It doesn't matter, I love him

di AntonellaSpuffy

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  1. Spike-Spuffy
     
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    Poverina Buffy..è così triste e sconsolata.. :( Bellissimi capitoli comunque, molto emozionanti.. posta presto!! :)
     
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  2. babyida91
     
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    Per iniziare bene quest'anno ci vuole il continuo di questa storia :) Auguri a tutti !
     
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  3. Lixetta
     
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    Ti aspettiamo carissima!!!Facci il regalo della befana! :D
     
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  4. katespuffy
     
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    Oh ops. Mm, la Befana s'è dimenticata di passare. E' un po' in ritardo, perdonatela!

    :wub: :lol:


    19°Capitolo

    -Pensi che sopravviverò?- mi chiede Spike alzando impercettibilmente il volume dello sterio.
    Mi perdo sulle note degli Aerosmith. La stanza è carica delle loro parole.
    I don’t want to miss a thing risuona nella mia anima.
    -Cosa vuol dire?- sussurro con un mezzo sorriso sulle labbra e gli occhi chiusi.
    -Vivrò a lungo?- mi chiede ancora e questa volta io mi alzo sui gomiti per fissarlo.
    E’steso sul tappeto della sua stanza.
    Ha una delle mani vicino alla manopola del volume e gli occhi chiusi. Ed è bellissimo.
    -Hai sedici anni Spike- rispondo sarcasticamente tornando a chiudere gli occhi.
    -Ho paura- mi risponde.
    -Lo so- faccio eco io.
    -Ti terrò sempre con me- sussurra ancora.
    Ed io potrei rimanere sveglia solo per sentirti respirare.
    Potrei trascorrere la mia vita in questa dolce resa .
    Potrei rimanere persa in questo momento per sempre.
    E la musica e la mia anima si fondono in un’unica emozione.
    -Lo so- ripeto ancora e lui sorride con gli occhi ancora chiusi.

    Scivolo via dalla classe con il corpo ancora tremante.
    Sento il cuore battermi nelle orecchie e ho le guance arrossate.
    Il corridoio si riempie velocemente e il rumore diventa impercettibilmente assordante.
    Scorgo Willow tra la folla che mi sorride complice.
    Alzo gli occhi al cielo disperata e mi avvio verso il mio armadietto.
    -Birichini- sghignazza guardandosi furtivamente attorno.
    Le lancio un’occhiata torbida e sistemo alcuni dei miei libri.
    -Una sveltina?- sussurra per poi strizzarmi l’occhio.
    Chiudo con ferocia l’armadietto e la prendo per un braccio.
    -Tu devi sfogarti Willow- ringhio, mentre ci avviamo verso la mensa.
    -Devi assolutamente trovarti un uomo- continuo e lei annuisce sconfitta.
    Poi torna a sorridermi.
    -Sulla scrivania?- incalza e io le stringo il braccio fino a farla piagnucolare.
    Ci sediamo al nostro solito tavolo e Xander ci fa un cenno.
    Sta prendendo quegli schifosissimi hamburger al sapore di carta di giornale anche per noi.
    -Eccoci- ci saluta Drusilla, mettendosi di fronte a me, mentre Spike si siede al suo fianco.
    Ha il viso leggermente arrossato e gli occhi scuri. E percepisco ancora le sue labbra sul mio collo. Umide e calde.
    Abbasso gli occhi e Willow mi pizzica una coscia facendomi sussultare.
    -E Mortsia?- sussurra facendo segno in direzione di Drusilla.
    Le lancio un’occhiata furente e lei si scusa con gli occhi, concentrandosi sulla sua bottiglina d’acqua minerale.
    Fisso Spike e nello stesso istante lui alza gli occhi verso di me e mi sorride.
    -Mi rendo conto- dice Willow, attirando di nuovo la mia attenzione.
    -Non vuole farla soffrire- sussurra e io alzo gli occhi al cielo disperata.
    -C’è da capirlo…lei mi da molto l’idea di setta satanica e suicidio a colazione- spiega tenendo d’occhio Dru.
    -Willow taci- le intimo e lei si scusa per l’ennesima volta, muovendo le mani in segno di resa.
    -Ragazzi- ci saluta di colpo la voce di Angel.
    La mia faccia va dal viola al porpora in pochi istanti e sfrego nervosamente le mani sui jeans.
    -Ciao- lo saluto flebilmente abbassando gli occhi.
    Il fatto che per poco ieri non gli lasciassi fare certe cose mi lascia sbigottita.
    Ok, ero completamente ubriaca…ma questo non vuol dire che avevo l’autorizzazione per farmi la rapa!
    Ok, avevo detto che rivalutandolo, non sarebbe stato più una rapa ma…devo assolutamente trovargli un nuovo soprannome!
    Broccolo? In fondo la verdura non mi è mai piaciuta!
    -Buffy- mi chiama attirando la mia attenzione e io mi stampo un sorriso da cetriolo sulla faccia.
    -Mi dispiace per ieri- sussurra.
    -Spike aveva ragione, eri decisamente ubriaca e non dovevo…- comincia guardando in direzione del mio migliore amico.
    Io segui i suoi occhi e vedo che ci sta fissando.
    -Spero che stasera mi darai l’opportunità di rifarmi- aggiunge e io guardo prima Angel e poi Spike. Angel e Spike. Angel e Spike.
    Ma in che diavolo di situazione mi sono ficcata!
    -Ok- biascico poco convinta guardando Spike che si limita ad alzare un sopracciglio e abbassare gli occhi.
    -Perfetto- esclama Angel, prima si stamparmi un bacio sulla guancia e allontanarsi.

    Scivolo dalla doccia cullandomi nel dolce vapore della stanza.
    Ho resettato la mia mente. La mia razionalità è andata definitivamente a farsi benedire.
    E rimango qui sola, in balia delle mie emozione infinite.
    Che mi spossano e mi lasciano inanime davanti al suo oceano.
    -Buffy- mi chiama la voce di mia madre prima di aprire la porta. Il tepore si dilegua in pochi istanti e io mi stringo maggiormente nell’accappatoio rosa.
    -Preparati andiamo a cena da Rupert- mi annuncia sorridendomi.
    -Cosa?- biascico.
    -Spike non mi ha detto nulla e io ho preso un impegno- le dico poco convinta.
    -Rupert come al solito parte per la promozione natalizia del suo ultimo romanzo tra pochi giorni- mi informa e io faccio una smorfia con la faccia.
    Natalizia? E nessuno mi ha detto che sta arrivando Natale?
    Mi porto le mani al viso esausta mentre sento i giorni scivolarmi via inesorabilmente.
    -Muoviti- mi dice prima di uscire.
    Io mi fisso nello specchio.
    E l’ansia per questo tempo che scandisce ogni attimo, diventa insopportabile.

    Attendiamo fuori alla porta di villa Stratford, mentre io torturo la mia sciarpa.
    Ho fatto una veloce e scabra telefonata ad Angel per scusarmi, lasciandogli uno squallido messaggio in segreteria.
    Mi sento decisamente un verme. Un verme ansioso e imbranato.
    Ho passato l’intero pomeriggio a decidere cosa mettere.
    I miei vestiti sono volati in ogni angolo nella stanza, mentre piagnucolavo frustrata e alla fine ho indossato il vestito che lo scorso Natale mi ha regalato Spike.
    E’ di lana verde scuro, con il collo alto e arriva un po’più in alto delle ginocchia.
    Ho messo degli stivali neri di camoscio e lasciato i capelli mossi, liberi sulle spalle.
    Mia madre ha continuato a urlare dalle scale che fossimo in ritardo e mi sono dovuta truccare con lei che mi metteva fretta.
    Spike viene ad aprirci dopo qualche istante e ci sorride.
    Quando passo davanti a lui mi da un bacio nei capelli e io lo fisso.
    -Venite, è pronto in tavola- ci informa, mentre ci dirigiamo in salotto.
    Rupert ci accoglie con un sorriso e il suo famoso spezzatino e noi ridiamo di gusto, guardandolo con un ridicolo grembiulino rosso.
    -Sono felice che siate venute- ci dice, mentre ci sediamo.
    -Avevo pensato di invitarvi in settima, ma Spike ha insistito tanto per stasera- aggiunge Rupert e io fisso Spike interrogativa.
    Sapeva che avessi un appuntamento con Angel.
    -E’ sempre bello passare del tempo con voi- risponde mia madre, mentre si versa del vino.
    -Pensare che tra qualche mese partiate ci rattrista molto-
    Allora io abbasso gli occhi. E non mi rattrista.
    Mi toglie la voglia di esistere.
    E penso che non abbiamo parlato della partenza, da quel giorno.
    Da quando mi ha lasciata sola in casa con un male enorme nell’anima.
    Da quando mi ha fatto solo venir voglia di urlare.
    Urlare che lo amassi e dirgli tutta la verità.
    E so che non è il momento. Non ora. Non è ancora giunto il giorno in cui io griderò tutto il mio dolore.
    E gli dirò che non deve andarsene. Che non può farlo.
    Alzo gli occhi verso Spike e noto che mi sta fissando.
    E tu perché non parli? Sai che mi fa male.
    Sai che non posso vivere senza te. Sai che ti ho promesso di proteggerti.
    Che tu hai promesso di vegliare su di me. E di tenermi sempre con te.
    E allora perché non parli?

    -Ti va di salire di sopra?- mi dice Spike, mentre finisco il mio gelato al cioccolato.
    Alzo gli occhi imbarazzata e annuisco.
    -Tesoro, puoi rimanere anche a dormire qui se vuoi- mi dice mia madre, mentre ci avviamo verso le scale.
    Mi blocco e mi volto verso di lei con occhi allarmati.
    -Domani non c’è nemmeno scuola- aggiunge e io deglutisco.
    Da quanto tempo non dormo a casa di Spike? Nel letto di Spike?
    -Certo- risponde lui per me.

    Si siede rumorosamente sul letto stiracchiandosi e io mi libero degli stivali.
    Fisso imbarazzata la camera e faccio un bel respiro.
    -Buffy- mi chiama lui e io scatto fissandolo.
    -Sono io- mi ricorda.
    Io gli sorrido e mi rilasso.
    E’lui. E’l’uomo che amo da una vita. Il mio migliore amico.
    Scivolo sul letto accanto a lui e fisso il soffitto.
    Poi mi volto a guardare la sua scrivania ricolma di libri e sghignazzo.
    -Che c’è?- mi chiede lui voltandosi su un fianco per guardarmi.
    -Quella foto- indico.
    Spike soffia con forza le sue dodici candeline, mentre una mia mano sbuca per infilare un dito nella torta.
    Sorride anche lui.
    -Sei sempre stata vorace- mi risponde e io gli lancio una occhiata truce.
    -Ci siamo divertiti tanto quel giorno- aggiunge fissandomi.
    -No- sentenzio e lui sgrana gli occhi incuriosito.
    Arriccia appena le labbra divertito. In quel gesto che adoro.
    -Perché no?- mi chiede e io cerco le parole.
    -Perché tu…- comincio, rammentando quel giorno.
    -Tu hai detto che il vestito di Harmony ti piaceva- sentenzio e sospiro.
    Lui si alza su di me. Mette le mani ai lati delle mie braccia e mi sovrasta.
    - E cosa vuol dire?- mi chiede sorridendo.
    -Che tu avevi guardato lei- dico semplicemente, ma lui rimane a fissarmi.
    -Che tu non avevi guardato me, che io non ero l’unica- aggiungo abbassando gli occhi e continuando a sorridere.
    -Non lo sono mai stata- continuo.
    Poi alzo gli occhi su di lui. E noto che la sua espressione sia seria.
    -Una bimbetta egocentrica- sentenzio mentendo per smorzare i toni.
    -Avevi un vestito blu- dice.
    -Un vestito che ti lasciava libere le sottili gambe abbronzate- continua e io trattengo il fiato.
    -E le scarpe che ti aveva spedito tuo padre, quelle che ti stavano strette- aggiunge fissandomi.
    -Dicevi che le mettevi solo per far contenta tua madre, ma le adoravi- e la sua voce risuona nella mia carne.
    -Ma non potevi credere al fatto che lui non sapesse il tuo numero- e la sua voce risuona nella mia anima.
    -E avevi nei capelli quelle forcine azzurre, quelle con cui io avevo scassinato la credenza-
    E io so esattamente perché lo amo.
    -Ed eri la più bella- conclude e deglutisce.
    E io so esattamente perché lo amo da morire.
    E mi accorgo ora che una lacrima solitaria mia ha rigato il volto.
    Lui scende su di me. E la bacia.
    -Tienimi sempre con te Spike- gli dico, mentre lui è chinato su di me.
    E non ammetto repliche.
    Perché lui me l’ha detto.
    Mentre io stesa sul suo letto sapevo già di amarlo. Mentre lui aveva paura di morire.
    E allora bacia i miei occhi e io lo stringo con le mie braccia.
    -Fino a dentro l’anima- mi sussurra e poi mi bacia.
    Ed io potrei rimanere sveglia solo per sentirti respirare.
    Potrei trascorrere la mia vita in questa dolce resa .
    Potrei rimanere persa in questo momento per sempre.

    TBC
     
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  5. Spike-Spuffy
     
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    Perdoniamo la Befana solo perché questo capitolo è magnifico! clapping Posta presto! :)
     
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  6. Lixetta
     
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    :D
     
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  7. katespuffy
     
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    Eccola, la ziona sotto esami si scusa ancora!!
    E vi premio! :lol:



    20°Capitolo

    -Spesso mi porto al volto le vecchie camicie di mio padre, nella speranza di poter sentire il suo profumo- lo dico tutto d’un fiato e gli sorrido.
    Spike alza gli occhi dai libri e prende a fissarmi.
    -Passo ore nascosta nella sua vecchia camera e cerco di respirare affondo- continuo cercando distrattamente di leggere le parole sul libro che mi è davanti.
    Perché in fondo non ho detto nulla di importante.
    Perché voglio che lui non sappia che sia importante.
    -Non riesco a trovarlo- aggiungo e torno a guardarlo. Lui non parla.
    Continua a guardami nell’innocenza dei suoi tredici anni.
    Poi si alza senza preavviso. Si avvia verso il suo armadio e prende una delle sue magliette.
    Quella rossa a mezze maniche che ha indossato il primo giorno di scuola.
    Mi guarda e la poggia sul mio grembo.
    E io la porto al volto. Ed esplode in me. Il suo profumo. Il profumo di Spike.
    Tutto nella mia anima e nel mio cuore.
    -Penso che sia in te- mi dice.
    Io affondo di nuovo il volto nella stoffa. E mi accorgo che è lo stesso odore.
    L’odore che c’è sulle mie camicette. L’odore delle mie lenzuola.
    L’odore della mia camera. Quello del mio cuscino.
    Il mio odore.
    Annuisco e gli sorrido.

    Mi accoccolo meglio nel tepore delle sue braccia.
    Ho il volto nell’incavo del suo braccio e respiro la sua maglietta che è pregna del suo odore.
    Sussulto quando sento la porta centrale chiudersi e l’auto di mia madre mettersi in moto. Sento i passi di Rupert sulle scale, la sua solita sosta nel bagno e poi vedo le luci spegnersi.
    Chiudo gli occhi cercando di dormire con il cuore che mi tamburella nel corpo.
    E lo vedo andare via. Correre tanto lontano fino a farmi tremare le gambe.
    E io non ho voce. Non posso urlare. Nemmeno che lo amo. Non posso dirglielo.
    Non ho voce per gridare.
    Scivolo dal letto con la fronte madida di sudore e apro la porta della camera d Spike.
    Scendo lentamente in cucina sperando di non svegliare nessuno e accendo l’interruttore.
    Infilo i pochi piatti rimasti sul tavolo nel lavandino e mi verso un bicchiere d’acqua.
    -Non riesci a dormire?- mi chiede la sua voce. Mi volto per guardarlo e annuisco sorridendogli.
    E so che dovrei parlare. Parlare di Londra. Ma non lo farò.
    -Il troppo cibo- dico, mentre lo vedo bere del latte e lui mi da ragione con gli occhi.
    Ed è la cosa più bella che io abbia visto. Non esiste nulla come lui.
    -Pensi che sia ancora per quello?- gli chiedo a bruciapelo.
    Spike mi guarda spaesato.
    -Perché ce lo siamo sempre impediti- aggiungo semplicemente.
    Senza scendere in particolari a cui non credo.
    -Cos’altro potrebbe essere?- mi chiede sedendosi di fronte a me.
    Cos’altro? C’è un mondo dietro.
    L’altro è solo l’infinito e l’eterno. L’altro sei tu.
    Che sei l’essenza della mia vita. Che sei la mia vita.
    -Tu ami Angel- dice e io alzo gli occhi per guardarlo.
    -Lo ami da sempre, ricordo tutti i tuoi discorsi- continua sorridendo.
    E allora so che dovrei scegliere. So che dovrei dirti tutta la verità e accettare di perderti.
    Che ti ho mentito Spike. Che ti mento da sempre.
    Che mi sono inventata un amore che non esiste.
    Un amore che cerca di coprire disperatamente ciò che amore non è.
    Ciò che è di più. Che è tutto quello che può essere.
    Ma annuisco perché non sono forte. Perché non sono coraggiosa.
    Perché non posso vivere senza di te.
    -E tu pensi di amare Drusilla- gli dico fingendo un sorriso.
    E allora fammi vedere un’ombra. Una sola ombra che mi faccia credere che tu non sia sicuro.
    E io vivrò per quell’incertezza. E io mi ciberò di quell’oscurità.
    Ma Spike annuisce. Semplicemente. Nella sua eterna perfezione.
    Ma non posso vivere senza te. Sono malata di te. E non puoi partire Spike.
    Diavolo, come puoi farlo?
    Resta. E io piangerò ogni notte sapendo di voi.
    Resta. E io urlerò ogni notte per la vostra felicità.
    Resta. E io morirò ogni notte nel ricordo delle tue labbra.
    E non importa Spike. Perché posso farcela. Posso vivere senza il tuo amore.
    Posso sopravvivere solo con i tuoi baci. Mi bastano quelli. Mi basta che tu sia in me.
    Sentirti dentro il mio corpo, mentre so di essere malata.
    Malata di te e della tua voce.
    Malata del tuo odore che ho fin dentro la mia carne.
    -Andiamo a dormire- mi dice. E non è il mio amico a parlare.
    Quando la porta di camera sua si chiude alle nostre spella, lui si avventa sulle mie labbra spingendomi verso il letto.
    Mi alza la maglietta corta prendendomi un seno tra le mani e stringendolo.
    Gemo silenziosamente e lo vedo stuzzicare il mio capezzolo con i denti, mentre mi libera degli slip.
    -Sei mia- geme sul mio collo e io annuisco. Ed è assurdo.
    Come i nostri discorsi cozzino con estrema irragionevolezza contro i nostri gesti
    Contro i nostri baci, i nostri corpi e il nostro sudore.
    Lo vedo liberarsi della tshirt e posso stringerlo a me.
    Sentire i muscoli del suo torace contro il mio seno e respirare nel suo nome.
    -Pensa solo a me- mi dice baciandomi il collo.
    E io annuisco ancora. E non devo pensare.
    E non devo portare la mente a te.
    Tu sei il solo Spike.
    Poi si scosta portando il viso vicino al mio.
    -Solo a me Buffy- mi sussurra sulle labbra.
    -Voglio solo te- rispondo leccandogli appena la bocca.
    Apre con frenesia il cassetto del suo comodino ed estrae un preservativo.
    Ed è malattia. Ed è pazzia. Ed è follia.
    E ci siamo persi Spike.
    O almeno io lo sono. E tutto quello che è stato si sta mischiando in questo.
    E sta diventando irreale.
    E diavolo Spike, non può essere un bisogno. Non può essere solo voglia e desiderio.
    Siamo l’uno parte dell’altra. Siamo fusi assieme.
    E poi lo sento entrare in me.
    Con un unica spinta che mi fa boccheggiare e ancorarmi alla sua schiena perfetta.
    Mentre il suo odore non è più il mio. Come la sua voce, come i suoi occhi.
    E siamo ancora nelle nostre tenebre. Ancora nelle nostre ombre.
    -Solo io Buffy- ripete ancora e spinge in me lentamente. Fino a farmi morire.
    -Solo tu- ripeto ancora e lo sento entrare lentamente. Fino a farmi morire.
    Poi spinge più forte. Più velocemente. Mentre cozza contro di me.
    Mentre mi riempie. Mentre il mio piacere si perde.
    E non è più piacere. E’solo estasi.
    E allora allaccio le gambe dietro la sua schiena. Così che sia più in me. Fino in fondo. Fino alla fine.
    -Spike- gemo, mentre continua ad entrare e ad uscire da me.
    Mentre il mio corpo si perde nei gemiti e nel suo corpo.
    Fino a quando lo sento raggiungere l’apice. Fin quando io esplodo con lui.
    -Resta- gemo nel suo orecchio e tremo nelle mie parole.
    Resta dentro di me. Resta con me. Non lasciarmi Spike.
    Lo sento stringermi e poi uscire velocemente da me.
    Si sdraia al mio fianco e vedo il suo petto alzarsi e abbassarsi e il suo respiro pesante.
    Mi volto rannicchiandomi in un angolo del letto, senza guardarlo.
    -Cos’hai detto?- mi chiede. E tremo.
    Perché questa volta ho parlato. Perché il mio cuore ha preso voce e la mia anima ha urlato.
    E allora tremo. Tremo di terrore.
    E non rispondo. Sento la sua mano carezzarmi la schiena e poi il suo corpo stretto al mio.
    E per tutta la notte fingo di dormire ascoltando il suo respiro.

