il guscio che era stato solo pochi mesi prima che piangeva sul pavimento come un bambino che cerca sua madre, oltre qualcosa che un uomo sano poteva comprendere. Lui era qui. Lui era in piedi. Lui era in una caverna.

    Perché era in una caverna? Doveva essere morto.

    La bocca dell’inferno era andata. Se lo ricordava. Ricordava che stava tenendo la mano di
    Buffy mentre il mondo precipitava intorno a loro. Solo che Buffy non era lì — non era mai stata lì.

    Fece una pausa, aggrottando le sopraciglia. No, non era la realtà.

    Spike fissò la pietosa creatura sul pavimento. Il problema non era che Buffy non era mai stata lì, piuttosto l'opposto. Lei era sempre lì— lei era sempre dovunque lui era. Era la sua benedizione. La sua maledizione. Non importava dove andava, quando lontano viaggiava, come velocemente correva, non poteva scappare da lei. E non avrebbe mai potuto. A quel punto, naturalmente, non voleva scappare. Dalla piccola svolta che aveva preso dal momento che aveva portato via Dru dalla magione alla loro rottura incasinata in Brasile. Si sentiva perso senza la cacciatrice, e ogni volta che era perso, ritornava sempre a casa.

    Casa per Spike era dovunque era Buffy.

    Lo era sempre stato.

    “Svegliati,” bisbigliò il fantasma. “Andiamo…alzati. Andiamo, Spike.”

    Spike si guardò alzarsi in piedi. Non sentì nessuna inclinazione ad aiutare. Non c'era un’ombra di aiuto. Non era qui per offrire una maledetta mano; era qui per qualcos’altro.

    “Esci. Devi uscire.”

    Per arrivare alla libertà ci avrebbe messo delle ore. C’erano 10 maledetti yards (9,14 metri) da lì all'ingresso, ma non poteva spostarsi. Non poteva respirare, così come muoversi era fuori questione. Ogni centimetro che faceva gli provocava un immenso dolore. La sentiva contorcesi dentro di se. Mangiandolo. Consumandolo. Il fuoco era così dannatamente feroce, che lo portava a pensare che sarebbe diventato polvere prima di poter assaggiare la libertà.

    Sapeva che appena fosse arrivato fuori, sarebbe andato tutto bene. Il bruciore si sarebbe affievolito. Poteva sentire le fiamme zigzagare tra i suoi nervi.

    Solo che Spike lo sapeva meglio. Si guardava strisciare, sentendosi inorridire sapendo quello che poi sarebbe successo.

    La schiacciante disperazione del fuori.

    L'anima non sarebbe rimasta nella caverna. No, l'anima era dentro lui. Si dimenava nel suo torace. Torturandolo, immagine dopo immagine, di mille cose terribili. L'anima non stava mai calma. L'anima gridava forte quanto poteva, come i suoi tentativi di affogarla tra le lacrime.

    Ma vampiri non potevano affogare. E le anime non dormono mai.

    Le anime non potevano neppure essere estratte dal torace con dei tagli.

    Spike lo sapeva.

    Il vampiro disteso a terra no.

    Ma non c’era aiuto. Non c'era nessun modo per aiutarlo.

    Perché Spike non aveva mai avuto un aiuto. Era solo. In qualche modo, si era diretto a Sunnydale, perché Sunnydale era dove era lei. E dovunque era lei era doppiamente casa.

    Buffy era casa.

    * ~ * ~ *

    Qualcosa di leggero gli accarezzo la tempia. Delle dita erano trai i suoi capelli. Una voce solleticava il suo orecchio.

    “Per favore. Per favore, Spike. Per favore, svegliati.”

    Lui la sentì. La sentita veramente. Il mondo era informe. La terra non era più tremante e grezza; anzi, era circondato da qualcosa di così meraviglioso che lo riconobbe appena. C'era qualcosa sotto la sua testa. Non era il suo grembo, comunque. Non erano dove erano stati.

    Loro erano in qualche altro posto adesso.

    “Mi dispiace così tanto,” bisbigliò lei, appoggiando il sopracciglio contro il suo. “Per… per la notte scorsa.”