    -Sei andata via senza dirmi nulla- mi dice Spike, mentre io fisso l’armadietto.
    -Mi sono svegliata presto e volevo lasciarti dormire- rispondo senza voltarmi.
    -Dobbiamo parlare- aggiunge e vedo la mia mano tremare contro l’alluminio.
    -Ancora?- gli chiedo velatamente sarcastica.
    -Ancora- mi risponde lui serio.
    -Buffy- mi sento chiamare di colpo dalla voce di Angel e mi volto.
    Senza guardare gli occhi di Spike.
    -Mi dispiace per ieri- biascico fissando il suo volto deluso.
    -Almeno stasera verrete a casa mia- mi prega guardando entrambi.
    Io ho il volto confuso.
    -Do una festa- esplode euforico.
    -I miei vecchi non ci sono- aggiunge e io abbozzo un sorriso.
    -Certo- rispondo allontanandomi da lui.
    -Certo- risponde dopo un attimo Spike, attirando la mia attenzione.
    Vedo il suo ghigno e poi i suoi occhi che tornano a fissarmi.
    Angel aggiunge qualcos’altro, ma la mia mente non ne afferra il significato.
    Sussulto quando la campanella suona.
    -Ci vediamo stasera allora- mi dice Spike.
    Senza che il suo volto muti. E io mi allontano.
    Con i miei sentimenti che urlano e mi squarciano.

    Mi infilo con Willow e Xander nella stanza gremita di ragazzi.
    Una nube di fumo ne crea il contorno e la musica è assolutamente assordante e decisamente orribile.
    Scivolo tra la gente e le facce conosciute e sento Willow spaventata, ancorarsi al mio braccio.
    -E ‘solo una festa- la tranquillizzo, mentre lei si aggrappa anche a Xander.
    E’sempre stata in imbarazzo in questo genere di cose.
    Per quanto parli con estrema semplicità di ciliegie e uccelli!
    Vedo Drusilla parlare con una ragazza e Spike al suo fianco che si guarda intorno.
    -Ma non si era suicidata?- mi chiede Willow e io le lancio un’occhiata furente.
    Sento di colpo le braccia di Angel circondarmi la vita e mi volto spaesata.
    E in un attimo la sua bocca è sulla mia. In un bacio che sa di alcol e tabacco.
    Un bacio asettico.
    Mi stacco da lui e torno a voltarmi. Ma Spike non c’è più.

    Scivolo nel corridoio affollata, mentre Angel è distratto. Questa commedia sta diventando decisamente assurda.
    Vedo le luci di Natale attraverso le ante e stringo i pugni.
    Meno di sei mesi e la mia vita si azzererà.
    Sento il mio braccio improvvisamente afferrato da una presa forte e mi sento trascinare in una camera. Il buio è assoluto.
    -Spike?- dico d’istinto.
    Ma il silenzio è la mia risposta.
    E’lui. C’è il suo odore. Il mio odore. Il suo fiato. Il mio fiato.
    Sento le sue mani scivolarmi sotto la gonna e accarezzare il mio clitoride attraverso gli slip.
    -Spike- lo chiamo irrigidendomi per un istante, mentre vibro.
    Lui mi poggia una mano sulle labbra e continua a toccare la mia femminilità.
    Poi lentamente infila un dito nel mio canale e prende a spingere in esso.
    Boccheggiò stringendomi al muro e cercando il suo corpo perfetto con le mani.
    Lo sento abbassarsi e sfilarmi lentamente gli slip. Ho l’istinto di parlare ma taccio.
    Mi fa appoggiare su una base alle mie spalle che sembra un tavolo e mi divarica le gambe.
    Poi di colpo sento la sua lingua carezzare la ma femminilità.
    Allargo d’istinto maggiormente le cosce e lo sento pompare in me.
    Gemo con ancora la sua mano sulla mia bocca e mi perdo nel rumore della sua zip.
    E in un istante mi riempie.
    Mentre mi tappa la bocca e spinge in me.
    Mentre ci perdiamo ancora nelle nostre tenebre.
    Mentre il mio silenzio gli chiede di restare per sempre in me.
    Mi afferra le gambe, mentre lo sento cambiare angolazione e continuare a spingere in me.
    Posso ascoltare il suo respiro e i suoi gemiti soffocati. Posso sentirlo nel buio.
    -Sta per finire Buffy- sento per la prima volta la sua voce.
    E sbarro gli occhi nel buio.
    -Presto dimenticheremo tutto- aggiunge e spinge con più violenza in me.
    Continuando a tenere la mia bocca catturata nella sua mano.
    Io gemo in essa quando sento la sua velocità aumentare.
    Mi accascio sulla base di legno e lascio che lui continui a distruggermi spingendo in me.
    Mentre muoio nella mia estasi. In lui che è il mio inferno. In lui che è il mio angelo.


    21°Capitolo

    Scivolo in cucina ancora in pigiama e cerco i cereali tra i mobili per riempirmi una mega tazza di latte. Sono decisamente affamata e stanca.
    Ho i muscoli del corpo indolenziti e un forte mal di testa. E non penso sia stato per la musica.
    Chiudo gli occhi con l’oscurità della notte prima nell’anima e sento una fitta nell’addome.
    Quando sento il campanello suonare sono quasi del tutto vestita e pronta per andare a scuola. Scendo al piano inferiore trovando Willow che mi fissa sorniona.
    -Immagino che tu voglia un resoconto dei giorni passati- le dico e le sorrido.
    -Un resoconto dettagliato- mi risponde, sedendosi comodamente sul divano.
    -Con tutti i particolari sconci- aggiunge e io sghignazzo, sedendomi al suo fianco.
    -Penso di aver perso le speranze di farti diventare una ragazza compita- dico, mentre lei freme.
    -Non c’è molto da dire Willow- comincio inspirando e diventando di colpo seria.
    -Spike è convinto che quello che sta accadendo tra noi sia frutto di istinti repressi e che non abbia nulla a che fare con i sentimenti- sintetizzo in modo crudo, senza pensare alle mie parole.
    -Ho sempre pensato che fosse ottuso- sentenzia lei storcendo il naso e mi ruba una lieve risata.
    -Non ha mai capito un tubo di astronomia e questo è tutto dire- aggiunge, facendo aumentare il mio sorriso.
    Mi lancio tra le sue braccia e la stringo forte. Fortissimo.
    -Sono qui- mi sussurra e non ho bisogno di altro.
    Le lacrime cominciano a coprirmi il volto fino a quando comincio a singhiozzare forte.
    Sento le sue braccia stringermi maggiormente e la sua mano carezzarmi dolcemente i capelli.
    -E’successo tutto così in fretta- dico con voce roca e il corpo scosso.
    -Sto sbagliando tutto Will- continuo e mi perdo con il volto nell’incavo del suo collo.
    -Ma non riesco a fermarmi- aggiungo.
    -E lui andrà via- e la mia voce è un gemito disperato. Piango più forte e la sento tenermi stretta.
    -Andrà tutto bene- mi sussurra baciandomi una guancia bagnata dalle lacrime e mi sposta appena da lei per guardarmi negli occhi.
    -Vivilo al massimo Buffy- mi rincuora speranzosa.
    -Fa si da non avere rimpianti- la fisso e cerco di asciugarmi in modo goffo gli occhi gonfi.
    -E fa in modo che resti- conclude e mi sorride raggiante.
    E come Willow? Devo urlare fin quando la voce sia esaurita nel mio corpo?
    Devo aspettare che mi distrugga? Che mi bruci? Che mi dissolva?
    Perché è questo che sta accadendo. Mi sto sciogliendo nel mio amore pazzo e disperato.
    -Potrebbe non rimanere nulla di me- mormoro e deglutisco.
    E allora Willow torna a tenermi stretta a lei.
    -Sono venuta qui per darti una buona notizia- mormora.
    -Dru è finita sotto un tir- ironizzo e sorrido appena.
    -Non così bella purtroppo- lei si finge delusa.
    -La nostra casa sul lago è vuota per Natale- mi dice e io strabuzzo gli occhi.
    -Natale. Buffy? Hai presente? I regali, i dolci, tutti che si sbottonano i pantaloni sotto al tavolo di nascosto?- mi risponde con occhi sognanti.
    -Tra circa sei giorni è la vigilia- mi informa e io salto in piedi.
    -Già?- chiedo spaesata.
    -Credevi che avessero modificato il calendario ultimamente?- mi chiede facendo una smorfia con la faccia.
    -Comunque dato che da domani siamo liberi potremmo già partire- comincia euforica.
    -E passare una settimana tutti assieme. –
    Io la fisso spaesata.
    -Chi sarebbero i “tutti insieme”?- chiedo sospettosa e lei finge di rattristarsi.
    -Bhe…immagino, io tu e Xander, come ai vecchi tempi- mi spiega e io la fisso sospettosa.
    -Sembra che andiamo ad Alcatraz-
    -Immagino che Spike verrebbe con Dru e quindi…- comincia e io mi passo nervosamente una mano tra i capelli.
    -Voglio stare con lui a Natale e non è giusto escluderlo per il fattore Dru- dico sconfitta e la vedo sorridere.
    Ha certamente un piano in mente.
    Che include chiuderci in uno stanzino buio e uccidere Dru, molto probabilmente.

    Assisto all’annuncio di Willow tra l’euforia di Xander, lo sguardo poco convinto di Spike e l’occhiata indifferente di Drusilla.
    -Tu devi restare dai tuoi?- le chiede Spike dubbioso.
    -Io sto con te- risponde semplicemente lei, ancorandosi al suo braccio.
    E lo vedo sorridere. Di un sorriso che mi taglia dentro. Inspiro forte e vedo Willow fissarmi.
    -E naturalmente inviterò anche Angel- sbotta e sembra un personaggio dei fumetti giapponesi.
    Ha gli occhi malefici e la bocca spalancata.
    Mi volto scioccata verso di lei e la guardo urlare in mensa a squarciagola.
    -Angel!- grida con tutto il fiato che ha in gola.
    Come se fosse il suo compare!
    Lo vedo voltarsi, dare le spalle ai suoi compagni di squadra e dirigersi con un sorriso verso di noi.
    -Ciao – ci saluta e io afferro un pezzo della coscia di Willow tra le mani e lo stringo con tutta la forza che ho.
    -Ha!- grida lei diventando paonazza.
    Vedo gli altri fissarla sconcertati e aumento la presa.
    Se stare ad Alcatraz con loro è impossibile, avere anche la rapa-broccolo alle calcagna è la fine!
    -Vo-vo-volevo- balbetta afferrandomi la mano e stringendola, per liberarsi della presa.
    -Voleva salutarti- dice Spike alzando un sopracciglio e ghignando.
    -Allora ciao- lo liquida spingendolo con la mano verso l’altro tavolo.
    Cosa diavolo fa?Impedisce a Angel di venire e poi mi costringe a stare con lui e Drusilla un’intera settimana.
    Lascio la gambe di Willow che cade quasi con la faccia sul tavolo per il dolore e mi stampo un sorriso enorme sulla faccia.
    -Voleva invitarti a stare con noi questa settimana- dico mentre sento lo sguardo di Spike su di me.
    -Ha una piccola casa sul lago dove potremmo divertrci- aggiungo e gli sorrido in modo malizioso. Sto diventando decisamente brava in questo genere di cose.
    -Certo, odio stare con i miei a Natale- risponde semplicemente Angel.
    Ok, mi sono definitivamente ficcata in un bel pasticcio da sola!

    Cammino a grandi falcate verso casa. Il freddo di Dicembre sembra tagliarmi il volto e mi stringo nella mia giacca a vento. Vedo i fari di un’auto raggiungermi e poi bloccarsi al mio fianco.
    -Sali- è la voce di Spike a raggiungermi. Giro attorno all’automobile e mi siedo al suo fianco.
    -Niente cagnolino?- chiedo indispettita e lui finge di non avermi sentito.
    -Che motivo c’era di invitare l’idiota?- mi chiede, mentre ci muoviamo verso casa mia.
    -Lo stesso motivo per cui tu porti Dru- rispondo secca fissando la strada.
    -In fondo che ti importa- sospiro e stringo i pugni.
    -Hai ragione- sbotta frenando con forza fuori dal mio vialetto.
    -Comunque non avremmo potuto stare assieme- mi risponde guardandomi negli occhi.
    Deglutisco e penso.
    Al suo copro che non è nel mio. Per troppi giorni. Per una settimana.
    E poi stringo gli occhi.
    Per sempre.
    Per sempre. Ora che andrà via. E non ci sarà modo di riaverlo.
    -Bene- sussurro e scendo dall’auto sbattendo lo sportello con violenza.

    Scivolo sotto la doccia cocente e lascio che l’acqua lavi via il dolore.
    Quello che mi sta devastando e donandomi l’estasi.
    Che mi sta uccidendo.
    Perché mi stai uccidendo.
    Apro la bocca sotto il getto veloce e appoggio le mani alle mattonelle gelate.
    E mi rifiuto di piangere. Non ora. Perché è inutile.
    Perché mi sono persa. E non c’è modo di salvarmi.
    Sussulto sbarrando gli occhi quando sento il vetro della doccia aprirsi.
    E lo vedo.
    Nudo, davanti a me. Nella luce artificiale della stanza che lo mostra senza riserve.
    Arrossisco violentemente e mi perdo nel suo corpo perfetto.
    Scivola all’interno e mi stringe a lui.
    Appoggio il volto bagnato al suo corpo che ora gronda d’acqua e socchiudo gli occhi.
    -Staremo lontani questa settimana- mi sussurra, mentre fa scorrere lentamente le sue mani sui miei fianchi.
    Io annuisco.
    E sono sua. Alla sua mercé. E fai di me quello che vuoi allora.
    Sono qui.
    Distruggimi.
    Avanti. Fallo.
    Uccidimi. E io ti sarò grata.
    -Ma non ora- e la sua voce è roca. E ora la conosco. E ora mi appartiene.
    Spinge la sua erezione vicino al mio bacino e io lascio che le mie mani scorrano sul suo corpo perfetto.
    Afferro il suo membro intimidita e lo sento gemere.
    E mi perdo in lui. In lui che è mio. E’ solo mio e di nessun altro.
    E tutti devono saperlo. Che mi appartiene.
    E di colpo mi spinge con una violenza inaudita contro le mattonelle.
    Cesella ogni parte di me con le mani e scende a succhiare i miei capezzoli.
    E io sono l’acqua, il vapore e il sudore.
    Io sono i gemiti e le nostre voci.
    Poi con una presa decisa mi fa voltare e fa in modo che io appoggi le mani sulle mattonelle bianche.
    -Spike- lo chiamo, mentre avvampo e mi perdo. In lui.
    E poi entra in me. Deciso.
    Con un colpo solo che mi fa boccheggiare e urlare.
    E sento il suo fiato sulla mia schiene mentre spinge. Forte e violento.
    E non lo odio. E non lo detesto. E non ho paura.
    Sto solo aspettando che mi uccida.
    E godo in questo. E lo voglio. E gemo per questo.
    Lo sento spingere con più violenza e chiamo il suo nome.
    -Sei mia- mi ripete all’orecchio come tutte le volte che è in me.
    E non dirlo Spike. Perché sono nata per te. E tu mi darai la morte. La più dolce che esista.
    Quella che voglio.
    Uccidimi.
    E poi urlo il suono nome mentre raggiungo l’apice.
    Uccidimi.

    Afferro la valigia quando sento il clacson dell’auto di Xander.
    Mia madre mi bacia una guancia e mi augura una buona settimana.
    Non ero sicura di voler andare, ma lei mi ha assicurato che passerò le vacanze da mia nonna Rosemary a Los Angeles.
    Si, proprio quella che aveva accusato di stupro il suo infermiere!
    Scivolo nell’auto e Willow seduta affianco a Xander, batte le mani euforica, come se stessimo andando alle Canarie.
    Vedo l’auto di Angel alle nostre spalle e lo saluto con la mano.
    Era evidente che lui si aspettasse che io partissi con lui.
    Ma non me la sento decisamente di affrontare per tutto il tempo il solito silenzio imbarazzante.
    Ci fermiamo fuori casa di Spike e io noto subito la sua Desoto parcheggiata.
    E Drusilla al suo fianco.
    Scivolo d’istinto dall’automobile e mi avvio verso l’auto di Angel.
    Saluto Spike con la mano, mentre passo davanti a loro, parcheggiati fuori al vialetto.
    -Buon viaggio- ringhio quasi, prima di sorridere ad Angel che è sceso per abbracciarmi.


    22°Capitolo

    -Mi piace il mare- Spike fissa l’orizzonte.
    E’sdraiato sul suo telo da mare blu carico di gabbiani che volano bassi.
    Annuisco e guardo nella sua stessa direzione.
    La linea del cielo si fonda con quella dell’acqua e la brezza leggera del tramonto dona un po’ di frescura, dopo la giornata afosa.
    -Tra meno di un mese frequenteremo il liceo- aggiunge, voltandosi verso di me e sorridendomi.
    -E tu diventerai il fico della scuola e io la secchiona con gli occhiali- esclamo facendo una smorfia di disappunto con la faccia.
    -Tu non porti gli occhiali- sghignazza lui e poi torna a fissare dritto davanti a se.
    -Per ora- lo correggo storcendo il naso.
    Guardo il suo sorriso.
    Quello che mi appartiene. Perché potranno amarlo e volerlo
    Perché lui potrà baciare milioni di labbra e accarezzare troppi volti.
    Ma il suo sorriso è mio.

    Dopo aver scambiato poche parole con Angel ed essermi sorbita tutti i nuovi successi delle risorte Spice Girls (Si, le adora!!), arriviamo sul lago.
    Scendo lentamente dall’auto ammirando l’enorme pineta che sovrasta il piccolo cottage dei Rosenberg.
    Angel mi raggiunge e insieme, dato che siamo i primi ad arrivare, ci avviamo verso la riva deserta.
    -E’molto bello qui- constata lui, mentre io fisso il paesaggio.
    E riesco a vedermi. Mentre corro nell’acqua bassa. Mentre è tardi e si alza il vento.
    E lui c’è. E’sempre incessantemente presente.
    La mia costante senza fine.
    Mi risveglio quando alcune voci raggiungono le nostre spalle.
    -Su, entriamo- sento urlare Willow e mi volto, guardandola mentre si sbraccia per attirare la nostra attenzione. Quando arriviamo alla porta scorgo Spike e Drusilla che ci raggiungono.
    Lui cammina verso di noi, mentre lei si tiene stretta al suo braccio.
    Inspiro e mi faccio forza.
    Entriamo nel piccolo soggiorno carico di divani spaiati che appartengono a tutti noi.
    Quello rosso di pelle viene addirittura dalla vecchia casa di mia nonna Rosemary e la poltrona vicino al camino, era nello studio di Rupert.
    Dove io mi nascondevo quando giocavamo a nascondino. Dove lui fingeva di non trovarmi.
    Willow spalanca tutte le finestre della piccola cucina e ci fa segno di salire di sopra per organizzarci con le stanza.
    Allora avvampo continuando a maledirmi.
    Non ho parlato con Willow, ne ci siamo accordate per la disposizione e questa cosa mi inquieta! Tremo pensando di dover dormire insieme a Drusilla.
    Diavolo, potrei strozzarla nel sonno!
    Il pensiero di dover dividere la stanza con Angel poi mi mette i brividi.
    Finirei per prenderlo a schiaffi, rovinandogli l’acconciatura, mentre lui cerca di portare il nostro rapporto alla fase due.
    Fulmino Willow con lo sguardo e lei comincia a boccheggiare spaventata.
    Ha capito che dalle prossime decisioni dipenderà la sua vite e i mattoni di questa casa!
    E mi dispiacerebbe incendiarla. Il padre di Willow è tanto una brava persona!
    -Qui di sopra ci sono due camere da letto matrimoniali- balbetta frastornata, fissandomi.
    -E sotto c’è un divano letto- aggiunge, continuando a tenermi d’occhio terrorizzata.
    -Le due coppie nelle camere e io e Willow di sotto- esclama Xander come se fosse la cosa più naturale del mondo, prima di guardarci altezzoso.
    Diamine, come non abbiamo fatto a pensarci noi!
    Lo inserisco definitivamente sulla mia lista nera e gli lancio un’occhiata furente.
    -Ok- rispondono all’unisono Angel e Dru e io e Spike ci fissiamo per la prima volta da quando siamo arrivati.
    -Io dormo con Angel- esclama di colpo Spike distogliendo lo sguardo e tutti si voltano a guardarlo stupefatti.
    Compreso Angel che credo sia inquietato dalla cosa.
    -Che?- esclama incredulo e decisamente arrabbiato.
    Penserà che Spike voglia prenderlo per l’ennesima volta a pugni! O peggio che sia gay!
    Di colpo l’immagine sporadica di lui che mi salta addosso durante la notte mi esplode sulla retina facendomi socchiudere gli occhi.
    E posso percepire Spike e Drusilla dall’altra parte della porta.
    Mentre lui è in lei. E non in me.
    In me che senza lui non esisto.
    -Perfetto- esclamo e tutta l’attenzione si concentra su di me.
    -Non penso che sia ancora il caso di dividere la stanza- mormoro ad Angel che sospira sconfitto.
    -E poi io e Dru staremo benissimo assieme- mi stampo un sorriso da idiota sulla faccia e vedo Mortisia sbuffare indispettita.

    Dopo poche ore dal nostro arrivo è calato il tramonto e mentre Angel, Spike e Xander litigano guardando una partita di football, io, Willow e Drusilla siamo in cucina.
    La mia migliore amica è sorridente e continua a fischiettare come Mary Poppins con l’uccellino, mentre io affetto con rabbia da quindici minuti una carota.
    La regina delle tenebre non fa che tenermi d’occhio e stare lì, senza far niente e io sento che da un momento all’altro, la piazzerò sul tagliere al posto della verdura.
    Dopo la cena, preparata con le squisite manine di Willow , (lasagna precotta e olive con stuzzicadenti killer incorporati!) decidiamo di preparare l’albero.
    Xander estrae dal ripostiglio gli addobbi e io ho paura che sbuchi dagli scatoloni anche Oz: il cane che io e Spike affogammo e che il nonno di Willow si preoccupò di nascondere.
    Per giorni abbiamo pensato che fosse nella pentola a pressione!
    A quel punto si assistono a scene imbarazzanti.
    Angel e Spike continuano a litigare sul colore delle palline, mentre Xander rischia più volte di morire fulminato con le miniluci.
    Li fisso passandomi le mani nei capelli sconfitta e Willow non fa che scompisciarsi .
    Alle undici passate Angel e Spike hanno trovato un accordo, riempiendo l’albero di palline variopinte e Xander è ancora vivo.
    Quando ci salutiamo per andare a dormire, Angel ha rischiato un altro pugno per aver mangiato l’ultima patatina nella ciotola e siamo tutti convinti che Xander non sia poi uscito tanto incolume dalla corrente, dato che non fa altro che ridere come un maniaco omicida!
    Entro nella camera in cui ho scaricato i miei bagagli e aspetto che Drusilla mi segua per chiudere la porta.
    E allora la vedo. Mentre si ferma davanti alla stanza e abbraccia il suo ragazzo.
    Quello che fa l’amore con me. Quello che amo. Il mio migliore amico. Quello che tutto è.
    E allora gli bacia le labbra. Lievemente.
    E io penso. Penso a quanto quel gesto sia semplice. Penso a quanto valga.
    E allora mi chiedo se accadrà mai. Se un giorno io potrò baciare le labbra di Spike.
    Lievemente. Prima di addormentarmi. Dopo aver fatto l’amore.
    Scivoliamo entrambe dentro e lei senza guardarmi si avvia dall’altra parte del letto.
    Io non parlo. Ho di colpo la bocca secca.
    Poi piano si volta verso la finestra e si sfila il vestito nero. Lentamente.
    Così io guardo il suo corpo. E vedo le gambe snelle, le natiche perfette e la schiena sottile.
    E mi sento piccola. Ed è talmente chiaro.
    Il perché la ami. Il perché pensi di amarla. Il perché non voglia me.
    Deglutisco e mi sento insignificante.
    E terribilmente stupida.
    Perché lui è il mio migliore amico. Ed era già troppo.
    Perché potevo stargli accanto. E riempiva già l’esistenza.
    Perché è entrato in me. E ha straripato.
    Perché mi ha desiderata. E era già l’eccesso.
    Perché voglio altro? Perché non mi accontento del suo sudore e dei suoi addii? Perché non mi sento satura delle sue mani?
    Scivolo sotto le lenzuola infilando velocemente una camicia da notte di cotone e fisso il soffitto.
    Poi aspetto di sentire il respiro regolare di lei.
    Ed è talmente calma. Ed è talmente serena.
    E perché non urli? E perché non sei con lui? Perché non sei scappata e l’hai nascosto?
    Celato al mondo. Ora che ti appartiene. Ora che puoi morire.
    Lui ti ama.
    E come riesci ancora a vivere? Come il tuo cuore batte ancora? Perché non ti sei persa nella sua immagine? Perché non ti sei annullata in relazione alla sua pelle?

    Sto attenta a non svegliare Xander e Willow quando passo per il soggiorno. Lui russa come un orso, mentre Willow ha un piede coperto da calzini colorati, fuori dalle coperte.
    Scivolo lentamente in cucina e accendo piano l’interruttore, cercando qualcosa di commestibile.
    Poi sento le scale scricchiolare.
    Incrocio le dita sperando con tutto il cuore che non sia Angel che cerca di sedurmi e mi illumino quando vedo spuntare la sua testa ossigenata.
    Gli sorrido malinconicamente e lui si siede su uno sgabello dopo aver chiuso la porta.
    -E’assurdo- sussurra facendomi ridere.
    -Quello potrebbe saltarmi addosso da un momento all’altro- aggiunge allargando gli occhi e facendo segno al piano superiore.
    -Ho sempre pensato che fosse un maledetto finocchio- continua, facendo una smorfia di disgusto e io mi siedo di fronte a lui.
    -Sei tu che hai insistito per averlo nel tuo letto- lo prendo in giro e lui mi fissa truce.
    -L’ho fatto per te- mi canzona lui.
    -Perché?-
    Potevi essere tra le sue braccia. Potevi avere lei. Lei che è bella. Non quanto te.
    Nessuno può esserlo. Ma è abbastanza Spike. Non come me.
    -Pensavo ti desse fastidio dover dormire con lui…insomma vi conoscete poco- risponde e abbassa gli occhi.
    -E’così- gli rispondo, sorridendogli di gratitudine.
    -Sei stato con lei da allora?- gli chiedo di colpo. Non volevo dirlo.
    Lui sembra scrutarmi per qualche istante e poi deglutisce.
    -No- mi dice semplicemente.
    Allora sospiro di sollievo. E gli sorrido. E vorrei piangere. Dirgli grazie.
    E baciargli tutto il volto. E soffocarlo con le mie carezze. E chiedergli perché?
    Perché vuole me?
    Sorride anche lui e poi si alza. Mi raggiunge e si abbassa su di me per baciarmi.
    Assaggio appena le sue labbra e socchiudo gli occhi.
    -Avevi detto…- gli ricordo e lui mi bacia ancora impedendomi di finire.
    -Non importa quello che avevo detto- sussurra.
    -Ma ci sono gli altri- mormoro, alzandomi per baciarlo ancora.
    -Ne ho bisogno- dice piano sulla mia bocca.
    E mi sento viva. Per lui.
    Scendo sul suo collo leccando avidamente la sua pelle e lui getta le testa indietro chiudendo gli occhi. Le mie mani scivolano sul suo torace scolpito e poi scendono fino alla sua erezione.
    Lo sento portare le mani ai pantaloni leggeri del pigiama e abbassarli.
    Lo fisso, mentre si cala i boxer neri e torna nei miei occhi.
    Ed è nudo davanti a me.
    Il suo piacere illuminato dalla luce. E fisso il suo membro che si tende verso lo stomaco.
    Mi lecco le labbra e torno nei suoi occhi. E poi lo faccio. Senza sapere. Senza conoscere.
    Mi chino verso la sua erezione e faccio scivolare il suo membro nella mia bocca.
    Lui spalanca gli occhi per la sorpresa e si accascia al lavandino alle sue spalle.
    -Buffy- mormora stupito, mentre io lecco avidamente la sua punta.
    E mi perdo nel suo sapore.
    Ed è come avevo sognato. E’solo lui. Lui.
    Succhio lentamente la sua asta e lo sento gemere in modo strozzat,o mentre mi carezza i capelli.
    Ed io mi perdo in lui e nelle nostra tenebre. Come sempre.
    Fin quando lo sento tendersi all’interno della mia bocca ed esplodere.
    E faccio in modo di assaggiare tutto di lui. Di cibarmene affamata.
    Così il mio corpo sa ancora una volta che esiste. Presta fede e crede alla mia anima.
    Che lui mi vuole. Che lui mi appartiene. Che io lo amo. E che lui può amarmi.
    Deve.

    TBC :lol: :wub:
     
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  8. Spike-Spuffy
     
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    Magnifici capitoli, grazie per avercene regalati tre di seguito.. Posta presto! :)
     
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  9. spikina 4ever
     
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    Meravigliosi capitoli! Brava! :D
     
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  10. katespuffy
     
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    La latitanza uccide. Mamma mia, non ho scuse. Quindi vi abbuffo di capitoli <33

    23°Capitolo


    Mi sveglio lentamente rapita da un dolce profumo di frittelle. Apro gli occhi ferita dai raggi che sbirciano attraverso le finestre spalancate.
    Mi alzo lentamente stiracchiandomi, mentre scendo pigramente le scale.
    -Buongiorno- mi saluta Xander quando entro in cucina. Sorrido a tutti e mi stropiccio gli occhi assonnati.
    -Ho dormito un po’troppo- constato, mentre mi siedo su una sedia libera.
    -In effetti- appura Angel sorridendomi e passandomi una fetta di pane che mi ha appositamente imburrato con le sue dolci manine.
    E questa cosa mi terrorizza decisamente!
    -Stanotte ho sentito degli strani rumori- dice con noncuranza Willow, prima di lanciarmi un’occhiata.
    Sbarro gli occhi e vedo Spike fissare il suo bacon con estrema ammirazione.
    -Dei lamenti- aggiunge versandosi del caffè lei e continuando a fissarmi.
    -Forse un procione- risponde con semplicità Angel.
    Io divento improvvisamente rossa come la tovaglia natalizia.
    -Un procione in calore- aggiunge Willow e Spike si strozza con la sua colazione, tossendo così forte che tutti lo guardano preoccupati.
    Dovevo aspettarmi che la pazza squinternata si attivasse al più presto.
    In fondo perché avrebbe coinvolto tutti in questa follia, se non avesse avuto qualcosa in mente?

    Dopo poco tempo mi accorgo che la mia previsione era assolutamente esatta.
    Willow ha fatto in modo di spedire tutti a fare delle commissioni. Angel è stato convinto a passare la mattinata al centro commerciale con Xander, attirandolo con l’acquisto dei fuochi d’artificio. Drusilla è stata venerata per buona parte della colazione da Willow, per poi richiedere il suo aiuto nella scelta di uno smalto nero in profumeria.
    Naturalmente io e Spike siamo rimasti fuori da questa mattinata felice e costretti a casa per preparare il pranzo.
    Quella donna è decisamente diabolica!
    Più tardi , soli in casa, io taglio nervosa le miei solite carote, stando attenta a non amputarmi un dito.
    -Vuoi che lo faccia io?- mi chiede Spike, mentre si diverte fissandomi.
    -So tagliare una carota- lo informo facendo l’altezzosa e per poco non mi faccio saltare un indice.
    -Forse- aggiungo sbuffando e lui scoppia a ridere.
    -Dovresti fare una torta- sussurra languido e io avvampo all’istante.
    -Sei molto spiritoso- rispondo stizzita.
    -Ma tu finiresti molto probabilmente con la testa rotta e un minestrone congelato sul bernoccolo- gli faccio notare con una smorfia.
    Lui fa un passo indietro terrorizzato al ricordo del matterello omicida e io gli sorrido trionfante.
    -Non sono brava in questo genere di cose- sbuffo rassegnata posando il coltello e liberandomi del grembiulino con tanto di donna nuda stampato.
    -La torta era buona- mi dice lui e poi mi si avvicina in modo molto, molto pericoloso.
    Riesco a percepire il suo odore ed è come sentire ancora una volta il suo sapore nella mia bocca.
    -E per tutto il tempo io pensavo a te- sussurra sorridendomi e io deglutisco.
    Si mette dietro di me e mi bacia il collo, mentre io cerco in qualche modo di respingerlo.
    -Potrebbero arrivare- gli faccio notare allarmata, ma lui sembra non aver udito.
    -A quanto volevo essere dentro di te- continua incurante e fa in modo che io mi volti e fissi i suoi occhi.
    E allora ti ho perso. E forse ho perso anche me. Nel nostro buio.
    Mi aggrappo al suo collo e allaccio le gambe dietro la sua vita prima di baciarlo.
    E ho paura di me. Di me felice. Felice come se fosse reale. Come se lui non l’amasse.
    Come se lui mi appartenesse. Come se lui non dovesse andare via.
    Come se Londra non esistesse. E il tempo non scorresse.
    Ci stendiamo sul tappeto davanti al camino che continua a bruciare legna.
    Perché il mondo ci scorre addosso. Senza fermarsi. Ci liberiamo velocemente dei vestiti.
    Perché il contorno si è sfocato. Perché lui deve essere in me. E io devo averlo dentro.
    Aspetto che lui srotoli un preservativo sul suo membro fissandolo.
    Gli blocco le braccia sopra la testa e mi metto su di lui.
    E lascio vagare la mia lingua sulla sua pelle.
    Sul suo corpo perfetto e scultorio.
    Sul mio dio eterno.
    E sento i suoi gemiti. Che sono la musica senza fine della mia vita. E sento il mio nome sussurrato sulle sue labbra. Ed esisto. E vengo al mondo. Solo sulla sua bocca.
    Maneggio con cura la sua asta portandola alla mia entrata e poi lascio che scivoli in me.
    Mentre un respiro strozzato esce dalla mia bocca, mentre lui spalanca gli occhi e mi afferra con violenza i fianchi.
    E sento solo un suono gutturale uscire da lui, mentre lascio che entri fino in fondo.
    Che mi riempia del tutto. E mi rendo conto che nulla è cambiato.
    Che ha sempre colmato ogni parte di me. Che è sempre stato celato nel mio corpo.
    Ma ora urlo. Ora gemo. Ora chiamo il suo nome. Ora lo sento.
    Solo questo cambia.
    Allora mi muovo su di lui nella mia esperienza plasmata fra le sue braccia.
    In lui che mi ha iniziato. All’amore. In ogni sua forma e sfumatura.
    E allora perché vai via Spike? Perché non ti basto? Io che vivo in te e nei tuoi occhi.
    Perché non puoi restare? E provare ad amarmi…almeno un po’.
    E mi muovo sempre più velocemente su di lui. Lasciando che entri ed esca quasi da me ad ogni spinta.
    Fino a che non esplodiamo. Insieme. Fino a che la mia bocca vuole urlare.
    Che lo amo. E che deve amarmi.
    Respiro faticosamente accasciandomi sulla sua pelle madida e di colpo qualcosa attira la mia attenzione. Voci!
    -Dovremmo cercare quei procioni- sento blaterare ad Angel fuori dalla porta e scatto in piedi allarmata.
    Spike è ancora steso sul pavimento come se fosse in spiaggia e io gli tiro un calcio nel fianco attirando la sua attenzione. Mi fissa come se fossi una pazza scappata da un manicomio e io gli faccio segno stizzita alla porta.
    Sussulta mettendomi la biancheria tra le mani e lancia le mie pantofole nel camino!
    Si, nel camino!Assassino! I miei coniglietti batuffolosi!!!
    Non ho il tempo di piangere perché lui mi spinge con forza verso lo sgabuzzino.
    -No- urlo in modo strozzato, mentre sento le voci farsi sempre più vicine.
    -Oz!!- gli ricordò al pensiero del chiwawa decomposto tra gli addobbi, ma lui mi lancia uno sguardo truce e mi sbatte la porta sul naso.
    Mi lamento come una moribonda, mentre sento le chiavi nella toppa.
    Sbircio attraverso l’anta a soffietto e vedo Spike infilarsi i jeans e mettersi i boxer in tasca! E’decisamente un mago nel mantenere la calma!
    Prima che possa finire di pensare tutti inondano la casa di pacchetti e risate. Io mi attacco contro il muro. Completamente nuda! Potrebbero esserci una miriade di motive per aprire questo maledetto sgabuzzino! Potrebbero voler sistemare qualcosa, potrebbero volere la scopa che mi si è conficcata nella schiena.
    Diavolo, Willow potrebbe anche aver saputo del cane affogato e nascosto!
    E dopo pochi istanti i miei incubi prendono vita.
    -Appoggio questi- esclama Angel stringendo una scatola carica di fuochi e io sento che sto svenendo. Lo vedo avvicinarsi sempre di più. Sempre di più.
    -No- urla Spike come un ossesso. Vedo Angel fermarsi e voltarsi verso di lui.
    -Fammi vedere cosa avete preso- esclama stampandosi un sorriso enorme sulla faccia.
    Angel torna vicino a lui, mentre Dru gli fa notare che non è il caso di stare a torso nudo a dicembre!
    -E Buffy?- chiede Xander ricordandosi che esisto.
    Spike allarga gli occhi e si porta una mano dietro la nuca.
    -E’uscita a fare una passeggiata- balbetta semplicemente.
    Perfetto!

    Esco dallo sgabuzzino tre ore e un quarto dopo l’accaduto!!! Ho dovuto aspettare che tutti fossero fuori dopo che Spike li aveva attirati in giardino. E’ un ottimo complice….la prossima volta gli do una bastonata in testa e faccio tutto da sola!
    Mi getto sulla poltrona esausta, mentre riesco a riconoscere gli occhietti dei miei coniglietti peluches fissarmi dal fuoco! Assassino!
    Finiamo la nostra cena, mentre io mi invento di essermi persa nella pineta di dieci metri per tre e di aver fatto un bagno nel lago con questo freddo!Naturalmente Willow non fa che fissarmi sorniona e comincio a pensare che sapesse che fossi in quel maledetto ripostiglio!
    Più tardi ci sistemiamo tutti intorno all’albero e al fuoco piacevole guardando un film e la situazione comincia a inquietarmi.
    Angel si accoccola vicino a me su uno dei divani e prende ad accarezzarmi le gambe fissando il televisore. Rimango per tutto il tempo con gli occhi di Spike che mi scrutano e la paura che Angel si avventi su di me.
    E naturalmente non devo aspettare tanto. Pochi minuti dopo l’inizio, vedo la sua bocca avvicinarsi pericolosamente. Faccio momentaneamente il punto della situazione.
    Tutti sanno che amo la rapa da una vita. Tutti sanno che stiamo praticamente assieme.
    Come potrei svignarmela? Mi rendo conto che non ho via di scampo e sento le sue labbra catturare le mie in pochi istanti. E non è come le altre volte.
    Sento la sua lingua scivolare nella mia bocca, mentre cerco in modo impacciato e distante di ricambiare. E mi sento completamente vuota.
    E ho paura. E non è per ora. E non è per questo istante.
    E’perché ho l’assoluta certezza che tutti baci che non provengano dalla sua bocca mi faranno sentire sporca. Che tutto ciò che non viene da lui sarà privo di emozioni.
    Allora sono condannata. Condannata a vivere la mia vita in modo asettico, mentre dentro mi brucia il cuore e si strazia l’anima.
    Mi scosto freddamente da Angel che mi sorride senza essersi accorto di nulla e torno a fissare le immagini che mi scorrono davanti agli occhi.
    Poi corro nei suoi occhi. E sono ancora lì. Persi nei miei. E ha il viso contratto.
    E potrei sentire da qui il suo respiro pesante. Come tutte le volte che è furioso.
    Ma non vuole che io lo sappia.

    Mi giro continuamente nel letto dalle coperte orami incandescenti fissando il soffitto.
    Respiro profondamente e poi sguscio via. So che sono impazzita. Ma questo non mi ferma.
    Apro silenziosamente la porta della camera in cui dormono Angel e Spike e entro in essa.
    Non ho bisogno di avvicinarmi a letto perché lui scatta in piedi e mi fissa.
    Senza dire nulla ci infiliamo nel corridoio e poi io lo trascino in bagno.
    Accendo l’interruttore che abbaglia entrambi e lui stringe la mascella.
    -Potrebbero sentirci- sussurra distogliendo lo sguardo e voltandosi, come se volesse uscire.
    -Non mi sembravi dello stesso parere prima o ieri- gli faccio notare incrociando le braccia sul petto. Lui torna nei miei occhi e sospira.
    -Sei arrabbiato- dico e deglutisco. Spike si appoggia alla porta chiusa e abbassa gli occhi.
    -Non lo sono- mi risponde senza mutare espressione.
    E mi ricordo di quel giorno d’estate. Di quando avevamo otto anni e le ginocchia sempre sbucciate. Quando rimase ad aspettarmi per tutto il giorno. Quando mi disse che non era arrabbiato e poi finse di allacciarsi le scarpe per non guardarmi.
    E io sentivo l’odore dello spezzatino di Rupert e sorridevo cercando di capire.
    “Sei arrabbiato William” . E allora lui mi sorrise.
    -E’per via di Angel- dico dilatando gli occhi. Lui alza gli occhi e mi guarda.
    -No- mi corregge subito.
    -Perché dovrei- aggiunge.
    -Giusto- mormoro sospirando.
    E poi non ho il tempo di pensare. Perché sento la sua bocca sulla mia.
    Perché sento le sua mani sul mio corpo. Mentre mi alzano la camicia da notte leggera.
    Mentre entra in me. E mi tiene contro la porta.
    Velocemente. Rude. Ed è eternamente lui.
    Senza distinzione. Senza che io possa cogliere nulla che non sia parte di lui.
    Perché lui è Spike.
    Perfetto in ogni sua parte. Che davanti ai miei occhi deflagra.
    -Dimmi che non ti toccherà- mi sussurra in un orecchio, mentre spinge in me.
    Annuisco violentemente e mi aggrappo a lui.
    -Non ti toccherà più- continua. E io mi perdo ancora.
    E non può essere solo amore.
    E guardati dentro Spike. Perché devo esserci.
    Perché sei malato. Esattamente come me. Ossessionato da noi.
    -Almeno fino a quando andrò via- mi sussurra.
    E la sua voce è strozzata. Dal dolore e dall’angoscia.
    E allora sento gli occhi punti dalle lacrime e il fiato mozzato.
    Ma non possiamo dirlo. Non parleremo di Londra. Non ora. Non è ancora giunto il momento.
    E lascio che spinga in me. E continuo ad annuire e ascoltare.
    -Promettimi che non ti toccherà- urla soffocato nel mio orecchio, mentre si riversa in me.
    -Te lo prometto- mormoro soffocando il piacere.
    Prometto che un uomo di cui non ricordo nemmeno il nome non mi toccherà.
    Mai più.
    Per sempre.
    Va bene Spike?