    Le parole avevano tanto il senso di un politico che si confessava, ma il cuore cantava, tuttavia. Lei era così dolce. Così reale. Se lui avesse potuto muovere la mano, l’avrebbe toccata. La sua pelle sarebbe stata sotto la sua. Se avesse potuto aprire gli occhi, avrebbe visto il suo volto. Avrebbe potuto vedere dentro lei. Guardarla. Sorriderle. Bisbigliarle che tutto andava bene. Per qualunque fosse il motivo per cui si dispiaceva non importava; lei era qui, lui era qui. Non c'era nient’altro oltre questo.

    Ma lui non poteva muoversi.

    Il mondo era informe.

    * ~ * ~ *

    Adesso c'erano dei tagli sul suo torace. Tagli lontano dal guarire, ma avevano smesso di sanguinare.

    “E’ questo quello che volevi, giusto?”

    Buffy lo guardò, i suoi occhi pieni con orrore e lacrime. Con realizzazione. Comprendendo oltre tutto. Forse adesso. Forse adesso lei aveva capito.

    Spike non se ne era accorto quella sera, non aveva visto, Non il suo viso. Non i suoi occhi. Aveva potuto guardarla appena. Tutto quello che aveva visto era la croce, e la croce significava sempre il perdono. Sempre. Era quello che loro dicevano, vero? Gesù lo amava, lo sapeva. La Bibbia diceva così.

    “Era quello che tu volevi, giusto?”

    Questa domanda era rivolta alle stelle. Al soffitto. Al cielo. A chiunque lo poteva sentire.

    “E adesso sono tutti qui. Parlano. Tutto quello che ho fatto. Tutto…” Lui sentì la sua voce ma non guardò il fantasma. Non poteva; no, come sempre, Spike stava fissando Buffy. Le lacrime che scendevano giù per le sue guance perfette. L'orrore sul suo volto. Non per quello che pensava di aver fatto — no, adesso lo capiva.

    Orrore per quello che lei l'aveva spinto a fare.

    “E lui. E esso. L'altro, la cosa sotto — la cosa sotto di te. È anche qui. Tutti. Tutti loro mi dicono di andare… andare…” Il fantasma incontrò gli occhi di lei, non capendo lo sguardo che ci trovò. Non comprendendo. Non come faceva Spike. “All’ inferno.”

    “Perché?” Chiese Buffy, le lacrime che scorrevano veloci per le guance. “Perché hai voluto farlo—”

    “Buffy, vergognati. Perché un uomo fa quello che non dovrebbe? Per lei. Per essere suo. Per essere quel genere di uomo che non potreb—” Il fantasma distolse lo sguardo. Anche Spike distolse lo sguardo. “Per essere un qualche tipo di uomo.”

    Spike non si guardò avvicinarsi alla croce. Non c’è ne era bisogno - sapeva bene quello che era successo. C'erano ancora dei momenti dove sentiva la scottatura del marchio santo contro la pelle, un silenzioso ma persistente promemoria alla promessa che si era fatto. No, non poteva guardarlo succedere. Pensare a quella notte da solo era troppo maledettamente doloroso per le parole. Il consumo del dolore, il riconoscimento, la devastante conoscenza dei suoi crimini.

    Nessuno gli aveva detto che sarebbe stato così. La sua ignoranza e la sua disperazione per dimostrare di essere giusto a Buffy l'avevano condotto attraverso il mondo. Voleva essere degno di lei.

    Anche se questo significava sentire il peso del peccato più profondamente di quello che lui già faceva.

    “Spike,” mormorò Buffy, tirando su con il naso mentre i suoi piedi la facevano muovere in avanti. “Spike, scendi.”

    “No,” rispose lui insolente, abbracciando la croce. “Ho bisogno di sentirlo, Buffy. Ho bisogno di sentire la scottatura.”

    “Ti stai facendo male da solo.”

    Non ci fu nessuna replica. Lui era calmo, deciso nella punizione. Finché Buffy lo toccò — la sua mano passò leggera sulle sue spalle — in quel momento lui tentò di muoversi. La sensazione della sua pelle contro la sua era così stridente, si mosse con un guaito e precipitò goffamente sul pavimento. I suoi occhi si spalancarono, pieni di senso di colpa e di lacrime quando comprese che lei non era lì.