    24°Capitolo

    Il giorno della vigilia accerto che Willow sia una psicopatica.
    Il padre, un famoso primario, avrà nascosto la cosa imbottendola di farmaci…ma a me non sfugge!
    La mia migliore amica passa la giornata costringendoci a sentire “Le migliori canzoni di Natale di tutti i tempi, (1°,2°,3° e 4°edizione) a tutto volume.
    Immagino gli animali della pineta con le orecchie sanguinanti e terribili istinti omicidi verso Babbo Natale.
    E bhe…sto cominciando anche ad odiare l’odioso vecchietto grassoccio!
    Willow continua a nominarlo, raccontando in quanti modi assurdi suo nonno sia sceso dal camino quando era bambina.
    Il clou si raggiunge quando estrae dalla valigia delle vecchie letterine e le declama ad alta voce, sottolineando con enfasi ogni giocattolo richiesto.
    Man mano che andiamo avanti i suoi desideri diventano sempre raccapriccianti.
    Si passa dalla casa delle bambole, perfettamente legittima, a un libro sull’ozono, fino ad arrivare alla “pace nel mondo”.
    E stiamo parlando di una ragazzina di otto anni!
    La sua euforia scatena attimi di panico anche negli altri che la seguono a ruota.
    Xander si commuove un paio di volte nella giornata, mentre prepara l’insalata russa.
    Angel continua a ripetere che queste sono le migliori feste della sua vita.
    E io mi domando come abbia passato le altre!
    Drusilla ha sorriso un paio di volte e stamattina mi ha anche rivolto la parola!
    Io e Spike ci limitiamo ad annuire guardandoli sconvolti e sperando che nessun obeso scenda dal nostro caminetto!
    Dopo la grande abbuffata della sera si assistono a scene mai viste.
    Xander è disteso supino sul divano, imbottito di cibi precotti e sembra sul punto di collassare. Angel ha fatto più di dodici soste al bagno, mentre Spike suda in modo sconsiderato.
    Io che mi sono rimpinzata di maionese, mia grande passione, ho le bolle di sapone che mi escono dalla bocca.
    Uno scenario apocalittico.
    Aspettiamo che la situazione torni alla normalità per scartate i regali.
    Il giorno prima io e Willow abbiamo fatto una capatina al centro commerciale per prendere qualcosa. Non avevamo messo in conto anche Angel e Dru e così io sono stata costretta a spendere i miei soldi per l’orripilante strega.
    Dopo estenuanti riflessioni ho optato per un profumo. Anonimo e decisamente troppo dolce. Sorrido diabolicamente, mentre glielo porgo, pensando alla nausea che gli odori forti comportano a Spike e quando apro il suo regalo scopro che….mi ha regalato la stessa identica cosa!
    Mi odia!E’un dato di fatto.
    Consegno con un sorriso ad Angel la raccolta in edizione limitata delle Spice e lui saltella come un bambino entusiasta.
    Lui ha comprato per me un elegante sciarpa.
    -E’molto bella- lo ringrazio con un sorriso.
    Lui si avvicina a me e io faccio in modo che mi baci una guancia.
    Consegno a Willow il libro di biotecnologia che le ho preso e a Xander uno strampalato videogioco di cui tanto parlava.
    E ringrazio entrambi per il golfino celeste da parte di Willow e lo spremiagrumi di Xander.
    Ormai ho fatto l’abitudine anche a lui.
    Quando Spike mi si avvicina gli porgo il mio regalo. Lui mi sorride e mi consegna un pacco rosso.
    Aspetto che apra il mio e lo vedo entusiasta, mentre fissa gli spartiti originali del suo gruppo rock preferito presi su ebay.
    Mi stampa un bacio sulla guancia e rabbrividisco.
    -Ora apri il mio- mi incita e io lo scarto velocemente.
    E quando apro il pacco vedo nitidamente entrambi.
    Mentre ci sbracciamo sotto quel palco. Mentre urliamo le canzoni che sappiamo a memoria.
    Mentre lui si infila nel backstage ed esce con una felpa autografata.
    E io lo fisso furente.
    -La voglio anche io- gli urlo, mentre aspettiamo che Rupert ci venga a prendere.
    Mentre abbiamo quindici anni e la gola arrossata per il freddo e le urla.
    -Penso che questa debba tenerla tu- mi dice e posso vedere con precisione i suoi pensieri.
    Mentre sale su quell’aereo. Mentre mi lascia sola.
    Mi lancio nelle sue braccia e lo stringo forte. Mentre lui mi carezza i capelli.
    Imponendomi di non piangere.
    -Una maglietta usata?- chiede Xander facendomi ridere.
    Mi sposto da Spike e lui mi sorride. Semplicemente.
    -Ora apri il mio- sento sussurrare a Drusilla. Stringo i pugni. Devo essere forte.
    Lo vedo aprire lentamente il suo regalo. E poi fisso il suo viso. Mentre si illumina.
    -Ma come hai fatto?- chiede fissando due biglietti. Per un concerto immagino.
    -Ho i miei ganci- mormora ironica Dru, mentre apre il suo pacchetto.
    Ed estrae lentamente una camicetta. Una camicetta nera impreziosita da strass.
    -E’bellissima- mormora stupita e poi si attacca alla sua bocca.
    Io inspiro e deglutisco. E poi distolgo lo sguardo.
    Nella speranza che i miei occhi non vedano e la mia anima creda che non sia vero.
    Che lui ami me. Che lui voglia me.
    Fisso la felpa blu e vorrei tanto portarla al volto per sentire il suo odore.
    Poi di colpo scorgo un biglietto attaccato sul fondo della scatola.
    “Ci vediamo alle due fuori”
    Alzo gli occhi allarmata e lo nascondo.

    Quando esco dal cottage mi stringo nel cappotto messo alla meglio sulla camicia da notte.
    Ho cercato di fare meno rumore possibile sperando che Angel non fosse ancora costretto sul water.
    Poi vedo Spike. Nel buio della pineta.
    Ci avviamo in silenzio verso il capanno della legna e io riesco a vedere la luce che proviene da esso. Entro e boccheggio. Ci sono candele ovunque che riempiono l’aria gelida di una dolce fragranza. Una coperta è stesa sul pavimento di legno e una piccola stufa crea un leggero tepore.
    -Pensavi che la maglietta fosse il mio regalo?- mi chiede e io alzo gli occhi stravolta.
    Poi scende lentamente sulla mia bocca. E la cattura. E io mi impongo di non pensare a lei.
    A lei che me l’ha rubato. Ad io che non sono stata capace di tenerlo stretto a me.
    A me che l’avevo. A cui era stato affidato.
    Che sono stata sempre davanti ai suoi occhi. A lui che ha guardato altrove.
    E penso a tutti nostri Natali. Dove Rupert partiva per scordare Darla.
    Lei che se ne era andata troppo presto.
    E a lui. Che sorrideva. Che rideva. E che poi di notte piangeva.
    Stretto al mio corpo. Così stretto da farmi mancare il fiato. Tanto stretto da non riuscire a respirare.
    Mentre il pigiama pesante si attaccava al mio corpo sudato.
    A me immobile. Senza parlare.
    E al suo “grazie” del giorno dopo.
    E ti amo così disperatamente. Da allora, da prima e da ora.
    Da quando ti ho visto. Da quando andrai via.
    Ritorno alla realtà, mentre sento il suo corpo sul mio.
    Mentre entra in me. Mentre la nostra pelle si scotta. E si tocca.
    E lui spinge fracassando ogni briciolo della mia razionalità. Distruggendo la mia mente.
    Al mio cuore non può farlo. Non ne ho più uno. L’ho dato a lui tanto tempo fa.
    Sussurro continuamente il suo nome, mentre raggiungo un piacere estremo.
    E’lui.
    Non sogno. Non immagino. Non spero.
    E’il mio migliore amico che è in me.
    Quello che mi ha insegnato a giocare a poker, ad andare sui pattini e ad amare.
    Tutto con gli stessi occhi e la stessa voce. Tutto con il suo corpo e la sua anima.
    Collassa su di me e sparisce con il volto nell’incavo del mio collo.
    Poi lo vedo stendere una mano verso i suoi jeans ed estrarre un pacchetto
    -Cos’è?- chiedo, mentre me lo porge con un sorriso.
    -Il mio regalo- dice e io mi metto sui gomiti. Ho le mani che mi tremano mentre lo apro.
    E poi piango, mentre fisso una catenina d’oro con un ciondolo a forma di cuore.
    E non abbiamo bisogno di parlare.
    Non è il mio cuore che mi ha restituito. Non può. Non può farlo. E’suo per l’infinito.
    Allora spero che sia il suo. Quello puro e bramato.
    E facciamo l’amore.
    Finché la luce non raggiunge il capanno. E i nostri corpi sono sfiniti.

    Mi sveglio con il sole alto e sento i miei amici chiacchierare in cucina.
    Quando scendo noto che Spike ha gli occhi assonnati come i miei.
    Mi slaccio i primi bottoni della camicetta e gli faccio intravedere la catenina. Lui mi sorride.
    -Buongiorno amore- mi sussurra quando mi è vicino al punto che nessuno possa ascoltare.
    -Buongiorno amore- lo prendo in giro io e rido.
    Di felicità e irrazionalità. Della serenità che può scaturire solo dall’incoscienza.
    Mangiamo i pochi avanzi di ieri, ancora troppo sazi e prepariamo le valigie per la partenza di domani mattina.
    Nel pomeriggio decidiamo di vedere una vecchia commedia che era nascosta nel ripostiglio (scena del crimine!)del cottage.
    Ridiamo tutta la giornata come pazzi prendendo in giro Xander e Angel sembra più a suo agio che mai.
    Quando si fa sera mi appoggio vicino la finestra del soggiorno e guardo fuori.
    E’tutto immobile e decisamente fermo. E vorrei che il tempo si cristallizzasse.
    Rimanendo quella che sono. E non so cosa sono.
    Ma che importa?
    Se lui resta…se lui m vuole…se io lo amo…se lui può amarmi.
    -Grazie- mormora Angel facendomi distogliere dai miei pensieri. Sorrido interrogativa.
    -Di cosa?- gli chiedo, mentre lui si siede vicino a me.
    -Della splendida settimana con voi- mi risponde semplicemente.
    -So che non ti ho fatto cambiare idea- aggiunge e io abbasso gli occhi.
    -Ma mi piaci tanto Buffy e non mi pento di averci provato- aggiunge.
    Io sospiro e mi chiedo come sarebbe amarlo. Come sarebbe vivere di un amore sereno e corrisposto.
    E non voglio scoprirlo. Perché l’amore non è amore senza i suoi occhi cerulei.
    -Sei una brava persona Angel- gli dico. Lui mi sorride e mi abbraccia stretto.
    Lo stringo serena e sono felice di averlo inserito nel mio piano “fingersi innamorata”.
    Sono felice di averlo conosciuto e di aver incontrato un nuovo amico. Di questo sono certa.
    Poi si scosta da me. E mi bacia. Appena. Con tanta gentilezza. Sorrido e mi scosto da lui.
    -Grazie a te- gli rispondo.
    Di avermi fatto ballare con te quando volevo morire.
    Di aver accettato i miei baci quando stavo morendo. Di avermi capita quando non posso morire.
    -Troverai una ragazza fantastica- aggiungo e lui ride.
    -Questo è sicuro- si atteggia guadagnandosi un buffetto sul braccio.
    -Vado a preparare la mia borsa- mi dice, alzandosi e allontanandosi da me.
    E quando lo fa noto Spike sulla porta. Che lo fissa truce, mentre esce e poi si incolla nei miei occhi.
    Boccheggio per un istante. Perchè so che non ha capito. Come potrebbe farlo, senza che io gli spieghi tutto?
    Mi alzo e lui sguscia fuori. Lo raggiungo all’esterno, mentre il freddo mi attanaglia il corpo senza cappotto.
    -Spike- lo chiamo e lui si volta fissandomi truce.
    Serro la mascella.
    -Tu non baci Drusilla?- gli chiedo d’istinto e lui annuisce senza mutare espressione.
    -E poi non era quello che pensi- aggiungo, rendendomi conto dell’assurdità delle miei parole.
    Lui non capirà. E so che dovrei dirglielo. E sento il vento tagliarmi le guance.
    E realizzo. So che glielo dirò.
    Che in un modo o nell’altro un giorno saprà che lo amo.
    Che deve saperlo.
    E sento che l’anima sta esplodendo.
    Che anch’essa vuole raggiungere il mio cuore.
    Nel suo corpo.
    -Stanotte dormirò con Dru- mi dice di colpo facendomi indietreggiare.
    -Così potrai passare la notte con Angel- aggiunge e mi si avvicina.
    -Dimentica la promessa- sussurra e io boccheggio.
    E vedo le scale ghiacciate e le mie mani rosse e gelate.
    Stringo i pugni e deglutisco.
    E lo vedo tornare dentro. Mentre il vento sembra essersi fermato e il freddo placato.
    E so che deve sapere.
    Che glielo dirò.
    Che molto presto accadrà.
    E vedo la mia anima rientrare con lui. Stringersi al suo corpo. E unirsi al mio cuore.


    25°Capitolo

    Fisso Angel particolarmente nervosa, mentre prendo in considerazione l’ampiezza della stanza.
    Ok, posso farcela.
    -Mi rendo conto che la situazione sia strana- mi dice lui, attirando il mio sguardo ancora sgomento.
    -Hm?- biascico di rimando con gli occhi terrorizzati.
    -Stasera abbiamo messo in chiaro le cose e ora ci troviamo a dormire assieme- mi risponde facendomi una sorta di occhiolino.
    Una sorta di occhiolino che non mi piace per niente.
    -Facciamo solo un piacere a Drusilla e Spike- preciso, sperando che la mia inquietudine non traspari dalle mie parole.
    -Certo- mi risponde sicuro Angel, continuando a fissare il letto.
    -Ma la situazione potrebbe scivolarci dalle mani- aggiunge, fingendo noncuranza.
    Alzo un sopracciglio e poi sospiro esausta.
    -Che intendi?- gli chiedo spazientita, incrociando le braccia sul petto.
    -Sai, dormire assieme, il mio corpo atletico…- continua imitando dei gesti sensuali con le mani.
    -Angel- lo richiamo, interrompendo le sue parole.
    -Stai per indossare un pigiama di flanella a scacchi marrone e rosso- gli ricordo facendo una smorfia di disgusto con la faccia.
    -Il tuo gel sta per sparpagliarsi sul cuscino, lasciando la tua chioma libera- aggiungo portando le mani al volto e massaggiandomi gli occhi.
    -E hai quelle terribili babbucce- sospiro esausta tornando a guardarlo.
    Lui sgrana gli occhi allarmati e indica il suo corredo da notte.
    -Non sono babbucce- urla indicando quell’indecenza.
    -Sono babbucce, babbucce gialle- preciso infilandomi nel letto.
    -Sono calzini- mi risponde stizzito e velatamente imbarazzato.
    Mi alzo sui gomiti e lo seguo con lo sguardo, mentre si infila nella piccola cabina armadio.
    -Come puoi dirlo?Te le ha sferruzzate qualche vecchina!- gli dico aspettando che torni di qua.
    -Potresti averle sferruzzate tu stesso!- borbotto e lo vedo tornare in stanza con il pigiama di flanella. E’decisamente irritato.
    -Ho i piedi freddi- mi spiega ficcandosi sotto le coperte.
    Sorrido di nascosto, mentre lo vedo infilarsi goffamente le babbucce nel letto.
    -E me le ha fatte mia nonna- aggiunge tirandosi la coperta sul naso.
    -Ci avrei giurato- sussurro spegnendo l’abagiur.
    Restiamo qualche istante nel buio e nel silenzio, mentre io torturo le unghie con i denti.
    Sento finalmente delle voci raggiungere la stanza accanto. Sono appena saliti per la notte.
    -Buffy- mi chiama Angel facendomi alzare gli occhi al cielo.
    -Sch!!- grido in modo strozzato, facendolo sussultare.
    Lo sento sospirare per un istante. Cerco ancora di captare qualche suono dalla stanza accanto.
    -Buffy- mi chiama ancora e io stringo i pugni.
    -Si?- rispondo adirata.
    -Forse…se provassimo…- comincia lui.
    -Angel dormi- concludo esausta, sperando che taccia presto.
    Mi sembra di sentire uno strano sussurro e poi distinguo chiaramente la risata della megera.
    -E-se-mi-togliessi-le-babbucce?- mi chiede ancora tutto d’un fiato, facendomi sobbalzare.
    -Fingerò di non aver sentito- taglio corto e sento Angel girarsi su un fianco.
    Dopo qualche istante riesco a sentire la voce di Spike, ma non ne colgo il significato.
    Poi sento uno strano rumore provenire dal corpo al mio fianco.
    Allora spero!Spero solo che non stia russando!
    Quando sento un suono simile a un gemito strozzato me ne convinco. Sta decisamente russando!
    Esausta mi metto in ginocchio sul letto, ma a questo punto il concerto che proviene da Angel, mi impedisce di sentire ogni cosa.
    Sgattaiolo dal letto e lentamente mi appiccico alla porta che mette in comune le due stanze.
    Il silenzio è l’unica risposta…insomma…se stiano facendo qualcosa…Non dovrei sentire almeno una sorta di gemito?
    Di colpo l’immagine dei loro corpi avvinghiati nell’ assenza di rumori esplode nel buio della camera, facendomi mancare il fiato.
    Poi improvvisamente sento la base a cui è attaccato il mio orecchio sparire e mi ritrovo inginocchiata per terra, aggrappata a Spike, con la faccia su qualcosa di morbido.
    Alzo gli occhi scorgendo la sua figura e mi accorgo di essere con il viso sulle sue parti intime.
    Sussulto allarmata e faccio qualche passo indietro.
    -Che ci fai attaccata alla mia porta?- sussurra lui, sistemandosi i pantaloni del pigiama.
    -Quello che fai tu in camera mia- rispondo stizzita e lui mi fa segno di abbassare la voce.
    Poi lo vedo fissare Angel che dorme e ha tirato un piede coperto dalla babbuccia gialla sopra il piumone.
    -Hai scoperto il suo segreto- sghignazza e io faccio scorrere il mio sguardo nella sua stanza.
    Vedo la sagoma di Drusilla rannicchiata sotto le coperte e mi tranquillizzo.
    -Torno a dormire- biascico fissando i suoi occhi.
    Continuo a guardare il suo corpo coperto sola dal pigiama leggero.
    Posso vedere i suoi muscoli tonici sotto la stoffa sottile e i capelli appena scompigliati.
    Faccio un passo indietro con la terribile voglia di toccarlo.
    -Buonanotte- mi risponde lui tendendo la mascella.
    Chiudo lentamente la porta e mi appoggio per qualche istante ad essa.
    Cerco di respirare e far cessare di battere il mio cuore che mi tamburella nelle orecchie.
    Poi sento ancora il terribile russare di Angel stordirmi.
    Perfetto!

    Sistemo la mia valigia nella macchina di Angel e aspetto che gli altri finiscano di fare colazione.
    -Hai dormito bene?- mi chiede Spike, raggiungendomi fuori.
    La pineta è illuminata dal sole e il freddo sembra essersi attenuato.
    -Più o meno- dico sincera e lui mi sorride di rimando.
    Ci fissiamo negli occhi per qualche istante.
    -Perché non mi hai baciato?- mi chiede a bruciapelo, stranamente serio.
    Lo fisso interrogativa.
    -Volevi farlo ieri notte- aggiunge.
    -Sei troppo sicuro- gli rispondo alterata allontanandomi e lui mi blocca un braccio, imponendomi di voltarmi.
    -Non volevi la mia bocca?- mi chiede stringendo la presa.
    -Non mi volevi mentre lui ti era accanto?-
    Fisso allarmata la casa da cui sento provenire le risate di tutti.
    -Lasciami- mormoro persa nei suoi occhi furenti.
    Lui ha deciso tutto e ora mi sputa addosso il suo risentimento. E le nostre tenebre.
    -Non volevi che scopassimo tutta la notte?- sussurra strozzato facendomi sgranare gli occhi.
    Mi divincolo da lui e mi allontano fissandolo con occhi infuriati.
    -Non parlarmi così- dico secca.
    -Certo, lui ti ha accontenta per bene- sorride amaro Spike.
    -Ma sei pazzo?- gli sputo addosso e stringo i pugni.
    Lo vedo inspirare e ritrovare per un istante un briciolo di calma.
    -Io pensavo…- comincia portandosi le mani al volto.
    -Non pensare Spike- dico secca.
    -Se è questo il risultato- aggiungo e lo vedo fissarmi.
    -Non sto con Angel, rispetto quello che mi hai chiesto- la mia voce esce troppo rotta e mi maledico per questo.
    -Ma ci stiamo perdendo- continuo e deglutisco.
    -Mi stai facendo perdere-
    In te e nel nostro amore tetro e disperato.
    -Non so cosa stiamo facendo- sospiro. Alzo lo sguardo e vedo i suoi occhi malinconici.
    Poi improvvisamente sento le voci di tutti raggiungerci e mi infilo nell’auto di Angel.

    E’la vigila di Capodanno e io e mia madre siamo raggomitolate sul divano.
    Ho in mano un enorme vaschetta di gelato al cioccolato e lo sguardo perso.
    -Non capisco perché non hai invitato Spike?- mi chiede per l’ennesima volta e io sbuffo scocciata.
    -Ok, sto zitta- annuncia e torna a fissare la tv.
    Non lo vedo da quando abbiamo lasciato il cottage. Penso che non siamo mai stati lontani per così tanto tempo in realtà. Ma ho ancora il bruciore della sua stretta sul braccio e le sue parole nel cuore.
    E so che sta succedendo. Che sta succedendo qualcosa.
    Qualcosa a cui sono pronta da una vita, ma che mi sconvolgerà l’esistenza.
    -Tra quanti mesi andrà via?- mi chiede mia madre dopo poco.
    Quanti mesi….sembra così poco! Faccio mentalmente il conto del tempo che rimane e le mie mani prendono a sudare.
    -Quattro…cinque mesi forse- rispondo esitante.
    Non so esattamente quando partiranno. Io e Spike non parliamo di Londra. Mai.
    E quando accadrà il mio mondo scadente cadrà. I mie occhi parleranno…e lui rimarrà sconvolto.
    -Questo è l’ultimo capodanno allora- conclude lei con noncuranza prima di alzarsi e sparire in cucina.
    No, non è l’ultimo. Spike rimarrà. Non andrà via. Continueremo a fare l’amore. Gli dirò che lo amo. Lo amo da sempre. Da quando aveva quattordici anni e gli occhi più chiari.
    E lui saprà amarmi.
    Ma poi lo vedo. Ancora lontano. Mentre abbraccia un corpo che non è il mio. Mentre vive una vita che non mi appartiene. Mentre l’essere più bello si allontana. E non capisco perché.
    Come dopo che sia stato donato a me voli da un’altra.
    Scatto in piedi e fisso la tv. Mancano sette minuti a mezzanotte.
    -Vado a fare gli auguri a Spike- annuncio a mia mandre. Lei mi guarda sbigottita.
    -In canottiera?- mi chiede titubante. Afferro il suo cappotto e sguscio fuori.
    Corro per l’intero isolato che divide le nostre case. Fin quando un dolore al fianco mi attanaglia e il fiato mi manca nel vento gelido.
    Mi infilo nella porta semichiusa di casa Stratford cinque minuti dopo e avanzo rapidamente verso il salone.
    Vedo Rupert fissare il televisore che continua il suo conto alla rovescia e Spike scattare in piedi. Gli sorrido con il viso arrossato e lui mi guarda stranito.
    -Buffy!Corro a prendere dello spumante- annuncia Rupert sparendo in cucina.
    -Buon anno- dico a Spike. Lui corre verso di me e si avventa sulla mia bocca.
    E allora ci baciamo. Dopo troppe ore. Dopo troppi giorni.
    E allora non puoi partire.
    Non puoi lasciarmi.
    -Buon anno- mi dice quando si stacca appena dalle mie labbra.
    -Tesoro- aggiunge.
    Sto per parlare quando Rupert sbuca con in mano un enorme bottiglia.
    -Auguri- urla facendola esplodere e ridiamo fissando lo champagne che comincia a scorrere copioso sul pavimento.