    Poi cominciò a piangere a dirotto. Forte, il suo corpo tremava, i singhiozzi echeggiavano tra i muri della chiesa vuota, facendo tremare la terra come se lo stesso Dio stesse condividendo il suo dolore.

    “Mi dispiace così tanto,” piangeva il fantasma. “Buffy…oh Buffy… mi dispiace così tanto.”

    Buffy non disse niente. Le sue labbra era strette e il suo corpo tremava, ma lei non disse niente. E guardandola, Spike era contento. Non poteva immaginare cosa lei gli avrebbe potuto dire. Nessun ‘andrà tutto bene’ avrebbe fatto sparire il dolore. Perché non andava tutto bene e entrambi lo sapevano. Anche se lui aveva bisogno di lei, esserle vicino era quasi, maledettamente, insopportabile. Specialmente quando lo guardava nel modo in cui lo stava guardando in quel momento.

    “Vieni,” lei disse mentre lo aiutava a mettersi in piedi. Il vampiro si ritirò ma non tentò di indietreggiare. Non poteva scappare da lei, non importava con quanta forza ci provasse. “Andiamo, Spike. Usciamo da qui.”

    Il fantasma mormorò qualcosa di incomprensibile. Poi il suo braccio si appoggiò sulla spalla di
    Buffy e le sue gambe si mossero con ogni passo che lei faceva. Il cammino fu doloroso e lento, e non fu detta nessuna parola.

    Questa cosa sorprendeva Spike. Una cosa che non si ricordava. La sua mente aveva un ricordo perfetto di Buffy che l'aiutava a tornare a scuola. Là, lei si era guardata intorno, aveva agito, e gli aveva fatto un letto con vecchie scatole di cartone. L’aveva guardata e aveva cominciato a parlare di nuovo, ma le parole erano così confuse che l’aveva spaventata e fatta fuggire. Lei era fuggita, e non era tornava per giorni.

    Era comprensibile. L’aveva ferita così tanto e così sarebbe scomparsa. Adesso sarebbe tornato e lei non sapeva come avrebbe reagito vedendolo o se avrebbe dovuto. Lei aveva paura.

    Per la prima volta in molti anni passati insieme, lei aveva davvero paura di lui.

    Spike si ricordava quella sera. La ricordava bene.

    Quello che lui non ricordava era la deviazione che avevano preso dalla chiesa verso la scuola.

    La deviazione era casa sua. Buffy si era fermata sul passo carraio e aveva pensato profondamente. E Spike sapeva senza bisogno di sapere a cosa stava pensando. Che cosa sorprendente e impossibile stava attraversando la testa di lei. Lei aveva deciso contro questo, naturalmente, ed era meglio così. Si conoscevano appena.

    Ma lei aveva ci pensato. Spike non lo sapeva. La sua mente aveva come bloccato quel ricordo.

    Lei aveva pensato di portarlo a casa dalla prima notte.

    E anche se i suoi angeli più saggi si erano mossi per proibirglielo, era il pensiero che contava.

    * ~ * ~ *

    La testa di lei era contro il suo torace, con il braccio lo stringeva protettiva. Come se la calma potesse produrre un mostro. Lui lo sapeva. Per lei, la calma stessa era il mostro. La sinistra stanza silenziosa dove pensare. Per vocalizzare ogni piccolo dubbio che il suo cervello troppo attivo aveva mai fatto. L'aveva fatta arrabbiare quando era caduta dal paradiso anche se la calma era qualcosa che desiderava. L'aveva fatta arrabbiare quando aveva dormito con lui. Questo la faceva arrabbiare ancora oggi.

    La sua camicia era bagnata. Lei stava piangendo.

    “Non lo intendevo, lo sai,” bisbigliò lei, lottando contro il silenzio. Baciandolo. “Era stupido. Era una tale cosa da Buffy stupida, stupida da fare.”

    Spike non disse niente. Non poteva. Non era veramente là.