    Dopo pochi minuti liquidiamo Rupert e ci infiliamo in camera di Spike.
    Vedo le sue mani liberarmi della canottiera leggera e dei pantaloni della tuta.
    -Mi mancavi- sussurro sulla sua bocca.
    Lo sento ridere contro di essa e liberarmi degli slip.
    -Non posso vivere senza di te- mormora lui.
    Sbarro gli occhi e lo fisso, mentre si toglie la camicia e lascia che la luce leggera illumini il suo corpo perfetto.
    -Dimmelo ancora- gli chiedo. Nuda davanti a lui.
    Lui lascia cadere anche i jeans e i boxer e poi mi si avvicina.
    -Non posso vivere senza di te- mi ripete e io sento il suo membro umido contro il mio ventre.
    Gemo d’istinto e mi perdo nelle sue braccia.
    -Dillo ancora- mormoro afferrando la sua asta e facendo correre le mie mani su di essa.
    Sento un suono gutturale uscire dalla sua bocca e le sua mani spingermi verso il letto.
    -Non posso vivere senza di te- ripete con voce roca e nello stesso istante mi riempie.
    Urlo d’ istinto sentendo tutta la sua lunghezza farsi spazio dentro di me in un solo istante e la sua mano corre a coprirmi la bocca.
    -Non lasciarmi Buffy- mi supplica prendendo a spingere subito con forza dentro di me.
    E io mi chiedo dove siamo arrivati. In quale luogo ci siamo persi.
    Perché abbiamo estinto la razionalità e soffocato la ragione.
    Perché io lo amo e taccio. Perché lui pensa di amarla e non vive senza di me.
    Perché lui deve andare via e io non devo lasciarlo.
    E mi rendo conto solo in questo istante che tutto è finito.
    Ogni possibilità di tornare indietro, ogni briciolo d’innocenza.
    Che stiamo correndo in modo frenetico verso una mia rivelazione.
    Quella che farà tremare le certezze e svelare ogni aspetto di questa eterne menzogna.
    -Mai Buffy- mi supplica spingendo con una forza inaudita in me.
    Mentre sento il suo corpo sbattere contro di me.
    Mentre sento la sua disperazione fondersi con la mia.

    -La settimana prossima ce ne andiamo alla Baia di San Francisco- mi dice Spike.
    Ha il capo appoggiato sul mio ventre e ancora la voce sgranata.
    -Solo tu ed io- aggiunge.
    Poi lentamente si alza verso di me e mi bacia ancora.


    26°Capitolo

    -Odio vederti piangere- mi dice Spike, mentre io mi asciugo gli occhi.
    Tiro su con il naso fissando la lettere scabra di mio padre.
    Odiose parole per farmi gli auguri per l’inizio del liceo.
    -Prometto che io non ti farò mai piangere- mi rincuora e io mi stringo a lui.

    Dopo una settimana dalla notizia salgo nella Desoto di Spike super eccitata.
    -Buongiorno raggio di sole- mi saluta lui, carezzandomi una guancia.
    Mi stringo nel mio cappotto e gli sorrido. Non so cos’ abbia detto a tutti.
    E Molto sinceramente non mi interessa. Io ho spiegato a mia madre la verità.
    Naturalmente omettendo i particolari sexy e facendole credere che io e il mio migliore amico passeremo del sano tempo assieme.
    Per il resto ho evitato di parlare di questa weekend. Al nostro ritorno qualcosa sarà cambiato.
    Non so se in bene o in male. Tremo al pensiero di parlare. Al pensiero dei suoi occhi.
    Ma da quando ho appreso di questi giorni si è fatta largo in me un opprimente certezza.
    Che questo tempo cambierà tutto. Che queste ore altereranno la mia vita.
    Dopo pochi chilometri vedo Spike voltare in un piccolo vialetto. Naturalmente non abbiamo bisogno di dire nulla. Lentamente le ruote scricchiolano sulla ghiaia che porta al grande cimitero di Sunnydale. Ogni qual volta passiamo vicino all’imponente cancello ci fermiamo.
    Non importa dove siamo diretti o quale sia il nostro umore. Darla ci aspetta.
    Scendiamo dall’auto e in silenzio varchiamo la solenne entrata.
    Pochi metri dopo, persi nel sole tiepido e nel prato gelato, arriviamo alla lapide.
    Spike controlla che i fiori siano rigogliosi e versa un po’d’acqua all’interno della piccola anfora di terracotta che ha impastato in prima media.
    Rimango in piedi e come al solito lo guardo inginocchiarsi e rimanere in silenzio.
    E posso vederlo. Ride. Tanto forte che io lo prendo in giro. E sua madre gli versa del succo.
    “Mi sono sporcato i pantaloni di fango”. Sorrido e Darla lo fissa in modo falsamente truce.
    -Le piacevi tanto- mi dice di colpo, interrompendo i miei pensieri.
    -Hm?- biascico interrogativa riportando i miei occhi su di lui.
    Spike rimane immobile, senza voltarsi.
    -Diceva che eri perfetta- aggiunge serio. Sorrido di rimando.
    -Ero una bambina- gli ricordo ironica.
    Ma lui sembra non avermi ascoltato.
    -Mi prendeva in giro, dicendo che ero innamorato di te- . E si volta nello stesso istante.
    Avvampo e lo fisso.
    -E mi ha fatto promettere che ti avrei protetta- continua.
    Sento una lacrima scivolarmi in bocca e mi accorgo solo in questo istante che sto piangendo.
    -E invece sei stata sempre tu a proteggere me- conclude sospirando. Poi mi sorride.
    -Hei, chi ha evitato che Cordelia mi cavasse gli occhi?- gli ricordo con voce roca, facendolo ridere.
    E mentre lo fa, lo sento piangere. Sul divano si casa mia.
    Con la testa sulle mie ginocchia e i pugni stretti.
    Ed è un bambino con gli occhi grandi.
    “Forza” lo incito con la voce rotta dalle lacrime.
    “Non tornerà” urla scosso dai singhiozzi, spaccandomi il cuore.
    -Che pensi?- mi dice riportandomi alla realtà.
    Che ti amo.

    Arrivati in albergo non facciamo che spingerci e ridere. La camera matrimoniale è adorabile e riesco a vedere dall’enorme finestra, la baia che si riempie del buio della notte.
    -E’ bellissimo- esclamo, fissando l’orizzonte.
    -Pensavi ti portassi in un motel vicino ad un distributore di carburante?- mi chiede ironico, facendomi ridacchiare.
    -Pensavo fossimo costretti a dormire sulla spiaggia- gli rispondo stizzita e mi lascio cadere sul letto.
    Dopo pochi istanti lui è su di me.
    -Non penso che avrai tempo di dormire- mi fa notare e io rido contro la sua bocca.
    -Non so se sono d’accordo- lo prendo in giro, mentre sento la sua mano insinuarsi sotto la mia gonna.
    -Allora sarò costretto a prenderti con la forza- sussurra e io mi inarco contro di lui.
    -Prendermi? Sembri tanto un lord di altri tempi- sorrido languidamente e lui mi morde le labbra ringhiando.
    -Non ti sembrerò un lord quando sarò in te- mormora, facendomi rabbrividire.
    Sento le sue mani liberarmi della calze e cesellarmi le gambe.
    -Quando spingerò facendoti urlare- sussurra e io gemo di rimando.
    E pochi secondi dopo lo sento penetrarmi.
    Con una forza inaudita che mi fa stringere le lenzuola.
    E ho la certezza che possa amarmi. Che può imparare a farlo.
    Che posso bastare. Che posso essere degna del suo cuore. Talmente puro e intatto.
    Quello che venero.


    -Mi fanno male i polpacci- dico addentando un’enorme fetta di pane, burro e marmellata.
    L’alba ci ha appena sorpresi.
    -Mi rendo conto che non sei adatta a queste maratone- mi prende in giro Spike.
    Gli appiccico un secondo dopo, una brioche farcita in faccia e lui mi fissa truce.
    -Dovremmo almeno guardare il mare- gli faccio notare storcendo il naso.
    -Non siamo venuti qui apposta? – gli chiedo fingendomi innocente.
    Lui si ripulisce attentamente e poi si versa un po’ di latte.
    -Chi ha detto che siamo venuti per questo?- ride guadagnandosi un colpetto sulla spalla.

    -Sei adorabile- sghignazza fissandomi.
    Mi volto continuando a insaponarmi all’interno della doccia e gli lancio un’occhiata torbida, attraverso le lastre di vetro trasparente.
    -Che vuoi dire?- gli chiedo voltandomi per evitare che veda il rossore che ha inondato il mio volto.
    L’imbarazzo di essere nuda davanti a lui certe volte diventa attanagliante.
    -Ti insaponi come quando avevi nove anni- mi fa notare alzando un sopracciglio.
    Io mi volto di scatto e lo fisso interrogativa.
    -E tu che ne sai di come mi insaponavo a nove anni?- gli chiedo aprendo i vetri del box doccia.
    Spike si accomoda meglio con le spalle vicino all’enorme lavandino e sorride malizioso.
    -Eri a casa mia- comincia e io so che presto gli spiaccicherò la spugna in faccia.
    -E la porta era aperta- finge noncuranza, impegnandosi per non scoppiare a ridere.
    -Ti sei messo a spiarmi?- gli chiedo furente. Lui annuisce e comincia a liberarsi della t shirt.
    -Sei un maniaco- strepito e finalmente gli lancio la spugna insaponata.
    Lui la scansa abilmente e lascia cadere i boxer sul pavimento.
    -Ero un bambino- mi ricorda intrufolandosi nella doccia.
    Incrocio le braccia con l’acqua che mi scorre copiosa sul corpo e lo fisso furente.
    -Ed ero solo curioso- taglia corto afferrandomi i fianchi.
    -Ho sempre sospettato che fossi tu a rubarmi i reggiseni- lo accuso puntandogli un dito contro.
    -Quello è venuto dopo- risponde entrando in me.

    Finisco con gusto la nostra cena e lo sorprendo a fissarmi.
    -Che c’è?- gli chiedo bevendo un sorso di vino.
    -Sei bellissima- mi risponde con semplicità. E allora perdo un battito.
    Poi lo vedo guardare fuori. Il ristorante dell’albergo è ormai deserto.
    -Il tempo è volato- mi fa notare e io mi rattristo pensando che l’indomani dovremmo tornare a casa.
    -E’stato bello- dico distogliendo lo sguardo.
    -Magico- precisa lui, guadagnandosi i mie occhi e facendomi sorridere.

    Quando chiudo la porta della camera restiamo in silenzio.
    Sento il vento forte ululare e il buio attanagliarci.
    Poi lentamente mi avvicino a lui e gli poso le mani sul torace. Freme sotto il mio tocco.
    Lascio che la sua camicia scivoli via e poi mi occupo dei pantaloni.
    Sfioro la sua pelle e scendo fino ai boxer. Quando finalmente è nudo davanti a me, sforzo i miei occhi nell’oscurità, per imprimere nella mia mente ogni particolare.
    Dopo qualche istante sento le sue mani sfilarmi il vestitino nero.
    Vedo la mia biancheria sparire attraverso le sue mani esperte e trattengo il fiato.
    E allora so. Che stanotte accadrà.
    E allora parlo.
    -Non è desiderio represso- dico catturando la sua attenzione. Spike rimane in silenzio.
    -Non è accaduto perché ci siamo imposti il contrario- aggiungo e lascio che la mia bocca si posi sul suo petto.
    -Nulla di tutto questo- continuo con tono roco e scivoliamo entrambi sul letto.
    -E’altro- aggiungo e deglutisco. E sento il mio cuore battere in modo incessante.
    Divarico le gambe e lascio che si posizioni tra di esse. I suoi occhi sono diversi.
    Mai conosciuti.
    -Deve esserlo- continuo e nello stesso istante Spike entra in me.
    Ed è diverso. Resta immobile.
    -E tu lo sai- continuo e la mia voce è strozzata dal piacere.
    Poi lentamente prende a muoversi dentro di me.
    Con una calma che mi fa boccheggiare.
    -Sai cos’è- e il mio tono è soffocato da lui. E dalle sue spinte.
    Da Spike e dal mio amore. Quello che mi fa parlare e gridare.
    E allora si muove più velocemente.
    -Sai cosa sentiamo- urlo con voce rotta stringendo le mie gambe attorno alla sua vita.
    E allora prende a spingere in me con una violenza inaudita.
    Forte. Forte. Sempre più forte. Per un tempo interminabile.
    -Sai cosa siamo- mormoro roca, mentre un piacere spasmodico attanaglia il mio corpo scosso dai fremiti.
    E allora lo sento cominciare a riversarsi in me. E spingere con più vigore.
    Fino a volermi cancellare.
    Fino a sperare che di me resti il nulla.
    Ma ci sono Spike. Sono qui. E tu sei nel mio corpo. E ti stai perdendo nel nostro piacere.
    -Buffy, Buffy- mi chiama, mentre il suo corpo si muove contro di me in modo spasmodico.
    -Buffy- urla con una voce che non conosco.
    Lo stringo a me e aspetto che il suo respiro torni regolare.
    Carezzo i suoi capelli. E aspetto.
    Con l’anima in gola. Quella che è sua.
    Quella che per un istante è tornata da me. Per darmi il tormento.
    Poi scivola via da me. E un suono soffocato esce involontariamente dalla mia bocca.
    Lo vedo girarsi dall’altro lato e darmi le spalle.
    Allora una lacrima mi solca il volto.
    E tremo. Con il freddo del mio corpo nudo e la mia anima distrutta.
    Quella che ho preso in prestito.
    Spike.
    Voltati. Non aver paura.
    Perché? Perché hai fatto in modo che io ti amassi?
    Che io mi innamorassi di te in un modo tanto assurdo e disperato?
    Tanto malato.
    Quello che ti spaventa. Quello che non vuoi.
    Cosa ti costa amarmi?

    Continua... :wub:
     
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  11. Spike-Spuffy
     
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    Pensavo ci avessi abbandonato definitivamente :lol: Bellissimi capitoli, comunque!! :) Posta presto!!
     
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  12. Lixetta
     
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    Sono arrivata tardissimo!!
    Ti prego,continua!!Sono arrivata alle ultime righe e ho urlato un NOO silenzioso vista l'ora!
    Stasera non vado a letto tranquilla....per nulla! :D
    Ti aspettiamo cara!
     
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  13. lux18
     
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    E bellissima! Complimenti!!!! Mi ha rapito.... Non vedo l ora di leggere il seguito! Grazie.
     
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  14. keiko89
     
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    Kate, finisco io dato che siamo in fase di spostamento ff.

    Ecco a voi, mie care!


    27°Capitolo

    Parcheggiamo fuori casa mia dopo un viaggio fatto solo di silenzio.
    Mi volto verso di lui e vedo Spike fissare la strada.
    -Possiamo parlarne?- esulo in un sussurro e deglutisco.
    Lo guardo stringere gli occhi come se fosse affaticato e poi voltarsi verso di me.
    -Cosa delle mie parole ti ha tanto infastidito?- chiedo. E non ho paura.
    Perché tutta la notte è stata fatta delle sue parole. Perché tutta la notte mi è sembrato di sentirlo parlare. Ho sentito la sua voce.
    Che mi diceva che non mi amava. Che non poteva amarmi.
    Ho immaginato che si voltasse verso di me e mi cacciasse via.
    E andasse a Londra. Lontano. Da me.
    Ora sono preparata. Pronta a quello che in realtà sento come già successo.
    Morta dentro.
    -Non lo so- mormora appoggiando le mani sul volante.
    -Bene- sussurro sarcastica portandomi una mano al volto sconvolto.
    -Non pensi che sia così?- chiedo con voce più grave di quanto volessi.
    -Così come?- incalza lui facendomi boccheggiare.
    Inspiro e socchiudo gli occhi.
    Lui non vuole sapere. Lui non vuole che urli. Che gli chieda di restare.
    Vuole andare. Andare e lasciarmi.
    -Io non amo Angel- dico. Secca e decisa. Perché almeno non voglio mentire.
    Lo vedo sbarrare gli occhi e fissarmi stupefatto.
    -Non ho mai amato Angel- aggiungo coincisa.
    -E non penso che tu possa amare Drusilla- concludo.
    Lo vedo abbassare gli occhi. E rimanere in silenzio.
    E mi odio. Mi odio per amarlo. Perché lui è bellissimo e perfetto.
    Perché lui era il mio migliore amico. Ma non può essere altro. Non vuole altro.
    -Tutto tornerà come prima- concludo e non mi piego.
    E non piango. E non lascio che nulla trapeli.
    E sono ancora qui. Davanti a te. Con il mio amore sconsiderato.
    Allora lui annuisce. In un modo scarno che mi fa attorcigliare lo stomaco.
    Scendo dall’auto senza salutarlo e spingo con violenza lo sportello.
    Entro in casa e piango le ultime lacrime rimaste in questo maledetto corpo.

    -Allora dovresti venire- mi ripete Willow carezzandomi i capelli.
    -Vuoi rimanere in casa a piangerti addosso?- mi chiede facendomi alzare lo sguardo.
    -Willow vorrei solo stare sola, la festa di Xander non mi sembra un ottimo modo per farlo- le faccio notare alzando un sopracciglio.
    -Buffy devi venire!- mi rimprovera lei. E so che ha ragione.
    Non posso inventarmi un malanno. Non posso dire la verità. Ma Xander è un amico.
    -Farò un salto- dico sospirando. Lei mi bacia una guancia e mi lascia sola nella mia stanza.
    Assieme al mio amore malsano e malato.

    Scivolo tra le camere affollate di casa Harris. Da quando Xander ha tutti questi amici?
    Saluto Angel con un bacio e lui mi abbraccia. E’evidente che non se la sia presa per la notte sconsiderata che abbiamo passato assieme. In realtà ha russato per tutto il tempo!
    Mi avvio verso il divano dove il festeggiato e Willow ridono di gusto e mi siedo con loro.
    -Penso che tra un po’andrò- annuncio abbassando lo sguardo.
    -Non mi sento molto bene- aggiungo guadagnandomi un’occhiata truce di Willow.
    -No Buffy!- mi implora Xander.
    -Resta per la torta- continua.
    Poi sento la sua voce. Allora alzo gli occhi.
    E mi chiedo come possa volermi bene. Come possa avermi voluto bene.
    Come può aver detto che sono la sua migliore amica.
    Dopo questo. Dopo che continua a schiacciare il mio cuore. Quello inanime e straziato.
    Basta. Smettila.
    Vedo Drusilla stringere il suo braccio e venire verso di noi.
    E allora vorrei solo non amarlo. Vorrei solo odiarlo. Con tutto il mio corpo disgustato.
    Saluta tutti con noncuranza e mi fissa. Allora lo guardo. E spero che veda.
    Che tutto è cambiato. Che ha distrutto ogni cosa. Che nulla tornerà come prima. E spero che soffra. Solo una minima parte. Solo un po’. E vorrei che questo dolore dell’anima passasse.
    Vorrei ingoiare mille pillole e fare in modo che scompaia con un bicchiere d’acqua.
    Afferro la mia birra e la bevo sperando che l’alcool renda meno reattivi i miei sensi.
    -Scusate- mormoro lasciando il salotto.

    Verso un altro drink dall’enorme bottiglia di liquore dello studio del signor Harris e fisso le pareti. Di colpo hanno preso a muoversi. E sto decisamente bene. Benissimo!
    Non sento nulla. E’ un dolce torpore fatto di troppi colori.
    -Stai bene?- mi chiede la sua voce. Naturalmente sempre troppo chiara.
    -Ok!- biascico con una voce che non riconosco e mando giù un altro bicchiere.
    -Ma da quando ti ubriachi?- mi chiede e io sorrido.
    -Sei più alto- gli faccio notare fissandolo.
    -Ti porto a casa-

    Mi risveglio sul divano di casa mia decisamente meglio.
    La stanza gira in modo sincronizzato e una strana musichetta continua a ronzarmi nella testa.
    -Volevo rimanere alla festa- mormoro fissando Spike che mi tiene d’occhio da una sedia.
    -Sei ubriaca- mi fa notare guadagnandosi un altro sorriso.
    Una nausea opprimente mi colpisce di colpo e mi porto le mani alla fronte madida.
    -Non so come, dato che sono le sette del mattino- aggiunge e mi porge un bicchiere d’acqua.
    -Sono sazia- mormoro e mi lascio ricadere sul divano.
    -Bene- biscia sarcastico.
    -Sei arrabbiato?- scatto in piedi e lo guardo.
    Poi sento il vomito salirmi su per la gola e mi catapulto verso il bagno.
    Infilo la testa nel water e lascio che l’anima scivoli via con il liquore.
    Sento la sua mano afferrami la testa e mi divincolo facendolo allontanare.
    Mi alzo dopo qualche secondo stremata e infilo la testa sotto il getto del lavandino.
    Sento le lacrime riempirmi gli occhi e mischiarsi con l’acqua.
    Mi lavo i denti con Spike che mi guarda dallo specchio. Quando mi volto lui è più vicino.
    Cerco di muovermi ma mi ritrovo di nuovo sul pavimento.
    -Buffy- mi chiama lui afferrandomi le spalle.
    E allora non chiamarmi. E allora vattene
    -E’colpa tua- urlo con tutto il fiato che ho in gola.
    Lui trema per un istante e sbarra gli occhi.
    -E solo colpa tua- grido forte.
    E poi piango. Stremata dai singhiozzi e dalla disperazione.
    Colpa tua. Di te che sei nato. Di io che ti ho amato. Di te che non mi amerai.
    -Perché?- mi chiede lui e nello stesso istante la testa mi gira maggiormente.
    -Perché?- urla scuotendo il mio corpo.
    -Perché non devi lasciarmi- strillo e poi mi copro la bocca con le mani.
    Allora sbarro gli occhi e piango più forte.
    -Parla!- grida stringendo le mie spalle.
    Il mio volto scivola sul pavimento e sento il mio corpo scossa dai brividi.
    -Come puoi lasciarmi- biascico tra le lacrime che mi finiscono in gola.
    -Come puoi andartene a Londra e lasciarmi qui senza di te- gli dico.
    Lui mi fissa sconvolto.
    -Come puoi pensare che possa vivere senza di te?- gli chiedo e piango ancora.
    -Come?- urlo carica di rabbia.
    Sento le sue mani rialzarmi e appoggiarmi verso la sua spalla.
    Allora mi divincolo e cerco di sfuggirgli.
    -Come?- grido colpendogli il petto con forza.
    -Non dovevi dirlo- e le mie mani cercano di ferirlo.
    -Come hai potuto farlo!- urlo più forte e lui cerca di bloccarmi.
    Poi mi ferma le braccia e mi stringe.
    Contro di lui.
    E mi sono persa. E non sono più io.
    Sono nata su di te. Sono nata per amarti. E cosa mi resta?
    Amami. Devi farlo. Me lo devi.
    -Resta- mormoro allacciando le mie braccia al suo collo.
    -Non andare, ti prego- lo supplico e sento la sua bocca cominciare a baciare con frenesia il mio collo.
    -Non puoi lasciarmi- mormoro stremata, mentre lui prende a baciarmi il volto.
    E allora me ne accorgo. Allora vedo il suo volto pieno di lacrime.
    -No- sussurro pulendogli il viso.
    -Non devi piangere- aggiungo baciandogli le lunghe righe di acqua salata.
    -Mai Spike- continuo parlando sulla sua bocca.
    Perché il mio dolore mi distrugge. Ma il tuo è la mia morte. Il tuo oscura la vita.
    -Dimmi che non la ami- gli chiedo, mentre afferro la sua camicia.
    -Non la amo, non l’ho mai amate- ripete lui tirandomi via la maglietta.
    -E tu non ami lui- dice Spike arrivando con la bocca ai miei seni.
    -Non lo amo- mormoro sotto di lui.
    Torno a baciargli la bocca e poi mi scosto per guardarlo.
    Piange ancora. Piango anche io.
    -Fingi di amarmi- gli chiedo.
    E la mia voce è strozzata. Allora lui sbarra gli occhi e annuisce di scatto.
    -E tu fingi di amare me- biascica.
    Io annuisco e poi rido di me stessa.
    Di me che lo amo nel modo più assurdo e malato.
    Di me che non so come dirlo. Di me che lo dico in troppi modi.
    Di lui che non sa. Di lui che sa troppo.
    E poi entra in me. E c’è meno dolore in noi e nei nostri gesti.
    E non c’è violenza. Non bisogna cancellare nulla.
    Eppure nulla è cambiato. Eppure è sempre immenso. E senza fine.
    Eppure è ancora l’alba e il tramonto fusi assieme.
    Allora fingi di amarmi. Fingi di amarmi stanotte.
    Fingi di amarmi fino a che il tempo non finisca.
    E io fingerò di non sapere quanto il mio cuore sia saturo dei tuoi occhi.
    Malato di te.



    28°Capitolo

    Mi stringo al suo corpo nudo e inspiro con forza l’odore della sua pelle.
    -E’tardi- noto fissando l’orologio che segna le dieci.
    Non siamo andati a scuola, non abbiamo avvisato, abbiamo lasciato che il telefono squillasse.
    E il mondo si è sfocato attorno a noi. E’diventato irrilevante e piccolo. E siamo stati al centro.
    Al centro di questa esistenza troppo breve.
    Ma è mai stato diverso? In fondo ho mai dato importanza al resto? In fondo qualcosa ha avuto vita senza Spike? Senza i suoi occhi grandi, le sue mani bramate, il suo odore immenso?
    E non c’è niente come lui. Non c’è niente più di lui.
    Sono nata con lui.
    La mia voce si è plasmata sulle sue orecchie, i miei occhi hanno preso colore nei suoi.
    Il mio cuore gli appartiene. La mia anima è sua.
    E questo amore è diventato troppo. Troppo per il mio corpo vuoto.
    Troppo per questa scarna carne.
    E allora parla. Allora l’ossessione prende voce. E lui ascolta.
    -E’stata la notte più bella della mia vita- mormoro senza guardarlo.
    Lui rimane in silenzio per un tempo indeterminato. Il suo corpo è rigido.
    -Non c’è mai stato nulla così- sussurra poi con voce rotta.
    E lo sento. Il suo dolore raccapricciante. Posso percepire con estrema chiarezza quanto sta soffrendo. Quanto gli costi parlare. Quanto gli costi anche solo sentire.
    Perché sono stata al suo posto. Ho pianto nei miei quattordici anni affogando quel bruciore.
    Affogando l’amore malsano verso il mio migliore amico. Verso mio fratello.
    E ho sentito il disgusto. E ho sentito la nausea. Per me, per il mio cuore.
    E per il mio corpo sporco.
    E so che è difficile. E so che è assurdamente faticoso.
    Ma può farcela.
    -Ti aiuterò io- sussurro alzando il volto e fissandolo.
    E i suoi occhi sono troppo blu. I suoi occhi sono troppo belli. Sono bellissimi.
    E non c’è parola. E non c’è verbo.
    Perché non esiste uomo più bello. Perché non è mai stato creato.
    Ed è così lontano. Tanto lontano. E ha lo sguardo perso in questa battaglia.
    Ha l’anima persa nella sua sofferenza.
    E voglio sentirlo. Sentirlo ancora vicino.
    Allora mi alzo a cavalcioni su di lui. Posiziono il suo membro alla mia entrata e scendo su di esso.
    E fisso i suoi occhi sbalorditi da ogni mia azione. E gli insegno a vivere.
    E gli insegno a capire come andare avanti.
    Gli insegno ad amarmi.
    Mi muovo su di lui. Alzandomi abbassandomi con un movimento lento.
    Mentre sento la sue enorme erezione riempirmi. Ed è assolutamente perfetto.
    Piagnucolo per il piacere spasmodico e lui mi afferra le natiche per farmi muovere con più velocità. Sempre più veloce. Lasciando che il mio corpo sbatta sul suo.
    I suoi occhi sono torbidi e spaventati. E allora mi muovo più forte.
    Così che non vada via. Così che non sia lontano.
    Fin quando i mie muscoli interni lo stringono per il piacere assurdo e io grido in modo incessante.
    Lo vedo ribaltare le posizioni e impalarsi di nuovo in me. Con una disperazione inaudita.
    Con…tristezza?
    Urla il mio nome e si riversa in me riempiendomi di dolce nettare bollente.
    Ansimo cercando di trovare un po’di ossigeno in me e lui si alza di scatto.
    Ha il petto che si muove per lo sforzo e gli occhi nervosi.
    -Tua madre dovrebbe essere già qui- mi fa notare e io annuisco guardandolo.
    Lo fisso, mentre si riveste velocemente.
    Ma poi torna da me. Sono nuda sul letto. Che aspetto. Qualsiasi cosa.
    E mi bacia. Affamato esattamente come prima. Ancora ansia. Ancora smarrimento.
    Esattamente la stessa disperazione.

    Nel pomeriggio cerco di studiare qualcosa. Sono completamente scombussolata e nervosa in un modo incessante. Febbraio urla con il suo vento freddo e io mi stringo nel plaid arancione.
    Poi sfogliando senza voglia un libro di filosofia noto una fotografia capovolta.
    Metto a fuoco l’immagine di me e Spike stesi in spiaggia.
    Lui ha ancora i capelli del suo colore naturale e il sorriso immenso. Avevamo fatto un castello.
    E quando la marea l’ha portato via, io ho pianto.
    Mi ha sorriso e detto che c’era ancora.
    “Non lo vedo” gli urlavo nervosa.
    Ma dovevo solo guardare con più attenzione. Il castello era ancora lì.
    Fatto ancora con la sabbia umida del bagnasciuga. Nascosto tra le onde.
    E penso a lui. A lui che riempie ogni angolo nascosto della mia vita.
    Compongo il numero del suo telefono di casa e aspetto di ascoltare la sua voce.
    -Ciao- lo saluto quando finalmente il suo tono arriva alle mie orecchie.
    -Buffy- sembra sorpreso di sentirmi dopo così poco tempo.
    -Mi mancavi- mormoro con sincerità. Sento una pausa inquietante e inspiro.
    E’come se si stesse spostando in un’altra stanza.
    -Mi manchi sempre- sussurro cercando di spiegarmi.
    -Non hai paura?- mi chiede la sua voce di colpo.
    -Certo- balbetto timorosa.
    Ancora è il silenzio a darmi risposta.
    -Anche tu mi manchi- biascica finalmente con voce rotta.
    Sorrido amaramente del suo dolore. E so che è arrivato il momento.
    L’ora che il mondo sappia. Che lui sappia. Che siamo impantanati da troppo tempo.
    Che l’anima vuole urlare.

    Entro dalla porta principale di casa Stratford notando uno strano silenzio.
    Stringo tra le mani l’album che ho composto spendendo il mio intero pomeriggio e sorrido salendo le scale verso il piano superiore.
    Quando arrivo alla camera di Spike un rumore strano raggiunge le mie orecchie.
    Boccheggio per qualche istante.
    E mi rendo conto di un particolare. Il mio corpo sa. Il mio corpo sa quello che sta accadendo.
    Sento il tremore della gambe e delle mani. Sento il respiro pensate.
    Ma io non capisco. Non riesco a capire.
    Diavolo, non ci riesco.
    Allora spalanco lentamente la porta. Ed ho ancora la stessa raccapricciante sensazione.
    Il corpo conosce . La pelle ha appreso. Gli occhi ne hanno coscienza.
    E’così chiaro! Così vicino eppure inafferrabile.
    Vedo l’album di fotografie riversarsi sul pavimento bianco.
    Una foto scivola via producendo un rumore sterile.
    E lui è lì. Sulla carta patinata. Mi guarda dai suoi dodici anni, mentre è in sella alla sua bicicletta.
    Ho l’istinto di sorridere.
    E poi ancora quell’ impressione.
    Gli occhi piangono lacrime che non comprendo. E brucia.
    Oddio, brucia in un modo inumano.
    Perché?
    Faccio un passo indietro e sento un rantolo raccapricciante.
    Mi tappo la bocca quando mi rendo conto che proviene da me.
    E quando porto le mani alle labbra sento che tremano. In modo incessante.
    Allora brucia di più.
    No, non fa solo questo. Devasta e massacra.
    Mi uccide.
    Perché?
    E vorrei urlare il suo nome.
    Salvami Spike. Ho paura. Ma il corpo grida ancora.
    Non Spike. Non lui. E’ sua la colpa.
    E vorrei solo capire.
    Poi un singhiozzo strozzato esce dalla mia bocca e la testa mi gira inondandomi di nausea.
    -Buffy- E’la sua voce.
    E il mondo asettico scompare.
    E vedo. E sento. E comprendo.
    E devasta con più ferocia.
    E muoio.
    Il copro nudo di Spike troneggia davanti a me. Ma è un istante. Poi la mente lo rivede.
    In lei. Con dei movimenti sfrenati. I corpi spogliati.
    Il disgusto.
    Porto una mano alle labbra per rimandare indietro un conato e mi allontano.
    Piango ancora. Non riesco a fermarmi.
    E sento quel rumore. L’ansito femminile e uno schifoso risucchio prodotto da corpi.
    E’ancora nella mia mente.
    Eppure Spike è davanti a me. Eppure Drusilla ora è immobile nel letto. Mi fissa senza capire.
    -Buffy- mi chiama ancora lui e io porto gli occhi nei suoi.
    Non riesco a capire come mi guardi.
    Non riesco a capire cosa voglia. Cosa dica.
    Vorrei solo colpirlo. Forte. E fargli male. Tanto male.
    Mi volto velocemente e scappo via.
    Le scale fuggono in un attimo e il vento gelido mi frusta subito il viso.
    Ansimo, mentre percorro i pochi metri che dividono le nostre abitazioni e un dolore lancinante al fianco mi blocca per qualche istante.
    Infilo le chiavi nella toppa e vedo le mie mani tremare in un modo assurdo.
    Quando mi volto per chiudere la porta lui è davanti a me.
    Fisso il suo petto nudo e i jeans stropicciati. I piedi sono privi di scarpe.
    Troppa carne esposta. Ho ancora nausea.
    Troppa. Incessante.
    Non ho la forza di chiudere la porta, scivolo sul divano e mi accascio su di esso, cercando aria nel mio corpo devastato.
    Mi sembra di percepire la sua voce. Ma rimane sfocata.
    E’la prima volta che accade in tutta la mia vita.
    -Vattene- esulo in un suono che non mi appartiene.
    Non mi rendo conto se sto parlando davvero o è la mia immaginazione a farmelo credere.
    Poi però percepisco le sue mani e allora scatto in piedi con occhi furenti.
    -Vattene- ripeto cosciente.
    -Devo spiegarti- mormora portando le mani ai capelli sconvolti.
    E’ancora lì.
    Nel letto con lei.
    Si muove in lei.
    E allora vomito.
    L’anima. Quella che morta mi ha restituito.
    Scivola sul pavimento in un liquido bianco e in rantoli raccapriccianti. E io sono accasciata a terra.
    Percepisco ancora le sue mani e mi stacco da lui con un gesto violento.
    Lentamente mi dirigo in cucina e afferro della carta imbevuta.
    Sta parlando. E non riesco a sentirlo.
    Tornata in salotto mi metto a ripulire per bene il pavimento. In modo spaventosamente minuzioso.
    -Mi stai ascoltando?- mi chiede e io riesco a percepirlo dopo qualche minuto. Credo.
    Alzo gli occhi verso di lui e lo fisso. Sta piangendo.
    E io non sento nulla.
    Solo disprezzo. E tanta nausea.
    -Vattene- ripeto ancora senza guardarlo. Non ho la forza di dire altro.
    -Troverò il modo per parlarti- ripete con quella voce.
    La voce di quando sua madre è morta. La voce del dolore.
    E non sento nulla.
    Solo una lacrima che mi solca il volto.
    Sorrido per un istante.
    -Non hai capito- mormoro con voce roca.
    -Vattene dalla mia vita- ripeto scandendo ogni parola. Riesco a vedere i suoi occhi increduli.
    -Sparisci a Londra o dove altro vuoi- aggiungo con lo stesso tono.
    -Non voglio più vederti Spike Stratford- esulo.
    -Io non riesco a capire- mormora portandosi le mani al volto stravolto.
    -Ero sconvolto e…- non lo sento.
    Io capisco. E so che non mi conosce. E so che non sa nulla.
    So che non ha mai capito nulla.
    So che è cieco. So che non mi ama. Che non mi amerà mai.
    So che non sono sua sorella. So che mi ha tradito. E non lo sa. E non gli importa.
    So che mi ha ucciso. E non lo sa. E non gli importa.
    E mi sono persa.
    E lo odio. Finalmente. Spero….
    -Ti amo- dico. E il cuore non batte. Ed è solo la conclusione di questa operazione disinfettata.
    La degna conclusione di noi.
    Che non siamo mai stati “noi”.
    -Lo so da quando avevo quattordici anni- aggiungo. La mia voce non trema.
    Mi tradiscono solo poche lacrime.
    Non riesco a vederlo. La vista è offuscata.
    Sono ancora nella sua camera da letto. Sto ancora vomitando.
    -Da quando mi hai detto di Londra ho fatto di tutto per fartelo sapere- continuo.
    -Non ho mai amato Angel- aggiungo.
    -Era tutta una messinscena- concludo. Poi lo vedo.
    Trema.
    -Non voglio sentire nulla- non so da dove la mia forza provenga.
    -Voglio solo che te ne vada- mormoro.
    E lo vedo piangere più forte.
    Non è mai stato più bello di adesso.
    E odio me stessa per averlo pensato.
    Poi lentamente salgo al piano superiore lasciandolo lì dove è.
    Mi infilo sotto la doccia gelata.
    I vestiti si appiccicano al corpo.
    E il cuore in fin di vita urla l’ultimo respiro, mentre la mia voce disperata risuona in questa casa.


    29°Capitolo

    Spike lentamente sfiora la mia mano fino a stringerla tra la sua.
    Spero che non si sia accorto di quanto forte abbia preso a tremare.
    -Sei gelida- mi dice continuando a camminare verso casa mia.
    -Ho freddo- dico stringendomi nel mio cappotto chiaro.
    Ieri ho capito di amarlo. Dopo aver pianto tutta la notte.
    Dopo che ho visto toccare con le sue labbra qualcuno che non ero io.
    E continuo a tremare. Perché a quattordici anni non dovrebbe essere così!
    Non dovrei sentire l’anima bruciare in modo tanto forte.
    Alzo gli occhi per fissarlo.
    Ed è bellissimo.
    …………………………………………………………….

    Infilo con ferocia la testa sotto il getto del lavandino.
    Sento l’acqua scivolarmi nei capelli fino ad inzupparli.
    Stringo la manopola fino a farmi bruciare le mani.
    Ed apro la bocca. Così che il gelo possa finirmi tra le labbra.

    ……………………………………………………………..

    Mi infilo velocemente nella classe affollata scivolando al mio posto.
    Rivolgo un sorriso a Willow che ha smesso di farmene e mi siedo al banco che da qualche tempo occupo.
    Vedo la mia migliore amica avvicinarsi e fissarmi.
    Apro il libro fingendomi interessate a qualcosa. Non le do modo di parlare.
    Io non parlo mai. Penso di non ricordare il suono della mia voce.
    Penso di averlo scordato. Insieme ad un’altra vita
    Poi lui scivola al mio fianco. Come fa ogni mattina.
    Come fa da un mese e venti giorni a questa parte.
    Non lo vedo. Non lo vedo da tanto. Non ho più alzato gli occhi verso di lui.
    La mia mente ha smesso di sentire le sue parole. Il mio corpo ha smesso di fremere.
    E non c’è una parte che mi dimostri di essere ancora viva. Forse solo il fiato.
    Quello che è strozzato. Atrocemente soffocato.
    E’così da quel giorno. Ore che non ricordo. Sul serio.
    Non c’è un briciolo di quegli attimi che la mia mente abbia scelto di rammentare.
    Non c’è un particolare che abbia inciso in me.
    Come se non fosse accaduto. Come se il due febbraio abbia fatto freddo.
    Troppo freddo per uscire. E io sia rimasta a letto. E abbia dormito tutto il tempo.
    Solo che non ricordo il vento. Non ricordo il tepore delle coperte.
    Solo un suono gutturale . Mio.
    Lui ha continuato a cercarmi. Ha parlato al mio corpo troppe volte. Forse anche ora.
    Una volta mi ha toccato. Ho sentito le sue mani stringere le mie braccia.
    E allora ho preso a tremare. Terrorizzata.
    Mi ha lasciata dopo un istante con gli occhi sconvolti.
    Il mio comodino è pieno di lettere che lui ha scritto. Intatte.
    Tutte le notti bussa alla mia finestra. Sette giorni fa l’ha sgretolata con un pugno.
    Io sono rimasta immobile.
    Non ho bisogno di sapere nulla. Non ho bisogno che mi dica nulla.
    Non è colpa sua. Non è nemmeno mia.
    So solo che lo odio. Non riesco a farne a meno.
    E so che mi fa paura.
    Come se in tasca stringesse una pistola con cui spararmi nella carne.
    E’la sua voce l’arma. Il suo profumo. I suoi occhi.
    Quelli che non faccio trapelare. Quelli che non devono farlo.
    Non riesce a sparare. Non più.
    So che sono malata. So che questo non è normale.
    So che dovrei sputare su quel viso perfetto e lasciarlo alle spalle.
    Non lo farò. Non dimenticherò mai quello che è stato. Non perché sia amore.
    Ho smesso di amare dal giorno senza ricordi.
    Ho smesso di vivere. Sono il nulla. E non permetterò più a nessuno di colpirmi in questo modo.
    Non permetterò ad alcuno di uccidermi ancora.
    Per questo mi lascio morire.
    Quando suona la campanella preparo i miei libri e mi preparo al solito attacco.
    Lui aspetta che tutti siano usciti e blocca la porta.
    -Buffy- mi chiama. Inspiro. Odio quando riesco a sentirlo. Odio quando non sento solo il nulla.
    Stringo i pugni e mi avvio verso l’uscita. Questa volta frappone il suo corpo alla porta e mi impedisce di muovermi. Inspiro ancora e mi siedo.
    Ogni girono ne inventa una diversa.
    Ieri ha pianto. L’ho sentito. Solo un istante.
    Cerco con attenzione di non far caso alle sue parole che corrono a raffica e fisso l’orologio.
    Da qualche tempo riesco a non percepire interi discorsi. E questo mi rassicura.
    Sono certa che presto riuscirò anche a non sentire il suo odore. Quello dolce. Troppo.
    -Mi ascolti?- mi chiede duro dopo che ha parlato per dieci minuti buoni.
    Io rimango immobile.
    Penso a quel giorno.
    Un grido. Sotto l’acqua cocente. Il mio grido. Le mie urla.
    Scuoto la testa tramortita e lui ricomincia a parlare. E’convinto che gli abbia risposto.
    Dopo circa venti minuti si arrende e lascia libero il passaggio.
    Mi avvio lentamente verso casa pensando all’estate.
    Pensando a quando andrà via. Pensando all’aria che tornerà in me.
    Non ricomincerò a vivere. Non lo farò mai più. Io sono rimasta nella sua stanza.
    Io sono ancora lì. Nell’unico ricordo del due febbraio.
    La sua stanza. Vuota.