    “Mi metto in gioco con qualcuno e questo se ne va. Le cose sono così. Mio papà. Angel. Riley. Hank, anche Giles mi ha lasciata.” Lei sospirò, tremando e si spostò. “Io arrivo al punto dove mi sento come se veramente… veramente ho bisogno di qualcuno, e loro mi lasciano. Certo, non avevo bisogno di Riley… e questo era il problema, vero? Non avevo affatto bisogno di lui. Ma Papà? Ogni ragazza ha bisogno del suo papà. E Angel… Dio, quando accadde, sì, io avevo bisogno di lui. E Giles… mi ha lasciato quando avevo veramente bisogno di lui. Mi ha lasciato quando stavo soffocando e… e io non potevo lasciare andare via anche te. Quindi ho pensato che se mi fossi ingannata, pensando di non aver bisogno di te, allora non saresti andato via. Io ero stupida. Ero così stupida, Spike. E ho rovinato la nostra ultima… ho rovinato quella notte a causa della… della mia stupidità.” Lei stava piangendo di nuovo, le lacrime che comandavano il corpo di una persona, piene di dolore. “Per favore, per favore, svegliati. Per favore. Farò in modo che ne valga la pena… lo renderò migliore, lo prometto. Smetterò di essere stupida, perché sono stata io a rovinare tutto. Lo faremo, vero? Ma io… io intendo quello che ho detto. Nella nota che ti ho lasciato. E la notte scorsa. E nella caverna. Lo intendevo, veramente lo facevo. Per favore svegliati.”

    Lui non sapeva come era possibile piangere essendo morto. Le sue braccia gli facevano male. Il suo corpo freddo si rifiutava di muoversi. La sentiva tremare, mentre singhiozzava, il peso della nota che crollava su lui. Voleva toccarla così disperatamente.

    Le parole gli morirono in gola, e tutto si affievolì.

    * ~ * ~ *

    Lui aveva detto a Buffy che la notte in cui l'aveva tenuta era stata la migliore notte della sua vita, e lo era stata.

    Quello che non le aveva detto era che l'anno con lei, questo anno meraviglioso dove la loro relazione aveva cominciato a saldarsi e guarire, dove il male dei mesi passati era finalmente scomparso, aveva dato luogo ad una serie di migliori notti. Tutte con lei protagonista. Tutte loro.

    Adesso lui aveva la seconda migliore notte della sua vita.

    La notte dove lei l’aveva guardato con occhi pieni d’amore.

    Naturalmente, Spike non sapeva di essere amato in quel momento. Era morto di fame e esausto, il suo corpo sfregava e si rompeva, e quando lei fu abbastanza vicina fu sicuro che non era nient’altro che un'altra finzione. Un'ombra. I trucchi del Primo giocavano ancora con il suo cervello già sodomizzato. Il suo stupore aveva sommerso completamente la possibilità di riconoscerla. E non aveva visto l’amore nei suoi occhi.

    Adesso lo vedeva.

    E lo colpì. Lo colpì, il colpo di un battito cardiaco improvviso, lo stupore della realizzazione, il senso di tutto e di nulla che viene contemporaneamente.

    Lei lo faceva. Cristo, lo faceva. Buffy lo amava.

    Buffy l'amava.

    Buffy l'amava, e lo faceva da molto tempo. Almeno da questo momento. Non era improvviso. Non era per la gratitudine. Era quello che lei aveva detto. Lei gli aveva preso la mano nella caverna e glielo aveva detto, perché sapeva che non ci sarebbe stata un'altra opportunità. Era la stessa cosa che lei aveva tentato di dirgli nella lettera. La stessa cosa che lei gli aveva quasi detto a bassa voce la notte prima della battaglia quando avevano fatto l’amore un'ultima volta. Buffy l'amava.

    Dio.

    “Lei ti sta aspettando, lo sai.”

    Spike sii irrigidì e si girò. Buffy era in piedi dietro a lui, solo che non poteva essere Buffy. Buffy era già qui — lei era un fantasma, ma era qui, e stava liberando il fantasma di se stesso dal muro. Buffy qui non poteva vederlo. Non poteva vedere l'uomo che non era un'ombra, perché lei era un'ombra.

    “Cosa è questo?” Chiese Spike. “Sei il Primo?”

    Lei alzò gli occhi. “No, sei un grande stupido. Il primo ha girato i suoi talloni ed è tornato nelle ombre a cui appartiene. Lo hai seppellito con la bocca dell’inferno. Tu l’hai fatto. Ci hai salvato tutti.” Un sorriso attraversò le sue labbra. “Sono così orgogliosa di te, Spike.”

    Abbassò le spalle come il calore lo scaldò da dentro, ma lui non rischiò di tradire un ghigno. Le credeva. Lei non era il Primo. Ma non poteva essere neppure Buffy. Era impossibile. “Sono morto,” disse.

    “Sì.”

    “Così come faccio ad essere qui?”

    Lei alzò le spalle. “Per lo stesso motivo per cui io sono qui, suppongo. Entrambi siamo morti due volte adesso. E’ così che il Primo ci ha usati, giusto? Eravamo morti, o lo eravamo stati, e perciò poteva prendere le nostre sembianze. Penso che adesso siamo qui perché le anime hanno un modo di lasciare un impronta. Sono morta, così una parte di me può essere qui. Lo stesso vale per te.”

    Okay. Forse lei era Buffy. Anche se ancora questo non aveva senso.

    “Così non sono veramente qui?”

    Un brevettato sguardo di andiamo-io-so-che-non-sei-così-stupido le attraversò il viso, e la familiarità di questo lo fece quasi ridere. “Non puoi essere dove sei già stato,” lei rispose enigmatica. “Non possiamo ritornare e cambiare le cose. Non importa quanto lo vogliamo. Si può solo andare avanti.”

    “E sei qui per dirmi cosa?”

    “Sono qui per dirti che hai una scelta.” Si prese il labbro inferiore tra i denti e avanzò. “Una scelta che io non ho mai avuto.”

    Il respiro gli si blocco in gola. “Buffy, amore…”

    “Lo hai meritato. Dio, lo meriti così tanto.” Gli occhi di lei si riempirono di lacrime improvvise, il sorriso che entra di nuovo in campo. “Mi hai dato così tanto, Spike. Non ti ho mai ringraziato. Non ti ho detto quanto è stato importato per me. Non l’ho mai fatto. Dopo quello che hai fatto… cosa hai sacrificato… cosa hai attraversato… per me.”

    Lui voleva allungarsi e accarezzarle la guancia ma aveva troppa paura che lei si sarebbe dissolta nel niente.

    “Hai meritato la decisione. La scelta.” Lei indicò il capo verso i loro fantasmi che stavano lentamente uscendo dal rifugio del nemico. “Puoi rimanere. Puoi dirmi che adesso sei pronto che questo finisca. Hai seguito la tua strada e sei libero di…”

    Lei aggrottò le sopraciglia.

    “Lascia la folla?” Disse lui con un luccichio negli occhi.

    “Sembrava migliore quando stavo cantando.”

    Lui ridacchiò. “Quale è la seconda scelta, pet?”

    Buffy fece una pausa, guardò in basso e poi tornò a fissarlo negli occhi. C'era la vita lì. La vita oltre la vita. Una vita che lui le aveva dato. Una vita che l'aspetta. “Lo sai già,” rispose. “Lo sai, Spike.”

    Sentì come un nodo alla gola. Lei aveva ragione.

    Lui lo sapeva. L’aveva saputo da quando la caverna era crollata. Stava camminando verso qualcosa che non poteva vedere completamente. Qualcosa che rimaneva perpetuamente fuori dalla sua portata.

    Qualcosa che lui sentiva ma non poteva toccare.

    Non fino a questo momento, almeno. Fino adesso.

    Buffy lo stava guardando, la sua eterna salvatrice, e sapeva senza esitazione cosa voleva.

    Lui si sentiva perso. C'era solamente un luogo dove andare.

    “Portami a casa.”

    * ~ * ~ *

    “Io ti amo.”

    “Non è vero. Ma grazie per avermelo detto.”

    Spike non sapeva cosa si aspettava, ma non era certamente quello che aveva ricevuto. Stava là in piedi guardando il mondo precipitare intorno a lui. Sentiva la mano di Buffy contro la sua, le loro dita intrecciate, i loro corpi uniti dal fuoco. Sapeva che doveva dirgli quello — doveva dirglielo per farla scappare, maledettamente, via da lì. Non c'era tempo per pensare se lei lo pensasse oppure no; il fatto che lei gli aveva donato quelle parole valeva tutto il mondo per lui.

    In quel secondo, lui si sentì amato.

    Finché lei separò la mano dalla sua e lo fulminò con lo sguardo come se fosse arrabbiata.