    -Ti senti pronta per il compito di domani?- mi chiede Willow cauta, mentre io giocherello con le lenzuola del mio letto. Annuisco con un sorriso.
    Ogni pomeriggio viene a trovarmi. Ogni pomeriggio prova a parlarmi.
    L’altra sera è stata mia madre a chiamarla. Piangeva. Ha detto che sembro impazzita.
    -Buffy perché non mi spieghi- mi dice e io come al solito le faccio segno di no.
    Lei prende fiato.
    -Non voglio sapere cosa sia accaduto- mi spiega con gentilezza.
    -Voglio solo capire come aiutarti- aggiunge prendendo la mia mano.
    La lascio fare sperando che desista presto.
    -Si sono lasciati da tempo- dice tutto d’un fiato e io scatto in piedi.
    -Non voglio sapere nulla!- urlo facendola sobbalzare.
    La mia voce è diversa. Roca e vuota.
    Mi ricompongo conscia di averla spaventata.
    -Willow ti prego lasciami sola- le chiedo con tatto, ma ferendola chiaramente lo stesso.
    Lei sorprendendomi si alza per fronteggiarmi. Ha uno sguardo deciso.
    -Spike è distrutto- dice secca. Mi copro le orecchie e stringo gli occhi.
    Spike.
    Spike Stratford.
    Ho la fronte madida.
    Uno strano risucchio di corpi riempie la mia mente. Ho la nausea.
    -Non sai nulla- esulo colta da un capogiro.
    -Perché non mi spieghi allora!- urla spaventandomi.
    Faccio un passo indietro. Anche lei può spararmi. Non come lui. Nessuno come lui.
    Non con tanta violenza.
    Spike.
    Ma riesce a farmi sanguinare lo stesso. Troppe informazioni!
    Troppo di lui.
    -Vattene Willow- dico sospirando.
    -Ti prego- aggiungo decisa.
    Lei mi scruta per qualche istante.
    -Questo amore ti ha distrutta- sussurra allungando una mano verso di me. Mi allontano decisa.
    -Non è amore- dico sprezzante.
    -Disgusto- preciso. Mi sento decisamente affaticata. Ho sentito e parlato troppo.
    Dopo un po’ il mio corpo prende a tremare. Alzo gli occhi per rendermi conto di essere sola.
    E lui è davanti a me. Piange nel mio salotto.
    Io dico che l’amo.
    Il mio corpo è scosso dai fremiti. Corro in bagno come tutte le notti.
    Infilo con ferocia la testa sotto il getto del lavandino.
    Sento l’acqua scivolarmi nei capelli fino ad inzupparli.
    Stringo la manopola fino a farmi bruciare le mani.
    Ed apro la bocca. Così che il gelo possa finirmi tra le labbra

    30°Capitolo

    Mi lascio accarezzare dal sole di aprile, mentre attraverso il giardino della scuola.
    La luce sta calando inondando il cielo di un dolce rossore.
    Non sono abituata a venire qui a quest’ ora.
    Mia madre ha ricevuto un messaggio dal preside. Sembra che serva il mio aiuto per un certo articolo del giornale di questo mese. Non mi è dispiaciuto correre subito.
    Adoro non dover pensare. Adoro essere piena di altro.
    Mi avvio tra i corridoi deserti fino a scivolare nell’aula adibita a redazione.
    Sussulto.
    Lui è lì.
    Mi volto per correre via, ma con agilità riesce a sbarrarmi la strada e chiudere la porta con la chiave.
    Vorrei dirgli che non può tenermi qui tutta la notte. Ma non lo farò. Non alzerò gli occhi.
    Non lo rivedrò. Non ora. Ora che ho smesso anche di sentire il suo odore.
    Ora che la sua partenza si fa sempre più vicina. Riempiendomi di ossigeno.
    Stranamente non devo fare fatica per non ascoltare. Lui resta in silenzio.
    Poi con un gesto secco sbatte qualcosa sulla cattedra.
    Non riesco a fare a meno di capire.
    So cos’è. Un’altra informazione. Il due febbraio.
    L’album. Il rumore asettico. La foto.
    Faccio un passo indietro accaldata.
    -Mettilo via- esulo terrorizzata.
    -Siamo stati anche questo Buffy- mi dice.
    La sua voce è evidentemente sorpresa dalla mia risposta.
    Sobbalzo per il suono della sua voce che arriva con troppa nitidezza alle mie orecchie.
    Lentamente prende a sfogliare le pagine mostrandomi le foto.
    -Mettilo via- ripeto stringendo i denti.
    Non piangerò. Non l’ho più fatto da allora. Chiudo gli occhi e mi appoggio al banco alle mie spalle.
    -Siamo stati sempre insieme amore- aggiunge.
    Sbarro gli occhi e corro nei suoi.
    -Non chiamarmi amore- sussurro rabbiosa.
    Ma ora è lì. E’davanti a me. E lo vedo.
    I suoi zigomi prefetti. Il suo corpo immortale.
    Spike.
    E vedo i suoi occhi. Sento l’odore. Il cuore batte. Viva.
    -Mi dispiace Buffy- mi dice avvicinandosi. Fuggo veloce verso il fondo della classe.
    -Non toccarmi- urlo quasi e lui alza le mani in segno di resa.
    -Non lo farò- mi dice.
    Ho il battito in gola. Sento del sudore freddo scivolarmi lungo la schiena bollente.
    Lentamente alzo gli occhi. Sento l’anima urlare. Grida afona.
    Voglio improvvisamente guardarlo.
    Con una violenza assurda.
    Sono cauta, mentre lo fisso. Lui sorride per un istante. Eternamente bello.
    Il dio della mia vita. Il dio della mia morte.
    Esattamente come lo ricordavo.
    Inumano.
    Sento il corpo tremare più forte. Con una ferocia inaudita.
    E poi esplode. E poi scompare.
    Siamo nella sua stanza. Anche lei.
    Mentre si muovono in quel movimento nauseante.
    Mentre mi distrugge il cuore e mi strappa l’anima.
    Sanguino. E gli dico che l’amo. Mentre vomito l’aria.
    Ti odio Spike Stratford.
    -Buffy- mi chiama riportandomi alla realtà.
    Mi accorgo ora di essermi appiccicata al muro.
    Combatto con l’imminente bisogno di scivolare sul pavimento.
    -Tu chiedo solo di ascoltarmi- dice dolcemente.
    Sento la rabbia inondarmi il corpo risuscitato.
    -Vattene- gli dico abbassando gli occhi.
    Poi la sua mano mi afferra il mento con violenza riportandomi nei suoi occhi.
    La sua pelle tocca la mia.
    Ustionandola. Sguscio via fissandolo furente.
    -Non toccarmi- ripeto deglutendo.
    -Devi ascoltarmi- mi dice furioso.
    -Non ti devo niente- rispondo. Mi odio. Mi odio per avergli permesso tanto.
    Per aver visto e ascoltato.

    Perché stanotte non basterà l’acqua ghiacciata.
    Perché stanotte non basteranno le mie mani morse dalla mia bocca che vuole urlare.

    -Ti giuro che dopo ti lascerò in pace- mi dice sorridendo piano.
    Deglutisco cercando di riflettere. Mi lascerà in pace.
    Sarebbe più facile morire.
    Inspiro cercando la forza nel mio corpo. Peggio di così non potrebbe andare in fondo.
    -Parla- esulo fissandolo con dolore.
    -Hai tanta voglia di sbarazzarti di me?- constata sorridendo amaramente.
    Abbasso lo sguardo. Certamente non mi metterò a scherzare assieme a lui.
    Voglio solo fuggire da questa stanza.
    Voglio solo lasciarmi i suoi occhi bellissimi alle spalle.
    Lo guardo mentre inspira e appoggia una mano contro il muro impedendomi ogni movimento.
    -Quando ti ho baciato…- comincia, mentre io mi stritolo letteralmente le mani l’una con l’altra.
    -E’ stato…- continua balbettando, si blocca e prende a fissarmi divertito.
    -Per averlo preparato da mesi, non è un gran discorso- dice e io mi sforzo per una volta di non sorridere.
    Diavolo Buffy! Cosa ti prende?
    E’ lui.
    E’ lui che ha sparato.
    Irrigidisco il mento e mi stringo con più forza contro la parete.
    Sento il suo corpo violentemente vicino.
    -Era quello che avrei voluto fare da una vita- continua.
    Sento solo la mia mente fermarsi.
    -Baciarti e fare l’amore con te intendo- precisa e inspira il mio odore socchiudendo gli occhi.
    -E mi sono sentito un mostro per aver rovinato la nostra amicizia- aggiunge aprendo gli occhi.
    -Allora ho sperato che fosse solo carne- continua portandosi una mano ai capelli ossigenati.
    I suoi capelli. I miei capelli.
    Ma come può essere così? Così atrocemente immenso?
    Spike.Solo e sempre Spike.
    -E invece mi sentivo vivo per la prima volta nella mia vita Buffy.- aggiunge fissandomi.
    Io non sentivo Spike. Io vivevo in te. Io vivo in te.
    - E il mio cuore urlava qualcosa di troppo proibito. Di cui non potevo liberarmi.- continua inspirando. I suoi occhi sono lucidi.
    -E non potevo più vivere senza te e non era normale- balbetta incerto.
    -Per me non è stato come te Buffy- precisa.
    -Io non sapevo cosa voleva dire amare la mia migliore amica- mormora ancora sconvolto.
    Mi sembra così assurdo che lo sappia. E allora torno in quella stanza.
    Gli dico che lo amo. Dieci, cento, mille volte.
    -Ed ero stravolto- biascica allontanandosi impercettibilmente.
    -E volevo provare il contrario- dice deglutendo.
    -Provare che non ti amavo- balbetta. Io non capisco. Non riesco a capire.
    So solo che ha messo per un istante via la sua arma. So solo che per un istante non mi terrorizza.
    Non ho paura di sanguinare.
    -Ma ti ho distrutta- aggiunge di colpo. La sua dolcezza è scomparsa.
    Vedo solo la rabbia. Vedo solo furore contro se stesso.
    -E non me lo perdonerò per tutta la vita-
    Lo vedo allontanarsi e quasi barcollo quando il suo odore scompare.
    -Non ti farò mai più male Buffy- mi dice e torna a sorridere.
    -Lunedì parto per Londra-
    E allora ogni attimo di quel giorno esplode in me.
    Lui che fa l’amore con lei. Io che piango. Io che urlo.
    Lui che piange. Lui che urla.
    Gli dico che lo amo. E poi vomito.
    E poi lo odio. E urlo sotto la doccia.
    E lui rimane tutta la notte a piangere fuori la porta della mia camera da letto.
    E a supplicarmi di uscire. E a dirmi che non può vivere senza me.
    E io seppellisco i gemiti raccapriccianti sotto il mio cuscino.
    -Non tornerò mai più amore-



    31°Capitolo

    -Non puoi andartene Spike- urlo come una forsennata colpendogli il petto.
    Lui mi fissa divertito parando i miei colpi e mi blocca entrambe le mani.
    -Sei una bambina- sussurra ridendo.
    -Tu mi lasci qui da sola per una settimana intera e io sarei la bambina- preciso cercando di divincolarmi.
    -Ti ho detto che andrò in montagna non che fuggo in Australia- precisa sperando di farmi stare meglio.
    -Ti odio Spike Stratford- sentenzio allontanandomi da lui e voltandomi.
    Lui come al solito non capisce una mazza. Come faccio a stare sette giorni senza di lui?
    Come faccio a stare anche un giorno senza lui?
    Ho già l’ansia.
    -E poi dovresti farmi finire di parlare- mi dice appoggiando il mento sulla mia spalla.
    -Cioè?- chiedo mielosa, sperando che ci ripensi.
    -Come ti ho detto è un regalo di mio padre- precisa, mentre io lo stringo forte perdendomi nel suo odore.
    -Per la nostra promozione al terzo anno di liceo- aggiunge tutto d’un fiato.
    Rimango qualche istante a rielaborare il messaggio. Lui mi fissa deluso.
    -Sei un ebete Buffy- mi fa notare mollandomi e allontanandosi.
    -Verrai con me- precisa tornando a sorridermi.
    -L’avevo capito!- sparo scioccata.
    Un istante dopo ridiamo come pazzi, mentre lui mi immagina in sella ad uno slittino infernale!

    ------------------------------------------------------------------------

    Sento un brivido corrermi lungo la schiena e farmi fremere.
    Lui deve averlo notato perché ha mutato improvvisamente espressione.
    E’fatta. Andrà via.
    Lascerà qui il mio corpo vuoto. Lascerà qui i miei lamenti.
    E potrò morire.
    Mentre la mia anima volerà con lui.
    Mentre il cuore attraverserà chilometri e si infilerà tra la sua carne.
    E sarò lì mentre disferà le valigie.
    Fisserò divertita i suoi jeans sgualciti e le camicie che non sa piegare.
    E riderò del flacone di profumo vuoto che ha conservato solo per ricordarsi di quale marca sia.
    Lo guarderò dormire ancora tutte le notti.
    E inspirerò il suo odore quando sarò certa che non possa sentirmi.
    E piangerò stringendo la sua maglietta chiara.
    E continuerò ad amarlo finchè la luce sarà presente.
    Fin quando lo vedrò amare una donna che non sono io.
    E diventerà un musicista famoso sotto i miei occhi.
    E sarò alla sua festa quando compirà vent’anni.
    Riderò perché non riuscirà mai a spegnere tutte quelle candeline con il fiato corto che si ritrova!
    Non andrà via da me Spike. Partirà da Sunnydale e la mia anima andrà con lui.
    Con l’unico essere al mondo che sarò in grado di amare in modo così malato e assurdamente terribile.
    E non avrò paura. Non mi perderò un attimo di lui.
    Non dimenticherò una sfumatura del colore dei suoi occhi. Non scorderò una sola parola di ciò che ha detto, ne il sapore delle sue labbra.
    Non il calore del suo corpo.
    E tutte le volte che abbiamo fatto l’amore.
    La prima volta che abbiamo fatto l’amore.
    La prima volta che ho fatto l’amore.
    Ogni singolo istante. E la sua schiena grande.
    Sarà l’unica immagine che avrò davanti agli occhi.
    Non smetterò un attimo di amarlo in modo così atroce. Mai.
    Annuisco risvegliandomi improvvisamente e lui mi sorride.
    Ti amo Spike. Non ti odierò mai. Ne in questa vita ne in un'altra.
    Qualsiasi cosa tu faccia. In qualsiasi modo tu distrugga il mio cuore.
    Calpestalo. E’ tuo.
    E non preoccuparti di me. Posso vivere del tuo ricordo. Mi ciberò di esso ogni singolo istante.
    E non sarà mai “senza di te”. E non sarà mai “in tua assenza”.
    Sei in me Spike. Io sono te. Io sono il tuo riflesso. Quello sbiadito e riuscito male.
    Lo vedo avvicinarsi lentamente a me e sfiorarmi con molta cautela una guancia.
    Le sue dita scivolano sulla mia pelle in una scia indissolubile.
    E non piangerò. E non dovrai avere pietà. Ti amo Spike.
    E sei la cosa più bella che mi sia capitata. E può bastare. Ed è troppo. E non devo avere altro.
    E’già immenso.
    -Chiedimi di restare Buffy- sussurra. Sento le mie mani tremare.
    Sento l’anima tremare. E non sono niente. Plasmami in qualsiasi modo tu voglia.
    -Chiedimi di restare e ti starò accanto per tutti i giorni della mia esistenza- aggiunge.
    Lo fisso rapita. Trema anche lui. Più forte di me. E una lacrima solitaria gli solca il volto.
    La più bella che abbia mai visto.
    -Ti ho detto che non devi mai piangere- gli ricordo asciugandogliela.
    Lui sorride per un istante e si inarca contro la mia mano.
    E siamo sul pavimento del mio bagno. Mentre piangiamo insieme. Mentre fingiamo di amarci. Mentre ci amiamo in ogni modo possibile. Come nessuno ha mai fatto.
    -Non amerò nessun altro- sussurra. E un attimo dopo sono nelle sue braccia.
    Stretti in un modo assurdamente violento. Legati assieme. Come da sempre siamo stati.
    Mi allaccio con ferocia alla sua schiena e mi impongo di non versare una lacrime.
    Devo farcela.
    Mentre lui quasi collassa contro di me stringendomi forte.
    Siamo stati tutto.
    Spike è stato mio fratello. E’stato il mio migliore amico. Il mio confidente. Il mio sostegno.
    Spike è stato il mio unico pensiero. Il mio unico sogno. L’essenza per cui vivo.
    I miei occhi e la mia voce. E’stato il mio nulla. Il mio incubo.
    Il custode della mia anima. E quello del mio cuore.
    Sarà il mio per sempre. Dovunque sia.
    -Sai che non lo farò- sussurro e lo sento gemere e stringermi più forte.
    -Non posso dimenticare- aggiungo deglutendo. Lui ritorna su quel letto. Con lei.
    E io non sono niente.
    Freme tra le mie braccia. Ed è così terribilmente indifeso.
    -Per tutto Spike- preciso.
    Per non aver visto. Per essere stato cieco troppo tempo. Per avermi mentito. Per avermi distrutto. Per non avermi amato nel mio stesso modo. Malato e assurdo.
    So che sto sbagliando. So che mi pentirò di questo attimo per tutta la mia vita.
    Ma ho ancora paura. Paura della pistola che può sparare.
    Hai troppi colpi con cui ferirmi. Mortali. E io sono già morta. Sono già inanime.
    Ti ho già chiesto di uccidermi. Troppe volte.
    Mi stacco dolcemente da lui.
    -Ora vai a casa- suggerisco mentre il corpo brucia. Non ce la farò per molto.
    Devo urlare. Devo gridare. Devo distruggere il mondo.
    Devo annegare nel mio dolore. E non posso farlo davanti a lui.
    Lui fa qualche passo indietro tenendo gli occhi su di me.
    -Lunedì alle nove- precisa con un sorriso amaro. Piange ancora.
    Ti ho distrutto. Mi hai lacerato.
    Non abbiamo fatto che farci del male.
    Per questo devi andare. Così che resti solo il tuo orsacchiotto spelacchiato e gli occhi grandi.
    Così che possa ricordarmi delle tue gambe sempre viola e la bici da cui continuavi a cadere.
    Per questo devi andare. Perché te lo devo. Perché ti amo.
    Più della mia stessa vita.
    Lo vedo voltarsi lentamente.
    E’il mio dio.
    -Dimmelo Buffy- sussurra.
    -Ti amo- rispondo.
    -Sempre- aggiungo.
    Poi lentamente esce.
    Lasciandomi sola. Con lui.


    Entro in casa che è quasi notte.
    Willow scatta in piedi appena varco la soglia.
    Dopo un istante sono tra le sue braccia.
    E piango come non ho mai fatto in tutta la mia vita.
    Disperata. Senza alcuna speranza. Persa. Arresa.
    Consapevole.
    -Ce la farai- mi conforta lei carezzandomi i capelli.
    A fare cosa? A dimenticarlo? A non pensarlo?
    Mai. Per alcun motivo al mondo.
    Io sono lui.
    Sono Spike Stratford.


    Fisso la grande porta dell’aeroporto di Sunnydale a distanza. La notte è volata in un attimo.
    Le ore sono scomparse. Troppo poco il tempo. Il tempo per sapere che lui ci fosse ancora.
    Devo vederlo un’ultima volta. Vederlo andare via. Così che il mio corpo presti fede.
    E non continui a cercarlo nella casa grande. Nei corridoi. E nella mente.
    Varco lentamente la soglia perdendomi nella sala enorme e vuota.
    E lui è lì. Dall’altro lato del vetro. Pronto per andare.
    Come siamo arrivati fino a questo punto Spike?
    Quando abbiamo smesso di essere noi?
    Lo vedo voltarsi e fissarmi sorpreso.
    Alzo una mano in segno di saluto e le lacrime mi inondano lentamente il volto sconvolto.
    Rupert mi fa un veloce segno e si allontana imbarazzato. Lui è davanti ai miei occhi.
    In tutta la sua bellezza disumana.
    Non è colpa mia.
    Non potevo fare a meno di innamorarmi di lui. Lo so.
    E’ un angelo. E’stupendo. E’perfetto.
    E’il mio dono. Era inevitabile che ne diventassi dipendente.
    Lo vedo salutarmi con un sorriso amaro.
    E poi lo dice.
    Vedo la sua bocca mimarlo.
    “Ti amo.”
    Dalla sua bocca.
    Dalle sue labbra.
    Con i suoi occhi immensi.
    E non mi importa del resto.
    Sorride.
    E non mi importa del mondo.
    Di questa vita inutile.
    Sono nata solo per essere qui. In questo preciso istante.
    Nata per essere amata da Spike Stratford.
    A qualunque costo.
    Velocemente mi volto.
    Corro per la strada deserta inondata dal sole.
    Ma l’anima è con lui.
    Sale sul suo aereo. Lo fissa mentre piange.
    Lo segue fino in Europa. E resta con lui.
    Per sempre.


    32°Capitolo

    -Odio Londra- mi fa sapere, mentre fissa una fotografia sgualcita del suo paese d’origine.
    -Tu non odi Londra Spike- gli faccio notare storcendo il naso.
    -Non ti ricordi nemmeno come sia fatta- preciso continuando a scrivere con noncuranza il mio saggio.
    -So che fa freddo e c’è tanta nebbia- risponde secco mettendo via l’immagine.
    -Sai quello che sanno tutti- aggiungo io sorridendo.
    -Voglio restare qui per sempre- esclama convinto.
    -Hai sedici anni Spike, forse è un po’presto per dirlo- lo derido sarcastica.
    Lui scende dal suo letto dalle coperte arancio e mi raggiunge sul pavimento.
    -Voglio restare con te- aggiunge prima di prendere ad accarezzarmi i capelli dorati.
    -Lo so- rispondo.