    “Tu… tu sei incredibile, idiota, testardo, meschino, meraviglioso, stupendo, e completamente un cazzone stupido!” gridò lei, schiaffeggiandogli il braccio. “Hai una qualche idea da quanto tempo sto aspettando di —”

    Lui aggrottò le sopraciglia, il panico lo attraversò. Adesso non era il momento di discutere. “Uhhh, Buffy—”

    “E non morirai adesso negandomi il piacere di prenderti a calcio nel sedere fino alla strada principale per aver detto che io non ti amo. Io ti amo. Non c'è altra ragione per cui mi torturerei così per te.”
    Buffy gli afferrò di nuovo la mano, ma non c'era il fuoco questa volta.

    No, questa volta, c’era solo liberazione.

    E durò approssimativamente tre secondi.

    Poi lui era disteso a terra, morto e il mondo stava crollando.

    * ~ * ~ *

    Lui aveva fatto la sua scelta. Lui era a casa.

    Buffy era ancora distesa contro di lui, la testa sul suo torace. Pensò per molti minuti che si fosse addormentata. Che le lacrime l’avessero stancata completamente, la sua gola era asciutta per le confessioni che gli aveva bisbigliato, e finalmente aveva ceduto al riposo che meritava.

    Ma lui aveva torto; lei non si era addormentata.

    Lei stava pigiando il suo orecchio contro il suo torace. Ogni centimetro di lei era scioccato — il piccolo e delizioso tremore di paura e speranza. Dell’incredulità. Di mille cose che lui non poteva mettere in parole.

    Lui poteva muoversi. Poteva toccarla.

    E lo fece.

    Alzando una mano verso il suo viso, spostò una ciocca di capelli sulla sua spalla, sentendola muovere e trovandosi il suo sguardo pieno di lacrime. E per una breve eternità, furono catturati. Si gelarono. Si guardarono fissi come se fossero stati separati da anni.

    Ma poi non poteva sostenere il silenzio. Niente più silenzio.

    Lui doveva dire il suo nome. Doveva sapere se era vero.

    “Buffy…”

    La diga si ruppe e lei era su lui, piangendo, tremando e riempiendolo di baci e toccandolo. Faceva scorrere le dita attraverso i suoi capelli. Esplorando il suo viso con le mani. Assaggiando ogni lacrima fresca che scendeva dai suoi occhi stanchi. Le labbra di lei toccarono le sue, in una richiesta che la stava consumando. Lui bruciò. Lui l’assaggiò. La sua lingua esplorò la sua bocca e lei non poteva smettere di toccarlo. Non poteva fermarsi.

    Lui non la incolpava. Anche le sue mani non avevano confini. Non c'erano confini qui. Lui la toccò dappertutto.

    “Io ti amo,” ansimò lei contro la sua bocca. “Io ti amo. Io ti amo. Io ti amo.” Lo baciò di nuovo prima che potesse rispondere. “Credimi. Per favore. Per favore credimi.”

    Il suo cuore si spezzò e si aggiustò nello stesso momento. “Ti credo,” le promise Spike prendendole a coppa la guancia. “Ti amo, Buffy.”

    “Ma non l’hai fatto! Non mi hai creduto.”

    Lui ripensò ai suoi occhi nella caverna, e seppe di essere stato uno stupido.

    “Lo faccio.”

    “Te ne eri andato.”

    “Sono qui.” Le sue labbra si tirarono in un sorriso, uno che non poteva impedire, ma che condivideva con lei. “Ritorno sempre a casa quando mi sento perso, gattina. Una casa è dovunque sei te. Non lo dubitare mai.”

    Buffy si sciolse di nuovo in un pianto, ma lo strinse di nuovo contro il letto prima che lui potesse rispondere. Un letto. Loro erano in un letto. Non c’era niente di familiare nei suoi dintorni, tranne che la calda e singhiozzante cacciatrice tra le sue braccia. Anche se non gli importava dove erano; lui era qui, e lei era qui. Questa era casa. Finché Buffy era con lui, lui era a casa.

    “Come?” Chiese lei tentando inutilmente di dominare le sue emozioni. Lui non l'aveva mai vista piangere così, e le lacrime rendevano più solido il suo futuro.

    Come cemento.

    “Come cosa, di preciso?”

    “Come…” Buffy si interruppe scuotendo la testa. “Tu sei… tu sei andato quando… hai sentito. Non ricordi la caduta?”

    Spike accennò col capo anche se non era sicuro se lo ricordava o no. Il passato non importava. Il passato non poteva tornare. Lei gli aveva detto così tanto. “I miei ricordi sono un po’ confusi,” confessò un secondo dopo. “Tutto quello che so, è che ero qui ma non potevo toccarti. Ho cercato di toccarti, ma non potevo. Eri troppo lontano.”

    “Sono stata sempre qui,” disse lei roca. “Giusto qui. Con te.”

    Lui ingoiò, non volendo piangere. “Lo so. Ma io… tu mi hai trovato. Sentivo questo fuoco… la scintilla. E poi sono tornata a casa.”

    L’amore riempì gli occhi di lei e poi lo stava baciando di nuovo. Baci caldi, disperati, bisognosi. Dopo pochi secondi, lei era a gambe divaricate sulla sua vita, mordendogli le labbra e cercando di toglierli i vestiti. E Dio, la sensazione delle sue piccole mani calde contro la sua pelle nuda.

    Poi la sua bocca trovò il suo torace e qualcosa dentro di lui diede una scossa. Caldo. Ancora una volta stava bruciando. L'aveva già sentito prima. Nella caverna. L'aveva sentito prima che tutto si fosse rivelato. L'aveva sentito attraverso ogni ricordo rivisitato. L'aveva sentito. Il borbottio della sua anima. Il peso di tutto quello che aveva sacrificato. L'aveva sentito, e lo faceva anche adesso. E non faceva male. Non come aveva fatto. Per la prima volta non c'era dolore. Solo pace.

    No, questo era perfetto.

    “Oh Dio. Posso ancora sentire la mia anima,” ansimò Spike, appoggiando le dita contro il suo torace. “Quando tu… mi hai baciato contro il torace.”

    Buffy tremò e ubbidì mentre con le labbra accarezzava la sua pelle.

    “Per l’inferno maledetto…” I respiri raggiunsero con forza i suoi polmoni, i suoi occhi si spalancarono per lo stupore. “Lo sentivo anche là. Nella caverna. Sono non lo sentivo… Dio… in questo modo.”

    “Quando hai detto che io non ti amavo,” rispose Buffy con risentimento, dimenandosi, rivolgendo l’attenzione alla propria camicia rovinata, togliendosela, e i suoi globi perfetti erano lì, e lui si riempi le mani ansiose. Lui sentì i battiti del cuore di lei e quasi lo bruciò col calore della sua pelle. I suoi capezzoli nudi erano contro le sue palme, duri, e pura esaltazione gli attraversò le vene. Questa era la perfezione, e Dio, stava per migliorare.

    “Lo so che mi ami, gattina,” bisbigliò Spike. “Io lo so.”

    “Hai un modo divertente per dimostrarlo.”

    Tuttavia non c'era cattiveria nelle sue parole. Infatti, i suoi occhi tradivano l'opposto. Qualunque cosa avesse detto era una copertura. Lei non poteva nascondere quello che veramente sentire. Non a lui.

    Lei non ci era mai riuscita.

    “Lo senti?” Chiese lui, prendendo una delle sue mani e mettendosela contro il torace. “Non posso essere il solo che la sente. Questa è…”

    Ma non c'erano parole per descrivere quello che era. Non riusciva a trovarle.

    E non c'era bisogno di parole. Lo sguardo negli occhi di lei sarebbe rimasto con lui per sempre. “Io lo sento. Lo già sentito prima.” La saggezza nella sua voce lo fece tremare. Lei era stata con lui ogni notte. Aveva visto quello che lui aveva visto? L'aveva sentito? Era stata veramente là?

    Erano così collegati, lui non ne dubitava. Il fuoco li aveva fusi insieme una volta e per sempre. Le loro mani sarebbero state unite per sempre. Adesso niente poteva cambiarlo.

    “La senti?”

    Buffy accennò con il capo, le sue dita lo accarezzavano assente. “Ma questa non è la tua anima.”

    “No?”

    “No, Spike. È il tuo cuore.”


    FINE
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