    --------------------------------------------------------------

    Mi tiro su dal letto con la fronte madida e il battito accelerato.
    Odio sognare. E’qualcosa che ultimamente mi dà sui nervi.
    L’aria di luglio riempie la mia casa deserta e io mi dirigo in cucina con il pigiama sudato appiccicato al corpo.
    Lentamente mi accascio sul divano già stravolta e prendo a fare zapping.
    Sto vivendo il periodo post liceo con estrema pigrizia.
    Voglio passare la mia estate a non far niente.
    Aspetto con ansia che mi cominci a comparire un po’ di cellulite e che la mia faccia si inondi di brufoli.
    Volto lo sguardo verso le foto sul camino e lascio che i miei occhi le scrutino con attenzione.
    Una ritrae me e la mamma durante il giorno del diploma, l’altra Willow in costume che si lancia da uno scoglio. Rido come una matta ogni volta che la fisso.
    Suo padre l’ha dovuta rianimare per circa dodici minuti dopo che è risalita a galla.
    Xander invece è nella grossa cornice di legno al centro. Balla come un matto imitando Michael Jackson in modo davvero indicibile.
    Le immagini sono tutte nuove. Tutte recenti. Come la mia nuova vita.
    Oggi ho due mesi e ventisei giorni.
    Sono nata esattamente il dodici aprile.
    Sono una nuova Buffy. Non piango, non mi dispero.
    Non so cosa vuol dire passare una serata deprimente o perdermi in ricordi senza senso.
    Ho imparato a guardare film dell’horror. Li adoro! Non vomito per due ore di seguito e dopo riesco a farmi anche una grossa risata per gli orribili effetti speciali.
    La mia stanza è stata completamente ristrutturata. Via i peluche carichi di polvere che mi facevano venire le allergie. Ho ritrovato anche un cartellone fatto da Willow altamente ridicolo.
    Ma quello non l’ho guardato con attenzione.
    Non mangio più maionese e nemmeno torte al cioccolato. Troppe calorie inutili!
    Il mio armadio è stato completamente rimodernato.
    Niente felpe di concerti e magliette di qualcun altro.
    Odio le catenine.
    Penso che mi facciano venire qualche sorta di rossore alla pelle. Ho eliminato anche quelle.
    La mia vecchia vita è chiusa in garage.
    Riesco a fissarla.
    Sabato scorso ho passato cinque ore intere a tenere d’occhio gli scatoloni sbiaditi che la contengono.
    Non ho più pianto dal dodici aprile.
    Ogni tanto tremo.
    In modo raccapricciante.
    Ma è solo un istante.
    Vivo spensieratamente in questa messinscena. Mi crogiolo sul palco del mio teatro fatto di specchi e occhi indiscreti. L’ adoro!
    Adoro recitare una parte che mi si addice. Vivo di sorrisi falsi e mezze frasi.
    Vivo la mia vita. Quella che è stata fatta per me.
    Priva di occhi blu.
    Priva di uomini splendidi.
    Carica di mediocrità. Diavolo, sono nata per questo.
    Sono nata per passare giornate in casa e aspettare che i mesi passino.
    Presto andrò al collage. E incontrerò un ragazzo. Un ragazzo normale. Con una vita normale.
    Con cui avrò una storia normale. Vorrei sposarmi. Mi sembra giusto e opportuno.
    Mi sembra….efficace come cosa.
    Lo amerò. Passeremo giornate a litigare e poi faremo l’amore.
    E un giorno vomiterò dopo che mi avrà toccata.
    Troverò orrendo il suo modo di vestire e indicibile la maniera in cui mangia.
    Qualche sera avrò mal di testa. Altre mi chiederò se sono frigida. Penserò di tradirlo.
    Almeno con il pensiero. Non è così che funziona?
    Desiderare almeno per una notte qualcuno che non sia lui…un attore magari!
    Sono fortunata. La donna più fortunata del mondo.
    Ho assaporato per diciannove l’immenso. L’ho bramato e avuto a pochi centimetri di distanza.
    Ho potuto percepirne l’odore. Ho immaginato come sarebbe stato.
    Non esiste alcuna che stia meglio di me in realtà.
    Tranne lei.
    Lei che lo tocca.
    Lei che lo sente.
    Lei che si prostra davanti ai suoi occhi.
    Al suo dio.
    Ma questo è un particolare che non conta.
    Ho smesso di gridare quando sono arrabbiata senza che nessuno mi rimproveri perché lo faccio.
    Ho imparato a guidare quella maledetta macchina!
    Non ho bisogno che qualcuno mi dica in continuazione che sono unica.
    Che tiene a me. Diavolo, so il mondo in quale verso giri!
    Non mi faccio più le treccine. Mi rendo conto che siano decisamente ridicole.
    Ho smesso di farmi consigliare da Willow. Abbiamo ampiamente provato che le sue teorie non portano a nulla di buono.
    Di notte non aspetto nessuno. Nessuno si infilerà tra le mie coperte.
    Nessuno mi stringerà mentre piove.
    Non avrò nulla da guardare al chiarore della luna.
    Di mattina è estremamente facile alzarmi. Non c’è nessuno che mi impedisce di muovermi con il rischio di farmi vomitare sul tappeto di Cenerentola.
    “Nessuno” è forse la parola che meglio mi si addice.
    Mia madre non è più preoccupata per me. Xander pensa che sia rinata e Willow è sorpresa di me stessa.
    In realtà penso di esserlo anche io.
    Non pensavo fosse tanto facile.
    Mi riferisco a Spike.
    Riesco a parlarne. Posso pronunciare il suo nome.
    Sarà che non ha più chiamato. Ha fatto benissimo naturalmente.
    Ho solo passato qualche notte fissando il telefono.
    Tremando.
    Continuando a sussurrare il suo nome come un’automa.
    Mi rendo conto che sia stata un’ottima decisione la sua.
    Anche perché una volta l’ho fatto. Intendo telefonarlo.
    Ho sentito solo la sua voce. Per circa nove secondi. Poi ho riattaccato.
    Ho collassato.
    Un giorno intero nel mio letto.
    Immobile.
    Ma è stata una cosa da niente.
    C’è anche una cosa buffissima. Un giorno ho comprato un biglietto aereo per Londra.
    Ho speso tutti miei risparmi senza parlarne con nessuno.
    La cosa più spettacolare è stata che il giorno seguente l’ho stracciato.
    Fatto in tanti piccoli pezzetti minuscoli.
    Triturato con estrema attenzione con un paio di forbici.
    Sto bene.
    Devo dire che l’unico intoppo c’è stato due giorni fa.
    Quando nel bel mezzo della notte.
    Nella mia casa vuota…
    Ho urlato fino a perdere la voce.
    Spike non tornerà.
    Non mi aspetto di vederlo sulla soglia della mia porta.
    Non mi aspetto di sentire la sua voce dall’altro lato del telefono.
    Non mi aspetto che torni a baciarmi. Che torni a fare l’amore con me.
    Ho già avuto troppo da lui.
    Spero solo di rivederlo in un istante di questa vita.
    Di affacciarmi dalla finestra della mia camera e trovarlo a fissare la sua vecchia casa.
    Rimarrò immobile, aspettando che vada via.
    E poi piangerò.
    Piangerò fino a morire.
    In fondo vivo solo aspettando questo.

    ----------------------------------------------

    Fisso con attenzione i pop corn che esplodono dall’altro lato del vetro del micronde e mi passo una mano tra i capelli sudati.
    Agosto sta cercando letteralmente di sciogliermi in una gelatina rivoltante.
    -Willow ti richiamo io- dico alla mia amica stringendo il telefono e afferrando con l’altra mano un piatto per versarci gli snack.
    Volo velocemente in salotto e mi posiziono, telecomando alla mano, per la mia seratona horror.
    Quando il campanello di casa mia suona, maledico qualsiasi persona si trovi dall’altro lato della porta che con molta probabilità sarà quel vecchio rincitrullito del postino.
    Mi alzo svogliatamente urlando di aspettare e a piedi nudi mi dirigo verso la porta.
    Stringo con cura i miei pop corn e continuo a sgranocchiarli durante il tragitto.
    Con la mano libera spalanco la porta e nello stesso istante il piatto mi scivola dalle mani.
    Non sento nulla.
    Comincio a pensare che non si sia rotto. Che sia rimbalzato.
    Che non sia mai esistito.
    -Buffy- mi saluta Spike sorridendomi appena.

    E poi entra in me. Deciso.
    Con un colpo solo che mi fa boccheggiare e urlare.
    E sento il suo fiato sulla mia schiene mentre spinge. Forte e violento.
    E non lo odio. E non lo detesto. E non ho paura.
    Sto solo aspettando che mi uccida.
    E godo in questo. E lo voglio. E gemo per questo.
    Lo sento spingere con più violenza e chiamo il suo nome.
    -Sei mia- mi ripete all’orecchio come tutte le volte che è in me.

    -Buffy- mi chiama ancora lui riportandomi alla realtà.
    -Spike- riesco solo a mormorare fissandolo.
    La mia mente è ferma. Rintanata in un angolo. Perché non ce la farà.
    Non riuscirà a ricominciare dopo questo momento. Non ancora una volta.
    Allora rifiuta.
    -Mi fai entrare?- mi chiede grattandosi la nuca e io senza dire nulla mi scosto.
    Raccoglie per me in modo grossolano i cocci del piatto e si avvia titubante verso il salotto.
    Poi si volta per tornare a guardarmi.
    -Horror?- mi chiede sarcastico e aggiunge qualcos’altro.
    Qualcosa che in questo momento mi sfugge.
    Sono immobile. Lui non è qui.
    Penso alle pillole.
    Quelle che non ho avuto ancora il coraggio di toccare . Quelle che bramo da troppi giorni.
    Penso all’oblio immenso che potrebbero creare.
    Balbetto incerta e mi siedo sul divano sicura che le mie gambe non reggano ancora per molto.
    -Allora…tutto bene?- mi chiede fingendosi noncurante.
    Mormoro qualcosa conscia del mio stato e lo fisso sconvolta.
    Sono certa che tra un po’ mi sveglierò. Manca poco.
    Poco per il dolore. Poco per la rabbia.
    Poco per la mia mano che tappa la mia bocca.
    Poco per le urla e l’acqua gelata.
    Odio questi momenti. Odio quando lo vedo con troppa nitidezza.
    Odio quando il dolore non mi porta in quello stato di trance che tanto adoro.
    -Io non sto molto bene- dice tutto d’un fiato.
    -Mi sembrava il caso parlartene- aggiunge e io continuo a fissarlo.
    Poi mi sorride. Un sorriso troppo bello per essere solo un ricordo di questa mente malata.
    Troppo splendido per essere il rimasuglio di questo cuore squilibrato.
    E allora boccheggio. Perché lui è davanti a me. E il mondo si è sbiadito.
    E io mi sono persa.
    E non esiste il tempo.
    Mi allontano quasi impaurita e lo fisso sconvolta.
    -Sei tu?- mormoro appena.
    Lui sorride e annuisce.
    E’più bello. Più bello di quanto potessi ricordare.
    E allora mi rendo conto che non ho mantenuto la mia promessa.
    Che non ho trattenuto tutti i suoi particolari.
    Che la mia memoria non gli ha reso giustizia.
    Sei bellissimo Spike.
    Fisso i suoi zigomi perfetti, i suoi capelli luminosi, i suoi occhi immortali.
    Scendo lentamente sulle spalle grandi, i muscoli che si intravedono sotto la stoffa, le gambe fasciate dai jeans chiari.
    Perché sei qui? Io sto bene! Non vedi?
    Vattene Spike. Vattene prima che urli.
    Ti prego.
    -Volevo dirti che ho provato a fare quello che ci eravamo ripromessi- aggiunge sedendosi al mio fianco. Istintivamente mi sposto lontano da lui.
    Brucia la sua presenza. Brucia eppure…è come se non fosse qui.
    Sembra che sia ancora il mio cervello folle a crearlo. Per l’ennesima volta.
    Voglio sentire il suo odore. E quando arriva chiaro alle mie narici trattengo a stento i singhiozzi.
    -Non ci sono riuscito molto bene in realtà- continua.
    -Penso di non essere nulla senza di te Buffy- aggiunge e lentamente tende una mano verso di me.
    Devo sapere. Devo sapere se è davvero davanti ai mie occhi.
    Se non è l’ennesima oasi creata dalla mia malattia atroce.
    Avvicino il mio palmo al suo e lui stringe lentamente la mia mano nella sua.
    Arde.
    Non sono ancora sveglia. Vago ancora nel chiarore del giorno che filtra dalle mie finestre.
    Spike non può essere qui. Non può amarmi ancora.
    In fondo lui non dovrebbe nemmeno amarmi.
    Io amo lui. Io muoio per lui.
    Perché sei qui Spike? Perché non sei con lei? Lei che toccherà la tua pelle nel modo più giusto?
    Lei che avrà una carnagione perfetta come la tua, occhi grandi e verdi, mani affusolate ed esperte?
    -Penso che sia nato solo per amare te- aggiunge e la sua serenità è disarmante.
    Eppure…c’è il dolore. C’è il bruciore.
    Leggo le tue notti insonni, leggo le tue lacrime amore mio.
    Quanto hai urlato Spike? Almeno una minima parte di quanto l’ho fatto io?
    -Sono stanco di soffrire- continua e poi con un solo gesto mi tira su di se.
    Tra le sue braccia. Le braccia di Spike. Le mie braccia.
    E il suo odore inonda la mia carne. Ed è tutto intorno a me.
    Appoggia lentamente la sua fronte contro la mia e socchiude gli occhi.
    Io non sono qui. Striscio sul pavimento atroce della mia malattia. Della mia dipendenza.
    Vattene.
    -Non importa se non mi perdonerai mai- balbetta incerto.
    E sento il suo fiato. Sulla mia bocca. Il suo respiro. Il mio respiro.
    Resto immobile. Il cuore si è fermato.
    Scruta l’anima mia che ha ritrovato. E’attaccata ai vestiti di Spike.
    Si nutre del suo profumo e delle sue parole. E’stata con lui per tutto questo tempo.
    Mi fissa dall’altra parte dei suoi occhi.
    -Resterò con te comunque- aggiunge. In un lampo. Riesco appena a sentirlo.
    E nell’istante dopo sono stretta tra le sue braccia.
    Nello stesso modo assurdo di quel giorno d’aprile.
    Con la stessa violenza e disperazione. Siamo ancora nella classe deserta.
    -Tu sembri star bene- aggiunge sussurrandomi nei capelli. Leggo una strana amarezza.
    Rido. Rido di me stessa.
    Di Buffy che ha urlato di notte e tremato di giorno.
    Prendo in giro la mia messinscena e il mio teatro. Il mio spettacolo da quattro soldi.
    La recita fatta di menzogne e dolore. Sto bene. Sto benissimo.
    Sono stata bravissima. Ho ingannato tutti. Ho ingannato i pezzi del cuore distrutto.
    Anche te Spike? Sono capace di ingannare anche te?
    Mi sposto lentamente da lui e lo fisso negli occhi. Non respiro.
    C’è una cosa che non avevo capito. Qualcosa che non avevo colto.
    Amavo Spike. Lo amavo da sempre. Eppure questi mesi hanno fatto di più.
    Hanno reso l’amore più di quello che potesse essere. L’hanno trasformato e plasmato.
    E ora non è solo amore. E ora è più dell’amore. E ora nessuno sente quello che sento io.
    Nessuno sente l’atroce pazzia.
    -Io sto bene- balbetto incerta. Tengo stretta la maschera scadente con una sola mano.
    Continua a voler scivolare sul pavimento. Lui annuisce.
    -Non vuoi che resti?- mi chiede. E’teso. La mascella perfetta è contratta.
    -Io posso farcela- mormoro. Sono assolutamente al limite. Sull’orlo della mia malsana malattia.
    Sul baratro del terrore.
    Sto bene. Corri lontano Spike. Non riuscirò a vederti lasciare il mio corpo ancora una volta.
    Non riuscirò a vederti toccare una donna che non sono io. Morirò.
    E l’anima e il cuore già lo sono. Ho chiesto di ucciderli e tu l’hai fatto.
    E’rimasto solo il corpo.
    Non resisterebbe. Cederebbe anche esso.
    -Tu non dovresti essere qui- aggiungo. La mia voce è ferma.
    E so che non è rimasto nulla di sano in me. E so che non è rimasto nulla di vivo.
    Lui lascia per un istante le mie braccia e mi fissa per qualche istante.
    -Quanto male ti ho fatto- esula in un sussurro con occhi sgranati.
    Non è stato solo male Spike. Non esiste alcun termine per descrivere quello che è accaduto.
    Non esiste verbo per rappresentare il nulla che resta di me.
    E ora perché sei qui? Pensi che le tue parole possano cancellare il resto?
    E non mi riferisco a quel giorno. Non penso solo a febbraio.
    Io intendo tutto. Tutti i tuoi colpi. Il male che hai saputo farmi. Volontario o involontario che fosse.
    Tutte le spinte violente. Le parole soffocate. Carne. Solo carne. Il desiderare che mi uccidessi.
    Il ripetere che fossi tua.
    Pensi che basterà il tuo volto?
    Fai bene a pensarlo. E’così.
    Cadrei ai tuoi piedi in qualsiasi momento. Volevo cercarti io stessa.
    Ma non farlo ti prego. Abbi pena di me. Lasciami sola.
    -Volevo morire, pensavo che nessuno sentisse quello che sento io…- mormora incerto.
    Io non desideravo la morte. Io sono morta. Il dodici aprile. Al di là del vetro dell’aeroporto.
    -Devi andare- aggiungo. Questa volte la mia voce trema in modo vistoso.
    -Noi non possiamo stare assieme Spike, finiremo per distruggerci- continuo.
    -Non l’abbiamo già fatto?- chiede lui sarcastico.
    Lentamente scivolo via dal suo corpo e lui scatta in piedi.
    Lo vedo muoversi nervosamente all’interno della stanza.
    -Vuoi che vada via?- chiede.
    Lo vedo. Uscire da quella porta. Uscire dalla mia vita. Non dalla carne. Non dallo scarto del mio corpo. Urlo. Grido. Muoio. Diavolo, non so più che fare!
    Ho già oltrepassato ogni limite. Sono già precipitata da un pezzo.
    Cos’altro può accadere ancora?
    Lui è davanti ai miei occhi. In tutta il suo audace splendore.
    E’solo colpa tua. Tu mi hai fatto innamorare di te!
    Dimmi che mi ami.
    Dimmi che non andrai via. Dillo solo un’altra volta.
    -Io resto- esclama secco.
    -No- rispondo con altrettanta decisione. Il terrore di lui mi sovrasta. La follia è assoluta.
    Si prende la testa tra le mani e mi da le spalle.
    Restiamo in un silenzio assoluto per un tempo indeterminato. Io fisso la sua figura.
    Mi accorgo che sto piangendo quando l’acqua salata scivola all’interno della mia bocca.
    C’eravamo persi Spike. E ora? Dove siamo finiti?
    -Ricordi quando siamo stati al mare assieme?- mi chiede di colpo rompendo l’assordante silenzio.
    Continua a darmi le spalle.
    -Quando abbiamo comprato la maglietta azzurra che usavi per dormire?- aggiunge.
    Sta piangendo.
    -Si- mormoro tra le lacrime.
    Sento il rumore delle onde e l’odore della sabbia. Vedo il suo volto al chiarore della luna.
    Abbiamo diciassette anni e io ho l’anima piena di lui.
    -Me ne sono accorto- aggiunge.
    -Cosa?- chiedo incerta. Non riesco a capire.
    -Sei stata tutta la notte a fissarmi- continua e io sgrano gli occhi.
    -Non ti sei addormentata per un solo istante-. E’come se fosse ancora incredulo.
    -Continuavi ad accarezzarmi il volto, gli occhi, le braccia-
    Siamo in quella stanza d’albergo. Posso sentire il respiro regolare di Rupert che proviene dalla porta accanto. E lui è al mio fianco. In tutta la sua imbarazzante bellezza.
    E io sento di volerlo toccare con una violenza assurda.
    E io sento di amarlo come non mai. E lo voglio.
    -L’hai fatto per ore- continua.
    -E io ti ho odiato- conclude. Io avvampo. Poi si volta.
    Vedo le lacrime che scorrono copiose sul volto immortale.
    -Ti ho odiato perché continuavi a confondermi- aggiunge. Ha le mani strette in due pugni.
    -Perché sentivo di volerti toccare nello stesso modo- continua.
    -Ti amavo da allora Buffy, ora lo so- dice.
    -Ma non ho mai avuto il tuo stesso coraggio e ora…- balbetta, poi mi si avvicina.
    Sono costretta ad alzare gli occhi per guardarlo.
    -Vorrei solo che fosse quella notte, vorrei toccarti a mia volta e fare l’amore con te- sussurra.
    -E non mi importa se vuoi che ti stia lontano- esclama.
    Poi mi afferra per le spalle e mi tira in piedi, verso di lui.
    -Io aspetterò che tu torni a toccarmi come quella notte, per questo continuerò a infilarmi nel tuo letto, a stringerti, a farti ridere come ho sempre fatto e sarò il tuo migliore amico se vuoi- dice fissandomi negli occhi. Tremiamo.
    -Fino a quando tu vorrai accarezzarmi di nuovo il volto gli occhi e le braccia, mentre dormo- sussurra.
    So che nessuno è più felice di me.
    Io sono lei.
    Io sono colei che lo toccherà.
    Io sono colei che lo sentirà.
    Io sono colei che si prostrerà davanti ai suoi occhi.
    Al suo dio.
    Per tutto il resto della mia vita.
    E il resto non conta.
    Io sono Spike Stratford. Lui è Buffy Summers.
    Lentamente assaggio le sue labbra. E sento il suo stupore.
    E lui mi bacia nel modo più dolce possibile. Assapora la mia bocca.
    -Grazie- sussurra.
    -Ti amerò sempre- mormora contro di me, stringendomi al suo corpo.
    La sua voce trema.
    Piange ancora.
    Piango anche io.
    -Va bene per sempre amore?- mi chiede ancora, prima di tornare a baciarmi la bocca.

    FINE

     
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  15. Spike-Spuffy
     
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    tears tears tears tears tears Stupenda, ho le lacrime agli occhi..

    Questa ff è passionale, dura, emozionante, tutto allo stesso tempo.. insomma, è bellissima.. complimenti! :abbracc: :abbracc: :abbracc: :abbracc: :abbracc: :abbracc: :abbracc: :abbracc: :abbracc:
     
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46 replies since 16/9/2011, 10:16   2988 views
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